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Volume LXXXVII Serie III, 9 Tomo I* 2009 ESTRATTO 100anni 1909/1910 - 2009/2010 SCUOLA ARCHEOLOGICA ITALIANA DI A TENE

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Paper about the Transformation of the Parthenon in a ChurchAnnuario SAIA

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Volume LXXXVIISerie III, 9Tomo I*2009

ESTRATTO

100anni 1909/1910 - 2009/2010SCUOLA ARCHEOLOGICA ITALIANA DI ATENE

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LAMETAMORFOSI DEL PARTENONE:DAATENAALLA THEOMΤR

Il processo di cristianizzazione di Atene, la città pagana per eccellenza (Fig. 1), è caratterizzatosin dai suoi esordî da varie difficoltà e da una certa lentezza, basti pensare al passo degli Atti degliApostoli (Act. XVII, 15-34) relativo alla predicazione paolina sull’Areopago, che è essenzialmenteil racconto di un fallimento. Anche se Eusebio (Hist. Eccl. III 4, 10; IV 23, 3; 26, 10; VI 19, 2; 32,2) fornisce alcune informazioni sulle origini della chiesa ateniese, è innegabile che prima dell’ini-zio del IV secolo d.C. pochissime testimonianze di una presenza cristiana ad Atene vengono adaffiancarsi ad esse. La tradizione locale attesta che anche qui, come altrove, nei primi secoli i luo-ghi di culto cristiani dovettero svilupparsi soprattutto al di fuori dal circuito delle mura cittadine, etuttavia l’archeologia non è stata finora in grado di offrire conferme o smentite: l’unico monumen-to cristiano databile -peraltro ipoteticamente- al IV secolo d.C. è la basilica del Licabetto, nellaquale fu sepolto il vescovo Clematio1.L’avvento di Costantino e la sua conversione non provocano alcun mutamento significativo negli

indirizzi politici e religiosi dell’élite ateniese, con la quale l’imperatore intrattiene peraltro rapportiintensi e cordiali2. In questo senso, la politica religiosa di Giuliano l’Apostata non sembra introdur-re ad Atene nessun elemento di discontinuità rispetto alla politica costantiniana3. Una conferma del-l’assenza di cesure significative nella situazione politico-religiosa di Atene dall’epoca di Costantinoa quella di Giuliano si ha analizzando la lista dei proconsoli di Acaia del IV secolo d.C.: sui dicias-sette proconsoli registrati per questo periodo da Raban von Haehling nel suo fondamentale studiosulla Religionzugehörigkeit dei ceti amministrativi dell’impero romano da Costantino a Teodosio II,si contano solo due cristiani (per giunta identificati come tali solo per via ipotetica) e un ariano afronte di sei pagani e di nove personaggi di confessione religiosa ignota4.Nei primi anni ’30 del V secolo d.C. la situazione appare invece notevolmente mutata, e questo

dato di fatto va senza dubbio messo in relazione alla politica culturale e religiosa di Teodosio II.Tuttavia, l’evidente accelerazione nel processo di cristianizzazione della polis ateniese che si regi-stra a partire dagli anni ’20 del V secolo d.C. non può spiegarsi soltanto con iniziative intrapresea livello centrale, ma presuppone un sostegno diretto in loco, che fu senza dubbio fornito dalla fami-glia dell’imperatrice Atenaide Eudocia, e in particolare da uno dei fratelli di Eudocia, Gessio, cheesercitò la carica di prefetto al pretorio dell’Illirico tra il 421 e il 423 e per il quale fu molto pro-babilmente costruito il cosiddetto “Palazzo dei Giganti” nell’agorá ateniese (Figg. 2-3)5. Studîrecenti hanno evidenziato come durante la prefettura di Gessio ad Atene e in tutta l’Attica sia messoin atto un articolato programma di edilizia cristiana, che comportò la costruzione di quella che

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1 Per una sintesi aggiornata sul processo di cristianizzazionedi Atene v. ora DI BRANCO 2006, 181-197, con ampia biblio-grafia, e MARCHIANDI 2008, 101-119.2 DI BRANCO 2006, 104-107.3 DI BRANCO 2006, 101-114.4 VON HAEHLING 1978, 157-166.5 Su Gessio v. IOH. MALALA Chron., XIV 4-5; Chron. Pasch.,I ad ann. 420-421; IOH. NIK. Chron., LXXXIV 29-35;

CEDREN., I, 343B e ZON. XIII 22, 7-19. Cf. MARTINDALE 1980,s.v. “Gessius” 2, 510-511; HOLUM 1982, 113 e 119, e BURMAN1994, 83-84. Sul “Palazzo dei Giganti” v. soprattuttoTHOMPSON 1950, 134-141, e THOMPSON 1988; perl’identificazione del palazzo come residenza della famiglia diEudocia v. PAGANO 1993; SIRONEN 1990; SIRONEN 1994, 52-54, e FOWDEN 1990, 497-498.

