Download - Juan Olivi

Transcript
Page 1: Juan Olivi

PUlitìI,ICA/IONI DEM/ UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL S. CU O REVi iiV\ SERIE VDL. l_S_\tll

EFREM BETTONI o.f.m .

LE DOTTRINE FILOSOFICHE

DI PIER DI GIOVANNI OLIVI

Saggio

S - i ì .Λ

S O C IE T À E D IT R IC E « V IT A E P E N S IE R O » . M IL A N O

Page 2: Juan Olivi

S O M Μ Λ R r O

f’.L?

l ' r t f i? i : a·' . >

\hbrcvi , z on’ . . . . . . r|

IN I R . >DUZIONI....................................................................................................................................... I l

1. Cenni olografi; i2. L’eredità letteraria deli'O.iv.l3. L’ ucTr.o

I - PIER GIOVANNI OLtVI E LA P I u O S O F l A ...................................................... "·'*

tt - A LLA atC LR C A DI D Ì O ..................................................................................... . ti 7

1. La conoscibilità di Dio2. Come si dimostra resistenza di Dio3. Raffronti storici

La c ualif.cazione cei.’asso uto

IIT - L’ -.SCLUSrviTÀ DELLE. PRftROCATIVE DIVINE . . . . I-’·

1. L ’atto creativo è una .prerogativa di Dio2. Contro ['eternità dei mondo1. Vppunti di angelo.ogia

TV - 1 Λ .STR U TTI RA DI'.I.t.V.SSFR.··. CREATO . . . . . Hili

t. I a leona oliviaria delle distinzioni2. Matura della distinzione fra Γκ esse » e i’« essenti.;, »J. LVsscre e i suoi attributi trascendentalik II problema delle utegcrie

5. [.'oggettività dei concetti universali fi Conclusione V VI

V - l a S t/CIGFÿSIONE CONDIZIONE M ET A FISIC A PRIM ORDIALE D E M ’ E S T E R E

C R E A T O ......................................................................................................................................... 2 1 »

VI - L ’ INTERPRE : AZIONE OLIVIANA D ELL’ CLEM O X P ISMO . . . 2*33

1. L’attualità deila meterla prima 2 R 'alta delia cornpr«izK.ns ilerni fica il. La pluralità delle forree sostanziali secondo l’Oiivi4. L’origine del.e forate5. Conclusione

Page 3: Juan Olivi

J J I I V U .

s I I 11 i - ' I M I V O ii I Μ Λ Ni . -j

I I ..1 I i ! ' M 'il!' mi l'-il'ui II

<-’ΐιΐιΐί /jn.tn > i . μ * .ίΐ,ιπ/ι.ι!ιΐ]ΐτιΐ" al οηχι ! ( Μι. i 1 .i M i l i 'air ii i" l i MK ‘ in dl V ie n n a

v I I I I I M I I K . ' I I I ’ I d m 3 3 3

I 11 rullìi m d< l.’i' po' r /- N.tiuu 1 V jji’.)«iize

i V i a μ i \ ii · .i imi i i ii i.' l'Mu . . . _ _ 3qg1 \iiu i.i ij.pr«tt.t;i/», jmi.’ :':l.a libi la umana2 l a vu1 i|.\ · un |Ktcnr attiva* I i i a us. i .i min liv;1 I ’ * is|t* ir » u tcoHica’ita p o 'cn 'ia n j n >

s I »VII rii f.Ninlt'M'l DII vi N 'SCI.NZA IMANA ,im). 1 ’iinlrn ') « spi i ¡ej η μ , t., V

< '< U11 1 ■ i 1 .rii III ·!■] aj.i .ihi 1 . . I « · | ) ' < il s n i i in ri ||S \

1 < li ni. luMuiir

i."v 11 .................................. · ■ · . . . noiI )'oM/i' iii Irind.uiu· i.al del pensiero aliviano

11 -p'in/h. η stoni e. Ji l.' Oliv

l i Ί·!·>*;■' ·'·'· . . . . . . . . . . . . i li '*

li in ' iJi i limili . ......................................................... _ 1,31

Page 4: Juan Olivi

Capitolo settimo

IL C O M P O ST O UMANO

Lo studio della dottrina ilcrnorfica oliviana ci ha condotto a sotto­lineare i molti c fondamentali pariti eli dissenso fra 1 Olivi e l ’aristo- telismo personale di sari Tommaso; rna ci ha anche dimostrato con quanta libertà il nostro autore si muova nell’ambito della tradizione agostiniana. L ’indagine .sulle dottrine psicologiche o liviano che qui iniziamo ci offrirà un’ulteriore conferma dell’originalità filosofica del nostro autore; anche in psicologia POI ivi combatte su due fronti; poi­ché se da una parte cerca di smantellare con una critica vigile e ri­soluta le posizioni ari.stotelico-torniste, in nome di istanze squisitamente agostiniane, non esita, dall’altra, a mettersi in polemica con i rappre­sentanti qualificati dell’agostmismo, in nome di una propria valuta­zione c concezione dell’essere e dell’agire umano.

In tutti i pensatori le dottrine psicologiche sono condizionate dalla soluzione del problema fondamentale, quello dell’unione fra anima e corpo, rispettivamente proposta. E ’ naturale quindi che anche noi mettiamo a fuoco prima di tutto la dottrina oliviana sul difficile e appassionante probh ma. Tanto più che in propos to ¡Olivi, cnrn’è noto, ha fin to col proporre una soluzione personalissima, che oltre ad essere ir. un certo senso antitetica a quella propugnata da san Tommaso, si è attirata critiche accanite e sostanziali anche da parte di Maestri per nulla solleciti dell’ortodossia aristotelica e militanti sotto la bandiera dcll’agostinismo, o deil’anstotclismo agostinizzante, come altri vogliono l.

Per orientarci bene nella discussione, evitando così fraintendimenti del pernierò oliviano, è necessario che teniamo ben presenti i eapisaldi deH’ilcmorfisrrio oliviano illustrati nei capitolo precedente. L'avver­tenza non è mia, ma dell'Oli vi stesso: non è possibile — egli affer-

1 F u. oííd proprie i confratelli dcl/OFvi a sottoporre l'ìc nimicata dottrina oliviana al giudizio cel Concil o eli V iem a e a sollecitarne 1 a condanna, come vedremo a suo tempo.

Page 5: Juan Olivi

334 : . Ε ι η τ τ ϋ ΐ Ν Γ r i L O f o n c E B n i r . g . c l i v i

mu — rendersi ragione di quello che io sono venuto precisando intorno ai rappnli fra anima e corpo, se si dim entica quello che io ho detto parlando della materia, della forma e della loro u nione2. Da parte mia ic aggiungo che per metterci iti g iad e di affrontare la nostra indague nelle miglimi condizioni passibili c necessario aver davanti agli occhi il quadio delle conclusioni cui erano giunti i Maestri del sec. XIII nel momento in cui l'Olivi riprende in esame per conto suo il formidabili pioblcma dei t apporti fra anim a e corpo.

1 - M P L U R A L IT À D E L L E F O R M E N E L L ’UOMO

Nel sec. X III . sotlo l'influenza d Ila filosofia aristotelica, il proble­ma nel'a struttura metafisica (Ml'uomo è posio e risolto nell’ambito della t f ori a ih modica. Per questo non si parla più. platonicamente, di pluralità di anime, ma di pluralità di fo rm e2. Per tutti dunque l’uomo risulta dall'unione sostanziale di un corpo e di un'anima a modi di materia e forma. L ’innegabile complessità della sita umana, vegetativa, sensitiva e intellettiva, fa sorgere subito però il problema, se ramina sia un principio vitale semplice oppure composto di più forme. Mentre alcuni i¡tengono che la semplicità dell'anima sia incom­patibile con una pluralità di forme, altri invece non trovano difficoltà ad ammettere nell’anima una pluralità di forme essenzialmente su­bordinate fra loro. Per i primi (i teologi, come li chiama Zavalloni accettando la terminologia di Riccardo R u fo 4) l’anima è un’unica so­star)/.. dotata di tre potenze, che l’anima conserva anche dopo che si è separata dal corpo. Gli altri invece (detti filosofi, perchè credono di attenersi all’insegnamento di Aristotele) sostengono clic l’anima «est compose, de trois substances, ou. mieux, de trois essences»5 nen gius'apposlc tuttavia, ma ordinate fra loro in modo che la prima ri­sulta in potenza rispetto alla seconda, e questa rispetto alla terza. Ci sono nati naturalmente dei Maestri, i quali Iranno cercalo di conci-

5 Di quella 1 rase·.rattizza !" Olivi rimprovera Vitale da Foir: « ...Nimis intente dielt «.¡ine -aiion'-s neuve fundar." in soir, illa ^repositione, eun. ib" rimantur -atieres ex Hipar radi·:. : Plinto spàcci ex nar.e animae, secundo ex palle corporis, tertio ex paite contesiti. Veni n est çxicd ormes dtVni fundati st ·χ.ν tiro; nie'elibus formae et materiae et inven: s mu* lae... ». Cfi. QSS., c. 51, A-»pend , (11 150\

* ] o Za vallon", clic ri ha dato la ricostruzione s erica più approfondila e completa in jaropes c, riassumerlo i risultati della su indagine tulla Scolar ira pi derrista, può scriverti < Le piovènte de la pluralité ces âmes ne peut être identifié avec je problème de ia pluralité des formes. Aucun scolasticie r ’acctpte la plunii'é oes âmes...». Cf-. Zaval ion R.. Richoìd de. Me dia otila, 418.

4 C fr. Z aya: .LONi R , op. cit., 305.! I'.iáctr,.

Page 6: Juan Olivi

:.E ι χ π .ή ιμ · f ^o .’ g f ic h h 1*1 p. g . o l mVA

ma — rendersi ragione di quello rhe io sora venuto precisando intorno ai rapporti u anima e corpi-, e si dinamica quello che io ho detto parlando ddla materia, della forma della 'oro unione2. Da parte mia io aggiungo elu pn mitin ci iti n ade di affrontare la nostra indagine ne le miglio] i conemoni pass rii è necessario aver davanti agli occhi il quadto dilli e -inclusioni ni erano giunti i Maestri del sec. X III nel momento in cu l'Olivi ratende in esame per conto suo il formidabile pioblema di i uppoit f i arima c corpo.

1 - l.A P llim i.irÀ 1)1111·. FORMI· N E L L ’ UOMO

Nel sec. Nili, sotto 1 'nfhicuzi dii a f linniia ;.r istotclica. il proble­ma della struttura metafisica ιΙ'ΊΓιι· ino <· posto i risolto ni H'ambito della teoria ili mot fica. Pn unto non . i parla più. piatomi amenti·, di pluralità di anime, irta di pluralità di 'orme Pn lutti dunque l'itemo risulta dall'unione sostanziai d un c r i c i di un'anima a modo di materia e forma. L ’innegabile complessità della vita umana, vegetativa, sensitiva e intellettiva, fa sorgere subito però il problema, so l’anima sia un principio vitale semplice oppure composto di più forme, Mentre alcuni ritengono che la semplicità dell’anima sia incom­patibile con ura pluralità di forme, a tri invece non trovano difficoltà ad ammettere nell’anima una pluralia ci forme essenzialmente su­bordinate fra loro. Per i primi fi teologi, come li chiama Zavalloni accettando la terminologia di Ricca ree Rufo 4) l’anima è un’unica so­stanza dotala di tre potenze, che l’anima conserva anche, dopo che si è separata dal corpo. Gli altri invoco 'detti filosofi, perchè credono di attenersi all’insegnamento di Aristotele) sostergono che l’anima «est composé de trois substances, ou. mieux, de trois essences»0 nen giustapposte tuttavia, ma ordinate fra oro in modo che la prima ri­sulta in potenza rispetto alla second?., e questa rispe lo alla terza. Ci sono siati na'oralmente dei Maestri, i qual' hanno cercato di conci-

! Di questi. tr£.icjratf77a "Olivi rimprovera V.ul: du Four: o ...Nimis ir. orte dicil ctr.ncs i atienes nostrae fundati ir soit !!a peorlien , rum iti sumantur tacones ex trpli i tadice: Primo scibcet c>: parte armiae, se;· co ex natie ccrtutis, trrtir ex ¡tarie compositi. Verum est cuori omnes debu i funi', i ìjv t proprietatibus íornae et materiae et unionis mu:u:e... j . Oft. QSS , c. 51, Appetti . II 1 f»C..

1 ] p. Zaval oni, cite ci lia dato la rioflrutkre 'tc/ta ]tiu a ppr/ordita e completa inproposite, liasiu merlo i rii abati della sua ir.dagi-e siili Scolastica pi f.tornisi a, può scrivere: « Le problème de la pluralité des artes re pul être identifié avec le problème de la pluralité ce· foitxs. Aucun scolastique n'arcetle b plura l e des àin-s... ï . C r. Z aval- : .oni K . , P.irhatd de Mediavilic, c ? 8

‘ C i. Z a valloni R , -/>. n i j 385.0 Ibidem.

Page 7: Juan Olivi

I COMPOSTO U Μ Λ Ό

iiare le clue sentenze opposte e hanno creduto di riuscirci ammettendo nell’uomo due coppie di principi vegetativi e sensitivi; oltre ai prin­cipi vegetativi e sensitivi propri desanima e inseriti in essa come sue potenze, ci sarebbero nell’uomo anche principi vegetativi e sensitivi che informano il corpo a modo di ferme sostanziali materiali e io dispongono alla vita razionale. Λ deferenza dei primi, che sono creati direttamente da Dio e sono immortali, come l'anima, questi ultimi « provenant ex materia », cioè sono generati, col corpo, e alla morte scompaiono corne principi di attività oramai inutili6.

L’unanimità si ricostituisce nell’ammettere una pluralità di forme nell’uomo considerato nella sua integrità di anima e corpo. Prima di san Tommaso, tutti i Maestri, senza eccezione, insegnano che il corpo è già un composto di materia e forma per conto suo e che come tale si unisce all’anima. Se qualcuno paria solo di una «ferma corporei- tatis », come Guglielmo d’Auvergne7, altri, come san Bonaventura8, oltre alla «form a corporeitatis » nominano la «forma dementaris, mixtionis, complexionis », che si aggiungono alla forma primordiale del corpo a seconda che si tratti di un corpo elementare, o di un misto, o di un corpo organizzato. La tesi dell’unicità della forma so­stanziale è sconosciuta ai Maestri anteriori a san Tommaso per l’evi­dente ragione — aggiunge lo riavallarli — che « ... a tous ces auteurs manquaient h\> bases métaphysiques sur lesquelles repose la doctrine de Punite», cioè « la conception de la matière et de la forme comme une relation vraiment transcendental » u.

Noi sappiamo che nonostante gli sforzi tenaci di san Tommaso per dimostrare che non era possibile accogliere l'ilemorfiismo aristotelico, seri/a accettarne tutte le conseguenze, e che di tali conseguenze la prima era proprio i’impossibilità di ammettere la coesistenza di più forme sostanziali in un essere, la stragrande maggioranza dei Maestri 9

9 A porri" dello Zivalluni (op. cit., 418), vanne annonverati fra i tsalogi: Guglielmo i.'Auv1 r.;r¡r, R >1 ir,.lo da Cremeria, sant’Alberto Magre, san Benaver.tura e l’autore della Sitm - m·· H ai ti n i. ri deveno mettere tra i filosofi invece: ÄJcctirdo Flauere, Riccardo Rufo, Adamo t.i l’ jrkfied c l'd ’ppo 1 Canee.bere. Sorte concordili infine A.essandro d’Hales, Giovanni Rup-1 li, Odone Rigaidi.

1 .Vi vs novo A., Da Cug'ielm o d ’Auvergne a ten Tam m uso, I l i , 1943, i o . « . . .A onesto punto il lettore ri aspett:·. che Guglielmo c.'Auvergne, orma: rassicurato circa, t’ur.i- cità del a n i in nr l’ur.rv, russi a discutere, conce fa appunto sar. Tommaso, se neUTicrr.o sia anche li '(a la forma. Di questo invece nè qui nè poi si fa parola. La ragione è che Guglielmo d Aiivrrg si è già pronunciato in proposito, .In dal pr'trio capitolo, con riso­lutezza e chi re m iteqi-ivocabile. D ’ anime ur.a sola ; ma di forme d_e; una è l'anim a, l’altra propria dei co n o erte riceve l’anima ».

8 I ( Se?u., d. 18, art. I, q. 3 (II 442}.9 Z avallom R ., op. cit., 419.

Page 8: Juan Olivi

L b DOTTklND T l L O S O r i C H E D I P. G. O L IV I

ino continuato ad insegnare i. pluralismo in nome della tradizione lello stesso Aristoteleira coloro che non si sono lasciali persuadere dalle precisazioni aiste c ‘è anche J’Olivi, pluralista convinto quanl’altri mai. Ci resta ò da vedere fino a che ¡junto egli applichi il pluralismo delle forme caso dell’uomo e quali conseguenze ne ricavi.Incominciamo a vedere in base a quali argomen'i il nostro autore uta di sottoscrivere la lesi tomista, che vede nell'anima Tunica ma sostanziale delTuoino. A suo parere la tesi tomista nor. è in ido di tendere ingioile di dati di iatfo incontrovertibili, quali sono nascita, la morte c la struttura composita della realtà e della vita lan a11. Affermare clic l’anima è Tunica ferma delTuoino equivale dire clic essa informa dircitamnitc la liuteria prima «nulla forma bstantiali mediante». La maini;, pi ima quindi nella sua nudità letiziale et senz’altro capace di essine informala dall'anima. Cornee spiega allora il fatto che Tanima informi solo il corpo umano c

il un corpo qualsiasi, e che Tuemc possa essere generato solo da i altro uomo? La materia prima del cot'po umano, come tale, diffe- eice forse in qualche cosa, ha delle proprietà particolari, rispetto ila materia prima di un corpo qualsiasi? Se tutte le forme precedenti ungono distrutte, come inutili, nell’is* ante stesso in cui Dio infonde ■anima nel corpo (solo a questo pal o Tanima resta Tunica forma clTuomo), il processo generativo perde ogni ragion d’essere; sareb- i£ più facile a Dio infondere Tanima in un corpo elementare che ■an nel corpo umano, dal momento che la forma da togliere di mezzo . è una sola c per di più imperfettissima ;2, i

i 10 Fino a che p jn to fosse legittimo o meno lappe'lo de; pluralisti a: testi aristotelici, tentato di stabilirlo, fra gl altri, il più volle c : ale p. ZavaJoni (op . cit., 456-·! 74).

a?r que! o che ci riguarda, egli, con la rtiggioranzi digli storie:’ della filosofia, riconosce clic (spetto all’arlstotelltmo-aaostinizzar.f?, qu-])o d sar Tonm iso: « e s t certainement le plus jithcr.tique » ; l jlta \ ;a si crede in dovere ti agiiungere: «M ais on n'oubliera pas eue .* nombreux passage· d'Aristcte. tyarl pour objt; ia description et l'interprétation du

i evenir dans la rature, se prêtent a sèment à I’ir.tenréutior. pluraliste, qui vert dans les .■(imposants de l’être carperei des en‘.Hé s !ub$lc.r,Uc'Jis plutôt que de véritables co-princlpes » >. 473).

( n QSS-. q. 50 (TI 29) : «Opinio autan hase non po est habere in se veritatem. Qucd patet si attendamus ad bomiris generationem, ad dus comrr.ionem, ad rationum forma­rum quiddità err et ceCniliocem et ad earumdem sibctun varium et variam proprietatem

:u passionem ».jfj 12 Ibidem : < Si enim sola arir.a est forma ocrpor’s sui, tunc ipsa unitur m alerae .. rimae nulla forma s.bstrntiaii mediante. Ilum erro essentia mateiiae primae aeque per­a c te sit sub quolibet e.emento et e ementa o sicut ir humano semtne, ita poterit ex illis ìm- ,(redíate generari hemo sicut cx semine, ef ita .erudiate poterit anima rationalis uniri ma­ceriis eorum, destructis formis ipsorum, sicut e' jt: attrite cor teris sui ». L ’argomento appetta abbozzato nella quaest. 50, nrll’Anpencix. 57-58, è anice] ho di c-ons’d.raziari, a cui J toc si può negata una notevole aiti cucir. Itecene : n saggio: « ...A d quid Deus tanto

Page 9: Juan Olivi

L E Ι Χ Π Τ μ : \ Ε F IL O S O F IC H E Tj I P. G O L IM336

hanno continuato ad insegnare il pluralismo in nome della tradizione e dello stesso Aristotele

Fra coloro che non si sono lasciati persuadere dalle precisazioni torniste c ’è anche l'Olivi. pluralista convinto qaant’altri mai. Ci re«ta però da vedere fino a clic punto egli applichi il pluralismo delle forme al caso dell’uomo c quali conseguenze ne ricavi.

