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INDICE 1
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1 Introduzione 2
2 Potere calori�co del combustibile 2
2.1 Bomba calorimetrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
2.2 Calorimetro di Junkers . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
3 Composizione dei combustibili: la gascromatogra�a 5
4 Composizione dei gas combusti 7
4.1 La sonda λ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
4.2 Strumenti non dispersivi a raggi infrarossi . . . . . . . . . . . 8
4.3 Strumenti a ionizzazione di �amma. . . . . . . . . . . . . . . . 9
4.4 Strumenti a chemiluminescenza . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
1 Introduzione 2
1 Introduzione
Le misure sulla composizione �uidi sono importanti negli impianti termoe-
lettrici per il controllo della combustione. In particolare risulta interessante
conoscere la composizione sia del combustibile che dei gas combusti.
2 Potere calori�co del combustibile
La prima variabile di interesse è il potere calori�co del combustibile che
può essere valutato attraverso metodi calorimetrici anche senza conoscerne
la composizione.
2.1 Bomba calorimetrica
Altrimenti detta calorimetro di Mahler permette di valutare il potere
calori�co di combustibili solidi o liquidi.
Il calore prodotto dalla reazione di combustione del combustibile in esame
viene assorbito da una massa di acqua o di altro liquido di cui si osserva
l'aumento della temperatura.
Essa consiste in un recipiente cilindrico di circa 500cm3, chiuso con un
coperchio a vite, dal quale rientrano due fori verso l'interno. In uno di questi
fori è introdotta un'asticella di ferro che regge un crogiolo di platino e una
spiralina di ferro. Nel crogiolo viene inserito il combustibile di cui vogliamo
conoscere il potere calori�co (di solito 40cm3) e viene introdotto ossigeno
sotto pressione. La bomba viene immersa in un calorimetro colmo d'acqua,
munito di agitatore e termometro. Si mette in moto l'agitatore e, quando
il termometro legge una temperatura costante, si instaura una di�erenza di
potenziale tra le asticelle di ferro la quale fa riscaldare la spiralina di ferro; da
qui si attiva la combustione del materiale in esame. Il termometro registra un
brusco innalzameto della temperatura dell'acqua del calorimetro. In tal modo
è possibile calcolare il potere calori�co superiore con la seguente formula:
2.2 Calorimetro di Junkers 3
Figura 1: Rappresentazione di una bomba calorimetrica
Hs =(T2 − T1)(mw − A)
mcomb
(1)
dove T2e T1 sono rispettivamente le temperature di massima e di minima, mw
è la quantità di acqua immessa nel calorimetro, A è l'equivalente in acqua
del calorimetro e mcomb è la quantità di combustibile utilizzato.
2.2 Calorimetro di Junkers
Il gas in esame proveniente da un misuratore di portata viene bruciato
nella camera di combustione; i prodotti di combustione sono fatti circolare
in controcorrente all'acqua di ra�reddamento; e vengono fatti uscire dallo
scambiatore dopo aver ceduto all'acqua tutto il calore acquistato durante
la combustione. Il �usso dell'acqua e' regolato con rubinetto e ci sono 2
2.2 Calorimetro di Junkers 4
termometri per la misura della T di entrata ed uscita. L'acqua prodotta
dalla combustione condensa e viene raccolta.
Figura 2: Rappresentazione di un calorimetro di junkers
Per la valutazione del potere calori�co si e�ettua la seguente procedura:
• Si accende il bruciatore e si attende che la di�erenza di temperatura
tra ingresso ed uscita dell'acqua diventi costante
• Si misurano la portata di acqua e di gas.
• si calcola il potere calori�co come:
Hs =mw(T2 − T1)
Vn
(2)
3 Composizione dei combustibili: la gascromatogra�a 5
Hi =mw(T2 − T1) − r · mcond
Vn
(3)
3 Composizione dei combustibili: la gascroma-
togra�a
E' particolarmente importante per il calcolo della composizione dei gas
combusti e delle condisioni ottimali dicombustione. Viene generalmente
valutata attraverso la gascromatigra�a.