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sembra essere la prima ‘cattedrale’ ateniese -il celebre tetraconco del Foro di Adriano (figg. 4-5)6-e di altri importanti edifici ecclesiastici7, tra i quali la cosiddetta basilica dell’Ilissó s8. Il program-ma eudociano costituisce una prova inconfutabile dell’interesse dell’imperatrice ateniese nei con-fronti della propria città natale9, e al tempo stesso si configura come un diretto intervento del pote-re centrale nella vita politico-religiosa di Atene: è molto probabile che questa consapevole ingeren-za delle autorità costantinopolitane abbia creato una certa tensione fra gli esponenti della famiglia

6 V., FRANTZ 1988, 72 ss.; FOWDEN 1990, 499; FOWDEN 1995,553-567; KARIVIERI 1994, e BURMAN 1994, 83.7 V., TRAVLÓS 19932, 137-142.8 V., SOTIRIOU 1919; CHATZIDAKIS 1951, 61-74; FRANTZ1988, 73, e SKONTZOS 1988, 50. Sulla tarda tradizione cheattribuiva a Eudocia la fondazione di dodici chiese ad Atene v.MOMMSEN 1868, 68. FOWDEN 1990, 500, seppur cautamente,avanza l’ipotesi che anche la fondazione del celebre monaste-ro di Daphní possa essere ricondotta al programma eudocia-no: tuttavia gli scarsi resti archeologici tardoantichi presentisul sito non offrono alcuna conferma in merito, e chi abbiaanche una minima dimestichezza con i racconti medievaliriguardanti l’antica Atene non potrà certo considerare un vali-do indizio il fatto che “local tradition used to deem Daphni themost ancien Attic church” (v. BEES 1924, 62-64). D’altra parteva ricordato che -come ammette lo stesso Fowden- nellaGrecia paleocristiana “there is almost no trace of monasticism[...] outside Thessalonica”. Per quanto riguarda il misteriosoaccenno di Eunapio (Vitae Phil., 476) a uomini che indossanoτὰ φαιὰ ἱμάτια (monaci?), la cui empietà avrebbe causato ladistruzione della Grecia, occore sottolineare come il testo siamolto chiaro nell’affermare che costoro giungono in Greciacon Alarico (τοιαύτας αὐτῷ τὰς πύλας ἀπέδειξε τῆς

Ἑλλάδος ἥ τε τῶν τὰ φαιὰ ἱμάτια ἐχόντων ἀκωλύτωςπροσπαρεισελθόντων ἀσέβεια, καὶ ὁ τῶν ἱεροφαντικῶνθεσμῶν παραρραγεὶς νόμος καὶ σύνδεσμος ἀλλὰ ταῦτα μὲνἐς ὕστερον ἐπράχθη, καὶ ὁ λόγος διὰ τὴν πρόγνωσιν παρή-νεγκεν) e non sono certamente ‘reclutati’ in loco.9 Recentemente si è voluto mettere in discussione il legamedi Eudocia con Atene, fino a sostenere una sua origine antio-chena (v. HOLUM 1982, 117-118), ma non c’è ragione di dubi-tare del dato tradizionale (v. FOWDEN 1990, 498, e BURMAN1994, 82). L’assunto di Holum secondo cui il sofista Leonzio,padre di Eudocia, sarebbe uno straniero non si basa su alcundato concreto, e anche l’ipotesi di CAMERON 1982, 274-275,secondo cui il padre dell’imperatrice andrebbe identificato conun omonimo sofista attivo ad Alessandria menzionato nellaVita Isidori di Damascio, non è sostenuta da argomenti suffi-cientemente probanti. L’esistenza di uno stretto legame fraEudocia e Atene, a cui è dovuta probabilmente la particolarebenevolenza nei confronti dell’Acaia che si registra nei prov-vedimenti fiscali di Teodosio II (v. soprattutto CTh. X 8, 5 e XI1, 33), ha ricevuto una recente conferma dal rinvenimento nel-l’area della Stoádi Attalo, a N del “Palazzo dei Giganti”, di unepigramma onorario dedicato a Eudocia da Teodosio II (v.SIRONEN 1990; SIRONEN 1997, 52-54, e ivi, n° 24).