Incominciamo a vedere in base a quali argomenti il nostro autore rifiuta di sottoscrivere la tesi tomista, che vede nell’anima l’unica forma sostanziale dell’uomo, Λ suo parere la tesi tomista non è in grado di rendete ragione di dati di fatto incontrovertibili, quali sono la nascita, la morte c la struttura composita della realtà e della vita umana n . Affermare che l’anima è runica forma dell'uomo equivale a dire che essa informa direttamente la materia pi ima «nulla forma substantiali mediante». La materia piima quindi nella sua nudità essenziale è senz'altro capace di esser« informata dall'anima. Come si spiega allora il fatto che l’anima informi solo il corpo umano e non un corpo qualsiasi, e che l’uomo possa essere generato solo da un altro uomo? La materia prima del corpo umano, corne tale, difTc- risce forse in qualche cosa, ha delle proprietà particolari, rispetto alla materia prima di un corpo qualsiasi? Se tutte le forme precedenti vengono distrutte, come inutili, nell’istante stesso in cui Dio infonde l’anima nel corpo (solo a questo patto l’anima resta l’unica forma dell’uomo), il processo generativo perde ogni ragion d’essere: sareb­be più facile a Dio infondere l’anima in un corpo elementare che non nel corpo umano, dal momento che la forma da togliere di mezzo là è una sola e per di più imperfettissima12.

1f F.'no a che punto :osse legittimo o meno l ’appello dei pluralisti ai testi aristotelici, ha tentato ci stabilirlo, fra gli altri, il più vette citato p. Za valloni \op. cit., 456-474). Per cuello che ci riguarda, egli, con la maggioranza degli storici della filosofia, riconosce che risp tto ail’aristotelismo-agostlnizzante, quello di sar, Tommaso: «est certainement le pus authentique » ; tuttavia si crede :n dovere d' aggiungere: «M ais on n’ouoliera pas que de nom areux passages d ’Aristote, ayant pour objet la description et l'interprétation du devenir dans la na'ure, se prêtent a'séir.er.t à l’interprétation pluraliste, qui voit dans les composants de l’être co.-pmel des entités substantielles plutôt que de véritables co-principes » (p. 473).

11 QSS., q. 50 (I l 29): «Opinio autem haec non potest habere :n se veritatem. Quod petet si attendamus ad bomir.is generationem, ad eius corruptionem, ad ratienum forma­r e n quidd'tZ’tem et definitionem e. ad earumdem effectum varium et variam proprietatem t.c ; passionem i .

12 Ibidem : « S i enim, scia anima est forma corporis sui, tunc ipsa unitur materiaeprimae nulla forma substantiali mediante. D :in ergo essentia materiae primae aeque per­fecte sit sub quclibet elemento et e em en'ato smu' T um ano semire, ita poterit ex illis im­mediate gene:ari homo sicut ex semine, et ita immediate poteri: anima iationaiis uniri ma­teriis eorum, destructis formis ipsorum, sicut et materiae corporis sui ». L ’argomento appena abbozzato nella craest. 5C, nejl’Appendix, 57-58, è arricchito di coaisidcazion:', a cui non si può negare una notevole effìcac’a. Eccone un saggic: « ..A d quid Deus tanto

Page 10: Juan Olivi

I L COMPOSTO UMANO

L’Oiivi non ignora che per sfuggire a queste difficoltà gli unicisti insegnano che la distruzione delle forme sostanziali precedenti non implica la dispersione delle disposizioni indette da esse nella ma­teria prima. Dette disposizioni infatti, anteriori all’avvento dell’ani­ma e presenti nella materia in virtù del processo generativo, anziché scomparire vengono ricuperate e conservate dalla nuova forma so­stanziale, l'anima, che è forma tanto perfetta da poter produrre da sola nella materia gli stessi effetti indottivi successivamente da tutte le forme precedenti. Ne risulta che, sebbene dette disposizioni « quoad fieri » precedano e condizionino l ’avvento dell’anima, tuttavia « si attendatur ordo in essendo », cioè se badiamo alla loro ragione, di essere, esse dipendono dall’anima o, meglio, dal composto di corpo e anima ,3. Non è difficile — osserva l’Olivi — mettere a nudo le con­traddizioni incluse in questa argomentazione: in sostanza si viene a dire che gli accidenti possono esistere prima della sostanza; che la materia, prima di essere informata dalla forma sostanziale, può essere informata da forme accidentali; c infine che tali disposizioni dipen­dono dalla forma sostanziale e. insieme, che questa dipende da quelle in quanto «prius naturaliter fiunt quam forma substantialis» ‘4.

La teoria dell’unicità della forma urta contro difficoltà non minori quando si prenda in considerazione il fatto della morte deH’uomo. Gli unicisti infatti sono corretti a dire che nell’atto in cui l’anima si separa dal corpo, compaiono istantaneamente altre forme sostan­ziali. Ma è comprensibile questa reviviscenza di forme in base agli stessi principi aristotelici? Intanto da chi saranno prodotte tali forme? Non si vede proprio a quale causa efficiente far risalire la loro produ­zione ,r’. Dire, come ha fatto qualcuno, che succede qui quello che

oprre ordinavit potenti na grnerativam humana:', cum *ot organis et instrumentis mascuii et f minar et hemm tnt gredas coagulationis et digestionis et Icrmationis corporis et suorum nem icrum unte ere iti< nein ar.imae, ex quo iterum omnia destruit usque ad sciam mate­

ri. i i uri nam t mutar .. . Nome congruent'us est quod generans ciet materiae pro.is disposi­tion-η et organizador ·η sufficientem ad susceptionem animae et simul cum anima i.a prole perseverantem? > (p 58).

1 Q i ’sta « rv s:o * è accennata dal O livi relia quest. 50, p. 30, e spiegata r U’Apoer.- d X, (i. 5 ' « Qui: arr cirurn i'.ant ad prr.tdi.ta aliare nricdurn evasión.s : Dicur.t erar i quoddisprsit.ores accidenta, s quus forma substantialis in sua rr.ateda exigit praecedunt .psam naturaliter quo id lit ri, sed quoad esse sequuntur naturaliter "psam... >. Nella Sum ma contra Gentes II, c. 71, jan Tommaso scrive: « In vie. autera generationis, diapesVonrs ad for­ni.-n p aecedurit farnum iu materia quamvis si :. t posteriores in essendo: unde rt disposi­tiones co-poris, quibus fit pr prium perfettibile talis formae, hcc modo possunt dici mediae inter animam e corpus » E’ un pur.to di v sta lbb.ndonuto r.e.ia Sum m a T heol. I, q. 76, a. 5.

14 Q.SS., q. 50. Appendix (II 60-61)‘J QSS., q. 50 (II 30): «Nor est dare ca..sam efficientem talem formam, maxime quan­

do est mors violenta et subita a.

22

Page 11: Juan Olivi

U : Ι Ι Ο ΊΤ Κ Γ Ν Ε F IL O S O Γ Ο Η Γ . Dl P . G. OLIV)3:>8

«uccodc quando si divide un esteso qualsiasi, e che la stessa forza che produce la separazione dell’anima dal corpo, fa sì che il corpo diventi una nuova sostanza, c ridicolo: poiché quando dalla divisione di un estero si ottengono due estesi, non si produce nulla di nuovo, ma sem­plicemente si priva una parie della sua unione col tutto, mentre nel nostro caso non si tratta solo di separare una cosa dall’altra, ma di evocare istantaneamente tante forme emanir sonn necessarie per spie­gare quella mirabile varietà di organi c di parti che sussiste per un certo tempo nel cadavere di un bue, di un cavallo e di un uomo, per esempio. L ’impossibilità di far risalire alla causa che produsse la morte, la produzione delle forine cadaveriche si v ede anche meglio, quando si rifletta che lo stesso colpo di spada dovrebbe generare forme cada­veriche diverse a seconda che con i sso provoco la morte di un bue, di un cavallo o di un uomo Le drihcoltà non suno ancora finii e. La materia prima, si sa, da se stessa non ha preferenze per questa o quella forma ed è ugualmente in potenza a (urie. Come si spiega allora che alla morte di un uomo, nella materia prima si generi sem­pre una certa forma e un’altra alla morte di un cavallo? K. E ’ paci­fico inoltre che qualunque siano i mutamenti accidentali, essi non saranno ma:’ tali da compromettere la naturale convenienza di una malcría alla sua forma. Ora. se fosse vero che nell’uomo non c ’è altra

:6 Questo tentativo di spiegare ¿'insorgere delie forme cadaveriche all’irfuori del pi m a­terno è discusso a fendo dall’OL’vi nell’Appendice alla quaest. 50, 62-04. Il fatto che il rostro autore gii dedichi tante attenzione vuoi dire che un autorevole portavoce della dottrina unicista vi si era appigliato. Allo stato attuate delle nostre conoscenze storiche non siamo in grado di trarlo dall’anonimia. Siamo ben lontani dali’aver esplorato tutti i docu­menti letterari interessanti la celebre controvert a.

]7 L . cit.·. « Cum etiam materia, q.antum est ce s-, habeat se aequaliter ad omres formas, non erst dare causam quare mt gis generetur naec fcim a quam ¿lia » . E ’ una diffi­colta questa — aggiunge l’Olivi — che meriterebbe di essere sviluppata ampiamente, perchè è la più seria: mi recontento però di acceunarir. e quia alibi la b r i Iccum ». Con queste parole m: pare ohe l’Olivi voglia dire eh- il problema della reviviscenza delle forate in seguito alla corruzione di un composto qualsiasi l’ha trattalo espressamente in altro luogo, e che quindi non è il caso di dilungarsi qui: que.o delia ricomparsa celle forme precec'-nti nell’Istante ir. cui l'anima si separa da' cop o , r.on è che un caso particolare di quel problema più vasto e di forco. L ’Olivi insonnia rimanderebbe il lettore a quello che egli ha scritto sul problema noto agli storici cella hloscfia medioevale come problema della permanenza celle forme elementari nel misto. Infatti ur.o degli argomenti fondamentali a cui potevano richiamarsi quelli clic sostenevano la permanenza attuale delle forme elementari nel misto era proprio questo: solo In questo modo si spiega sufficientemente il fatto che a! dissolversi di un certo m'sto ricompaiono sempre certi elementi e non altri. Quale sia il pensiero cel rostro autore sulla permanenza delie forme elementari r.el :n'sta noi Io sappiamo già: è chiaro però che con le sue parole ì’Olivi non può rimandare il lettore a quella pagina della quaest. 22 'I 394-395) che ci è apparsa come un semplice riassunto di una trattazione p’ù vasta r. deve non v: è traccia di un simile argomento. E ’ giocoror7a concludere che il nostro autore deve aver dedicato al problema della permanenza delle forme elementari nei m'sto una intera questione che noi non possediamo e che propt o ad essa intercesse riferirsi l’Ol'vi.

Page 12: Juan Olivi

IL COMPOSTO U M A N O 339

forma aH’infuori deJl’anirna e che questa si unisce non al corpo come tale, ma alla materia prima del corpo senza intermediari di sorta, ne risulterebbe l’incorruttibilità dell’uomo. Per l’evidente ragione che le vicende cui va soggetto il corpo, rilevanti e profonde quanto si voglia, sarebbero sempre accidentali e quindi non sarebbero mai tali da rendere il corpo, o meglio la materia prima del corpo, ina­datta all'anima 13.

La tesi unicista non solo non può offrire una spiegazione esauriente della nascita e della morte dell’uomo, ma non rende ragione nem­meno della sua evidente complessità strutturale. Il corpo umano possiede molte perfezioni: oltre ad essere un corpo, risulta dalla composizione di molti elementi, è un tutto ben disposto nelle sue parti ed infine è un vero e proprio organismo. £ non si tratta evidentemente di perfezioni accidentali: togliete al corpo umano o la corporeità, o la composizione, o la complessità della sua struttura fisica, o l’organicità, e voi non avete più il corpo umano: nessuno per­ciò oserà contestarci che « ...cum corpus hominis vel lapidis dicitur esse corpus, non est accidentalis praedicatio vel denominatio, imrno est essentialissima et in quel: et idem est, cum dicitur esse caro vel esse complexionaturn aut organicum... » 10. Di conseguenza il corpo umano queste perfezioni non può possederle che in virtù di una o più forme sostanziali. Ebbene, ammettiamo che le possieda, conte vogliono gli avversari, per un’unica forma sostanziale, l ’anima. Ne deriva che siccome la corporeità, la complessità e l’organicità del

1S QSS., q. 50 ¡ I I 31): «Praeterea variatio ¿.cadentium non potest facere ut materia non subsit et coaptetur sua for ".or, c..m nor. uniatur e: per r. : cerne di', acc’dertm; ergo nunquam per variationem accident um potest fieri ut corpus non coaptetur ¿.nimee sicut materi., su.:.· formae, et ita con poter': homo corrumpi unruarn cum. unir..a et zsseatla ma­teriae sint serandum se incorruttibile« ». Per capire questo argomento aliviano occorre richia­mare il concetto scoi ¡tico di co-ruzione. Questa avveniva quando per .'azione ci agenti esterni si modificavano a tal punto le condizioni nel.a forma sostanziale, che questa, nompotendo p Ora — d

ù sussistere, lasciava il posto a un’altra: «corruptio unius generatio aterías >. ce l'ülivi — se 1 anima fosse l’unica ferma sostanziale de.l’uomo la corruzione

liti estr-ni, questi potranno agire sodante su. corpo. Ma qualunque stano. . . I . . . . . . . . . . . . . - . u , „ . . 1 . . . ------ . . _ · - 1 :

risulterebbe incorcepibile. Essendo infatti l ’anima una forma Incorrati bile e sottratta a l.’a- zi-eie degli ag le mod.h azlvnnell’ uomo, si tratterà sempre di modificazioni accidentali e che non attingono la materia in se stessa. Ammesso dunque che il rapporto del corpo-anima sia .in rapptrto irimedito c i materia pruna i forma sostanziale, da! tromento che tante l’uno coir? l’altra sono ir.itta·.- cabiL dagli agent, esterni, non è più possibile provocare quei.a situazione c i incompatibilità reciproca che costringe ui a forma sostanziale :. .asciare 11 posto a un’altra. Tutto cambia invece se si amm-tte eh.· l’anima si ur.isce al corpo disposto a tale unione da ora n p’ù forme sostanziali La corruzione di queste rende ipeo ¡acto il corno "riadatto all m im i. Anche questo argomento è ripreso e sviluppato molto più ampiamente nel'.'Appendix, pp. fi6-68.

QSS., q. 50, Appendix (IX 70).13

Page 13: Juan Olivi

Ι . Γ DOTTRINI. F I L O S O F I C H E DI P. G. O l i v i3 4 0

corpo umano non sono di natura diverga da quelle che riscontriamo in altri corpi, dovremo dire « quod ratio corporeitatis et ceterae per­fectiones praedictae sint univocae in anima et in ceteris corpori­bus » 20. Le conseguenze disastrose che discendono logicamente sal­tano subito agli occhi « tinte mirri vere dicere poterimus quod ani­ma est complexio et corporriias et sic aliis...; quod forma simplex et extensa sunt univocae et eiusdem speciei...; quod corporei tas, mixtio, organizado, vegetativa, sensitiva ct intellectiva in anima ra­tionali sint penitus iiiun secundum r e m .. .» '1.

Non è dillìcile rapire a che cosa miri 1 Olivi con questo argomento. Egli vuole mettere gli avversari ioti le spalle al muro di questo dilemma: se alleluiano ch e la cm turrita e le altre perfezioni nomi­nate sono nel cor]io umano in viit i j drU'atiima, essi devono conce­dere che Γ;.πιιηα non è solo una forma intellettiva, ma anche una forma corporea, organica; se poi vogliono évitait quista conseguenza, saranno costietti a sostenere che la corporeità, la complessità c la organicità non sono direttamente partecipate al corpo umano dal­l'anima, sebbene si conservino in esso in virtù dell'anima. Con que­sto però finiscono con l'ammettere che tali disposizioni sono acci­dentali, dal momento che sono indotte nella materia da una forma che di sua natura non c nè corporea nè organica22. Nell’uomo ol'ae che una mnhcplu ita di perfezioni essenziali si riscontrano anche pro­prietà e attività di diverso genere. Ora la diversità degli atti non costituisci per lutti il criterio in base al quale si inferisce la reale diversità delle potenze dell’anima? E ’ più che logico del resto: uoi- chò in altri esseri, all’infuori di Dio, non si può ammettere che qual­che cosa «secundum eandem virtutem» sia principio di attività essenzialmente diverse. Si aggiunga che ogni proprietà è inseparabile dalla sua forma. Se perciò si afferma che il corpo umano è corpo, e quindi esteso, caldo, freddo, umido, ecc. in virtù della sola anima, è giocoforza concludere che dunque l’anima è essa stessa estesa, calda.

Q.r.T, q. 50 i l i 31).*’ Ibidem.

Nel] App.ndice I O 'v i informa. che certi jn k is .i di ina conoscenza lia· no c-ed;jto di sciogliersi da cuesta difficoltà sosterenco « q_od licet anima non s:t ferma corpo-ca, dat tamen riau r.ac esse corporeum et frigidum et humiduru et organicum: quae quidem non sent in ips. anima, s· <d scium in eius materia, nec sunt substantialia homir.i vel animali, sed soi um acciderfai'a ; et ista esse sunt univoca cum illis quae dantur a formis corporeis ct extensis, quamvis ipsae formae non sint univocae cum amma » (PitSt, q. 50, Appendix, I I , 69'. La ci/F.coltà invece è risolta in modo diverso da Egidio di Lcss’nes (De W ;„ f M., Le tiene De ut,naie fo tm ù t, 72-73). Chi fosse curiose c ’ sedere in quali e quanta inccn- vei enti vada ad impigliarsi lm eautc : ¡¿cepole con la sua .rosata, non ha che da leggere le pagine in eri ¡O livi li mette in rilievo: quaert. 5C, App., 70-72.

Page 14: Juan Olivi

COMPOSTO L' VIANO 341

fredda, ecc. In questo argomento [O liv i, com’è chiaro, ncn fa che applicare quel principio fondamentale del pluralismo, secondo il quale ad attività diverse corrispondono forme diverse24.

NfH’Appendice non si fa parola di questo argomento. Vuol dire che gli avversari l'hanno trascurato giudicandolo meno importante dei primi tre.* Io penso invece che l’abbiano lasciato da parte per la ragione contraria. Se si guarda bene, infatti, l’ultimo argomento è profondamente diverso dagli altri: mentre nei primi i pluralisti volevano mostrarsi in grado di offrire una spiegazione più sodd’sfa- ccnte di certi fatti, con l’ultimo invece ripropongono semplicemente uno dei principi fondameitali del pluralismo: «agere est a form a». Ora tale principio nella dottrina della pluralità delle forme assume un’importan/a sistematica uguale a quella che il principio: «forma dat esse » ha nella dottrina dell’unità della forma. E si capisce il perchè: Euno e l’altro principio infatti non fanno altro che conden­sare in un assunto la diversa concezione della forma, che, come ab­biamo già osservato, sta alla radice della famosa controversia. Pro­porsi perciò di criticare l’argomento messo innanzi per ultimo dal- EOlivi, voleva dire rimettere semplicemente in discussione tutta la dottrina ilrmorfìca dei pluralisti; come a dire, riprendere la contro­versia da capo. Qui non si trattava più di misurare la plausibilità di due teorie filosofiche alla prova dei fatti, ma di contrapporre un’altra volta concezione a concezione, principio a principio. Non ne valeva la pena dal momento che era cosa già fatta. Anche l ’Olivi del resto dimostra di essere pienamente consapevole che dei quattro argomenti proposti, proprio l’ultimo è quello decisivo. Lo si vede bene leggendo quello che egli scrive facendo la sua scelta fra le varie sentenze esaminate: « C am igitur formae corporis riostri corporales habeant virtutes et actiones differentes, quin inumo ct per se p ro ­prietates et etiam conditiones essentiales varias ab iis quae compe­tunt animae, in quantum est anima et in quantum est sensitiva et rationalis... idcirco simpliciter teneo in corpore humano praeter ani­mam esse alias formas realiter differentes ab ip sa ...» 25.

2:1 Q SS., q, 50, (It t i ) : « Q tarto eti.ua patet .x parte effectuum et proprietatum. Irri- possib' e est erum in alice.» create qi.ot. securi .uni e.t.idem virtutem si; pnr.cip urti d:verso­rum actuurn vel effectuum dive-so rum gerere: unte potent as animae per ic tis diversos indicamus esse diversas secundum < ¡sentiant. Cur. etiam omnis propr a passio inseparabiliter sequatur suam fórmate.: omnej propriet:, tes star uct perfectionum inseparabiliter inhaerent ipsi an im a; et tuie ai anima eri; vire calor, frigiditas, hura initas, extensio et sic ad is».

24 Abbiamo già avuto occastoac rii os rv are che [O liv i questo principio non so.o lo accetta implicitamente, ma lo ha ancne fo rm j’...to esplicitamente.

*·* L . cit.

