Post on 17-Feb-2019
Periodico degli studenti del Liceo Classico “Francesco Maurolico” di Messina
Don Ciotti e la lotta alla criminalità organizzata
Esclusiva per Κοινή
Fatto? Bene. Perdonaci, lettore
più o meno fedele, ma questo
era l’unico modo per catturare
la tua attenzione. Volevamo
stupirvi ancora una volta con un
editoriale scoppiettante che
avrebbe rianimato il caliente
spirito estivo (per il momento
assopito) di questa scuola, ma
siccome ad ogni uscita, letto
l'editoriale e qualche articolo
(quando va bene), vi ritrovate
ricoverati d'urgenza in ospedale
per "infarto triplo", abbiamo
pensato di evitarvi un simile
dispiacere prima delle vacanze.
Non che ce ne importi molto...
ma ve lo immaginate Virellone
stile baywatch che insegue
Pamela Anderson alias Pino
Gemellaro? Noi evitiamo. Così
stavolta lasciamo in pace voi e
parliamo di noi. Oh ma che ego
gigantesco ha questo direttivo!
Eh sì, lo ammettiamo, ma d'al-
tronde se non ci celebrassimo
da soli, chi lo farebbe? Siamo
davvero troppo cattivi per esse-
re amati. E per amare! Ma sta-
volta staremo buoni. Eppure,
permetteteci la parentesi, dove
lo trovate un altro Maurolico in
cui i laboratori di informatica,
lingue, fisica e chimica funziona-
no con l'efficienza delle officine
della Ferrari? O ancora, un Mau-
rolico in cui siamo bravi ad o-
rientare gli altri, ad alfabetizzare
tutti e tutto, ma non a farci
orientare? Perché "non possia-
mo perdere ore scolastiche alla
fine dell’anno”! Infine, un Mau-
rolico in cui si è dovuto aspetta-
re il 20 Maggio per vedere parti-
re la raccolta differenziata? E
dire che la richiesta era già stata
avanzata da Ottobre! Tornando
a noi, non ci resta che conge-
darci da quelli che ritroveremo
l'anno venturo a sopportare
ancora il pesante…
continua a pag. 3
ANNO XXV, NUMERO 6 MAGGIO/GIUGNO 2011
l’editoriale
Leggimi
Maurolico nel mondo Intervista Messina e dintorni
Aldo Cazzullo
ed il suo
“Viva l’Italia”
Il MUN 2011:
trionfo del
Maurolico
Attività scolastiche
Il Giro fa tappa
sullo Stretto: il
resoconto
L’esperienza del
nazionale di
scacchi
pag. 4 pag. 26 pag. 14 pag. 25
pag. 8
Il meraviglioso cortile interno sarà mai agibile? (foto di Beatrice Barrilà III A)
SommarioSommarioSommarioSommario
Tre domande a Aldo Cazzullo__________________pag. 4
Habemus Papam____________________________pag. 5
Il coraggio di rimanere_______________________pag. 6
Dalle stelle alle stalle_________________________pag. 6
Tre minuti, una parola________________________pag. 7
I barattieri___________________________pag. 17
Gli indovini__________________________pag. 17
Ascoltando il mio cure__________________pag. 18
Kronos______________________________pag. 18
Più che puoi__________________________pag. 18
Principessa__________________________pag. 19
Squarci di luce________________________pag. 19
Sognare_____________________________pag. 19
Koiné_______________________________pag. 20
Salsedine____________________________pag. 20
Un mondo che delude__________________pag. 20
La finale del torneo di calcetto___________pag. 21
Il mio saluto alla nostra scuola___________pag. 22
MUN 2011___________________________pag. 24
Caffè letterario al Maurolico_____________pag. 25
Senza titolo__________________________pag. 26
Bob Marley: la musica per la pace____________pag. 11
Born this way___________________________pag. 12
L’opera dei pupi siciliani___________________pag. 13
In questo numeroIn questo numeroIn questo numeroIn questo numero
Don Ciotti__________________________pag. 8
Referendum del 12 giugno___________pag. 9
Legalopolis_______________________pag. 12
Nazionale di scacchi_________________pag. 23
Raccolta differenziata_______________pag. 25
Discipulus Dixit____________________pag. 26
La redazione______________________pag. 27
22
Si ringrazia la Libreria Ciofalo per il sostegno
Κοινή
giornale comune
dal 1986
Luci su Capo Peloro_____________________pag. 14
Il giro a Messina________________________pag. 15
Stai tranzollo__________________________pag. 16
33
...fardello della conoscen-
za e salutare calorosa-
mente tutti quelli che
invece con quest'anno
chiudono la loro esperien-
za scolastica (E vaja! Fine-
mula i cianciri!).
Ma è pur vero che lascia-
mo tutti un pezzo di cuore
in questa scuola e in que-
sto Koiné. Tutti, quelli che
vanno e quelli che resta-
no, hanno avuto l'occasio-
ne di accostarsi al giornale
e per chi ancora non l'a-
vesse fatto giungerà prima
o poi l'ora X. Vogliamo
altresì ringraziare tutti i
ragazzi che quest'anno ci
hanno onorato della loro
preziosa collaborazione, i
professori che hanno
scritto e quelli che sono
divenuti oggetto di atten-
zioni particolari (!) da
parte degli studenti, tutto
il personale ATA che ha
tollerato tante e tante
richieste e per ultimo, ma
non per importanza, il
nostro Grande Puffo Nino
(proverbiale la sua "l'anno
prossimo me ne andrò in
pensione" frase detta già
dieci anni fa. Ma Ninuzzo
non fare il modesto, ti
abbiamo già proposto
preside a vita!). Quante
volte si è dimenticato di
noi, del nostro venticin-
quesimo! Ma lo perdonia-
mo, è un uomo tanto
impegnato! Sul bunga-
bunga in vicepresidenza
indaga la procura. E se la
fine viene sempre per tutti
prima o poi, per il Koiné
non è così! Egli è eterno!
(Palma e Roberto non
pensate male). Infatti ci
siamo già adoperati affin-
ché l'anno prossimo pos-
siate ancora trovarvi in
buona compagnia (la no-
stra). Cosa regaliamo poi a
chi ci accusa e critica? Solo
tanti baci e belle parole
perché, tranquilli, in fon-
do, molto in fondo, amia-
mo anche voi! E dato che
siamo in vena di tenere
confidenze, sappiate che
siamo capaci perfino di
diventare umili per una
volta e riconoscere che
siamo pieni di difetti, che
scriviamo male, spesso
cavolate, come anche
questo editoriale, siamo
retorici, inconcludenti ma
rullo di tamburi questo
Koiné ci piace così com'è!
Che importa se non si
possono soddisfare i gusti
di tutti! Se Maometto non
va alla Mecca.... avete
capito! Scrivete e pure voi
avrete di che far gioire il
vostro ego! Com'è bello
leggere un articolo e con-
cordare pienamente con
le idee esposte dal
"giornalista" di turno!
Incuriositi dalla scoperta
di una certa affinità con
l'autore del pezzo andare
a ricercare il suo nome e,
alzato lo sguardo, scoprire
che quell'articolo è pro-
prio il vostro! Scrivete,
quindi, prendete in mano
la vostra vita e fatene un
capolavoro, come disse un
tipo polacco divenuto
Beato. In quanto a noi,
oltre a ricordarvi l'inutile e
ad aver dimenticato l'es-
senziale, ci accontentiamo
di salutarvi. Ci acconten-
tiamo...Per ora. E' una
promessa.
Il direttivo
continua da pag. 1
Antonio Crisafulli
Claudio Staiti
E h già! Chi l'avrebbe mai detto (tutti!),
siamo arrivati anche noi al capolinea, dopo
5 lunghi e intensi anni. Ne sono passati
poco più di due da quando, un pomeriggio
di ottobre, fummo eletti direttori del giornale che
avete tra le mani (“a tal punto arrivava la disperazio-
ne collettiva” penserete). Nonostante avessimo già
collaborato come redattori, di Koiné sapevamo poco
o nulla, solo che significava comune, o meglio voce
comune (di chi?), che aveva una lunga storia, talvolta
travagliata, che aveva passato momenti difficili ma
che voleva risorgere. Dopo un buio periodo di medio-
evale stasi, Koiné faceva i primi passi verso la demo-
crazia e, preceduto da un’intensa “resistenza”, il
nostro 2 Giugno arrivava, e la revisione del suo Statu-
to, la nostra piccola “costituzione”, pure. Abbiamo
iniziato sotto il consolato del buon Lillo De Domenico,
pieni di entusiasmo e di idee, forse troppe direbbe
qualcuno, forse poche diremmo noi. Eppure molte di
quelle intuizioni si sono rivelate la scelta giusta e
hanno consentito che il nostro periodico facesse un
gran bel salto di qualità. Col tempo, abbiamo appreso
molto della storia del nostro giornale, delle sue
innumerevoli vicende, ma soprattutto dei suoi 25
anni. Forse a nessuno mai sarebbe balenata in testa
una domanda che invece ha agitato noi sin dal nostro
insediamento: quando nacque Koiné, e perché? A
risponderci è stato un ex-alunno, Gerry Minasi, oggi
affermato psicologo, trovato per caso su facebook,
quando ormai avevamo perso ogni speranza di poter
risalire sino alle origini del giornale. Dopo un primo
incontro avuto con lui nel mese di Settembre, è stato
tutto un susseguirsi di scoperte e rivelazioni che, tra
l’entusiasmo che nel frattempo pervadeva per la
prima volta tutti, ci ha condotti a Domenica 13 Mar-
zo. Data storica per il Maurolico: in quell’occasione
abbiamo ricordato i primi 25 anni di Koiné (come si
legge nel numero di Marzo), in un succedersi di
ricordi ed emozionanti incontri. Abbiamo affrontato
nella pugna omerica che intitola questo nostro addio
non poche avversità, prima che a Koiné fosse palese-
mente riconosciuto il valore fondante e insostituibile
di "patrimonio comune dei Mauroliciani", e nono-
stante questo non tutti hanno lealmente interpretato
lo sforzo che abbiamo profuso nel renderlo un gior-
nale migliore e realmente democratico; ma da chi
cercava (o cerca) di fare "polemica da bar" segnata
da facili qualunquismi, da chi puntualmente voleva
un carro dei vincitori su cui salire, da chi tra i docenti
non ci ha supportato ma ha sempre visto con superfi-
cialità e diffidenza il nostro operato, abbiamo sempre
attinto energie nuove e stimoli per migliorarci; a chi
invece di distruggere ha aiutato a costruire, a chi è
stato al nostro fianco fin da subito, a quei docenti (e
non sono pochi) che hanno collaborato assiduamen-
te, noi diciamo grazie. E grazie anche al caro (nel
senso economico e pecuniario della parola)
segretario/direttore amministrativo/banchiere alias
Zio Paperone Cirinà che ci sborsava i sacchi col dolla-
ro disegnato sopra, ai pazientissimi bidelli, (oops!
“personale ausiliario”, che non ne abbiano a male)
tra cui è da annoverare senz’altro Mr. Frank, al com-
pianto sig. Damiri, mitologica figura che resterà
immortale nella mente di tanti mauroliciani,
all’immancabile prof. Antonino Ponzio, (crediamo
davvero che sia lui a dare il nome ai corsi P.O.N.!)
alias Catone il Censore, a cui è spettato sinora il
disagevole compito di prendere visione delle bozze
del giornale e dare il nulla osta alla pubblicazione o
censurare determinati contributi (cosa peraltro
avvenuta molto raramente) ed infine all'ormai vec-
chio amico Ninuzzo, che, fin da quando è entrato in
questa scuola -erano gli anni ’90- ha amato Koiné,
permettendo, prima che rinascesse, ora che conti-
nuasse, lasciandoci sempre carta bianca per il nostro
lavoro, sapendo ascoltare le nostre richieste com-
prendendo quanto convenisse al “buon nome del
liceo” supportare un progetto simile. E noi gli siamo
stati riconoscenti, come si può vedere dagli editoriali
di questi due anni, nei quali abbiamo dato il meglio (o
il peggio?) di noi nelle affettuose caricature a lui
dedicate: ci basterà citare La Banda Ninuzzo & co,
Gran Nino I di Persia con il Satrapo Virelliòn, Re Nino
e il cavaliere oscuro Virelli, Ninuzzo Silente, Ninuzzo
Scrooge, Ninuzzo il Magnifico, Ninuzzo Big Brother, Il
Grande Puffo Nino… Ci sarebbe tanto altro da scrive-
re ma, coscienti che lo spazio è quello che è, e volen-
terosi di non rubarne troppo ad altri, ci limiteremo a
dire: Koiné è, è stato, e sarà (speriamo) lingua comu-
ne, la κοινή διάλεκτος dei mauroliciani. Se costruire è
stato difficile, demolire sarà molto più facile.
Ai posteri l’arduo Koiné!
Koineide
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Tre domande a...Aldo Cazzullo
I nviato ed editorialista del Corriere della
Sera, ha presentato a Messina il suo nuovo
libro, "Viva L'Italia!", per il quale è stato
insignito del Premio Nazionale ANPI "Renato
Benedetto Fabrizi" 2011. Nella sua raccolta di
storie, dal Risorgimento fino ai giorni nostri,
rivela esempi di vero patriottismo spesso a noi
poco noti, storie di uomini che hanno amato
l'Italia e che riescono a rispolverare in noi quel
sentimento patriottico che non ci manca, giusto
perché, anche se non sarà proverbiale come
esclamare "Vive le France!", in ogni italiano si
nasconde quel grido pieno di passione e amor
patrio: Viva l'Italia!
Ci faccia innanzitutto una breve presentazione
della sua opera.
Il libro si basa su tre tesi fondamentali: la Resi-stenza non è una cosa di sinistra, non appartie-ne solo ai comunisti, ma fu fatta anche dai militari, dai carabinieri, dai sacerdoti, dalle donne, dagli ebrei, dai monarchici, e, al di là delle pagine nere che ci furono e vanno denun-ciate con forza, dovrebbe essere sentita come il patrimonio di un'intera nazione, non di una fazione. Non è vero che il Risorgimento è una cosa da liberali, c'è anche il popolo nel Risorgi-mento italiano. Insorgono nel 1847-48-49 tutte le grandi città italiane, a cominciare da Messi-na. E infine, per parlare dei nostri giorni, noi italiani siamo più legati all'Italia di quanto amiamo riconoscere. C'è un pericolo, perché i leghisti non hanno abbandonato l’idea della secessione e vedo montare nel Sud un forte movimento che sarebbe riduttivo chiamare "neoborbonico": c'è un forte rancore nei con-fronti del Nord al Sud, in parte giustificato dalle inaccettabili invettive leghiste. Vedo rischi di divisione, ma tutto sommato un amor di patria più forte di quanto amiamo riconoscere, quindi penso che festeggeremo anche i 200 anni. Io ho una visione critica dell'Italia di oggi , l'ho raccontata ampiamente nei due libri pre-cedenti in cui individuavo due parole chiave dell'Italia di oggi: "Outlet Italia", viaggio del paese in svendita; outlet sia come centro com-merciale che sostituisce la piazza nel paese come luogo di incontro, ma anche come sinoni-mo di svendita, degrado dei rapporti umani e di mercificazione dei valori. L'altra parola chiave è "L'Italia de noantri", dizione romanesca di noialtri, noiautri in siciliano, noiauti in piemon-tese, noaltri in veneto. Noialtri vuol dire la
fazione, la corporazione, il campanile, la fami-glia, vuol dire che in tutta Italia, prevale l'inte-resse privato su quello pubblico, prevale il "particulare" di Guicciardini sul generale, è questo non è un vizio del Sud o del Nord, ma di tutti gli Italiani. Così però come le virtù, io vedo estro fantasia, creatività, accoglienza, gusto del bello, senso dell'umorismo, quindi in qualche modo noi Italiani ci assomigliamo parecchio, nei vizi, che ho raccontato nei libri precedenti, e nelle virtù, che cerco di raccontare in questo libro, certo con riferimenti al passato, ai patrio-ti per cui l'Italia era un ideale che valeva la vita e per cui le ultime parole furono "Viva l'Italia!".
Ciò detto, anche oggi secondo me ci sono degli italiani di cui possiamo andare orgogliosi, ci sono le nuove "resistenze", ci sono le forze dell'ordine, gli impiegati pubblici, gli insegnan-ti, gli operai, i piccoli imprenditori, abbiamo tante cose di cui possiamo andare orgogliosi e abbiamo un grande potenziale di sviluppo per il futuro, perché nel mondo c'è una grande domanda di Italia, perché l'Italia è un nome che piace, un paese che piace, e, fatemi dire, nel particolare c'è una grande domanda di Sicilia. La cartina va rovesciata, la Sicilia non è dove finisce l'Europa, ma il posto in cui comincia e questa primavera araba che causa tanti pro-blemi nell'immediato in futuro potrà essere un’ ulteriore potenzialità di sviluppo per la Sicilia.
