[UNITEXT] Fenomeni radioattivi || Teoria V — A del decadimento β

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Teoria V - A del decadimento f3

Le osservazioni sperimentali mostrano che nel decadimento (3 e nel suo proces­so inverso sono coinvolte particelle neutre di spin 1/2 caratterizzate con buona approssimazione da massa nulla ed elicit a -1 (neutrini). Ad esse corrispon­dono antiparticelle di massa zero ed elicita +1 (antineutrini). Non sono stati osservati neutrini di elicita + 1 e antineutrini di elicit a -1. :It stato anche osser­vato che nel decadimento (3 non viene conservata la parita e che esistono due tipi di interazioni, che abbiamo denominato "di Fermi" e "di Gamow-Teller"; esse sono caratterizzate da due distinti valori della cost ante d'interazione e da differenti correlazioni angolari fra e+ (e-) e v (D). Se e e l'angolo fra e- e D (fra e+ e v) emessi in un decadimento, la probabilita che e- (e+) sia emesso entro un angolo solido df.? lungo la direzione e e data, con buona approssimazione, dalle seguenti relazioni nei due casi:

Interazione di Fermi

v f(e)df.? ex: (1 + 1 -cose)df.?,

c (11.1)

Interazione di Gamow-Teller

. 1 v j (e)df.? ex: (1 - "3 ~cose)df.? . (11.2)

In precedenza si e usata ripetutamente l'espressione "con buona approssi­mazione" perche, se si tiene conto degli errori sperimentali, la massa del neu­trino potrebbe essere (poco) diversa da zero, come in effetti risultera nel cap. 16; in corrispondenza l'elicita e in modulo (poco) minore di 1 e i coefficienti di cos e (un po') diversi da +1 e -1/3.

Sulla base delle precedenti informazioni sperimentali, della teoria di Dirac esposta nel cap. 10 e dei principi di invarianza e possibile costruire un'hamilto­niana che generalizza l'operatore H introdotto con la teoria di Fermi del cap. 7 (vedi eq. (7.28) e seguenti) e che da ragione di tutti i fenomeni osservati. La trattazione matematica della teoria del decadimento (3 e molto complicata ed esula dagli scopi di queste lezioni. Qui ci limiteremo ad esporre i fondamenti

G. Bendiscioli, Fenomeni radioattivi© Springer-Verlag Italia 2013

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e a evidenziare la connessione fra teoria e osservazioni sperimentali. Conside­riamo come processo rappresentativo del decadimento f3 il decadimento del neutrone:

n --+ p + e- + D, (11.3)

Secondo quanta discusso nel par. 9.6, questa reazione e equivalente alla seguente:

z; + n --+ e- + p. (11.4)

Secondo la (11.3), un barione (il neutrone) si trasforma in un altro barione (il prot one ) creando una coppia leptone-antileptone; secondo la (11.4), il neutrone si trasforma in prot one con assorbimento di un leptone e creazione di un altro leptone.

t n

t ____ X

p

~+ cattura

elettronica

Fig. 11.1. (a) e (b) Diagmmmi di Feynman mppresentanti il decadimento f3 del neutrone e del protone come emissione di un leptone (col tempo che fiuisce positiva­mente) e di un antileptone (col tempo chefiuisce nel verso negativo). Il verso del tem­po e indicato dalle frecce (positivo verso I 'alto). (c) Diagmmma relativo alla cattum elettronica (cattum ed emissione di un leptone). Questi diagmmmi corrispondono a quello di fig. 7.1Bc nell 'approssimazione di mggio d 'azione nullo (massa infinita del bosone scambiato nell'intemzione).

La reazione (11.3) e suscettibile della rappresentazione grafica (diagramma di Feynman) di fig. ILIa, dove 10 stato di antineutrino e caratterizzato dal tempo ehe fiuisee nel verso negativo; nella figura sono date anche Ie analoghe rappresentazioni per il decadimento del prot one e per la cattura elettronica. Analogamente, la (11.4) e suscettibile della rappresentazione grafica di fig. 11.2a. Le reazioni (11.3) e (11.4), cosl come Ie lora rappresentazioni grafiche, sono fra di loro equivalenti e in entrambe e implicit a la conservazione del numero leptonico. Tuttavia nel seguito faremo riferimento alla (11.4) a causa della particolare simmetria fra stato iniziale e stato finale, nel senso che in entrambi compare una coppia barione-leptone.

Riconsideriamo la formula che da la probabilita di transizione per unita di tempo (eq. (7.28))

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27T 2 W = 1i: IHi! I p, (11.5)

dove p e la densita degli stati finali e Hi! e l'elemento di matrice di transizione

Hif = (f 101 i; , (11.6)

dove i indica Ie particelle nella stato iniziale (n e z;) e f quelle nella stato finale (e-e p). Poniamo l'attenzione sull'operatore O.

p

n p

Fig. 11.2. (a) e (b) Diagrammi di Feynman rappresentanti la trasJormazione del neutrone in protone, e viceversa, con assorbimento ed emissione di leptoni. II tempo fiuisce per tutte Ie particelle nel verso positivo indicato dalle Jrecce.

