Periodico degli studenti del Liceo Classico “Francesco Maurolico” …...

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Periodico degli studenti del Liceo Classico “Francesco Maurolico” di Messina Don Ciotti e la lotta alla criminalità organizzata Esclusiva per Κοινή Fatto? Bene. Perdonaci, lettore più o meno fedele, ma questo era l’unico modo per catturare la tua attenzione. Volevamo stupirvi ancora una volta con un editoriale scoppiettante che avrebbe rianimato il caliente spirito estivo (per il momento assopito) di questa scuola, ma siccome ad ogni uscita, letto l'editoriale e qualche articolo (quando va bene), vi ritrovate ricoverati d'urgenza in ospedale per "infarto triplo", abbiamo pensato di evitarvi un simile dispiacere prima delle vacanze. Non che ce ne importi molto... ma ve lo immaginate Virellone stile baywatch che insegue Pamela Anderson alias Pino Gemellaro? Noi evitiamo. Così stavolta lasciamo in pace voi e parliamo di noi. Oh ma che ego gigantesco ha questo direttivo! Eh sì, lo ammettiamo, ma d'al- tronde se non ci celebrassimo da soli, chi lo farebbe? Siamo davvero troppo cattivi per esse- re amati. E per amare! Ma sta- volta staremo buoni. Eppure, permetteteci la parentesi, dove lo trovate un altro Maurolico in cui i laboratori di informatica, lingue, fisica e chimica funziona- no con l'efficienza delle officine della Ferrari? O ancora, un Mau- rolico in cui siamo bravi ad o- rientare gli altri, ad alfabetizzare tutti e tutto, ma non a farci orientare? Perché "non possia- mo perdere ore scolastiche alla fine dell’anno”! Infine, un Mau- rolico in cui si è dovuto aspetta- re il 20 Maggio per vedere parti- re la raccolta differenziata? E dire che la richiesta era già stata avanzata da Ottobre! Tornando a noi, non ci resta che conge- darci da quelli che ritroveremo l'anno venturo a sopportare ancora il pesante… continua a pag. 3 ANNO XXV, NUMERO 6 MAGGIO/GIUGNO 2011 l’editoriale Leggimi Maurolico nel mondo Intervista Messina e dintorni Aldo Cazzullo ed il suo “Viva l’Italia” Il MUN 2011: trionfo del Maurolico Attività scolastiche Il Giro fa tappa sullo Stretto: il resoconto L’esperienza del nazionale di scacchi pag. 4 pag. 26 pag. 14 pag. 25 pag. 8 Il meraviglioso cortile interno sarà mai agibile? (foto di Beatrice Barrilà III A)

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Periodico degli studenti del Liceo Classico “Francesco Maurolico” di Messina

Don Ciotti e la lotta alla criminalità organizzata

Esclusiva per Κοινή

Fatto? Bene. Perdonaci, lettore

più o meno fedele, ma questo

era l’unico modo per catturare

la tua attenzione. Volevamo

stupirvi ancora una volta con un

editoriale scoppiettante che

avrebbe rianimato il caliente

spirito estivo (per il momento

assopito) di questa scuola, ma

siccome ad ogni uscita, letto

l'editoriale e qualche articolo

(quando va bene), vi ritrovate

ricoverati d'urgenza in ospedale

per "infarto triplo", abbiamo

pensato di evitarvi un simile

dispiacere prima delle vacanze.

Non che ce ne importi molto...

ma ve lo immaginate Virellone

stile baywatch che insegue

Pamela Anderson alias Pino

Gemellaro? Noi evitiamo. Così

stavolta lasciamo in pace voi e

parliamo di noi. Oh ma che ego

gigantesco ha questo direttivo!

Eh sì, lo ammettiamo, ma d'al-

tronde se non ci celebrassimo

da soli, chi lo farebbe? Siamo

davvero troppo cattivi per esse-

re amati. E per amare! Ma sta-

volta staremo buoni. Eppure,

permetteteci la parentesi, dove

lo trovate un altro Maurolico in

cui i laboratori di informatica,

lingue, fisica e chimica funziona-

no con l'efficienza delle officine

della Ferrari? O ancora, un Mau-

rolico in cui siamo bravi ad o-

rientare gli altri, ad alfabetizzare

tutti e tutto, ma non a farci

orientare? Perché "non possia-

mo perdere ore scolastiche alla

fine dell’anno”! Infine, un Mau-

rolico in cui si è dovuto aspetta-

re il 20 Maggio per vedere parti-

re la raccolta differenziata? E

dire che la richiesta era già stata

avanzata da Ottobre! Tornando

a noi, non ci resta che conge-

darci da quelli che ritroveremo

l'anno venturo a sopportare

ancora il pesante…

continua a pag. 3

ANNO XXV, NUMERO 6 MAGGIO/GIUGNO 2011

l’editoriale

Leggimi

Maurolico nel mondo Intervista Messina e dintorni

Aldo Cazzullo

ed il suo

“Viva l’Italia”

Il MUN 2011:

trionfo del

Maurolico

Attività scolastiche

Il Giro fa tappa

sullo Stretto: il

resoconto

L’esperienza del

nazionale di

scacchi

pag. 4 pag. 26 pag. 14 pag. 25

pag. 8

Il meraviglioso cortile interno sarà mai agibile? (foto di Beatrice Barrilà III A)

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SommarioSommarioSommarioSommario

Tre domande a Aldo Cazzullo__________________pag. 4

Habemus Papam____________________________pag. 5

Il coraggio di rimanere_______________________pag. 6

Dalle stelle alle stalle_________________________pag. 6

Tre minuti, una parola________________________pag. 7

I barattieri___________________________pag. 17

Gli indovini__________________________pag. 17

Ascoltando il mio cure__________________pag. 18

Kronos______________________________pag. 18

Più che puoi__________________________pag. 18

Principessa__________________________pag. 19

Squarci di luce________________________pag. 19

Sognare_____________________________pag. 19

Koiné_______________________________pag. 20

Salsedine____________________________pag. 20

Un mondo che delude__________________pag. 20

La finale del torneo di calcetto___________pag. 21

Il mio saluto alla nostra scuola___________pag. 22

MUN 2011___________________________pag. 24

Caffè letterario al Maurolico_____________pag. 25

Senza titolo__________________________pag. 26

Bob Marley: la musica per la pace____________pag. 11

Born this way___________________________pag. 12

L’opera dei pupi siciliani___________________pag. 13

In questo numeroIn questo numeroIn questo numeroIn questo numero

Don Ciotti__________________________pag. 8

Referendum del 12 giugno___________pag. 9

Legalopolis_______________________pag. 12

Nazionale di scacchi_________________pag. 23

Raccolta differenziata_______________pag. 25

Discipulus Dixit____________________pag. 26

La redazione______________________pag. 27

22

Si ringrazia la Libreria Ciofalo per il sostegno

Κοινή

giornale comune

dal 1986

Luci su Capo Peloro_____________________pag. 14

Il giro a Messina________________________pag. 15

Stai tranzollo__________________________pag. 16

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...fardello della conoscen-

za e salutare calorosa-

mente tutti quelli che

invece con quest'anno

chiudono la loro esperien-

za scolastica (E vaja! Fine-

mula i cianciri!).

Ma è pur vero che lascia-

mo tutti un pezzo di cuore

in questa scuola e in que-

sto Koiné. Tutti, quelli che

vanno e quelli che resta-

no, hanno avuto l'occasio-

ne di accostarsi al giornale

e per chi ancora non l'a-

vesse fatto giungerà prima

o poi l'ora X. Vogliamo

altresì ringraziare tutti i

ragazzi che quest'anno ci

hanno onorato della loro

preziosa collaborazione, i

professori che hanno

scritto e quelli che sono

divenuti oggetto di atten-

zioni particolari (!) da

parte degli studenti, tutto

il personale ATA che ha

tollerato tante e tante

richieste e per ultimo, ma

non per importanza, il

nostro Grande Puffo Nino

(proverbiale la sua "l'anno

prossimo me ne andrò in

pensione" frase detta già

dieci anni fa. Ma Ninuzzo

non fare il modesto, ti

abbiamo già proposto

preside a vita!). Quante

volte si è dimenticato di

noi, del nostro venticin-

quesimo! Ma lo perdonia-

mo, è un uomo tanto

impegnato! Sul bunga-

bunga in vicepresidenza

indaga la procura. E se la

fine viene sempre per tutti

prima o poi, per il Koiné

non è così! Egli è eterno!

(Palma e Roberto non

pensate male). Infatti ci

siamo già adoperati affin-

ché l'anno prossimo pos-

siate ancora trovarvi in

buona compagnia (la no-

stra). Cosa regaliamo poi a

chi ci accusa e critica? Solo

tanti baci e belle parole

perché, tranquilli, in fon-

do, molto in fondo, amia-

mo anche voi! E dato che

siamo in vena di tenere

confidenze, sappiate che

siamo capaci perfino di

diventare umili per una

volta e riconoscere che

siamo pieni di difetti, che

scriviamo male, spesso

cavolate, come anche

questo editoriale, siamo

retorici, inconcludenti ma

rullo di tamburi questo

Koiné ci piace così com'è!

Che importa se non si

possono soddisfare i gusti

di tutti! Se Maometto non

va alla Mecca.... avete

capito! Scrivete e pure voi

avrete di che far gioire il

vostro ego! Com'è bello

leggere un articolo e con-

cordare pienamente con

le idee esposte dal

"giornalista" di turno!

Incuriositi dalla scoperta

di una certa affinità con

l'autore del pezzo andare

a ricercare il suo nome e,

alzato lo sguardo, scoprire

che quell'articolo è pro-

prio il vostro! Scrivete,

quindi, prendete in mano

la vostra vita e fatene un

capolavoro, come disse un

tipo polacco divenuto

Beato. In quanto a noi,

oltre a ricordarvi l'inutile e

ad aver dimenticato l'es-

senziale, ci accontentiamo

di salutarvi. Ci acconten-

tiamo...Per ora. E' una

promessa.

Il direttivo

continua da pag. 1

Antonio Crisafulli

Claudio Staiti

E h già! Chi l'avrebbe mai detto (tutti!),

siamo arrivati anche noi al capolinea, dopo

5 lunghi e intensi anni. Ne sono passati

poco più di due da quando, un pomeriggio

di ottobre, fummo eletti direttori del giornale che

avete tra le mani (“a tal punto arrivava la disperazio-

ne collettiva” penserete). Nonostante avessimo già

collaborato come redattori, di Koiné sapevamo poco

o nulla, solo che significava comune, o meglio voce

comune (di chi?), che aveva una lunga storia, talvolta

travagliata, che aveva passato momenti difficili ma

che voleva risorgere. Dopo un buio periodo di medio-

evale stasi, Koiné faceva i primi passi verso la demo-

crazia e, preceduto da un’intensa “resistenza”, il

nostro 2 Giugno arrivava, e la revisione del suo Statu-

to, la nostra piccola “costituzione”, pure. Abbiamo

iniziato sotto il consolato del buon Lillo De Domenico,

pieni di entusiasmo e di idee, forse troppe direbbe

qualcuno, forse poche diremmo noi. Eppure molte di

quelle intuizioni si sono rivelate la scelta giusta e

hanno consentito che il nostro periodico facesse un

gran bel salto di qualità. Col tempo, abbiamo appreso

molto della storia del nostro giornale, delle sue

innumerevoli vicende, ma soprattutto dei suoi 25

anni. Forse a nessuno mai sarebbe balenata in testa

una domanda che invece ha agitato noi sin dal nostro

insediamento: quando nacque Koiné, e perché? A

risponderci è stato un ex-alunno, Gerry Minasi, oggi

affermato psicologo, trovato per caso su facebook,

quando ormai avevamo perso ogni speranza di poter

risalire sino alle origini del giornale. Dopo un primo

incontro avuto con lui nel mese di Settembre, è stato

tutto un susseguirsi di scoperte e rivelazioni che, tra

l’entusiasmo che nel frattempo pervadeva per la

prima volta tutti, ci ha condotti a Domenica 13 Mar-

zo. Data storica per il Maurolico: in quell’occasione

abbiamo ricordato i primi 25 anni di Koiné (come si

legge nel numero di Marzo), in un succedersi di

ricordi ed emozionanti incontri. Abbiamo affrontato

nella pugna omerica che intitola questo nostro addio

non poche avversità, prima che a Koiné fosse palese-

mente riconosciuto il valore fondante e insostituibile

di "patrimonio comune dei Mauroliciani", e nono-

stante questo non tutti hanno lealmente interpretato

lo sforzo che abbiamo profuso nel renderlo un gior-

nale migliore e realmente democratico; ma da chi

cercava (o cerca) di fare "polemica da bar" segnata

da facili qualunquismi, da chi puntualmente voleva

un carro dei vincitori su cui salire, da chi tra i docenti

non ci ha supportato ma ha sempre visto con superfi-

cialità e diffidenza il nostro operato, abbiamo sempre

attinto energie nuove e stimoli per migliorarci; a chi

invece di distruggere ha aiutato a costruire, a chi è

stato al nostro fianco fin da subito, a quei docenti (e

non sono pochi) che hanno collaborato assiduamen-

te, noi diciamo grazie. E grazie anche al caro (nel

senso economico e pecuniario della parola)

segretario/direttore amministrativo/banchiere alias

Zio Paperone Cirinà che ci sborsava i sacchi col dolla-

ro disegnato sopra, ai pazientissimi bidelli, (oops!

“personale ausiliario”, che non ne abbiano a male)

tra cui è da annoverare senz’altro Mr. Frank, al com-

pianto sig. Damiri, mitologica figura che resterà

immortale nella mente di tanti mauroliciani,

all’immancabile prof. Antonino Ponzio, (crediamo

davvero che sia lui a dare il nome ai corsi P.O.N.!)

alias Catone il Censore, a cui è spettato sinora il

disagevole compito di prendere visione delle bozze

del giornale e dare il nulla osta alla pubblicazione o

censurare determinati contributi (cosa peraltro

avvenuta molto raramente) ed infine all'ormai vec-

chio amico Ninuzzo, che, fin da quando è entrato in

questa scuola -erano gli anni ’90- ha amato Koiné,

permettendo, prima che rinascesse, ora che conti-

nuasse, lasciandoci sempre carta bianca per il nostro

lavoro, sapendo ascoltare le nostre richieste com-

prendendo quanto convenisse al “buon nome del

liceo” supportare un progetto simile. E noi gli siamo

stati riconoscenti, come si può vedere dagli editoriali

di questi due anni, nei quali abbiamo dato il meglio (o

il peggio?) di noi nelle affettuose caricature a lui

dedicate: ci basterà citare La Banda Ninuzzo & co,

Gran Nino I di Persia con il Satrapo Virelliòn, Re Nino

e il cavaliere oscuro Virelli, Ninuzzo Silente, Ninuzzo

Scrooge, Ninuzzo il Magnifico, Ninuzzo Big Brother, Il

Grande Puffo Nino… Ci sarebbe tanto altro da scrive-

re ma, coscienti che lo spazio è quello che è, e volen-

terosi di non rubarne troppo ad altri, ci limiteremo a

dire: Koiné è, è stato, e sarà (speriamo) lingua comu-

ne, la κοινή διάλεκτος dei mauroliciani. Se costruire è

stato difficile, demolire sarà molto più facile.

Ai posteri l’arduo Koiné!

Koineide

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Tre domande a...Aldo Cazzullo

I nviato ed editorialista del Corriere della

Sera, ha presentato a Messina il suo nuovo

libro, "Viva L'Italia!", per il quale è stato

insignito del Premio Nazionale ANPI "Renato

Benedetto Fabrizi" 2011. Nella sua raccolta di

storie, dal Risorgimento fino ai giorni nostri,

rivela esempi di vero patriottismo spesso a noi

poco noti, storie di uomini che hanno amato

l'Italia e che riescono a rispolverare in noi quel

sentimento patriottico che non ci manca, giusto

perché, anche se non sarà proverbiale come

esclamare "Vive le France!", in ogni italiano si

nasconde quel grido pieno di passione e amor

patrio: Viva l'Italia!

Ci faccia innanzitutto una breve presentazione

della sua opera.