Come mai la Lega riesce a prendere così tanti
consensi al Nord? Per i suoi messaggi idealistici
o per la sua efficace politica?
La Lega nasce da un sentimento molto diffuso al
Nord, un sentimento antistatale, anche antime-
ridionale, diciamoci la verità, ma anche da una
richiesta di maggiore autonomia. E' la risposta
sbagliata a una domanda anche legittima, ap-
punto come poter prendere decisione più vicine
ai cittadini. La Lega è sicuramente efficace per-
ché banalizza e semplifica tutto. Io penso che sia
anche pericolosa, perché accanto alla Lega Nord
stanno crescendo delle Leghe del Sud, che fanno
riferimento alle stesse logiche della Lega: la Lega
dice:"il Nord non è la Germania per colpa del
Sud che è una palla al piede", i sudisti dicono "il
Sud è Sud per colpa del Nord, che 150 anni fa
l'ha invaso e adesso continua a depredarlo". Al
di là del fondo di verità che ci può essere dietro
mugugni incrociati, la logica è esattamente la
stessa: la colpa dei nostri guai non è mai nostra,
la colpa è sempre di altri italiani. Io mi rifiuto di
sottostare a questa logica, vedo grandi differen-
ze tra Nord e Sud ed è giusto che ci siano le diffe-
renze, però vedo anche molti punti in comune e
secondo me la questione meridionale è ormai
una questione nazionale: dalla crisi o si esce tutti
insieme o non si esce.
Riguardo alla questione Libica condivide le
posizione che ha preso il nostro governo?
Trovo un po' grottesco il passaggio dal baciare la mano a Gheddafi a bombardarlo. Ciò detto, secondo me è giusto intervenire in Libia per fermare un massacro di civili e per contribuire a costruire una nuova Libia democratica con
cui l'Italia deve avere un rapporto privilegiato.
Intervista a cura di
Antonio Crisafulli III F
Roberto Saglimbeni II E
L’editorialista del Corriere della Sera intervistato da Koiné
Aldo Cazzullo all’Università, dove ha presentato il suo libro alla presenza del Magnifico
Rettore Tomasello. Nel pomeriggio il giornalista è stato invece al palacultura “Antonello”
“ Nel mondo c’è una grande
domanda di Italia, perché
Italia è un nome che piace, un
paese che piace, e, più di ogni
altra zona, c’è una fortissima
domanda di Sicilia”
55
Anna Laura Ammendolia II B
I l 17 Aprile fece il suo debutto nelle sale
cinematografiche il tanto atteso film di
Moretti, discusso, criticato, apprezzato
già prima della sua uscita. La critica si chiese
subito se l'intenzione del regista fosse di crea-
re un'ironia piuttosto blasfema sulla Chiesa
moderna: ci fu chi vide nel protagonista del
film una ripresa della figura di Papa Luciani,
alla morte del quale alcune autorevoli voci fra
le quali il giornale francese “Le Monde” aveva-
no ipotizzato che essa fosse stata la conse-
guenza della pressione esercitata dalla grande
responsabilità affidatagli; c'è chi invece non
poté non notare alcuni riferimenti a Giovanni
Paolo II nella sua grande passione per il teatro
(condivisa con il protagonista del film) e nelle
scene registrate al suo funerale sulle quali
scorrono i titoli di coda. L'intenzione provoca-
toria, che ha sempre contraddistinto i film di
Moretti è chiaramente presente anche in
quest'ultimo (basti pensare al torneo di palla-
volo organizzato in Vaticano per intrattenere i
cardinali in attesa della presentazione pubblica
del papa). Ma non è forse eccessivo giudicarlo
addirittura blasfemo? Sì. Certamente un altro
finale sarebbe risultato più gradito al pubblico
cattolico e avrebbe mostrato un cambiamen-
to, un progresso che nella trama appare, inve-
ce, inesistente. In una struttura quasi circolare,
il papa che all'inizio del film grida “non ce la
faccio”, nonostante i giorni di riflessione, non
muta la sua posizione. Non sarebbe stata in
fondo una logica conseguenza del percorso
interiore del protagonista l'azione coraggiosa
di un uomo che, seppur timoroso, accetta il
suo difficile compito affidandosi a Dio? Ma
pochi giorni dopo, precisamente l'1 Maggio, la
Chiesa risponde con un uomo, un vivo esem-
pio di chi ebbe il coraggio di affrontare uno dei
ventenni più duri e mutevoli della storia mon-
diale, di chi decise di effettuare quel cambia-
mento necessario a riavvicinare il popolo cat-
tolico alla Chiesa, Papa Wojtyla. Nel film, il
papa, interpretato da un bravissimo Michel
Piccoli, afferma che la Chiesa necessita di fare
una svolta decisiva e non si ritiene in grado di
assumere tale responsabilità, quindi rende
pubblico il suo rifiuto; Nanni Moretti con que-
ste parole, a mio parere, ricorda al mondo che
la Chiesa è fatta di uomini e che i fedeli quanto
i preti e tutti gli altri componenti del clero si
scontrano continuamente nella vita con i loro
limiti umani. In una delle sue prime apparizioni
pubbliche Wojtyla disse: “pregate per me,
aiutatemi perché io vi possa servire”. Ecco
l'eccezionalità, ecco la novità. Cosciente del
suo essere uomo egli diventa strumento nelle
mani di Dio, si avvicina ai fedeli e chiede loro,
umilmente, sostegno. Così nasce e si rafforza
quel grande legame con il suo popolo, sor-
prendentemente formato anche da numerosi
giovani, al quale diede non solo voce ma anche
speranza. Nel suo viaggio in Africa nel 1980
egli disse: “non posso tacere mentre i miei
fratelli e le sorelle sono in pericolo. Io sono qui
la voce di quelli che non hanno voce, la voce
degli innocenti morti, [...] la voce delle future
generazioni, le quali non devono più vivere
con la terribile e incombente minaccia sulle
loro esistenze”. In queste parole, uno dei più
evidenti esempi dell'impegno sociale che Gio-
vanni Paolo II sentì di dover onorare. Egli infat-
ti, durante tutto il suo pontificato, invitò a non
trascurare la povertà che ritenne una silenzio-
sa piaga dell'umanità. O forse dimostrò meno
coraggio e determinazione nel discorso che
pronunciò nel 1993 nella Valle dei Templi
quando osò dire ai mafiosi “convertitevi” ricor-
dando loro che “una volta verrà per tutti il
giudizio di Dio”? Ecco l'uomo che tanto in Italia
quanto in Polonia diventa voce della lotta
all'ingiustizia. Il suo popolo lo amò proprio
perché vide in lui un impegno forte e reale
completato da una strepitosa capacità comu-
nicativa. Secondo alcuni interpreti Nanni Mo-
retti mette in scena la solitudine della quale
soffrono tutti gli uomini di Chiesa, ma Wojtyla
risponde loro diventando egli stesso un model-
lo, un'incitazione a trovare nella compagnia
degli altri fedeli e nella fede smisurata in Dio
(“aprite anzi spalancate le porte a Cristo”) una
risposta alla solitudine che affligge ogni uomo.
Habemus Papam Dall’elezione del 1978 a Nanni Moretti
“ Nanni Moretti mette in scena la
solitudine della quale soffrono
tutti gli uomini di Chiesa, cui
Wojtila ha risposto diventando
un modello per tutti”
“ Non sarebbe stata una logica
conseguenza del percorso del
protagonista, per quanto
timoroso, l’accettazione
coraggiosa del suo compito?”
66
Il coraggio di rimanere Cambiare la propria terra per non cambiare aria
Francesca Vitarelli V F
É facile lamentarsi della realtà in cui
viviamo, denigrare l'ambiente che ci
ospita da quando siamo nati, guardarlo
con disprezzo, attribuendo la colpa a chi ci
circonda per ciò che non funziona, estranian-
doci dal contesto come se fossimo turisti. E'
proprio così che ci comportiamo, come fossi-
mo solo di passaggio. Stiamo qui a studiare,
poi facciamo le valigie e andiamo via, destina-
zione Nord… d'altronde "a Messina che dob-
biamo fare? che prospettive offre la Sicilia?
Qui non c'è lavoro, non c'è spazio per i giova-
ni, c'è la criminalità organizzata...". Amiamo la
nostra terra quando veniamo qui per le vacan-
ze, per il nostro mare, le nostre spiagge, il
nostro sole, ma davvero il modo migliore per
dimostrarlo è tornare solo per le vacanze?
E' assai facile dare una moneta a un povero
incontrato lungo la strada. Generalmente è
più facile che passare oltre. E' assai facile tor-
nare qui ogni tanto. Generalmente è più facile
che non tornarci affatto. E' altrettanto facile
essere orgogliosi della Sicilia perché Pirandel-
lo, Sciascia, Brancati...etc. sono siciliani; è un
po' meno facile esserlo quando si parla di
mafia. Ma la nostra terra è questa, un conti-
nuo braccio di ferro tra luce e oscurità. Quan-
to siamo disposti a dare per alimentare la luce
che essa possiede? L'oscurità è solamente
un'assenza di luce; per quanto ancora permet-
teremo il dilagare inesorabile del buio? Il vero
cambiamento non sta nell'andare a cercare
altrove una realtà migliore, ma nel crearla qui.
Non bisogna evitare il male, ma affrontarlo. Il
coraggio sta nel non desistere mai dal produr-
re luce, sta nel rimanere e combattere. “ la nostra terra è un continuo
braccio di ferro tra luce e
oscurità. Quanto siamo
disposti a dare per
alimentare la luce che essa”
possiede?”
NonNonNonNon chiedetechiedetechiedetechiedete cosacosacosacosa possapossapossapossa farefarefarefare lalalala patriapatriapatriapatria perperperper
voi:voi:voi:voi: chiedetechiedetechiedetechiedete cosacosacosacosa potetepotetepotetepotete farefarefarefare voivoivoivoi per per per per
lalalala patria. (Johnpatria. (Johnpatria. (Johnpatria. (John FitzgeraldFitzgeraldFitzgeraldFitzgerald Kennedy)Kennedy)Kennedy)Kennedy)
Dalle stelle alle stalle Istruzioni per arrivare dalla Champions alla serie B
Giuseppe Genovese V E
C urci, Stankevicius, Volta, Gastaldello, Ziegler, Semioli, Palombo, Dessena, Gu-berti, Cassano, Pazzini...è la sera del 24
Agosto 2010, a Marassi (o Luigi Ferraris che dir si voglia), si gioca il ritorno del preliminare di Champions League, che vede in campo la Samp di Di Carlo contro il Werder Brema di Schaaf.
All’andata 3-1 fu per i tedeschi, questa partita termina 3-2 per la Samp, che però vede immeri-tatamente sfumare il suo sogno di andare in Champions. Inizia con grande dispiacere la sta-gione della Doria, che termina il girone di andata nona in classifica. La crisi ha inizio durante il mercato di Gennaio, che vede l’addio di Cassano a causa di alcuni litigi con il presidente Garrone, e continua con la sconfitta-eliminazione nella partita di Coppa Italia da parte del Milan, che permette all’Inter di acquistare il bomber blu-cerchiato Giampaolo Pazzini. Senza le due punte più importanti, la Sampdoria perde partita dopo partita il carattere deciso che aveva acquisito ad inizio campionato, partendo dalle stelle e arri-vando alle stalle. La condanna definitiva arriva il 15 Maggio, proprio dal Palermo che così riesce a “vendicare” quel posto in Champions League che gli era stato preso l’anno scorso dalla Samp. Ammetto di essere ancora incredulo riguardo ciò: potevo aspettarmi di tutto, tranne la Doria in B. Ma questo è il calcio! E sono cose che biso-
gna accettare, proprio come hanno fatto i tifosi di questa squadra, che hanno provato a consola-re con cori e striscioni il club e il Capitano Ange-lo Palombo, che spero di rivedere tra due anni nuovamente in Serie A. Così si conclude la sta-gione 2010/2011 che vede trionfare il Milan. Beh, auguri a voi cari Milanisti, ma guardate che il Biscione non molla!
Ne approfitto per porgere un saluto al preside, ai prof., e a tutti gli alunni della scuola con la speranza di poterci ritrovare il prossimo anno per la nostra “stagione” 2011/2012 e faccio un augurio a tutti coloro che quest’anno affrontano la Maturità. In bocca al Lupo!
Il capitano sampdoriano Palombo chiede scusa alla curva
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Roberto Saglimbeni II E
Q uante volte noi, cittadini medi, siamo bombardati giornalmente da messaggi audiovisivi, provenienti dalle fonti più
disparate? Tante, troppe, se si considera che secondo le statistiche dell’istituto di ricerca e politica Demos & Pi la televisione è il principale mezzo d’informazione per il 94% degli italiani; ma la cosa che deve destare più preoccupazione è la “qualità” di ciò che arriva nelle nostre case. E prima ancora di considerare il valore o meno dei programmi, è l’aspetto linguistico quello più minacciato dall’eccesso di dati riversati sulla popolazione. Basta guardare un telegiornale nazionale per rendersi conto di come la nostra classe politica, teoricamente la parte migliore del paese, abbia sempre meno padronanza dell’italiano, tendendo sempre più all’abuso di prestiti linguistici dall’inglese, all’invenzione, tanto spontanea quanto preoccupante, di nuovi
termini o all’uso improprio di parole antiche. Ecco dunque che un’ ambientazione diventa una location; l’inquinamento, sul calco dell’inglese pollution, diventa per il presidente Berlusconi polluzione (parola che, vi invito a controllare, vocabolario alla mano indica tutta un’altra co-sa); il direttore del Tg 1 Minzolini segnala un vulnus nella nostra Costituzione (dire mancanza
sarebbe stato troppo banale). E abbandonando i piani alti del Paese la situazione va peggiorando, finendo per scadere nella totale incompetenza
grammaticale dei programmi televisivi o in pub-blicità sempre più da BBC e meno da Rai. Non è qui in dubbio la comprensibilità, entro certi termini, di alcune “modifiche”, naturali o deriva-te da errori, della nostra lingua; il pericolo sta nei risultati di questi abusi di parole, specie se sovraesposti dal mezzo televisivo. I prestiti lin-guistici ci sono sempre stati e sempre ci saran-no, rientrando nella normalità dell’evoluzione di una lingua: non è invece normale il decadimento rapido ed incessante dell’italiano corretto, par-lato sempre più da una cerchia ristretta di per-sone istruite e sempre meno noto alle masse, che conseguentemente vi sostituiscono un idio-ma di stampo televisivo o ritornano al loro dia-letto regionale. Ed è strano accorgersi di come sia proprio la televisione, che aveva dato negli anni ‘50 e ‘60 un’unità linguistica ad ogni livello, il mezzo di questa diseducazione, che porta ad un uso superficiale ed inconsapevole dell’italiano, che presenta invece un’enorme
quantità di termini e sfaccettature tali da garan-tire una sterminata capacità espressiva: il paese definito da Pasolini “tugurio con la televisione” rischia di trasformarsi in una Babele del secolo XXI, in cui diventa difficile capirsi da Messina a Milano. In questo panorama di desolante decli-no colpisce in positivo il tentativo, stoicamente controcorrente, di Beppe Severgnini. Giornalista e scrittore di libri di successo, ha da quest’anno curato una rubrica sul sito del Corriere della Sera denominata Tre minuti, una parola. Col piglio ironico e mai banale che contraddistingue da sempre il suo modo di fare giornalismo, Sever-gnini analizza in 180 secondi un termine a setti-mana, scelto tra quelli più diffusi o inflazionati, e ne riporta gli usi più o meno impropri che ne fanno i personaggi più in vista del paese. Politici, personaggi dello spettacolo, calciatori: nessuno sfugge alla “gogna” del giornalista cremasco che, riallacciandosi all’etimo della parola scelta,
spiega come debba essere usata, approfittando-ne per fare satira di stampo prevalentemente politico. Per quanto possa sembrare settoriale e poco interessante, la rubrica di Severgnini è senza dubbio una delle più brillanti del Web italiano, per la capacità di coniugare intelligenza ed intrattenimento, cultura e simpatia: scivolan-do nelle trattazioni di termini come randomico
(orrendo prestito linguistico dall’inglese), risibile
(continuamente usato dai politici per sviare l’attenzione dalle critiche loro mosse), epocale
(che sembra aver sostituito ogni altro sinonimo), il “lettore” ha modo di riflettere a livello conscio ed inconscio sull’uso fatto da lui e dagli altri della nostra lingua, ed interrogarsi su fenomeni della lingua parlata che ci portano a modificare l’italiano senza neanche accorgercene. L’intelligente scelta di “educare” la popolazione di Internet ad un italiano corretto inserisce Se-vergnini nel novero dei pochi intellettuali capaci di rivolgersi in modo semplice ed efficace alle “masse”, le cui carenze linguistiche, ancor più della mancanza di letterati, rischiano di trasfor-mare la lingua di Dante, Petrarca, Boccaccio, Machiavelli, Tasso, Foscolo, Leopardi, Manzoni, Saba, Ungaretti e tanti altri in un confuso para-piglia di termini incompetentemente scagliati da lingua a lingua, senza padronanza di ciò che si dice e senza dunque riuscire a tradurre corretta-mente un pensiero in parole. Perché se è vero che “Chi non conosce le lingue straniere non sa
niente della propria” (Goethe), è altresì valido che “L’italiano, fra non molto, sarà la più bella
delle lingue morte” (Vecchioni).