Fig. 1 - Atene nel V secolo d.C. (TRAVLÓS 19932, tav. VI)

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di Eudocia e l’élite della polis, tensione di cui sembra di poter cogliere un’eco anche nelle paginedelle biografie degli scolarchi della scuola neoplatonica ateniese. In particolare, sono probabilmen-te da ricondursi a tale clima di ostilità i riferimenti alle perdite economiche subite da Archiada,pupillo di Proclo10, e le allusioni a contrasti che vedono i neoplatonici ateniesi opposti ad avversarîpolitici non meglio identificati. In ogni caso, questa situazione non dovette durare a lungo:l’influenza di Eudocia sulle vicende ateniesi cessa bruscamente dopo la definitiva partenza dell’im-peratrice alla volta della Palestina, che dovette segnare anche la perdita del potere dei membri dellasua famiglia11. Ad Atene, l’élite locale riprende saldamente in mano il controllo della polis: il nuovoastro della politica ateniese diviene Teagene, imparentato con la famiglia di Plutarco scolarca e inottimi rapporti con la scuola neoplatonica. Teagene si farà interprete di una politica moderata e tol-lerante in campo religioso, smussando le asprezze suscitate dall’interventismo di Eudocia. Il suc-cesso della visione di Teagene, testimoniato dalla sua lunga e indiscussa leadership politica, mostracome il tentativo eudociano di imporre dall’alto un’accelerazione nel lento processo di cristianizza-zione della propria città natale sia andato incontro a un parziale fallimento. L’età eudociana costi-tuisce nella vita di Atene una cesura artificiale: con la sua fine, i processi in atto sembrerebberoriprendere esattamente dal punto in cui si erano interrotti prima del suo avvento12. Tuttavia è certoche l’accelerazione voluta da Eudocia segni un punto di non ritorno nella storia della polis, che perla prima volta -seppure ancora in superficie- assume i connotati di città cristiana: l’irreversibilità ditale mutamento lo rende gravido di incalcolabili conseguenze sulla vita quotidiana e sull’immagi-nario degli Ateniesi.

10 DAM. Isid. n° 273 (217 Zintzen). Generalmente (v. ad es.,FOWDEN 1995, 495, con n. 11, e CASTRÉN 1994, 13, con n. 134)le perdite economiche subite da Archiada vengono considera-te come dovute a un fantomatico raid vandalico di cui non esi-ste alcuna prova concreta. Sembra invece più plausibile rite-

nerle la conseguenza di confische di terreni operate nel quadrodegli interventi edilizî eudociani.11 V., HOLUM 1982, 193-194.12 Il carattere ‘artificiale’ dell’intervento eudociano sfugge aFOWDEN 1990, 500-501.

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Fig. 2 - Atene. Il palazzo dei Giganti: pianta (FRANTZ 1988, tav. 54)

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13 DAM. Isid. n° 271 (215 Zintzen). Le fonti su questo sismasono raccolte in GUIDOBONI 1989, 688; FRANTZ 1988, 78,FOWDEN 1990, 498-499, e BURMAN 1994, 83 attribuiscono ladistruzione del palazzo alla fantomatica invasione dei Vandali,ma è di gran lunga preferibile individuare la causa di tale even-

to nella serie di sismi verificatisi tra il 477 e il 480 d.C.14 V., THOMPSON 1950, 95.15 TROMBLEY 1993, I, 81-94.16 MARIN., Procl. XV. Cf. DI BRANCO 2006, 143-145.17 MARIN., Procl. XXIX.

L’unico edificio eudociano destinato a un declino repentino è il “Palazzo dei Giganti”: esso vieneinfatti distrutto nel terribile terremoto del 477 d.C.13; in seguito -privato delle sue originarie funzio-ni- l’edificio sarà riutilizzato in forme assai ridotte fino al 530 d.C., data intorno alla quale si collo-ca il suo abbandono definitivo14.Se si considera quanto finora evidenziato sul processo di cristianizzazione di Atene, non potrà

non cogliersi un dato piuttosto evidente: nella polis, almeno fino alla fine dell’età di Teodosio II, ilcontrasto fra pagani e cristiani non assume mai forme di scontro aperto, e sembra assente qualsiasiepisodio di violenza. Il fatto che un conflitto fra le due parti sia effettivamente in atto è testimonia-to da molteplici indizî, ma va sottolineato come esso si mantenga a un livello quasi sotterraneo e percosì dire a bassa intensità.Questo stato di cose muta sensibilmente a partire dall’ultimo quarto del V secolo d.C., ma il fat-

