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1 www.vesuvioweb.com Δράκων Véseri Nigro IL DRAGONE, IL SARNO, IL SEBE- TO, IL NEGRO e VESERI IL VESUVIO IL MITO IL FUOCO DALLE FAUCI L’ACQUA CHE LO SPEGNE Di Aniello Langella

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∆ράκων Véseri Nigro IL DRAGONE, IL SARNO, IL SEBE-

TO, IL NEGRO e VESERI

IL VESUVIO

IL MITO

IL FUOCO DALLE FAUCI

L’ACQUA CHE LO SPEGNE

Di Aniello Langella

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Parleremo del fiume Dragone in questo lavoro di ricerca bibliografica? For-se ne parleremo, ma mi preme soprattutto lavorare, leggendo e rileggendo i vecchi testi, sulle origini del termine e sulla sua localizzazione. Nel nostro sito ho molto apprezzato il lavoro di Pietro Gargano, relativo al Dragone, il fiume di Portici. Ma abbiamo anche parlato del fiume Dragone a Torre del Greco. Ora ci viene di pensare come asseriscono in molti che il fiume nella sostanza lette-raria del termine forse non esisteva ma forse esistevano molti corsi d’acqua che la tradizione voleva definire e identificare con il termine Dragone. Si deve sostenere oggi che durante tutto il Medioevo il fiume Dragone venne identifi-cato con il Sarno. Forse la stessa morfologia del corso d’acqua, serpeggiante e lungo suggerì il nome. Forse i motivi sono altri.

Nel 553 d.C. sulle rive del fiume Sarno, che allora era detto Dragone, si svolse una sanguinosa battaglia tra le truppe del generale Narsete è l’ultimo re dei Goti, Teja che proprio sulle sponde di questo corso d’acqua morì, san-cendo la fine della guerra greco-gotica. A darcene notizia è lo storico bizantino Procopio che parlando del nostro fiume lo definisce "Draconteo".

La terra del Vesuvio è stata da epoca immemorabile ricca di acque prove-nienti da risorgive termali e direttamente collegate alla falda. Polle importanti si ritrovano ancora oggi a Castellammare di Stabia, a Torre Annunziata, a Pozzuoli, a Baia, a Ischia. La fascia costiera poi è ricchissima di affioramenti idrici e tutti più o meno importanti. A San Giovanni a Teduccio, a Portici, a Tor-re del Greco. E nel mare a pochi metri dalla battigia e a qualche metro di pro-fondità le risorgive termali sono numerose e quasi tutte allineate con le linee di faglia.

Particolare da Leone Alfano. 1514 Il Fiume Sarno, si legge, e la sua foce. Il ponte nei pressi di Pompei.

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Il Fiume Dragone è nella storia culturale del Monte Vesuvio. Sembra un per-sonaggio quasi. Una figura animale che sfugge in maniera destra e misteriosa a molte ricerche. Lo vediamo nell’immaginario del singolo come elemento della natura e nella credenza popolare, come affascinante abitatore di queste terre sotto forma di creatura lubrica e nascosta. Il Dragone è un po’ in ogni storia che si rispetti, dalle nostre parti. Pare quasi un simbolo di questa terra legata anche se in maniera lontana agli antichi miti che qui vennero celebrati. E così quasi per una sorta di trasformazione e di materializzazione il fiume, il corso d’acqua anche piccolo e nascosto diventa importante in quanto generato dalle viscere ignee del Vesuvio e prende a battesimo i simboli del fuoco e dei miasmi delle occulte caverne. Da fantasma, simbolo del mito diventa fiume e serpeg-giando come animale primordiale diventa Dragone. Scavalca i dossi e le pro-fonde gole della montagna borbottante. Passa tra le rigogliose terre delle pen-dici e sfocia nel mare turchino del golfo di Partenope.

Un po’ tutta la bibliografia Napoletana e Vesuviana ha voluto “celebrare” il fiume ed il suo austero nome. E così quasi a volerne celebrare anche noi la memoria abbiamo fatto un tuffo tra i testi antichi e abbiamo ricercato il serpente sputafuoco, che misterioso disegna i piani e le colline: il Dragone.

