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    La redazione

    I direttori: Andrea Donadio, 5β – Beatrice D’Auria, 5γ

    L’artista: Francesca Rocchia, 5γ

    L’impaginatore: Tobia Fracchia, 3β

    I giornalisti: Federico Ferrando, 3α

    Carlotta Pellegrino, 1α

    Sara Calosso, 5α

    Giorgia Costa, 5ß

    Cristina Ferretti, 1α

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    Ciao a tutti, abbiamo concluso questo numero poco prima che

    iniziasse la quarantena. Eravamo pronti a pubblicarlo e a

    distribuirlo, come sempre, in ogni classe. Purtroppo tutto ciò non è

    andato in porto, ma ci teniamo comunque a condividere il nostro

    lavoro, sperando che i nostri articoli possano occupare in modo

    piacevole una piccola parte di queste giornate a casa, che

    sembrano infinite.

    Buona lettura!

    Andrea Donadio, 5β

    Beatrice D’Auria, 5γ

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    Indice

    Notizie dal villaggio globale

    Togliete le medaglie al Settimo Cavalleggeri 4

    Schegge di vita

    Katherine Johnson 6

    Il cantuccio dell’artista Riflettendo sul futuro - Breve riflessione sul mio dilemma esistenziale degli ultimi mesi 8

    Sole e Luna 11

    Dalla carta alla pellicola

    Vivian Maier: una fotografa ritrovata 13

    IPSE DIXIT 15

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    Notizie dal villaggio globale

    Togliete le medaglie al Settimo

    Cavalleggeri

    Federico Ferrando, 3α

    Lungo il torrente Wounded Knee, ghiacciato nel gelido inverno del Sud Dakota, il 29 Dicembre del 1890 almeno 300 nativi americani della tribù dei Lakota, quasi tutti uomini e donne, furono sterminati in quello che passò alla storia come l’ultimo genocidio degli indiani; in effetti alla fine dell’Ottocento le guerre indiane erano pressoché terminate, e gli Stati Uniti rivolgevano i loro interessi verso i confini meridionali e i territori controllati dal Messico, ma per le vaste pianure del Nord America erano ancora numerose le tribù di nativi, come i soldati di cavalleria in uniforme blu.

    Fu proprio uno di questi reggimenti a cavallo, il Settimo Cavalleggeri, che per ironia della sorte era lo stesso reggimento sconfitto a Little Big Horn 14 anni prima nell’ ultima grande vittoria dei nativi, a raggiungere una tribù praticamente priva di guerrieri e, con un futile motivo, ad attaccarla e sterminarla. In effetti sopravvissero solo 51 indiani e, fra i corpi abbandonati tre giorni sotto la neve, vennero trovati tre neonati ancora vivi avvinghiati ai cadaveri delle loro madri. Nell’ottica della frontiera, sfortunatamente ancora troppo presente nell’ America di oggi, questo massacro fu visto come un valoroso combattimento e il Settimo Cavalleggeri ricevette 20 medaglie d’onore, massima onorificenza dell’epoca.

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    Questa sembra una storia antica, e quasi dimenticata, ma Elizabeth Warren, settantenne senatrice del Massachusetts, candidata alla Casa Bianca alle prossime elezioni presidenziali e di origine indiana, ha presentato una mozione al Senato degli Stati Uniti affinché il reggimento venga privato di queste 20 medaglie. Il presidente Trump, evidentemente credendo di stare “giocando agli indiani e ai cow boy”, ha liquidato questa proposta come una sciocchezza, e ha spregevolmente soprannominato la senatrice Warren “Pocahontas”. Ovviamente il presidente si è comportato in questo modo per strizzare l’occhio a quell’elettorato che crede di vivere ancora nel vecchio West e passeggia in camperos, cappello da cowboy e rivoltella a vista.

    In conclusione si può sperare che la coraggiosa proposta di Elizabeth Warren sia accolta, e che ai nativi, privati per secoli di ogni diritto, sia riconosciuto almeno quello alla memoria.

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    Schegge di vita

    Katherine Johnson Carlotta Pellegrino, 1α

    Il 24 febbraio è morta a 101 anni Katherine Johnson, matematica, fisica e informatica statunitense che contribuì a lanciare l’uomo nello spazio.