Il libro si basa su tre tesi fondamentali: la Resi-stenza non è una cosa di sinistra, non appartie-ne solo ai comunisti, ma fu fatta anche dai militari, dai carabinieri, dai sacerdoti, dalle donne, dagli ebrei, dai monarchici, e, al di là delle pagine nere che ci furono e vanno denun-ciate con forza, dovrebbe essere sentita come il patrimonio di un'intera nazione, non di una fazione. Non è vero che il Risorgimento è una cosa da liberali, c'è anche il popolo nel Risorgi-mento italiano. Insorgono nel 1847-48-49 tutte le grandi città italiane, a cominciare da Messi-na. E infine, per parlare dei nostri giorni, noi italiani siamo più legati all'Italia di quanto amiamo riconoscere. C'è un pericolo, perché i leghisti non hanno abbandonato l’idea della secessione e vedo montare nel Sud un forte movimento che sarebbe riduttivo chiamare "neoborbonico": c'è un forte rancore nei con-fronti del Nord al Sud, in parte giustificato dalle inaccettabili invettive leghiste. Vedo rischi di divisione, ma tutto sommato un amor di patria più forte di quanto amiamo riconoscere, quindi penso che festeggeremo anche i 200 anni. Io ho una visione critica dell'Italia di oggi , l'ho raccontata ampiamente nei due libri pre-cedenti in cui individuavo due parole chiave dell'Italia di oggi: "Outlet Italia", viaggio del paese in svendita; outlet sia come centro com-merciale che sostituisce la piazza nel paese come luogo di incontro, ma anche come sinoni-mo di svendita, degrado dei rapporti umani e di mercificazione dei valori. L'altra parola chiave è "L'Italia de noantri", dizione romanesca di noialtri, noiautri in siciliano, noiauti in piemon-tese, noaltri in veneto. Noialtri vuol dire la

fazione, la corporazione, il campanile, la fami-glia, vuol dire che in tutta Italia, prevale l'inte-resse privato su quello pubblico, prevale il "particulare" di Guicciardini sul generale, è questo non è un vizio del Sud o del Nord, ma di tutti gli Italiani. Così però come le virtù, io vedo estro fantasia, creatività, accoglienza, gusto del bello, senso dell'umorismo, quindi in qualche modo noi Italiani ci assomigliamo parecchio, nei vizi, che ho raccontato nei libri precedenti, e nelle virtù, che cerco di raccontare in questo libro, certo con riferimenti al passato, ai patrio-ti per cui l'Italia era un ideale che valeva la vita e per cui le ultime parole furono "Viva l'Italia!".

Ciò detto, anche oggi secondo me ci sono degli italiani di cui possiamo andare orgogliosi, ci sono le nuove "resistenze", ci sono le forze dell'ordine, gli impiegati pubblici, gli insegnan-ti, gli operai, i piccoli imprenditori, abbiamo tante cose di cui possiamo andare orgogliosi e abbiamo un grande potenziale di sviluppo per il futuro, perché nel mondo c'è una grande domanda di Italia, perché l'Italia è un nome che piace, un paese che piace, e, fatemi dire, nel particolare c'è una grande domanda di Sicilia. La cartina va rovesciata, la Sicilia non è dove finisce l'Europa, ma il posto in cui comincia e questa primavera araba che causa tanti pro-blemi nell'immediato in futuro potrà essere un’ ulteriore potenzialità di sviluppo per la Sicilia.

Come mai la Lega riesce a prendere così tanti

consensi al Nord? Per i suoi messaggi idealistici

o per la sua efficace politica?

La Lega nasce da un sentimento molto diffuso al

Nord, un sentimento antistatale, anche antime-

ridionale, diciamoci la verità, ma anche da una

richiesta di maggiore autonomia. E' la risposta

sbagliata a una domanda anche legittima, ap-

punto come poter prendere decisione più vicine

ai cittadini. La Lega è sicuramente efficace per-

ché banalizza e semplifica tutto. Io penso che sia

anche pericolosa, perché accanto alla Lega Nord

stanno crescendo delle Leghe del Sud, che fanno

riferimento alle stesse logiche della Lega: la Lega

dice:"il Nord non è la Germania per colpa del

Sud che è una palla al piede", i sudisti dicono "il

Sud è Sud per colpa del Nord, che 150 anni fa

l'ha invaso e adesso continua a depredarlo". Al

di là del fondo di verità che ci può essere dietro

mugugni incrociati, la logica è esattamente la

stessa: la colpa dei nostri guai non è mai nostra,

la colpa è sempre di altri italiani. Io mi rifiuto di

sottostare a questa logica, vedo grandi differen-

ze tra Nord e Sud ed è giusto che ci siano le diffe-

renze, però vedo anche molti punti in comune e

secondo me la questione meridionale è ormai

una questione nazionale: dalla crisi o si esce tutti

insieme o non si esce.

Riguardo alla questione Libica condivide le

posizione che ha preso il nostro governo?

Trovo un po' grottesco il passaggio dal baciare la mano a Gheddafi a bombardarlo. Ciò detto, secondo me è giusto intervenire in Libia per fermare un massacro di civili e per contribuire a costruire una nuova Libia democratica con

cui l'Italia deve avere un rapporto privilegiato.

Intervista a cura di

Antonio Crisafulli III F

Roberto Saglimbeni II E

L’editorialista del Corriere della Sera intervistato da Koiné

Aldo Cazzullo all’Università, dove ha presentato il suo libro alla presenza del Magnifico

Rettore Tomasello. Nel pomeriggio il giornalista è stato invece al palacultura “Antonello”

“ Nel mondo c’è una grande

domanda di Italia, perché

Italia è un nome che piace, un

paese che piace, e, più di ogni

altra zona, c’è una fortissima

domanda di Sicilia”

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Anna Laura Ammendolia II B

I l 17 Aprile fece il suo debutto nelle sale

cinematografiche il tanto atteso film di

Moretti, discusso, criticato, apprezzato

già prima della sua uscita. La critica si chiese

subito se l'intenzione del regista fosse di crea-

re un'ironia piuttosto blasfema sulla Chiesa

moderna: ci fu chi vide nel protagonista del

film una ripresa della figura di Papa Luciani,

alla morte del quale alcune autorevoli voci fra

le quali il giornale francese “Le Monde” aveva-

no ipotizzato che essa fosse stata la conse-

guenza della pressione esercitata dalla grande

responsabilità affidatagli; c'è chi invece non

poté non notare alcuni riferimenti a Giovanni

Paolo II nella sua grande passione per il teatro

(condivisa con il protagonista del film) e nelle

scene registrate al suo funerale sulle quali

scorrono i titoli di coda. L'intenzione provoca-

toria, che ha sempre contraddistinto i film di

Moretti è chiaramente presente anche in

quest'ultimo (basti pensare al torneo di palla-

volo organizzato in Vaticano per intrattenere i

cardinali in attesa della presentazione pubblica

del papa). Ma non è forse eccessivo giudicarlo

addirittura blasfemo? Sì. Certamente un altro

finale sarebbe risultato più gradito al pubblico

cattolico e avrebbe mostrato un cambiamen-

to, un progresso che nella trama appare, inve-

ce, inesistente. In una struttura quasi circolare,

il papa che all'inizio del film grida “non ce la

faccio”, nonostante i giorni di riflessione, non

muta la sua posizione. Non sarebbe stata in

fondo una logica conseguenza del percorso

interiore del protagonista l'azione coraggiosa

di un uomo che, seppur timoroso, accetta il

suo difficile compito affidandosi a Dio? Ma

pochi giorni dopo, precisamente l'1 Maggio, la

Chiesa risponde con un uomo, un vivo esem-

pio di chi ebbe il coraggio di affrontare uno dei

ventenni più duri e mutevoli della storia mon-

diale, di chi decise di effettuare quel cambia-

mento necessario a riavvicinare il popolo cat-

tolico alla Chiesa, Papa Wojtyla. Nel film, il

papa, interpretato da un bravissimo Michel

Piccoli, afferma che la Chiesa necessita di fare

una svolta decisiva e non si ritiene in grado di

assumere tale responsabilità, quindi rende

pubblico il suo rifiuto; Nanni Moretti con que-

ste parole, a mio parere, ricorda al mondo che

la Chiesa è fatta di uomini e che i fedeli quanto

i preti e tutti gli altri componenti del clero si

scontrano continuamente nella vita con i loro

limiti umani. In una delle sue prime apparizioni

pubbliche Wojtyla disse: “pregate per me,

aiutatemi perché io vi possa servire”. Ecco

l'eccezionalità, ecco la novità. Cosciente del

suo essere uomo egli diventa strumento nelle

mani di Dio, si avvicina ai fedeli e chiede loro,

umilmente, sostegno. Così nasce e si rafforza

quel grande legame con il suo popolo, sor-

prendentemente formato anche da numerosi

giovani, al quale diede non solo voce ma anche

speranza. Nel suo viaggio in Africa nel 1980

egli disse: “non posso tacere mentre i miei

fratelli e le sorelle sono in pericolo. Io sono qui

la voce di quelli che non hanno voce, la voce

degli innocenti morti, [...] la voce delle future

generazioni, le quali non devono più vivere

con la terribile e incombente minaccia sulle

loro esistenze”. In queste parole, uno dei più

evidenti esempi dell'impegno sociale che Gio-

vanni Paolo II sentì di dover onorare. Egli infat-

ti, durante tutto il suo pontificato, invitò a non

trascurare la povertà che ritenne una silenzio-

sa piaga dell'umanità. O forse dimostrò meno

coraggio e determinazione nel discorso che

pronunciò nel 1993 nella Valle dei Templi

quando osò dire ai mafiosi “convertitevi” ricor-

dando loro che “una volta verrà per tutti il

giudizio di Dio”? Ecco l'uomo che tanto in Italia

quanto in Polonia diventa voce della lotta

all'ingiustizia. Il suo popolo lo amò proprio

perché vide in lui un impegno forte e reale

completato da una strepitosa capacità comu-

nicativa. Secondo alcuni interpreti Nanni Mo-

retti mette in scena la solitudine della quale

soffrono tutti gli uomini di Chiesa, ma Wojtyla

risponde loro diventando egli stesso un model-

lo, un'incitazione a trovare nella compagnia

degli altri fedeli e nella fede smisurata in Dio

(“aprite anzi spalancate le porte a Cristo”) una

risposta alla solitudine che affligge ogni uomo.

Habemus Papam Dall’elezione del 1978 a Nanni Moretti

“ Nanni Moretti mette in scena la

solitudine della quale soffrono

tutti gli uomini di Chiesa, cui

Wojtila ha risposto diventando

un modello per tutti”

“ Non sarebbe stata una logica

conseguenza del percorso del

protagonista, per quanto

timoroso, l’accettazione

coraggiosa del suo compito?”

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Il coraggio di rimanere Cambiare la propria terra per non cambiare aria

Francesca Vitarelli V F

É facile lamentarsi della realtà in cui

viviamo, denigrare l'ambiente che ci

ospita da quando siamo nati, guardarlo

con disprezzo, attribuendo la colpa a chi ci

circonda per ciò che non funziona, estranian-

doci dal contesto come se fossimo turisti. E'

proprio così che ci comportiamo, come fossi-

mo solo di passaggio. Stiamo qui a studiare,

poi facciamo le valigie e andiamo via, destina-

zione Nord… d'altronde "a Messina che dob-

biamo fare? che prospettive offre la Sicilia?

Qui non c'è lavoro, non c'è spazio per i giova-

ni, c'è la criminalità organizzata...". Amiamo la

nostra terra quando veniamo qui per le vacan-

ze, per il nostro mare, le nostre spiagge, il

nostro sole, ma davvero il modo migliore per

dimostrarlo è tornare solo per le vacanze?

E' assai facile dare una moneta a un povero

incontrato lungo la strada. Generalmente è

più facile che passare oltre. E' assai facile tor-

nare qui ogni tanto. Generalmente è più facile

che non tornarci affatto. E' altrettanto facile

essere orgogliosi della Sicilia perché Pirandel-

lo, Sciascia, Brancati...etc. sono siciliani; è un

po' meno facile esserlo quando si parla di

mafia. Ma la nostra terra è questa, un conti-

nuo braccio di ferro tra luce e oscurità. Quan-

to siamo disposti a dare per alimentare la luce

che essa possiede? L'oscurità è solamente

un'assenza di luce; per quanto ancora permet-

teremo il dilagare inesorabile del buio? Il vero

cambiamento non sta nell'andare a cercare

altrove una realtà migliore, ma nel crearla qui.

Non bisogna evitare il male, ma affrontarlo. Il

coraggio sta nel non desistere mai dal produr-

re luce, sta nel rimanere e combattere. “ la nostra terra è un continuo

braccio di ferro tra luce e

oscurità. Quanto siamo

disposti a dare per

alimentare la luce che essa”

possiede?”

NonNonNonNon chiedetechiedetechiedetechiedete cosacosacosacosa possapossapossapossa farefarefarefare lalalala patriapatriapatriapatria perperperper

voi:voi:voi:voi: chiedetechiedetechiedetechiedete cosacosacosacosa potetepotetepotetepotete farefarefarefare voivoivoivoi per per per per

lalalala patria. (Johnpatria. (Johnpatria. (Johnpatria. (John FitzgeraldFitzgeraldFitzgeraldFitzgerald Kennedy)Kennedy)Kennedy)Kennedy)

Dalle stelle alle stalle Istruzioni per arrivare dalla Champions alla serie B

Giuseppe Genovese V E

C urci, Stankevicius, Volta, Gastaldello, Ziegler, Semioli, Palombo, Dessena, Gu-berti, Cassano, Pazzini...è la sera del 24

Agosto 2010, a Marassi (o Luigi Ferraris che dir si voglia), si gioca il ritorno del preliminare di Champions League, che vede in campo la Samp di Di Carlo contro il Werder Brema di Schaaf.

All’andata 3-1 fu per i tedeschi, questa partita termina 3-2 per la Samp, che però vede immeri-tatamente sfumare il suo sogno di andare in Champions. Inizia con grande dispiacere la sta-gione della Doria, che termina il girone di andata nona in classifica. La crisi ha inizio durante il mercato di Gennaio, che vede l’addio di Cassano a causa di alcuni litigi con il presidente Garrone, e continua con la sconfitta-eliminazione nella partita di Coppa Italia da parte del Milan, che permette all’Inter di acquistare il bomber blu-cerchiato Giampaolo Pazzini. Senza le due punte più importanti, la Sampdoria perde partita dopo partita il carattere deciso che aveva acquisito ad inizio campionato, partendo dalle stelle e arri-vando alle stalle. La condanna definitiva arriva il 15 Maggio, proprio dal Palermo che così riesce a “vendicare” quel posto in Champions League che gli era stato preso l’anno scorso dalla Samp. Ammetto di essere ancora incredulo riguardo ciò: potevo aspettarmi di tutto, tranne la Doria in B. Ma questo è il calcio! E sono cose che biso-

gna accettare, proprio come hanno fatto i tifosi di questa squadra, che hanno provato a consola-re con cori e striscioni il club e il Capitano Ange-lo Palombo, che spero di rivedere tra due anni nuovamente in Serie A. Così si conclude la sta-gione 2010/2011 che vede trionfare il Milan. Beh, auguri a voi cari Milanisti, ma guardate che il Biscione non molla!

Ne approfitto per porgere un saluto al preside, ai prof., e a tutti gli alunni della scuola con la speranza di poterci ritrovare il prossimo anno per la nostra “stagione” 2011/2012 e faccio un augurio a tutti coloro che quest’anno affrontano la Maturità. In bocca al Lupo!

Il capitano sampdoriano Palombo chiede scusa alla curva

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77

Roberto Saglimbeni II E

Q uante volte noi, cittadini medi, siamo bombardati giornalmente da messaggi audiovisivi, provenienti dalle fonti più

disparate? Tante, troppe, se si considera che secondo le statistiche dell’istituto di ricerca e politica Demos & Pi la televisione è il principale mezzo d’informazione per il 94% degli italiani; ma la cosa che deve destare più preoccupazione è la “qualità” di ciò che arriva nelle nostre case. E prima ancora di considerare il valore o meno dei programmi, è l’aspetto linguistico quello più minacciato dall’eccesso di dati riversati sulla popolazione. Basta guardare un telegiornale nazionale per rendersi conto di come la nostra classe politica, teoricamente la parte migliore del paese, abbia sempre meno padronanza dell’italiano, tendendo sempre più all’abuso di prestiti linguistici dall’inglese, all’invenzione, tanto spontanea quanto preoccupante, di nuovi

termini o all’uso improprio di parole antiche. Ecco dunque che un’ ambientazione diventa una location; l’inquinamento, sul calco dell’inglese pollution, diventa per il presidente Berlusconi polluzione (parola che, vi invito a controllare, vocabolario alla mano indica tutta un’altra co-sa); il direttore del Tg 1 Minzolini segnala un vulnus nella nostra Costituzione (dire mancanza

sarebbe stato troppo banale). E abbandonando i piani alti del Paese la situazione va peggiorando, finendo per scadere nella totale incompetenza

grammaticale dei programmi televisivi o in pub-blicità sempre più da BBC e meno da Rai. Non è qui in dubbio la comprensibilità, entro certi termini, di alcune “modifiche”, naturali o deriva-te da errori, della nostra lingua; il pericolo sta nei risultati di questi abusi di parole, specie se sovraesposti dal mezzo televisivo. I prestiti lin-guistici ci sono sempre stati e sempre ci saran-no, rientrando nella normalità dell’evoluzione di una lingua: non è invece normale il decadimento rapido ed incessante dell’italiano corretto, par-lato sempre più da una cerchia ristretta di per-sone istruite e sempre meno noto alle masse, che conseguentemente vi sostituiscono un idio-ma di stampo televisivo o ritornano al loro dia-letto regionale. Ed è strano accorgersi di come sia proprio la televisione, che aveva dato negli anni ‘50 e ‘60 un’unità linguistica ad ogni livello, il mezzo di questa diseducazione, che porta ad un uso superficiale ed inconsapevole dell’italiano, che presenta invece un’enorme

quantità di termini e sfaccettature tali da garan-tire una sterminata capacità espressiva: il paese definito da Pasolini “tugurio con la televisione” rischia di trasformarsi in una Babele del secolo XXI, in cui diventa difficile capirsi da Messina a Milano. In questo panorama di desolante decli-no colpisce in positivo il tentativo, stoicamente controcorrente, di Beppe Severgnini. Giornalista e scrittore di libri di successo, ha da quest’anno curato una rubrica sul sito del Corriere della Sera denominata Tre minuti, una parola. Col piglio ironico e mai banale che contraddistingue da sempre il suo modo di fare giornalismo, Sever-gnini analizza in 180 secondi un termine a setti-mana, scelto tra quelli più diffusi o inflazionati, e ne riporta gli usi più o meno impropri che ne fanno i personaggi più in vista del paese. Politici, personaggi dello spettacolo, calciatori: nessuno sfugge alla “gogna” del giornalista cremasco che, riallacciandosi all’etimo della parola scelta,

spiega come debba essere usata, approfittando-ne per fare satira di stampo prevalentemente politico. Per quanto possa sembrare settoriale e poco interessante, la rubrica di Severgnini è senza dubbio una delle più brillanti del Web italiano, per la capacità di coniugare intelligenza ed intrattenimento, cultura e simpatia: scivolan-do nelle trattazioni di termini come randomico

(orrendo prestito linguistico dall’inglese), risibile

(continuamente usato dai politici per sviare l’attenzione dalle critiche loro mosse), epocale

(che sembra aver sostituito ogni altro sinonimo), il “lettore” ha modo di riflettere a livello conscio ed inconscio sull’uso fatto da lui e dagli altri della nostra lingua, ed interrogarsi su fenomeni della lingua parlata che ci portano a modificare l’italiano senza neanche accorgercene. L’intelligente scelta di “educare” la popolazione di Internet ad un italiano corretto inserisce Se-vergnini nel novero dei pochi intellettuali capaci di rivolgersi in modo semplice ed efficace alle “masse”, le cui carenze linguistiche, ancor più della mancanza di letterati, rischiano di trasfor-mare la lingua di Dante, Petrarca, Boccaccio, Machiavelli, Tasso, Foscolo, Leopardi, Manzoni, Saba, Ungaretti e tanti altri in un confuso para-piglia di termini incompetentemente scagliati da lingua a lingua, senza padronanza di ciò che si dice e senza dunque riuscire a tradurre corretta-mente un pensiero in parole. Perché se è vero che “Chi non conosce le lingue straniere non sa

niente della propria” (Goethe), è altresì valido che “L’italiano, fra non molto, sarà la più bella

delle lingue morte” (Vecchioni).