Il mio è un viaggio bibliografico, una ricerca delle fonti e non un saggio criti-co. Ho voluto catturare le fonti e commentarle nella maniera più oggettiva e semplice, lasciando al lettore il piacere di porre anch’egli nel libro dei commenti il proprio.

Il Vesuvio in una stampa del 1638. La sua “pancia” è fuoco ed i suoi fianchi caldi e rigogliosi. La sua terra fertilissima.

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In “Istoria naturale del monte Vesuvio” di Gaspare Paragallo (1) del 1705 ho ricercato il termine DRAGONE e così ho incontrato il vecchio fiume. Voglio ripro-porre il testo integrale e commentarlo assieme:

“...Imperciocché non solo in Procopio, ma già molti secoli addietro in diverse scrit-ture, le quali nel Monistero della Santissima Trinità della Cava conservansi e nella bolla di Riso Vescovo della Città di Sarno, fattali da Alfano Arcivescovo di Saler-no, avvisasi appellato, sì come rapporta il Pellegrino, col nome di Dragoncello e altresì di Dragone, Dragonteo (2) senzaché in tal guisa scernesi anche nominato dal Sigonio, allora, che fé menzione della battaglia in riva al Sarno accaduta tra l'esercito di Narsete, e. quello de’ Goti: Ad Vesuvi montis radices (3) amnis est no-mine Drago, cujus pontem Gothi praoccupaverunt, et statim impositis machinis, et turribus muriverunt…”

IL DRAGONE FIUME DEL VESUVIO

1 Il Paragallo in questo suo scritto riporta il testo

integrale del Siconio, il quale fa riferimento

alla battaglia avvenuta nel 553.

2 Il riferimento al Pellegrino poi è interessante

in quanto il termine DRAGONE lo vediamo

anche trasformato in DRAGONCELLO E

DRAGONTEO. Questi sinonimi li ritrovo in

Di Donna nella Università di Torre del Greco

e in De Gaetano: Antiche Denominazioni.

3 Non ci viene reso alcun riferimento alla loca-

lizzazione del fiume e né abbiamo appreso se

il Dragone è il Sarno.

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Ho “richiesto” a Google il testo del Procopio e così ve lo propongo per darne assieme una lettura e commentarne alcuni passaggi PROCOPIO DI CESAREA Bell. Goth. IV 35 Κατὰ τούτου δὴ τοῦ Βεβίου τὸν πρόποδα ὕδατος πηγαὶ ποτίµου

εἰσί. καὶ ποταµὸς ἁπ ̓αὐτῶν πρόεισι ∆ράκων ὄνοµα, ὃς δὴ ἄγχιστά πη τῆς Νουκερίας πόλεως φέρεται. τούτου τοῦ ποταµοῦ ἑκατέρωθεν ἐστρατοπεδεύσαντο ἀµφότεροι τότε. ἔστι δὲ ὁ ∆ράκων τὸ µὲν ῥεῦµα βραχὺς, οὐ µέντοι ἐσβατὸς οὔτε ἱππεῦσιν οὔτε πεζοῖς, ἐπεὶ ἐν στενῷ ξυνάγων τὸν ῥοῦν τήν τε γῆν ἀποτεµνόµενος ὡς βαθύτατα ἑκατέρωθεν ὥσπερ ἀποκρεµαµένας ποιεῖται τὰς ὄχθας. πότερα δὲ τῆς γῆς ἢ τοῦ ὓδατος φέρεται τὴν αἰτίαν ἡ φύσις οὐκ ἔχω εἰδέναι. Alle radici (1) del Vesuvio vi sono fonti di acqua potabile, da cui si

forma un fiume di nome Dracone, che scorre vicino alla città di Noce-ra. Sull’una e l’altra riva di questo fiume si accamparono allora en-trambi gli eserciti. Il Dracone è piccolo di alveo, ma non guadabile (2) né a cavallo né a piedi, poiché raccogliendo le acque in stretto spazio e erodendo il terreno molto profondamente da ciascun lato rende co-me pensili le rive. Non so se la natura del terreno o se quella dell’ac-qua ne sia il motivo.

1 Alle radici del Vesuvio. La localizzazione anche

in Procopio ci è oscura.

2 E’ molto interessante invece il riferimento alle

sue sponde e alla sua profondità. Infatti si dice che

il corso d’acqua non è guadabile.