Page 15: Juan Olivi

342 : . E ù o : t ì u n e f i l o s ò f i c h e d i p . g . o í v i

IVon è compivo dello storico discutere la validità teoretica degli argomenti .sui quali Faute»e studiato fonda la sentenza preferita. Il lettore quindi non mi chieda di aprile qui una discussione diretta a stabilire fino a clic punto sono accettabili o meno i quattro argo­menti con cui FOlivi crede di dimostrare la coesistenza di più forme sostanziali nell’uomo·1'. Mi limito ad osservare che i primi tre argo­menti oliviani in definitiva tendono a dimostrare la insufficienza della teoria della successione delle forme, a cui ricorrevano gli unicisti per spiegare i dati d'esperienza in parola, c s i risolvono quindi in una critica della teoria stessa. Ora non vedo come si possa dar torto allo Zavalloni quando scrive: « L a critique des pluralistes touchant la théorie de la succession des formes nous paraît irréfutable»26 27 28 *. Que­sto però non vuol dire che la teoria dell’unità della forma risulti sen­z’altro condannata. La conclusione sarebbe legittima solíanlo se fosse dimostrato che la teoria della successione delle forme è indispensa­bile per rendere ragione dell'esperienza; il che in verità è tutt’allro che pacifico 2?.

Da un punto di vista storico invece vale la pena di ricordare che i quattro argomenti oliviani si ritrovano sostanzialmente sotto la penna di tuiti i pluralisti. 11 p. Zavalloni, che ha notato con grande diligenza il fondo comune e gli sviluppi personali della dottrina plu­ralista prima c dopo san Tommaso, ci mette sott’occhio anche i prin­cipali argomenti filosofici o cui ricorrono i Maestri francescani con­temporanei delFOlivi2,1 per giustificare la loro sentenza: ora basta gettare uno sguardo sui quattro argomenti riassunti dallo Zavalloni 30 per avvedersi subito che sono esattamente i quattro argomenti esposti dal nostro autore nella quacst. 50, ripresi e arricchiti di nuove consi­derazioni nell’Appendice alla medesima questione. Con questo natu­ralmente non si vuol dire che ognuno di tali Maestri riferisca sem­plicemente quello che hanno scritto gli altri. Più che di veri e propri argomenti si tratta di motivi o temi speculativi comuni, che ognuno

26 O tre tutto, dovendo tener conto anche delle pagine dclL’Apperdice in cui l’Olivi controbatte le « evasiones * escogitate degli avversari, l'eventuale c 'sc.ssiens prenderebbe un numero di pagine sproporzionato.

27 Zavalloni R ., op. cit., ·Ι96.28 A questo proposito mi sembra degna d" molta ponderazione l'osservazione dello stesso

Zava'i’oni (o p . cit., 496): < Cette théorie r ’est d’ailleurs nullement requise par l’expérience, qui revele uniquement l’apparit on successive des opérations dans l’embryon; d’au're part, elle est superflue du poirt de vue métaphysique >.

Fra questi egli cita espressamente Guglielmo de ’a Mare, Guglielmo de Falgaiio, Giovanni Dacus, Matteo d’Acquaspana, Riccardo Mediavi!.a, Gorsalvo ci Spagna. Cfr. Zavaìloni R , op. cit., 316, r.. 33.

'» Op. cit., 316-317.

Page 16: Juan Olivi

svolge a modo suo, traendone considerazioni e argomentazioni per­sonali, diverse quanto all’ordine, al numero, all’importanza. C'è chi ne sottintende qualcuno e svolge con più ampiezza gli altri31, c ’è chi, cane ha fatto l’Olivi nella quest. 5Ü, li propone succintamente, e c’è invece chi vi tesse attorno, come farà in un secondo tempo i rostro autore nell’Appendice, considerazioni su considerazioni; infine accanto a chi si limita ai quattro argomenti fondamentali c e chi ne aggiunge di nuovi32.

Nell’uomo dunque, a parere dell’Olivi, coesiste una pluralità di forme sostanziali: ce n’è più di una, ma quante precisamente? Pri­ma di tentare di rispondere a questa domanda, dobbiamo porcene un’altra. Dal brevissimo cenno storico tracciato all’inizio di questo capitolo, noi sappiamo che il problema dell’unità o molteplicità delle forme, quando si prende in considerazione Tuono, si complica: la domanda che ci si è posti a proposito del composto umano nella sua integrità va riproposta separatamente a proposito del corpo e del­l’anima. E ’ quello che dobbiamo fare anche noi per chiarire in tutti i suoi aspetti la dottrina pluralistica dell'Olivi.

Che il corpo umano, a prescindere dall’anima, risulti dall’unione di più forme sostanziali corporee, è affermato esplicitamente dal nostro autore: « ideino simpliciter teneo in corpore humano praeter animam esse alias formas realiter differentes ab ip sa ...»33. Altre forme: ma quante e quali?

Sebbene TOI ivi non lo dica esplicitamente, non è difficile arguirlo. Basterà rilevare le determinazioni essenziali del corpo umano, quelle determinazioni cioè per cui il corpo umano si caratterizza nell'in­sieme degli altri corpi, il nostro autore ne enumera quattro: il corpo umano — egli scrive — è un « corpus, mixtum, complexionatum, or- ganizatum»: non essendo queste determinazioni accidentali, ma es­senziali, è necessario che siano introdotte da altrettante forme sostan­ziali'1·1. Oltre all’anima dunque nel corpo umano ci sarebbero altre

3 Riccardo di Mediav la, per esempio, si ferma soprattutto sugli argomenti tratti dalla generazione e corra non- del uomo. (Cfr. Z avalloni R ., op. cit., 69-10C)

33 Kit-curdo di M uda.¡Ila e Gorialvo di Spagna, per esempio, r.e elencano rrrque. (Cfr. Z avalloni R., I. cit. I G o v sa l v o di S pagna, Quaestiones disputatae et de Q uodlibet, quaest. 14- (BFS, IX , Z94-3C5;.

33 QSS., q. 50 (Π 35).34 L . cit., 3 : t Cv.rn entra corpus humanum non sit corpus, nsc dementatum seu

mixtum, nec coinplrxionatuin nec organiz.ituna r.isi per aliquam formam jeu formas quae ro r possunt esse accidentales, cum haec sint corpori humano substantialia et dicant diversum gradum et petfectionem substantialem, corporis humani .. oportebit ecc. ».

I. lettore farà bene a far atte tizio.-.e al testo, che per sua cornod ta trascriviamo q ji di seguito dall’edizione rarissima di Venezia (Q uodlibeta ..... f. 46 c) : «Constat quod quando

Page 17: Juan Olivi

L L D i T ( I N E F I L O S O F I C H E I>T P . G O L I I ]’ l r

quattro forme sostanziali. Su questo numero l’Olivi non si mostra troppo sicuro: difatti in un nuovo elenco delle perfezioni essenziali dell'uomo: « corporei!as, mixtio, organizado, vegetativa, sensitiva, intellectiva»“ non si fa più parola della « co m p le x io » . Secondo questo elenco le determinazioni, che risalgono rispettivamente a una forma corporea distinta, sarebbero tre, e altrettante sarebbero quelle introdotte nel corpo umano dall’anima. L ’incertezza oliviana sul numero delle forme corporee, che dispongono la m ateria prima all’av­vento dell’anima, non deve far meraviglia: è un’incertezza tradizio­nale. Se noi per orientarci andiamo a vedere quello che hanno scritto in proposito i Maestri del sec. X I 11, anteriori a san Tommaso, con­statiamo che mentre sono tutti d'accordo nell’ammettere nell'uomo altre forme oltre all’anima, sono poi quanto mai imprecisi e discordi nello stabilire il numero e la natura di esse: accanto a chi parla solo di una generica «forma corporeitatis » ci sono altri che ne enume­rano fino a quattro 30.

Se ora volgiamo la nostra attenzione all’anima dobbiamo dire che anche in e sa l’Olivi ammette una pluralità di forme. Dopo l’ener­gica messa a punto dello Zavalloni37 non è più possibile dar peso alle affermazioni di chi accusa il nostro autore di aver negato l’unità deU’anima e ne fa un partigiano dell’opinione platonica sulla coesi­stenza di tre anime nell’uomo3?. Che l'Olivi sia un deciso assertore dell’unità dell’anima è fuori dubbio; per convincersene basta andare

in radrm materia M i n i plurcs formae substantiales quod qurlibct dat esse sibi corresponders. Unde prima forma dal essr sibi simile, et securxla dat esse completius et ultima perfectis­sima omnium dat esse specificum et completum. S ’c cniir. commun iter dicimus quod forma corporea aat esse corpcrrum et forma dementaris drt esse cem entare et forma mixtionis vel complexionis dal. esse complexión a'um et forma organizalicnis del esse organicum el vegetativa esse vegetabile sou vcgrlalivum r. sensitiva esse sensi· ìvum ». S ebbe ".e I Olivi dichiari di esprimersi senza badare troppo alla precisione, dei termini (communiter d: hnus), tuttavia le righe trascritte sono quanto mai preziose: ir esse infatti viene a gal!a anche quello che i p! iralisli lascravaro volentieri sott:nteso.

35 Ibidem .r Cfr. Z a v a ll o n i R., op. r i i , 405 418 . Gli autori, a cu: può essersi asprato ΓΟ Ι’νί,

sono Filippo il C ar celliere e Gov?r.n R epella, che dis ’^guono : corpi secondo ura grav i uhia di perfezione che va da corpi elementari ai corpi misi: (i minerali), ai corp’ complessi (i vegetali), ai corpi dotati di organi e membra differenti (gli animali), come rileva io Zavalloni {cp. C't., 407 e 4 12). A sua volta san Bonaventura ( I l Seni., d. 18, a. 1, q. 3. Confi.) parla d’ ur.a « forma dementans », di una « forma mixtionis * e c i una « "erma complexioni ».

T Op. cil., 4 1 8 : c Le problème de la pluralité des âmes re peut être Identifié avec le problème de la pluralité des formes. Aucun scolast’que n’accepte pluralité des âmes, mais bon nombre d’entre eux admettent la pluralité ces formes quant à l’â ne... λ.

M : riferisco rJFHocedcz: R ichard de M iddieton. Sa nie, scs oeuvres sa doctrine Spi­cilegium samum Lovanicnsc. Eludes et documents, V II, Lovario, 1925, 2C8 e a ? . Ruckcr Der LJ r Sprung u n seier Begriffen nach R. von M ediaiilla. Lin Beitrag zur Erkcnntnislehre des D octor Solidus, Beiträge (XXXI, 1. M iins'er i. W., 1934, 1) chati dallo Zavalloni {op. cit., 338, n. 73).

Page 18: Juan Olivi

IL C O M P O S T O UMANO 3 1 5

a leggere l’ultima parte della sua replica polemica a Vitale du Four^. In verità nemmeno questo acerrim o avversario dellopinione alivia­na, secondo la quale l'anim a intellettiva è forma deiruomo, ma non forma del corpo, accusa l’Olivi di aver direttamente affermata la pluralità delle anime: si limita a contestargli che se «tres forrnae animae scilicet intellectiva, sensitiva et vegetativa... in nobis sunt diversae partes formales, sequitur quod in quolibet nostrum sunt tres anim ae»40. Com ’è chiaro, V itale du Four pretendeva di dimostrare che la pluralità delle anime discende logicamente, è un inevitabile corollario della dottrina che ammette una pluralità di forme nel­l’anima.

Il fatto che questo, in sede teoretica, possa esser anche vero, non deve farci dimenticare la profonda avversione oliviana a sottoscrivere un’opinione di questo genere. Tanto basta perchè si possa affermare che l’Olivi, d’accordo con tutti gli scolastici del sec. X I I I , sostiene che nell’uomo c ’è una sola anima. E’ altrettanto sicuro però che egli ammette anche nell’anima una pluralità di forme, e precisamente tre forme, vegetativa, sensitiva, intellettiva. Questo risulta chiaro prima di tutto dal modo con cui egli si difende dall’accusa di Vitale du Four. Il mezzo più radicale per far giustizia di tale accusa era quello di negare che i principi della vita vegetativa, sensitiva e intellettiva siano realmente distinti dall’uomo. Ora l’Olivi si guarda bene dal farlo e impernia invece tutta la sua difesa sullo sforzo di dimostrare che la reale pluralità di tali principi formali non mette in pericolo l’unità dell’anima. Per raggiungere n suo intento egli, com’è ovvio, si richiama semplicemente alla sua teoria della pluralità delle forme c la applica al caso particolare dell’anima. Il mio avversario — scrive Polivi — avrebbe ragione se affermassi che la forma vegetativa, sen­sitiva c intellettiva .sono tre forme giustapposte e quindi complete ognuna per conto suo. Io mi guardo bene dal sostenere una cosa si­mile: non sono tre forme, ma tre parti formali, e con questo intendo dire che sono fatte per completarsi a vicenda e per integrarsi in una forma totale41.

Se poi mi si chiede come avvenga che tre ferm e essenzialmente e quindi realmente diverse r.on compromettano l’unità sostanziale dcl- 33 * * * * * *

33 Q S S ., q. 51 Appendix (II 18 .93 ,.4,1 /,. c il.. 181.41 L . c it ., 18l· « Cura dlc't qutx, ideo dicimus plutxs formas -ss: ir. eodrrr, quia

habent ibi p u ra esse (listine-·.:. dupilclter fai li tur. b i r o quidem, quia non sic su: tdistincta quod laciant plura erse toralia; quia turc ex eis nor ñeret unum cas, sec. pluraentia et plura tota. Unde sunt so urn partialiter distir cta : i ad invicem composita et compo­nentia unum totale esse sui totius».

Page 19: Juan Olivi

LE DOTTRINA F IL O S O F I C H E DI P. G. OLIVIV.ß

l'anima e aliano fra loro come j>arti di un lutto, non mi resta che da richiamare rjucllo che è già stato abbondantemente spiegato. Per salvare l’unità sostanziale del composto pluriforme non ci sono che due vie: o ammettere che le varie forme si rapportino fra loro come potenza ad atto e che una sia forma dell'altra e questa materia della seconda, oppure sosleneic che tutte si radicano e determinano diret­tamente l’identica materia V

Noi conosciamo già le ragioni che hanno indotto l’Olivi ad abban­donare la prima via scelta dai sostenitori della subordinazione essen­ziale, per appigliarsi invece alla secunda che fa capo alla teoria della subordinazione dispostiva. Coerente con se stesso il nostro autore di­chiara che la coesistenza di tre forme nell’anima non compromette la sua unità, per il semplice fatto che esse sono ordinate di loro ra ­tura ad informare la medesima materia: «.Sufficit enim ad hoc quoti omnes formales partes animae informen· eandem materiam spiritua­lem, ita quoti ex omnibus fiat una forma totalis»·11. Sebbene qui 1’Olivi non accenni al rapporto di subordinazione dispositiva che si stabilisce fra le forme sostanziali che si radicano in una medesima materia, rapporto clic rende ragione del loro integrarsi in una sola forma totale, tuttavia è fuori dubbio che la dichiarazione riferita deve essere intesa nell'ambito della teoria generale. Il caso dell’anima in­fatti non è clic un caso particolare di pluralismo: anche ac esso per­ciò devono essere applicate tutte le considerazioni fatte in sede di teoria generale. La vegetativa, sensitiva, intellettiva intanto si devono dire parti fot mali c non forme, in quanto nessuna di esse è in grado di conferire all’anima quella stabilità ontologica che è propria della sostanza c in quanto non sono fatte per sussistere separatamente. Seb­bene si tratti di tre forme essenzialmente e realmente distinte, tutta­via si distinguono fra loro come parti di un tutto e non come esseri in se stessi completi da altri esseri. Solo a questo patto esse si com­pletano a vicenda e danno luego a un solo essere totale. A Vitale du Four, che si rifaceva all’esempio classico: « vegetativum est in sen­sitivo et utrumque in intellectivo sicut trigonum in tetragono et tetra­gonum in pentagono » 4/i, per far vedere che il principio vegetativo 42 * 44

42 QSS., c. 16 ;l 323): « S i vero sunt partes formales oportebit quod in a sil forma alterius “t altera materia eius, aut quod pro tar. o un antur, quia in eadem mater a concur­runt. Nec es: plures modos dare quomodo plures partes uniri possunt ad constituendum a! quod unum ».

4S QSS., q. 5 ' Appendix (II 184).44 L . cit., 19C. E dico: esempio classico, perchè è un esempio a cui, dopo Aristotele,

ricorrerò tutti coloro che vogliono spiegare in che senso la forma superiore contenga virtual­mente quelle inferiori.

Page 20: Juan Olivi

IL ' » M PO S TC U M A N O o 4 7

e sensitivo sono come assorbiti in quello Intellettivo in modo da non potersi più distinguere fra loro, l’Olivi poteva ribattere: «Bisogna intendersi sulla portata di tale distinzione. Se si intende dire che i tre principi costitutivi dell’anima non si distinguono fra loro come essere completo da essere completo, sono pronto a sottoscrivere la affermazione, ma se intende dire che non si distinguono nemmeno come parti di un tutto, allora faccio le mie riserve. Corne la distin­zione delle membra di un corpo non mette in pericolo l’unità del corpo, cosi la distinzione dell’anima in tre principi non distrugge la sua unità, quando la si concepisce corne un distinguersi di forme parziali o di parti formali e non di forma totale da forma totale»

Queste dichiarazioni ci assicurano, senza possibilità di dubbio, che a parere dell Olivi l’unità dell’anima è compatibile con una interna pluralità di form e: per capire poi com’egli giustificasse tale convin­zione, non abbiam o che da richiamare la sua particolare concezione del pluralismo, incentrata, come sappiamo, sul concetto di forma parziale o di parte form ale4f'.

L ’uomo, dunque, agli occhi dell’Olivi appare come una realtà estre­mamente complessa c risultante di sintesi successive. Intanto il corpo è già per conto suo una sostanza materiale, composta ilcmorfìca- mentc di materia prima corporea e di almeno tre forme sostanziali altrettanto corporee. L ’anima a sua volta è una sostanza spirituale nella quale coesistono tre forme sostanziali direttamente radicate in una medesima materia prima sui generis e toto c o d o diversa da quella del corpo.

E ’ appena necessario notare quanto siamo lontani dalla conce­zione tomista, secondo la quale l ’uomo è una sintesi ilemorfica ricon- 4

4i Ib id em : «Q u o ti citço l it : ¿ ic i; illa non esse ibi distincta: veratri est de distinctione faciente d iv isa tota, sed falsum est de distinctione partialiter distinguente partes a seinvicem et a suo toto, iix ta quod et membra corporis nostri sunt in eo partialiter distincta, non tam ii sic quod faciant diversa sapposita et to ta » . Si vedano : n proposito gli appunti che 1 CJliv muore a fra Arnaldo oer aver affermato « q .od... non est ponibt.e dare in anima p u e s p, rtes sea naturas formales, tun: quia si hoc esset parva aut n illa unitas esset in a r im i» (Q ucdlibeta f. 44 b.). L ’Olivi coglie l’occasione per esporr; e confutare una serie :!i difficoltà scili vate contro la tesi di chi sostiene ohe le potenze soio t partes formales anima. ». F’ la sua tesi, come sappiamo. Egli però si mostra convinto cl. esserein buona compagnia, poche rimprovera frate A r c a to d' avversare una dottrina moltoautorevole, «quamvis sit magnorar.i » (f. 44 c). Non direi che l’Olivi, scrivendo queste parole, s ii del tutto in regola con ['obiettività storica, poiché, come abbiamo v ito , nelprecisare la distinzione t ri principi vegetativo, sensitivo, intellettivo nelTir.terno dell'anima, segue una via tutta su. .

4,5 A lla stessa conclusione è giunto anche lo Zaval.oni (op , cit., 339): «Pierre Je a n Olivi applique rigoureusement sa conception particulière de la pluralité des fermes aux prin­cipes constitutifs de l’àme ».

Page 21: Juan Olivi

3 4 8 D O T T R I N E F U O S O F T C H .' Dl J·. G. C'MVll . X

dona ai suoi termini essenziali, di m ateria prima attuata da una unica forma sostanziale. IV O !iv i spinge il pluralismo alle sue estreme conseguenzr. d¡scostandosi d a coloro che, pur tenendo ferma la techa pluralista, cercavano di rid u rre al minimo il numero delle fenne so­stanziali, come Murice di Cìand c Duns Scoto, che le riducevano a due, la «forma cor porci t a ti s » e l'anima, o cercavano di escludere la pluralità delle forme alm eno dall'anima, come Vitale du Four47.

Comunque a noi interessa esaminare qui come il nostre autore riesca a ricostituire l’unità sostanziale dell’uomo dopo averlo scom­posto in tanti elementi. Osserviam o subito che la difficoltà maggiore insorge non tanto dal num ero delle formo che l’Olivi fa coesistere neH’uomo, quanto dal fa tto che ci troviamo di fronte al compito di unificare due sostanze, il. corpo c l’anima, costituita ognuna da pro­pri principi materiale e formale. La concezione pluralistica elabo­rata daH’Olivi, infatti, spiega in qualche modo l'unità sostanziale interna del corpo e dell’anim a, dove si ha a che fare con una plura­lità di forme radicate nella stessa malcria, ma non si vede come sia in grado di spiegare l'unità sostanziale dell’ucmo, una volta am­messo che risulti di due sostanze che hanno tutti i titoli per esistere separata même. In questa difficoltà incappa non l’Olivi pluralista, ma l’Olivi partigiano dell’ilemorfisrno universale. Se san Tommaso, per il semplice fatto di aver ammesso che l ’anima è una forma sussistente, ha faticato tanto a trovare una soluzione plausibile del problema dell’unità sostanziale dell’uomo 4S, quali difficoltà non dovrà superare l’Olivi, che ha fatto dell’anima una sostanza composta di materia, sia pure spirituale, e di ferma? Non si vede infatti corre l’anima possa unirsi al corpo a modo di forma, se essa stessa è composta di materia e forma. Chi ha capito qualche cosa deU’ilemor- fismo aristotelico, vede subito l’impossibilità di ammettere che il pi in­cipio formale dell’anima attui la sua materia spirituale e insieme quella del corpo. Andre ammesso che questo sia possibile, è da escludere almeno che la materia dell’anima possa fare da forma

4” Dobbiamo dar atto alFOlivi di essere in vartagmo da un panto di vista teoretico su questi pluralisti mitigati. Una volta «ir.messo che ];: plura' tà delle terne sos'anziali è ccmpatibile con l’unità sostanziale degli esseri, la co::traversia sui minerò di tali [orme ha pochissimo, anzi nessun va’ore. Chi r.e ammette due è rosir Ito a difendere gli si· ssi principi metafisici a cui si richiama eh r.e ammette cinquanta. I tentativi di raggiungere un compromesso fra unicisti e pluialist1 dimiouenco il numero orile forme, sono condannali al fallimento· potranno Interessare lo stoiic :, mv non : metafisico.