Tre minuti, una parola L’esperimento linguistico - multimediale di Beppe Severgnini

“ Con ironia Severgnini analizza

un termine a settimana,

scelto tra quelli più diffusi o

inflazionati, e gli usi impropri

che ne fanno i

personaggi pubblici”

“ I prestiti linguistici

rientrano nella normalità

dell’evoluzione di una lingua:

non lo è invece la rapida ed

incessante scomparsa

dell’italiano corretto”

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L uigi Ciotti è un noto sacer-

dote attivo nella lotta con-

tro la mafia. Per questo

durante gli anni s’è dedicato a

svariate attività che l’hanno visto

prendere parte all’associazione

Gruppo Abele, dalla quale è nata

Libera, di cui Ciotti è fondatore,

rete d’impegno che si occupa di

tutelare le famiglie di vittime della

mafia. Ha scritto libri sul tema dei

giovani e le droghe e ha collabora-

to con trasmissioni televisive impe-

gnate e di successo come L’Infedele

e Vieni via con me. Durante l'ospi-

tata in quest’ultima ha dato la sua

definizione di legalità: “Un’esigenza

fondamentale della vita sociale, per

promuovere il pieno sviluppo della

persona umana e la costruzione del

bene comune(…). Legalità è la no-

stra Costituzione, il più formidabile

dei testi “antimafia”, le mafie e le

ingiustizie, i vuoti istituzionali, la

corruzione, l’abuso di potere si

possono combattere solo costruen-

do una società più giusta. Legalità

è speranza, e la speranza si chiama

“Noi”, legalità è avere il coraggio di

rispondere alla nostra coscienza.

Forza, dobbiamo darci una mossa

un po’ tutti!”

Padre, da oltre 50 anni Lei è impe-

gnato nel sociale, svolgendo tra

l’altro anche la professione di

giornalista. Prima di tutto Lei è

però un sacerdote. Come si coniu-

ga questo ruolo col suo impegno

civile?

Io ho due punti di riferimento: il Vangelo, che è la parola di Dio, e la Costituzione italiana. Perché si vive in un territorio, che è anche un Paese e una società, nel quale ci si deve confrontare e misurare tutti i giorni. La parola di Dio è ingombrante, scomoda, difficile, non fa sconti ed è provocante. E’ una parola che ci invita ad avere fame e sete di giustizia e impe-gnarsi per essa, a partire da qui; allora non manca questo nostro impegno d’esserci e fare la nostra parte.

Lei ha affermato che la sua parroc-

chia è stata la strada. Quanto è

stato importante professare la sua

fede direttamente sul campo?

Fu il mio Vescovo a dirlo: a dicias-sette anni ho cominciato questo percorso, a vent’anni nasce il Gruppo Abele, solo dopo diventai sacerdote ma c’era già tutta que-sta ostilità nelle strade, e c’era bisogno di un’attenzione per i più deboli e più fragili che erano ai

margini. Sono state fatte tante attività, non solo di Luigi Ciotti ma di un “noi”, perché è il “noi” che vince. Il cambiamento ha bisogno di tutti, non di navigatori solitari.

Da molto tempo Lei si occupa,

soprattutto attraverso “Libera”, di

criminalità organizzata. Che cos’è

veramente la “mafia”?

Io non mi occupo di criminalità organizzata ma di persone. Mi occupo di portare il mio piccolo contributo, assieme ad altri, e di costruire i percorsi di giustizia di questo Paese. Per far sì che la no-stra Costituzione non sia solo una bandiera sventolata da tutti, né che rimanga scritta solo sulla carta ma che diventi carne e vita. L’art. 3 parla di uguaglianza e la

Costituzione stessa parla di diritti e doveri per tutti. L’Italia dev’essere una Repubblica demo-cratica fondata sul lavoro, infatti l’art. 4 invita tutti noi a fare la nostra parte per il progresso ma-teriale e spirituale del Paese. Ecco allora che come cittadino, di fron-te a una determinata realtà che s’è messa in gioco, ma anche come uomo di Chiesa, cerco di dare il mio contributo per creare quelle condizioni di uguaglianza, libertà,

dignità, pace, giustizia e legalità per tutte le persone. E’ questo il mio impegno; con quei due riferi-menti per me profondi, il Vangelo e la Costituzione Italiana, ma con uno in più: la Dichiarazione Uni-versale dei Diritti Umani. Questa ci dice sempre, con molta chiarezza, che la persona umana è un fine e mai un mezzo. Purtroppo nel no-stro Paese sono tante le situazioni in cui le persone sono schiacciate,

private della libertà e della digni-tà. Allora la vita affida un impegno a tutti, a me e a voi: impegnare la nostra libertà per liberare chi libero non è.

Secondo Lei è giusto costruire il

ponte sullo stretto?

Io non so se è giusto o meno fare il ponte, so che ci sono delle priorità per rispondere ai bisogni delle persone che fanno più fatica. Ab-biamo un impoverimento materia-le e sociale impressionante, cresce il penale e diminuisce il sociale, le politiche sociali.

Quali sono dunque le reali necessi-

tà? Di cosa c’è bisogno realmente?

C’è bisogno di un’informazione libera e seria, che risponda alla propria coscienza e non al padro-ne di turno! Che si attenga a una dimensione etica, attenta e puntu-ale. Ma c’è anche un impoverimen-to della moralità pubblica e un impoverimento delle speranze. Perché in questo momento di grande fatica, dove si possono distinguere volti e forme diverse di povertà, si è triplicato l’uso degli antidepressivi in Italia. Così anche per il nucleare! A questo benedetto referendum bisogna dire che non siamo d’accordo, non vogliamo la costruzione di queste centrali. Abbiamo la possibilità di creare percorsi alternativi energetici che diano dignità al lavoro e salute alle persone. Allo stesso modo per la battaglia dell’acqua, non dev’essere privatizzata, è un bene universale che, anzi, dev’essere tutelato e difeso. Non dobbiamo dimenticare che è da ben diciasset-te anni che aspettiamo che entrino a far parte del codice penale i reati contro l’ambiente che viene di-strutto. Sono queste le reali atten-zioni per costruire dei percorsi di dignità e giustizia per la gente e non altre scorciatoie che, purtrop-po, tocchiamo con mano.

“Forza, dobbiamo darci una mossa

un po’ tutti!”

Intervista a cura di

Alberto Nicotina II B

Giulia De Luca I A

P.S. Una selezione di scene della

video-intervista è disponibile sul

nostro profilo Facebook

Incontro con Don Luigi Ciotti “Dovremmo impegnare tutti la nostra libertà, per liberare chi libero non è”

“ C’è bisogno di

un’informazione

libera e seria, che

risponda alla propria

coscienza e non al

padrone di turno”

“ Sono state fatte

tante attività, non

solo di Luigi Ciotti

ma di un “noi”,

perché è il “noi”

che vince”

Don Luigi Ciotti, sacerdote e attivista.

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Prof.ssa Angela Maria Trimarchi

Q uattro ragazzi, sostenuti da Greenpeace, a 30 giorni dal referendum (12-13 giugno 2011) hanno deciso di auto-imprigionarsi in un “bunker”, niente cibi freschi e solo internet per

comunicare. Perché stanno facendo questo? Lo fanno per dare una risposta che oggi più che mai (dopo l’incidente di Fukushima) assilla le nostre menti: come sarebbe la nostra vita dopo un incidente nucleare? Così Giorgio, Alessandra, Pierpaolo e Luca in questi giorni stanno applicando alla lettera il protocollo di radioprote-zione, che le autorità attuerebbero in seguito ad un inci-dente nucleare, barricando la popolazione in postazioni-rifugio per diminuire il rischio che le particelle radioattive entrino all’interno. « Pazzi? No! Assolutamente no. I pazzi siete voi!». Questo il titolo della loro campagna «Pazzi siete voi!». La vita di questi ragazzi è trasmessa 24 ore 24 su internet, somiglia all’esperienza di quel prigioniero liberato che torna nella caverna per liberare i suoi compa-gni, di cui ci parla Platone:« Se colui che è stato liberato ridiscendesse, non avrebbe improvvisamente venendo dal sole gli occhi pieni di buio? E prima di averli di nuovo adattati al buio non sarebbe esposto laggiù al ridicolo? E non pensi che gli incatenati, se qualcuno si adoperasse per liberarli dalle catene e per condurli verso l’alto, se potessero afferrarlo e ucciderlo, lo ucciderebbero vera-mente?.» In queste pagine della Repubblica Platone affronta il tema di una razionalità capovolta che ci fa credere pazzi coloro i quali, invece, vengono a “liberarci”, che tendiamo ad irridere, perché non riusciamo a cogliere la verità del loro messaggio. Chi ci governa non ha mai avuto ripensamenti sul nucleare. «Lo stop- sono parole del nostro Premier – è solo un modo per evitare il referen-dum. L’atomo non si può abbandonare». Questa disinvol-

tura istituzionale, per usare una felice espressione di S.Rodotà, ha svelato le vere carte del governo sul nuclea-re. «Un tema tanto importante che non può essere affidato a cittadini spaventati da quanto è avvenuto in Giappone, che debbono tranquillizzarsi. » (la Repubblica 27/04/2011). Su questo imbroglio sta ancora decidendo la Consulta. Ricordo che già nel 1987 (dopo il disastro di Černobyl') gli italiani avevano chiesto di eliminare alcune disposizioni di legge volte alla realizzazione di centrali nucleari. Il governo ha ignorato e continua ad ignorare questa ferma volontà. Ricordo ancora che già i sardi hanno detto di no al nucleare il 15 e 16 maggio, appoggia-ti dal loro governatore Ugo Cappellacci, Pdl. Perché «La contrarietà al nucleare non è una scelta ideologica ma è la ferma volontà di imboccare un’altra strada: quella di un modello di sviluppo che punti sulla valorizzazione del paesaggio, sul turismo, sulle energie rinnovabili e sulla green economy.» Il referendum, autentico esercizio di democrazia diretta, è abrogativo: la costituzione, all’art. 75, prevede il referendum per abrogare in tutto o in parte una legge. La nostra scelta dovrà essere Sì nell’eventualità di una scelta abrogativa e No se opteremo per una scelta confermativa. In sintesi trattandosi di un referendum abrogativo occorre rispondere Sì per dire, effettivamente, No. Proverò a riscrivere i testi dei referendum, parafrasan-do le diciture che troverete sulle schede in modo da darvi il senso di ciò che andrete a scegliere. Referendum n. 1. Scheda di colore rosso: «Modalità di affidamento e gestio-ne dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Abro-gazione.» «Volete voi che sia abrogato l'art. 23 bis (Servizi

pubblici locali di rilevanza economica) del decreto legge 25

giugno 2008 n.112 "Disposizioni urgenti per lo sviluppo

economico, la semplificazione, la competitività, la stabiliz-

zazione della finanza pubblica e la perequazione tributa-

ria" convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008,

n.133, come modificato dall'art.30, comma 26 della legge

23 luglio 2009, n.99 recante "Disposizioni per lo sviluppo e

l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia

di energia" e dall'art.15 del decreto legge 25 settembre

2009, n.135, recante "Disposizioni urgenti per l'attuazione

di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della

corte di giustizia della Comunità europea" convertito, con

modificazioni, in legge 20 novembre 2009, n.166, nel testo

risultante a seguito della sentenza n.325 del 2010 della

Corte costituzionale?» In altre parole: «Volete voi che sia abrogata la legge che dà a soggetti privati o privati/pubblici l’affidamento e la gestione del servizio idrico?» In

questi anni, infatti, si è lentamente e tenacemente proce-duto alla privatizzazione dell’acqua. Votare No a questo referendum significherebbe la fine dell’acqua pubblica. Il governo sta tentando in questi giorni di depotenziare questo referendum con l’introduzione di una fantomatica authority. Stesso stratagemma adoperato per il nucleare: modificare le cose con un decreto-imbroglio prima del referendum per non farci votare Sì e poi, come ha detto la Camusso, il provvedimento potrebbe non essere conver-tito e servire solo a far saltare la consultazione. Se si vuole fermare la privatizzazione dell’acqua imposta dal governo, bisogna rispondere Sì a questo quesito. Referendum n. 2- Scheda di colore giallo «Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazio-ne del capitale investito.»Abrogazione parziale di norma» «Volete voi che sia abrogato il comma 1, dell'art. 154

(Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo

n. 152 del 3 aprile 2006 "Norme in materia ambientale",

limitatamente alla seguente parte: "dell'adeguatezza

della remunerazione del capitale investito?» In altre paro-le:«Volete eliminare la norma che consente al gestore di avere un profitto proprio sulla tariffe dell’acqua, indipen-dente da un reinvestimento per la riqualificazione della rete idrica?» Sappiamo tutti che la nostra rete idrica fa acqua da tutte le parti e che una migliore e più efficace gestione della rete impedirebbe gli sprechi: la non abroga-zione di questa norma garantirebbe a chi gestisce la rete di avere profitti senza procedere alle necessarie e impre-scindibili riqualificazioni della rete idrica. La non abrogazio-ne di questa norma significherebbe continuare a consen-tire che pochi lucrino e tutti soffrano. Vogliamo questo? Se si vuole impedire ai privati di fare profitti sull’acqua, con bollette sempre più salate per noi cittadini, bisogna ri-spondere Sì a questo quesito referendario. Referendum

popolare n. 3-Scheda di colore grigio «Nuove centrali per la produzione di energia nucleare. Abrogazione parziale di

norme.» «Volete voi che sia abrogato il decreto-legge 25

giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla

legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo risultante per effetto

di modificazioni ed integrazioni successive, recante Dispo-

sizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazio-

ne, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubbli-

ca e la perequazione tributaria, limitatamente alle seguen-

ti parti: art. 7, comma 1, lettera d: realizzazione nel territo-

rio nazionale di impianti di produzione di energia nuclea-

re?». In altre parole: «Volete che sia abrogata la norma che consente la realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare?» Per impedi-

re la costruzione di impianti di produzione di energia nucleare sul nostro territorio, bisogna rispondere Sì a questo quesito referendario. Referendum n. 4- Scheda di colore verde chiaro «Abrogazione di norma della legge 7 aprile 2010, n. 51, in matteria di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale.» «Volete voi che siano abrogati l'articolo 1, commi 1, 2, 3, 5,

6 nonché l'articolo 1 della legge 7 aprile 2010 numero 51

recante "disposizioni in materia di impedimento a compa-

rire in udienza?» In altre parole:«Volete eliminare la legge che permette al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministri di non comparire in udienza penale durante la loro carica?» Se si vuole cancellare la legge sul legittimo impedimento e ristabilire l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, bisogna votare Sì a questo quesito refe-rendario. Ricordo che il governo ha tentato di vanificare i referendum sia impedendo che si tenessero insieme alle amministrative, con un risparmio di circa 400 mln di euro, poi rinviando l’approvazione del regolamento per la Rai di un mese ed attuando, così, una censura sistematica. Ricordo che se non si raggiungesse il quorum (50% + 1 degli aventi diritto al voto) passerebbero i NO. Per questo non si stanno pubblicizzando i referendum e se ne sta depotenziando la forza con qualsiasi stratagemma. E noi? Resteremo in fondo a quella caverna? Riusciremo a vincere la pigrizia? La scuola è finita da qualche giorno il 12 e 13 giugno. Chi ne ha il diritto ricorderà di andare a votare dopo una giornata al mare? Si vota dalle 8.00 alle 22.00 di domenica 12 giugno e dalle 7.00 alle 15.00 di lunedì 13. Saremo così pazzi da non comprendere gli effetti della nostra non-scelta? Se non andremo a votare: «I pazzi saremo noi!»