tore scatenante di tale rivolgimento deve essere identificato in una vicenda politica: la congiura diIllo, il cui principale ideologo, l’egiziano Pamprepio, era stato allievo della scuola neoplatonica eaveva intrattenuto ottimi rapporti con l’élite pagana ateniese. Il fallimento della rivolta messa in attodal magister militum per Orientem dell’imperatore Zenone, che aveva reclutato i suoi sostenitori frai ceti intellettuali paganeggianti, provocò infatti un notevole inasprimento dei rapporti fra cristia-ni e pagani in tutto l’impero, che ebbe come risultato la legislazione degli anni 481-484 d.C., appun-to contenente tutta una serie di provvedimenti antipagani15. In tale clima sembra da inquadrarsil’esilio temporaneo di Proclo16 e soprattutto la devastazione dell’Asklepieion ateniese.Quest’ultimo episodio, ci è noto dai dati archeologici e da un passo della Vita Procli di Marino

di Neapolis che merita di essere riportato integralmente17:Asclepigeneia, figlia di Archiada e di Ploutarché, e moglie di Teagene, nostro benefattore,

quand’era ancora fanciulla e viveva in casa dei genitori fu colpita da una grave malattia che nep-pure i medici erano in grado di curare. Archiada, che in lei sola aveva speranza per una discen-denza, si affligeva e piangeva, com’era naturale. Poiché i medici non avevano speranze, andò ,com’era solito fare nei casi più gravi, all’estrema àncora di salvezza, o meglio dal filosofo comeunico salvatore, e lo supplicò con insistenza di pregare senza indugio per la figlia. Egli, preso con

Fig. 3 - Atene. Il palazzo dei Giganti: ricostruzione (FRANTZ 1988, tav. 55)

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sé il grande Pericle di Lidia, anch’egli molto sapiente, salì al tempio di Asclepio per intercederepresso il dio in favore dell’ammalata. A quel tempo infatti la città godeva della sua presenza: il tem-pio del Salvatore non era stato ancora devastato. Mentre egli pregava secondo il rito più antico, simanifestava un cambiamento generale nelle condizioni della fanciulla e si verificava all’improvvi-so un miglioramento; il Salvatore infatti guariva facilmente, in quanto dio. Terminato il rito, Proclosi recò da Asclepigeneia e la trovò appena liberata dalle sofferenze che possedevano il suo corpoe in buona salute. Compì tale genere di azioni, non diversamente che in questa occasione, dinascosto alla folla e non offrendo alcun pretesto a coloro che volevano tramare contro di lui, aiu-tandolo allo scopo anche la casa nella quale abitava; infatti, oltre agli altri privilegi riservatiglidalla sorte, aveva la residenza più idonea; vi avevano abitato suo padre Siriano e il suo avoPlutarco (così li chiamava); si trovava vicino al tempio di Asclepio celebrato da Sofocle e a quel-lo di Dioniso, sito presso il teatro, e si poteva scorgerla dall’Acropoli di Atena.

La devastazione del santuario di Asclepio costituisce il primo atto di intolleranza cristiana a noinoto nei confronti di un luogo di culto pagano ateniese18. Nonostante le esagerate cautele di AlisonFrantz19, non sembra possibile negare la violenza insita nell’azione condotta contro il santuario - nonuna semplice “deconsacration”, ma un vero e proprio intervento distruttivo20. La testimonianza dellaVita Procli, che attribuisce implicitamente ma indiscutibilmente ai cristiani la devastazione del san-tuario, sembra inoltre ricevere una conferma anche sul piano archeologico (Figg. 6-7)21: infatti, laprima delle tre basiliche cristiane costruite nell’area -databile nella prima metà del VI secolo d.C.-

18 V., FRANTZ 1965, 194-196; FRANTZ 1988, 70-71; ALESHIRE1989, 19-20, e KARIVIERI 1995, 900-901.19 FRANTZ 1965, 194-196. Cf. ALESHIRE 1989, 20, n. 1.20 V., in proposito XYNGOPOULOS 1915, 53; TRAVLÓS 1948, 63;

GREGORY 1986, 237 ss. Cf. TROMBLEY 1993, I, 341-344.21 V., da ultimo le considerazioni di KARIVIERI 1995, 900 ss.Cf. anche MACMULLEN 1997, 25 e 126-127.