Dettaglio della carta del Cavallai del 1602. Il Sarno disegna-

to nel suo corso serpeggiante. Due ponti ne garantiscono

l’attraversamento. Sono disegnate la tre fonti.

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Il testo che segue è molto importante ed è tratto da “Prospetto storico-fisico degli Scavi di Ercolano e Pompei”. Il libro edito nel 1803 è di Gaetano d’Ancora ed è una vera miniera di dati.

Della fondazione di Ercolano . Sono molto più sicure le notizie, che abbiamo della sua situazione, oltre i monu-menti effettivi , che ce ne convincono, ad onta de' sofismi di qualche cervello biz-zarro. Sappiamo dunque dagli antichi, che Ercolano era situato tra Napoli, e Pom-pei, contiguo a Retina, oggi Resìna, la quale probabilmente ne fu una specie di borgo, in mezzo de' fiumi Sarno, e Dragone, (1) collocato sopra una deliziosa colli-netta alle falde del Vesuvio, avendo una picciola lingua di terra sopra in mare, dalla quale veniva rassicurato forse il primo de' suoi porti; giacché Dionigi di Ali-carnasso nel luogo citato ne parla in numero de' più:

Di cotal fiume intese parlare Sisenna (in Historia Liber IV. apud Nonium C3 at vo-ce Fluvius), scrivendo che secundùm Herculaneum ad mare pertinebat; giacché il Sarno era più prossimo a Pompei, edificata nella sua imboccatura . Di esso fanno anche menzione Procopio (in de Bello Goth. L. IV. C. 36), e molte antiche scrittu-re dell'archivio della Trinità della Cava fino dall'anno 836, nelle quali chiamali pari-mente Dragontio, e Draconcello, ceme nota il Pellegrino (Camp. Fel. Disc. II Sez. 24). Sentiamone la descrizione dal quasi traduttor di Procopio Lionardo Aretino de Bello Ital., cantra Gothos L. IV:

Da ciò nasceva, che essendo Pompei città di mercato pe' Nolani, e gli altri popoli convicini, erano costoro obbligati per la difficoltà di passare il Dragone, di dover valicare il Sarno. L'eruzioni del Vesuvio hanno fatto sparire il Dragone (2), ed oggi si scoprono di tanto nelle vicinanze della vicina Ercolano alcune vene d’acqua che si credono suoi rivoli, se pure non si appartengono al Sarno stesso.

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1 Per D’Ancora i fiumi sono due e hanno un nome,

rispettivamente nomi ben chiari. Uno è il Dragone

e l’altro è il Sarno. Non vi sono dubbi per il no-

stro autore e ricercatore. A conferma di quanto

asserisce chiama in causa Sisenna e lo “fa parla-

re” direttamente in latino e nei termini che cono-

sciamo.

2 Il Vesuvio poi come abbiamo letto avrebbe sotter-

rato il Dragone e quindi Ercolano oggi sarebbe

città romana tra due fiumi e dei quali visibili uno

soltanto. Il Sarno ad est. Per il D’Ancora quindi il

discorso è chiuso. Non vi sono ripensamenti.

Sembra quindi categoricamente assodato che Dra-

gone e Sarno siano stati due fiumi distinti.

Nella carta del Cavallai i fiumi sono tre. A ovest il

Sebeto, accanto, discosto di poco il “Rivus” colle-

gato alla “Palus Napol.”. Ad est del Vesuvio il Sar-

no. Del Dragone, almeno come nome enunciato e

inciso sulla pergamena nessuna traccia.