    Dalla sua storia e da quella di altre due donne, Mary Jackson e di Dorothy Vaughan, che hanno fatto la differenza nella società razzista e sessista degli anni ’50 e ’60, nel 2016 la scrittrice e saggista statunitense Margot Lee Shetterly ha scritto il libro “Hidden Figures” volume tradotto in italiano nel 2017 col titolo “Il diritto di contare”. Da questo libro, sempre nel 2016 è stato tratto l’omonimo film diretto da Theodore Melfi.

    Katherine non è mai stata una come le altre: fin da piccola emergono le sue grandi capacità di calcolo e la sua naturale predisposizione per la matematica e di questo si accorgono anche i genitori che decisero di trasferirsi in un’altra contea per permetterle di studiare. Terminò la scuola superiore a 16 anni e si laureò in matematica a 19 e fu l’unica donna dei tre studenti selezionati per il corso di specializzazione. Cominciò a insegnare matematica e musica in una modesta scuola elementare per poi essere assunta della NASA come calcolatrice umana nel dipartimento di guida e navigazione. Fu in seguito trasferita al gruppo di ricerca di volo, team totalmente al maschile dove si distinse per le sue conoscenze, in particolare nel mondo nella geometria analitica. Poco alla volta cominciò a partecipare alle riunioni a cui donne, tantomeno di colore, non avevano mai preso parte. Continuò la sua attività di “calcolatrice” lavorando nel programma di ricerca per l’attenuazione degli effetti del vento sugli aeromobili. Pur lavorando per una delle più grandi agenzie dell’epoca, agenzia che agli occhi della popolazione rappresentava la modernità e l’innovazione come negli Stati Uniti non era mai stata vista, la vita di Katherine e di tutte le altre “colored comuputers” (calcolatrici di colore) non rispecchiava la modernità e l’innovazione apparente. Erano discriminate, così come ogni

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    uomo o donna di colore che vivesse negli Stati Uniti in quel periodo. Sul posto di lavoro, nella pausa pranzo, addirittura per andare in bagno dovevano recarsi in un edificio separato. Nonostante il razzismo e il sessismo che ogni giorno Katherine incontrava sul posto di lavoro, fu suo il merito per il calcolo della traiettoria del primo volo spaziale con equipaggio, così come quello per la finestra di lancio della missione Mercury. Ad un certo punto, nel 1962, il suo posto di lavoro venne preso da un nuovo strumento, il calcolatore elettronico, che sembrava essere la soluzione a tutti i problemi. Ma a quanto pare qualcuno preferì Katherine al computer-calcolatrice. L’astronauta John Glenn, prima di volare, pretese che i calcoli effettuati dal calcolatore elettronico fossero verificati da lei, minacciando di rinunciare alla missione. Calcolò inoltre la traiettoria per la missione sulla Luna Apollo 11 del 1969, lavorò all’Apollo 13, al programma Space Shuttle, all'Earth Resources Satellite e ai piani per una missione su Marte.

    Nel 2015 venne riconosciuta dall’allora presidente Barack Obama come una dei 17 americani meritevoli della Medaglia Presidenziale della Libertà, la più alta onorificenza civile degli Stati Uniti d’America.

    Anche la Mattel le ha resto omaggio creando una Barbie col suo nome e con le sue sembianze, ritenendo che debba essere un modello di vita per tutte le bambine del mondo.

    "Io conto tutto, conto i passi che faccio per strada, quelli per andare in chiesa, il numero di piatti e stoviglie che lavo, le stelle in cielo. Tutto ciò

    che può essere contato, io conto". Katherine Johnson

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    Il cantuccio dell’artista

    Riflettendo sul futuro - Breve riflessione sul mio dilemma esistenziale degli ultimi mesi

    Sara Calosso, 5α

    Dedicato a tutti i ragazzi di quinta superiore che non sanno che cosa fare della loro vita (come la sottoscritta) e a tutti quelli di prima/seconda/terza/quarta che, dopo aver letto l’articolo, penseranno: “Ma quanto è cretina questa?” (come avrebbe fatto la sottoscritta due anni fa). Mi è capitato giusto l’altro giorno di riesumare da un cassetto della mia stanza un numero della Pulce, datato gennaio-febbraio 2017. Non l’ho preso casualmente: cercavo infatti un articolo scritto da Francesco, dell’allora 5’H.