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Fig. 4 - Atene. Biblioteca di Adriano, il tetraconco (foto dell’autore)

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si impianta proprio su un notevole strato di distruzione, che è difficile non collegare agli eventi aiquali si allude nella Vita Procli22. Che adAtene, nella fase finale dello scolarcato di Proclo, sia ormaiin atto, pur tra ambiguità e reticenze, una dura contrapposizione fra cristiani e pagani, appare un datodifficilmente contestabile; quello scontro che la polis sembra avere per lungo tempo rinviato edeluso è ora una realtà con cui fare i conti: lo stesso Proclo, che al suo arrivo in città aveva stupitogli astanti per il suo coraggio nel riaffermare la dimensione pubblica della religione tradizionale23,è ormai costretto ad agire di nascosto alla folla per non offrire alcun pretesto a coloro che volevanotramare contro di lui. Tuttavia, come vedremo, questo inasprimento dei rapporti fra cristianesimo ereligione tradizionale sembra dovuto più a circostanze esterne che a un reale conflitto sviluppatosinel seno della polis.Il tentativo di Frantz di precisare il quadro cronologico di alcuni avvenimenti -come la “decon-

sacration” del santuario, la sua distruzione e la costruzione sul sito della prima basilica- non ha con-dotto a risultati particolarmente convincenti. La studiosa americana propone infatti di datare la“deconsacration” dell’Asklepieion “shortly before Proclus death in 485”, la sua distruzione“toward the end of the fifth century or the beginning of the sixth”, e l’erezione della prima basilica“after the closing of the schools in 529”. L’unico argomento addotto dalla Frantz a sostegno di talericostruzione è l’assunto secondo cui sarebbe impossibile “to reconcile Proclus’ enjoyment of hishouse for its proximity to the two sanctuaries with the catastrophic turn of events which would have

22 L’interpretazione di FRANTZ 1965, 194-196, che rifiuta latestimonianza di Marino sulla devastazione del santuario,derubricandola a semplice “deconsacration”, per poi attribui-

re la distruzione dell’Asklepieion a un terremoto sembra quan-tomeno discutibile. Cf. anche SPIESER 1976, 310-311.23 MARIN., Procl. XI. Cf. DI BRANCO 2006, 139-142.

Fig. 5 - Atene. Biblioteca di Adriano, il tetraconco: pianta (FRANTZ 1988, tav. 51)

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deprived him of that enjoyment and have mocked all his beliefs by the erection of a church on thevery spot”24. Si tratta evidentemente di un’argomentazione di estrema labilità, e tuttavia, la cronolo-gia proposta da Frantz ha costituito per lungo tempo un vero e proprio punto fermo negli studî25:solo recentemente essa è stata parzialmente messa in discussione da Arja Karivieri, la quale, sullabase di considerazioni squisitamente archeologiche, ritiene che “the erection of a basilica in thearea of the Asklepieion could have been quite possible already at the end of the fifth century”26. Inogni caso, ciò che va soprattutto respinto della tesi di Frantz è la distinzione del tutto arbitraria -ein aperto contrasto con la testimonianza di Marino- fra “deconsacration” e “destruction” del san-tuario, mentre la datazione della sua distruzione nei decenni finali del V secolo d.C. appare sempredi più come un dato acquisito.Va poi sottolineato come all’elemento meramente religioso si affianchi quello politico: si tratta

in effetti di un messaggio diretto alla comunità pagana ateniese, e in particolare alla scuola neopla-tonica, che va interpretato sia come una punizione per l’appoggio fornito a Pamprepio sia come unpressante invito a non perseguire in futuro una politica di opposizione nei confronti del potere impe-riale. Che il messaggio abbia come principale destinatario la scuola neoplatonica è reso esplicitodalla scelta certamente non casuale del luogo della devastazione: tra gli innumerevoli templi paga-ni di Atene, viene infatti colpito il santuario di Asclepio, nume tutelare dei neoplatonici ateniesi, col-locato a brevissima distanza dalla dimora di Proclo. L’assalto all’Asklepieion non sembra peròessere un episodio limitato e circoscritto, perché allo stesso periodo potrebbe risalire il ‘cambio didestinazione d’uso’ di un altro santuario pagano, forse il più importante di tutti: il Partenone.Com’è noto, in epoca protobizantina il Partenone cessò infatti di essere un tempio per divenire

chiesa: anche se l’orientamento dell’edificio dovette essere rovesciato, non furono necessarî molticambiamenti strutturali (Fig. 8). Il tempio classico aveva il suo ingresso principale a E, sotto le scul-ture del frontone raffiguranti la nascita della dea. Fu a questa estremità dell’edificio che i cristianivollero collocare il loro altare. Così , bloccarono l’entrata orientale con un’abside (Fig. 9), costrui-ta con materiali provenienti dai monumenti classici circostanti. Da questo momento in poi,l’ingresso del tempio fu a W, secondo lo schema classico degli edificî cristiani, cosicché l’anticaCamera W, cui si accedeva da tre nuove porte, divenne il nartece della chiesa, all’angolo NW delquale fu annesso un battistero. Ugualmente, l’opistodomo fu trasformato in esonartece, chiuso damuri inseriti fra le colonne, mentre l’antica Camera E, dove in passato era collocata la statua delladea, fu occupata dalla navata principale, completa di pulpito, transenna e cattedra del vescovo. Perfare entrare più luce si aggiunse una fila di finestre su ciascun lato, tagliando in diversi punti il fre-gio scolpito, mentre il colonnato esterno fu completamente trasformato in un muro divisorio, riem-piendo gli spazî fra le colonne fino a metà della loro altezza (Fig. 10).