SEBETO

RIVUS

SARNO

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Il fiume Dragone nella sua origine era diverso dal Sarno. (1) Or dal prefato serpeggiamento del fiume Sarno argomentano al-cuni autori, che sia esso il medesimo, che il fiume Dragone, di cui parla Procopio nel lib. IV. De Bello Gothico, allorchè ci descri-va la sconfitta, che diede Narsete Generale tanto famoso dello Imperator Giustiniano all' ultimo Re de' Goti chiamato Teja. Ma perchè Procopio si spiega nel luogo citato col dire, che questo fiume sorgeva (2) ad radices Vesuvii montis e il nostro Sarno al-l'opposto dal Vesuvio suddetto è molto lontano, né dalle radici di questo monte, ma bensì da quelle del monte Saro, come si è detto, le acque sue scaturiscono: e perchè, al ben riflettere, che fa su questo proposito il chiarissimo Prelato di Canosa Domenico Forges Davanzati in una sua Memoria sullo stato imperfetto nel quale è ancora la geografia antica, tra le memorie della società Pontaniana di Napoli, il fiume Dragone, comecché non avesse avuta molt'acqua, avea nondimeno le sponde molto alte, secon-do Procopio, e non guadabili affatto: etsi aquis non abunt Draco transitum tamen equitibus pariter, et pedibus negai; eo quod in angustum se contrahens, humumque cavans altissime praerup-tas utriunque ripas effìciat: mentrecchè per l ' opposto fin dai tempi di Strabone il nostro placido Sarno era navigatile, e guada-bile insieme, siccome lo è tuttavia ; perciò io qui non mi fido di potermi a questo lor sentimento attenere.

Il testo che segue contiene moti riferimenti al fiume fantasma e questa volta abbiamo riferimenti sufficienti per poterci creare una nostra opinione e formulare quindi un nostro pensiero. Il testo è del 1816 ed è a firma Nico-l’Andrea Siani (napoletano) il quale in quell’anno diede alle stampe il suo “Memorie storico critiche sullo stato fi-sico ed economico antico e moderno della città di Sar-no”. Testo lungo questa volta, ma ricco e sotto certi aspetti storicamente importante.

1 Qui la prima asserzione

chiara. Finalmente ab-

biamo un punto dal

quale partire. Il Sarno e

il Dragone in origine

(ma non sappiamo

quando) erano due fiu-

mi diversi.

2 Il Sarno non nasce giu-

stamente riflette il no-

stro, dal Vesuvio come

asseriscono altri. E poi

qualche riflessione me-

rita il punto relativo al

guado.

Il Vesuvio in una

stampa del 1731 visto

da est.

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Che se Procopio nello stesso luogo soggiunge che il sud-detto fiume Dragone scorreva proxime urbem Nuceriam, più vicino alla quale Città dalla parte del monte Vesuvio altro fiume ora non havvi che il nostro Sarno (1), lo dice, non già per confondere l' un coll’altro di questi due fiumi, giacchè nelle loro sorgenti erano essi differentissimi, al dir di Proco-pio; uscendo quello dal Vesuvio, e questo dal Saro; ma per-chè non eravi allora altra città rimarchevole più vicina al fiu-me Dragone, ed al Sarno della odierna Nocera. Meglio per-ciò mi piace di attenermi al sentimento di Filippo Cluverio, il quale interpretando quello , che Plinio asserisce, allorchè facendo la descrizione del fiume Sarno, dice , che ha esso la sua origine dai monti. Tifati, afferma , che questi monti erano della pertinenza de-gl’Irpini, popoli, che si estendevano fino alle sorgenti del fiu-me Sarno, ad Sarni usque fontem; onde conchiude perciò , che questo fiume non si deve confondere col Dragone, il quale, secondo Procopio, dal Vesuvio sorgendo, non poteva certamente confinar cogl' Irpini Fiume Veseri (2) se l'istesso, che il Dragone. Ambo sepolti sotto l’eruzioni del Vesuvio. Ma se il fiume Dragone non fu l'istesso, che il Sarno, al pre-sente qual'è? Ecco il quesito, che sorge naturalmente da tutto ciò, che si è fin qui disputato: ed ecco anche quello, che io nè so, nè posso individuar con tutta certezza, né mi fido di precisamente affermare. Lodo perciò il Remondini, che nella sua Storia Nolana riprende quell'Ignazio Sorrenti-no, che in un'altra certa sua Storia del Vesuvio lo fa scorrere per la Torre del Greco sua patria; ma poi lo ritrovo e Io con-danno nel suo sentimento, allorché si sforza di confonderlo col Sarno nostro. Posso però asserire con molta probabilità, che l'eruzioni vulcaniche del Vesuvio, e quelle massima-mente, che avvennero dall'epoca del XI secolo in poi, lo ab-biano intieramente seppellito (3).

1 Viene ribadito ancor più

chiaramente che il Sarno

nascendo dal Monte Saro

non poteva essere confuso

con il Dragone che nasceva

dalla pendici del Vesuvio.