Il gas da analizzare viene spinto da un gas inerte detto gas di trasporto o
fase mobile attraverso una fase �ssa costituita generalmente da una sostanza
allo stato liquido o solido. La gascromatogra�a si basa sulla diversa a�nità
chimica che hanno le componenti del gas da analizzare con la fase �ssa, ovvero
sulla tendenza a formare legami segondari.
Il campione, posto in testa alla colonna e sottoposto al �usso costante del
gas di trasporto, viene separato nelle sue componenti in funzione di quanto
queste siano a�ni (di solito per polarità) alla fase �ssa; un'ulteriore variabile
su cui si agisce spesso per migliorare la separazione è la temperatura della
colonna, che può essere tenuta costante (isoterma) o fatta variare secondo un
gradiente desiderato.
Quando il campione esce dall'estremità �nale della colonna (si dice che
è stato eluito) viene raccolto da un rivelatore. Si ottiene un diagramma
che rappresenta il segnale generato dal rivelatore in funzione del tempo -
�ssato a zero l'istante in cui il campione è stato immesso nella colonna -
detto cromatogramma del campione. Il cromatogramma si presenta come
una sequenza di picchi di varia ampiezza ed altezza distribuiti lungo l'asse
del tempo.
Dal tempo di ritenzione di ogni picco è possibile dedurre l'identità del
composto eluito; dall'area o dall'altezza dei picchi è possibile dedurre le con-
centrazioni o le quantità assolute dei vari composti presenti nel campione
analizzato, a seconda del rivelatore impiegato.
3 Composizione dei combustibili: la gascromatogra�a 6
Figura 3: Esempio di cromatogramma
per quanto riguarda i rivelatori le tre tipologie più comuni sono quelle
a conducibilità termica, a ionizzazione di �amma (o FID) o a cattura di
elettroni (o ECD).
Un rivelatore a conducibilità termica è costituito da due �lamenti riscal-
dati elettricamente e mantenuti a temperatura costante. Su uno scorre il
gas di trasporto puro, sull'altro scorre il gas in uscita dalla colonna. Quan-
do una sostanza viene eluita, il secondo �lamento subirà un ra�reddamento
o un riscaldamento rispetto al primo per via del calore più o meno facil-
mente asportato dal gas contenente la sostanza eluita. Tale variazione di
temperatura si ri�ette in una variazione di resistenza, che viene ampli�cata
e rappresenta il segnale del detector.
In un rivelatore a ionizzazione di �amma il gas di trasporto in uscita
dalla colonna viene mescolato a idrogeno (o ad azoto, se l'idrogeno è il gas di
trasporto) e bruciato. Nella �amma, quando una sostanza viene eluita, si pro-
ducono ioni che vengono raccolti sulla supe�cie del detector producendo una
corrente elettrica che, ampli�cata, rappresenta il segnale del detector. Nono-
stante il suo essere cieco a tutte le sostanze che non bruciano (ad esempio,
l'acqua), il FID è uno dei detector più di�usi.
In un rivelatore a cattura di elettroni, un radioisotopo, in genere Ni viene
utilizzato come sorgente. Composti contenenti atomi elettronegativi, for-
temente assorbenti il �usso di elettroni tra la sorgente ed un rivelatore di
4 Composizione dei gas combusti 7
elettroni, possono venire visualizzati via via che eluiscono dalla colonna ga-
scromatogra�ca. In genere queste molecole sarebbero scarsamente visibili
con altri detector: ad esempio molti composti alogenati oltre a non bruciare
sono addirittura estinguenti la �amma, e porrebbero dei problemi ad un FID
4 Composizione dei gas combusti
Per quanto riguarda la composizione dei gas combusti possimo distinguere
due tipologie di composti:
• I composti principali della combustione (CO2 H2O N2 O2) che formano
la quasi totalità dei fumi
• I composti secondari (NOx SOx CO HC) che sono trascurabili nei
bilanci.