Affinche Ie leggi che governano l'interazione debole abbiano carattere ge­nerale, occorre che siano indipendenti dall'osservatore. Cia equivale a dire che l'hamiltoniana d'interazione deve essere costituita solo da invarianti re­lativistici (invarianti per trasformazione di Lorentz). Sappiamo dal cap. 10 che esistono cinque grandezze indipendenti con tale proprieta aventi la forma bilineare in I}/

con

j = S, V,T,A,P

Os = I Ov = ,I' OT = (i/2)({I",1/ - ,1/,1"), OA = ,5,1" Op = ,5

Scalare Vettore

(JL # z;) Tensore Vettore Assiale Pseudoscalare

(11. 7)

La denominazione scalare, vettoriale, ecc. derivano dalle proprieta delle (11. 7) rispetto all'inversione delle coordinate. Si ottengono quantita bilineari di parita opposta a quella delle (11.7) tramite l'introduzione della matrice ,5:

(11.8)

Nel cap. 10 abbiamo considerato invarianti costruiti con stati di una stessa particella, per es. !freOjl}/e e !frnOjl}/n; rna e possibile costruire invarianti anche

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con stati di differenti particelle, per es. WeOjl}/n. Possiamo anche interpret are 10 spin ore a sinistra nelle (11. 7) come relati vo a una particella finale di una interazione e quello a destra come relativo a una particella iniziale. In questo contesto Ie grandezze OJ vanno intese come operatori che trasformano neutroni in protoni (e viceversa) e che creano e distruggono leptoni. Termini scalari dell'hamiltoniana sono ottenuti moltiplicando fra lora due grandezze bilineari con 10 stesso indice j del tipo (11. 7) oppure due del tipo (11.8), una relativa alla coppia di nucleoni e l'altra relativa alla coppia di leptoni; termini pseudoscalari sono ottenuti moltiplicando fra lora una quantita del tipo (11.7) con una del tipo (11.8) con 10 stesso indice. Poiche l'energia in gioco nel decadimento (3 e dell'ordine di qualche MeV, i nucleoni hanno carattere non relativistico; in tal caso si puo dimostrare, cosa che non faremo, che Ie relative quantita bilineari (11.7) e (11.8) contenenti ,5 possono essere poste uguali a zero. Se nell'interazione e conservata la parita, l'hamiltoniana deve contenere solo termini scalari; diversamente, contiene anche termini pseudoscalari.

Tenuto conto di tutto cio, la forma pili generale della densita di hamilto­niana puo essere scritta nella forma

H = L (Hj + Hj) F (Te - T, Tv - T) = j

= L [gj (WpOjl}/n) (We OJ I}/v ) + gj (WpOjl}/n) (We OJ ,5 I}/v ) 1 x j

xF (Te - T, Tv - T)

j = S, V, T, A, P .

(11.9)

H j e una quantita scalare perche prodotto di due fattori della stessa specie (scalare x scalare, vettore x vettore, ecc.); Hj e una quantita pseudoscalare perche prodotto di fattori di parita opposta. gj e gj sono i pesi (0 intensita) dei singoli termini d'interazione; essi sono chiamati costanti di accoppiamento. La funzione F da la dipendenza della densita di hamiltoniana dalla distanza fra Ie particelle interagenti, essendo Tee Tv Ie coordinate dei leptoni e Tuna coordinata relativa alla distribuzione della materia nucleare.

Assumiamo come nel cap. 7 che l'interazione sia a raggio d'azione nullo, ossia

F = 5(Te - T)5(Tv - T). (11.10)

Per l'elettrone e il neutrino liberi consideriamo Ie funzioni d'onda spinoriali di energia positiva

(11.11)

(11.12)

dove e stato omesso un fattore di fase dipendente dall'energia perche irrile­vante. Per quanto riguarda il protone e il neutrone rileviamo solo che Ie lora autofunzioni contengono una parte spinoriale (di energia positiva in quanto si tratta di particelle) e una parte spaziale funzione di T. Tenuto conto della (11.11) e della proprieta della funzione delta

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J r5 (x - x') f(x') dx' = f(x),

la (11.6) diviene

Hi! = J H dredrvdr =

(11.13)

= L J (,ppO/Yn) [gj (u~Ojut) + gj (u~Oj,,sut)] eir'(pv-p,) dr. J

Il termine esponenziale e sviluppabile in serie e, per piccole energie del­l'elettrone e del neutrino e/o per un piccolo volume d'integrazione, si puo tener conto solo del primo termine, che e uguale a 1. Cio equivale a considerare solo il contributo all'interazione proveniente dall'onda S. La (11.13) diviene

Hi! = 'LJ (,ppOjtJFn)dr' [gj (UdOjut) + gj (UdOj,,sut)] . j

j = S, V,T,A,P (11.14)

Abbiamo ricavato la (11.14) con l'attenzione rivolta al processo di emissione (11.3) nella forma (11.4). Con 10 scambio degli indici n e p e la sostituzione del segno + con - negli spinori, la (11.14) descrive il decadimento del protone.