2 I fatti si complicano quando

apprendiamo che dalla bi-

bliografia sbuca fuori un

nuovo fiume. Nuovo si fa

per dire, giacché viene citato

in non poche note bibliogra-

fiche. Mi riferisco a Veseri.

In alcuni lavori del Colon-

nello Giuseppe Novi che

condusse scavi archeologici

a Torre del Gredo si fa rife-

rimento a Veseri inteso co-

me città. A dire il vero an-

che in altri testi ho trovato

questo riferimento. Ma an-

cora oggi resta insoluto il

problema se Veseri fosse

stata una città (o meglio un

borgo) oppure un fiume. Il

Novi ad esempio in una pub-

blicazione relativa alla co-

siddetta “Terma Ginnasio”

di Torre del Graco asserisce

che qui, proprio tra Ercolano

e Pompei sarebbe esistita la

città di Veseri.

3 E’ chiaro che il commento

al Sorrentino è un po’ vele-

noso, ma nella sostanza si

bonifica il discorso facendo

“scomparire” il Dragone

sotto le lave del Vesuvio.

Il fiume Sebeto con l’antico

ponte della Maddalena in una

stampa del 1688.

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La storia naturale ce ne somministra molto spesso de' fatti consimili: e basta leggere le opere del Si-gnor di Buffon, e la Geografia del Varenio per re-starne persuaso, e convinto. Almeno è certo, che nella più remota antichità un certo fiumicello chia-mato Veseri scorreva sotto le falde del Vesuvio i-stesso, bagnando un certo castello, che portava l'istesso nome, siccome Camillo Pellegrino ci atte-sta. Ed in fatti Cicerone, Valerio Massimo, e Tito Livio, parlando della battaglia de' Romani co' Lati-ni, nella quale il Consolo Pub. Decio consegnando se stesso come in sacrificio per la vittoria, restò morto per la sua patria, dissero, che ciò addivenne apud Veserim, et ad Veserim (1). Di questo fiumicello parlò anche l’antico Storico Si-senna presso Nonio Marcello, il quale notando, che gli antichi Grammatici, Poeti, Storici, ed Oratori Latini usarono qualche volta anche nel genere femminina il nome sostantivo flumen, che è di ge-nere neutro, ne recò per esempio le seguenti paro-le del prelevato Sisenna, che sono estratte dal Lib. IV. delle sue Storie: Quod oppidum (hoc est Veseris) tumulo in excelso loco prope mare parvis maenibus inter duas fluvias infra; Vesuvium collocatum. Che se queste autorità dei prelódati Sisenna , e Nonio Martello si abiano volute troppo abbassare dal nostro chiarissimo D. Giacomo Martorelli nella sua Regia Theca Calamaria , vi è stato nondimeno in questi ultimi tempi l’ erudito P. Vetrani , che nelle sue Vindicie del Sebeto le ha sostenute,...

1 Stando a quanto si asserisce nel

testo, quindi la soluzione del pro-

blema è presto trovata. Veseri è

nome proprio di città e nel con-

tempo è anche nome proprio di

fiume.

Carta dell’Alberti del 1561. Il

fiume a est del Vesuvio che

sfocia nel golfo di Napoli, la

cui fonte non viene segnata,

all’epoca nei pressi del Vesu-

vio.

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...e difese gagliardamente. Perché dunque non si dirà, che questo Veseri piuttosto, il quale antica-mente esisteva, ed ora più non esiste, e non già il nostro Sarno, sia stato il fiume Dragone, o Dragon-cello, di cui parla Procopio? Ma non potendosi ciò sostenere, perchè il fiume Veseri era meridionale al monte Vesuvio, secondo il parlare di Cicerone, di Valerio Massimo, di Tito Livio, e sopratutto del pre-lodato Sisenna, quandoché il fiume Dragone era al-lo stesso Vesuvio orientale, e forse ancora setten-trionale, giusta lo scrivere di Procopio, perchè anzi con maggior sicurezza non dovrà dirsi, che al pari del fiume Veseri, anche il Dragone sia stato da que-sto monte colle sue vulcaniche eruzioni inghiottito-lo?

Nel 1557 nella carta del Ziletti vengono

disegnati due fiumi uno ad oriente ed

uno a occidente del Vesuvio. Le loro

sorgenti? Lontane dal vulcano certamen-

te.