    Per chi non ha idea di cosa trattasse tale articolo (penso più o meno tutti), il ragazzo aveva descritto una discussione tra il se stesso di quinta superiore e la sua versione piccola di prima superiore a proposito del suo futuro e della scelta universitaria. L’idea di Francesco ex 5’H era sempre stata quella di andare a studiare nel Regno Unito, tuttavia al momento della scelta si sente titubante al pensiero di abbandonare gli amici, ma soprattutto la sua ragazza, tal Elena. L’incontro non ha una conclusione definita, ma viene lasciato intendere (o quantomeno,

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    io ho interpretato così) che alla fine Francesco si sia iscritto a Torino, per poter stare vicino a Elena.

    Quando lessi l’articolo ero in seconda superiore,

    una ragazzina timida e impacciata con il sogno di andare a studiare in Francia. Mostrai il giornalino a mia madre e le dissi che a me mai sarebbe successa una cosa simile. Innanzitutto nessuno, veramente nessuno avrebbe mai potuto distogliermi dal mio intento; secondariamente pensavo che non avrei mai avuto un ragazzo e non sarebbe stato troppo difficile abbandonare i miei amici.

    Stupida io a pensarla così! A tre anni di distanza, mi ritrovo

    in una situazione simile a quella di Francesco ex 5’H. E’ facile avere sogni di gloria quando si è piccoli e molto

    lontani dalla scelta che cambierà per sempre la tua vita. Sul momento, poi, è incredibilmente più difficile prendere una decisione razionale e ponderata.

    Cosa fare, cosa non fare? Sceglierò l’università francese di Reims? Certo,

    l’ateneo è molto prestigioso e mi aprirebbe la strada per entrare nella diplomazia o nelle istituzioni internazionali (sempre se riesco a superare il test di ammissione, ma queste sono altre paranoie), senza contare che in Francia ci sono più opportunità lavorative rispetto all’Italia. Ma se non mi trovassi bene e fossi costretta a mollare tutto per tornare a casa?

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    Sceglierò Torino? Sicuramente i rapporti con la mia famiglia, i miei amici e il mio ragazzo saranno molto più semplici. Tuttavia, potrei accettare l’eventualità di restare disoccupata tutta la vita o passare da un lavoro precario all’altro? E come andranno le cose con il mio attuale ragazzo? Stiamo insieme da così poco tempo, vale veramente la pena investire tutto in una relazione che potrebbe sbriciolarsi da un momento all’altro? E i miei amici? Me la sento davvero di tagliare (quasi) completamente i ponti con le persone con cui per cinque anni ho vissuto delle splendide avventure?

    Io, che fino a pochi mesi fa ero determinatissima per la mia

    scelta, sono profondamente in crisi e mi viene un’angoscia esistenziale che Soren-Kierkegaard-spostati solo a pensarci. Alla fine probabilmente sceglierò la Francia, però vorrei lasciare un messaggio per Francesco ex 5’H: scusami se ho pensato che il tuo dilemma fosse insensato, adesso capisco che cosa tu abbia provato nel trovarti in questa situazione.

    E se a qualcuno interessasse sapere la mia scelta definitiva, venga pure a cercarmi: sarò felice di condividere anche con lui/lei le mie pare mentali.

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    Sole e Luna

    Giorgia Costa, 5ß

    Questa mi sono svegliata, stamattina, la città ancora dormiva.

    Il mio pensiero ritornava alla notte precedente, trascorsa a fissare il cielo blu notte.

    Ci siamo addormentati, insieme, sotto un inedito disegno di stelle luminose, e niente poteva rovinare la magia di quel momento.

    Un tranquillo silenzio seguiva i contorni delle montagne e i profili delle case, mentre noi, sempre più estasiati, eravamo così anoressici di parole da non riuscire a descrivere il turbinio di sensazioni che pulsavano sotto le vene.

    Era un mondo nuovo, del tutto sconosciuto, privo di libretto di istruzioni.