La (11.14) costituisce l'espressione pili generale dell'hamiltoniana d'intera­zione debole per transizioni in onda S (tmnsizioni favorite). In essa compaiono Ie costanti gj e gj, il cui valore va determinato sulla base delle osservazioni sperimentali. In linea generale si tratta di quantita complesse e quindi la loro definizione richiede la conoscenza di 20 parametri. Possiamo pero ridurne drasticamente il numero a priori supponendo che l'hamiltoniana sia invariante per inversione del tempo (non c'e evidente opposizione a questa ipotesi). Cio implica che gj e gj siano quantita reali (vedi par. 10.11b) e Ie incognite si riducono a dieci.

Se l'interazione debole conservasse la parita, l'hamiltoniana dovrebbe es­sere scalare e quindi gj = 0; sappiamo, pero, che Ie cose non stanno in questa modo. Rileviamo che non tutte Ie informazioni sperimentali mettono in evi­denza la non conservazione della parita. Per esempio, la semplice osservazione della distribuzione continua dell'energia degli elettroni emessi nel decadimento (3, che ha portato a ipotizzare l'esistenza del neutrino, 0 Ie correlazioni an­golari richiamate all'inizio del capitolo, sono compatibili con la conservazione della parita. In base a queste osservazioni saremmo indotti a porre gj = O. Solo esperimenti specifici, quali quelli relativi ai nuclei polarizzati 0 allo stato di polarizzazione del neutrino e dell'elettrone, hanno condotto alla scoperta della non conservazione della parita.

Ricorriamo ora ad alcune informazioni sperimentali richiamate all'inizio del capitolo per definire i parametri incogniti gj e gj prendendo in considera­zione solo aspetti riguardanti la parte leptonica dell'hamiltoniana.

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Le correlazioni angolari espresse dalle relazioni (11.1) e (11.2) sono state determinate in esperimenti con nuclei non polarizzati, per i quali quindi pos­siamo porre gj = 0; pertanto esse dipenderanno solamente dai termini in gj. Il calcolo degli elementi di matrice

(11.15)

(vedere Appendice (11.1)) porta alle seguenti espressioni per la probabilita che in un decadimento un elettrone sia emesso entro un angolo solido dD a un angolo e dal corrispondente antineutrino:

(11.16)

/1_+ +1 2 ) - V 2 \ ue Ovuu - 1 + -;-: cos e , (11.17)

/1_+ +1 2 ) Iv 2 \ ue OTUu = 1 + "3 -;-: cos e , (11.18)

(1 _+ +12) Iv 2 ue OAUu = 1- --cose. 3c

(11.19)

Confrontando queste relazioni con Ie (11.1) e (11.2) ricavate sperimental­mente, e immediato concludere che esistono solo due tipi di interazione: quella vettoriale che coincide con l'interazione di Fermi e quella assiale, che coincide con l'interazione di Gamow-Teller. Non appaiono efficaci, invece, i termini di interazione scalare, tensoriale e pseudoscalare. Pertanto poniamo nella (11.14)

gs = gT = gp = O.

Facciamo ora l'ipotesi che sia gj = -gj. La (11.14) diviene

J (11.20) j = V, A

(1 - ,5) e l'operatore di prOlezlOne di elicit a negativa (vedi eq. (10.48) e (10.49))1; (1 _,5)ut e la componente levogira; l'operatore (1 _,5) esclude dall'hamiltoniana il coinvolgimento di una eventuale componente destrogi­ra. Poiche l'esperienza mostra che nel decadimento f3 non c'e evidenza di una componente destrogira, l'ipotesi gj = -gj da all'hamiltoniana una forma perfettamente consistente con l'osservazione sperimentale.

Tenuto conto della definizione data dalla (11.7) di Ov e 0 A e delle pro­prieta delle matrici , (tab. 10.2), la densita di hamiltoniana nella (11.20) diviene

1 Nell' espressione 1 - ,5, 1 indica la matrice 1 = (~ ~) (vedi tab. 10.2).

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11.1 Appendice 311

Vi! = L-gj (WpOjl}/n) . [ut Oj(1-,5)utJ = j (11.21)

= [Wp,1L (gV - gA,5) I}/nJ· [ut,IL(1-,5)utJ = h· jL.