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Si prosieguo I' istesso argomento. Ma perché solo con argomenti di analogia, e di conghiet-ture , e non piuttosto con, ragioni di fatto renderci per-suasi di una tal verità? Presso i popoli , che ora abitano sotto la falde del monte Vesuvio, e specialmente verso le sue regioni orientale, e settentrionale, quali sono quei di Ottajano, di S. Giuseppe, del Terzigno ecc., corre sotter-raneo scorra romoreggiando per le viscere di quel mon-te, e che sparsamente or qua , ed ora là se ne senta da essi tuttavia il romore: tradizione non popolare soltanto, ma eziandio filosofica, e tanto costante, e sicura, che ha dato motivo a molti eruditi Scrittori priacchè il sistema dello elettricismo sÌ fosse meglio sviluppato da i moderni Filosofi, ed applicato più felicemente alla spiegazione dei fenomeni del Vesuvio, di credere, che il fiume Dragone serpeggiasse occulto per le interne viscere di questo monte, e che nel tempo del cataclismo, smarrito, per le concussioni, l’antico corso e per la soverchia rarefazione dell' aria interna disquilibrato il suo moto, salisse in alto, e traboccasse sulle soggiacenti pianure; imperciocchè sempre addiviene nelle vulcaniche eruzioni di questo monte, che per più giorni consecutivi spesso spesso, ed istantaneamente compariscano sulla sua cima tempeste, oragani , ed alluvioni. Così pensarono l’ Abbate Braccali, Gioan-Battista Mascoli, Ambrogio di Leone, Monsignor Bruzzen la Martiniere, già riferiti dal P. Amato in un suo Critico divisamente sui fenomeni del Vesuvio, e degli altri vulcani. Anzi da persone di motto credito tra i popoli di Ottajano, di S. Giuseppe, del Terzigno ecc. vengo io as-sicurato, che alcuni ricchi proprietarj di questi luoghi vi abbiano già scavati dei profondi fossi per ritrovar questo fiume, e che già vi abbiano attinte delle acque. Ma questi popoli non sono quelli né che 'abitano presentemente presso il Sarno, nè che abitavano ne' tempi antichi pres-so il Veseri, il quale, come si è detto , era un fiume meri-dionale, e non già orientale, e settentrionale ai Vesuvio, come questi popoli ora io sono. Dunque quel loro fiume sotterraneo, che io suppongo essere appunto il Dragone cosi dal nostro Sarno, che dall’ antico Veseri era egual-mente diverso. (1)

1 I fiumi quindi sono e re-

stano tre per il nostro stu-

dioso. Il Sarno, il Dragone

e il Veseri. Solo il primo

sarebbe oggi visibile e

porterebbe ancora intatto

nei secoli, il suo vero no-

me di battesimo. Gli altri

due sarebbero stati seppel-

liti dalle eruzioni del Ve-

suvio.

Nel 1540 il Vesuvio domina, in

questa stampa, lo scenario del

golfo e dei fiumi, si scorgono

poche tracce. Solo a ovest del

cono il tratto verso la costa del

Sebeto.

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Il fiume Dragone nel progresso del suo cammino si confondeva col Sarno. In vista perciò di tutte queste ragioni, e considerando nel tempo istesso, che non senza qualche giusto mo-tivo gli Scrittori dei bassi tempi avran potuto confon-dere il fiume Dragone, o sia Dragoncello col Sarno , fa d'uopo dire, essere cosa molto probabile che il so-praddetto fiume Dragone abbia avuta la sua sorgente dal monte Vesuvio presso Ottajano, abbia quinci pro-seguito il suo corso per le campagne di Sarno, dove con quest' altro fiume e in qualche punto del suo cra-tere si fosse venuto ad unire; e che, fattisene final-mente di due un solo, abbia posto foce nel mare sot-to Scafati. Esso dunque in origine non è nè il Veseri , nè il Sebeto (1), nè il Sarno, ma con quest'ultimo però essendosi venuto a confondere nel progresso del suo camino fino a che dal conflagrante Vesuvio non fu inghiottito, ne avvenne, che il fiume Sarno fosse stato da molti Autori anche col titolo di Dragone, o Dragoncello cognominato.