Generalmete per conoscere la composizione principale dei fumi, nota la
composizione del combustibile, si misura la quantità di ossigeno residua
nei fumi e poi si procede al calcolo delle altre componenti attraverso la
stechiometria della reazione di combustione.
4.1 La sonda λ
E' il sensore con cui viene misurata la quantià di ossigeno presente nei
fumi di scarico. Si tratta di una cella elettrolitica ad elettorolita solido.
L'elettrolità è a base di ossido si zirconio e separa due elettrodi in platino
poroso. I due elettrodi sono a contatto uno con la corrente di gas combusti
ed uno con l'aria atmosferica.
La cella quindi separa due miscele di gas in cui l'ossigeno è presente con
concentrazioni di�erenti; si ha dunque l'attivazione di reazioni di ossidiridu-
zione sugli elettrodi che portano alla formazione di una fem. In funzione della
di�erenza di potenziale rilevata tra i due elettrodi si calcola la concentrazione
di ossigeno nei fumi.
4.2 Strumenti non dispersivi a raggi infrarossi 8
Figura 4: rappresentazione di una sonda λ
4.2 Strumenti non dispersivi a raggi infrarossi
Permettono di misurare la concentrazione di vari componenti tra i qua-
li CO, CO2, O2. Si basano sul fatto che un gas, esposto a radiazioni in-
frarosse, assorbe quelle di una determinata lunghezza d'onda, legata alle
caratteristiche della sua struttura atomica.
Figura 5: rappresentazione di uno strumento non dispersivo ad infrarossi
4.3 Strumenti a ionizzazione di �amma. 9
Le celle A e B contengono una il gas di cui vogliamo conoscere la con-
centrazione ed una un gas di riferimento (Azoto); le celle C e D contengono
il gas da analizzare. L menbrana M costituisce una delle due peiastre di un
condensatore.
Il gas da rivelare assorbendo una parte della radiazione aumenta di tem-
peratura e pressione. Se il gas da analizzare (contenuto nella cella A) contie-
ne una certa quantità del componente in esame questo assorbirà una parte
della radiazione che quindi non potrà essere assorbita nella cella di misura
C. Di conseguenza la pressione in D sarà maggiore che in C e si avrà uno
spostamento della membrana rilevabile sotto forma di segnale elettrico.
4.3 Strumenti a ionizzazione di �amma.
Servono a rilevare la presenza di HC nei fumi. Sfruttano il fatto che una
�amma di idrogeno in aria produce una quantità trascurabile di ioni mentre
una combustione di idrocarburi produce una ionizzazione notevole.
Figura 6: rappresentazione di uno strumento a ionizzazione di �amma
Lo strumento è costituito da un bruciatore in cui un �usso calibrato del
gas da analizzare attraversa una �amma di idrogeno in aria. Si rpoduce
quindi una quantità di ioni proporzionale al numero di atomi di carbonio
complessivamente presenti che vengono rilevati da due elettrodi posti nelle
vicinanze della �amma.
4.4 Strumenti a chemiluminescenza 10
Poichè si rileva la quantità di atomi di carbonio per conoscere la concen-
trazione di idrocarburi bisogna ipotizzare il numero medio di atomi di questo
elemento presenti nelle molecole di idrocarburi.
4.4 Strumenti a chemiluminescenza
Sono utilizzati per la misura della concentrazione deglim ossidi di azoto.
Sfruttano la seguente reazione chimica:
NO + O3 NO2 + O2 + hν (4)
Figura 7: rappresentazione di uno strumento a chemiluminescenza
L'emissione di radiazione è quindi proporzionale alla quantità di NO pre-
sente. Per rilevare anche l'NO2 lo si converte prima del rilevatore in un
reattore catalitico.