Le quantita fra parentesi quadra prendono il nome di corrente nucleare levogi­ra (JL) e corrente leptonica levogira (jL). La (11.21) rappresenta l'espressione pili generale dell'hamiltoniana d'interazione per il decadimento (3; la teoria relati va prende il nome di teoria vettoriale-assiale (V - A).

I valori numerici di gA e gv sono quelli riportati nel par. 7.5.8 e dedotti dalla misura del tempo di dimezzamento di particolari nuclei radioattivi.

Se si tiene conto delle incertezze sperimentali sulle grandezze misurate, non possono essere esclusi completamente dall'hamiltoniana i termini scalare, tensoriale e pseudoscalare. La loro incidenza e comunque piccola e tale da essere mascherata dagli errori.

Se il neutrino fosse destrogiro, nella (11.20) dovremmo porre gj = gj e l'hamiltoniana diventerebbe

con

Hi! = L- I (WpOjl}/n) dr . gj [utOj(l + ,5)ut J j

j = v, A

Vi! = L-gj (WpOjl}/n) . [ut Oj(l +,5)utJ = j

= [Wp,1L (gV + gA,5) I}/nJ . [ut,lL(l + ,5)ut J = JD . jD

che rappresenta l'interazione V + A.

(11.22)

(11.23)

Recenti esperimenti, dei quali si discutera nei cap. 14, 15 e 16, hanno messo in evidenza che il neutrino ha massa diversa da zero, quindi esso ha non solo una componente di elicit a negativa, rna anche una di elicita positiva. Tuttavia, poiche l'elicita e comunque vicina a-I, la componente di elicit a +1 e molto piccola. Simili osservazioni valgono anche per l'antineutrino.

11.1 Appendice

A titolo d'esempio, calcoliamo la relazione (11.16) che e data dal modulo quadro dell'invariante WOjl}/, dove Os = I, ossia da

(11.24)

Lo spinore dell'elettrone e dato dalla (10.41), dove per semplicita poniamo lEI = E e teniamo presente che l'elettrone e una sovrapposizione di stati di elicita negativa e positiva:

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(11.25)

Per il neutrino usiamo la precedente relazione con m=O e teniamo presente che esso e caratterizzato da un stato puro di elicit a negativa:

(11.26)

dove n = Pv/Pv. Se introduciamo un sistema di riferimento con asse polare z concorde con

il versore n (fig. 11.3), si ha

(11.27)

z,n

p

y

x

Fig. 11.3.

Se e e ¢ sono gli angoli polari del vettore P nella stesso sistema di riferimento, tenuto conto delle espressioni delle matrici di Pauli (tab. 10.2 , risulta

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11.1 Appendice 313

a . p = () zpz + () xPx + (}yPy = (}zP cos e + (}xP sene cos ¢ + (}yP senesen¢ =

= (~ _ ~ ) p cos e + (~ ~) p sene cos ¢ + (~ -~) p senesen¢ .

(11.28) Se scegliamo, per semplicita, il sistema di riferimento con l'asse x perpendi­colare al piano (n, p) (vedi fig. 11.3) si ha ¢ = 7r/2 e

( 1 0) .(0-1) a . p = 0 -1 P cos e + 1, lOP sene.

Quindi per ¢e = (~) risulta

O',p¢e= (_~) pcose-i(~) psene,

o 1

(11.29)

(11.30)

( me2 + E) -\; ( ¢e) (me2 + E) -\; lJre = ca· p = 2E 2 + E¢e 2E m,e

. ep - z sene 2 E

me + ep

- cose 2 E me +

1

,1', _ ,T,t 0 _ (me2 + E) 2" 'lee - 'lee! - 2E X

X (0 1 . ep zsene--::-2-­

me +E - cos e--::-?--)

me +E

. ep -1, sene 2 E

me + ep ) cose 2 E

me + (11.31)

Quindi, tenuto conto della (11.27), (11.28) e (11.31), la (11.24) diviene

(~e IlJrv ) = ~ (me2E+Er/2

. [1- :2C:~]

Con procedura analoga, per ¢e = (~) si ha

( ~e IlJrv ) = -21 (me2E+ E) 1/2 [ . ep sene]

-zme2 + E .

(11.32)

(11.33)

L'ampiezza di transizione tot ale e data dalla somma di (11.32) e (11.33) e il suo modulo quadro e

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(11.34)

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Bibliografia

1. S. De Benedetti, Nuclear interactions , Wiley (1966) 2. A. S. Davydov, Teoria del nucleo atomico, Zanichelli (1966) 3. R. R. Roy e B. P. Nigam, Nuclear physics theory and experiment, Wiley (1976) 4. T. Tomoda, Double beta decay, Rep. Prog. Phys. 54(1991)53