Tre minuti, una parola L’esperimento linguistico - multimediale di Beppe Severgnini
“ Con ironia Severgnini analizza
un termine a settimana,
scelto tra quelli più diffusi o
inflazionati, e gli usi impropri
che ne fanno i
personaggi pubblici”
“ I prestiti linguistici
rientrano nella normalità
dell’evoluzione di una lingua:
non lo è invece la rapida ed
incessante scomparsa
dell’italiano corretto”
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L uigi Ciotti è un noto sacer-
dote attivo nella lotta con-
tro la mafia. Per questo
durante gli anni s’è dedicato a
svariate attività che l’hanno visto
prendere parte all’associazione
Gruppo Abele, dalla quale è nata
Libera, di cui Ciotti è fondatore,
rete d’impegno che si occupa di
tutelare le famiglie di vittime della
mafia. Ha scritto libri sul tema dei
giovani e le droghe e ha collabora-
to con trasmissioni televisive impe-
gnate e di successo come L’Infedele
e Vieni via con me. Durante l'ospi-
tata in quest’ultima ha dato la sua
definizione di legalità: “Un’esigenza
fondamentale della vita sociale, per
promuovere il pieno sviluppo della
persona umana e la costruzione del
bene comune(…). Legalità è la no-
stra Costituzione, il più formidabile
dei testi “antimafia”, le mafie e le
ingiustizie, i vuoti istituzionali, la
corruzione, l’abuso di potere si
possono combattere solo costruen-
do una società più giusta. Legalità
è speranza, e la speranza si chiama
“Noi”, legalità è avere il coraggio di
rispondere alla nostra coscienza.
Forza, dobbiamo darci una mossa
un po’ tutti!”
Padre, da oltre 50 anni Lei è impe-
gnato nel sociale, svolgendo tra
l’altro anche la professione di
giornalista. Prima di tutto Lei è
però un sacerdote. Come si coniu-
ga questo ruolo col suo impegno
civile?
Io ho due punti di riferimento: il Vangelo, che è la parola di Dio, e la Costituzione italiana. Perché si vive in un territorio, che è anche un Paese e una società, nel quale ci si deve confrontare e misurare tutti i giorni. La parola di Dio è ingombrante, scomoda, difficile, non fa sconti ed è provocante. E’ una parola che ci invita ad avere fame e sete di giustizia e impe-gnarsi per essa, a partire da qui; allora non manca questo nostro impegno d’esserci e fare la nostra parte.
Lei ha affermato che la sua parroc-
chia è stata la strada. Quanto è
stato importante professare la sua
fede direttamente sul campo?
Fu il mio Vescovo a dirlo: a dicias-sette anni ho cominciato questo percorso, a vent’anni nasce il Gruppo Abele, solo dopo diventai sacerdote ma c’era già tutta que-sta ostilità nelle strade, e c’era bisogno di un’attenzione per i più deboli e più fragili che erano ai
margini. Sono state fatte tante attività, non solo di Luigi Ciotti ma di un “noi”, perché è il “noi” che vince. Il cambiamento ha bisogno di tutti, non di navigatori solitari.
Da molto tempo Lei si occupa,
soprattutto attraverso “Libera”, di
criminalità organizzata. Che cos’è
veramente la “mafia”?
Io non mi occupo di criminalità organizzata ma di persone. Mi occupo di portare il mio piccolo contributo, assieme ad altri, e di costruire i percorsi di giustizia di questo Paese. Per far sì che la no-stra Costituzione non sia solo una bandiera sventolata da tutti, né che rimanga scritta solo sulla carta ma che diventi carne e vita. L’art. 3 parla di uguaglianza e la
Costituzione stessa parla di diritti e doveri per tutti. L’Italia dev’essere una Repubblica demo-cratica fondata sul lavoro, infatti l’art. 4 invita tutti noi a fare la nostra parte per il progresso ma-teriale e spirituale del Paese. Ecco allora che come cittadino, di fron-te a una determinata realtà che s’è messa in gioco, ma anche come uomo di Chiesa, cerco di dare il mio contributo per creare quelle condizioni di uguaglianza, libertà,
dignità, pace, giustizia e legalità per tutte le persone. E’ questo il mio impegno; con quei due riferi-menti per me profondi, il Vangelo e la Costituzione Italiana, ma con uno in più: la Dichiarazione Uni-versale dei Diritti Umani. Questa ci dice sempre, con molta chiarezza, che la persona umana è un fine e mai un mezzo. Purtroppo nel no-stro Paese sono tante le situazioni in cui le persone sono schiacciate,
private della libertà e della digni-tà. Allora la vita affida un impegno a tutti, a me e a voi: impegnare la nostra libertà per liberare chi libero non è.
Secondo Lei è giusto costruire il
ponte sullo stretto?
Io non so se è giusto o meno fare il ponte, so che ci sono delle priorità per rispondere ai bisogni delle persone che fanno più fatica. Ab-biamo un impoverimento materia-le e sociale impressionante, cresce il penale e diminuisce il sociale, le politiche sociali.
Quali sono dunque le reali necessi-
tà? Di cosa c’è bisogno realmente?
C’è bisogno di un’informazione libera e seria, che risponda alla propria coscienza e non al padro-ne di turno! Che si attenga a una dimensione etica, attenta e puntu-ale. Ma c’è anche un impoverimen-to della moralità pubblica e un impoverimento delle speranze. Perché in questo momento di grande fatica, dove si possono distinguere volti e forme diverse di povertà, si è triplicato l’uso degli antidepressivi in Italia. Così anche per il nucleare! A questo benedetto referendum bisogna dire che non siamo d’accordo, non vogliamo la costruzione di queste centrali. Abbiamo la possibilità di creare percorsi alternativi energetici che diano dignità al lavoro e salute alle persone. Allo stesso modo per la battaglia dell’acqua, non dev’essere privatizzata, è un bene universale che, anzi, dev’essere tutelato e difeso. Non dobbiamo dimenticare che è da ben diciasset-te anni che aspettiamo che entrino a far parte del codice penale i reati contro l’ambiente che viene di-strutto. Sono queste le reali atten-zioni per costruire dei percorsi di dignità e giustizia per la gente e non altre scorciatoie che, purtrop-po, tocchiamo con mano.
“Forza, dobbiamo darci una mossa
un po’ tutti!”
Intervista a cura di
Alberto Nicotina II B
Giulia De Luca I A
P.S. Una selezione di scene della
video-intervista è disponibile sul
nostro profilo Facebook
Incontro con Don Luigi Ciotti “Dovremmo impegnare tutti la nostra libertà, per liberare chi libero non è”
“ C’è bisogno di
un’informazione
libera e seria, che
risponda alla propria
coscienza e non al
padrone di turno”
“ Sono state fatte
tante attività, non
solo di Luigi Ciotti
ma di un “noi”,
perché è il “noi”
che vince”
Don Luigi Ciotti, sacerdote e attivista.
99
Prof.ssa Angela Maria Trimarchi
Q uattro ragazzi, sostenuti da Greenpeace, a 30 giorni dal referendum (12-13 giugno 2011) hanno deciso di auto-imprigionarsi in un “bunker”, niente cibi freschi e solo internet per
comunicare. Perché stanno facendo questo? Lo fanno per dare una risposta che oggi più che mai (dopo l’incidente di Fukushima) assilla le nostre menti: come sarebbe la nostra vita dopo un incidente nucleare? Così Giorgio, Alessandra, Pierpaolo e Luca in questi giorni stanno applicando alla lettera il protocollo di radioprote-zione, che le autorità attuerebbero in seguito ad un inci-dente nucleare, barricando la popolazione in postazioni-rifugio per diminuire il rischio che le particelle radioattive entrino all’interno. « Pazzi? No! Assolutamente no. I pazzi siete voi!». Questo il titolo della loro campagna «Pazzi siete voi!». La vita di questi ragazzi è trasmessa 24 ore 24 su internet, somiglia all’esperienza di quel prigioniero liberato che torna nella caverna per liberare i suoi compa-gni, di cui ci parla Platone:« Se colui che è stato liberato ridiscendesse, non avrebbe improvvisamente venendo dal sole gli occhi pieni di buio? E prima di averli di nuovo adattati al buio non sarebbe esposto laggiù al ridicolo? E non pensi che gli incatenati, se qualcuno si adoperasse per liberarli dalle catene e per condurli verso l’alto, se potessero afferrarlo e ucciderlo, lo ucciderebbero vera-mente?.» In queste pagine della Repubblica Platone affronta il tema di una razionalità capovolta che ci fa credere pazzi coloro i quali, invece, vengono a “liberarci”, che tendiamo ad irridere, perché non riusciamo a cogliere la verità del loro messaggio. Chi ci governa non ha mai avuto ripensamenti sul nucleare. «Lo stop- sono parole del nostro Premier – è solo un modo per evitare il referen-dum. L’atomo non si può abbandonare». Questa disinvol-
tura istituzionale, per usare una felice espressione di S.Rodotà, ha svelato le vere carte del governo sul nuclea-re. «Un tema tanto importante che non può essere affidato a cittadini spaventati da quanto è avvenuto in Giappone, che debbono tranquillizzarsi. » (la Repubblica 27/04/2011). Su questo imbroglio sta ancora decidendo la Consulta. Ricordo che già nel 1987 (dopo il disastro di Černobyl') gli italiani avevano chiesto di eliminare alcune disposizioni di legge volte alla realizzazione di centrali nucleari. Il governo ha ignorato e continua ad ignorare questa ferma volontà. Ricordo ancora che già i sardi hanno detto di no al nucleare il 15 e 16 maggio, appoggia-ti dal loro governatore Ugo Cappellacci, Pdl. Perché «La contrarietà al nucleare non è una scelta ideologica ma è la ferma volontà di imboccare un’altra strada: quella di un modello di sviluppo che punti sulla valorizzazione del paesaggio, sul turismo, sulle energie rinnovabili e sulla green economy.» Il referendum, autentico esercizio di democrazia diretta, è abrogativo: la costituzione, all’art. 75, prevede il referendum per abrogare in tutto o in parte una legge. La nostra scelta dovrà essere Sì nell’eventualità di una scelta abrogativa e No se opteremo per una scelta confermativa. In sintesi trattandosi di un referendum abrogativo occorre rispondere Sì per dire, effettivamente, No. Proverò a riscrivere i testi dei referendum, parafrasan-do le diciture che troverete sulle schede in modo da darvi il senso di ciò che andrete a scegliere. Referendum n. 1. Scheda di colore rosso: «Modalità di affidamento e gestio-ne dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Abro-gazione.» «Volete voi che sia abrogato l'art. 23 bis (Servizi
pubblici locali di rilevanza economica) del decreto legge 25
giugno 2008 n.112 "Disposizioni urgenti per lo sviluppo
economico, la semplificazione, la competitività, la stabiliz-
zazione della finanza pubblica e la perequazione tributa-
ria" convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008,
n.133, come modificato dall'art.30, comma 26 della legge
23 luglio 2009, n.99 recante "Disposizioni per lo sviluppo e
l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia
di energia" e dall'art.15 del decreto legge 25 settembre
2009, n.135, recante "Disposizioni urgenti per l'attuazione
di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della
corte di giustizia della Comunità europea" convertito, con
modificazioni, in legge 20 novembre 2009, n.166, nel testo
risultante a seguito della sentenza n.325 del 2010 della
Corte costituzionale?» In altre parole: «Volete voi che sia abrogata la legge che dà a soggetti privati o privati/pubblici l’affidamento e la gestione del servizio idrico?» In
questi anni, infatti, si è lentamente e tenacemente proce-duto alla privatizzazione dell’acqua. Votare No a questo referendum significherebbe la fine dell’acqua pubblica. Il governo sta tentando in questi giorni di depotenziare questo referendum con l’introduzione di una fantomatica authority. Stesso stratagemma adoperato per il nucleare: modificare le cose con un decreto-imbroglio prima del referendum per non farci votare Sì e poi, come ha detto la Camusso, il provvedimento potrebbe non essere conver-tito e servire solo a far saltare la consultazione. Se si vuole fermare la privatizzazione dell’acqua imposta dal governo, bisogna rispondere Sì a questo quesito. Referendum n. 2- Scheda di colore giallo «Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazio-ne del capitale investito.»Abrogazione parziale di norma» «Volete voi che sia abrogato il comma 1, dell'art. 154
(Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo
n. 152 del 3 aprile 2006 "Norme in materia ambientale",
limitatamente alla seguente parte: "dell'adeguatezza
della remunerazione del capitale investito?» In altre paro-le:«Volete eliminare la norma che consente al gestore di avere un profitto proprio sulla tariffe dell’acqua, indipen-dente da un reinvestimento per la riqualificazione della rete idrica?» Sappiamo tutti che la nostra rete idrica fa acqua da tutte le parti e che una migliore e più efficace gestione della rete impedirebbe gli sprechi: la non abroga-zione di questa norma garantirebbe a chi gestisce la rete di avere profitti senza procedere alle necessarie e impre-scindibili riqualificazioni della rete idrica. La non abrogazio-ne di questa norma significherebbe continuare a consen-tire che pochi lucrino e tutti soffrano. Vogliamo questo? Se si vuole impedire ai privati di fare profitti sull’acqua, con bollette sempre più salate per noi cittadini, bisogna ri-spondere Sì a questo quesito referendario. Referendum
popolare n. 3-Scheda di colore grigio «Nuove centrali per la produzione di energia nucleare. Abrogazione parziale di
norme.» «Volete voi che sia abrogato il decreto-legge 25
giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla
legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo risultante per effetto
di modificazioni ed integrazioni successive, recante Dispo-
sizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazio-
ne, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubbli-
ca e la perequazione tributaria, limitatamente alle seguen-
ti parti: art. 7, comma 1, lettera d: realizzazione nel territo-
rio nazionale di impianti di produzione di energia nuclea-
re?». In altre parole: «Volete che sia abrogata la norma che consente la realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare?» Per impedi-
re la costruzione di impianti di produzione di energia nucleare sul nostro territorio, bisogna rispondere Sì a questo quesito referendario. Referendum n. 4- Scheda di colore verde chiaro «Abrogazione di norma della legge 7 aprile 2010, n. 51, in matteria di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale.» «Volete voi che siano abrogati l'articolo 1, commi 1, 2, 3, 5,
6 nonché l'articolo 1 della legge 7 aprile 2010 numero 51
recante "disposizioni in materia di impedimento a compa-
rire in udienza?» In altre parole:«Volete eliminare la legge che permette al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministri di non comparire in udienza penale durante la loro carica?» Se si vuole cancellare la legge sul legittimo impedimento e ristabilire l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, bisogna votare Sì a questo quesito refe-rendario. Ricordo che il governo ha tentato di vanificare i referendum sia impedendo che si tenessero insieme alle amministrative, con un risparmio di circa 400 mln di euro, poi rinviando l’approvazione del regolamento per la Rai di un mese ed attuando, così, una censura sistematica. Ricordo che se non si raggiungesse il quorum (50% + 1 degli aventi diritto al voto) passerebbero i NO. Per questo non si stanno pubblicizzando i referendum e se ne sta depotenziando la forza con qualsiasi stratagemma. E noi? Resteremo in fondo a quella caverna? Riusciremo a vincere la pigrizia? La scuola è finita da qualche giorno il 12 e 13 giugno. Chi ne ha il diritto ricorderà di andare a votare dopo una giornata al mare? Si vota dalle 8.00 alle 22.00 di domenica 12 giugno e dalle 7.00 alle 15.00 di lunedì 13. Saremo così pazzi da non comprendere gli effetti della nostra non-scelta? Se non andremo a votare: «I pazzi saremo noi!»