48 II Dottore Angelico, occorre appena dirlo, se n è -esc perfettamente conto, comr si rileva da quel che scrive nel De spin i, creaturis, a. 2. a 'inizio dei Respondeo: « .. Difficultas huius quaestionis (se l’anima può esse-c forma del corpo) ex hoc accid’t, quia subitili a spiritualis est quaodajm rcs per se subsistens s. Cfi. arche Suri,.ma cen tra Gentes l i , cap. .16.

Page 22: Juan Olivi

IL CO v; POSTO U M A?, o 319

del corpo. Nella più favorevole delle ipotesi, quindi, si dovrà dire che la forma dell’anima, e non Taruma, è ferma del corpo tc>.

L ’Olivi riconosce che si tratta di una grossa difficoltà, una di quelle che non si possono sbrigare in poche parole, dal momento che met­tono in discussione vedute metafisiche fondamentali. Pur dichiaran­dosi sicuro di venirne a capo, ammette che il discorso andrà per le lunghe: «Dicendum quod una forma bene potest simul infermare diversas materias ad ipsum ordinate se habentes. Qualiter autem hoc possit fieri et specialiter a forma rationalis animae in quaestione an sensitiva hominis in substantia animae rationalis sufficienter pro posse meo est tactu m »50.

It - COME l ’a n im a S I U N ISCE SOSTANZIATA!ENTE AL CORPO

La questione a cui il nostro autore ci rimanda con la promessa di offrirci tutte le chiarificazioni possibili intorno al modo con cui egli rende ragione dell'unità sostanziale delTuorno, non è difficile indivi­duarla: si tratta della quaest. 51 5J.

Il problema discusso in questa questione: « a n sensitiva hominis sit a generante » si rivela in tutta la sua gravità appena si fa attenzione alle sue connessioni o implicazioni sistematiche. Chi sostiene che Tuorrio riceve l’anima sensitiva dai genitcri, è costretto ad ammet­tere: primo, che l’anima intellettiva, per se stessa e in quanto tale, è

,;l San Tommaso, com'era logico, dà io grande rilievo a questa difficoltà e ne ricava il ρππ α argomento per dimostrare t’impossibilità di introdurre la composizione licmoifica nel- i anima, dir . Summu ì'heol. I, q 75, a. 5. Nel D e anima, quaest. unica, a. 6, scrive: « Itera positio pr ma ostend tir impossibilis ex hoc cuod in omni composito ex materia et forma, materia se habet ut recipiens esse, non autem ut quo aliquid est; hoc en.rr proprium es: formae. Si ergo un'ina sit composita ex materia et forma, impossibile est quod anima secundan, se tota sit pr nei pium formale essend corpi ri .Voti ’gitur anima erri ferma ccrpons, sed aliquid mimae. Quidquid autem -st illud quod est forma huius corporis est anima. Nom igitur illud quod ponebatur corri oas'tum ex materia et forma es: anima, sed solum [orma eius ». I. Olivi i badi non doveva ignorari., e d .latti essa compare a l.'ultimo posto fra gli argomenti messi in borea agl avversar, dell lemor'.srro universale. Q SS., q. 16 (I 303): i Itern, si habet noti ri un, tane impossibile est quod sit .erma corpo ris, a r a impossible sit u r .in forni..m informare simul diversas materia;., et maxime si sunt diversissimorum generimi; et porlo quod posa t, a r . ua tarne:, non informe "e: corpus secundum a lam suam materiam, cum materia n J ius possit esse forma; et tunc Ipsa non deberet dici forrea corporis, sed ipsa forma an nue d S rrt solv.rr. dic' forma corporis ». C one si vede, Γ Olivi elabora l’argo­mento di san T o m ru ís ir; modo da renderlo polemicamente più efficace.

*· L . e t . , 352.51 A l i ' tur.· 'redento il titolo della questione: < ...A n sensitiva hominis sit a gene­

rante » , dice poco. Ma apprna si inizia la lettura del Respondeo ci si avvede s_b;to cae ci troviamo di fiorite rii esposizione della più nota e discussa teoria oliv.ana, quella sereni o la quale .'anima, in quamo intellettiva, non è forma del corpo. Limparrariza che l’Ol.vi attribuisce alla so'jzione prospettata in tale questione è sottolineata dal fatto che è seguita da una lunghissima Append’ce. Vedremo a suo tempo di che cosa si tratta.

Page 23: Juan Olivi

3 5 0 L 1· D O TTR IN E F ILO S O r I C H I? DJ P. G ο ι : \ ι

forma del corpo, oppure che essa è una sostanza separata; secondo, che la potenza sensitiva non è inserita nell'anim a“ . A lla domanda: il principio sensitivo nell’uomo c introdotto per generazione o è create dilettamente da Dio? — osserva in sostanza 1 Olivi — non si può rispondere a cuor leggero. La risposta infatti è condizionata da un certo numero di presupposti sistematici. Può sostenere che il principio sensitivo è termine dell'atto generativo solo chi è convinto che nel­l’uomo c’è un’unica forma sostanziale, l’anima intellettiva, capace per la sua perfezione di produne da sola gli effetti formali di tutte le forme precedenti, oppure chi ritiene, con Averroè, che l’anima e il corpo costituiscano solo un «unum in operando», ma non « in es­sendo». E non è diffìcile capire il perchè. Se l’anima intellettiva è l’unica fonila dell'uomo, il problema dell'unità sostanziale dell’uomo, bisogna convenirne, ri-ulta estremamente semplificato: il corpo sta all’anima come la materia prima alla sua forma sostanziale. Tutte le forme precedenti che hanno mano mano disposto il corpo all’unio­ne con l’anima, non escluso il principio sensitivo, scompaiono come forine ormai inutili nell’istante stesso che viene introdotta dall atto creativo l’anima intellettiva. Intese così le cose, ncn ci può essere dif­ficoltà ad ammettere che l’anima sensitiva, in quanto tale, derivi dai genitori. L ’affermazione risulta altrettanto ovvia nell’ambito della psicologia averroista. Qui l’anima sensitiva rimane, ma solo perchè essa, e non l’anima intellettiva, è la vera forma dell’uomo, il quale si distinguerebbe dagli altri animali non quanto all’essenza, ma solo perchè la sua attività fantastica offrirebbe lo spunto indispensabile alle operazioni dell’infima intelligenza separata. In tutt’altra situa­zione viene a trovarsi invece chi, come l’Olivi, crede di aver dimo­strato che il corpo e l’anima sono due sostanze risultanti da principi materiali e formali radicalmente diversi. Per ricostruire l’unità del­l’uomo l’Olivi ha bisogno di trovare un ponte metafisico fra il corpo e l'anima, un qualche cosa cioè che possa unirsi sostanzialmente a! corpo senza cessare di essere un elemento sostanziale dell’anima.

Per venire a capo di questa difficoltà 1 Olivi incomincia a trarre il massimo piofitto e tutte le conseguenze possibili dalla sua dottrina pluralista applicata al caso dell'uomo. In base al principio fonda­mentale del pluralismo — in un essere ci sono tante fonile sostanziali quante sono le sue perfezioni e operazioni formalmente distinte — 52

52 Q.SS., q. 51 ( I l 104): «Duo enim sequuntur reces'ario ex hac positene: prinum est quoc pars intellectiva et lib-ra sit forma corpors per se et n quantum tais aut qued nu'.Io modo sit unita. corpuri substaniaiiter; secundum esi quod seasi'.Va non sit radicata ir. substantia seu spirituali mate-ia partis 'ntelleetb ae r.

Page 24: Juan Olivi

I I . COM PO R TO 17Μ\ΝΟ 33

egli è giunto a sostenere che nell’uomo coesistono almene sei forme parziali, di cui tre — forma corporeitatis, torma mixtionis, forma organizadoras — inserite direttamente nella materia del corpo, e tre — la forma vegetativa, sensitiva e intellettiva — inserite diretta­mente nella materia dell’anima. Il lettore si avvede da sè che l’Olivi, giunto a questo punto, non può più ammettere che il principio sensi­tivo sia termine dell’atto generativo; essendo radicato nella materia spirituale dell’anima come la forma intellettiva, al pari di questa sarà anch’esso creato direttamente da D io53. Rifiutandosi di accedere alla opinione affermante « quod sensitiva hominis sit a generante » y‘ egli, oltre a mostrarsi coerente con se stesso, vuole sottolineare energica­mente la radicale spiritualità del principio sensitivo e quindi la sua consustanzialità con l ’anima intellettiva. Questo ai suoi occhi è u:i punto fondamentale, da tener fermo con la massima energia, oerch·' solo a questo patto il pi incipio sensitivo si rivelerà adatto ad adem­piere la funzione di vincolo sostanziale fra il corpo e l ’anima, che 1 Oli vi, come vedremo, si appresta ad addossargli. Il nostro autore infatti non è tanto ingenuo da non avvedersi che mentre non era il caso di impressionarsi della soluzione averroista r,\ era necessario invece fare i conti con la soluzione tomista cosi lineare, semplice e aristotelicamente ortodossa e tale da far dimenticare il suo punto debole, cioè la teoria della successione delle forme, bersaglio prefe­rito dei pluralisti.

Confrontata con la soluzione tomista quella dei pluralisti, in gene­rale, c quella dellOlivi, in particolare, non poteva non apparire complicata, macchinosa e, quindi, intrinsecamente debole. Per scal­zare dalle radici la forza persuasiva della tesi unicista occorreva dimo­strare con la massima evidenza l ’inaccettab’lità dell’uno o l’altro dei suoi assunti fondamentali. Mon è difficile rendersi conto che e. si sono soprattutto due: il principio che la forma più perfetta contiene vir­tualmente in sè l’efficacia formale di tutte le forme imperfette che la precedono, e l’aiTermazione che una sostanza intellettuale può attuare direttamente il corpo o, per esprimersi in termini oliviani, può informare la materia corporea.

Tatti i pluralisti del ¿ec. X III , non escluso Duns Scoto, attaccano

J ‘ Ir questo l’OIivi si dimostra p ii coerente di altri pluralisti, di Riccardo di Mediaviiia, pe- fsempo, il qual* pur a-rimettendo ct.e 1’. lima deil'^omo è c jstita ita d due forme real­mente d¿tinte, la sensitiva e l ’intellettiva, radicate nella maceria spirituale, tuttavia «adm et q je, Cars i jc.xnie, l’àrne s-nsitive vient da srenerateur ■». Gfr. Z avalioni R., op cit., 373.

51 '¿SS. q 51 li 104u50 LO!n. ron b.scena dimenticarlo, scriveva verso il 1230, cioè quando la fortuna di

Aver ne nel mondo latino semb-ava definitivamente tramontata.

Page 25: Juan Olivi

! L COM POSTO UMANO 25

egli è giunto a sostenere che neU'uomo coesistono almeno sei forme parziali, di cui tre — forma corporeitatis, forma mixtionis, forma organisaiionis — inserite direttamente nella materia del corpo, e tre — la form a vegetativa, sensitiva e intellettiva — inserite diretta­mente nella materia dell’anima. Il lettore si avvede da sè che lOlivi, giunto a questo punto, non può più ammettere che il principio sensi­tivo sia termine dell’atto generativo; essendo radicato nella materia spirituale dell’anima come la forma intellettiva, al pari di questa sarà anch’esso creato direttamente da Dio ;i. Rifiutandosi di accedere alla opinione affermante «quod sensitiva hominis sit a generante» 51 egli, oltre a mostrarsi coerente con se stesso, vuole sottolineare energica­mente la radicale spiritualità del principio sensitivo e quindi la sua consustanzialità con l’anima intellettiva. Questo ai suoi occhi è un punto fondamentale, da tener fermo con la massima energia, perchè solo a questo patto il principio sensitivo si rivelerà adatto ad adem­piere la funzione di vincolo sostanziale fra il corpo c l’anima, che rOlivi, come vedremo, si appresta ad addossargli. Il nostro autore infatti non è tanto ingenuo da non avvedersi che mentre non era il caso di impressionarsi della soluzione averroista r>\ era necessario invece fare i conti con la soluzione tomista così lineare, semplice e aristotelicamente ortodossa e tale da far dimenticare il suo punto debole, cioè la teoria della successione delle forme, bersaglio prefe­rito dei pluralisti.

Confrontata con la soluzione tomista quella dei pluralisti, in gene­rale, c quella dcll’Olivi, in particolare, non poteva non apparire complicata, macchinosa e, quindi, intrinsecamente debole. Per ^cal- zare dalle radici la forza persuasiva della tesi unicista occorreva dimo­strare con la massima evidenza l’inaccettabilità doU’uno o l’altro dei suoi assunti fondamentali. Non è difficile rendersi conto ch e essi sono soprattutto due: il principio che la forma più perfetta contiene vir­tualmente in sè l’effìcaria formale di tutte le forme im perfette che la precedono, e l’afìèrmazione che una sostanza intelle.ttuale può attuare direttamente il corpo o, per esprimersi in term in i oliviani, può informare la materia corporea.

Tutti i pluralisti del sec. X III, non escluso Duns S co to , attaccano

ì3 In questo lO livi si dimostra più coerente di altn pluralisti, di R ic c a rd o di MediaviUa, per esempio, il quale pur ammettendo che l’anima dell’uom o è costitu ita da d u e forme real­mente distinte, la sensitiva e l’intellettiva, radicate nella m ateria sp iritu ale, tu ttav ia « admet que, dans 1 homme, l’âme sensitive vient du générateur » . C fr. Z avallon i R . , op . cit., 373.

Q S S ., q. 51 (II 104).K L ’Olivi, non bisogna dimenticarlo, scriveva verso il 1280, cioè q u a n d o la fortuna di

Averroè nel mondo Iati o sembrava definitivamente tram ontata.

Page 26: Juan Olivi

L l ï I>CTTR:NL HLOSOFICHK ]>1 P. G. OLIVI

la soluzione tomista sul primo punto e contestano l’assoluta validità di quel principio metafisico, osservando che se la forma più perfetta può benissimo sostituire le forine inferiori quando gè effetti formali di queste sono dH la stessa natura, questo non è piu ammissibile quan­do 1 effetto formale della forma infei iore è loto codo diverso da quelli che derivano dalla forma supcriore; in una parda, quando attribuendo a questa lYfietlo che è proprio di una forma inferiore, si cade in aperta contraddizione " . Non trovano nulla da ridire invece sulla definizione aristotelica: «anim a est actus primus corporis phy­sici », anche se non la intendono nel senso rigoroso fatto proprio da san Tommaso. Pur sostenendo, contro san Tommaso, che l’anima intcllet;iva informa la materia corporea, rivestita e disposta dalle fot me inferiori, non hanno difficoltà ad ammettere che essa c vera e propria forma del corpo. L’Olivi invece sferra il suo attacco contro la soluzione unicista anche, anzi, principalmente su questo punto. Non si accontenta di aver dimostrato la necessità di ammettere nell’uomo altre forme oltre all’anima, ma contesta vigorosamente anche la le­gittimità di ahormare che l'anima intellettiva « sit forma corporis de se et iti quantum talis». E’ questa un'altra tesi che caratterizza il suo pluralismo noi confronti di quello di tutti gli altri Maestri deila corrente agostiniana, li’ appena necessario notare che è proprio sullo sf indo di questa presa di posizione oliviana, che diventerà chiara l’imoortanza del suo rifiuto ad ammettere che il principio sensitivo sia termine della generazione. Egli infatti potrà dire che l’anima intellet­tiva, se nza essere forma del corpo, tuttavia è forma dell’uomo, solo a un patto: a patto cioè clic l'anima sensitiva, vera e propria forma del corpo sia consustanziale, sia un principio costitutivo dell’anima in­tellettiva.

Ma esaminiamo le cose con calma e riprendendo contatto con i testi oliviani. In base alle considerazioni che precedono devono risul­tarci chiare ormai le ragioni, per cui l ’Olivi ritiene inaccettabile l’af­fermazione universalmente ammessa che l’anima è forma sostanziale del corpo. E ’ una presa ci posizione assolutamente nuova e rivolu-

5f E ' n forza d q.este considerazioni che an he Duns Scoto finisce con lo schierarsi calla p ane dei pluralisti, sebbene riconosca a] pari di san Tommaso la raglonevoiezza di aoplicErc anche al caso delle ferme il principie: «non sant nu.tiplicanda ernia sine rices sitate ». Ecco un es o eloquente, Op. Oxov. IV , d. 11, q. I , r. 5 4 ; ed. V vès (X V II, 456): « Hic enim es. necessitas ponendi plura. Et cuce? i la certe, quae est rat'o unveisahtc; distinguendi hoc ab illo, scilicet contradictio quae est immed ata ratic dirtinguenci p’.uta sub ente, utpote si hoc et illud rec'p ant contradictionem in essendo, quia si hoc est, el iàud non est, ror sunt idem ens in essendo. Sir in proposito, forma animae non manente, corpus manet, et ideo universaliter in quolibet arenato recesse est ponere illam iom.arn qua corpus est corpus, aliam ab illa, qua est animatum... ».

Page 27: Juan Olivi

IL· C O M P O S T O IM ANO 353

zionaria per quei tempi, ail'infuori dei circoli averroisti. £ ’ quindi più che legittima la nostra curiosità di esaminare gii argomenti messi in campo dal nos:ro autore per giustificarla. Gli argomenti oliviani sono sostanzialmente due, sfruttati, secondo il suo solito, in tutti i loro aspetti particolari.

Incominciamo dal primo. Si può formulare in poche righe: «SI enim pars intellectiva est eius (corporis) forma, cum omni materia fiat in actu per suam formam: tunc sicut corpus humanum est vere sensitivum et vivum per animam sensitivam sic erit vere intellectivum et liberum per partem intellectivam » j7. Non ci vuole un ingegno d’aquila per capire che tutta la forza dell’argomento poggia sull’as­sunto: «omnis materia fit in actu per suam formam». Se le parole debbono avere un significaro, questo vuol dire che la materia diventa questo o quello a secondo della forma che la attua; che la materia, in altre parole, si riempie di quella realtà che le viene versata in seno dalia forma. La forma a sua volta in tanto attua una materia in quanto comunica ad essa la sua realtà e la depone, per così dire, in essa. £ ’ chiaro allora che l’anima intellettiva non può essere forma del corpo se non comunica ad esso il suo stesso essere semplice, intel­lettuale c libero. Se sono di tale natura i rapporti metafisici fra ma­teria e forma, è evidente che l'anima intellettiva non potrà mal es­sere forma del corpo: fra le condizioni della materia corporea e quelle della realtà spirituale c’è una incompatibilità assoluta. Cor­poreità c spiritualità si escludono a vicenda e si oppongono fra loro come la composizione di parti si oppone alla semplicità, la corrut­tibilità all’ incorruttibilità, l ’ opacità materiale all’ autocoscienza. Per quante modificazioni o perfezionamenti si introducano nella materia corporea, non succederà mai che essa diventi capace di diventare sog­getto di attività spirituali5S. L ’Olivi si accorge che fino a questo punto tutti sono disposti a dargli ragione: affermando che l’anima intellet­tiva è forma del corpo, nessuno intende cire che l’anima possa comu­nicare al corpo il suo essere spirituale. Per non combattere contro mulini a vento ì’Olivi non deve limitarsi a prendere in considerazione delle formule generali a sè stanti, ma estendere il suo esame a tutto il contesto in cui sono inserite e vivono. £ ’ quello che il nostro autore si accinge a fare.

La prima opinione che richiama la sua attenzione è la seguente. Per capire come mai l’anima po^a essere forma dei corpo senza co-

" Q.SS., c, 51 (ir IC-Μ 05).5S L. cit., 105.