Noi non siamo pazzi Razionalità e ragioni di una scelta responsabile: votare il 12 e 13 Giugno

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1010

Valerio Calabrò II D

“ I soldi non possono comprare una

vita”

Alzi la mano chi tra voi, cari lettori, non

ha mai concepito una idea simile nella

propria mente. Troppo facile, soprat-

tutto fra noi giovani, giustificarsi dicendo: "ma sì,

qualche volta ci penso, però i soldi...", magari ci

facciamo pure una risata, giusto per demolire il

clima di imbarazzo che ci hanno creato intorno. Chi

la dice questa frase però è "un uomo qualunque"

per eccellenza: cresciuto in un certo modo, con un

determinato clima culturale e politico intorno e in

un paese difficile come la Giamaica...si tratta di Bob

Marley, cantautore e attivista di colore apparso

sulla scena musicale internazionale dagli anni 70

fino al 1981, anno della morte, del quale lo scorso

11 Maggio si è celebrato il trentennale, con manife-

stazioni in tutto il mondo per ricordare una persona

che, nonostante il successo, la gloria e il denaro,

non ha mai dimenticato da dove viene e che con la

sua musica ha inneggiato alla pace tra neri e bianchi

fino alla fine, con energia e impegno. Nato a Nine

Mile, nella piccola isola caraibica, il 6 Febbraio 1945

da padre giamaicano bianco con discendenza ingle-

se e da madre di colore, Robert Nesta Marley detto

Bob crebbe in un contesto familiare a tratti ambi-

guo e contrassegnato da eventi che hanno irrime-

diabilmente influenzato la sua infanzia: la famiglia

del padre, contrariata per il suo matrimonio con

una donna di colore, lo diseredò e allora egli abban-

donò la moglie incinta di Bob per trasferirsi nella

capitale Kingston, e da quel momento ebbe occa-

sione di vedere il figlio solo quando nacque, poiché

morì d'infarto nel 1955 (di lui il futuro cantante

conserverà sempre un cattivo ricordo). Una svolta

importante nella sua vita si ebbe quando all'età di

12 anni, terminata la scuola, raggiunse la madre nel

sobborgo di Trenchtown, dove la donna si era

trasferita all'inizio degli anni 50, e dove egli si trovò

a confronto con la realtà violenta che in quel perio-

do imperversava in Giamaica, dove i neri emargina-

ti dalla società reclamavano considerazione anche

con atti di bullismo. Il giovane Bob, convertitosi al

Rastafanesimo, dovette imparare l'auto-difesa per

salvaguardare la propria vita in un atmosfera come

questa, tanto che per la prestanza fisica che assun-

se fu soprannominato "Tuff Gong". In questo sce-

nario ebbe modo di strigere amicizia con Neville

O'Riley Livingston detto Bunny che introdusse Bob

alla musica, facendogli ascoltare con uno sganghe-

rato apparecchio radiofonico gli artisti del momen-

to, tra i quali spiccano Elvis Presley e Ray Charles, e

cominciando a suonare con una chitarra di fortuna

ricavata da una corteccia intagliata come cassa di

risonanza e da fili elettrici come corde. Fu così che

intorno ai 16 anni nel 1962 registrò i suoi primi

singoli: "Judge not" e "One cup of coffee" col pro-

duttore musicale del luogo Leslie Kong e un anno

dopo fondò una band con Bunny e altri amici chia-

mata "The Wailers", della quale fu il cantante e lo

scrittore della maggior parte dei testi e che nel

1964 con il singolo "Simmer Down" fu proposta

come miglior gruppo nazionale. Essi raggiunsero

fama internazionale solo nel 1973 con il loro primo

album "Catch a fire" che riscosse grande successo

ma poco dopo si sciolsero per intraprendere ognu-

no la carriera di solisti. Dal canto suo, Bob entrò

prepotentemente nel mercato internazionale nel

1975 con un singolo che i nostri genitori ricordano

bene e che ancora oggi è ascoltato da molti ragazzi

(come me), "No woman no cry", che, sul modello

del genere musicale Reggae riuscì a catturare l'at-

tenzione di migliaia di ascoltatori in tutto il mondo.

In seguito in occasione di "Smile Jamaica", concerto

organizzato dal primo ministro caraibico, Manley,

per alleggerire la tensione fra i due gruppi in lotta

nel paese, Marley si esibì per la prima volta da

cantante affermato davanti alla sua gente, nono-

stante 2 giorni prima fosse stato attaccato, mentre

era in compagnia della moglie Rita e del manager

Don Taylor, da un gruppo armato che lo accusava di

favorire il primo ministro. Fu un momento partico-

lare perché, nonostante tutto, egli volle esibirsi al

solo scopo di pacificare le fazioni rivali di Kingston,

per una pace che con ansia veniva cercata, ma che

non arrivava mai, e non è un caso che nel 1978 gli

fu conferita la medaglia di pace delle Nazioni Unite.

Nonostante la scoperta di un cancro e la decisione

di non curarsi per motivi religiosi, Bob organizzò un

nuovo grande concerto per la pace in Giamaica,

dove per sua espressa richiesta i due leader rivali

Michael Manley e Edward Seaga si strinsero la

mano sul palco davanti a centinaia di persone.

Ultimo disco da lui realizzato fu Uprising, famoso

soprattutto per la canzone "Redemption song",

dove egli incita a liberarsi dalla schiavitù mentale ed

emanciparsi, proprio come avrebbe voluto che

succedesse a quei ragazzi di colore di Trenchtown.

Purtroppo nel frattempo il melanoma si estese

dall'alluce fino al cervello e allo stomaco e, dopo un

consulto medico negativo in Germania, nel ritorno

in aereo verso la Giamaica ebbe un malore e il volo

fu deviato a Miami, dove si spense l'11 Maggio

1981 all'età di 36 anni. Prima di morire disse al figlio

quella frase che io, quasi senza logica, ho messo per

introdurre quest'articolo: "COI SOLDI NON SI COM-

PRA LA VITA". E' doveroso a questo punto porci una

domanda: è cosi difficile portare pace? Non sono i

piccoli gesti che poi costruiscono una realtà? E in un

epoca difficile come la nostra si può rimanere

nell'immobilismo e nella routine? su questi interro-

gativi in questi giorni concitati, dove in Libia si com-

batte ancora, si muore per la libertà, si patisce la

fame e la sete, io mi sono volutamente soffermato

e ho pensato a un personaggio che senza fucile e

senza violenza ha difeso il proprio ideale di giustizia

ed è rimasto un idolo per la gente come me che

crede in un futuro diverso...e sono convinto che

quest'articolo sia il modo migliore per chiudere

l'anno scolastico: nel dialogo e nella speranza.

Quando si parla di guerra, di morte, di violenza tutti

noi dovremmo soffermarci su questi piccoli emble-

mi della lotta pacifista, che in un modo o nell'altro

con la loro arte lasciano un segno indelebile in chi li

ascoltò dal vivo e chi li ascolta adesso, perché an-

che da solo, contro i pregiudizi e la povertà, Bob

Marley non si è mai arreso, non ha mai dimenticato

il valore di ogni piccolo dilemma che l'umanità ha

affrontato e affronta tutt'oggi, e si sa che al mondo

non esistono piccoli ruoli, piccoli incarichi e piccole

responsabilità...ma solo piccole persone.

Bob Marley: la musica per la pace A 30 anni dalla morte del cantante giamaicano, occorre una riflessione

Bob Marley (1945-81)

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1111

Federica Bucolo I A

“ E così cominciò l'inizio di una nuova razza, una razza dentro la razza uma-na. Una razza che non genera pregiu-dizio, giudizio, ma libertà senza limiti. Ma quello stesso giorno, mentre la

Madre Eterna fluttuava sospesa, un’altra nascita più terrificante si stava verificando: la Nascita del Male. E così Lei stessa si divise in due, roteando in agonia fra due forze grandiose: il pendolo della scelta cominciò la sua danza. Sembra facile, voi immaginerete, gravitare subi-to verso il Bene. Ma Lei si chiese: come posso proteggere qualcosa di così perfetto senza il Male?” Ed è proprio questa l’introduzione del nuovissi-mo singolo-successo “Born this way” della can-tante statunitense Lady Gaga, pubbicato l’11 febbraio 2011 su iTunes e che anticipa il nuovo album omonimo, la cui uscita è prevista per il 23 Maggio 2011. Un’ introduzione che, senza om-bra di dubbio, ci propone una visione un po’ creativa della contrapposizione tra Bene e Male, un po’ come un’Apocalisse, dove però si inseri-sce il concetto teologico e filosofico del libero arbitrio. La scelta degli uomini: “gravitare” verso questa nuova razza così perfetta o verso il Male, la cui nascita è più vicina ad essi, poiché accade sulla terra? E proprio con l’immagine di questo pendolo della scelta che inizia il suo movimento, si introduce quello che è un vero e proprio inno su “l’amare se stessi” contro i pregiudizi, che purtroppo sono sempre più frequenti al giorno d’oggi. “I’m beautiful in my way, ‘cause God makes no mistakes, I’m on the right track, baby, I was born in this way/Sono bellissima a modo mio, perché Dio non commette errori, sono nella strada giusta, baby, Sono nata così”. Un ritornello nel quale la nostra Lady Gaga vuole sottolineare l’importanza della nostra essenza, del nostro modo di essere, che, seppur pieno di difetti, è stato all’inizio concepito nella sua perfezione da Dio, e l’importanza di essere se stessi sempre, in qualsiasi occasione, senza lasciarsi confondere dai pregiudizi altrui, perché appunto siamo NATI COSI’. Il resto della canzone sviluppa la tematica dei pregiudizi, riprendendo le STRAdiscusse polemiche sugli orientamenti sessuali “difendendone” i diritti e il problema del razzi-smo, che purtroppo è sempre lì, solo molto più coperto rispetto a tanti anni fa, quando molto liberamente si limitavano i neri entro il confine circoscritto dell’apartheid. “No matter gay, straight, or bi, lesbian, transgendered life [...] No matter black, white or beige, chola or orient

made, I’m on the right track, baby, I was born to survive / Non importa se sei gay, etero o bi, lesbica o transgender, nero, bianco o beige, chola o orientale, sono nella strada giusta, baby, sono nata per sopravvivere”. Ecco è proprio questo il punto, siamo nati ma dobbiamo lottare con le unghie e a volte addirit-tura con calci e pugni per la nostra sopravviven-za, rischiando ogni giorno di sprofondare sem-pre di più in questo abisso chiamato mondo, totalmente risucchiati da questo vortice di pre-giudizi, di convinzioni, dove ognuno cerca di adeguarsi, ma in questa società dove quello che conta è soprattutto l’apparire, quando finalmen-te si è un po’ in pace con se stessi e si spera anche con gli altri, ecco che si viene criticati fino ad arrivare ad essere vittime di pregiudizi. A questo proposito, Lady Gaga consiglia di tene-re stretti i propri amici, e di amare se stessi prima di tutto, per poter poi amare il prossimo e fidarsi del prossimo, proprio perché “ Love ne-eds faith/ L’amore necessita di fede”. Naturalmente, come già viene sottolineato nell’introduzione della canzone, una razza che non genera pregiudizi e giudizi deve essere una razza composta da individui liberi, che possiedo-no una libertà senza limiti, affiancata però dal rispetto verso gli altri, proprio perché questa

razza non può provare alcun sentimento legato all’odio. Ovviamente siamo tutti consapevoli che purtroppo una razza del genere non può esiste-re, non sul mondo almeno, poiché in esso esiste anche il Male, ma questo disegno, che coincide con le speranze di tantissima gente che vive situazioni spiacevoli in ogni parte del mondo, aiuta, soprattutto se esso viene delineato attra-verso la musica o altre forme d'arte poiché in-fatti, come direbbe il prof. Roberto Vecchioni, :“Tutti i ragazzi intelligenti o che hanno una speranza di felicità non possono fare a meno della musica e della poesia, perché esse danno un senso all’anima e il senso più sublime dell’anima è sicuramente credere in qualcosa di più alto”. Ebbene, carissimi, ancora una volta la nostra Lady Gaga, nonostante le critiche e le accuse di plagio, ha di nuovo fatto centro.

“ In questa società dove conta

l’apparire, quando si è in pace

con se stessi si viene criticati

fino ad essere vittime di

pregiudizi

Born this way La lezione del nuovo successo di Lady Gaga

“ Nel ritornello Lady Gaga vuole

sottolineare l’importanza

della nostra essenza, del

nostro modo di essere,

seppur pieno di difetti”

La copertina del nuovo album di Lady Gaga

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Legalità: una questione titanica Il progetto Legalopolis: un nuovo approccio a ideali sempre validi

Giuseppe D’Andrea II E

Q uanti di noi conoscono a fondo il

significato della parola legalità?

Quanti di noi si rendono realmente

conto di quale valore essa abbia e di quan-

to sangue sia stato versato in nome di es-

sa? La legalità, succede, viene spesso con-

siderata una sorta di elemento esterno,

opzionale, un accessorio che a volte indos-

siamo temporaneamente quasi per osten-

tare superiorità, pronti poi ad abbandonar-

lo quando il peso di tale accessorio diventa

eccessivo: spesso dimentichiamo che ab-

biamo il dovere di sopportare questo peso

con tutto ciò che comporta anche quando

ci sembra insostenibile. Il progetto

“Legalopolis” promosso all'interno del

Liceo classico Maurolico e non solo, è stato

uno strumento con il quale ricordare e

promuovere i valori dell'impegno, dello

stare insieme e del rispetto reciproco, che

sono la base fondante di una società legale

e legalizzata. Il progetto è consistito nella

realizzazione di uno spettacolo teatrale,

denominato “Il Prometeo Impastato”, nato

dall’ardito ma ben strutturato accostamen-

to tra la vicenda di Peppino Impastato,

vittima della mafia in Sicilia e uno dei sim-

boli più importanti della lotta contro la

criminalità organizzata, e quella del titano

Prometeo, tramandataci dal mondo classi-

co, che rubò il fuoco a Zeus per darlo ai

mortali e che è forse l'immagine più chiara

del sacrificio che il progresso scientifico e

tecnologico richiede. L'allestimento di uno

spettacolo basato su un paragone piutto-

sto audace è stato un’opportunità di cre-

scita e confronto per i ragazzi delle classi II

E e II G che vi hanno aderito, rispondendo

al richiamo di valori che troppo spesso

nella nostra società passano inosservati e

sono ritenuti trascurabili. L’ideazione dell’

“opera” ha richiesto un impegno da parte

di tutti coloro che vi hanno preso parte,

coadiuvati e diretti dal membro del CEPAS

Cinzia Muscolino, che ha coordinato il pro-

getto “Legalopolis” in tutte le diverse scuo-

le che hanno partecipato (Maurolico, Se-

guenza, Basile, Savio, Jaci ecc.) con impe-

gno e spirito di sacrificio. Trasformando,

incontro dopo incontro, gruppi di ragazzi

più o meno uniti in piccole compagnie tea-

trali, la sopracitata scenografa è riuscita

nell’intento di trasmettere i sempreverdi

ideali della legalità ai giovani, dando loro al

contempo la voglia di migliorarsi e dare il

massimo nello spettacolo. Giorno 14 Mag-

gio le varie scuole si sono date appunta-

mento al cineteatro “Savio”: lì, last not

least, il gruppo del Maurolico si è esibito,

catturando l’attenzione e gli applausi di

una platea stupita ed entusiasta, evidente-

mente affascinata dalla riuscita

dell’esibizione e dall’impegno profuso dagli

aspiranti attori, ed una simpatica claque

finale, con tanto di rose lanciate sul palco.

L'esibizione ha rappresentato un modo per

comunicare che l'accostamento giovani-

legalità non è impossibile e che non tutti i

valori sono perduti all'interno di una gio-

ventù che spesso viene accusata di apatia

e di scarsa capacità di proporre: "il senso

della legalità non è un valore che si im-

provvisa, esso esige un lungo e costante

processo educativo e la sua affermazione e

la sua crescita sono affidati alla collabora-

zione di tutti.” Un plauso va inoltre, per il

coraggio e l’impegno, alle prof.sse Angela

Maria Trimarchi, Adele Carbonaro e Marisa

Trimarchi, anime del progetto all’interno

delle nostre mura e che ci hanno sorretto

nei momenti di maggiore difficoltà.