Noi non siamo pazzi Razionalità e ragioni di una scelta responsabile: votare il 12 e 13 Giugno
1010
Valerio Calabrò II D
“ I soldi non possono comprare una
vita”
Alzi la mano chi tra voi, cari lettori, non
ha mai concepito una idea simile nella
propria mente. Troppo facile, soprat-
tutto fra noi giovani, giustificarsi dicendo: "ma sì,
qualche volta ci penso, però i soldi...", magari ci
facciamo pure una risata, giusto per demolire il
clima di imbarazzo che ci hanno creato intorno. Chi
la dice questa frase però è "un uomo qualunque"
per eccellenza: cresciuto in un certo modo, con un
determinato clima culturale e politico intorno e in
un paese difficile come la Giamaica...si tratta di Bob
Marley, cantautore e attivista di colore apparso
sulla scena musicale internazionale dagli anni 70
fino al 1981, anno della morte, del quale lo scorso
11 Maggio si è celebrato il trentennale, con manife-
stazioni in tutto il mondo per ricordare una persona
che, nonostante il successo, la gloria e il denaro,
non ha mai dimenticato da dove viene e che con la
sua musica ha inneggiato alla pace tra neri e bianchi
fino alla fine, con energia e impegno. Nato a Nine
Mile, nella piccola isola caraibica, il 6 Febbraio 1945
da padre giamaicano bianco con discendenza ingle-
se e da madre di colore, Robert Nesta Marley detto
Bob crebbe in un contesto familiare a tratti ambi-
guo e contrassegnato da eventi che hanno irrime-
diabilmente influenzato la sua infanzia: la famiglia
del padre, contrariata per il suo matrimonio con
una donna di colore, lo diseredò e allora egli abban-
donò la moglie incinta di Bob per trasferirsi nella
capitale Kingston, e da quel momento ebbe occa-
sione di vedere il figlio solo quando nacque, poiché
morì d'infarto nel 1955 (di lui il futuro cantante
conserverà sempre un cattivo ricordo). Una svolta
importante nella sua vita si ebbe quando all'età di
12 anni, terminata la scuola, raggiunse la madre nel
sobborgo di Trenchtown, dove la donna si era
trasferita all'inizio degli anni 50, e dove egli si trovò
a confronto con la realtà violenta che in quel perio-
do imperversava in Giamaica, dove i neri emargina-
ti dalla società reclamavano considerazione anche
con atti di bullismo. Il giovane Bob, convertitosi al
Rastafanesimo, dovette imparare l'auto-difesa per
salvaguardare la propria vita in un atmosfera come
questa, tanto che per la prestanza fisica che assun-
se fu soprannominato "Tuff Gong". In questo sce-
nario ebbe modo di strigere amicizia con Neville
O'Riley Livingston detto Bunny che introdusse Bob
alla musica, facendogli ascoltare con uno sganghe-
rato apparecchio radiofonico gli artisti del momen-
to, tra i quali spiccano Elvis Presley e Ray Charles, e
cominciando a suonare con una chitarra di fortuna
ricavata da una corteccia intagliata come cassa di
risonanza e da fili elettrici come corde. Fu così che
intorno ai 16 anni nel 1962 registrò i suoi primi
singoli: "Judge not" e "One cup of coffee" col pro-
duttore musicale del luogo Leslie Kong e un anno
dopo fondò una band con Bunny e altri amici chia-
mata "The Wailers", della quale fu il cantante e lo
scrittore della maggior parte dei testi e che nel
1964 con il singolo "Simmer Down" fu proposta
come miglior gruppo nazionale. Essi raggiunsero
fama internazionale solo nel 1973 con il loro primo
album "Catch a fire" che riscosse grande successo
ma poco dopo si sciolsero per intraprendere ognu-
no la carriera di solisti. Dal canto suo, Bob entrò
prepotentemente nel mercato internazionale nel
1975 con un singolo che i nostri genitori ricordano
bene e che ancora oggi è ascoltato da molti ragazzi
(come me), "No woman no cry", che, sul modello
del genere musicale Reggae riuscì a catturare l'at-
tenzione di migliaia di ascoltatori in tutto il mondo.
In seguito in occasione di "Smile Jamaica", concerto
organizzato dal primo ministro caraibico, Manley,
per alleggerire la tensione fra i due gruppi in lotta
nel paese, Marley si esibì per la prima volta da
cantante affermato davanti alla sua gente, nono-
stante 2 giorni prima fosse stato attaccato, mentre
era in compagnia della moglie Rita e del manager
Don Taylor, da un gruppo armato che lo accusava di
favorire il primo ministro. Fu un momento partico-
lare perché, nonostante tutto, egli volle esibirsi al
solo scopo di pacificare le fazioni rivali di Kingston,
per una pace che con ansia veniva cercata, ma che
non arrivava mai, e non è un caso che nel 1978 gli
fu conferita la medaglia di pace delle Nazioni Unite.
Nonostante la scoperta di un cancro e la decisione
di non curarsi per motivi religiosi, Bob organizzò un
nuovo grande concerto per la pace in Giamaica,
dove per sua espressa richiesta i due leader rivali
Michael Manley e Edward Seaga si strinsero la
mano sul palco davanti a centinaia di persone.
Ultimo disco da lui realizzato fu Uprising, famoso
soprattutto per la canzone "Redemption song",
dove egli incita a liberarsi dalla schiavitù mentale ed
emanciparsi, proprio come avrebbe voluto che
succedesse a quei ragazzi di colore di Trenchtown.
Purtroppo nel frattempo il melanoma si estese
dall'alluce fino al cervello e allo stomaco e, dopo un
consulto medico negativo in Germania, nel ritorno
in aereo verso la Giamaica ebbe un malore e il volo
fu deviato a Miami, dove si spense l'11 Maggio
1981 all'età di 36 anni. Prima di morire disse al figlio
quella frase che io, quasi senza logica, ho messo per
introdurre quest'articolo: "COI SOLDI NON SI COM-
PRA LA VITA". E' doveroso a questo punto porci una
domanda: è cosi difficile portare pace? Non sono i
piccoli gesti che poi costruiscono una realtà? E in un
epoca difficile come la nostra si può rimanere
nell'immobilismo e nella routine? su questi interro-
gativi in questi giorni concitati, dove in Libia si com-
batte ancora, si muore per la libertà, si patisce la
fame e la sete, io mi sono volutamente soffermato
e ho pensato a un personaggio che senza fucile e
senza violenza ha difeso il proprio ideale di giustizia
ed è rimasto un idolo per la gente come me che
crede in un futuro diverso...e sono convinto che
quest'articolo sia il modo migliore per chiudere
l'anno scolastico: nel dialogo e nella speranza.
Quando si parla di guerra, di morte, di violenza tutti
noi dovremmo soffermarci su questi piccoli emble-
mi della lotta pacifista, che in un modo o nell'altro
con la loro arte lasciano un segno indelebile in chi li
ascoltò dal vivo e chi li ascolta adesso, perché an-
che da solo, contro i pregiudizi e la povertà, Bob
Marley non si è mai arreso, non ha mai dimenticato
il valore di ogni piccolo dilemma che l'umanità ha
affrontato e affronta tutt'oggi, e si sa che al mondo
non esistono piccoli ruoli, piccoli incarichi e piccole
responsabilità...ma solo piccole persone.
Bob Marley: la musica per la pace A 30 anni dalla morte del cantante giamaicano, occorre una riflessione
Bob Marley (1945-81)
1111
Federica Bucolo I A
“ E così cominciò l'inizio di una nuova razza, una razza dentro la razza uma-na. Una razza che non genera pregiu-dizio, giudizio, ma libertà senza limiti. Ma quello stesso giorno, mentre la
Madre Eterna fluttuava sospesa, un’altra nascita più terrificante si stava verificando: la Nascita del Male. E così Lei stessa si divise in due, roteando in agonia fra due forze grandiose: il pendolo della scelta cominciò la sua danza. Sembra facile, voi immaginerete, gravitare subi-to verso il Bene. Ma Lei si chiese: come posso proteggere qualcosa di così perfetto senza il Male?” Ed è proprio questa l’introduzione del nuovissi-mo singolo-successo “Born this way” della can-tante statunitense Lady Gaga, pubbicato l’11 febbraio 2011 su iTunes e che anticipa il nuovo album omonimo, la cui uscita è prevista per il 23 Maggio 2011. Un’ introduzione che, senza om-bra di dubbio, ci propone una visione un po’ creativa della contrapposizione tra Bene e Male, un po’ come un’Apocalisse, dove però si inseri-sce il concetto teologico e filosofico del libero arbitrio. La scelta degli uomini: “gravitare” verso questa nuova razza così perfetta o verso il Male, la cui nascita è più vicina ad essi, poiché accade sulla terra? E proprio con l’immagine di questo pendolo della scelta che inizia il suo movimento, si introduce quello che è un vero e proprio inno su “l’amare se stessi” contro i pregiudizi, che purtroppo sono sempre più frequenti al giorno d’oggi. “I’m beautiful in my way, ‘cause God makes no mistakes, I’m on the right track, baby, I was born in this way/Sono bellissima a modo mio, perché Dio non commette errori, sono nella strada giusta, baby, Sono nata così”. Un ritornello nel quale la nostra Lady Gaga vuole sottolineare l’importanza della nostra essenza, del nostro modo di essere, che, seppur pieno di difetti, è stato all’inizio concepito nella sua perfezione da Dio, e l’importanza di essere se stessi sempre, in qualsiasi occasione, senza lasciarsi confondere dai pregiudizi altrui, perché appunto siamo NATI COSI’. Il resto della canzone sviluppa la tematica dei pregiudizi, riprendendo le STRAdiscusse polemiche sugli orientamenti sessuali “difendendone” i diritti e il problema del razzi-smo, che purtroppo è sempre lì, solo molto più coperto rispetto a tanti anni fa, quando molto liberamente si limitavano i neri entro il confine circoscritto dell’apartheid. “No matter gay, straight, or bi, lesbian, transgendered life [...] No matter black, white or beige, chola or orient
made, I’m on the right track, baby, I was born to survive / Non importa se sei gay, etero o bi, lesbica o transgender, nero, bianco o beige, chola o orientale, sono nella strada giusta, baby, sono nata per sopravvivere”. Ecco è proprio questo il punto, siamo nati ma dobbiamo lottare con le unghie e a volte addirit-tura con calci e pugni per la nostra sopravviven-za, rischiando ogni giorno di sprofondare sem-pre di più in questo abisso chiamato mondo, totalmente risucchiati da questo vortice di pre-giudizi, di convinzioni, dove ognuno cerca di adeguarsi, ma in questa società dove quello che conta è soprattutto l’apparire, quando finalmen-te si è un po’ in pace con se stessi e si spera anche con gli altri, ecco che si viene criticati fino ad arrivare ad essere vittime di pregiudizi. A questo proposito, Lady Gaga consiglia di tene-re stretti i propri amici, e di amare se stessi prima di tutto, per poter poi amare il prossimo e fidarsi del prossimo, proprio perché “ Love ne-eds faith/ L’amore necessita di fede”. Naturalmente, come già viene sottolineato nell’introduzione della canzone, una razza che non genera pregiudizi e giudizi deve essere una razza composta da individui liberi, che possiedo-no una libertà senza limiti, affiancata però dal rispetto verso gli altri, proprio perché questa
razza non può provare alcun sentimento legato all’odio. Ovviamente siamo tutti consapevoli che purtroppo una razza del genere non può esiste-re, non sul mondo almeno, poiché in esso esiste anche il Male, ma questo disegno, che coincide con le speranze di tantissima gente che vive situazioni spiacevoli in ogni parte del mondo, aiuta, soprattutto se esso viene delineato attra-verso la musica o altre forme d'arte poiché in-fatti, come direbbe il prof. Roberto Vecchioni, :“Tutti i ragazzi intelligenti o che hanno una speranza di felicità non possono fare a meno della musica e della poesia, perché esse danno un senso all’anima e il senso più sublime dell’anima è sicuramente credere in qualcosa di più alto”. Ebbene, carissimi, ancora una volta la nostra Lady Gaga, nonostante le critiche e le accuse di plagio, ha di nuovo fatto centro.
“ In questa società dove conta
l’apparire, quando si è in pace
con se stessi si viene criticati
fino ad essere vittime di
pregiudizi
Born this way La lezione del nuovo successo di Lady Gaga
“ Nel ritornello Lady Gaga vuole
sottolineare l’importanza
della nostra essenza, del
nostro modo di essere,
seppur pieno di difetti”
La copertina del nuovo album di Lady Gaga
1212
Legalità: una questione titanica Il progetto Legalopolis: un nuovo approccio a ideali sempre validi
Giuseppe D’Andrea II E
Q uanti di noi conoscono a fondo il
significato della parola legalità?
Quanti di noi si rendono realmente
conto di quale valore essa abbia e di quan-
to sangue sia stato versato in nome di es-
sa? La legalità, succede, viene spesso con-
siderata una sorta di elemento esterno,
opzionale, un accessorio che a volte indos-
siamo temporaneamente quasi per osten-
tare superiorità, pronti poi ad abbandonar-
lo quando il peso di tale accessorio diventa
eccessivo: spesso dimentichiamo che ab-
biamo il dovere di sopportare questo peso
con tutto ciò che comporta anche quando
ci sembra insostenibile. Il progetto
“Legalopolis” promosso all'interno del
Liceo classico Maurolico e non solo, è stato
uno strumento con il quale ricordare e
promuovere i valori dell'impegno, dello
stare insieme e del rispetto reciproco, che
sono la base fondante di una società legale
e legalizzata. Il progetto è consistito nella
realizzazione di uno spettacolo teatrale,
denominato “Il Prometeo Impastato”, nato
dall’ardito ma ben strutturato accostamen-
to tra la vicenda di Peppino Impastato,
vittima della mafia in Sicilia e uno dei sim-
boli più importanti della lotta contro la
criminalità organizzata, e quella del titano
Prometeo, tramandataci dal mondo classi-
co, che rubò il fuoco a Zeus per darlo ai
mortali e che è forse l'immagine più chiara
del sacrificio che il progresso scientifico e
tecnologico richiede. L'allestimento di uno
spettacolo basato su un paragone piutto-
sto audace è stato un’opportunità di cre-
scita e confronto per i ragazzi delle classi II
E e II G che vi hanno aderito, rispondendo
al richiamo di valori che troppo spesso
nella nostra società passano inosservati e
sono ritenuti trascurabili. L’ideazione dell’
“opera” ha richiesto un impegno da parte
di tutti coloro che vi hanno preso parte,
coadiuvati e diretti dal membro del CEPAS
Cinzia Muscolino, che ha coordinato il pro-
getto “Legalopolis” in tutte le diverse scuo-
le che hanno partecipato (Maurolico, Se-
guenza, Basile, Savio, Jaci ecc.) con impe-
gno e spirito di sacrificio. Trasformando,
incontro dopo incontro, gruppi di ragazzi
più o meno uniti in piccole compagnie tea-
trali, la sopracitata scenografa è riuscita
nell’intento di trasmettere i sempreverdi
ideali della legalità ai giovani, dando loro al
contempo la voglia di migliorarsi e dare il
massimo nello spettacolo. Giorno 14 Mag-
gio le varie scuole si sono date appunta-
mento al cineteatro “Savio”: lì, last not
least, il gruppo del Maurolico si è esibito,
catturando l’attenzione e gli applausi di
una platea stupita ed entusiasta, evidente-
mente affascinata dalla riuscita
dell’esibizione e dall’impegno profuso dagli
aspiranti attori, ed una simpatica claque
finale, con tanto di rose lanciate sul palco.
L'esibizione ha rappresentato un modo per
comunicare che l'accostamento giovani-
legalità non è impossibile e che non tutti i
valori sono perduti all'interno di una gio-
ventù che spesso viene accusata di apatia
e di scarsa capacità di proporre: "il senso
della legalità non è un valore che si im-
provvisa, esso esige un lungo e costante
processo educativo e la sua affermazione e
la sua crescita sono affidati alla collabora-
zione di tutti.” Un plauso va inoltre, per il
coraggio e l’impegno, alle prof.sse Angela
Maria Trimarchi, Adele Carbonaro e Marisa
Trimarchi, anime del progetto all’interno
delle nostre mura e che ci hanno sorretto
nei momenti di maggiore difficoltà.
“ L'esibizione ha comunicato
che l'accostamento
giovani-legalità non è
impossibile per una
gioventù che spesso viene
accusata di apatia”
“ L'allestimento di uno
spettacolo é stata
un’opportunità di crescita
e confronto per i ragazzi
delle classi II E e II G che vi
hanno aderito”
1313
Roberto Castorina I C
N oi, ragazzi della I C, grazie ad un percorso intrapre-
so quest’anno con la nostra professoressa di latino
e greco Liliana Barbera, abbiamo scoperto con
immenso stupore che nella nostra città esiste un bene dal
valore inestimabile, tanto da essere ritenuto dall’UNESCO
uno dei “Beni Immateriali” appartenenti al patrimonio
dell’umanità intera: “ I Pupi Siciliani”. E ci siamo resi conto di
quale privilegio sia l’essere custodi di un tale tesoro, che però,
purtroppo, a causa del disinteresse dilagante, rischia di anda-
re definitivamente perduto. Abbiamo avuto la fortuna di
conoscere chi, da ormai tante generazioni, continua a far
“vivere” la straordinaria tradizione de “I Pupi”: la famiglia
Gargano. Questa, mettendo in scena con molti sacrifici e con
estrema professionalità spettacoli bellissimi, tutt’ora affascina
ed entusiasma spettatori di tutte le età. Non ci saremmo mai
aspettati che un noioso pomeriggio autunnale si potesse
trasformare in un momento per noi memorabile. La bravura
e la maestria dei fratelli Gargano, che hanno rappresentato
per noi un esilarante episodio della storia dei paladini: quello
di Gano di Magonza, ci ha cosi travolto che anche noi abbia-
mo contribuito allo sviluppo della storia, interagendo con i
personaggi e istaurando un vero e proprio dialogo con loro.