23

Page 28: Juan Olivi

L E D O T I ¿»IMS Γ J L O S O r i C l l E S I P . G. OLIV]

municare ad esso la <-ua spiritualità, occorre ricordare che l’essenza dell'anima si distingue dalle sue potenze: se si ammette che l'anima informi il corpo con la sua essenza, ma non con le sue potenze spiii- tuali, si capisce subito come mai 1 anima possa attuare il corpo ren­dendolo atto alla v ita dello spirito senza comunicargli la spiritualità Chi conosce il pensiero di san Tommaso si avvede subito che qui TOliv; riassume a suo modo anche Tooinione tom ista00. San Tommaso in­fatti si è trovato a far i conti con gli argomenti degli averroisti, de­cisamente contrari ad ammettere, com ’è noto, che l’anima sia forma del corpo. Fra tali argomenti uno suona così : « Omne illud cuius esse est in materia, oportet es«e materiale. Sed, si substantia intellectualis est forma corporis, oportet quod esse cius sit: in materia corporali non enim esse formae est praeter esse materiae. Sequitur igitur quod sub­stantia intellectualis non sit immaterialis... » ,u. Questo argomento aver- roista, all apparenza, è proprio il rovescio dell’argomento oliviano. ma in realtà è lo stesso. Infatti sia l’argomento averroista (se l'anima è forma rie] corpo è una forma materiale) come quello deH’Olivi (se l’anima è forma del corpo il corpo è un essere immateriale) si fon­dano sullo stesso principio: se l’anima è fonna del corpo, corpo e anima sono esseri dello stesso tipo, o tutt’e due materiali o tutte due spirituali. Cli averroisti quindi come l’Olivi, negano che l'anima sia forma del corpo per l’identica ragione: perchè non sanno spiegarsi come mai sia possibile l’unione ilemorfica fra una materia corporea e una forma immateriale °2. Si sa come san Tommaso ha potuto scio­gliersi da questa difficoltà : per la sua perfezione l'anima, come lo di­mostra il fatto che è principio di operazioni spirituali, «non est tota­liter immersa in materia » ',3; ne risulta così che essa è. forma del corpo quanto all’essenza, ma non si può dire altrettanto se ci riferiamo alla 58 * * 61

58 L eh ., 107 : « Quod autem per formam intellectivam possit habere esse humanum e: non intellectuale nec liberum astruunt per hoc: quia essentia formae animae non est essentia suarum potentiarum, aut si est, tamen ferma, in quantum forma, non habet rationrm potentiae, intellectuale autem, et liberam cicur.t rationes quasdam potentiarum ; et ideo ron oportet cuod si pars intellectiva, in quantum est forma, dat esse formale corpoii, quod propter hoc potentia eius aut ipsa, in quantum habet rationem potentiae, det corpe-i esse, ut ita dicam, pctentia'e seu spec'ans ad raton e-r pulertiae ».

38 E dico anche perchè lOlivi fa capire che ]a spiegazione accennata può css-re fatta propria anche da chi ammette una qualche distinzione fra l'anima e le sue potenze, senza giungere a pailare di una distinzione reale.

ri Sum ma contra G entes II, cap. 56.02 Cfr. G ia m b a t t i s t a da Pa lm a C a m pa n ia , Lr. dottrina suU'vnità dell'intelletto in Si f ie r i

d i B iabante, n « S o p h ia » , 1954, 306-310.61 Sum m a contra G entes I I , cap 68 e à9.

Page 29: Juan Olivi

IL CO M PO STO U MAS O

sua potenza intellettiva61. Per quello che abbiamo detto sopra, la so­luzione tomista fondata sulla distinzione reale che esiste fra l’anima e le sue potenze, vale tanto contro gli averroisti quanto contro 1 Olivi: è logico quindi che quest', la prenda in considerazione e dica per quali ragioni non la ritiene soddisfacente.

Va osservato prima di tutto — scrive lOlivi — che detta soluzione poggia su un fondamento malsicuro, anzi addirittura inesistente: farò vedere infatti, a .suo tempo, che non è possibile distinguere realmente l ’anima dalle sue potenze, poiché l'intelletto e la volontà costituiscono l ’essenza stessa dell’anima to.

A questa critica pregiudiziale il nostro autore ne fa seguire un’altra. Ammettiamo pure che l’anima si distingua realmente dalle sue po­tenze; resta sempre il fatto della loro inseparabilità, per cui dove c’è l ’anima ci sono sempre anche le sue potenze. Non è possibile quindi che l’anima si radichi nel corpo comunicando ad esso il suo essere, senza che altrettanto avvenga delle sue potenze. L ’anima non può co­municare al corpo il suo essere, senza comunicare ad esso anche quelle possibilità di agire che ne conseguono66. Questo risulta evidente se si riflette che ogni forma, con l’essere, comunica alia materia anche una capacità di agire proporzionata. E ’ impossibile, dunque, che l’ani­ma comunichi al corpo il suo modo di essere senza che gli comunichi anche il suo modo eli agire. Siamo così daccapo: o si concede che l ’anima, in quanto intellettiva, non è forma del corpo, o è giocoforza concludere che, comunicando essa al corpo l’essere che le è proprio (razionale e spirituale), lo mette ipso fa cto in grado di compiere an­che le operazioni die le sono proprie. Che altro può comunicare al corpo l’anima intellettiva attuandolo a modo di forma sostanziale? Che cosa vale questa controargornentazione oliviana? Dal suo punto di vista queste critiche sono senz’altro pertinenti cd efficaci; ma si può dire altrettanto su un piano teoretico oggettivo? Ecco: non riesco a immaginare quello che san Tommaso potrebbe rispondere all’invito 04 05

04 Summa T h to l. I, (¡. 76, a. 1, ad 4 : « ...e : Ideo nihil prohibât aliquam, eius virtutem non esse corporis n.:t.ni q j. mvis arirria secundum suam essentiam sit corpors form a».

65 QSS., q, 51 (It 103); « ...S icu t aliai probatum est, in teta parte intei.ectiva non est dare alius formas aut formales essentias quam formas et formales essentias poter.darum. Ergo ab ea non pote-it communicari aiitid esse corpori quam esse formale potentiarum eius ». L ’OI vi discute i rapporti fra l’anima e le sue potenze nella quaest. 5 4 (II 230 ss.).

05 QSS., q 5 . (II 103:. ’67 L cit., 109 t Omn i forma communicat suae materiae aliquam operationem et

aliquam potentiam operandi. Cum en m tonna, "n quantum forma, dicat vigorem actualem ct activum, et maxime forma nobilissima et actualissima, qualis est forma partis .ntellectivae ; ergo corpus habebit operationem intellectualem et liberam et potestatem inte. Iger.di et volendi; alias enim operatior.es non es! dare parti intellectivae nis' istas aut earum appetit vas ».

Page 30: Juan Olivi

1.1' n C T T R 'N E FIL j SO '1C ; E DI V. G. ODIVI

deli’Olivi di spiegare come, mai l ’an'ma possa comunicare al corpo il suo essere senza comunicargli anche le possibilità d'agire che ne di­se endeno.

Proseguendo il suo esame delle soluzioni escogitale per spiegare .a legittimità di affermare che l’anima è icrma dei corpo, 1 Olivi ne ricorda altre due, evidentemente elaborate in ambienti agostiniani: tutt’e due infatti sfruttano la dotti ina della pluralità delle forme. Al­cuni dunque hanno creduto di ovviare alle difficoltà, prospettando le cose n questo modo. E ’ inconcepibile — essi dicono — che l'anima informi la materia corporea sic et simpliciter: tutto pare ovvio invece se «i iene conto che detta materia viene preparata all’unione con l’anima «per formam sensitivam et aliam formas intermedias»38; per esse infatti la materia si nobilita c spiritualizza a tal pun o da diventare degna di unirsi all'anima. Altri — aggiunge POlivi — sono andati più innanzi: nell'illusione di rendere l'opinione accennata più persuasiva, insegnano che l’anima non informa dilettamente il coipo, ma la forma sensitiva e questa a sua volta la forma corporea inri e- diatamente infetiore, e così via fino alla materia corporea. Tut'.'e due queste opinioni — osserva POlivi — sono inaccettabili e ingenue: la prima perchè non tien conto che nessuna forma, all’infuori dell’anima intellettiva, può dare al coipo la semnlicità e l’unità che so.ee pro­prie delle materie spirituali e che qualunque siano le detenninaz.cni formali indotte nella materia corporea, non potranno mai tras.or­marla in materia spirituale03; la seconda, perchè si fonda sulla teoria della subordinazione essenziale delle forme, che è in contrasto con i principi fondamentali deH’ilemorfismo. come abbiamo visto. Dovrem­mo ammettere infatti che una forma può far da materia rispetta a un’altra forma70; che l'anima è forma sostanziale di una materia clic essa non determina nè attua direttamente7 . Non si bada inoltre che la spiritualità che dovrebbe ricevere dalla forma intellettiva ripugna alla forma sensitiva non meno di quel che ripugni alla materia cor­porea 72.

118 L . à i . , 107.n L . à i . , 109-110.r( L . à i . , 110: « Si enim forma potest infermar! a i alia et maxime pr'mo <-t per si,

l ine forira U lis habebit in se vere rationem Informis et pos'ibilis et m ateriat; et lene neccssaiio e r i composi.a ex acta et po*entia et ex forma et materia et erit forma form e ».

71 Ib id em : «Curri forma substantialis non dicatur ferina, n'si respectu suae materiae i.tc alteri pos sii communicare suam actualitat',m nec suum esse nec suam operationem; oportet quod immediatius et magis primo et ner se uniatur suae materiae quam alicui alteri, et ita oportebit quod pars rtellectiva (scavalcando per cosi dire le forme precedenti) uniatur immediatissime materiae corporali... ».

7- Ib id em .

Page 31: Juan Olivi

ÍL C O M P O S T O U M A N O

T u tt’e tre dunque le soluzioni escogitate lasciano sussistere la dif­ficoltà insita nell’affermazione : l ’anima intellettiva è forma del corpo. Comunque la si intenda, questa formula si rivela assurda; infatti per essere forma del corpo l’anima dovrebbe comunicare alla realtà cor­porea caratteri e perfezioni di cui questa è intrinsecamente incapace. All identica conclusione si giunge guardando le cose dal punto di vista dell’anima. Dire che essa è forma del corpo equivale a togliere all’a­nima le perfezioni e le operazioni che la contraddistinguono da tutte le altre forme inferiori. Per rendercene conto basta riflettere che « forma... non potest ad aliud moveri vel applicari nisi per motionem suae materiae » n ; in altre parole, che la forma unisce cos' intima­mente la sua realtà e il suo agire alla materia che attua, da essere oramai condizionata in tutto dada natura e dalle possibilità della ma­teria stessa. E ’ evidente allora che se l’anima intellettiva fosse forma del corpo condividerebbe in tutto i. destino del corpo e non potrebbe compiere se non quelle operazioni che può compiere avendo il corpo come comprincipio ' 1.

In base a questo principio è facile allO nvi dimostrare che se l’ani-

7:> L . cit., I l li.!l Ib id em : « Si ¡imitar forma inte .lectiva habet corpus pro materia: ergo r.on poterit

converti ad sua objecta nisi per conversionem et asperrimi materiae corporalis ad illa ». Con altre parole Colivi qui si appropria ir. pleno L qain.o degli argomenti averroistl ricor­dati da san Tommaso nella Sum m a contra Gente* I I , cap. 5 5 : < S ’ autem substantia intellectualis sit forma corporis, oportet quod esse eius ¿it sibi et corpori commane; ex forma enim et rn; terti f.t a quid mum simpliciter, quou est secundum esse urum. Erit rrgo et operatio substantiae Inteüeríua.s connunis corpori et virtus eius ln corpore...». In fondo, più che di un nuovo argomento, si tratta d' in corollario dell'altro da roi g \ ricordato, nel quale si stabiliva appunto che non ci può essere unione fra materia e forma là dove r.on si realizza ur reciproco scarnb o di destini metafisici. L ’Olivi ha espresso molto berte questa legge quando ha affermato la radicale diversità fra materia corporea e mate­ria spirituale e l’impossibilità che ur.a forma spiritila e attui tira materia corporea. Il nostro autore quindi in tutt. questa controversia r.cn .a che tirare .e conseguenze celle premesse poste nella sui dottrina ilerjo-ñea, come egli ae. resto ci avverte! «Veruni est quod ornnes (rationes,' (tirate in campo relia discussione ai rapporti fra anima e corpo) cLbeat fundari supi r proprietati ms form te et materiae et ur.icnls mut_ae ;>. QSS., q. 51, Appendix (II 150). Non ha quindi alcuna -agione di protestare con to i’a-ferrrazicre d Vitale du Four: «quod quasi omnes rationes positio s nostrae fum antur ‘n hac oropositior.e, sci.Icet cuce oraris forma communicat netum suuir. suae materiae» (/. c il., 14£). Cfr. D i rerum principio, q. 9, n. 24 ; ed. Vivès (IV 404), dove Vitale du Four, dopo aver riassunto gli argomenti, che secondo i’Oliv". ci imoedi-ebbero di affermar: che l’anitra è ferma del corpo, conclude: « E x his omnibus ontct, cucci omnia irxonvenentia ista i hoc fundantur, quod quia ferma actum t onerati mrrr communicat me tería: suae et nulla materia coi norails es. susceptiva operat’onum intellectualium nec proprietatum, ut pote libertatis i riemertali :atis et similium; propter hoc niumtur quod intellectiva non (sic!) est forma corporis ». Non ha nessuna ragione di protestare, ricevo poiché sebbene sia vero che egli propone „na triplice serie di argomenti : « ex pa-te ar.imae, ex oarte ccrporis, ex parte compositi », tuttavia è altret­tanto vero che il fa-.demento logico di tatti è unico: m atera e forma devono essere o tu tt’e due materiali o tutt’e due spirituali; ir. caso contrario que .u comunicazione di perfezioni e di operazioni, ci cui si sostanzia Γ anione fra materia e forma, si rivela impossinile.

Page 32: Juan Olivi

353 i r B o t t : » · . « f : l c s c f i c h ì i d i r . c . o l i v i

ma fos.sc ionna del corpo non potrebbe più r.è conoscere, nè volere, nè essere immortale, operazioni e proprietà che evidentemente non può avere in comune col coipo; cosa che cali non tralascia certo di fare in lungo c in la r g o ' . La collusione fra 1 O livi e gli Averroisti, da noi messa in rilievo, non deve trarci in inganno c farci sospettare parentele sotterranee fra la psicologia oliviana e quella averroisia. Se si bada bene, l'accordo si limita ad invocare un pi incipio: «omnis materia fit actu per suam formam » ammesso da tutti. San Tom­maso stesso si guarda bene dal contestarlo; egli tuttavia osserva che, applicalo al caso particolare dell'uomo, in cui alla materia si unisce non una forma qualsiasi, ma una forma sussistente, non è legittimo trame conseguenze ch e valgono per una composizione ilemorfica ge­nerica. Essendo infatti l’anima intellettiva una «substantia » per conio suo, non si vede alcuna difficoltà ad ammettete che essa comunichi alla materia cui si unisce, non tutta la sua realtà, ma solo una parte, e precisamente quel tanto che la materia stessa è in grado di rice­vere. 7(>. Anche l’Olivi ci tiene a sottolineare che il suo accordo con gli averroisti c solo tattico, diremmo oggi, mentre gli interessi strate­gici sono assolutamente diversi. L ’impossibilità di affermare che l’ani­ma intellettiva è forma del corpo — scrive egli — risulta una volta di più ve guardiamo le cose dal punto di visa cel composto che ne risulta. Il composto di materia e forma è sempre una realtà più per­fetta, quanto all’essere e all’agire, di quello che non siano la materia e la forma considerate ognuna per conto suo. Se dunque l’uomo risul­tasse davvero dall'unione ilemorfica di co n o e anima, bisognerebbe dire che l’anima c corruttibile quanto e più del composto umano77.

Per sfuggire a tale conseguenza qualcuno potrebbe essere tentato di affermare che, anzi, l’anima viene in possesso di tutta la perfezione di cui è capace solo quando si separa dai corpo, e in generale che l’anima ha tutto da guadagnare a rompere ogni legame con la ma­teria 7S. E ’ un'affermazione quanto mai pericolosa, soggiunge l’Olivi : in questo caso infatti si finirebbe col dire che la materia « plus esset

75 QSS., q. SI (Il 111-113).7e Sum ma cor.ua Gentes I I , cap. 68. Al.’obiczione e ie l’anima, sostanza intellettuale,

non p jò comunicare ed avere in comune .'essere con la materia corporea, trattandosi di esseri totalmente diversi, san Tommaso risponde: «H oc aulem convenienter ¿iceretur, si eodem mode illud esse materiae esse' sicul esse substandae irtel.ectualis. N oi est autem ita : est enim materia corporalis ut -eripientis et subjecti ad aliquid aitius elevati, substantia autem intelleciualls ut principii et secundum propriae naturae coneruentiaru ».

' 7 QSS., q. 51 (II 118).'s Ib id em : « F o r e dicetur quod foima, si petest esse sine sua materia, esset .crfectior

quam sit existendo T. ea, aut quam sit suum tc*um ex ipsa et materia constitutam ».

Page 33: Juan Olivi

L ' I M P O S T O U YIV.NO 339

nociva constitutioni entium et existentiae formarum quam cooperativa nec tunc proprie adderet aliquid positivum sed potius defectivum»'9; che alla forma ripugna l’unione alla materia, in quanto questa le im­pedisce eli venire in possesso della perfezione che le compete per na­tura e ch e di conseguenza non solo è possibile, ma in ogni caso desi­derabile, che la forma si sciolga dalla materia cui è unita8·. Queste cose — afferm a con energia l'Olivi — che segnerebbero il trionfo de! platonismo di ogni colore, io le lascio dire «Averroistis saracemetan- tibus qui ponunt qued materia non intrat quidditatem entium tan- quam pars eius, sed solum sicut unum correlativorum intrat defini­tionem alterius » 8 .

Non è facile indicare il bersaglio preciso di questo attacco oliviano. Se si riflette che l ’ilemorrismo limitato agli esseri materiali è ammesso anche dagli averroisti e che essi, al pari di san Tommaso, combattono solo la composizione ilermorfica delle sostanze spiritali, mi sembra logico concludere che qui l'Olivi travolge in una sola condanna tutti i nemici deU'ilcmorfismo universale. E li condanna, perchè alla ra­dice di tale posizione speculativa egli vede spuntare una concezione della materia che giudica inaccettabile nell’arnbito del creazionismo. Solo chi ammette che la malteria non è creata da Dio, può vedere in essa un principio negativo da escludere per quanto è possibile dagli esseri. Il fatto che il nostro autore gratifichi i nemici deH’ilemorfismo universale col titolo di «Averroisti saracemetantes » si spiega ap­punto per questo: perchè finiscono ccl compremettere in qualche modo la dottrina creazionista che era, come tutti sanno, la bestia nera di Averroè.

Senza dirlo, dunque, l'Olivi ci fa intendere che se egli, al pari degli averroisti, nega che l'anima fnte.lettiva sia forma del corpo, tuttavia lo fa mosso da preoccupazioni sistematiche opposte. Mentre gli aver­roisti lo negano perchè non vogliono ammettere che una sostanza in­tellettuale possa aver a che fare con la materia, egli invece si rifiuta di ammetterlo, perchè, avendo ammesso la composizione ilemorfca dell’anima, è in condzione di salvare l’unità sostanziale deli’ucmo in altro modo. Con questo infatti l’Olivi non crede di aver compromesso l’unità sostanziale del composto umano: gli ultimi a meravigliarsi di tale sicurezza saremo noi. Infatti sappiamo benissimo che per i. Dot-

lh L . cit., .19so Ib id em : « E t tune contri naturam et ir.clir.atio.ifm formarum esset quod essent in

materia et rat raliss .rum esset e’j esse separatas a materiis tanquam ab impeditivo naturalis perfectionis earum. Et tunc ner. solum faisset possibile eas fieri et existere sine materia, .sed etiam melius >.

81 Ibidem .

Page 34: Juan Olivi

3 6 0 : n e τ ι . u n e r L o s a n c n r . ? . o . c l i v i

tore provenzale il sinolo materia-forma non è l’unico modo di unione sostanziale, ma uno fra gli altri. L ’avcr perciò escluso che l’anima in­tellettiva sia forma del corpo ci lascia aperte altre vie per dimostrare l'unità sostanziale dell'uomo. Basterà dimostrare che corpo e anima intellettiva sono due realtà fatte, per completarsi, ordinate essenzial­mente l’una all’altra; in altre paiole, che l’anima intellettiva di sua natura si lega al corpo in modo da diventare parte costitutiva di un solo essere, d anto basta perché siamo in regola con l’oriodossia catto­lica s2, pur non essendo in regola con l’ortodossia aristotelica.

Vediamo dunque in che modo l’Olivi riesce ad assicurare e a met­tere in salvo l'unità sostanziale del composto umano in base ai suoi presupposti sisa ematici. Occorre ricordare innanzi tutto che l’anima è una sostanza composta di materia spirituale, informata da tre forme parziali, vegetativa, sensitiva, intellettiva. Si deve badate inoltre che fino qui l’Olivi Ira dimostrato che delle tre forine dell'anima solo quella intellettiva non può essere forma del corpo: non ha affatto escluso che la forma vegetativa e quella sensitiva possano informare il corpo. In proposito egli non ha nulla da eccepire su quanto c da tutti pacifier mente ammesso: c’è da osservare anzi che la dimostrata impossibilità dell'anima intellettiva ad essere forma dei corpo costi­tuisce ai suoi ocelli un argomerto di p:’ù c decisivo in favore delia dottrina comune: « S i enim pars intellectiva nen potest esse per se forma corporis, sicut ex praehabitis satis patet, non est dare viam quomodo possit unir: corpori substantialiter et cum eo constituere unum ens, nisi habeat intra sc aliquam naturam formaliter per quam informet corpus... » s:i. A patto però che « sensitiva non sit a gene­rante » 84.