“ L'esibizione ha comunicato

che l'accostamento

giovani-legalità non è

impossibile per una

gioventù che spesso viene

accusata di apatia”

“ L'allestimento di uno

spettacolo é stata

un’opportunità di crescita

e confronto per i ragazzi

delle classi II E e II G che vi

hanno aderito”

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Roberto Castorina I C

N oi, ragazzi della I C, grazie ad un percorso intrapre-

so quest’anno con la nostra professoressa di latino

e greco Liliana Barbera, abbiamo scoperto con

immenso stupore che nella nostra città esiste un bene dal

valore inestimabile, tanto da essere ritenuto dall’UNESCO

uno dei “Beni Immateriali” appartenenti al patrimonio

dell’umanità intera: “ I Pupi Siciliani”. E ci siamo resi conto di

quale privilegio sia l’essere custodi di un tale tesoro, che però,

purtroppo, a causa del disinteresse dilagante, rischia di anda-

re definitivamente perduto. Abbiamo avuto la fortuna di

conoscere chi, da ormai tante generazioni, continua a far

“vivere” la straordinaria tradizione de “I Pupi”: la famiglia

Gargano. Questa, mettendo in scena con molti sacrifici e con

estrema professionalità spettacoli bellissimi, tutt’ora affascina

ed entusiasma spettatori di tutte le età. Non ci saremmo mai

aspettati che un noioso pomeriggio autunnale si potesse

trasformare in un momento per noi memorabile. La bravura

e la maestria dei fratelli Gargano, che hanno rappresentato

per noi un esilarante episodio della storia dei paladini: quello

di Gano di Magonza, ci ha cosi travolto che anche noi abbia-

mo contribuito allo sviluppo della storia, interagendo con i

personaggi e istaurando un vero e proprio dialogo con loro.

E’ difficile stabilire con esattezza la data d’inizio della tradizio-

ne del teatro de “ I Pupi”, sebbene essa sia presente in Sicilia

sin da tempi molto antichi; soltanto dopo le dominazioni

normanna e spagnola si può parlare di spettacoli ispirati

all’epopea cavalleresca che narra storie tratte dalla “Chanson

de Roland”e che ha come protagonisti i paladini di Carlo

Magno, in modo particolare Orlando e Rinaldo, Carlo Magno,

la bionda Angelica e il “traditore” Gano di Magonza, proprio

quello che è stato il protagonista dello spettacolo a cui noi

abbiamo assistito. La tradizione dell’opera de “I Pupi” attinge

anche al “cuntu” ed al teatro delle marionette in genere, da

cui differisce perché si incentra sul combattimento e perché

ha una particolare meccanica di movimento. Soltanto duran-

te i primi decenni dell’Ottocento l’opera dei pupi si sviluppa

nella forma che noi conosciamo, grazie alla rilevante opera

svolta dal teatro dell’arte e dai cantastorie, e nasce come

forma di rivalsa storico-sociale del popolo, oltre che come

ricerca di sperimentazione di nuove forme tecniche. A Paler-

mo, a Catania ed a Messina, le aree geografiche più legate a

queste innovazioni tecnico artistiche, ingegnosi artigiani ed

artisti in continua competizione tra loro diedero vita ad uno

degli eventi socio-culturali più rilevanti del periodo dopo

l’Unità d’Italia: la nascita dell’opera de “I Pupi”. Questa profi-

cua concorrenza tra le varie famiglie diede vita a scuole di

costruzione e laboratori di apprendimento dove i “carusi”,

affascinati da sempre e vincolati da un minor numero di

regole che ai giorni nostri, acquisivano l’arte dalle mani dei

maestri. Alcune differenze hanno sempre determinato motivi

di confronto tra le varie scuole: ad esempio, i pupi della Sicilia

orientale hanno un peso di sei-sette chili e possono essere

sorretti dai manovratori per lunghi tratti della recitazione

perché hanno ginocchia snodabili, mentre quelli dal peso di

venticinque chili della scuola palermitana hanno gli arti

inferiori rigidi, per alleggerire la fatica dei manovratori. La

differenza tra le varie zone della Sicilia può essere notata

anche negli argomenti che spaziano dal duello alle rappresen-

tazioni di vita sociale ed ai temi propri della classicità. A Paler-

mo inoltre il diretto flusso di scambi con Napoli e l’esigenza di

rappresentare gli spettacoli nei palazzi di nobili imposero ai

pupari scelte diverse rispetto a quelle della Sicilia orientale.

Tali informazioni storiche relative ai pupi sono pervenute a

noi inizialmente in maniera orale, successivamente d’ora in

poi attraverso testi scritti: improvvisazione e stesura, così, si

combinano rendendo ogni esibizione assolutamente origina-

le, proprio come nel VIII secolo a.C. avvenne con l’Iliade e

l’Odissea di Omero. Una’altra analogia con i testi omerici

possiamo individuarla nell’esistenza di nuclei fondamentali

che richiamano determinate tematiche quali la cavalleria,

l’eroismo, il duello, il rapimento, l’elemento irrazionale e nella

presenza dei vari personaggi dietro ai quali c’è una rete

infinita di storie e parentele tutte connesse tra loro. Poemi

omerici e opera de “I Pupi” hanno in comune poi la tradizione

orale, poiché i segreti del lavoro dei pupari appartengono a

singole famiglie che di generazione in generazione hanno

riproposto questi spettacoli tramandati grazie alla memoria,

alla conoscenza dei testi e degli avvenimenti storici,

all’improvvisazione ed all’accompagnamento musicale. I

pupari, che pur essendo spesso analfabeti, conoscevano a

memoria e divulgavano testi come “La Gerusalemme libera-

ta” e “La Divina Commedia”, ricordano quelli che i Greci chia-

mavano “aedi” e “rapsodi”, il Medioevo “giullari”: figure che

giravano di corte in corte o di piazza in piazza per dilettare il

popolo con le varie storie. In Sicilia - inoltre- è sempre esistita

la leggendaria figura del canta-storie, il quale raccontava al

pubblico vicende che erano illustrate in rappresentazioni

grafiche, cantandole. Il puparo, cosi, frutto della tradizione

orale allestisce teatrini, manovra delle marionette artigianali,

cura la sceneggiatura, il movimento de “I Pupi” e il tono della

loro voce: possiede poi una memoria fondamentale e, grazie

ad epiteti ed a versi formulari, collega i vari episodi tra loro. La

memoria però non è solo la capacità di ricordare ma anche la

consapevolezza delle proprie radici: ed è grazie a questa che il

puparo ancora oggi può mettere in scena uno spettacolo che

non è solo una rappresentazione meccanica di avvenimenti

ma una continua comunicazione tra pupo e pubblico, che sa

di miracoloso in un’epoca di assoluta solitudine come la

nostra. Ritornando alla rappresentazione dell’episodio di

Gano di Magonza, cui abbiamo assistito, ci sono sembrati

assolutamente straordinari l’elemento divino e l’elemento

magico, costituiti rispettivamente dall’angelo e dalla strega:

elementi che, proprio perché assenti dalla vita ordinaria,

hanno attirato particolarmente la nostra attenzione ed

hanno liberato i nostri “freni inibitori” facendoci sussultare,

palpitare, arrabbiare, applaudire con assoluta spontaneità.

Abbiamo capito quale immenso valore etico e culturale abbia

il mestiere del puparo, che, come un novello Omero, può

divagare dal canovaccio, aprire parentesi, apostrofare il

pubblico e adeguarsi alle sue richieste con estrema professio-

nalità, una professionalità fatta di dedizione, tenacia, di

impegno e di amore infinito per la propria terra. Nel teatro

dei pupi c’è tutto: c’è l’eroe, c’è anche l’anti-eroe, c’è il lin-

guaggio dotto e anche quello popolare, c’è la tradizione

classica e quella piccolo borghese del teatro delle marionette.

Ci sono nobili paladini da costumi luccicanti che combattono

non per beni contingenti ma per la fede, per l’amore, per la

gloria: e ci sono anche traditori come -nel nostro caso- Gano

di Magonza che, nonostante la sua “viltà”, ha suscitato la

nostra simpatia grazie alla bravura del puparo che ha dato

ardore e pathos alle scene rappresentate. Abbiamo riso con

lui e di lui che si rivolgeva a noi utilizzando il dialetto e ci

chiedeva consigli e sostegno. Siamo entrati nel mondo magi-

co dei pupi senza, quasi, accorgercene: abbiamo palpitato

per le sorti di Orlando, tremato per gli intrighi della strega e ci

siamo rassicurati per l’intervento dell’angelo che come un

“deus ex machina” è sceso dal cielo risolvendo la situazione.

Continua a pag. 14

L’opera de “I pupi siciliani” Un mondo magico da custodire gelosamente

“ I pupi ci hanno trasmesso la volontà

di batterci per i nostri ideali, di cono-

scere le nostre origini, il piacere della

scoperta in un’epoca in cui internet

ha fatto dimenticare cosa significhi

stupirsi ed emozionarsi “

Page 14: Periodico degli studenti del Liceo Classico “Francesco Maurolico” … SITO/koine/Koine_Maggio-Giugno... · Periodico degli studenti del Liceo Classico “Francesco Maurolico”

1414

Roberto Saglimbeni II E

C ostruito nel 1955 per unificare la rete

elettrica nazionale ed unire, almeno

sotto questo profilo, la Sicilia al Conti-

nente, il Pilone di Torre Faro è ancora oggi in

grado di catturare l’attenzione di chiunque,

turista e non, volga lo sguardo allo splendido

scenario dello Stretto. La struttura, alta 232

metri e dunque “gigantesca” per la nostra zona,

ha infatti assunto, dalla fine del suo quasi qua-

rantennale servizio nel 1994, un valore monu-

mentale, divenendo uno dei simboli universal-

mente noti di Messina. Un simbolo purtroppo

rimasto, fino ai giorni nostri, poco valorizzato:

solo da pochissimi anni è possibile salirvi, e la

sua base è spesso stata abbandonata all’incuria

degli spiaggianti che affollano Faro nel periodo

estivo. In un clima di generale e reiterata incuria

e di disattenzione verso un monumento da valo-

rizzare, spicca in senso opposto e positivo

l’iniziativa promossa dal Comune di Messina, e

per esso dall’Ufficio di Pubblica Illuminazione.

Dal 2 Giugno 2011 il Pilone sarà infatti servito da

un sistema di proiettori LED che lo renderà visi-

bile anche di notte, aumentandone il fascino e la

predominanza sullo Stretto. Tale sistema sosti-

tuisce il precedente, abbandonato nel 2005 per

gli eccessivi costi di manutenzione: lo sviluppo

della tecnologia LED permetterà infatti la pre-

senza di un impianto più efficiente a fronte di un

notevole risparmio economico. Scendendo nei

dettagli, il nuovo impianto ha un costo di manu-

tenzione annuale previsto di circa 1.900 €, a

fronte dei 35.000 € richiesti in precedenza; vie-

ne inoltre ridotto il consumo annuo di CO2 ( da

116.800 kg a 6.351 kg) e quello di energia (da

233.600 Kwh a 12.702.

Tale iniziativa proietta poi il Pilone all’attenzione

mondiale: con tale sistema d’illuminazione il

nostro simbolo si collocherà infatti al quinto

posto della speciale classifica dei tralicci monu-

mentali, in cui si trova anche la ben più nota

Tour Eiffel, ed al terzo posto in quella dei tralicci

elettrici, preceduto solo da suoi “simili” asiatici e

sudamericani.

Che dire dunque, se non essere orgogliosi e

soddisfatti per un progetto finalmente andato in

porto nella città generalmente classificata del

“non fare”? Si spera comunque che questa stori-

ca iniziativa non resti un caso isolato, e che si

punti sempre di più ad una valorizzazione del

territorio e delle bellezze messinesi, spesso

bistrattate dalle insidie del tempo quanto

dall’incuria di noi cittadini. Può essere il “nuovo”

Pilone il punto di svolta della nostra città? Si

vedrà in futuro: intanto ci godremo lo spettaco-

lo delle luci di Capo Peloro.

Continua da pag. 13

Questo coinvolgimento emotivo così naturale da parte

nostra ci ha fatto riflettere sul senso del tempo e sulla neces-

sità del cambiamento. E abbiamo capito che, se si fermasse il

tempo, non ci sarebbe cambiamento e se non ci fosse cam-

biamento il tempo non esisterebbe. La scuola ci ha dato la

possibilità di sbirciare, anche se per poco, nel nostro passato

e di comprendere che le nostre risate sono le stesse di quelle

dei nostri antenati, risate che la famiglia Gargano riesce a

suscitare da ben cinque generazioni. Mai come questa volta

ci siamo sentiti dentro lo spettacolo ed abbiamo constatato e

capito quanto grande patrimonio siano le tradizioni per la

cultura di una città. Tutto questo ci ha spinto ad approfondire

quello che avevamo visto e, insieme con la professoressa

Liliana Barbera, ne abbiamo riparlato più volte a scuola, dove

ci siamo incontrati spesso anche nelle ore pomeridiane. E per

la prima volta ci siamo sentiti una classe, una classe che ha

condiviso un momento importante per la propria crescita.

Purtroppo ci siamo resi conti che non esiste alcuna sovven-

zione per artisti quali i pupari e allo stesso tempo nessun

“luogo” in cui essi possano esercitare con dignità e fierezza la

loro attività né tanto meno una struttura che possa fungere

da museo per i loro preziosissimi manufatti. E ci siamo chiesti

quale futuro possa avere una comunità che non protegge la

sua storia e la sua memoria. Grazie alla semplicità,e nello

stesso tempo alla complessità dello spettacolo, siamo riusciti

a comprendere chi siamo e da dove veniamo; ed è stato un

privilegio ed un onore per noi poterci immedesimare nella

vita dei nostri antenati, che sprovvisti di tv e playstation si

riunivano in teatrini, come quello della famiglia Gargano, per

distrarsi dai problemi e dalla vita di tutti i giorni. Abbiamo riso

come pensiamo potessero ridere i nostri nonni tanti anni fa

ed abbiamo compreso quanto sia importante il dialetto per

una popolazione e quanto sia sconfinata la “cultura” della

famiglia Gargano che continua - improvvisando- ad intratte-

nere tante generazioni e a farle sognare. I pupi infatti non

sono stati per noi solo l’espressione dello spirito eroico e

cavalleresco, ma ci hanno trasmesso la volontà di batterci per

i nostri ideali, il desiderio di conoscere le nostre origini, il

piacere della scoperta in un’epoca in cui trasmissioni satellita-

ri e reti internet hanno fatto dimenticare cosa significhi

stupirsi ed emozionarsi per qualcosa. Quello che abbiamo

sentito più nostro è stato il poter constatare di persona

quanto grande patrimonio siano le tradizioni per una città:

specialmente per una città come Messina che ha un passato

assai glorioso. Ne sono testimonianza anche i codici millenari

dal valore inestimabile provenienti dal Monastero di San

Salvatore, che abbiamo avuto l’opportunità di vedere da

vicino, recandoci, sempre con la professoressa Barbera, alla

Biblioteca Regionale dove essi sono custoditi. Messina croce-

via di civiltà, Messina adagiata superbamente su un omerico

“mare colore del vino”, Messina ricca di risorse, Messina

patria di menti geniali quali il nostro Maurolico, l’architetto

Juvara, il sommo Antonello, sta perdendo la sua memoria e

con essa la sua identità. Il cemento la sta soffocando, la

speculazione edilizia sta mettendo a repentaglio la nostra

stessa sopravvivenza . E allora che fare? Forse bisognerebbe

riprendere questa nostra cultura e farla rivivere come fanno

ancora oggi gli aborigeni australiani, di cui Bruce Chatwin

racconta ne “Le vie dei canti”. I fratelli Gargano tentano

disperatamente di non far morire secoli di una tradizione

affascinante e lo fanno con passione, con abnegazione, con

sacrificio e con entusiasmo travolgenti. Durante lo spettacolo

a cui abbiamo assistito siamo tornati bambini, come la nipoti-

na del puparo che ha gioito e riso con noi. Ed è stata

un’esperienza unica, al di fuori del tempo. Così come al di

fuori dal tempo sono i “nostri” classici latini e greci che tanto

in comune hanno con la cultura dei pupi siciliani e che, per la

loro eterna attualità, continuano ad essere la chiave di lettura

del mondo. “ I pupi ci hanno trasmesso la volontà

di batterci per i nostri ideali, di cono-

scere le nostre origini, il piacere della

scoperta in un’epoca in cui internet

ha fatto dimenticare cosa significhi

stupirsi ed emozionarsi “

Luci su Capo Peloro Il Pilone sarà a breve illuminato

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Giovanni Francesco Russo III F

D omenica 15 Maggio 2011 è stato un

giorno particolare per la città di

Messina, non solo per gli appassio-

nati della corsa rosa. La nona tappa della 94.

edizione del Giro d'Italia è partita proprio

dalla nostra città, stimolando la curiosità e

quindi l'affluenza di migliaia di persone alla

sede di partenza sita in Piazza Unità d'Italia

(più conosciuta dai meno amanti della topo-

grafia cittadina come Piazza Municipio): un

esercito di uomini, donne, bambini in attesa

di poter vedere i propri beniamini, di poterli

fotografare o soltanto di poterli salutare da

lontano e incitarli, augurando loro una buona

tappa e un buon giro. Poi c'erano anche i più

temerari, coloro che hanno tentato impavidi

di penetrare nei quartieri generali delle varie

squadre, nel cosiddetto parco chiuso - per

intenderci dove è vietato l'accesso ai non

addetti ai lavori - ottenendo come unico risul-

tato una bella sgridata da parte dello staff,

ma c'erano anche quei pochi, ma non tanto

pochi, che hanno speso tutta la mattinata alla

ricerca dello Squalo dello Stretto, il vero idolo

di casa, il nostrano Vincenzo Nibali, ben mar-

cato però dalla sua squadra e dalla RAI e

perciò quasi impossibile da avvicinare. Era

difficile immaginarsi tutto questo entusia-

smo, perchè è noto che a Messina non ci sia

una grande cultura ciclistica e perchè comun-

que era solo dal 2008 che il Giro non passava

di qui, ma la grande pubblicità che è stata

fatta, il giorno festivo (Domenica appunto), la

presenza di un concittadino in gruppo in lotta

per la vittoria finale e soprattutto la splendi-

da giornata di sole hanno favorito la stragran-

de partecipazione. Inoltre il percorso di gara

ha saputo valorizzare le bellezze della nostra

città, il Municipio, l'Immacolata di marmo, il

Duomo, le Quattro Fontane (anche se in real-

tà sono due!) solo per citare il tratto iniziale.