E’ difficile stabilire con esattezza la data d’inizio della tradizio-
ne del teatro de “ I Pupi”, sebbene essa sia presente in Sicilia
sin da tempi molto antichi; soltanto dopo le dominazioni
normanna e spagnola si può parlare di spettacoli ispirati
all’epopea cavalleresca che narra storie tratte dalla “Chanson
de Roland”e che ha come protagonisti i paladini di Carlo
Magno, in modo particolare Orlando e Rinaldo, Carlo Magno,
la bionda Angelica e il “traditore” Gano di Magonza, proprio
quello che è stato il protagonista dello spettacolo a cui noi
abbiamo assistito. La tradizione dell’opera de “I Pupi” attinge
anche al “cuntu” ed al teatro delle marionette in genere, da
cui differisce perché si incentra sul combattimento e perché
ha una particolare meccanica di movimento. Soltanto duran-
te i primi decenni dell’Ottocento l’opera dei pupi si sviluppa
nella forma che noi conosciamo, grazie alla rilevante opera
svolta dal teatro dell’arte e dai cantastorie, e nasce come
forma di rivalsa storico-sociale del popolo, oltre che come
ricerca di sperimentazione di nuove forme tecniche. A Paler-
mo, a Catania ed a Messina, le aree geografiche più legate a
queste innovazioni tecnico artistiche, ingegnosi artigiani ed
artisti in continua competizione tra loro diedero vita ad uno
degli eventi socio-culturali più rilevanti del periodo dopo
l’Unità d’Italia: la nascita dell’opera de “I Pupi”. Questa profi-
cua concorrenza tra le varie famiglie diede vita a scuole di
costruzione e laboratori di apprendimento dove i “carusi”,
affascinati da sempre e vincolati da un minor numero di
regole che ai giorni nostri, acquisivano l’arte dalle mani dei
maestri. Alcune differenze hanno sempre determinato motivi
di confronto tra le varie scuole: ad esempio, i pupi della Sicilia
orientale hanno un peso di sei-sette chili e possono essere
sorretti dai manovratori per lunghi tratti della recitazione
perché hanno ginocchia snodabili, mentre quelli dal peso di
venticinque chili della scuola palermitana hanno gli arti
inferiori rigidi, per alleggerire la fatica dei manovratori. La
differenza tra le varie zone della Sicilia può essere notata
anche negli argomenti che spaziano dal duello alle rappresen-
tazioni di vita sociale ed ai temi propri della classicità. A Paler-
mo inoltre il diretto flusso di scambi con Napoli e l’esigenza di
rappresentare gli spettacoli nei palazzi di nobili imposero ai
pupari scelte diverse rispetto a quelle della Sicilia orientale.
Tali informazioni storiche relative ai pupi sono pervenute a
noi inizialmente in maniera orale, successivamente d’ora in
poi attraverso testi scritti: improvvisazione e stesura, così, si
combinano rendendo ogni esibizione assolutamente origina-
le, proprio come nel VIII secolo a.C. avvenne con l’Iliade e
l’Odissea di Omero. Una’altra analogia con i testi omerici
possiamo individuarla nell’esistenza di nuclei fondamentali
che richiamano determinate tematiche quali la cavalleria,
l’eroismo, il duello, il rapimento, l’elemento irrazionale e nella
presenza dei vari personaggi dietro ai quali c’è una rete
infinita di storie e parentele tutte connesse tra loro. Poemi
omerici e opera de “I Pupi” hanno in comune poi la tradizione
orale, poiché i segreti del lavoro dei pupari appartengono a
singole famiglie che di generazione in generazione hanno
riproposto questi spettacoli tramandati grazie alla memoria,
alla conoscenza dei testi e degli avvenimenti storici,
all’improvvisazione ed all’accompagnamento musicale. I
pupari, che pur essendo spesso analfabeti, conoscevano a
memoria e divulgavano testi come “La Gerusalemme libera-
ta” e “La Divina Commedia”, ricordano quelli che i Greci chia-
mavano “aedi” e “rapsodi”, il Medioevo “giullari”: figure che
giravano di corte in corte o di piazza in piazza per dilettare il
popolo con le varie storie. In Sicilia - inoltre- è sempre esistita
la leggendaria figura del canta-storie, il quale raccontava al
pubblico vicende che erano illustrate in rappresentazioni
grafiche, cantandole. Il puparo, cosi, frutto della tradizione
orale allestisce teatrini, manovra delle marionette artigianali,
cura la sceneggiatura, il movimento de “I Pupi” e il tono della
loro voce: possiede poi una memoria fondamentale e, grazie
ad epiteti ed a versi formulari, collega i vari episodi tra loro. La
memoria però non è solo la capacità di ricordare ma anche la
consapevolezza delle proprie radici: ed è grazie a questa che il
puparo ancora oggi può mettere in scena uno spettacolo che
non è solo una rappresentazione meccanica di avvenimenti
ma una continua comunicazione tra pupo e pubblico, che sa
di miracoloso in un’epoca di assoluta solitudine come la
nostra. Ritornando alla rappresentazione dell’episodio di
Gano di Magonza, cui abbiamo assistito, ci sono sembrati
assolutamente straordinari l’elemento divino e l’elemento
magico, costituiti rispettivamente dall’angelo e dalla strega:
elementi che, proprio perché assenti dalla vita ordinaria,
hanno attirato particolarmente la nostra attenzione ed
hanno liberato i nostri “freni inibitori” facendoci sussultare,
palpitare, arrabbiare, applaudire con assoluta spontaneità.
Abbiamo capito quale immenso valore etico e culturale abbia
il mestiere del puparo, che, come un novello Omero, può
divagare dal canovaccio, aprire parentesi, apostrofare il
pubblico e adeguarsi alle sue richieste con estrema professio-
nalità, una professionalità fatta di dedizione, tenacia, di
impegno e di amore infinito per la propria terra. Nel teatro
dei pupi c’è tutto: c’è l’eroe, c’è anche l’anti-eroe, c’è il lin-
guaggio dotto e anche quello popolare, c’è la tradizione
classica e quella piccolo borghese del teatro delle marionette.
Ci sono nobili paladini da costumi luccicanti che combattono
non per beni contingenti ma per la fede, per l’amore, per la
gloria: e ci sono anche traditori come -nel nostro caso- Gano
di Magonza che, nonostante la sua “viltà”, ha suscitato la
nostra simpatia grazie alla bravura del puparo che ha dato
ardore e pathos alle scene rappresentate. Abbiamo riso con
lui e di lui che si rivolgeva a noi utilizzando il dialetto e ci
chiedeva consigli e sostegno. Siamo entrati nel mondo magi-
co dei pupi senza, quasi, accorgercene: abbiamo palpitato
per le sorti di Orlando, tremato per gli intrighi della strega e ci
siamo rassicurati per l’intervento dell’angelo che come un
“deus ex machina” è sceso dal cielo risolvendo la situazione.
Continua a pag. 14
L’opera de “I pupi siciliani” Un mondo magico da custodire gelosamente
“ I pupi ci hanno trasmesso la volontà
di batterci per i nostri ideali, di cono-
scere le nostre origini, il piacere della
scoperta in un’epoca in cui internet
ha fatto dimenticare cosa significhi
stupirsi ed emozionarsi “
1414
Roberto Saglimbeni II E
C ostruito nel 1955 per unificare la rete
elettrica nazionale ed unire, almeno
sotto questo profilo, la Sicilia al Conti-
nente, il Pilone di Torre Faro è ancora oggi in
grado di catturare l’attenzione di chiunque,
turista e non, volga lo sguardo allo splendido
scenario dello Stretto. La struttura, alta 232
metri e dunque “gigantesca” per la nostra zona,
ha infatti assunto, dalla fine del suo quasi qua-
rantennale servizio nel 1994, un valore monu-
mentale, divenendo uno dei simboli universal-
mente noti di Messina. Un simbolo purtroppo
rimasto, fino ai giorni nostri, poco valorizzato:
solo da pochissimi anni è possibile salirvi, e la
sua base è spesso stata abbandonata all’incuria
degli spiaggianti che affollano Faro nel periodo
estivo. In un clima di generale e reiterata incuria
e di disattenzione verso un monumento da valo-
rizzare, spicca in senso opposto e positivo
l’iniziativa promossa dal Comune di Messina, e
per esso dall’Ufficio di Pubblica Illuminazione.
Dal 2 Giugno 2011 il Pilone sarà infatti servito da
un sistema di proiettori LED che lo renderà visi-
bile anche di notte, aumentandone il fascino e la
predominanza sullo Stretto. Tale sistema sosti-
tuisce il precedente, abbandonato nel 2005 per
gli eccessivi costi di manutenzione: lo sviluppo
della tecnologia LED permetterà infatti la pre-
senza di un impianto più efficiente a fronte di un
notevole risparmio economico. Scendendo nei
dettagli, il nuovo impianto ha un costo di manu-
tenzione annuale previsto di circa 1.900 €, a
fronte dei 35.000 € richiesti in precedenza; vie-
ne inoltre ridotto il consumo annuo di CO2 ( da
116.800 kg a 6.351 kg) e quello di energia (da
233.600 Kwh a 12.702.
Tale iniziativa proietta poi il Pilone all’attenzione
mondiale: con tale sistema d’illuminazione il
nostro simbolo si collocherà infatti al quinto
posto della speciale classifica dei tralicci monu-
mentali, in cui si trova anche la ben più nota
Tour Eiffel, ed al terzo posto in quella dei tralicci
elettrici, preceduto solo da suoi “simili” asiatici e
sudamericani.
Che dire dunque, se non essere orgogliosi e
soddisfatti per un progetto finalmente andato in
porto nella città generalmente classificata del
“non fare”? Si spera comunque che questa stori-
ca iniziativa non resti un caso isolato, e che si
punti sempre di più ad una valorizzazione del
territorio e delle bellezze messinesi, spesso
bistrattate dalle insidie del tempo quanto
dall’incuria di noi cittadini. Può essere il “nuovo”
Pilone il punto di svolta della nostra città? Si
vedrà in futuro: intanto ci godremo lo spettaco-
lo delle luci di Capo Peloro.
Continua da pag. 13
Questo coinvolgimento emotivo così naturale da parte
nostra ci ha fatto riflettere sul senso del tempo e sulla neces-
sità del cambiamento. E abbiamo capito che, se si fermasse il
tempo, non ci sarebbe cambiamento e se non ci fosse cam-
biamento il tempo non esisterebbe. La scuola ci ha dato la
possibilità di sbirciare, anche se per poco, nel nostro passato
e di comprendere che le nostre risate sono le stesse di quelle
dei nostri antenati, risate che la famiglia Gargano riesce a
suscitare da ben cinque generazioni. Mai come questa volta
ci siamo sentiti dentro lo spettacolo ed abbiamo constatato e
capito quanto grande patrimonio siano le tradizioni per la
cultura di una città. Tutto questo ci ha spinto ad approfondire
quello che avevamo visto e, insieme con la professoressa
Liliana Barbera, ne abbiamo riparlato più volte a scuola, dove
ci siamo incontrati spesso anche nelle ore pomeridiane. E per
la prima volta ci siamo sentiti una classe, una classe che ha
condiviso un momento importante per la propria crescita.
Purtroppo ci siamo resi conti che non esiste alcuna sovven-
zione per artisti quali i pupari e allo stesso tempo nessun
“luogo” in cui essi possano esercitare con dignità e fierezza la
loro attività né tanto meno una struttura che possa fungere
da museo per i loro preziosissimi manufatti. E ci siamo chiesti
quale futuro possa avere una comunità che non protegge la
sua storia e la sua memoria. Grazie alla semplicità,e nello
stesso tempo alla complessità dello spettacolo, siamo riusciti
a comprendere chi siamo e da dove veniamo; ed è stato un
privilegio ed un onore per noi poterci immedesimare nella
vita dei nostri antenati, che sprovvisti di tv e playstation si
riunivano in teatrini, come quello della famiglia Gargano, per
distrarsi dai problemi e dalla vita di tutti i giorni. Abbiamo riso
come pensiamo potessero ridere i nostri nonni tanti anni fa
ed abbiamo compreso quanto sia importante il dialetto per
una popolazione e quanto sia sconfinata la “cultura” della
famiglia Gargano che continua - improvvisando- ad intratte-
nere tante generazioni e a farle sognare. I pupi infatti non
sono stati per noi solo l’espressione dello spirito eroico e
cavalleresco, ma ci hanno trasmesso la volontà di batterci per
i nostri ideali, il desiderio di conoscere le nostre origini, il
piacere della scoperta in un’epoca in cui trasmissioni satellita-
ri e reti internet hanno fatto dimenticare cosa significhi
stupirsi ed emozionarsi per qualcosa. Quello che abbiamo
sentito più nostro è stato il poter constatare di persona
quanto grande patrimonio siano le tradizioni per una città:
specialmente per una città come Messina che ha un passato
assai glorioso. Ne sono testimonianza anche i codici millenari
dal valore inestimabile provenienti dal Monastero di San
Salvatore, che abbiamo avuto l’opportunità di vedere da
vicino, recandoci, sempre con la professoressa Barbera, alla
Biblioteca Regionale dove essi sono custoditi. Messina croce-
via di civiltà, Messina adagiata superbamente su un omerico
“mare colore del vino”, Messina ricca di risorse, Messina
patria di menti geniali quali il nostro Maurolico, l’architetto
Juvara, il sommo Antonello, sta perdendo la sua memoria e
con essa la sua identità. Il cemento la sta soffocando, la
speculazione edilizia sta mettendo a repentaglio la nostra
stessa sopravvivenza . E allora che fare? Forse bisognerebbe
riprendere questa nostra cultura e farla rivivere come fanno
ancora oggi gli aborigeni australiani, di cui Bruce Chatwin
racconta ne “Le vie dei canti”. I fratelli Gargano tentano
disperatamente di non far morire secoli di una tradizione
affascinante e lo fanno con passione, con abnegazione, con
sacrificio e con entusiasmo travolgenti. Durante lo spettacolo
a cui abbiamo assistito siamo tornati bambini, come la nipoti-
na del puparo che ha gioito e riso con noi. Ed è stata
un’esperienza unica, al di fuori del tempo. Così come al di
fuori dal tempo sono i “nostri” classici latini e greci che tanto
in comune hanno con la cultura dei pupi siciliani e che, per la
loro eterna attualità, continuano ad essere la chiave di lettura
del mondo. “ I pupi ci hanno trasmesso la volontà
di batterci per i nostri ideali, di cono-
scere le nostre origini, il piacere della
scoperta in un’epoca in cui internet
ha fatto dimenticare cosa significhi
stupirsi ed emozionarsi “
Luci su Capo Peloro Il Pilone sarà a breve illuminato
1515
Giovanni Francesco Russo III F
D omenica 15 Maggio 2011 è stato un
giorno particolare per la città di
Messina, non solo per gli appassio-
nati della corsa rosa. La nona tappa della 94.
edizione del Giro d'Italia è partita proprio
dalla nostra città, stimolando la curiosità e
quindi l'affluenza di migliaia di persone alla
sede di partenza sita in Piazza Unità d'Italia
(più conosciuta dai meno amanti della topo-
grafia cittadina come Piazza Municipio): un
esercito di uomini, donne, bambini in attesa
di poter vedere i propri beniamini, di poterli
fotografare o soltanto di poterli salutare da
lontano e incitarli, augurando loro una buona
tappa e un buon giro. Poi c'erano anche i più
temerari, coloro che hanno tentato impavidi
di penetrare nei quartieri generali delle varie
squadre, nel cosiddetto parco chiuso - per
intenderci dove è vietato l'accesso ai non
addetti ai lavori - ottenendo come unico risul-
tato una bella sgridata da parte dello staff,
ma c'erano anche quei pochi, ma non tanto
pochi, che hanno speso tutta la mattinata alla
ricerca dello Squalo dello Stretto, il vero idolo
di casa, il nostrano Vincenzo Nibali, ben mar-
cato però dalla sua squadra e dalla RAI e
perciò quasi impossibile da avvicinare. Era
difficile immaginarsi tutto questo entusia-
smo, perchè è noto che a Messina non ci sia
una grande cultura ciclistica e perchè comun-
que era solo dal 2008 che il Giro non passava
di qui, ma la grande pubblicità che è stata
fatta, il giorno festivo (Domenica appunto), la
presenza di un concittadino in gruppo in lotta
per la vittoria finale e soprattutto la splendi-
da giornata di sole hanno favorito la stragran-
de partecipazione. Inoltre il percorso di gara
ha saputo valorizzare le bellezze della nostra
città, il Municipio, l'Immacolata di marmo, il
Duomo, le Quattro Fontane (anche se in real-
tà sono due!) solo per citare il tratto iniziale.