E ’ possibile dimostrarlo? L'aver fatto vedere Finsostenibilità delle dottrine psicologiche che rendono accettabile l’origine dell’anima sen­sitiva per via di genciazione, come l’Olivi ha fatto fin qui, non giu­stifica ancora la tesi contraria. Bisogna dimostrare ora con argomenti positivi che l’anima sensitiva dell’uomo fa un tutt’uno con quella in-

*2 L . c i l , 133: < Hoc enim sempar oportet secundum fidem dici quod s:' pars essen­tialis hont iris e' nobilissima».

t!- L . cil., 1 2 t.S4 A ngor d.' log'ca bisognerebbe c ire : a parlo però die «vegetativa e- sensitiva non

sin: a generante ». Mr l’Oiivi dei a vegetativa non fa questione. E ’ difficile diie il perchè. Forse perchó 'iterava valevole pe- tutt’e due quanto veniva dicendo ce la sensitiva. In realtà però, ro· :< sediento subito, gli argomenti coi quali presume dr dimostrare il s j o assunte, se hanno un v a ic i’ , 1 hanno solo per la rorma sensitiva. Può darsi che i’Ollvi fosse anche disposto a non insistere sulle sorti della forma, vegetativa. In conclusione, c: troviamo d:nanzi a una lacuna: .'Olivi, dopo aver dette, o tr esigenze sistematiche, che la forma vegetativa è radicata nella m atera spirituale al pari ci quella sensitiva, esita a d iie che nemmeno essa « sii a generante » e lascia la cosa in sospeso.

Page 35: Juan Olivi

IL C O M P O S T O LÍMAOO

tellettiva cd è ad es¿a consustanziale cd ha quindi un destino comune con essa.

Il nostro autore crede di averli questi argomenti: argomenti filo- solini, teologici e d’autorità85. Gli argomenti filosofici, sui quali sol­tanto, noi, come ai solito, ci soffermiamo, L'Olivi li fonda tutti sul­l’esperienza interna. Un primo c.ato d’esperienza interna, sai quale lOlivi richiama l’attenzione, è la strettissima dipendenza dell’atti­vità sensitiva da queda intellettiva: «intra nos sentimus sensiti­vam teneri et regi et dirigi a parte superiori » 8e. Si tratta di una di­pendenza intima e totale, al punto che gli atti dei sensi li sentiamo come manifestazioni della nostra personalità nè più nè meno degli atti di conoscenza e di volontà. Tanto è vero che, parlando, noi di­ciamo indifferentemente: Io conosco questo o quello, come: io vedo o io mangio. Il che vuoi dire che noi ci appropriamo senza alcuna differenza sia gii atti della nostra vita razionale come quelli deila vita sensibile: degli uni e degli altri siamo coscienti allo stesso modo e in misura uguale. Questo fatto si può spiegare in un modo solo: ricono­scendo che l’attività sensibile ha le sue radici là dove ha le sue radici l’attività razionale, e che tutt’e due sgorgano dalla stessa sorgente: riconoscendo, insomrr.a, che seno azioni de.lo stesso soggetto87.

Un altro date di coseieaza insopprimibi.e è queste: all’ucmo non è possibile conoscere nessuna realtà sensibile se non attraverso l’atti­vità dei sensi. Precisiamo meglio: noi conosciamo la realtà materiale non immediatamente, ma solo in quanto le cose sono attualmente ter­mine e oggetto delia nostra attività sensibile e in essa e per essa si fanno presenti al rostro intellettoss. Qualcuno — osserva l'Oli vi —

S5 (¿ÚS·, c|. 51 (II ¿22-126).m L. cit., 1 2 2 .87 ib idem : « . .In tantu.mqur senti tur (sensitiva) esse piantata in radice superioris partis

nostra 2 quod rad X nostrae s-bsistentllae, !pst. scaleet pars superior, senti; intime et dichactus sensitiva e isse sues. Unde dicit: ego qui inte.ligo, video vel comeco : et ul’c ue nonpotest elicere nifi per potentiam intellectivam, q..ia nuda ali.: potertia potest apprehendere utrosqui actus nisi ¡asa».

Sl* Ib id em : « Manifesté... et continue sentimus quoc. intellectus noster n h il apprehend.t de ser a hiljb js nis' apprêt entiendo aliquem act..m sensitivae qui tunc est in actu et oer consequens obj-ct ni lias act_.s >. Quello c. e si osserva sui piano celtaIciv 'tà conoscitiva, si osserva in h- si plano dell’attività volitiv . Anche qu' «apoetilus sup erar nunquam potest movere corpus nisi rnover.cn appetitine inferiorem » ; anche qui « a d solimi ve..e actuale appetitus suoerioris sequitur affectio actualis in nfericri et e cen tri rio, e . corsi­mi iter ad no ,e acquati,r no.le, quant.vis hoc non piene fiat prooter infectionem viri.,rn orig.- nalem » (/. cit., I . S e mi di1; .ne è un., conseguenza celi .,rènne deH’anirna col corpo, io vi demando se un angelo cori la sola volenti, può rr..overe un corpo. Perché non potrebee a magg'or ragione fido la nostra anima, soprattutto se, come voi sostenete, è forma del corpo? Arche qui du que il oarullelismo natura c esistente fra appe:i*c superiore e 'nft-nore si spiega soltanto ammettendo « qued hoc fiat propter aliquam unionem intimam et natu­ralissimam > (ibidem).

Page 36: Juan Olivi

l f d o t t p i ' e f i l o ? o f : g h e DI F. G. CL.V.

vede in questo fatto null’altro che una conseguenza dell’unione so­stai zzale dcll’an'ma col corpo: essendo l'anima condizionata dal corpo quanto all essere, non fa meraviglia che anche l’attività razionale ri­sulti condizionata da quella sensibile. Questa spiegazione però, agli oc­chi del nostro autore, ha il torto di considerare transitoria tale situa­zione: l'attività razionale sarebbe condizionata da quella sensibile solo in questa vita. Se fosse vero, bisogno ebbe dire clic, unendosi al corpo, l’anima o cambia natura, r. quindi, il suo modo di agire, oppure de­cade dalla sua perfezione nativa. Chi si scile di sottoscrivere simili conclusioni?89. Della strettissima connessione esistente fra attività sen­sibile e attività razionale si suol dare anche un’altra spiegazione. Si dice che la conoscenza delle coso inatci tali è resa possibile solo dal- rcspcrienza sensibile, perchè non essendo le rose conoscibih dall’intel­letto nella loro materialità, c necessario che subiscano un processo di depurazione per essere messe alla portai.) del itosi io intelletto9".

Riservandosi di dire a suo tempo quel clic egli pensa in proposito, per il momento l’Olivi si limita ad osseirare che se si può Invocare la necessità di tale depurazione, quando si tratta di conoscere una cosa materiale la prima volta, non si vede più per quale ragione l ’attività sensibile sia richiesta quando il nostro intelletto pensa a cose già viste, i cui fantasmi sono conservati nella memoria sensibile. Come mai anche in questo caso possiamo averle presenti all’intelletto solo se ci seno presentate in atto dalla fantasia? 91. Occorre dunque ricer­care una ragione più profonda anche di questo dato della coscienza: l’unica spiegazione esauriente della naturale connessione fra attività sen­sibile e attività intellettiva nell'uomo, è quella di ammettere che i rispettivi principi sono radicati nello stesso soggetto92.

Al fatto, attestato dall’esperienza interna, che l’an’ma arriva al 59 * * * * * * * * * * * * * * *

3 6 2

59 Ibidem ·. « Nec enim poterit pro causa redd" quoi ho: facit ipsa urdo qua ccrpori un.tur,quia ex ipsa unione non mutabitur eius species nec minorabitur eius v’rtus; et si in nobisminoretur propter originalem correptionem, haereticum tarnen esset dicere quoc minore teterrropter p.-am substantiam cordis ». Cerne si vede, i'01 vi nen è adatto disposto a far pesare

in qualche modo sull’anima il suo stato ó : unione col corpo. Unendosi al corpo l’anina conpuò percer': nu.la, per l ’evidente ragione che solo a cuesto po'to tale unione potià esseredetta naturale.

90 Evidentemente qui '.Olivi si riferisce alia dottrine aristotelica-tomista dcll'asti azione neisuoi momenti caratteristici —- sensazione, fan'asma, illuni'nazione Qcll'i: eilctto agente;« species intellig’bills », atto intellettivo.

9] Ib id em : « Et tamen, si prepter depuratone):: spcc e un: hoc esset, quasi sci icct ionraererum sensibiles non sint proportionales nostio intellectui; tunc saiterr. species q tae sunt ·ηmemoria sensuali essent sibi sufficienter proportionales, cum postea in natura sensitiva nonfiat ma.or depurado... ».

92 Pi i innanzi l’Olivi preciserà meglio il suo pcnsierc, formulando la sua notissima teer’adella <r colligantia po cntiarum ».

Page 37: Juan Olivi

1L COM 'OSTO UM \NC 3 6 5

corpo solo mediante l’attività sensibile, l’Olivi attribuisce una grande importanza. Oltre tatto egli vede in esso ima ulteriore prova che l ’anima intellettiva non informa direttamente il corpo: in questo caso infatti dovrebbe « intime et immediatissime sentire et apprehendere quo immediatius et directius est ei unitus utpote forma eius existens non autem sensitivae»93. Avviene invece proprio il contrario: prima c con maggioi immediatezza del corpo proprio, l’anima avverte ed ha coscienza dell’attività sensibile, con cui essa prende possesso del corpo: sente il corpo, solo in quanto sente di sentire il corpo. E’ la prova che il principio sensitivo inerisce all’anima in un modo pili in­timo c più naturale che non il corpo. Questa è la sola conclusione che chiarisca esaurientemente i dati dell’esperienza interna, il fatto cioè che l’anima conosca « intime et necessario actus sensitivae, statim dum fiunt et originem radicalem eorum »“A Tenuto conto di questo, è gio­coforza ammettere che la sensibilità appartiene in proprio all’anima intellettiva, in quanto tale, prima e indipendentemente dalla sua unione col corpo: non è la sensibilità perciò che è condizionata c.al- l ’unione sostanziale dell’anima col corpo, ma è l’unione dell’anima col corpo, che è condizionata dalla sensibilità. Infatti è proprio perchè l ’anima, oltre acl avere in sè la forma intellettiva, ha in sè anche la forma sensitiva, che può unirsi a modo di forma al corpo“ .

In base a questi argomenti l’Olivi crede di aver definitivamente giu­stificate le sur vedute intorno ail’uomo: sebbene corpo e anima siano due sostanze risultanti cui princip’ materiali e formali tanto diversi, tuttavia possono legarsi in un ordine naturale e sostanziale tramite la parte vegetativa c sensitiva, alla cui natura non solo non ripugna, ma sommamente conviene unirsi alla materia corporea a modo di forma.

Λ questo punto però l’Oiivi deve fare i conti con una serie ai obie­zioni tutt'altro che trascurabili. La prima punta sulla composizione ilcmorlìca dell’anima. li principio vegetativo e quello sensitivo infatti, al pari di quello intellettivo, sono radicati nella materia spirituale e la informano: come possono allora informare anche la materia cor­porea? Il’ impossibile che una ferma sia atto di due diverse m aterie90. E ’ in base a questo principio che san Tommaso ha potuto scrivere: « Est autem attendendum quod si quis poneret ammaro componi ex materi a et forma, nullo modo posset dicere animam esse formam cor- 83 84 85 *

83 L. cit., : :3 .84 L. cit., 123.85 L. cit., 123.ac L. cit., 103.

Page 38: Juan Olivi

Ζ Λ . ::vr,T' ΛΙΝΕ r TL O SO F I C . î I r>] P . G. OLIV>64

poris»97. L’Olivi nega semplicemente che si tratti di un principio evi­dente: non trovo nulla di sconveniente — egli ribatte — ad ammet­tere che cerne una materia può essere informata da due forme fra loro ordinate, cosi si diano delle forme che attuano due materie diverse quanto alla natura, ma luna ordinata a ll'a ltra98. M ateria corporea e materia spirituale non hanno nulla di comune, come sappiamo: questo però non impedisce, per quel tanto di analogia che corre fra loro, che buina e l’altra possano essere in potenza rispetto ad una me­desima form a". E ’ il nostro caso: l’essere la forma sensitiva radicata nella materia spirituale, come abbiamo dimostrato, non imped'sce che essa inforni! anche la materia corporea. Non «ta proprio qui la pecu­liarità del principio sensitivo, che pur essendo in radice spirituale, tuttavia è di sua natura proteso verso il corpo? Come spiegare altri­menti il fatto che i sensi esterni sono legati ad un organo e nello stesso tempo si continuano nel senso comune? ,'1".

Per chiarire ulteriormente la funzione di vincolo sostanziale fra corpo e anima intellettiva, attribuita dallOlivi al principio sensitivo, ci è di grande aiuto la risposta che egli dà ad una difficoltà che sor­gerebbe dall'interno stesso della sua soluzione. Qualcuno -— ammette rOlivi — potrebbe osservarmi di aver sostenuto che se l’anima intel­lettiva fosse forma de! corpo, ne risulterebbe compromessa l'immor­talità, per la solita ragione che la ferma « in quantum forma, sit se tota ad suam materiam inclinata et ipsa sit sua inclinatio » 1C1. Ciò nonostante continuo a dire che l’anima intellettiva è unita sostan­zialmente e quindi « inclinata ad corpus ». In che cosa si distingue 1’« inclinatio ad corpus» esclusa, d a l’« inclinatio ad corpus» asserita? Per quale ragione la prima dovrebbe compromettere l ’immortalità 01

01 Sum m a Theol. I , q. 76, a. 1, Respondeo9i L . cit., 132: « Dicendum igi'ur q jcd s 'c jt uro ma cria peilst sV ni in'ormari

duabus foriris ordinate se habentibus... sic nihil inconveniens, si aliquae formae sirru’ ¡aossii t informare deas materias inter se ore:aer.', haoentes et non corequales ï .

f9 Ib id em .100 Ib id em : «Q ui autem hoc non poten intcüigere videat... quomodo omres sensés parti­

culares necessario oportet esse radicatos in organo sensas coirmuris prae er hoc cuod sant in oropris organis ». Su' rapporto tra sensi estern’ e senso comune, cosi cotic sono ’ntesi ca lI’Olivi, torneremo a suo tempo. Il nostro autore vede in essi una perfetta analogia ci quelli che sono : rapporti fra forma sensitiva e forma intellettiva : come : sensi particolari si compenetrano nel senso comune e agiscono sempre restando nel suo ambito oper.-livo, così l’attività sensitiva nasce, per cosi dire, dal grembo dell'attività ir.tellcttlva e ne è utta penetrata: «...Sensus communis statini et necessario apprehendit actus sensuum particularium, quia ipsi sensus particulares radicentur in organo sensus communis et tenentur in eo, sicut ferma et virtus inferior tenetur a forma et virtute superiori. Oportet igitur cuod inte ectjs (che «intim e et necessario anprebendit ac. s sensitivae >) teneat in fa se omîtes apprehen­si vas sensitivas, ita quoc mutuo sint quotam modo sibi plene illapsae... » (/. cil., 123).

101 L . cit., 117.

Page 39: Juan Olivi

Í C O M P O S T O UMANO

dell'anima, e la seconda no? La differenza c’è e cerne, risponde rOIiv'i. Nel primo caso, infatti, cioè nel caso che l’anima fosse forma del corpo, la forma intellettiva inclinerebbe al corpo per se stessa, legando così il suo destino a quello della materia corporea. Nel se­condo caso invece 1 inclinazione dell’anima intellettiva al corpo è, per così dire, indiretta. Mi spiego. Nella materia spirituale dell’anima si radicano, come abbiamo detto c ridetto, tre forme parziali: di queste tre forme la vegetativa c la sensitiva sono di loro natura inclinate al corpo, in quanto capaci di informarlo. Tale inclinazione si tra­smette, per così dire, anche alla materia spirituale, in cui sono radi­cate. La forma intellettiva a sua volta viene coinvolta in questa incli­nazione, poiché «eo ipso... quod sua materia est ad aliquid aliud ->ub- stantialiter inclinata, et ipsa erit acl illud inclinata, curri sequatur leges suae materiae » ‘ T Com’è chiaro, dunque, l’anima intellettiva non è inclinata « ad corpus » per se stessa, ma tramite la sua materia. Se invece l’anima intellettiva fosse forma dei corpo, succederebbe il contrario: Γ« inclinatio ad corpus», Invece di trasmettersi dalla materia (spirituale) alla forma intellettiva, si trasmetterebbe da questa a quella. La differenza è rilevante. Infatti quando la materia inclina « ad aliquid aliud » in virtù deila forma, è segno che la forma non comunica alla materia tutta la perfezione di cu: essa è capace, e non può carie quindi quella perfetta stabilità ontologica, che è propria degli esseri incorruttibili ; il fatto invece che la forma inclini «ad aliquid aliud per materiam », non esc.ude che la forma da se stessa possa estinguere ec; estingua in linea rii fatto la tensione metafisica della materia verso la perfezione. In questo caso Γ« inclinatio ad aliud » non denuncia una carenza perfettiva da parte della forma l03.

Con queste precisazioni i’Oiivi crede di aver spiegato come mai la «inclinatio ad corpus» ammessa nell’anima intellettiva, sia suffi­ciente a fondare l’unità sostanziale dell’uomo, senza compromettere l’immortalità dell’anima. Non s. può negare che la soluzione oliviana sia ingegnosa: è molto più Ingegnosa però che persuasiva, fondata com’è ìu sviluppi personalissimi deha dottrina ilemornea. Tutte quelle precisazioni introdotte dai nostro autore Intorno ai rapporti fra ma­teria c forma per venire a capo del problema in discussione, hanno

3 6 5

1M Ibidem .103 Ib id em : t M agra iguur est diffère-.tía r.icere qued forma per mater’am inclinetar ad

aliud et di ere quoti materia per forrrmrr: obi entert materia per form an, signum est mani­festum quod talis forma non dat materiae pertectam et absolutam exisíeatiam : abi vero forma per materiam, sigr.um est quod forma, quantum es: ex se, daret et dat, quia ipsa de se materiam ad ali. m ex.stentiam non inclinat *.

Page 40: Juan Olivi

1.) DOTTRINI! F I I 3 S O r i C : l T 3 1 P. C . 0'. IVI3 -A

troppo l’aria ri essere accorgimenti escogitati li per li. perchè lece­vano comodo. Al momento però prendiamo tali precisazioni per quel che valgono e limitiamoci a ricavarne tutto l’utile possibile per fissare meglio la funzione della, forma sensitiva, che si rivela tanto impor­tante nell?, psicologia oliviana.

Conte risulta chiaro da quanto precede, lo stabilirsi di un’unione sostanziale ira corpo e anima è reso possibile dalla natura peculiare della forma sensitiva (e di quella vegetativa) umana. La «sensitiva heminis» si dilicrcnzia dall'anima sensitiva di ogni altro animale, non solo perchè c essenzialmente destinata ad infermare un corpo umano, ma anche per i suoi particolari rapporti con l’anima intel­lettiva. Essendo infatti radicata nella medesima materia spirituale, essa è unita con un vincolo sostanziali' alla forma razionale: senza essere una vera e propria forma intellettiva è cod intiman ente legata e ordinata a quella razionale, da partecipante in qualche mi do la perfezione104. La conseguenza più rilevante però e un’altra. Non bi­sogna dimenticare che la forma sensitiva non è una forma a sè, ma una forma parziale dell’anima, che è il tutto. Ora siccome l’azione deila parte «potius attribuitur toti supposito quam parti» (si dice che l’uomo parla, sebbene parli in quanto ha la lingua), ne deriva che nonostante l’anima razionale sia forma del corpo in quante sensi­tiva, tuttavia è più che legittimo dire semplicemente che l’anima ra­zionale è forma del corpo ,ü\

Nessuno però si affretti a dire che l’Olivi si contraddice: nella ter­minologia oliviana non è la stessa cosa dire che l’anima intellettiva è forma del corpo; e dire che l’anima razionale è forma del corpo. Non dimentichiamo che nell’anima coesistono tre forme parziali e che l’ultima di esse, nel nostro caso la forma intellettiva, è la vera e propra forma «to tiu s» . L'anima dell'uomo perciò non risulta di tre anime; essa è una sola ed è specificata dall’ultima ferma. Si tratta dunque di un’anima razionale. Si può e si deve dire che l’anima ra­zionale informa il corpo, dal momento che ne è forma con una parte di se stessa. Non si può dire invece che sia forma del corpo l’anima

104 QSS-, q. 51 Appenòix (II Κ Ί ) : « E x tali autem anione r c r habet quod ¡pía sit intellectiva, sed so'.um ouoñ sit irtellec 'vae essentialiter subjecta et cc.inexa ac per con­sequens et analogice participans aliquem crcincm rationis et libertatis seu oboedientiae rationalis, quem non participant sensitivae brutorum ».