Così la carovana è partita intorno a Mezzo-

giorno tra due ali di folla festante, nel frat-

tempo attrezzatasi di maglie rosa e gadget di

tutti i tipi forniti - a 10 € - dall'organizzazione,

lasciando una notevole scia di entusiasmo sia

negli adulti, che nei ragazzi, che ancora mag-

giormente nei più piccini. Per la cronaca, la

tappa sarebbe poi terminata sull'Etna, zona

Rifugio Sapienza, 1892 s.l.m., dopo aver co-

steggiato la riviera ionica fino a Taormina, e

avrebbe visto trionfare lo spagnolo Alberto

Contador, vero e proprio mattatore delle

ultime corse a tappe a cui ha partecipato.

Torna presto Giro!

Il giro a Messina Tappa peloritana per la corsa rosa

Giovanni Francesco Russo (III F) con Stefano Garzelli

Vincenzo Nibali al passaggio nella sua Messina; in alto

Antonino Cincotta, Giovanni Russo e Nino Pallucca (III F) in rosa

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É una filastrocca, destinata ad essere cantata ed accompagnata

dalla musica. Doveva essere intonata da gruppi di Giovani Intel-lettuali Messinesi (G.I.M.), in occasione di particolari convivi,

meglio conosciuti come “focacciate”, durante i quali erano soliti

riunirsi per dare sfoggio delle loro ultime scoperte in campo

scientifico. Temi stilnovistici e popolareschi si fondono insieme in un invi-

to ad assaporare fino in fondo ogni opportunità che la vita ci offre, andan-

do addirittura oltre il carpe diem di oraziana memoria, insieme alla capaci-

tà di adempiere con maturità i propri doveri di ragazzo e cittadino.

Fin dalla prima strofa, il testo si configura come un manifesto di dichiara-

zione poetica rivolta al lettore, filtrato attraverso un evidente messinesismo (“son tuo compare” al v. 4), che rievoca la profonda humanitas, riscontrabi-

le alla base dello storico rapporto di complicità che lega, inesorabilmente,

fin dalla nascita, un cittadino messinese a qualunque persona che incontra

lungo il suo cammino.

Mediante un climax ascendente, il poeta ripercorre le tappe più significati-

ve della vita del protagonista, teenager alle prese con la tormentata realtà

scolastica in cui, darwiniamente parlando, a sopravvivere sono solo i più

adatti; e il ritmo, grazie ad un ricco uso di neologismi, si fa sempre più

rapido ed incalzante, favorendone la lettura.

Un personaggio femminile, riconducibile alla Beatrice dantesca, fa capolino

nella terza strofa, evocata da locuzioni verbali, che ne evidenziano l’aurea

di purezza e sacralità (“lippartela”, “si prìa”, “si gasa”, “si stocca”, vv. 18-

23).

Inaspettatamente, rompendo l’illusione scenica, è il protagonista stesso a

prendere la parola, caricando di significato il testo: traspare, così, nella sua

totalità, il dramma dell’uomo moderno, colto nella sua infinitesima picco-

lezza, in seguito alla caduta dell’antropocentrismo tolemaico, alle prese

con il crollo di ogni certezza. Da ciò derivano un disincanto, uno sbanda-

mento e uno spiccato nichilismo che tendono progressivamente ad accen-

tuarsi sempre più (“a sparargliela non riesco” v. 26).

Negli ultimi due versi, la prospettiva del protagonista viene a coincidere

con quella dell’autore: di fronte allo sfacelo causato dalla modernità,

l’unica soluzione è rinchiudersi nella torre d’avorio della cultura e delle

letteratura. (“E mi celo dietro il testo di un diverso strano tono” vv. 28-29).

METRICAMETRICAMETRICAMETRICA: 5 strofe. Tutte di quattro versi ciascuna tranne la seconda. Schema rimico AABB e ABAB.

Stai tranzollo!

Sparare= non entrare a scuola.

Lipparsi= baciarsi con veemen-

za.

Fare la bolletta= Giocare una

scommessa prevalentemente

calcistica.

Priarsi= dal sic. compiacersi.

Gasarsi= trovarsi in un brodo di

giuggiole.

Stoccare/stoccarsi= ostentare

vanto /vantarsi.

Spararsi (qcs.)= fare qualcosa

essendone profondamente

convinti.

(cosa) streusa= (cosa) strana o

mai vista.

Sparargliela a qualcuno/a=

dichiararsi.

Ribordìno= uno che si riborda,

cioè che prima dice una cosa e

poi ne fa un'altra.

(Stai) Tranzollo= (Stai) tran-

quillo, sereno.

Accollarsi= trovarsi d’accordo

nel fare qcs. V. anche “tipo

accollativo”, cioè persona

piuttosto incline ad accollarsi

qcs.

Compare= a Messina si è

“compare”, cioè compagno di

vita, da 0 a 99 anni.

Murare= riuscire male in qcs.

Imbaullàre/ Incascittarsi=

irritarsi di brutto.

Essere segato= andare male

ad un’interrogazione.

Intripparsi/ farsi i trip

(mentali)= essere eccessiva-

mente paranoico.

Sbaruàre/ Essere sbaruàto= frastornare/ essere frastornato

Essere calato= essere boccia-

to a scuola.

‘Ghiozzo= dal sic. figliolo.

Biliarsi= dal sic. infastidirsi.

Sboccàre= vomitare.

Scafuliàre= dal sic. cercare o

rovistare qualcosa con insi-

stenza.

(essere) contrasto/crasto=

essere una voce fuori dal

coro/ stupido (?).

Introduzione a cura di Angela Russo III AAngela Russo III AAngela Russo III AAngela Russo III A

Poesia e traduzione dei termini in corsivo: Claudio Staiti III AClaudio Staiti III AClaudio Staiti III AClaudio Staiti III A

E lippartela vorresti

mentre fai la tua bolletta

e da solo invece resti 20

sol perché non mi dai retta!

Ma tua sai che lei si prìa

che si gasa e che si stocca

se ti spari sta poesia

cosa streusa che ti tocca! 25

“A sparargliela non riesco

ribordìno come sono

e mi celo dietro il testo

di un diverso strano tono”

Un invito al car lettore:

giudicar di vero cuore

e accollarsi ‘sto rimare

come a dir “son tuo compare!”.

Se un dì muri una versione 5

di imbaullàrti è l’occasione.

Ma se invece sei segato

a intripparti sei portato.

“Sbaruàto -dici- sono.

Non lo sai, m’hanno calato! 10

Lì mi sono incascittàto!”

‘Ghiozzo mio, non ti biliàre!

O ti viene da sboccàre!

Scafulìa nel tuo registro

troverai le assenze adesso, 15

‘ché siccome sei un contrasto

a sparare ti sei messo!

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1717

Angolo della poesia

I barattieri Nero come la pece è quello stagno

nel quale son puniti i barattieri.

Qui echeggia, come altrove, il loro la-

gno;

vi stanno immersi i morti sino a ieri

ch’inteser profittar voracemente

degli incarichi pubblici più seri

che fur loro assegnati veramente

per governare in nome di coloro

che votati li avean solamente

per procurare il benessere loro,

ma finiron con l’essere ingannati

e talora perdettero il lavoro

perché credettero a promesse vane.

Impegolati stanno i peccatori

quali topi che, usciti dalle tane,

cadon nel vischio posto ai roditori.

Molti sono gli italici impeciati,

del lusso e del denaro più amatori:

tutta la casta, con i più arrabbiati

dissipatori delle tasse imposte

nel liquido infocato rintanati,

tenta alleviar la pena senza soste

emergendo dal liquido bollente.

Ma sulla riva li attende un fiero oste:

demoni orrendi dal ghigno fremente

con uncini son pronti ad afferrarli

e a far di loro strazio immantinente.

Col dito alzato tenta di attirarli,

fuoriuscendo da tutto quel bollore,

promettendo a gran voce poi di aiutarli

a tornare da angeli al Signore,

purché ad Arcore possa ritornare,

un ometto tarchiato: par che ignore

che dall’inferno non si può tornare

e continua a gridare:- Mi consenta…-

Ma quelli non si fan certo incantare.

Lo inforcano al quinto “Mi consenta…”

poi, dagli uncini aguzzi lacerato,

nel magma che il calore non allenta

lo rigettano ancor tutto infuriato:

si sfoga allor col compare Bettino

per non esser da lor stato ascoltato.

Quale immondo spettacolo ci mostra

del cerchio ottavo questo quarto fosso!

Nel rotondo vallone, quasi in giostra

si vede lacrimare a più non posso

una schiera di anime dannate,

ma quello che ti lascia proprio scosso

è che esse non muovonsi affannate

con le stesse fattezze del trascorso

viver ne mondo (attento stammi, o frate)

ma il viso lor girato hanno sul dorso,

in modo che ciascuno va all’indietro

ed al contrario è il loro percorso

Tra una folla di gente, tutta tesa,

rosso gambero urlante sempre mai

vedo proceder Vanna, che l’impresa

d’aver turlupinato sciocchi assai

coi magici filtri che il negretto

Do Nascimiento promuoveva ormai

or paga assieme a questo tal furbetto

che la Marchi però non guarda in viso:

con le vergogne ei le mostra il petto.

O maghi e fattucchiere fu impreciso

e truffaldino ogni oracolo vostro:

la giustizia divina l’ha deriso

mutandovi in un vero e proprio mostro

col fare petto delle vostre spalle.

Veder davante fu il peccato vostro:

or di retro guardate e indietro è il calle.

Gli indovini

Prof. Felice Irrera

Prof. Felice Irrera

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1818

Gli occhi indagano

le mie malefatte

e hanno costruito

sul fiume palafitte.

Ha piovuto.

Il fiume straripa.

Lo sguardo diventa parola

il rimprovero le affanna la gola

ma il futuro la consola

ed il mio impegno

non la fa sentire sola.

L’acqua del fiume

è torbida

ma lei vuole renderla limpida.

Scompiglia l’acqua.

e scopre pesci.

Ha piovuto.

Il fiume straripa.

Ma le palafitte sono servite

e le sue preghiere saranno esaudite.

Ora tocca a me

Andrea Santoro V F

Sfuggente e invisibile

Corrompe gli animi

Divora tutto

Impetuoso come lo sbattere delle ali

In una corsa folle

E poi

Nulla più resta.

Kronos

Tempo Veloce

il tempo

scorre

come tempeste d'estate

lasciando

malinconia

nel cuor che

rallegrarsi ora

più non può.

Ascoltando il mio cuore

Gocce di pioggia che cadono,

si sbriciolano dolcemente

e portano sogni…

Quelli con te sono grandi

e non mi sento sola se rimani,

mi basta che tu lasci un segno

nel nostro indimenticabile inverno...

Ambra Sambiase II H

Oriana Crea III A

Giuseppe Denaro I F

Sorridi più che puoi

così da poter lasciar scie dolci dietro di te...

Ama più che puoi

così da poter tornare a casa con un cuore pieno così...

Abbraccia più che puoi

così da poter stringere a te dolci frammenti di questo mondo...

Scansona l'apparire e

prendi l'essere con te...

Punta più in alto che puoi

così da poter inseguire l'infinito...

Vivi più che puoi

così da poter aver ricordi vivi e caldi come questo sol...

Più che puoi.

Più che puoi

Roberta Sofia II F

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1919

Buonanotte Principessa,

in questa notte di stelle chiudi i tuoi occhi,

per non riaprirli mai più;

hai promesso sogni ai tuoi amanti e

speranza a chi mai desiderò nulla

se non il tuo volto, e adesso…

Manterrai la tua parola?

Non importa.

Ci hai fatto dono di qualcosa di tanto triste e

meraviglioso che difficilmente

potremmo ignorare o restituire;

il regalo più dolce e crudele che su questa terra

potremmo ricevere, l’unico motivo

per il quale ascoltiamo ancora con piacere

il pulsare del nostro cuore: un’illusione,

un abbraccio, il calore di un sorriso,

il giorno che verrà… E’ tutto quel che

abbiamo. A volte ci hai delusi,

amareggiati, ingannati, ma è anche per

l’emozione delle lacrime e del pianto che

non vorremmo mai lasciare la

nostra vita, perché sappiamo che

qualcuno tornerà sempre a consolarci e

ad indicarci la vita migliore. E così è

anche per lei che viviamo, per quella

persona che ogni giorno ci è accanto,

che ci illudiamo non ci lascerà mai.

Ma quando necessariamente lo farà?

Sarà allora che la sua illusione continuerà a

vivere nei nostri cuori, nelle nostre menti,

persino nelle nostre azioni: l’emozione del

suo ricordo non svarrà.

E’ così per te Principessa…

Anche se stanotte dolcemente dovrai morire,

ti prometto che continuerai a vivere là

dove vita mai cesserà di esistere.

Grazie,per tutto quello che hai fatto e

anche per quello che avresti dovuto fare e

magari ti sei dimenticata.

Riposa adesso: in questa danza di luna e di stelle

dì addio al tuo cielo, in questo

vortice di commozione alla tua terra, e,

con orgoglio, dì addio al tuo nome…

rimarrà sparso nel vento.

Principessa

Giaccio

a piedi nudi

sulla sabbia

e i pensieri

volavano via

come rondini

e gabbiani.

Sognare

Cammina tra squarci di luna e foglie di vetro

senza mai guardarne il riflesso

così da poter raccoglierle senza tagli cicatrizzanti.

Cammina

senza mai temere gli spigoli di quelle foglie,

senza mai lasciare nelle mani del vento

i suoni della tua anima,

senza mai dimenticarti di quegli squarci di luna.

Non viver nell'oblio del passato...

solo così il tuo cuore lentamente

inizierà a camminar

sotto la luce di una luna piena.

Squarci di luna

Antonio Fucà III E

Roberta Sofia II F

Oriana Crea III A

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2020

Macchie di colore su candidi manti galleggiano,

macchine, tasti, penne e matite veloci scorrono

come vento arcano su mari di grano.

Rosso nero, MAIUSCOLE minuscole

Verde giallo e

blu.

Concerto di voci dissimili,

di suoni lontani

di case accoglienti

di verità stridenti.

Paradiso dell’uomo che nulla

sa,

ma che saper vorrebbe.

Inferno tremendo di gente che

non sa,

e ascoltar non vorrebbe.

Questo sei, un Purgatorio di anime

afone,

un campo di battaglia dopo la tempesta,

il buco del silenzio dopo lo schianto.

Κοινή

Invadi il mio sangue

con la tua essenza più vera

Profumi i miei giorni

come il sole di primavera

Penetri i miei sogni

e li espandi di luce piena.

La mia pelle è sabbia

il tuo amore il sole

che la riscalda.

Sei la spuma delle onde

io la battigia che accarezzi

lasciando un'umida traccia.

Salsedine tentatrice

su labbra bramanti

Sorrisi malinconici

di notti spente...

Disorienti i miei sensi

ma riempi il mio presente.

Salsedine

Giulia Pinizzotto V F

Marina Pagano III E

Mondo, mi hai deluso,

pensavo fossi in pace.

Mondo, mi hai deluso,

pensavo fossi audace.

Mondo, mi hai deluso,

pensavo fossi solidale.

Mondo, mi hai deluso,

pensavo fossi imparziale.

Mondo, mi hai deluso,

pensavo fossi sensibile.

Mondo, mi hai deluso,

pensavo fossi incorruttibile.

Mondo, mi hai deluso,

pensavo fossi onesto.

Mondo, mi hai deluso,

non pensavo così presto.

Mondo, mi deludi

sei crudele.

Mondo, mi deludi,

sei infedele.

Mondo, mi deludi,

vivi uno stato di abbandono.

Mondo, mi deludi,

sei una delle cose che non per-

dono.

Mondo, mi deludi,

sei uno dei tanti sbagli.

Mondo, mi deludi,

sei uno dei tanti travagli.

Mondo, mi deludi,

hai sempre altro a cui pensare.

Mondo, mi deludi,

lo devo confessare.