Così la carovana è partita intorno a Mezzo-
giorno tra due ali di folla festante, nel frat-
tempo attrezzatasi di maglie rosa e gadget di
tutti i tipi forniti - a 10 € - dall'organizzazione,
lasciando una notevole scia di entusiasmo sia
negli adulti, che nei ragazzi, che ancora mag-
giormente nei più piccini. Per la cronaca, la
tappa sarebbe poi terminata sull'Etna, zona
Rifugio Sapienza, 1892 s.l.m., dopo aver co-
steggiato la riviera ionica fino a Taormina, e
avrebbe visto trionfare lo spagnolo Alberto
Contador, vero e proprio mattatore delle
ultime corse a tappe a cui ha partecipato.
Torna presto Giro!
Il giro a Messina Tappa peloritana per la corsa rosa
Giovanni Francesco Russo (III F) con Stefano Garzelli
Vincenzo Nibali al passaggio nella sua Messina; in alto
Antonino Cincotta, Giovanni Russo e Nino Pallucca (III F) in rosa
1616
É una filastrocca, destinata ad essere cantata ed accompagnata
dalla musica. Doveva essere intonata da gruppi di Giovani Intel-lettuali Messinesi (G.I.M.), in occasione di particolari convivi,
meglio conosciuti come “focacciate”, durante i quali erano soliti
riunirsi per dare sfoggio delle loro ultime scoperte in campo
scientifico. Temi stilnovistici e popolareschi si fondono insieme in un invi-
to ad assaporare fino in fondo ogni opportunità che la vita ci offre, andan-
do addirittura oltre il carpe diem di oraziana memoria, insieme alla capaci-
tà di adempiere con maturità i propri doveri di ragazzo e cittadino.
Fin dalla prima strofa, il testo si configura come un manifesto di dichiara-
zione poetica rivolta al lettore, filtrato attraverso un evidente messinesismo (“son tuo compare” al v. 4), che rievoca la profonda humanitas, riscontrabi-
le alla base dello storico rapporto di complicità che lega, inesorabilmente,
fin dalla nascita, un cittadino messinese a qualunque persona che incontra
lungo il suo cammino.
Mediante un climax ascendente, il poeta ripercorre le tappe più significati-
ve della vita del protagonista, teenager alle prese con la tormentata realtà
scolastica in cui, darwiniamente parlando, a sopravvivere sono solo i più
adatti; e il ritmo, grazie ad un ricco uso di neologismi, si fa sempre più
rapido ed incalzante, favorendone la lettura.
Un personaggio femminile, riconducibile alla Beatrice dantesca, fa capolino
nella terza strofa, evocata da locuzioni verbali, che ne evidenziano l’aurea
di purezza e sacralità (“lippartela”, “si prìa”, “si gasa”, “si stocca”, vv. 18-
23).
Inaspettatamente, rompendo l’illusione scenica, è il protagonista stesso a
prendere la parola, caricando di significato il testo: traspare, così, nella sua
totalità, il dramma dell’uomo moderno, colto nella sua infinitesima picco-
lezza, in seguito alla caduta dell’antropocentrismo tolemaico, alle prese
con il crollo di ogni certezza. Da ciò derivano un disincanto, uno sbanda-
mento e uno spiccato nichilismo che tendono progressivamente ad accen-
tuarsi sempre più (“a sparargliela non riesco” v. 26).
Negli ultimi due versi, la prospettiva del protagonista viene a coincidere
con quella dell’autore: di fronte allo sfacelo causato dalla modernità,
l’unica soluzione è rinchiudersi nella torre d’avorio della cultura e delle
letteratura. (“E mi celo dietro il testo di un diverso strano tono” vv. 28-29).
METRICAMETRICAMETRICAMETRICA: 5 strofe. Tutte di quattro versi ciascuna tranne la seconda. Schema rimico AABB e ABAB.
Stai tranzollo!
Sparare= non entrare a scuola.
Lipparsi= baciarsi con veemen-
za.
Fare la bolletta= Giocare una
scommessa prevalentemente
calcistica.
Priarsi= dal sic. compiacersi.
Gasarsi= trovarsi in un brodo di
giuggiole.
Stoccare/stoccarsi= ostentare
vanto /vantarsi.
Spararsi (qcs.)= fare qualcosa
essendone profondamente
convinti.
(cosa) streusa= (cosa) strana o
mai vista.
Sparargliela a qualcuno/a=
dichiararsi.
Ribordìno= uno che si riborda,
cioè che prima dice una cosa e
poi ne fa un'altra.
(Stai) Tranzollo= (Stai) tran-
quillo, sereno.
Accollarsi= trovarsi d’accordo
nel fare qcs. V. anche “tipo
accollativo”, cioè persona
piuttosto incline ad accollarsi
qcs.
Compare= a Messina si è
“compare”, cioè compagno di
vita, da 0 a 99 anni.
Murare= riuscire male in qcs.
Imbaullàre/ Incascittarsi=
irritarsi di brutto.
Essere segato= andare male
ad un’interrogazione.
Intripparsi/ farsi i trip
(mentali)= essere eccessiva-
mente paranoico.
Sbaruàre/ Essere sbaruàto= frastornare/ essere frastornato
Essere calato= essere boccia-
to a scuola.
‘Ghiozzo= dal sic. figliolo.
Biliarsi= dal sic. infastidirsi.
Sboccàre= vomitare.
Scafuliàre= dal sic. cercare o
rovistare qualcosa con insi-
stenza.
(essere) contrasto/crasto=
essere una voce fuori dal
coro/ stupido (?).
Introduzione a cura di Angela Russo III AAngela Russo III AAngela Russo III AAngela Russo III A
Poesia e traduzione dei termini in corsivo: Claudio Staiti III AClaudio Staiti III AClaudio Staiti III AClaudio Staiti III A
E lippartela vorresti
mentre fai la tua bolletta
e da solo invece resti 20
sol perché non mi dai retta!
Ma tua sai che lei si prìa
che si gasa e che si stocca
se ti spari sta poesia
cosa streusa che ti tocca! 25
“A sparargliela non riesco
ribordìno come sono
e mi celo dietro il testo
di un diverso strano tono”
Un invito al car lettore:
giudicar di vero cuore
e accollarsi ‘sto rimare
come a dir “son tuo compare!”.
Se un dì muri una versione 5
di imbaullàrti è l’occasione.
Ma se invece sei segato
a intripparti sei portato.
“Sbaruàto -dici- sono.
Non lo sai, m’hanno calato! 10
Lì mi sono incascittàto!”
‘Ghiozzo mio, non ti biliàre!
O ti viene da sboccàre!
Scafulìa nel tuo registro
troverai le assenze adesso, 15
‘ché siccome sei un contrasto
a sparare ti sei messo!
1717
Angolo della poesia
I barattieri Nero come la pece è quello stagno
nel quale son puniti i barattieri.
Qui echeggia, come altrove, il loro la-
gno;
vi stanno immersi i morti sino a ieri
ch’inteser profittar voracemente
degli incarichi pubblici più seri
che fur loro assegnati veramente
per governare in nome di coloro
che votati li avean solamente
per procurare il benessere loro,
ma finiron con l’essere ingannati
e talora perdettero il lavoro
perché credettero a promesse vane.
Impegolati stanno i peccatori
quali topi che, usciti dalle tane,
cadon nel vischio posto ai roditori.
Molti sono gli italici impeciati,
del lusso e del denaro più amatori:
tutta la casta, con i più arrabbiati
dissipatori delle tasse imposte
nel liquido infocato rintanati,
tenta alleviar la pena senza soste
emergendo dal liquido bollente.
Ma sulla riva li attende un fiero oste:
demoni orrendi dal ghigno fremente
con uncini son pronti ad afferrarli
e a far di loro strazio immantinente.
Col dito alzato tenta di attirarli,
fuoriuscendo da tutto quel bollore,
promettendo a gran voce poi di aiutarli
a tornare da angeli al Signore,
purché ad Arcore possa ritornare,
un ometto tarchiato: par che ignore
che dall’inferno non si può tornare
e continua a gridare:- Mi consenta…-
Ma quelli non si fan certo incantare.
Lo inforcano al quinto “Mi consenta…”
poi, dagli uncini aguzzi lacerato,
nel magma che il calore non allenta
lo rigettano ancor tutto infuriato:
si sfoga allor col compare Bettino
per non esser da lor stato ascoltato.
Quale immondo spettacolo ci mostra
del cerchio ottavo questo quarto fosso!
Nel rotondo vallone, quasi in giostra
si vede lacrimare a più non posso
una schiera di anime dannate,
ma quello che ti lascia proprio scosso
è che esse non muovonsi affannate
con le stesse fattezze del trascorso
viver ne mondo (attento stammi, o frate)
ma il viso lor girato hanno sul dorso,
in modo che ciascuno va all’indietro
ed al contrario è il loro percorso
Tra una folla di gente, tutta tesa,
rosso gambero urlante sempre mai
vedo proceder Vanna, che l’impresa
d’aver turlupinato sciocchi assai
coi magici filtri che il negretto
Do Nascimiento promuoveva ormai
or paga assieme a questo tal furbetto
che la Marchi però non guarda in viso:
con le vergogne ei le mostra il petto.
O maghi e fattucchiere fu impreciso
e truffaldino ogni oracolo vostro:
la giustizia divina l’ha deriso
mutandovi in un vero e proprio mostro
col fare petto delle vostre spalle.
Veder davante fu il peccato vostro:
or di retro guardate e indietro è il calle.
Gli indovini
Prof. Felice Irrera
Prof. Felice Irrera
1818
Gli occhi indagano
le mie malefatte
e hanno costruito
sul fiume palafitte.
Ha piovuto.
Il fiume straripa.
Lo sguardo diventa parola
il rimprovero le affanna la gola
ma il futuro la consola
ed il mio impegno
non la fa sentire sola.
L’acqua del fiume
è torbida
ma lei vuole renderla limpida.
Scompiglia l’acqua.
e scopre pesci.
Ha piovuto.
Il fiume straripa.
Ma le palafitte sono servite
e le sue preghiere saranno esaudite.
Ora tocca a me
Andrea Santoro V F
Sfuggente e invisibile
Corrompe gli animi
Divora tutto
Impetuoso come lo sbattere delle ali
In una corsa folle
E poi
Nulla più resta.
Kronos
Tempo Veloce
il tempo
scorre
come tempeste d'estate
lasciando
malinconia
nel cuor che
rallegrarsi ora
più non può.
Ascoltando il mio cuore
Gocce di pioggia che cadono,
si sbriciolano dolcemente
e portano sogni…
Quelli con te sono grandi
e non mi sento sola se rimani,
mi basta che tu lasci un segno
nel nostro indimenticabile inverno...
Ambra Sambiase II H
Oriana Crea III A
Giuseppe Denaro I F
Sorridi più che puoi
così da poter lasciar scie dolci dietro di te...
Ama più che puoi
così da poter tornare a casa con un cuore pieno così...
Abbraccia più che puoi
così da poter stringere a te dolci frammenti di questo mondo...
Scansona l'apparire e
prendi l'essere con te...
Punta più in alto che puoi
così da poter inseguire l'infinito...
Vivi più che puoi
così da poter aver ricordi vivi e caldi come questo sol...
Più che puoi.
Più che puoi
Roberta Sofia II F
1919
Buonanotte Principessa,
in questa notte di stelle chiudi i tuoi occhi,
per non riaprirli mai più;
hai promesso sogni ai tuoi amanti e
speranza a chi mai desiderò nulla
se non il tuo volto, e adesso…
Manterrai la tua parola?
Non importa.
Ci hai fatto dono di qualcosa di tanto triste e
meraviglioso che difficilmente
potremmo ignorare o restituire;
il regalo più dolce e crudele che su questa terra
potremmo ricevere, l’unico motivo
per il quale ascoltiamo ancora con piacere
il pulsare del nostro cuore: un’illusione,
un abbraccio, il calore di un sorriso,
il giorno che verrà… E’ tutto quel che
abbiamo. A volte ci hai delusi,
amareggiati, ingannati, ma è anche per
l’emozione delle lacrime e del pianto che
non vorremmo mai lasciare la
nostra vita, perché sappiamo che
qualcuno tornerà sempre a consolarci e
ad indicarci la vita migliore. E così è
anche per lei che viviamo, per quella
persona che ogni giorno ci è accanto,
che ci illudiamo non ci lascerà mai.
Ma quando necessariamente lo farà?
Sarà allora che la sua illusione continuerà a
vivere nei nostri cuori, nelle nostre menti,
persino nelle nostre azioni: l’emozione del
suo ricordo non svarrà.
E’ così per te Principessa…
Anche se stanotte dolcemente dovrai morire,
ti prometto che continuerai a vivere là
dove vita mai cesserà di esistere.
Grazie,per tutto quello che hai fatto e
anche per quello che avresti dovuto fare e
magari ti sei dimenticata.
Riposa adesso: in questa danza di luna e di stelle
dì addio al tuo cielo, in questo
vortice di commozione alla tua terra, e,
con orgoglio, dì addio al tuo nome…
rimarrà sparso nel vento.
Principessa
Giaccio
a piedi nudi
sulla sabbia
e i pensieri
volavano via
come rondini
e gabbiani.
Sognare
Cammina tra squarci di luna e foglie di vetro
senza mai guardarne il riflesso
così da poter raccoglierle senza tagli cicatrizzanti.
Cammina
senza mai temere gli spigoli di quelle foglie,
senza mai lasciare nelle mani del vento
i suoni della tua anima,
senza mai dimenticarti di quegli squarci di luna.
Non viver nell'oblio del passato...
solo così il tuo cuore lentamente
inizierà a camminar
sotto la luce di una luna piena.
Squarci di luna
Antonio Fucà III E
Roberta Sofia II F
Oriana Crea III A
2020
Macchie di colore su candidi manti galleggiano,
macchine, tasti, penne e matite veloci scorrono
come vento arcano su mari di grano.
Rosso nero, MAIUSCOLE minuscole
Verde giallo e
blu.
Concerto di voci dissimili,
di suoni lontani
di case accoglienti
di verità stridenti.
Paradiso dell’uomo che nulla
sa,
ma che saper vorrebbe.
Inferno tremendo di gente che
non sa,
e ascoltar non vorrebbe.
Questo sei, un Purgatorio di anime
afone,
un campo di battaglia dopo la tempesta,
il buco del silenzio dopo lo schianto.
Κοινή
Invadi il mio sangue
con la tua essenza più vera
Profumi i miei giorni
come il sole di primavera
Penetri i miei sogni
e li espandi di luce piena.
La mia pelle è sabbia
il tuo amore il sole
che la riscalda.
Sei la spuma delle onde
io la battigia che accarezzi
lasciando un'umida traccia.
Salsedine tentatrice
su labbra bramanti
Sorrisi malinconici
di notti spente...
Disorienti i miei sensi
ma riempi il mio presente.
Salsedine
Giulia Pinizzotto V F
Marina Pagano III E
Mondo, mi hai deluso,
pensavo fossi in pace.
Mondo, mi hai deluso,
pensavo fossi audace.
Mondo, mi hai deluso,
pensavo fossi solidale.
Mondo, mi hai deluso,
pensavo fossi imparziale.
Mondo, mi hai deluso,
pensavo fossi sensibile.
Mondo, mi hai deluso,
pensavo fossi incorruttibile.
Mondo, mi hai deluso,
pensavo fossi onesto.
Mondo, mi hai deluso,
non pensavo così presto.
Mondo, mi deludi
sei crudele.
Mondo, mi deludi,
sei infedele.
Mondo, mi deludi,
vivi uno stato di abbandono.
Mondo, mi deludi,
sei una delle cose che non per-
dono.
Mondo, mi deludi,
sei uno dei tanti sbagli.
Mondo, mi deludi,
sei uno dei tanti travagli.
Mondo, mi deludi,
hai sempre altro a cui pensare.
Mondo, mi deludi,
lo devo confessare.
Un mondo
che delude
Valentina Foti IV F
2121
D opo un'estenuante attesa, durata
parecchi mesi, si è finalmente conclu-
so il torneo di calcetto con l'attesissi-
ma finale tra Lazio e Milan. Sono le ore 19 e,
sebbene sia sabato, lo stadio de "La Pineta" è
gremito, tutti attendono di sapere chi il campo
incoronerà come vincitore. Tra applausi e fischi,
le squadre scendono sul terreno di gioco: forma-
zione-tipo per la Lazio, con Zavettieri preferito a
Pippo e Lois in tribuna; una sola assenza pesante
nel Milan: il Cobra Lo Forti. L'avvio è mozzafiato:
Galluccio, imbeccato su punizione da Conti Niba-
li, mette dentro l'1 a 0 e dopo pochi minuti, su
geniale assistenza ancora di Conti Nibali, tocca a
Cucinotta saltare Bertolami in uscita e conclude-
re siglando il 2 a 0. Il Milan, fino a quel punto
non pervenuto, tenta di reagire, ma sono più
falli che altro. La Lazio invece continua a spinge-
re sull'acceleratore e, ammutolendo un pubblico
prevalentemente di fede rossonera, va sul 4 a 0
grazie ad altre due perle della iaddina starnaz-
zante Galluccio, che sembra aver ritrovato il
fiuto del goal dei tempi migliori. Sul finire del
primo tempo, il Milan trova l'orgoglio di schiaf-
fare un pallone in porta con un'azione personale
dell'eterno Piccolo che riaccende la speranza.