24 FRANTZ 1965, 195. Cf. FRANTZ 1988, 70 passim.25 V., ad es. SPIESER 1976, 312-313; GREGORY 1986, 238-239;ALESHIRE 1989, 20, n. 1; TROMBLEY 1993, I, 341-344. Secondo

CASTRÉN 1999, 221, “the Christians ‘occupied’ the temple ofAsclepius” dopo la morte di Proclo.26 KARIVIERI 1995, 901.

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Fig. 6 - Atene, resti dell’Asklepieion (TRAVLÓS 1971, figg. 174-175)

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Secondo gli archeologi, nella fase protobizantina non venne utilizzata l’ampia porta occidentaledel tempio, ma si aprì invece un piccolo accesso alla sua destra: questa interpretazione è basatanon solo sulle tracce di usura del pavimento, ma anche sul fatto che i graffiti paleocristiani trovatisulle colonne che conducono a questa porta laterale sono in numero più elevato che in qualsiasi altraparte dell’edificio27.Il rovesciamento dell’orientamento causò una grande confusione tra i primi studiosi di antichità

che visitarono il sito con il testo di Pausania alla mano. Essi non capivano che la loro guida anticaera entrata nel tempio da E invece che da W, come facevano loro; per questo erano condannati a farcorrispondere a rovescio la sua descrizione con ciò che restava del tempio28.C’era poi la questione delle sculture pagane. All’estremità orientale, la scena della nascita di

Atena non si adattava alla nuova chiesa, e fu quindi prontamente rimossa dal frontone. Gli antichipannelli delle metope rappresentavano un problema più complesso: per tirarle giù ci sarebbe volu-to un imponente lavoro di demolizione: così , lungo tre lati dell’edificio esse furono sistematica-mente scalpellate, fino a renderne irriconoscibili i soggetti. Non è del tutto chiaro perché il restodelle sculture sia sfuggito a questo trattamento: si ritiene in genere che una metopa sull’angolo NWsia sopravvissuta perché interpretata come rappresentazione dell’Annunciazione e che forse il fron-tone occidentale non venne distrutto per ragioni analoghe, perché alla contesa fra Atena e Poseidonefu data una conveniente interpretazione biblica. Nascono però alcune domande destinate a rima-nere senza risposta: perché le metope del lato S sono sopravvissute senza nessun tipo di intervento?Perché deturpare tutti gli altri pannelli, esclusa l’Annunciazione, e non preoccuparsi di queste?Come ha scritto giustamente Mary Beard, “è difficile cogliere un qualche ovvio messaggio cristia-no nella battaglia mitica tra i Greci e i centauri, che ne costituisce il tema principale […]. Tuttavia,è altrettanto difficile credere che il lato meridionale abbia evitato la bonifica cristiana semplice-

27 V., ultimamente BEARD 2004, 49-61, e OUSTERHOUT 2005.28 V., BEARD 2004, 54.

29 BEARD 2004, 57.

Fig. 7 - Atene. Asklepieion e basilica cristiana (TRAVLÓS 1971, figg. 171-172)

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mente perché esso non era visibile dal percorso transitabile attraverso l’acropoli”29. Ci si chiede aquesto punto se davvero il fatto che soltanto un certo gruppo di metope del Partenone si sia conser-vato dipenda dalle scelte e dalle decisioni di alcuni cristiani ateniesi del VI secolo -come sostiene lastessa studiosa inglese- o se invece le distruzioni non siano in realtà da riconnettersi a un processopiù dilatato cronologicamente, nel quale più che una precisa pianificazione abbia giocato un ruoloimportante l’elemento estemporaneo.Per quanto riguarda infine la cronologia della ‘metamorfosi del Partenone’, Franz W.