    Ciò affinché potessimo imparare da soli a vivere, da soli ad amare.

    E così, in effetti, è stato.

    Lasciandoci cullare dal dolce e lento fluire dei pensieri, il mondo si è fermato. Ha smesso di girare su se stesso, nel corso di quell’istante.

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    I secondi sono diventati minuti, i minuti ore e le ore infinito. E noi con loro.

    Eravamo come “intrappolati” nei nostri stessi sogni, nelle nostre stesse paure, eppure senza voler andar via.

    Eravamo come il Sole e la Luna, che si cercano senza mai trovarsi veramente e si rincorrono senza mai raggiungersi. Amanti lontani, luci nel cielo.

    Sorrido.

    La gioia del ritrovo vale la pena di tutta quell’attesa.

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    Dalla carta alla pellicola

    Vivian Maier: una

    fotografa ritrovata

    Cristina Ferretti, 1α

    TITOLO: Vivian Maier una fotografa ritrovata

    CASA EDITRICE: Contrasto

    AUTORE: John Maloof

    Questo libro è diverso dagli altri che vi ho presentato fino ad oggi, infatti è un libro di fotografie in bianco e nero, scattate tra gli anni ’50 e ‘80. L’autrice è Vivian Maier, il cui lavoro non era quello di fotografa, ma di bambinaia tra New York, Chicago e altre città americane. Le sue fotografie immortalano persone comuni, come anziane signore ferme a guardare una vetrina, uomini che svolgono il loro lavoro o bambini che giocano per strada. Tutto questo fa di Vivian Maier una street photographer, cioè una fotografa di strada. La cosa curiosa è che della sua passione Vivian Maier non abbia mai fatto una professione. Al contrario, le sue foto sono state ritrovate da un rigattiere per puro caso ammassate in un deposito. Subito dopo aver stampato

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    le fotografie all’interno dei rullini non ancora sviluppati, il giovane rigattiere capisce di avere tra le mani una storia eccezionale, fatta di misteri e di capolavori.

    Ho visto alcuni degli scatti di Vivian Maier in una mostra allestita a Stupinigi. Guardandole ho capito che la passione per la fotografia che Vivian Maier aveva non è poi tanto diversa da quella che ognuno di noi ha quando, con il proprio cellulare, immortala momenti di vita quotidiana rubando scatti di vita vera.

    Se un po’ vi ho incuriosito, vi segnalo anche su Youtube il film documentario a lei dedicato.

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    IPSE DIXIT

    Prof. di italiano

    Guardando la LIM: “Io sul computer vedo un’altra schermata,

    siamo stati boicottati!”

    “Fidarsi è bene, non fidanzarsi è meglio”

    Leggendo una poesia: “è un po’ una poesia da baci

    perugina”

    Prof: ”Ragazzi, ma se mi balla l’occhio che vuol dire?”

    Alunno: “È colpa degli occhiali!”

    Prof. di epica

    “Forza, ultima domanda, poi dobbiamo far morire anche

    Ettore!”

    “L’amante fisso di Afrodite era Ares, che in confronto ad

    Efesto era proprio un bel fusto!”

    “Zeus era il prototipo dell’uomo fedele: ninfe, dee, donne,

    basta che respirino!”

    Prof. di inglese

    “Noi diciamo ubriaco marcio, gli inglese dicono ubriaco

    come una puzzola, I don’t think skunks drink… I don’t know…”

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    Prof. di chimica

    “è una storia d’amore alla Beautiful, dove tutti si fanno tutti!”

    Prof. di latino

    “Gli occhi sono due, tolto Polifemo, buon uomo!”

    Correggendo il compito: “è un po’ arzigogolation, ma va

    bene”

    Prof. di greco

    “Cosa succede a una vocale che finisce per preposizione?”

    “Siete una generazione di storditi!”

    Prof. di diritto

    “Voi siete quelli sofisticati, studiate il duale”

    Studenti

    Durante l’interrogazione: “cos’è l’ostracismo?”

    “Allora, questa pratica di ESORCISMO…”

    “voi sì che siete intelligenti…”

    “Sapete che βάλλω vuol dire getto, quindi se dico προβάλλω,

    dico progetto?”

    La vicina di banco lo guarda malissimo.