Ma nel secondo tempo la musica non cambia: 1-
2 della Lazio (magia di Galluccio all'incrocio dei
pali e bomba di Conti Nibali su punizione) e
notte fonda per il Milan. Ci prova ancora il solito
Piccolo che, come un leone ferito, non si arren-
de mai e, a testa alta, porta il risultato sul 6-3
segnando due goal speculari. Che la serata però
sia tutta delle aquile biancocelesti lo si evince
dal contropiede vincente della premiata ditta
Galluccio-Conti Nibali che fissa il punteggio sul
definitivo 7-3. Scampoli di partita anche per le
riserve negli ultimi minuti, in attesa del fischio
finale che zittisce i supporters milanisti e dà il
via libera alla straripante gioia laziale: il grido del
Soldato Romeo, le corse del Muro Corvaja, il
volo del Folle Zavettieri, il sorriso del Vecchio
Pippo, i salti del Buon Lois, le capriole di Rocco
Manfredi, gli applausi del Mitra Massimo, i qua-
quaqua della Gallina Galluccio, lo sguardo di
Mister Biagio Squeri, gli occhi lucidi del Papero
Cucinotta. Il resto è noto: festa grande, qualche
pazzo addirittura, per voto, si immerge nella
fontana del Nettuno. Il cielo era scuro su La
Pineta, ma un bagliore biancoceleste ha illumi-
nato la scena, offrendo uno spettacolo che diffi-
cilmente qualcuno potrà ripetere. Onore al
Milan, amareggiato ma comunque disposto a
festeggiare con dignità il successo altrui: unica
eccezione Turiano, troppo romanista per accet-
tare questo. Al termine di tante fatiche ed infini-
ti sforzi, questa è la vittoria delle motivazioni,
dello spirito di squadra e della forza di volontà:
un momento importante di sport perché chi è
sceso in campo ha mostrato di possedere dei
valori e, per una volta lo si può dire, abbiamo
vinto tutti. Buon calcio e buon torneo, amici del
Maurolico, ricordatevi di partite come questa e
vivete lo sport proprio nel modo in cui la magica
Lazio ed il glorioso Milan vi hanno insegnato.
Fabio Caressa
Mauroleague 2011 Ecco com’è finita!
La Lazio alla ricerca della concentrazione nel prepartita
I campioni di mister Biagio Squeri festeggiano con uno striscione
2222
Il mio saluto alla nostra scuola Il sentito “arrivederci” di uno studente, rappresentante, mauroliciano vero
Massimo Conti NIbali III C
C ammino per i corridoi, faccio gli ultimi
giri per le classi, scendo in cortile, vado
al bar. So che sono gli ultimi giorni di
scuola e che, dopo cinque anni, sono giunto alla
fine. Cari studenti del Maurolico, e quindi cari
compagni, questo è il momento dei saluti e
vorrei farli nel modo più sincero possibile senza
trattenere ciò che sento. Non credevo, quando
per la prima volta ho messo piede in questo
istituto, che mi sarei affezionato così tanto alla
mia scuola. Il Maurolico è stata una casa per me,
lo conosco a memoria e ho imparato a convivere
anche con i suoi difetti: i professori che lasciano
una montagna di compiti, il preside che fa storie
per concedere le assemblee d'istituto, le bidelle
che strillano disperatamente ("Conti Nibali vai in
classeeee!") e i ragazzi che parlano, parlano,
parlano e straparlano. Ma è come una famiglia:
papà Nino un po' burbero seppur dal cuore
tenero, mamma Cettina che cerca di tenere
tutto in ordine, i fratelli che fanno la spia. Ormai
il Maurolico è diventato la mia dimensione ed è
per tale ragione che sono orgoglioso di essere
stato eletto rappresentante; è stato per me
come ricevere per la prima volta le chiavi di
casa: grande responsabilità ed altrettanta soddi-
sfazione. Non voglio e non posso dire di avere
agito in maniera impeccabile, avrei potuto fare
probabilmente di più, avrei dovuto forse pren-
dere decisioni diverse in qualche occasione: ma
vi dico con il massimo dell'onestà che ho dato
tutto me stesso per svolgere al meglio il mio
incarico, dalla "firma" alla forza fisica, ho tenta-
to di farvi trascorrere un anno felice sacrificando
anche le mie esigenze e litigando con le istituzio-
ni se è stato il caso. L'ho fatto comunque con
piacere; sapete, fare il rappresentante d'istituto
era il mio sogno fin dal IV ginnasio ed il deside-
rio di riuscirvi a volte mi ha sopraffatto, lo am-
metto, ma sino all'anno scorso. Quest'anno ho
soltanto provato a dare il meglio di me senza
alcun secondo fine. Ho combattuto, mi sono
difeso con le unghie e con i denti e la carica
giusta per resistere anche nei momenti più diffi-
cili me l'ha data il Maurolico stesso, quella scuo-
la in cui sono cresciuto e che alla fine (in fondo
in fondo) mi ha fatto maturare. Vorrei darvi un
consiglio allora, gentili lettori: anche quando vi
sentite persi, quando credete di non poter con-
tare più su nessuno, non vi abbattete, perché,
come diceva Rocky, "non importa quanto colpi-
sci, ma come incassi e come ti rialzi quando sei
al tappeto". Adesso, con il sorriso sulle labbra
anche per la recente vittoria del torneo di cal-
cetto (vola Lazio, volaaaa!), voglio dire solo
grazie a tutti: grazie ai miei amici fraterni che
qui a scuola ho trovato ma non voglio lasciare;
grazie ai miei compagni di classe che, non so
come, sono riusciti a sopportarmi e addirittura a
volermi bene; grazie ai ragazzi che sono usciti e
che negli anni precedenti mi hanno fatto da
guida; grazie al prof. Caleca, il quale è il miglior
confidente che uno studente possa trovare;
grazie ai miei 166 elettori, ai quali sarò sempre
grato per la fiducia accordatami; grazie a quanti
mi hanno criticato, insultato, offeso, ferito con
maldicenze infondate e polemiche inutili, per-
ché mi hanno dato la forza di credere in me
stesso, necessaria per affrontare le sfide più
ardue che la vita mi presenterà; e grazie infine a
chi mi ha semplicemente consigliato, per aiutar-
mi e farmi apprendere dagli errori commessi; e
grazie a Silvia. Ciao Maurolico, ti saluto con la
più grande commozione. È stato un onore rap-
presentarti ed un piacere viverti. Sappiatelo, voi
che preferite cambiare scuola o che dall'esterno
la criticate, questo è il luogo in cui qualcuno ha
lasciato il cuore.
2323
Sophia Sorrenti II F
P alatenda, Spoleto 2011. Il sogno del
nazionale che diventa realtà. "Ragazze,
andrete al nazionale!” Ed una serie di
esulti e grida di gioia seguirono la suddetta af-
fermazione. Il nazionale, signori, il torneo nazio-
nale! Ah, già, vi starete chiedendo di cosa. Beh,
torniamo un po' indietro e capirete. "Località di
Piraino”, Messina. È il 14 marzo e la squadra
femminile di scacchi del nostro Regio Liceo,
dopo essersi egregiamente qualificata al torneo
provinciale, è pronta per sfidare le innumerevoli
squadre provenienti da tutta la Sicilia al (quasi)
consueto appuntamento annuale del torneo
regionale. Le quattro ragazze partecipanti sono
Federica Micali e Desiree Pagano (III C), Ketty
Mangraviti (V B) e la sottoscritta Sophia Sorrenti
(II F), accompagnate dagli istruttori, Claudio
Cento e Dario Gumina, e dalla professoressa
Giuseppina Gemellaro. Dopo circa sei estenuanti
partite, tra vittorie e sconfitte, finalmente arriva
il tanto atteso risultato finale: il Maurolico, al
prossimo torneo nazionale, ci sarà. Un ottimo
traguardo ed ambitissimo premio per il nostro
liceo e per le nostre giocatrici, considerando che
è da più di cinque anni che le squadre di scacchi
non superano l'ostacolo del regionale. Saranno
stati complici il duro allenamento delle ragazze,
l'impeccabile metodo degli istruttori o, per i più
scettici, un pizzico di fortuna, ma ciò a cui ormai
nessuno ambiva più era stato conquistato. Da
moltissimi anni il Maurolico organizza infatti, in
orario extrascolastico, un corso di scacchi dove,
seguiti dagli istruttori Claudio Cento e Dario
Gumina, ex mauroliciani e detentori del titolo
nazionale nel 2002 e nel 2003, i giovani scacchi-
sti imparano, divertendosi, questo bellissimo
gioco con un approccio tanto interessante quan-
to efficace. Adesso che il vostro dubbio amletico
è stato chiarito, posso raccontarvi un po' di
quella che è stata una magnifica esperienza
sotto ogni punto di vista. Scelto come teatro di
incontri (e scontri) scacchistici fu quel di Spole-
to, cittadina calma ed accogliente dell'Umbria,
che ha dovuto ospitare 375 squadre qualificate,
per un totale di circa 2250 ragazzi di ogni età,
dai più piccoli delle elementari, ai più grandi
delle scuole superiori di secondo grado, tra cui
proprio le nostre ragazze. La maratona di partite
si è tenuta dal 12 al 15 maggio, alternando mo-
menti di tranquillità e socializzazione a scariche
di adrenalina e concentrazione. Ciò che, sicura-
mente, ha reso il tutto più interessante, è stato
il trovarsi insieme a coetanei, e non, provenienti
dalle più disparate città e comuni d'Italia, par-
lanti addirittura una lingua diversa dalla propria
(ebbene sì!), ma che condividono la stessa iden-
tica passione. Passione che ha permesso ai
membri della squadra femminile di ampliare le
proprie conoscenze in materia, ma anche in
ambito personale, grazie a rapporti di amicizia
che inevitabilmente si sono formati. Il tutto è
stato arricchito anche da brevi escursioni che,
supervisionate dalla professoressa Marisa Costa
e dall'istruttore Cento, sono state fatte nelle
città di Perugia ed Assisi. Questo è stato senza
dubbio un vero traguardo, senza dimenticare
che, come prima esperienza in campo nazionale,
le ragazze della squadra sono riuscite ad ottene-
re un buon risultato, superando persino le colle-
ghe di Palermo e rappresentando, uniche, la
città di Messina. Perché l'orgoglio della città, e
del liceo Maurolico, è stata proprio la nostra
squadra, spesso troppo sottovalutata o scredita-
ta, che è cresciuta nel corso di cinque giorni ed
ha saputo tenere alto il proprio onore. Compli-
menti davvero ragazze!
Il nazionale di scacchi La squadra femminile racconta questa straordinaria esperienza
Desiree Pagano (III C), Federica Micali (III C), Sophia Sorrenti (II F) e Ketty Mangraviti (V B), componenti della squadra femminile di scacchi del nostro Liceo.
Sotto, foto di gruppo con l’istruttore Claudio Cento.
“ l'orgoglio della città, e del liceo
Maurolico, è stata proprio la
nostra squadra, spesso troppo
sottovalutata o screditata, che è
cresciuta nel corso di cinque giorni ed ha
saputo tenere alto il proprio onore”
2424
Alberto Nicòtina II B
A nche quest’anno il Maurolico, attraverso
l’Associazione Diplomatici, l’ente europeo
più premiato ai Model United Nations, ha
partecipato ai lavori della più grande simulazione dei
meccanismi di procedura dell’Onu per le scuole supe-
riori nella Grande Mela. Grazie alla promozione portata
avanti nei mesi di Ottobre e Novembre dagli undici
ragazzi che lo scorso anno vi avevano preso parte,
quest’anno negli elenchi dell’UNA-USA (United Nations
Association of the United States of America), che orga-
nizza ogni anno la simulazione, figuravano 22 mauroli-
ciani. Anche questa volta, come la scorsa, per ben due
volte il nome del “Liceo Classico Maurolico” è stato
pronunciato nella General Assembly Hall, per conferire
quattro Honorable Mentions alle coppie Nivia Catarsini
II B - Pierbasilio Currò I H e Valeria Chillè I F - Diletta
Dolfin I F. Come per tutti gli altri “delegates” provenien-
ti da molte parti del mondo, la nostra avventura ameri-
cana è iniziata, dopo aver affrontato sei mesi di prepa-
razione, la mattina del 13 Maggio scorso al Grand Hyatt
Hotel. Qui, migliaia di ragazze e ragazzi dai 15 ai 18
anni, vestiti in “formal dress” così come prescritto dalle
regole di condotta, si trovavano riuniti nella Lobby del
lussuosissimo hotel, in attesa di prender posto ciascu-
no nella propria commissione. Alla domanda “cosa ti
aspetti da quest’esperienza?”, che noi membri del
Press Corp avevamo il compito di rivolgere ai delegati
in questa prima fase, la risposta dei ragazzi è stata
sostanzialmente quella che i loro faculty advisors ave-
vano suggerito loro durante i corsi: “un ottimo modo
per capirne di più riguardo alle grandi problematiche
internazionali cui dovrò rapportarmi nel corso dei
lavori” oppure “per sentirmi coinvolto nel dibattito
internazionale a proposito dei punti più scottanti
sull’agenda delle Nazioni Unite”. Ma per conoscere la
valenza didattica della simulazione, abbiamo rivolto la
stessa domanda ad uno dei Chair, Sarah Shedeed,
studentessa di Relazioni Internazionali alla Seton Hall
University, nel New Jersey, che ha replicato: “Il Model
UN serve a stimolare i ragazzi come voi a migliorare le
vostre capacità di collaborazione e cooperazione. Ma
insegna soprattutto a diventare dei leader”. E’ questo
infatti lo scopo educativo che questo tipo di simulazio-
ne si propone: creare dei cittadini del mondo, consape-
voli della realtà che li circonda, che riescano a guardarsi
intorno con la mente aperta a tutte le prospettive e
che siano in grado un domani di prendere in mano le
redini della società. Momenti di profonda ansia e stan-
chezza che hanno visto i nostri delegati superare le
piccole difficoltà linguistiche, sottolineando quel con-
cetto che tante volte è stato ripetuto durante i corsi:
“l’inglese è solo un mezzo”. Un mezzo che consente,
nella finzione del gioco di simulazione così come nella
realtà, a paesi come Trinidad and Tobago e Samoa (i
due assegnati alla nostra delegazione) di far sentire la
propria voce e talvolta di imporsi nello scenario inter-
nazionale. Un’esperienza che si rivela valida anche al di
là della simulazione, perchè consente a degli adole-
scenti come noi di uscire dai confini della nostra città
per giungere al centro del mondo con la prospettiva
comunque di ritornare sui propri passi e guardare la
quotidianità in modo più consapevole.