1<l3 Ib id em : « E x hoc etiam est quod tota anima rationalis ¿icitur forma sui coru.ris potius quam sola sua pars sensitiva, quia fornir simpliciter cicta, pot'us significat formam to'alem quam partem ipsius, iuxta quod et magis proprie d’eitur hemo loqui quam lingua, quamvis homo non loquatur nisi pe· inuram, quia actio potius attribuitur toti supocslto quren parti ».

Page 41: Juan Olivi

I L C O M H O ’ i O L' Ί Α Ν Ο

intellettiva, perchè in questo caso si verrebbe a dire che .'anima in­forma la materia corporea in quanto c’è in essa la forma intellettiva e proprio in virtù di essa, il che l'abbiamo dovuto escludere.

Queste considerazioni ci spiegano la sdegnosa reazione dell'Olivi a chi gli faceva dire che l’anima intellettiva è forma dell uomo «mediante sensitivo»106. Questo — egli ribatte — lo possono dire i sostenitori della subordinazione essenziale delle forme, per i quali l’anima intellettiva non informa direttamente la materia corporea, ma solo la forma sensitiva. Chi invece ha capito bene il mio pensiero si renderà conto che io posso affermare con pieno diritto che l’anima intellettiva « non solum est consubstantialis homini, sed et forma ciu s»107, pur avendo negato che in quanto intellettiva sia forma del corpo. Per quello che abbiamo appena finito di dire tutta l’anima è di sua natura ordinata e inclinata ad unirsi al corpo, sebbene resti vero che la radice di tale ordinazione e inclinazione si debba ricer­care non nella parte intellettiva come tale, ma nella parte sensitiva. In conclusione l’anima razionale è forma del corpo; ma siccome lo è, non perchè è razionale, ma perchè è sensitiva, non si può dire che l’anima sia forma del corpo in quanto intellettiva. Si deve dire invece che l’anima intellettiva è forma dell'uomo e perchè naturalmente in­clinata ad unirsi al corpo e perchè proprio da essa l’ucmo mutua la peculiarità specifica della sua natura.

L ’unica vera cufficoltà che si può sollevare contro la soluzione oli- viana — lo riconosce esplicitamente anche il Maestro provenzale — può venire da coloro per i quali « omne genus inclinationis reducitur ad inclinationem formae ad materiam vel materiae ad formam » 1(w; da coloro ciré, per cui non esiste vincolo sostanziale all’infuori di quello che esiste reciprocamente fra la materia e la forma. Qualunque siano i rapporti di mutua convenienza esistenti fra il corpo e l’anima intellettiva, se si esclude che si tratti di veri e propri rapporti formali, noi si potià più dire che corpo e anima costituiscono una sola so­stanza. Noi conosciamo già la risposta dell’Olivi: una simi’e argo­mentazione sarebbe valida se il principio su cui si fonda — non è concepibile altra unione sostanziale all’infuori di quella che si stabi­lisce fra principio materiale e principio formale — fosse davvero evi­dente. Il che in verità è tutt’aliro che dimostrato Icy. Chi può negare

M Ibidem.lci Ib dem.1M L. ci'., 1 « ."3 Ibidem : « Hic petitur principiurr. quod debet probari, scilicet quod quicq id substan­

tialiter inclinatu- ac aliud inclinatur ad iacd t ad saam formam aut ut a c suam materiam ».

Page 42: Juan Olivi

I L ΓΧ?Ί .V l'.v E F I L O S O r iG I lE DI ? . G. CLIVI!}-;·8

che il capo e il cuore siano fatti c naturalm ente ordinati l'uno al­l’altro, e siano parti costitutive di un tutto sostanziale? L ’unità che esiste tra le parti della m ateria inoltre non è anch'essa sostanziale? Eppure nè il capo è forma o m ateria del cuore, nè una parte mate­riale si unisce all'altra a modo di sua forma o a modo di sua ma­teria jl°. Sono sicuro dunque · conclude LO!ivi -— di non dire cose assurde c incomprcnsibili quando afferm o che l’anima intellettiva è unita sostanzialmente al corpo, senza tuttavia esserne la forma. In quanto la forma sensitiva c quella intellettiva sono radicate nella medesima materia c costituiscono la forma totale dell’anima, «sibi invicem substantialiter cooniuntur » in ; perciò quando la forma scn- sitiva, secondo la sua natura, diventa forma del corpo umano, e co­stituisce con esso un composto sostanziale, non cessa di essere unita sostanzialmente alla forma intellettiva. Anche questa quindi si unisce al corpo con quello stesso vincolo con cui è unita alla forma sensitiva. Trattandosi dunque di un legame che ha la sua ragion d’essere nella strutturazione essenziale dell'anima, come abbiamo spiegato, dovremo dire che anche la forma intellettiva si unisce sostanzialmente al corpo: corpo e anima intellettiva infatti, in ferza della loro natura, seno parti integranti di un tutto che è l’uom o112. In forza di questa con­catenazione naturale, che lega la forma intellettiva al corpo, anche per l’Olivi l’anima separata non è persona, cioè non è un essere che ha tutto quello che deve avere per esistere in sè e per sè: senza il

Ib id em : «Nunquid etiam perfectius unitur er put coipor' et cord' quam si rsset cerum forma? Praeterea... una pars materiae unitur sul:stantialiter alteri parti materiae, et trinen una pars non est forma vel materia alterius partis».

- ’ 1 Ibidem .1 12 QSS., q. 51 (II 134): « ..N em o dubitabit quod cuicquid incinatur ct uritjr

substantialiter alicui, prout illud est substantla'ter inclinatum et unitum alicui tertio, cuod primum eo ipso est substantialiter inclinatum e‘ u n te n illi tertio et e contrario. Si ergo corpus hoirinis est unitum et inclinatum sensitivae, prout iila est inclinata et unita intel­lectivae, et si (nel testo c e : etsi) intellectiva esi essentialiter unita sensitivae, prout illa est inclinata ad corpus: n-cessario oporn.t quod eo ipso intellectiva et co-pus sint s.bi substantialiter unita et tamen non propter hoc oporebil quod sint unita sicut ferma et m ateria». Ma ecco un altro testo ancora p'ù esplicito e preciso: quacst. 59 (II 539): <, Quomodo autem hace unio possit intclligi et esse consubstantialis, ita quoc ron sit for­malis, facile est capere, supposito quod sensitiva sit unita cuir, parte intelectiva ir una spirituali materia seu saltem :n uno, ut ita dicam, supposito rationalis animae. Cum enim sensitiva sit forma substantiabs humani corporis seu polris anima rationalis per partem sensitivam, et ita ad se invicem substantialiter unitae tamcuam forma et materia, pais autem intellectiva et sensitiva sint unitae taneuam duae naturae formales in una materia seu ni uno supposito et in una substantia animae et ite ir.vicem sib: consubstantiales larquam partes substantiales unius formae substantialis animae: oportet quod pars intellectiva et corpus sint s bi subastantialiter unita in uno suppesito rationalis animae lanquam parte cius substantiales »

Page 43: Juan Olivi

I I C O M I) TO UM w o 36(>

corpo infatti l’anima «non habet omnes partes debitas suae naturae ct suae personali libertati11J.

La soluzione olivlana cel massimo problema psicologico cl ha di­mostrato una volta di più con quanta libertà il Maestro provenzale si muova sui terreni più insidiosi e con quanta abilità si apra la sua strada fra il groviglio delle opinioni e delle tesi contrastanti. Se c’era uri problema davanti al quale un pensatore meno agguerrito poteva lasciarsi indurre ad attenersi alle soluzioni tradizionali, era proprio quello dei rapporti fra anima e corpo. Formazione filosofica, ovvie preferenze speculative, affinità spirituali, direttive superiori, orien­tamento dell’opinione pubblica, tutto induceva un pensatore meno instan abile dclI’Olivi ad abbracciare semplicemente la soluzione ago­stiniana, clic usciva momentaneamente vittoriosa dalla grande mischia speculativa combattuta contro i’averroismo e contro Faristotelismo eli san Tommaso. Quello di fermarsi su posizioni acquisite e di comodo non è un atteggiamento adatto al nostro autore. Pur mettendosi de­cisamente dalla parte agostiniana, egli riprende in esame il problema daccapo e sfruttando suggestioni ed elementi speculativi di ogni pro­venienza, anche averroistica, riesce ad elaborare una soluzione gene­ricamente tradizionale, ma soprattutto personalissima.

D ’accordo con i « teologi » nell’affermare che l’anima con tutte le sue potenze è creata direttamente da Dio, trae dalla teoria tutte le conseguenze e nega recisamente che il principio vegetativo e sensi- tivo siano dati all’uomo per via di generazione. Questo però non gii impedisce di concedere qualche cosa ai «filosofi». Mettendo a con­tributo la teoria della pluralità delle forme, trova modo di distin­guere energicamente il principio vegetativo e sensitivo da quello in­tellettivo, facendone tre Forme dell’anima realmente distinte fra loro. Per ha tterc in breccia ('unicismo tomista applicato anche all’uomo, inconciliabile con la composizione ilemorfica da lui ammessa nel­l’anima, non esita a far propri i principali argomenti degli averrcisti, diretti a dimostrare 1 impossibilità di fare dell’anima intellettiva la forma del corpo, mettendosi cosi in contrasto con gli stessi agostiniani, che avevano accettato ia formula aristotelica, convinti che solo in questo modo fosse possibile salvare, contro Platone, l’unità sostanziale dei composto umano. Nemmeno 1 Olivi è disposto a venire a com­promessi con il dualismo psicologico di Platone, inconciliabile con la 113

1 13 L cil j 121: Cfr. Q uodlibeta..., f 8 b : «Constat enim tam secundum fteiem catho­licam qmm secundum ratiorem quod anima ratror.iiis ron potes: habere existentiam completum, nec medun exlstendi coin oletum nisi sit unta corpori; et constat qued ips.i inclinatur ad rcrp .s in:er cetrras causas p opter ’naigentiax. hu:iu complément.; et si: per consequens propter indigentiam exister.riae suae

24

Page 44: Juan Olivi

DO TTUrN E F I I . O S O F J I HΓ DI P . G. JL 1VId70

concezione cristiana dcU’uomo, ma pensa sia possibile assicurare l'uni.à del composto umano senza far tante concessioni ad Aristotele. Per questo è sufficiente trarre il massimo partito da due dottrine squisi­tamente agostiniane: la composizione ilcmorfica dell’anima e il plu­ralismo delle ionne. Attraverso quali precisazioni e applicazioni il nostro autore ci sia riuscito, l’abbiamo visto. E ’ appena necessario notare la strettissima dipendenza della soluzione oliviana dalla sua particolare interpretazione del pluralismo: mentre chi ammetteva la subordinazione essenziale delle forme non trovava nessuna difficoltà ad affermare che l’anima intellettiva è forma del corpo, chi. come l’Olivi, asseriva che nessuna forma può essere in potenza rispetto ad un’altra e che, di conseguenza, la forma si radica e determina diret­tamente sempre e solo la materia prima, doveva essere assalito dagli scrupoli di fronte ad un’aiTcrmazione simile. Come abbiamo fatto ri­levare a suo tempo, è proprio in nome degli stessi pi incini invocati da san Tommaso, che l'Olivi dichiara inaccettabile la subordinazione essenziale delle forme.

11 Maestro provenzale dunque condivide con i maestri agostiniani l’avversione contro Γunicismo tomista; tuttavia per criticare la con­cezione pluralistica da questi comunemente accettata, si allea con san Tommaso; e inline, per aver partita vinta contro san Tommaso e i Maestri agostiniani, d’accordo con lui neH’aiìermare che l’anima intel­lettiva è forma del corpo, non esita a far alleanza col diavolo, cioè con gli averroisti, che di solito sono oggetto del suo disprezzo. Nulla meglio di questo giuoco di alleanze tattiche, occasionai’, di questo andirivieni da un campo all’altro per riportarne dati ed elementi speculativi utili, ci dà la misura della complessità della soluzione oliviana e della sua intima originalità. Singolarissima dunque la con­cezione obviana dei rapporti fra anima e corpo, ma, come succede di molte cose singolari, complicata, lambiccata, sconcertante.

ni - OLIVI E LA DEFINIZION E DEL CONCILIO DI VIENNA

Questa potrebbe essere la spiegazione del fatto che l’opinione del- l ’Olivi abbia avuto pochissima risonanza. Allo stato attuale delle nostre conoscenze storiche possiamo indicare un solo autore che di­mostri di seguile fedelmente l’Olivi anche su questo punto: Pietro de Trabibus1 4. Fra i Maestri che continuano e difendono la dottrina

Cfr. L o n g pr é E., Pietro de T rabibu s..., in SF, 1922, 167-220; J ansen B., Petrus de T rabibu s. S ein e speculative..., Baeamker Festschrift, Münser W., 1923, 243-254.

Page 45: Juan Olivi

IL C O M P O S T O U M A N O

tomista dell’unità della form,a nell’uomo, non ce n’è uno che dedichi la minima attenzione alla teoria oliviana; è la prova più significativa che essa non aveva alcun seguito fra gli autori più in vista a quei tempi.

Anche negli ambienti culturali dell’Ordine francescano ebbe un’ac­coglienza assolutamente negativa. La dottrina oliviana sui rapporti fra anima c corpo compare fra quel gruppo di sentenze estratte dalle opere del Maestro provenzale, che erano apparse erronee o pericolose ai sette Maestri, incaricati dal Generale dell’Ordine, fra Bonagrazia da Bologna, di esaminare i suoi scritti ~15. Le spiegazioni c le giustifi­cazioni dcU’Olivi però, sulle quali ci fermeremo più avanti, dovettero sembrare abbastanza persuasive dal momento che, corne è neto, non gli fu tolto l’insegnamento e non fu più molestato durante il gene­ralato di Arlotto da Prato, di Matteo d’Acquasparta e di Raimondo Gaufredi. Quando però qualche anno più tardi divampò un’altra volta la lotta del frati della Comunità contro gli Spirituali, e quelli per necessità polemica cercarono di demolire l’autorità dcIIOlivi pre­sentandolo come eretico, l’incriminata tesi psicologica tornò ir. primo piano, Tra i quattordici Maestri in teologia e Ministri provinciali, convocati d i Clemente V per patrocinare la cama dei frati della Co­munità e sostenere le accuse contro gli Spirituali nel Concilio di Vienna, noi troviamo « Vitalis Aquitaniae ». Questi non è altri che Vitale du Lour, un antico avversario deii’Olivi. Di lui conosciamo una confutazione organica e di grande impegno della famosa tesi oli­viana ll3. Le due questioni del D e rerum principio 117 venute fra le mani cleU'Ollvi, lo indussero a stendere quella lunga replica polemica che costituisce 1’Appendix alla quest. 51, a cui ci siamo più volte rife- 118

118 Cfr. L a .irne?. D., P. Johannis Olivi ria scripta..., in AFFI, 1335, 128: iS . De Anima: quod est torma carperis, Qaocl anima rationalis est per se et essentialiter forma co-poris huir ari nec tarnen oropter noe sequitur, q-oa non niL Ubera vel quo d ¿it extensu, sol mortalis, vrl quod det huic, corpori esae immortale, et contrarium est error». Cfr. FusuKNeooFR G., L ittera septem sigillorum contra doctrinam P. ¡ 0 annis Olivi, in A FH , 1951, 15-5:1.

D·· re'um principio, q. 9, a. 2 ; !.. 11, a. 2; er.. Vlvès (IV 398—1-36; 46 -4 6 8 1 ; Q uadi. I , q. ?.. Cfr. Γ)·' J. RM£ F. M., Vitalis de Furno, Q uodlibeta tria (Spicilegium Pontificii Athrem-i Antonimi, V) Roma, .947, 27-30. 3 ’ difficile stabilire le ragicri che hanno indotto questo autore, uri'cc fra tutti 1 Maestri aderenti aLa corrente agostiniana, a dedicare tanta attrr./ioi alle d urine osicologiche delFOlivi. Σ' stato mosso uà interessi puramente fr.0506.ci o, almeno in parte, anche c.a p eccourazioni extrafi.osof.che e c.a spirito e pa-tito? Il fatto di ritrovar o fra i outrocim tori della causa della Couturi.tà al Conc.Lo d: Vienna ci farebli ■ propendere per la seconda alternativa. Per le ragioni cdre diremo, noi però inc’ini uno ati escluderla.

117 Che fanno parte di un gruppo ni question" dispntite dtd titolo V e anuria et eius potent ir, corre lia dimostrate il Deiorrre: L e Cardinal Vital du Four. Huit questions dispu- tées sur le problèm e de ta connaissance, in AFIDL, 1927, .51-337.

Page 46: Juan Olivi

L I Γ Û T I R I . N E H L O b O U C H F 1>I P . G . O L IV I3 7 2

riti, e nella quale ribatte una per una le affermazioni e gli argomenti dell’avversario, come può constatare chi confronti il testo cliviano con il testo di Vitale du Four. Spiegando le ragioni che lo inducono a rispondere alle critiche clic gli sono state mosse da Vitale du Four, ¡Oliv: scrivo: «p eivenerunt ad me impugnationes cuiusdam zelo veri­tatis, ut aestimo, laetae; placet eodem \ erit a tis zelo pacifice respon­dere ad illas» '1''. II nostro autore dunque non mette in dubbio la buena fede di ll’avversarlo e gli dà atto di essere mosso unicamente da preoccupazioni legittime ed oneste, «zelo verita tis» ; merita perciò una risoesta altrettanto onesta c obicttiva.

Questo attestato di onestà filosofica lo mediava davvero Vitale du Four? La dichiarazione oliviana, in altre parole, è sincera oppure è, come tante altre, soltanto diplomatica, e un accorgimento polemico? Non ho alcun motivo di sottoscm ere un t; le dubbio: non si deve escludere infatti che tra tanti avversari prevenuti, che leggevano gli scritti dcllOlivi, preoccupati soltanto di coglierlo in fallo e di tro­vare un appiglio per attaccarlo, ce ne fosse qualcuno spassionato e che piendeva in mano la penna per contraddirlo solo perchè le tesi olir lane gli sembravano poco convincenti o addirittura poco ortodosse. Accanto a coloro che ncllOlivi filosofo volevano colpire soprattutto il capo morale degli Spirituali, ci sarà senz’altro stato chi, a pre­scindere da dissensi di ordine pratico, era seriamente impensierito dalle sue posizioni speculative. Ora non c’è alcuna ragione per esclu­dere che Vitale du Four, almeno in un primo momento, fosse uno di questi. Comunque è un fatte che, fra le dottrine su cui i frati della Comunità puntarono di più per strappare a] Concilio di Vienna una condanna di eresia contro l’Olivi, c ’era anche quella dei rapporti fra anima e corpo119.

La controversia fra gii Spirituali e i frati delia Comunità ai tempi del Concilio di Vienna, si imperniava su due questioni fondamentali: alla tradizionale vertenza sul valore e la misura della povertà fran­cescana si era aggiunta quella sull’ortodossia di alcune dottrine filo-

—3 QSS., q. 51 Appendix (II 136).Ernia dai limiti del nostro lavoro d scrivere le vicende della contreve-sia fra i frali

dei ir Coni jn ità e gli Spirituali prima e durante :J concilio di Vienna. Il lettore che si interessasse del problema trova tutte le notizie che desidera nelle seguenti opere: E hrle F., Zur Vorgeschichte des Concils von Vienne, in ALKC-, 1885, 353-415; 1887, 1-195;I dem, Petrus Johan n is Olivi, sein Leben und siine Schriften, in ALKG, 1887, 409- 5 52 ; Gratif.n P., H istoire de la fondation et de i’t ’jclurion de l’O rdre dis I'reres M ineurs au X II I sièc le. Parigi, 1928 470 ss ; de X as- ls R., Histoire de Spirituels, Parigi,1909; Callaey F ., E tude sur Ubertin de Casóle, Lovait io, 1911, 196-2C 4 ; Amcrós I.., Series condem nationum et processuum contra doctrinam ei sequaces P. J. Olivi, in AFH, 1931, 495-512,

Page 47: Juan Olivi

’ L COMPORTO UM A NOJ Ί J

sofico-teologiche, insegnate dali’Olivi. Clemente V, cleci-o a risolvere e comporre l'aspra contesa fra Spirituali e Comunità, pubblicò due documenti: la bolla E x i v i d e p a ra d is o , nella quale precisava come doveva essere intesa e osservata la Regola di san Francesco, e il de­creto F id i i c a t h o l i c a e f u n d a m e n t u m , in cui definiva l’insegnamento de’ la Chiesa sulle questioni su cui, a parere dei frati della Comunità, rOlivi aveva proposto soluzioni eterodosse.

A proposito dell’unione fra anima e corpo il decreto F i d e i c a t h o ­licae f u n d a m e n t u m stabilisce quanto segue: «...Doctrinam omnem seu positionem temere asserentem, aut vertentem in dubium, quod substantia animae rationalis seu intellectivae vere ac per se humani corporis non sit forma, vclut erroneam ac veritati catholicae inimicam fidei, praedicto sacro approbante Concilio reprobamus: definientes, ut cunctis nota sit sincera veritas ac praecludatur universis erroribus aditus, nc subintrent, qued quisquis deinceps asserere, defendere seu tenere pertinaciter praesumpserit, quod anima rationalis seu intelec­tiva non sit forma corporis humani per se et essentialiter, tamquam hereticus sit censendus » t?0.