1 I fiumi del Vesuvio sono quattro.

In questa ultima parte finalmente

vi è chiarezza e quindi conclusio-

ni. Posto quindi che i fiumi in

antichità, per tramando bibliogra-

fico, forse letterario ma anche per

ricordo semplicemente, erano

quattro, oggi se ne ravvede solo

uno. Questo come sappiamo non

è vero, in quanto dei corsi d’ac-

qua antichi del Vesuvio oggi se

ne posso osservare due e questi

sono il Sarno da una parte e le

tracce “labili” ma ancora chiare

del Sebeto.

Carta del Pellegrino del 1531. Siamo

andati a osservare per studiare le

antiche mappe della piana vesuviana

e abbiamo notato gli antichi corsi

d’acqua. Ma in questa ho potuto no-

tare qualcosa di veramente interes-

sante. Forse di straordinariamente

stimolante. Ad ovest del Vesuvio,

nei pressi della odierna Somma Ve-

suviana (a giudicare dal disegno)

viene individuata una località: Vese-

ri. Ma quindi ci chiediamo: esisteva

veramente una città con tale nome? E

dove esattamente era ubicata? Quale

il suo destino nella storia?

VESERI

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Il fiume Sarno deviò dal suo letto sotto l'Imperio di Tito. Ma se il fiume Sarno non ha mai ricevuto dal monte Vesuvio quel danno così notabile, che n' ebbero per l' addietro il Veseri, ed il Dragone, ne ha ricevuto però spesso spesso dei sensibili alteramenti: poiché e la se-poltura del suddetto Dragone sotto le lave di questo vulcano cagionò alle sue acque una perdita assai nota-bili, e la celebre eruzione dell' anno 79 di Gesù Cristo, dice il Grimaldi, fu dessa specialmente la causa vera del deviamento ancora delle sue acque dall' antico lor letto. Sappiamo in fatti da Strabene nel luogo citato, che da Marcino, andando verso Pompei per la strada di Nocera, vi stava un istmo, che non oltrepassava i cento stadj (cioè le otto miglia Italiane). Ma questo i-stmo ora dov'è? Certo che non più si vede in queste contrade. Dunque bisogna dire, che il seno marittimo dell' antica Stabia entrava molto più dentro, nei tempi di Strabene, all' agro Nocerino, e Sarnese, onde avesse potuto allora quell'istmo da costui menzionato unire i due golfi di Salerno , e di Stabia nelle due prefate città di Marcina, e Pompei . Ci attesta di più lo stesso Strabene, che il fiume Sarno a suoi tempi cingeva colle sue acque tutto il perimetro di quest'ultima città Ma questo camino nemmen più ora conservasi dal fiu-me Sarno. Dunque tanto per la mancanza del prefato istmo, quanto per la distruzione di Pompei in quella ce-lebre crisi addivenute le acque del fiume Sarno si al-lontanarono allora, correndo verso il mare, dall'antico suo letto.

La carta del 1616 del Barrionuovo è sicu-

ramente un documento importante. Ha

una sua scala metrica, un riferimento al

nord, ed in molti punti resta veritiera nei

riscontri del disegno costiero e dei rilievi.

In questo documento i fiumi sono tre. Due

sono disposti a oriente.

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La carta del Petrini che ho voluto inserire

alla fine di questa citazione bibliografica,

mi sembra molto importante. Penso che

valga la pena osservarla nei dettagli. Nel

1700, anno nel quale fu redatta la carta in

questione, i fiumi dell’area vesuviana sono

ben tre.