Un mondo

che delude

Valentina Foti IV F

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2121

D opo un'estenuante attesa, durata

parecchi mesi, si è finalmente conclu-

so il torneo di calcetto con l'attesissi-

ma finale tra Lazio e Milan. Sono le ore 19 e,

sebbene sia sabato, lo stadio de "La Pineta" è

gremito, tutti attendono di sapere chi il campo

incoronerà come vincitore. Tra applausi e fischi,

le squadre scendono sul terreno di gioco: forma-

zione-tipo per la Lazio, con Zavettieri preferito a

Pippo e Lois in tribuna; una sola assenza pesante

nel Milan: il Cobra Lo Forti. L'avvio è mozzafiato:

Galluccio, imbeccato su punizione da Conti Niba-

li, mette dentro l'1 a 0 e dopo pochi minuti, su

geniale assistenza ancora di Conti Nibali, tocca a

Cucinotta saltare Bertolami in uscita e conclude-

re siglando il 2 a 0. Il Milan, fino a quel punto

non pervenuto, tenta di reagire, ma sono più

falli che altro. La Lazio invece continua a spinge-

re sull'acceleratore e, ammutolendo un pubblico

prevalentemente di fede rossonera, va sul 4 a 0

grazie ad altre due perle della iaddina starnaz-

zante Galluccio, che sembra aver ritrovato il

fiuto del goal dei tempi migliori. Sul finire del

primo tempo, il Milan trova l'orgoglio di schiaf-

fare un pallone in porta con un'azione personale

dell'eterno Piccolo che riaccende la speranza.

Ma nel secondo tempo la musica non cambia: 1-

2 della Lazio (magia di Galluccio all'incrocio dei

pali e bomba di Conti Nibali su punizione) e

notte fonda per il Milan. Ci prova ancora il solito

Piccolo che, come un leone ferito, non si arren-

de mai e, a testa alta, porta il risultato sul 6-3

segnando due goal speculari. Che la serata però

sia tutta delle aquile biancocelesti lo si evince

dal contropiede vincente della premiata ditta

Galluccio-Conti Nibali che fissa il punteggio sul

definitivo 7-3. Scampoli di partita anche per le

riserve negli ultimi minuti, in attesa del fischio

finale che zittisce i supporters milanisti e dà il

via libera alla straripante gioia laziale: il grido del

Soldato Romeo, le corse del Muro Corvaja, il

volo del Folle Zavettieri, il sorriso del Vecchio

Pippo, i salti del Buon Lois, le capriole di Rocco

Manfredi, gli applausi del Mitra Massimo, i qua-

quaqua della Gallina Galluccio, lo sguardo di

Mister Biagio Squeri, gli occhi lucidi del Papero

Cucinotta. Il resto è noto: festa grande, qualche

pazzo addirittura, per voto, si immerge nella

fontana del Nettuno. Il cielo era scuro su La

Pineta, ma un bagliore biancoceleste ha illumi-

nato la scena, offrendo uno spettacolo che diffi-

cilmente qualcuno potrà ripetere. Onore al

Milan, amareggiato ma comunque disposto a

festeggiare con dignità il successo altrui: unica

eccezione Turiano, troppo romanista per accet-

tare questo. Al termine di tante fatiche ed infini-

ti sforzi, questa è la vittoria delle motivazioni,

dello spirito di squadra e della forza di volontà:

un momento importante di sport perché chi è

sceso in campo ha mostrato di possedere dei

valori e, per una volta lo si può dire, abbiamo

vinto tutti. Buon calcio e buon torneo, amici del

Maurolico, ricordatevi di partite come questa e

vivete lo sport proprio nel modo in cui la magica

Lazio ed il glorioso Milan vi hanno insegnato.

Fabio Caressa

Mauroleague 2011 Ecco com’è finita!

La Lazio alla ricerca della concentrazione nel prepartita

I campioni di mister Biagio Squeri festeggiano con uno striscione

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2222

Il mio saluto alla nostra scuola Il sentito “arrivederci” di uno studente, rappresentante, mauroliciano vero

Massimo Conti NIbali III C

C ammino per i corridoi, faccio gli ultimi

giri per le classi, scendo in cortile, vado

al bar. So che sono gli ultimi giorni di

scuola e che, dopo cinque anni, sono giunto alla

fine. Cari studenti del Maurolico, e quindi cari

compagni, questo è il momento dei saluti e

vorrei farli nel modo più sincero possibile senza

trattenere ciò che sento. Non credevo, quando

per la prima volta ho messo piede in questo

istituto, che mi sarei affezionato così tanto alla

mia scuola. Il Maurolico è stata una casa per me,

lo conosco a memoria e ho imparato a convivere

anche con i suoi difetti: i professori che lasciano

una montagna di compiti, il preside che fa storie

per concedere le assemblee d'istituto, le bidelle

che strillano disperatamente ("Conti Nibali vai in

classeeee!") e i ragazzi che parlano, parlano,

parlano e straparlano. Ma è come una famiglia:

papà Nino un po' burbero seppur dal cuore

tenero, mamma Cettina che cerca di tenere

tutto in ordine, i fratelli che fanno la spia. Ormai

il Maurolico è diventato la mia dimensione ed è

per tale ragione che sono orgoglioso di essere

stato eletto rappresentante; è stato per me

come ricevere per la prima volta le chiavi di

casa: grande responsabilità ed altrettanta soddi-

sfazione. Non voglio e non posso dire di avere

agito in maniera impeccabile, avrei potuto fare

probabilmente di più, avrei dovuto forse pren-

dere decisioni diverse in qualche occasione: ma

vi dico con il massimo dell'onestà che ho dato

tutto me stesso per svolgere al meglio il mio

incarico, dalla "firma" alla forza fisica, ho tenta-

to di farvi trascorrere un anno felice sacrificando

anche le mie esigenze e litigando con le istituzio-

ni se è stato il caso. L'ho fatto comunque con

piacere; sapete, fare il rappresentante d'istituto

era il mio sogno fin dal IV ginnasio ed il deside-

rio di riuscirvi a volte mi ha sopraffatto, lo am-

metto, ma sino all'anno scorso. Quest'anno ho

soltanto provato a dare il meglio di me senza

alcun secondo fine. Ho combattuto, mi sono

difeso con le unghie e con i denti e la carica

giusta per resistere anche nei momenti più diffi-

cili me l'ha data il Maurolico stesso, quella scuo-

la in cui sono cresciuto e che alla fine (in fondo

in fondo) mi ha fatto maturare. Vorrei darvi un

consiglio allora, gentili lettori: anche quando vi

sentite persi, quando credete di non poter con-

tare più su nessuno, non vi abbattete, perché,

come diceva Rocky, "non importa quanto colpi-

sci, ma come incassi e come ti rialzi quando sei

al tappeto". Adesso, con il sorriso sulle labbra

anche per la recente vittoria del torneo di cal-

cetto (vola Lazio, volaaaa!), voglio dire solo

grazie a tutti: grazie ai miei amici fraterni che

qui a scuola ho trovato ma non voglio lasciare;

grazie ai miei compagni di classe che, non so

come, sono riusciti a sopportarmi e addirittura a

volermi bene; grazie ai ragazzi che sono usciti e

che negli anni precedenti mi hanno fatto da

guida; grazie al prof. Caleca, il quale è il miglior

confidente che uno studente possa trovare;

grazie ai miei 166 elettori, ai quali sarò sempre

grato per la fiducia accordatami; grazie a quanti

mi hanno criticato, insultato, offeso, ferito con

maldicenze infondate e polemiche inutili, per-

ché mi hanno dato la forza di credere in me

stesso, necessaria per affrontare le sfide più

ardue che la vita mi presenterà; e grazie infine a

chi mi ha semplicemente consigliato, per aiutar-

mi e farmi apprendere dagli errori commessi; e

grazie a Silvia. Ciao Maurolico, ti saluto con la

più grande commozione. È stato un onore rap-

presentarti ed un piacere viverti. Sappiatelo, voi

che preferite cambiare scuola o che dall'esterno

la criticate, questo è il luogo in cui qualcuno ha

lasciato il cuore.

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2323

Sophia Sorrenti II F

P alatenda, Spoleto 2011. Il sogno del

nazionale che diventa realtà. "Ragazze,

andrete al nazionale!” Ed una serie di

esulti e grida di gioia seguirono la suddetta af-

fermazione. Il nazionale, signori, il torneo nazio-

nale! Ah, già, vi starete chiedendo di cosa. Beh,

torniamo un po' indietro e capirete. "Località di

Piraino”, Messina. È il 14 marzo e la squadra

femminile di scacchi del nostro Regio Liceo,

dopo essersi egregiamente qualificata al torneo

provinciale, è pronta per sfidare le innumerevoli

squadre provenienti da tutta la Sicilia al (quasi)

consueto appuntamento annuale del torneo

regionale. Le quattro ragazze partecipanti sono

Federica Micali e Desiree Pagano (III C), Ketty

Mangraviti (V B) e la sottoscritta Sophia Sorrenti

(II F), accompagnate dagli istruttori, Claudio

Cento e Dario Gumina, e dalla professoressa

Giuseppina Gemellaro. Dopo circa sei estenuanti

partite, tra vittorie e sconfitte, finalmente arriva

il tanto atteso risultato finale: il Maurolico, al

prossimo torneo nazionale, ci sarà. Un ottimo

traguardo ed ambitissimo premio per il nostro

liceo e per le nostre giocatrici, considerando che

è da più di cinque anni che le squadre di scacchi

non superano l'ostacolo del regionale. Saranno

stati complici il duro allenamento delle ragazze,

l'impeccabile metodo degli istruttori o, per i più

scettici, un pizzico di fortuna, ma ciò a cui ormai

nessuno ambiva più era stato conquistato. Da

moltissimi anni il Maurolico organizza infatti, in

orario extrascolastico, un corso di scacchi dove,

seguiti dagli istruttori Claudio Cento e Dario

Gumina, ex mauroliciani e detentori del titolo

nazionale nel 2002 e nel 2003, i giovani scacchi-

sti imparano, divertendosi, questo bellissimo

gioco con un approccio tanto interessante quan-

to efficace. Adesso che il vostro dubbio amletico

è stato chiarito, posso raccontarvi un po' di

quella che è stata una magnifica esperienza

sotto ogni punto di vista. Scelto come teatro di

incontri (e scontri) scacchistici fu quel di Spole-

to, cittadina calma ed accogliente dell'Umbria,

che ha dovuto ospitare 375 squadre qualificate,

per un totale di circa 2250 ragazzi di ogni età,

dai più piccoli delle elementari, ai più grandi

delle scuole superiori di secondo grado, tra cui

proprio le nostre ragazze. La maratona di partite

si è tenuta dal 12 al 15 maggio, alternando mo-

menti di tranquillità e socializzazione a scariche

di adrenalina e concentrazione. Ciò che, sicura-

mente, ha reso il tutto più interessante, è stato

il trovarsi insieme a coetanei, e non, provenienti

dalle più disparate città e comuni d'Italia, par-

lanti addirittura una lingua diversa dalla propria

(ebbene sì!), ma che condividono la stessa iden-

tica passione. Passione che ha permesso ai

membri della squadra femminile di ampliare le

proprie conoscenze in materia, ma anche in

ambito personale, grazie a rapporti di amicizia

che inevitabilmente si sono formati. Il tutto è

stato arricchito anche da brevi escursioni che,

supervisionate dalla professoressa Marisa Costa

e dall'istruttore Cento, sono state fatte nelle

città di Perugia ed Assisi. Questo è stato senza

dubbio un vero traguardo, senza dimenticare

che, come prima esperienza in campo nazionale,

le ragazze della squadra sono riuscite ad ottene-

re un buon risultato, superando persino le colle-

ghe di Palermo e rappresentando, uniche, la

città di Messina. Perché l'orgoglio della città, e

del liceo Maurolico, è stata proprio la nostra

squadra, spesso troppo sottovalutata o scredita-

ta, che è cresciuta nel corso di cinque giorni ed

ha saputo tenere alto il proprio onore. Compli-

menti davvero ragazze!

Il nazionale di scacchi La squadra femminile racconta questa straordinaria esperienza

Desiree Pagano (III C), Federica Micali (III C), Sophia Sorrenti (II F) e Ketty Mangraviti (V B), componenti della squadra femminile di scacchi del nostro Liceo.

Sotto, foto di gruppo con l’istruttore Claudio Cento.

“ l'orgoglio della città, e del liceo

Maurolico, è stata proprio la

nostra squadra, spesso troppo

sottovalutata o screditata, che è

cresciuta nel corso di cinque giorni ed ha

saputo tenere alto il proprio onore”

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2424

Alberto Nicòtina II B

A nche quest’anno il Maurolico, attraverso

l’Associazione Diplomatici, l’ente europeo

più premiato ai Model United Nations, ha

partecipato ai lavori della più grande simulazione dei

meccanismi di procedura dell’Onu per le scuole supe-

riori nella Grande Mela. Grazie alla promozione portata

avanti nei mesi di Ottobre e Novembre dagli undici

ragazzi che lo scorso anno vi avevano preso parte,

quest’anno negli elenchi dell’UNA-USA (United Nations

Association of the United States of America), che orga-

nizza ogni anno la simulazione, figuravano 22 mauroli-

ciani. Anche questa volta, come la scorsa, per ben due

volte il nome del “Liceo Classico Maurolico” è stato

pronunciato nella General Assembly Hall, per conferire

quattro Honorable Mentions alle coppie Nivia Catarsini

II B - Pierbasilio Currò I H e Valeria Chillè I F - Diletta

Dolfin I F. Come per tutti gli altri “delegates” provenien-

ti da molte parti del mondo, la nostra avventura ameri-

cana è iniziata, dopo aver affrontato sei mesi di prepa-

razione, la mattina del 13 Maggio scorso al Grand Hyatt

Hotel. Qui, migliaia di ragazze e ragazzi dai 15 ai 18

anni, vestiti in “formal dress” così come prescritto dalle

regole di condotta, si trovavano riuniti nella Lobby del

lussuosissimo hotel, in attesa di prender posto ciascu-

no nella propria commissione. Alla domanda “cosa ti

aspetti da quest’esperienza?”, che noi membri del

Press Corp avevamo il compito di rivolgere ai delegati

in questa prima fase, la risposta dei ragazzi è stata

sostanzialmente quella che i loro faculty advisors ave-

vano suggerito loro durante i corsi: “un ottimo modo

per capirne di più riguardo alle grandi problematiche

internazionali cui dovrò rapportarmi nel corso dei

lavori” oppure “per sentirmi coinvolto nel dibattito

internazionale a proposito dei punti più scottanti

sull’agenda delle Nazioni Unite”. Ma per conoscere la

valenza didattica della simulazione, abbiamo rivolto la

stessa domanda ad uno dei Chair, Sarah Shedeed,

studentessa di Relazioni Internazionali alla Seton Hall

University, nel New Jersey, che ha replicato: “Il Model

UN serve a stimolare i ragazzi come voi a migliorare le

vostre capacità di collaborazione e cooperazione. Ma

insegna soprattutto a diventare dei leader”. E’ questo

infatti lo scopo educativo che questo tipo di simulazio-

ne si propone: creare dei cittadini del mondo, consape-

voli della realtà che li circonda, che riescano a guardarsi

intorno con la mente aperta a tutte le prospettive e

che siano in grado un domani di prendere in mano le

redini della società. Momenti di profonda ansia e stan-

chezza che hanno visto i nostri delegati superare le

piccole difficoltà linguistiche, sottolineando quel con-

cetto che tante volte è stato ripetuto durante i corsi:

“l’inglese è solo un mezzo”. Un mezzo che consente,

nella finzione del gioco di simulazione così come nella

realtà, a paesi come Trinidad and Tobago e Samoa (i

due assegnati alla nostra delegazione) di far sentire la

propria voce e talvolta di imporsi nello scenario inter-

nazionale. Un’esperienza che si rivela valida anche al di

là della simulazione, perchè consente a degli adole-

scenti come noi di uscire dai confini della nostra città

per giungere al centro del mondo con la prospettiva

comunque di ritornare sui propri passi e guardare la

quotidianità in modo più consapevole.

New York Model United Nations Il Maurolico vince grazie all’impegno dei suoi delegati

La General Assembly Hall gremita di studenti

I mauroliciani premiati: da sinistra a destra Nivia Catarsini (II B), Pierbasilio Currò (I H), Diletta Dolfin (I F) e Valeria Chillé (I H)

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Andrea Donato IV B

P arlare dell’Incendio di Giuseppe Ruggeri non è affatto cosa facile. Sarebbe anche impossibile senza ammettere sin da subito che la città,

tanto dipinta e abilmente costruita tramite una topo-logia quasi mai esplicita, altro non è che la nostra amata Messina (ma del resto, si sa, sempre e per sempre, ogni riferimento a cose, persone, fatti o luoghi è puramente casuale!). Un mondo a sé, questa città. Una creatura che l’autore ripropone agli occhi dei suoi abitanti reali come qualcosa di diverso dal solito trambusto che aleggia tra le sue strade, i suoi vicoli e le sue piazze, caratterizzandola di conseguen-za. Il frenetico tran tran di una metropoli è interpreta-to qui come qualcosa non di disordinato, ma di pre-stabilito. Da chi, poi, non si sa. Forse da coloro, che nel trambusto ci sguazzano oscenamente, con gli affari loschi ed il potere, sentendosi paradossalmente

al di sopra dello stesso. E poi perché il trambusto, alla fine, è come il silenzio: crea confusione ed indecisio-ne, o come lo chiama l’autore, l’oblio. Un oblio utile a confondere le trame tessute le cui prove sono proprio lì, a portata di mano. È così anche in questa intensa narrazione, dove indizi e fatti sono in realtà presentati sin da subito, quasi a prendersi gioco del lettore, l’insieme di poesia, metrica di ispirazione bizantina e un elevato registro linguistico sono gli ingredienti della confusione. Gli estremi della matassa, o se preferite, i personaggi, procedono a tentoni, inda-gando sull’oblio che li circonda fuori e dentro. La scintilla di partenza dell’Incendio, che dovrebbe esse-re il tema narrativo centrale ma si rivela essere solo un particolare, è l’omicidio del professor Ugo Morci-netti, docente universitario su cui si riversa un’attenzione sempre più pericolosa da parte della giustizia. Un’ attenzione che inizia a portare alla luce tratti nascosti del luminare, facendo percepire puzza

di bruciato. Anche quando infine la matassa si è uffi-cialmente risolta coi suoi meritatissimi colpi di scena e le sue profonde analisi introspettive, l’autore lascia a chi ha letto la storia l’amaro compito di ripercorrere i vari, sublimi, flussi di coscienza, allo scopo di poter fare i giusti collegamenti. Solo allora l’Incendio si spegne. Ad averlo visto o ad avervi partecipato sono personaggi tra i più svariati. Tutto al più piccoli mae-stri del complesso disegno di logge massoniche, con-traddizioni, ipocrisie e soldi che questo racconto rappresenta. Ecco, infatti, dovendo dare una defini-zione di questo libro lo si potrebbe comodamente definire un simbolo. Complesso da tracciare, difficile da comprendere e la cui scoperta di significato non può sicuramente cambiare il teatro di “questa” città, poiché esso è il teatro dentro cui ognuno di noi si muove già.