Deichmann, John Travló s e Alison Frantz collocavano la sua conversione in chiesa verso la fine delregno di Giustiniano30. Deichmann aveva notato la presenza di tombe cristiane sul lato S dell’edifi-cio, una delle quali conteneva monete di Giustino I, Giustiniano e Tiberio I (578-582). Ward Perkinscollega invece la trasformazione al riassetto urbanistico che a suo parere seguì al sacco slavo del582. Secondo tale ipotesi gli Slavi avrebbero distrutto la cattedrale della biblioteca di Adriano, rico-struita in forme più modeste solo in occasione della visita ateniese di Costante II (662-663): la con-versione in chiesa del Partenone sarebbe dunque occorsa per offrire alla città un centro ecclesiasti-co collocato in una posizione più protetta31. D’altra parte, il graffito cristiano più antico sicuramen-te datato rinvenuto sul monumento è del 693 (Fig. 11)32. Anche Anthony Kaldellis, nella sua recen-tissima monografia sul ‘Partenone cristiano’, colloca la “conversion” attorno alla metà del VI seco-lo d.C.33

Tuttavia, è possibile formulare un’altra ipotesi: in un fondamentale intervento Cyril Mango haevidenziato come nella Theosophia di Tübingen, composta tra la fine del V e l’inizio del VI secolod.C.34, sia già menzionata la conversione del “tempio degli dèi ateniesi” nella “chiesa della santaTheotó kos”35; ciò implica evidentemente il rifiuto della ‘classica’ datazione della trasformazionein chiesa del Partenone nella tarda epoca giustinianea36, e la collocazione di tale evento nella secon-da metà del V secolo d.C. Se si accetta la tesi di Mango, peraltro assai convincente, una notizia dellaVita Procli37 viene ad assumere una luce nuova. Scrive infatti Marino:

A che punto egli (scil. Proclo) divenne caro alla dea stessa della saggezza è emerso a sufficien-za dalla sua scelta di vivere praticando la filosofia, scelta che fu tale quale abbiamo esposto; lomostrò chiaramente anche la dea stessa, quando la statua, fino ad allora situata nel Partenone, fuspostata da coloro che muovono anche ciò che non deve essere mosso. Al filosofo pareva in sognoche gli si avvicinasse una donna di magnifico aspetto e lo avvertisse di preparare al più presto lacasa; “la dea Atenaide infatti” disse “vuole dimorare presso di te”.

30 DEICHMANN 1938-39; FRANTZ 1995, 187-205, e TRAVLÓS19932, 138.31 WARD-PERKINS 1999, 239-240.32 ORLANDOS - VRANOUSIS 1973, 21-22, n° 34.33 KALDELLIS 2009, 23-35.34 Sulla Theosophia e i suoi rapporti con Atene v. DI BRANCO2006, 227-231.

35 MANGO 1995. Cf. TROMBLEY 1993, I, 342-344.36 V., ad es. FRANTZ 1995, 187-205, e FRANTZ 1988, 92.37 MARIN., Procl. XXX. Questa rimozione non deve esserecomunque confusa con quella della Promachos, come fannoSAFFREY - WESTERINK 1968, I, XXIII, e SAFFREY - SEGONDS2001, 164-165. Cf. in proposito le giuste osservazioni diFRANTZ 1979, 401, n. 54, e MANGO 1995, 201, n. 1.

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Fig. 8 - Atene. Basilica del Partenone: pianta (KORRÈS 1994, fig. 10)

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MARCO DI BRANCO

Fig. 10 - Atene. Basilica del Partenone: ricostruzione del lato orientale (KORRÈS 1994, fig. 13)

Fig. 9 - Atene. Basilica del Partenone: absidi del V e del XII secolo (KORRÈS 1994, fig. 11)

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LA METAMORFOSI DEL PARTENONE: DAATENA ALLA THEOMΤR

Questo passo, nel suo stile volutamente enigmatico, potrebbe alludere proprio al momento della“conversion of the building to Christian worship”38.La distruzione dell’Asklepieion e la trasformazione in chiesa del Partenone sono atti di notevole

violenza e radicalità, in qualche misura estranei al tradizionale understatement che ad Atene sem-bra caratterizzare i rapporti fra pagani e cristiani. Tale circostanza induce a ipotizzare in questevicende un intervento di un agente esterno, plausibilmente identificabile con l’autorità imperiale,che può aver agito da catalizzatore di forze sotterranee già presenti nella società ateniese ma anco-ra incapaci di manifestarsi; inoltre, va sottolineato come i responsabili di tali azioni non sembrinointeressati a fomentare in Atene un conflitto religioso permanente, tant’è che la pur precaria convi-venza fra pagani e cristiani può riprendere senza ulteriori scosse: solo pochi anni dopo l’attaccoall’Asklepieion e la trasformazione in chiesa del maggior santuario ateniese, Proclo riceverà pub-bliche esequie e un altro filosofo neoplatonico, Isidoro, troverà rifugio dalla persecuzione antipaga-na in atto ad Alessandria proprio nella città di Teseo.