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Ho sfogliato poi di Domenico Romanelli, del 1819 l’”Antica topografia istorica del Regno di Napoli”, e le sorprese sono state tante e tutte interessanti. Taluni hanno preteso, che il Sebeto fosse stato quel fiu-me Veseri il quale scorreva appiè del Vesuvio, di cui parlò l'autore delle vite degli uomini illustri riportato dal Cluverio Latinos (parla di M. Torquato) apud Veserim fluvium Decii collegae devotione superavit. Questa medesima istoria è riportata da Cicerone, da Li-vio, e da V. Massimo, ma in questi autori non viene spiegato il fiume. Così presso Livio pugnatum est unici procul radicibus Vesuvii montìs, qua via ad Veserim fe-rebat. Dal Cluverio si nega costantemente, che sia stato un fiume, ma lo crede piuttosto un castello. Il Pellegrino al-l’incontro mettendosi in sicurezza vi riconosce un fiume, ed un castello, il primo adattabile al Sebeto, ed il secon-do presso lo stesso fiume distrutto dalle conflagrazioni del Vesuvio. Noi crediamo, che sia stato un fiume, per-ché della città non troviamo memoria, e siam di parere, che sia stato quell’ istesso, di cui si trovò il corso appa-rente presso le mura,di Ecolano, quando questa rovina-ta città fu scoverta. Alcuni riconobbero qui il fiume Dra-gone, ma noi farem osservare col Pellegrino, che deb-basi questo nome attribuire al Sarno. Qod oppidum (Herculaneum) tumulto in excelso luca propter mare, parvis moenìbus, inter duos fluvios infra Vesuvium collocatum, e nello stesso luogo: transgressus fluviam, quae secundum Herculaneum ad mare pertinebat. Da queste parole argomentiamo, che la città fosse eret-ta su di un promontorio, cinta di piccole mura, e da due fiumi inaffiata, uno de' quali, siccome abbiam opinato, fu il Veseri.

Carta del Pellegrino del 1531. Dove ap-

pare il toponimo Veseri accanto al corso

del Sebeto.

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Il testo di Giuseppe del Re del 1845 ci riporta an-cora un antico dubbio e quindi ci propone conside-razioni nuove. Il titolo del libro è: “Cronisti e scrittori sincroni napoletani editi e inediti”. Leggiamo il pas-saggio. De'due Dragoni che s'hann che nel nostro regno, questo del nostro Cronista oggi ha per distretto Cajazzo. Forse è cosi detto dal fiume Dragone che come il fiume Negro nasceva dal Vesuvio e si toc-cavano con quel di Sarno. Oggi quelli più non so-no, ma alcuna vena pur iscorre sotto all’Afragola e nelle sue circostanze e alcun'altra del Negro si conserva da qualche privato, come nel territorio di Torre del Greco nel luogo detto il Tidisco, da me veduto alle falde del Vesuvio dalla parte di Bosco-trecase .

Apprendiamo così che di fiume Dragone

ve ne erano ben due. Ma quel che sor-

prende è apprendere che esisteva un fiume

detto Negro che nasceva dal Vesuvio.

L’immagine è sicuramente affascinante,

ma abbiamo l’impressione che durante i

secoli scorsi si siano intrecciate attorno a

questo argomento molte storie povere di

riferimenti concreti. La carta qui proposta

è del 1615 ed i fiumi tracciati sembrano

proprio tre.

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Nel 1830 Giuseppe Castaldi scrive un pregevole lavoro, ricchissimo di riferimenti storici dal titolo “Memorie storiche del comune di Afragola”. Ancora una volta il riferimento ai fiumi del Vesuvio, è espli-cito e affascinante. In questa contrada passò forse un tempo il fiume Dragone. Ha potuto altresì le Torre del Greco chia-marsi ne' mezzi tempi Foris Flumen perché era al di là dèi Sebeto, giacché in molte carte della stes-sa epoca indicandosi puranche de' poderi situati verso S. Giovanni a Teduccio, Ponticello, e Portici si nomina il paese ov' è sito il fondo soggiungendo-vi quasi sempre le parole Foris Flumen , o Foris Flubeum. Nel sinodo poi diocesano celebrato in Napoli dall'Arcivescovo Annibale di Capoa nel 1595 si fa eziandio menzione de' surriferiti tre arci-preti, ove si nomina prima quello Capitismontis, in-di Afragolae , e finalmente il terzo castri Turris Oc-tavam. D' onde ricavasi, che già da Calvizano l'ar-cipretura era passata alla parecchia di Capodimon-te, e che la Torre del Greco non s' indicava più in latino colle sole voci di Foris Fluminis, né di Cala-strum, ma si denominava Turris Octava , come chiamasi attualmente.

Carta dello Jode del 1578. Il Sarno e il

Sebeto sono ben evidenziati nel contesto

del territorio e non vi è traccia di altri corsi

d’acqua.

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...carta del 1620...il lavoro sulla ricerca dei fiumi della “Mirabile Terra Vesuviana” continua...

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Bibliografia tratta da

http://books.google.it/bkshp?hl=it&tab=wp