New York Model United Nations Il Maurolico vince grazie all’impegno dei suoi delegati
La General Assembly Hall gremita di studenti
I mauroliciani premiati: da sinistra a destra Nivia Catarsini (II B), Pierbasilio Currò (I H), Diletta Dolfin (I F) e Valeria Chillé (I H)
Andrea Donato IV B
P arlare dell’Incendio di Giuseppe Ruggeri non è affatto cosa facile. Sarebbe anche impossibile senza ammettere sin da subito che la città,
tanto dipinta e abilmente costruita tramite una topo-logia quasi mai esplicita, altro non è che la nostra amata Messina (ma del resto, si sa, sempre e per sempre, ogni riferimento a cose, persone, fatti o luoghi è puramente casuale!). Un mondo a sé, questa città. Una creatura che l’autore ripropone agli occhi dei suoi abitanti reali come qualcosa di diverso dal solito trambusto che aleggia tra le sue strade, i suoi vicoli e le sue piazze, caratterizzandola di conseguen-za. Il frenetico tran tran di una metropoli è interpreta-to qui come qualcosa non di disordinato, ma di pre-stabilito. Da chi, poi, non si sa. Forse da coloro, che nel trambusto ci sguazzano oscenamente, con gli affari loschi ed il potere, sentendosi paradossalmente
al di sopra dello stesso. E poi perché il trambusto, alla fine, è come il silenzio: crea confusione ed indecisio-ne, o come lo chiama l’autore, l’oblio. Un oblio utile a confondere le trame tessute le cui prove sono proprio lì, a portata di mano. È così anche in questa intensa narrazione, dove indizi e fatti sono in realtà presentati sin da subito, quasi a prendersi gioco del lettore, l’insieme di poesia, metrica di ispirazione bizantina e un elevato registro linguistico sono gli ingredienti della confusione. Gli estremi della matassa, o se preferite, i personaggi, procedono a tentoni, inda-gando sull’oblio che li circonda fuori e dentro. La scintilla di partenza dell’Incendio, che dovrebbe esse-re il tema narrativo centrale ma si rivela essere solo un particolare, è l’omicidio del professor Ugo Morci-netti, docente universitario su cui si riversa un’attenzione sempre più pericolosa da parte della giustizia. Un’ attenzione che inizia a portare alla luce tratti nascosti del luminare, facendo percepire puzza
di bruciato. Anche quando infine la matassa si è uffi-cialmente risolta coi suoi meritatissimi colpi di scena e le sue profonde analisi introspettive, l’autore lascia a chi ha letto la storia l’amaro compito di ripercorrere i vari, sublimi, flussi di coscienza, allo scopo di poter fare i giusti collegamenti. Solo allora l’Incendio si spegne. Ad averlo visto o ad avervi partecipato sono personaggi tra i più svariati. Tutto al più piccoli mae-stri del complesso disegno di logge massoniche, con-traddizioni, ipocrisie e soldi che questo racconto rappresenta. Ecco, infatti, dovendo dare una defini-zione di questo libro lo si potrebbe comodamente definire un simbolo. Complesso da tracciare, difficile da comprendere e la cui scoperta di significato non può sicuramente cambiare il teatro di “questa” città, poiché esso è il teatro dentro cui ognuno di noi si muove già.
Caffè letterario al Maurolico Il romanzo Incendio, di Giuseppe Ruggeri presentato in biblioteca
C ome avrete notato, a scuola sono comparsi
recentemente alcuni bidoni per la raccolta
differenziata di carta/cartone e di
plastica/alluminio: la pregevole iniziativa (alla quale
invitiamo tutti gli studenti a collaborare) è stata portata
avanti dai due rappresentanti della Consulta Provinciale
degli Studenti, Claudio Staiti e Paola Benvenga. Ed è
proprio a quest’ultima che abbiamo posto alcune do-
mande a riguardo.
Paola, nonostante tu sia presidente della Commissione
Musica, Arte e Spettacolo della Consulta, ti vediamo
molto interessata alle tematiche legate all’ambiente.
Ma che cosa significa “ambiente” per te?
Devo confessare che due traumi, legati alla mia infan-zia, hanno irrimediabilmente influenzato la mia sensi-bilità ambientale: inquietata da “Il pianeta di Pipsque-ak”, rifuggivo dal fare qualsiasi tipo di raccolta diffe-renziata per paura che mi spuntasse una coda; poi, terrorizzata da “Gaia – Il pianeta che vive” (o che muore, fate voi!), ho cominciato a chiedermi se una soluzione ai problemi dell’ambiente fosse possibile, nonostante gli scenari catastrofici presentati da Mario Tozzi e dal suo piccone. Col tempo ho capito che pren-dersi cura della Terra non è tanto un peso o un obbligo, quanto un privilegio, un modo… bello per stare in armonia (non sono buddhista, eh!) con noi stessi e con l’ambiente, che è davvero “la vita intorno a noi”.
A proposito, “la vita intorno a noi” è proprio il sottoti-
tolo della giornata che hai organizzato con la Consulta
lo scorso 7 maggio. Puoi ricordare per i lettori qual è
stata l’intenzione della giornata?
Diciamo che la giornata del 7 maggio è stata dedicata in particolare all’Arte e al ruolo che essa può avere, in tutti i suoi aspetti, nel dare all’ambiente un valore estetico. È come se l’Arte riuscisse a riscattare la bel-lezza dell’ambiente, rendendolo degno di rispetto in sé, non perché legato a un mero valore commerciale. Ma, al di là di quest’idea, “Habitat” si proponeva anche un fine pratico, lo stesso che il mio collega Claudio ed io,
dall’inizio dell’anno, avevamo inserito tra le nostre priorità: promuovere la raccolta differenziata.
Siamo così arrivati al punto fondamentale
dell’intervista. Forse è una richiesta molto banale,
ma… parliamo della raccolta differenziata. Che cos’è, e
come contribuisce alla salvaguardia dell’ambiente?
La raccolta differenziata è un passaggio insostituibile del riciclaggio dei rifiuti, un processo produttivo in grado di innescare un vero e proprio circolo virtuoso. Quasi sempre, o senza accorgercene o per menefreghi-smo o per gli alti costi dei materiali biodegradabili, utilizziamo materiali che poi diventano rifiuti impossi-bili da smaltire naturalmente. Ora, questi rifiuti posso-no essere trattati e riutilizzati, ma per farlo è necessa-rio, prima, suddividerli in categorie ben precise. Non è così difficile organizzare un piccolo piano di raccolta differenziata: basta un bidone per ogni tipologia di rifiuti. I vari rifiuti vanno poi svuotati separatamente negli appositi cassonetti, oppure si possono conferire negli eco-centri (vista la città, sinceramente più affida-bili). A Messina ci sono diverse strutture del genere, chiunque può vedere dove si trovano semplicemente
cercando su Internet. Proprio perché la raccolta diffe-renziata è un modo semplice per avvicinarsi al rispetto dell’ambiente, abbiamo deciso di proporla a scuola.
Quali risultati si otterranno, secondo te, grazie raccolta
differenziata nella nostra scuola?
Credo che nelle scuole in generale sia importante por-tare avanti un vero piano di educazione al riciclaggio, perché, come molte altre cose, anche la raccolta diffe-renziata in fondo è solo questione di abitudine. In tal modo, poco a poco, penso che si riuscirà ad eliminare o perlomeno a ridurre quella mentalità comune per cui tutto si può anche buttare per terra “tanto i bidelli lo raccoglieranno per me” e per cui “io quei bidoni li uso per water” (con tutto il rispetto per l’idea dei ragazzi di III D che avevano trovato un modo alternativo per smaltire rifiuti organici!). E in mancanza di piani go-vernativi (o, in scala più piccola, cittadini) che regolino e diano incentivi alla raccolta differenziata, vorremmo dimostrare che ognuno di noi può riuscire a migliorare con un piccolo gesto la realtà in cui viviamo. Intervista a cura di Marta Vicinanza II B
Un tentativo ecologico Intervista “verde” alla rappresentante della consulta, Paola Benvenga
2626
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III AIII AIII AIII A
Prof.:- Da dove deriva il termine ‘canone’?"
Alunna: "Dal canone Rai…!-
DIXI
TDIXITDIXITDIXIT
Alunno:- Sofia ma non mi sono
sporcato di gesso, vero? E
neanche di Salice, Spartà,
Villafranca…-
I FI FI FI F
(Durante l’ora di Storia dell’Arte)
Alunna:- Il marito della Monna Lisa
era Monno Liso!-
Prof.ssa:- Domani interrogazione generale!-
Alunno:- Perchè interrogazione generale e non
interrogazione colonnello?-
Prof:- Studiate bene il verbo ἔθω!-
Alunno:- Ma prof! Si dice
Eto’o!-
Prof:- (fa l’appello dicendo cognome e
nome di un alunna…)-
Alunna:- Prega per noi...cioè mi scusi,
presente!-
II GII GII GII G
Professoressa:- Che forma ha la pianta di
Brasilia? Classe:- Boh.-
Professoressa :- Ha la forma di un uccello che
spicca il volo.-
Alunno:- Ma non era una pianta? -
V FV FV FV F
(dopo un reiterato errore declinan-
do un aggettivo)
Prof:- Errare è umano, ma
perseverare è diabolico!-
Alunno:- Ma perdonare è divino!-
VFVFVFVF IV FIV FIV FIV F
Prof:- Fra miliardi di anni il sole si
spegnerà!-
Alunno:- Va bene, allora combatteremo
all’ombra!-
Prof:- Il prete non può
assolvere in confessione
alcune cose, come
l’aborto o l’omicidio.-
Alunno:- E il suicidio?-
Prof. nell'interrogazione:- Allora
dimmi cos'è un racconto di fanta-
scienza!- Alunno:- Allora per raccon-
to di fantascienza intendiamo la
scienza con un pizzico di fantasia!-
Antonio Zaccone III F
S crivere l’ultimo articolo per il Koiné non è
cosa semplice: mi sono chiesto più e più
volte su cosa avrei potuto scrivere, quale
sarebbe stato l’ultimo argomento che avrebbe
concluso un periodo della mia vita,
l’adolescenza scolastica; potrà sembrare una
sciocchezza, ma per me non lo è: scrivo sul Koi-
né dal quarto ginnasio e sono molto affezionato
a questo giornale, giornalino, rivista o qualsiasi
cosa sia. Ricordo ancora il mio primo articolo: è
facile scrivere per la prima volta o quando si
hanno di fronte cinque anni, si ha l’imbarazzo
della scelta poiché si può disporre di molti nu-
meri; ma cosa scrivere sull’ultimo numero della
tua vita? Ho ragionato molto e sono giunto alla
conclusione che, in fondo, non ha importanza di
cosa si scriva, ma di come lo si scriva. Cercherò,
dunque, di non essere troppo melanconico,
essendo questo l’ultimo numero, e di non an-
noiarvi eccessivamente. Parlerò di Werther,
giovane romantico, poeta, pittore, filosofo della
vita. Egli è una personalità poliedrica, un ragazzo
dalla profonda sensibilità, figlio della poesia,
amante dell’arte. Inizialmente la sua vita segue
una via tranquilla, battuta da dolci sentimenti, si
dedica a ciò che più gli piace e confessa ogni suo
pensiero all’amico Wilhelm tramite un vasto
epistolario. Ma arriva un momento in cui la sua
esistenza viene sconvolta, come talvolta avviene
in ognuno di noi, un avvenimento necessario per
conoscere la fragilità della propria condizione,
ma al contempo per ricavarne un insegnamento
e, con esso, cercare di andare avanti. Werther
incontra una donna, un essere serafico,
un’essenza luciferina: si chiama Lotte. Ella ha
sembianze umane, ma cela in sé una personalità
angelica, passionale, totalmente asservita al suo
carattere puro e di sempiterna fanciulla. Sono
giorni felici quelli che Werther trascorre con
Lotte, giorni passati a contemplare questa giova-
ne fanciulla. È un’amicizia che sfocia in una ma-
lata passione, deleteria per il sensibile animo di
Werther: egli vorrebbe che Lotte l’amasse e così
è, ma di un amore divino, che assurge alle sfere
del metafisico, vorrebbe che ella lo desiderasse
come egli desidera lei. Ma Lotte è promessa a
un altro uomo, Albert. Il giovane Werther divie-
ne pellegrino di amarezze, un vagabondo in un
mare di perdizione, tutto per una donna, l’unica
donna che può sconvolgere anche i più duri di
cuore. Tra Lotte e Werther vi è un amore corri-
sposto, ma sottaciuto: quando, però, si scambia-
no l’unico loro bacio, tutto sarà perduto: non
sarà la fine di tutte le angosce, ma l’inizio di
nuove tragedie. Quel bacio sarà la fine di tutto:
Werther si suiciderà, con un colpo di pistola alla
tempia. Questa è la storia di Werther, mesta
fino al più alto grado di patetismo, ma sincera,
autentica, che proviene da un cuore puro, gioio-
so ma al contempo triste. Werther è un poeta
che prova un forte amore, un amore che non
può controllare. Questa è la conclusione di una
lunga serie di articoli che mi ha accompagnato
fino al terzo liceo, non avrò più il piacere di
scrivere per un giornale per cui sono stato un
po’ "giornalista" un po’ "vignettista". Citando
Stoker, vi saluto dicendo che lì dove la romanza
della mia vita finisce, riprendo il filo della mia
vita quotidiana. Il liceo è stato una romanza, con
i suoi alti e bassi, con le sue vittorie e le sue
sconfitte, ora è tempo di guardare all’università
e a tutte le sue rogne, dove sarò una matricola,
dove chiamerò tutti colleghi; non avrò più il
piacere di entrare a scuola e di far finta di essere
ancora un ragazzino. Cinque anni sono passati
come cinque giorni; fra gite, viaggi interconti-
nentali, Koiné e Siracusa sono certo
nell’affermare che, dopo tutto, il liceo mi man-
cherà, da impazzire.
Prof.:- Alla fine dei Malavoglia, che succede?
Alessi si sposa…-
Alunna:- Sì, Alessi si sposa con
sua moglie…-
Alunna: - Pascoli perse il
padre, morto omicida…-
Senza titolo
V HV HV HV H
La RedazioneLa RedazioneLa RedazioneLa Redazione
Il direttivo
Claudio Staiti III A
Roberto Saglimbeni II E
Maria Chiara Pollicino II F
Antonio Crisafulli III F
Claudia Santonocito III F
Logo ΚοινηΚοινηΚοινηΚοινη′ ′ ′ ′ 2010/2011 ideato e realizzato da Domenico Pino V F
Stampato presso Società Cooperativa Spignolo a.r.l. Via Maffei, 8 - Messina tel. 090 717340 - Fax 090 6415659
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Ringraziamo per il loro contributo
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Prof. Felice Irrera
2727
Vignetta Ipse Dixit “Il Prof. Bagnino” ideata e realizzata da Federica Vitale II A
Antonio Fucà III E
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Andrea Santoro V F
Francesca Vitarelli V F
Giuseppe Denaro I F
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Sophia Sorrenti II F
Giovanni F. Russo III F
Antonio Zaccone III F
Ambra Sambiase II H
I redattori
Martedì 31 Maggio
Ore 15
Aula Magna del Liceo
Maurolico
Premiazione migliori
contributi annuali per
rubrica
Si ringrazia la SEAR
ARGENTI per l’aiuto
fornito
nell’organizzazione
dell’evento
L’Arch.
Marina
RAGNO: "RAGNO: "RAGNO: "RAGNO: "Si potrebbe anche dire che i gas nobili sono i single della chimica, poiché tendono a non legarsi con nessuno..."
(Un Alunno starnutisce)
VETRÓ: VETRÓ: VETRÓ: VETRÓ: “Lungi da me, microbo ambulante.”
MACRISMACRISMACRISMACRIS: “Soldi non ne ho, e con quei pochi mi ‘ccattu a focaccia!”
MACRIS: MACRIS: MACRIS: MACRIS: (riferito ad un’alunna)…”quando si combina riesce a diventare una provola presentabile”
M. L. CACCIOLAM. L. CACCIOLAM. L. CACCIOLAM. L. CACCIOLA: "Lo diceva Galileo. E vi ricordo che Galileo era quello che si guardava sempre i lampadari, i pendoli..."
Buone vacanze!Buone vacanze!Buone vacanze!Buone vacanze!
Il Direttivo augura a tutti una buona estate e rinnova
l’appuntamento col nostro giornale comune a Settembre!
Siamo su Facebook: “Koiné, Giornale del Maurolico” & “Newsletter di Koiné, Giornale del Maurolico”
http://www.maurolicomessina.it/koine_2010_2011.phPuoi leggere on-line questo giornale e rivedere le edizioni dell’anno scorso qui:
Alunno: “Professoressa, ieri l'ho vista al cimitero.”
GULLÍ: “GULLÍ: “GULLÍ: “GULLÍ: “Al cimitero ci vai tu e tutti i cretini come te”
MACRIS: “MACRIS: “MACRIS: “MACRIS: “Io non sono abituato a fare il Don Chisciotte della Mancia...lui combatte-va contro i mulini a vento, io parlo al vento!”
(si parla degli esami) "Io che porto il tema del viaggio, posso portare Schopenhauer o è forzato? Avevo pensato al viaggio verso la liberazione umana…!" RIZZORIZZORIZZORIZZO: "Sì, e ti fumi uno spinello!"
GULLÍ: GULLÍ: GULLÍ: GULLÍ: “…certe volte tu mi sembri...ma ti sei vista in faccia?”
Alunna: “Prof. , ma i compiti di storia?
VETRÓVETRÓVETRÓVETRÓ: “Godono di ottima salute e vi salutano tanto calorosamente”
(Dopo circa mezz'ora di spiegazione sulla genetica) Alunno: “quindi cos'è lo zigote?”
GULLí:GULLí:GULLí:GULLí: “Il suicidio, la soluzione migliore per me è il suicidio”
FERAFERAFERAFERA: “(durante l'interrogazione) … scrivi questo... “ Alunno: scrive “QUESTO” FERAFERAFERAFERA: “... al posto 2!!!!!!!!!!!!!!!!! “
(Un’alunna chiacchiera)
VETRÓVETRÓVETRÓVETRÓ: “Io non vorrei disturbarti...guarda metti un cartello con scritto “Chiuso per ferie” e io non ti disturbo più”
VENUTOVENUTOVENUTOVENUTO: (calcolando un logaritmo) "perchè se 2 per 3 fa 5... "