Marco Di Branco

38 MANGO 1995, 201. Il fenomeno della rimozione di opered’arte ateniesi rappresentanti divinità non va però letto sol-tanto in chiave religiosa: in primo luogo esso deve infattiinquadrarsi nella vicenda secolare del collezionismo imperia-le; inoltre è necessario rilevare come le uniche effettive rimo-zioni di una qualche importanza avvenute adAtene nel V seco-

lo d.C. siano quelle della Parthénos e della Promachos, poichégli altri casi di “removal of Athenian works of art” elencati daAlison Frantz sono attestati esclusivamente dai Patria costan-tinopolitani, fonte che tende ad attribuire una provenienza ate-niese a tutto ciò che abbia a che fare con l’arte e la culturaclassica; v. JENKINS 1947, e FRANTZ 1988, 76-77.

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Fig. 11 - Basilica del Partenone: graffito del 693 d.C. (ORLANDOS - VRANOUSIS, 1973, 21-22, n° 34)

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MARCO DI BRANCO

Η ΜΕΤΑΜΟΡΦΩΣΗ ΤΟΥ ΠΑΡΘΕΝΩΝΑ: ΑΠΟ ΤΗΝ ΑΘΗΝΑ ΣΤΗ ΘΕΟΜHΤΟΡΑ. Όπως είναι γνωστό, η µετατροπή τηςεκκλησίας του Παρθενώνα τοποθετείται, σχεδόν οµόφωνα, προς τα τέλη της βασιλείας του Ιουστινιανού.Ο Cyril Mango αντίθετα τόνισε ότι στη Θεοσοφία του Tübingen -που συνετέθη ανάµεσα στα τέλη του 5ου

και τις αρχές του 6ου αιώνα µ.Χ.- αναφέρεται ήδη η µετατροπή του “ναού των αθηναϊκών θεών” στην εκκλη-σία της Αγίας Θεοτόκου. Αυτό σηµαίνει σαφώς την άρνηση της “κλασικής” χρονολόγησης της µετατροπήςτου Παρθενώνα σε εκκλησία, και την τοποθέτηση του γεγονότος αυτού στο δεύτερο µισό του 5ου αιώνα µ.Χ.Αν γίνει γεκτή η θεωρία του Mango, φωτίζονται διαφορετικά δύο πληροφορίες από τη Vita Procli σχετικάµε την καταστροφή του αθηναϊκού Ασκληπιείου και τη µετακίνηση του αγάλµατος της Αθηνάς από τονΠαρθενώνα την εποχή του αυτοκράτορα Ζήνωνος. Πράγµατι, η καταστροφή του Ασκληπιείου και η µετα-τροπή του Παρθενώνα σε εκκλησία είναι γεγονότα σηµαντικής βιαιότητας και ριζοσπαστικά, κατά κάποι-ον τρόπο ξένα στην παραδοσιακή understatement που φαίνεται να χαρακτηρίζει στην Αθήνα τις σχέσειςανάµεσα σε ειδωλολάτρες και χριστιανούς. Η συγκυρία αυτή µας οδηγεί στην υπόθεση κάποιας επέµβα-σης στα συγκεκριµένα συµβάντα από ξένο παράγοντα -που από ό,τι φαίνεται µπορεί να ταυτιστεί µε τηναυτοκρατορική Αρχή- που µπορεί να λειτούργησε ως καταλύτης υπόγειων δυνάµεων που υπήρχαν ήδηστην αθηναϊκή κοινωνία αλλά δεν είχαν ακόµη τη δύναµη να εκδηλωθούν.

THE PARTHENON METAMORPHOSIS: FROM ATHENA TO THEOMēēttōōR. The conversion of the Parthenon into achurch is almost unanimously placed towards the end of Justinian’s reign. Cyril Mango has, on the other hand,pointed out that in the Theosophia of Tübingen -written between the end of the 5th and the beginning of the6th century AD- the conversion of “ the temple of the Athenian gods” into the church of the Holy Theotokosis already mentioned; this implies obviously the rejection of the “classical” redating of the Parthenon’s trans-formation into a church and the dating of such an event to the second half of the 5th century AD. If Mango’stheory is accepted, two new reports of the Vita Procli, relateing to the destruction of the Athenian Asklepieionand the removal of the statue of Athena from the Parthenon in the reign of the emperor Zeno are seen in anoth-er perspective. In fact, the destruction of the Asklepieion and the transformation of the Parthenon into a churchare acts of remarkable violence and radicality, in a way unrelated to the traditional understatement that seemsto characterize the relations between pagans and Christians in Athens. Such a circumstance leads to thehypothesis that in these cases there was intervention by an external agent -plausibly identifiable as the impe-rial authority- which may have acted as catalyst of underground forces already present in Athenian society butstill unable to reveal themselves.

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Finito di stamparenel mese di Dicembre 2010dalla tipografia Dot Repro S.A.per conto della Scuola Archeologica Italiana di Atene