Caffè letterario al Maurolico Il romanzo Incendio, di Giuseppe Ruggeri presentato in biblioteca

C ome avrete notato, a scuola sono comparsi

recentemente alcuni bidoni per la raccolta

differenziata di carta/cartone e di

plastica/alluminio: la pregevole iniziativa (alla quale

invitiamo tutti gli studenti a collaborare) è stata portata

avanti dai due rappresentanti della Consulta Provinciale

degli Studenti, Claudio Staiti e Paola Benvenga. Ed è

proprio a quest’ultima che abbiamo posto alcune do-

mande a riguardo.

Paola, nonostante tu sia presidente della Commissione

Musica, Arte e Spettacolo della Consulta, ti vediamo

molto interessata alle tematiche legate all’ambiente.

Ma che cosa significa “ambiente” per te?

Devo confessare che due traumi, legati alla mia infan-zia, hanno irrimediabilmente influenzato la mia sensi-bilità ambientale: inquietata da “Il pianeta di Pipsque-ak”, rifuggivo dal fare qualsiasi tipo di raccolta diffe-renziata per paura che mi spuntasse una coda; poi, terrorizzata da “Gaia – Il pianeta che vive” (o che muore, fate voi!), ho cominciato a chiedermi se una soluzione ai problemi dell’ambiente fosse possibile, nonostante gli scenari catastrofici presentati da Mario Tozzi e dal suo piccone. Col tempo ho capito che pren-dersi cura della Terra non è tanto un peso o un obbligo, quanto un privilegio, un modo… bello per stare in armonia (non sono buddhista, eh!) con noi stessi e con l’ambiente, che è davvero “la vita intorno a noi”.

A proposito, “la vita intorno a noi” è proprio il sottoti-

tolo della giornata che hai organizzato con la Consulta

lo scorso 7 maggio. Puoi ricordare per i lettori qual è

stata l’intenzione della giornata?

Diciamo che la giornata del 7 maggio è stata dedicata in particolare all’Arte e al ruolo che essa può avere, in tutti i suoi aspetti, nel dare all’ambiente un valore estetico. È come se l’Arte riuscisse a riscattare la bel-lezza dell’ambiente, rendendolo degno di rispetto in sé, non perché legato a un mero valore commerciale. Ma, al di là di quest’idea, “Habitat” si proponeva anche un fine pratico, lo stesso che il mio collega Claudio ed io,

dall’inizio dell’anno, avevamo inserito tra le nostre priorità: promuovere la raccolta differenziata.

Siamo così arrivati al punto fondamentale

dell’intervista. Forse è una richiesta molto banale,

ma… parliamo della raccolta differenziata. Che cos’è, e

come contribuisce alla salvaguardia dell’ambiente?

La raccolta differenziata è un passaggio insostituibile del riciclaggio dei rifiuti, un processo produttivo in grado di innescare un vero e proprio circolo virtuoso. Quasi sempre, o senza accorgercene o per menefreghi-smo o per gli alti costi dei materiali biodegradabili, utilizziamo materiali che poi diventano rifiuti impossi-bili da smaltire naturalmente. Ora, questi rifiuti posso-no essere trattati e riutilizzati, ma per farlo è necessa-rio, prima, suddividerli in categorie ben precise. Non è così difficile organizzare un piccolo piano di raccolta differenziata: basta un bidone per ogni tipologia di rifiuti. I vari rifiuti vanno poi svuotati separatamente negli appositi cassonetti, oppure si possono conferire negli eco-centri (vista la città, sinceramente più affida-bili). A Messina ci sono diverse strutture del genere, chiunque può vedere dove si trovano semplicemente

cercando su Internet. Proprio perché la raccolta diffe-renziata è un modo semplice per avvicinarsi al rispetto dell’ambiente, abbiamo deciso di proporla a scuola.

Quali risultati si otterranno, secondo te, grazie raccolta

differenziata nella nostra scuola?

Credo che nelle scuole in generale sia importante por-tare avanti un vero piano di educazione al riciclaggio, perché, come molte altre cose, anche la raccolta diffe-renziata in fondo è solo questione di abitudine. In tal modo, poco a poco, penso che si riuscirà ad eliminare o perlomeno a ridurre quella mentalità comune per cui tutto si può anche buttare per terra “tanto i bidelli lo raccoglieranno per me” e per cui “io quei bidoni li uso per water” (con tutto il rispetto per l’idea dei ragazzi di III D che avevano trovato un modo alternativo per smaltire rifiuti organici!). E in mancanza di piani go-vernativi (o, in scala più piccola, cittadini) che regolino e diano incentivi alla raccolta differenziata, vorremmo dimostrare che ognuno di noi può riuscire a migliorare con un piccolo gesto la realtà in cui viviamo. Intervista a cura di Marta Vicinanza II B

Un tentativo ecologico Intervista “verde” alla rappresentante della consulta, Paola Benvenga

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2626

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III AIII AIII AIII A

Prof.:- Da dove deriva il termine ‘canone’?"

Alunna: "Dal canone Rai…!-

DIXI

TDIXITDIXITDIXIT

Alunno:- Sofia ma non mi sono

sporcato di gesso, vero? E

neanche di Salice, Spartà,

Villafranca…-

I FI FI FI F

(Durante l’ora di Storia dell’Arte)

Alunna:- Il marito della Monna Lisa

era Monno Liso!-

Prof.ssa:- Domani interrogazione generale!-

Alunno:- Perchè interrogazione generale e non

interrogazione colonnello?-

Prof:- Studiate bene il verbo ἔθω!-

Alunno:- Ma prof! Si dice

Eto’o!-

Prof:- (fa l’appello dicendo cognome e

nome di un alunna…)-

Alunna:- Prega per noi...cioè mi scusi,

presente!-

II GII GII GII G

Professoressa:- Che forma ha la pianta di

Brasilia? Classe:- Boh.-

Professoressa :- Ha la forma di un uccello che

spicca il volo.-

Alunno:- Ma non era una pianta? -

V FV FV FV F

(dopo un reiterato errore declinan-

do un aggettivo)

Prof:- Errare è umano, ma

perseverare è diabolico!-

Alunno:- Ma perdonare è divino!-

VFVFVFVF IV FIV FIV FIV F

Prof:- Fra miliardi di anni il sole si

spegnerà!-

Alunno:- Va bene, allora combatteremo

all’ombra!-

Prof:- Il prete non può

assolvere in confessione

alcune cose, come

l’aborto o l’omicidio.-

Alunno:- E il suicidio?-

Prof. nell'interrogazione:- Allora

dimmi cos'è un racconto di fanta-

scienza!- Alunno:- Allora per raccon-

to di fantascienza intendiamo la

scienza con un pizzico di fantasia!-

Antonio Zaccone III F

S crivere l’ultimo articolo per il Koiné non è

cosa semplice: mi sono chiesto più e più

volte su cosa avrei potuto scrivere, quale

sarebbe stato l’ultimo argomento che avrebbe

concluso un periodo della mia vita,

l’adolescenza scolastica; potrà sembrare una

sciocchezza, ma per me non lo è: scrivo sul Koi-

né dal quarto ginnasio e sono molto affezionato

a questo giornale, giornalino, rivista o qualsiasi

cosa sia. Ricordo ancora il mio primo articolo: è

facile scrivere per la prima volta o quando si

hanno di fronte cinque anni, si ha l’imbarazzo

della scelta poiché si può disporre di molti nu-

meri; ma cosa scrivere sull’ultimo numero della

tua vita? Ho ragionato molto e sono giunto alla

conclusione che, in fondo, non ha importanza di

cosa si scriva, ma di come lo si scriva. Cercherò,

dunque, di non essere troppo melanconico,

essendo questo l’ultimo numero, e di non an-

noiarvi eccessivamente. Parlerò di Werther,

giovane romantico, poeta, pittore, filosofo della

vita. Egli è una personalità poliedrica, un ragazzo

dalla profonda sensibilità, figlio della poesia,

amante dell’arte. Inizialmente la sua vita segue

una via tranquilla, battuta da dolci sentimenti, si

dedica a ciò che più gli piace e confessa ogni suo

pensiero all’amico Wilhelm tramite un vasto

epistolario. Ma arriva un momento in cui la sua

esistenza viene sconvolta, come talvolta avviene

in ognuno di noi, un avvenimento necessario per

conoscere la fragilità della propria condizione,

ma al contempo per ricavarne un insegnamento

e, con esso, cercare di andare avanti. Werther

incontra una donna, un essere serafico,

un’essenza luciferina: si chiama Lotte. Ella ha

sembianze umane, ma cela in sé una personalità

angelica, passionale, totalmente asservita al suo

carattere puro e di sempiterna fanciulla. Sono

giorni felici quelli che Werther trascorre con

Lotte, giorni passati a contemplare questa giova-

ne fanciulla. È un’amicizia che sfocia in una ma-

lata passione, deleteria per il sensibile animo di

Werther: egli vorrebbe che Lotte l’amasse e così

è, ma di un amore divino, che assurge alle sfere

del metafisico, vorrebbe che ella lo desiderasse

come egli desidera lei. Ma Lotte è promessa a

un altro uomo, Albert. Il giovane Werther divie-

ne pellegrino di amarezze, un vagabondo in un

mare di perdizione, tutto per una donna, l’unica

donna che può sconvolgere anche i più duri di

cuore. Tra Lotte e Werther vi è un amore corri-

sposto, ma sottaciuto: quando, però, si scambia-

no l’unico loro bacio, tutto sarà perduto: non

sarà la fine di tutte le angosce, ma l’inizio di

nuove tragedie. Quel bacio sarà la fine di tutto:

Werther si suiciderà, con un colpo di pistola alla

tempia. Questa è la storia di Werther, mesta

fino al più alto grado di patetismo, ma sincera,

autentica, che proviene da un cuore puro, gioio-

so ma al contempo triste. Werther è un poeta

che prova un forte amore, un amore che non

può controllare. Questa è la conclusione di una

lunga serie di articoli che mi ha accompagnato

fino al terzo liceo, non avrò più il piacere di

scrivere per un giornale per cui sono stato un

po’ "giornalista" un po’ "vignettista". Citando

Stoker, vi saluto dicendo che lì dove la romanza

della mia vita finisce, riprendo il filo della mia

vita quotidiana. Il liceo è stato una romanza, con

i suoi alti e bassi, con le sue vittorie e le sue

sconfitte, ora è tempo di guardare all’università

e a tutte le sue rogne, dove sarò una matricola,

dove chiamerò tutti colleghi; non avrò più il

piacere di entrare a scuola e di far finta di essere

ancora un ragazzino. Cinque anni sono passati

come cinque giorni; fra gite, viaggi interconti-

nentali, Koiné e Siracusa sono certo

nell’affermare che, dopo tutto, il liceo mi man-

cherà, da impazzire.

Prof.:- Alla fine dei Malavoglia, che succede?

Alessi si sposa…-

Alunna:- Sì, Alessi si sposa con

sua moglie…-

Alunna: - Pascoli perse il

padre, morto omicida…-

Senza titolo

V HV HV HV H

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La RedazioneLa RedazioneLa RedazioneLa Redazione

Il direttivo

Claudio Staiti III A

Roberto Saglimbeni II E

Maria Chiara Pollicino II F

Antonio Crisafulli III F

Claudia Santonocito III F

Logo ΚοινηΚοινηΚοινηΚοινη′ ′ ′ ′ 2010/2011 ideato e realizzato da Domenico Pino V F

Stampato presso Società Cooperativa Spignolo a.r.l. Via Maffei, 8 - Messina tel. 090 717340 - Fax 090 6415659

I vignettisti e i fotografi

Diana La Rosa II A

Beatrice Barrilà III A

Claudia Buggè II E

Domenico Pino V F

Antonio Zaccone III F

Federica Bucolo I A

Giulia De Luca I A

Oriana Crea III A

Angela Russo III A

Andrea Donato IV B

Anna Laura Ammendolia II B

Alberto Nicotina II B

Roberto Castorina I C

Massimo Conti Nibali III C

Valero Calabrò II D

Giuseppe Genovese V E

Giuseppe D’Andrea II E

Ringraziamo per il loro contributo

Prof.ssa Angela Maria Trimarchi

Prof. Felice Irrera

2727

Vignetta Ipse Dixit “Il Prof. Bagnino” ideata e realizzata da Federica Vitale II A

Antonio Fucà III E

Marina Pagano III E

Valentina Foti IV F

Giulia Pinizzotto V F

Andrea Santoro V F

Francesca Vitarelli V F

Giuseppe Denaro I F

Roberta Sofia II F

Sophia Sorrenti II F

Giovanni F. Russo III F

Antonio Zaccone III F

Ambra Sambiase II H

I redattori

Martedì 31 Maggio

Ore 15

Aula Magna del Liceo

Maurolico

Premiazione migliori

contributi annuali per

rubrica

Si ringrazia la SEAR

ARGENTI per l’aiuto

fornito

nell’organizzazione

dell’evento

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L’Arch.

Marina

RAGNO: "RAGNO: "RAGNO: "RAGNO: "Si potrebbe anche dire che i gas nobili sono i single della chimica, poiché tendono a non legarsi con nessuno..."

(Un Alunno starnutisce)

VETRÓ: VETRÓ: VETRÓ: VETRÓ: “Lungi da me, microbo ambulante.”

MACRISMACRISMACRISMACRIS: “Soldi non ne ho, e con quei pochi mi ‘ccattu a focaccia!”

MACRIS: MACRIS: MACRIS: MACRIS: (riferito ad un’alunna)…”quando si combina riesce a diventare una provola presentabile”

M. L. CACCIOLAM. L. CACCIOLAM. L. CACCIOLAM. L. CACCIOLA: "Lo diceva Galileo. E vi ricordo che Galileo era quello che si guardava sempre i lampadari, i pendoli..."

Buone vacanze!Buone vacanze!Buone vacanze!Buone vacanze!

Il Direttivo augura a tutti una buona estate e rinnova

l’appuntamento col nostro giornale comune a Settembre!

Siamo su Facebook: “Koiné, Giornale del Maurolico” & “Newsletter di Koiné, Giornale del Maurolico”

http://www.maurolicomessina.it/koine_2010_2011.phPuoi leggere on-line questo giornale e rivedere le edizioni dell’anno scorso qui:

Alunno: “Professoressa, ieri l'ho vista al cimitero.”

GULLÍ: “GULLÍ: “GULLÍ: “GULLÍ: “Al cimitero ci vai tu e tutti i cretini come te”

MACRIS: “MACRIS: “MACRIS: “MACRIS: “Io non sono abituato a fare il Don Chisciotte della Mancia...lui combatte-va contro i mulini a vento, io parlo al vento!”

(si parla degli esami) "Io che porto il tema del viaggio, posso portare Schopenhauer o è forzato? Avevo pensato al viaggio verso la liberazione umana…!" RIZZORIZZORIZZORIZZO: "Sì, e ti fumi uno spinello!"

GULLÍ: GULLÍ: GULLÍ: GULLÍ: “…certe volte tu mi sembri...ma ti sei vista in faccia?”

Alunna: “Prof. , ma i compiti di storia?

VETRÓVETRÓVETRÓVETRÓ: “Godono di ottima salute e vi salutano tanto calorosamente”

(Dopo circa mezz'ora di spiegazione sulla genetica) Alunno: “quindi cos'è lo zigote?”

GULLí:GULLí:GULLí:GULLí: “Il suicidio, la soluzione migliore per me è il suicidio”

FERAFERAFERAFERA: “(durante l'interrogazione) … scrivi questo... “ Alunno: scrive “QUESTO” FERAFERAFERAFERA: “... al posto 2!!!!!!!!!!!!!!!!! “

(Un’alunna chiacchiera)

VETRÓVETRÓVETRÓVETRÓ: “Io non vorrei disturbarti...guarda metti un cartello con scritto “Chiuso per ferie” e io non ti disturbo più”

VENUTOVENUTOVENUTOVENUTO: (calcolando un logaritmo) "perchè se 2 per 3 fa 5... "