II primo problema che ri sono posti gli storici della teologia di fronte a questa definizione è sarto il seguente: con tale definizione il Concilio rii Vienna ha canonizzato una particolare dottrina filosofica, quella tomista, per esempio, oppure no? 1”1 La discussione fra coloro che vedevano nella definizione una presa di posizione ufficiale in fa­vore di una determinata dottrina filosofica e coloro che sottolineavano la sua indeterminatezza, fu superata dalla scoperta degli scritti oli- viani. La conoscenza de.la dottrina oliviana sull’unione dell’anima col corpo · a parere dello Jansen — chiarisce definitivamente l’esatto significato della famosa definizione. Difatti se si bada alle vicende sto­riche che hanno portato ad essa e si tien conto di c[uelio che ha real­mente insegnato l'Olivi intorno all’unione dell’anima col corpo, risulta evidente che il Concilio di Vienna ha voluto semplicemente riprovare un certo modo di intendere l’unione fra anima e corpo e precisamente quello fatto proprio dall’O livi120 121 122.

120 D f.nzim :r - Balmw art, Ln ch'rid ’on Sym bolorum , ed. X V I I I , FriburgI i. B., 1923, 481, 209-2 .0 .

121 Z i o l i a r a , D e m ente Concilii V iennensis in defin ien do d og n .ate unionis anim ile h u m a ­nae, Horm, 878.

122 J ansen B , D ie Definition d e ’ Konzils von Vienne, in « Zeitscrift für Kathol Theol. » , 1908, 298-307 ; 471-488 ; Idem, D ie Lehre Olivis über das V erhältn is vor. L e ib und S e e le . in « Franziskanisch? Studien», 1918, 153-175 ; 232-258 ; I dem , Q uonam spectet d e f i ­nitio Concilii Viennensis de anim a, in « Gregonor.um », 1920, 78-90. La sentenza dello Janser. si può condì :.*&rs in questi righe che si leggono a j>. 8 7 : «C on tra hunc (quello

Page 48: Juan Olivi

LA E D T T R I 'E F IL O S O F IC H E DI P . 3 . O L IV I; 7 4

Questa interpoldazione della definizione viennese, in base alla quale sarebbe legittimo dire che l'Olivi è stato condannato come eretico, è ritenuta inesatta da alcuni autori. Costoro. o!tie a mettere fuori di­scussione la buona fede dellΌ1 ivi, attestata dalla sua esplicita volontà di sottomettersi in tutto c sempre alle decisioni della Chiesa, osservano che la definizione nei suoi termini, non vuol propriamente condannare una dottrina determinata, ma piuttosto precisare quello che si deve ritenere intorno all’unione dell’anima e del corpo, per salvare la na­tura umana di Cripto. L ’intenzione del Concilio di non voler darla vinta ai nemici dcllOIivì, incriminandolo come eretico, sarebbe ma­nifesta anche dal fatto che il decreto Fidei C atholicae fundamentum non nomina nò lui, nè alcuna delle sue cpere123. La sentenza più equ’librata e più documentata sul significato storico della celebre de- finizior.e. mi pare quella dell'Amoros Per risolvere con cognizione di causa la questione se il Concilio di Vienna ha inteso o no con­dannale le dottrine dcll'Olivi, l ’Amorós ha fatto parlare i contem­poranei, i fautori stessi dell'Olivi e i teologi neutrali intervenuti o meno nella controversia, cd è giunto alla conclusione clic se il Con-

dcll'Olivi) errore n insurgit decisio conciliaris; eue errore circumscripto et etere definito, circumscribitur co ipso sensus definitionis ». Sono d’accordo con io Jzuisen : D emèvre M ., L a définition du C oncile de Vienne sur P âm e (6 m ai 131?) in « Recherches ce Sciences Relig. », 19)2, 321-344 ; K och J . , Die Verurteilung Olivis auf dem Konzil von Vienne und ihtc V orgeschichte , ir « Scholas ik », 1930, pp. 489-522; I dem , Vcrslag zu einerweiteren Ausgestaltung non Denzingers E nchirid ion Symbolorum. in « Th col. Quartzlschrift » , 1922, 138-157; E cheverría B., E l problem a de! olm a humana en la E dad M edia, P edro de OU· i ) ία defin ición del Concìlio de V ienne, Buenos Aires, 1 9 4 1 ; Baed' ssera , L a d ec i­sione del Concilio di Vienna (1311): «Substantia animae rationalis seu intellectivae vere ac p r sc humari corporis form a» nell’inU rpre tazione d i un con tem poran to , in « Riv. di til. Ntosco'aslica », 194-2, 212-232. Nell'articolo di Baidisscra noto cae inesattezze: ladefinizione del Concilio di Vienna è col 6 mrggio 1312, e non del 1311; la condanna dell’Olivi era sollecitata dal frati della Con ¡unit à in genere e non dagli sentisti, come il Baldisser; a nnera a p. 214.

IïS J aii r a i .'x L., Pierre Jean Olivi, sa vie, sa doctrine, in «Etudes Francisca'r.es », 1933, 5 27 : «11 (In Pape) ne répond aucunement a .x désirs de la Commun au lé. Clément V rend; rnc simun des cu\iag s d’Oiivl, et aux yetx de scs disciples, rene t intact ».

b Müllerl, -he concorda sestarzialm-nte con lo Jarraux (c r. M i.l e e r E., Das K m zil von Vienne (1 3 1 1-1312 ;. Scine Quellen und seine G eschichte, Münster in VV., 1334; I d e m , Olivi und seine L e h r e von der Seelen fcrm auf dem Konzil von Vienne 1 3 J1-1312; J ine Erwiderung an P. B. Jansen , ln K irch eg esch ich llu l en Studien P. M ichel Bild, als E hrengabe dargeboirn , Kolirar, 1941, 96-113) riconosce cite gli error; rimproveratizipolivi furono 'effettiva .occasione della definizione, ma fa rotare che il Core: io si pro­na ..;iò in modo da non coinvolgere d:retlairer.*e nè l’Olivi nè le sue dot rire. Tocc.aerà agp studiosi del persiero oliviano slaba’re se il suo modo di in'endere Pernione fra Panima e il corpo è davvero inconciliabile con .a definizione conciliare. Ixi Jarraux per conto suo scrive: «Nous entendons b:er. réhabl'itrr Olivi au sujet ce sa doctrine philosophique. Sur cc point "uus ie croyons innocent...» (p. 523); ma rimanca zd altra occasione la dimo­strazione del suo assunto.

:2i A mor.ós L ., A egidii Romani impugnatio doctrinae P. J. O livi an. 1311 -1312. (Disse­ritur de m erle Concilii Viennensis in causa eiusdenr. P. J . Olivi), in ΑΓΗ, 1934, 399-451.

Page 49: Juan Olivi

_i C O M P O S T O UMANO 3 7 '

cilio non ha inteso condannare la persona dell’Olivi, è fuori dubbio che volle proscrivere dottrine da lui insegnate l2s.

Con ciò la questione è definitivamente risolta? Forse no. Limitando le mie considerazioni al punto dottrinale che qui ci interessa, io mi demando se la definizione conciliare: «substantia animae rationalis seu intellectivae (est; vere et per se humani corporis forma » è dav­vero inconciliabile con quello che insegna l'Olivi. In altri termini: il Dottore provenzale potrebbe sottoscrivere questa affermazione senza rinnegare nulla di quello che ha insegnato? Egidio Romano, che ebbe tanta parte nella condanna dell’Olivi "6 riferisce la dottrina incri­minata in questi termini: «...Anima rationalis sic est forma corporis quod non est hec (sic) per ornnes partes suae essentiae, utpote non per materiam, nec per partem intellectivam, sed solum per partem sen­sitivum » h Guglielmo Alruvick, qualche anno dopo la promulgazione del decreto v’cnnesc, caratterizzava in questo modo la dottrina con­dannata : « ...Fuerunt quidam moderni chatolici (sic) presumptuosi qui dixerunt quod anima rationalis non est forma corporis humani per se ipsam, sed solum per sensitivam partem, adicientes quod si esset forma corporis sequeretur quod aut communicaret corpori esse im­mortale aut ipsa nou haberet esse immortale de se... »I23.

Da duc cosi autorevoli testimonianze noi ricaviamo che l’errore che si rimprovera all’Olivi era quello di aver insegnato che l’anima è forma del corpo ¿olo con una parte di se stessa : con la parte sen­sitiva. Una simile accusa era già stata mossa da Vitale du Four airOlivi ι2υ, il quale l’aveva respinta sdegnosamente: «Dicendum quod in nostra positione non dicitur quod intellectivam sit forma hominis m ediante sensitivo ”, inumo tota positio huic contradicit»125 * 127 * 129 130. L ’Olivi osserva che, tenuto conto di come egli intende le relazioni fra la forma sensitiva e la forma intellettiva, si può e si deve dire che tutta l’anima è fourni del corpo: « E x hoc edam est quod tota anim a rationalis dicitur forma sui comoris potius quam sola sua pars sensi-

125 Op. c i:., 4 1 5 : « Kis ' sfittar in adiunotis asserere cogamur Concilium Viennensehos tr s errores, tamquam doctr'naim in scriptis Petri J . O vi contentam, prescribí;. Tacet quidem nomen pi corae , sed hoc manifestat, Concilium mediam quamdam viam tenuisse et qucdnmodo Uberti i eiusque soc o urn consilium secutum fuisse: « intenconem personae purgare, dicta dubia vei illicita corrigere. Sic enin et honorem personae salvat... et erronea dicta proscribi: ».

12 1 Op. c i i , 406-407.127 Op. ci:., 435.12S Testo riferito d«¿ Amoros U., op. c ii., 419.129 QSS., q. 51, Appendix (II 144).120 L. c i:., 145.

Page 50: Juan Olivi

37b le rxjTTTjKE f il o s o ? jc i : i : m r . g . o l iv i

tiva. quia forma simpliciter dicta potius significat formam totalem quam partem ipsius131.

II minimo che si può dire è questo: 1 Olivi riteneva che tradissero il suo pensiero coloro che gli facevano dire che l'anima informa il corpo con una sola paite di se stessa.

Non è dunque azzardata l ai formazione che l’Olivì sarebbe stato premo a sottoscrivere Ja definizione conciliare, convinto di non aver mai sostenuto il contrario. Evidentemente per lui è un conto dire che l'anima razionale o intellettiva informa il corpo in quanto sensitiva e un conto dire che l’anima informa il corpo con la sola sua parte sensitiva: qui si introduce surretiziamentc un concetto cella composi­zione formale dell’anima che è incompatibile con la sua semplicità. L ’anima è sempre tutta in ogni sua fiarte.

Ma è venuto il momento di dire quello clic pensiamo noi, da un pimío di vista strettamente slorico. della dottrina oliviana sui rap­porti fra anima e coi po. A mio parere la soluzione oliviana è identica a quella di san Tommaso, nel senso che lOlivi dice, in termini rigo­rosamente agostiniani, esattamente quello che il Dottore Angelico dice in termini rigorosamente aristotelici. In altre parole: la soluzione oli­viana del fondamentale problema psicologico differisce dalla soluzione tomista solo in questo: che è espressa in modo tale da essere piena­mente coerente con le dottrine dell’ilemorfismo universale e del plu­ralismo delle forme. Le differenze non riguardano la sostanza della soluzione, ma derivano tutte dalla diversa cornice sistematica dentro la quale essa viene inquadrata.

Andiamo a leggere I2 risposta dell’Olivi aH’appunio che i «sette Maestri » avevano mosso alla sua dottrina sull’informazione del corpo da parte dell'anima. Contro di lu: i sette Maestri scrivevano: «D e anima: quod est forma corporis. Quod anima rationalis est per se et essentialiter forma corporis humani; nec tamen propter hoc sequi­tur. quod non sit libera vel quod sit extensa vel mortalis, vel quod det huic corpori esse immortale, et contrarium est error». Risposta dell’Olivi: « Hanc sententiam accepto ratione essentiae ipsius animae rationalis, non autem ratione potentiae; et sic credo quod magistri in- telligunt et huius contrarium non credo me dixisse et si dixi revoco» 132. A prima vista questa risposta non può non stupirci: FOlivi ci fa l’im­pressione di uno che neghi disinvoltamente quello che ha affermato con la massima energia fino a un momento fa. Si dimostra molto più III

I I I L . cit., 144.L sftrce D , P. ] . O livi o.¡.m. tria scripte..., 1Z8

Page 51: Juan Olivi

IL C C U P O S Τ Ο U M A N O

onesto invece quando, in un secondo seritto apologetico, si difende dalla stessa accusa in cjuesto modo: «Quid hic sit periculosum, et propter quid, valde desidero per vos vel per alios edoceri; bene enim scio quod dicere quod pars intellectiva seu intellectualitas animae rationalis non sit form a hominis, au: quod cum corpore humano unum ens et unam substantiam non constituat, est valde periculosum in fide. Eiro autem illr ostendi; et, ut tunc mihi visum fuit, satis pro posse sufficienter, quod haec duo stare possent absque hoc quod pars intel­lectiva sit forma corporis, supponendo tamen duas positiones, quas ego ioidem suppono, scilicet quod pars sensitiva sit essentialiter radicata in substantia seu m ateria animae intellectivae, et quod formae sub­stantiales potentiarum animae sunt partes formales et substantiales ipsius animae » ' u.

Fra queste due r isposte non esiste una vera e propria contraddi­zione: è vero cric nella prima dichiara di sottoscrivere l’affermazione: «anima est forma corporis», mentre nella seconda nega « quod pars intellectiva sit form t corporis»; è vero che nella prima dichiara di approvare la soluzione comune secondo cui l ’anima è forma del corpo quanto all’essenza, ma non « ratione poìentiae », da lui giudicata inaccettabile c sostituita quindi con la nuova formula, cui si attiene nella seconda risposta. Tuttavia, se si bada bene, tutta la differenza fra le due risposte .si riduce a questo: nella prima l’Olivi, attenendosi alla sostanza delle cose, non fa questione di parole ed esprime la sua tesi allontanandosi il meno possibile dalla terminologia comune: l’ani­ma razionale (non dice però intellettiva) è forma del corpo « ratione essentiae», ma non « ratione potentiae»; nella seconda invece si at­tiene alla sua terminologia, ma insieme fa osservare che le cose non cambiano, una volta accettati i suoi presupposti sistematici m . Non si tratta di una pretesa senza fondamento.

, -,:l L asero", D., V. / Olivi o j.m . tria scripti..., 155.154 Ne VI·.pistola a i Ir. Raymundum trovo un testo anche più esplicito. L ’Olivi ’nfatti

arriva a scrivere (rfr. Q uodiibeti...., f. 51 d-52 a): « Quot (sic) an irrt a intellectualis non informet carpus, set tantum per sensitivam. De hoc in duabus questionibus scripsi quod anima ratio lis vere informat c -pus et vere est forma corpo-is, quamvis eius pars intel- iectiva ccr oris nun st forti i ; f.t tamen nilii umir.us sita co substantialiter conjuncta in uno toto et i, uro suppos to et in una : atura tct.T s<*u compieta.... Fateor Urner q icd si anima esset una natura simplex essentia in qua consisterent potentiae quasi rami orientes a radice sua sicut quietati, magni sentiunt, oporteret ut credo necessario tenere quod anima securclurn totam suam essent’am informare; corpus e 1 hec (sic: duc expresse dixi ir. disouU.ttombvs meis... Tenenti ν το positif.nes istis opposita omnia videntur consona veritati. Si cutem no:, ita en, ostendatu' m in pie et scitele ». St poteva dire ir modo più ca aro di cosi che tutta la differenza «a sterie tra la fermala oliviar.a d; esprim-re i rapporti che le g .ro l’anim a e .1 torpe e la formula adottata da san Torr maso e comunemente accetUita, si riti ice a una differenza di presupposti sistematici? Se la strattura interne, dell’anima è concepita tomi­sticamente, si salva molto bene . 1 unità sostanziale dell’uarao e ia spiritualità dell’anima

Page 52: Juan Olivi

378 l :· x > I-UNE p a o s o n c H R Df p . g . o t v i

ï! problema ca risolvere era questo: affermare che "anima si unisce al corpo a modo ili forma, senza comunicare ad esso lutto il suo es- scre e tutte le sue peifczioni, e in modo tale da non poter essere con­fusa con una forma mali riale. San Tommaso ne viene a capo sfrut­tando la distinzione fi a l’essenza e Ir potenze dell’anima: trattandosi di una distinzione reale, quello che si dice dell’essenza non è necessario che valga anche delle potenze. Affi rimando dunque che l’aniira è per se stessa forma del coipo, non implica affatto che si debba dire al­trettanto di tutte le sue potenzi :

L ’Ol.vi, essendo convinto che le potenze non sono semplicemente delie «virtutes anim ae», ma «partes animae constitutivae et quod differunt ab ca sicut partes a toto et sint idem cum ea sicut partes cum to to » 1“, per dire chi l’anima i forma del coipo senza che per questo lo sia «secundum intellectivam potentiam», si è trovato nella necessità di affermare che l’anima è forma del corpo « ratione partis vcgctativac et sensitivae», non «ratione partis intellectivae ». Di con­seguenza ha dovuto seguire una via diversa da quella di san Tom­maso, anche per rendere ragione dell’unità sostanziale dell’uoino. Con­densando in una fonnula il suo pensiero, l’Olivi può scrivere: «Non sequitur quod si anima, in quantum anima, est forma corporis hu­mani, quod omnis anima sit ferma corporis humani » ·37. A sua volta san Tommaso, condensando in poche parole il suo pensiero, scrive: «Non dicimus animam humanam esse formam corporis secundum intellectivam potentiam». Che cosa c’è di diverso in queste due di­chiarazioni, se non la terminologia?

dicendo che l’anima « secund jm tetan suam essentiam» è forma del corpo, se ibene non lo sia «ratione polcntiae intellectis je » ; se invece si crede c: aver buone ragion' per rito­rcile elle le potenze anziché proprietà, sono p rr'j io .irt 1 : cell’anin.n., por nor. sacrificare al.'anità sostanziale dell'uomo la upr.tualità dell’arim a bisognerà cire che l'anima è .orma del corpo, ma non in quanto intei,e’tiva, cioè non con la sua parie inte.ieltiva. Una volta accettato il mio punte di vista — dice in sostanza Γ Clivi — sulla, struttura ilenorfica e pluralistica dell’anima, ia rr'a formula per esprimere i ’unio-ie dell’anima :c] corpo, non può non apparire ineccepibile e in armenia con ia concezione cristiana dell’uomo. Perciò se la formula non vi piace, avete una soia cosa da fa '? : dimostrateli!, che il n io modo ci inten­dere : rapporti fra i ’anima c le sue potenze è fi'oscficamerte insostenibile. In questo caso sarò io il primo ad abbandonare, conte tnammissiblle, .a formulazione proposta.

133 E ’ quello che ribatte san Tommaso agli averrenti: «Non enim dicimus animam humaram esse formam co-pcris secundum intellectivam potentiam, quae secundum doctrinam Aristotelis, nullius est organi ac‘us; unde remanet quod a: ima, quantum ad intellectivam potentiam, sit immaterialis e· immateriali ter recipiens e seipsam intelligens » (Dt unitate intellectus, cap. 3, ed. Keeler, Rema, 1947, p. 52). E più innanzi, cap. 4, p. 5 2 : « necesse est dicere quod homo singularis intelligens vel sit ipse intellectus, vel intellectus formaliter ei inhaereat, non quidem quod sit fonna corprorb, sed quia est virtus animae quae est forma corporis ».

:38 Q SS., q. 5* ( II 256).‘r‘ Q SS., q. 51 Appendix (II 42).

Page 53: Juan Olivi

IL COMPOSTO UMANO

Aveva dunque ragione ΓOlivi di meravigliarsi che si sollevassero tante difficoltà contro la sua affermazione che l’anima, in quanto in­tellettiva, non è forma del corpo: egli infatti intendeva d’re nè oiù nè meno di quello che dicevano tutti, seobenc lo dicesse con altre pa­nile.

Non era la formula in se stessa che doveva essere messa in discus­sione, ma, caso mai, i presupposti sistematici che la rendevano legit­tima. Sul piano storico crediamo che l’Oiivi avesse ragione: le sue conclusioni sostanzialmente non differiscono da quelle di san Tom­m aso11'4; egli però a differenza degli altri Maestri agostiniani, che a un certo punto confluivano nell’alveo aristotelico, vi giunge seguendo vie tutte sue. Per colpirlo bisognava dimostrare die le vie da lui seguite risultavano impraticabili. A san Tommaso sarebbe stato facile dimostrarlo, ma non altrettanto ai suoi diretti accusatori, che da buoni francescani, al pari di lui, sostenevano la composizicne ile- morlica dell’anirna e il pluralismo delle forme.

us S i non pr nc.o un abeaglio, mi pari che qiat'.ro c.i: sette componenti Ia commis­sione di teologi ricantata (.a Clemente V di esaminare e di esprimere il suo giud'zio sull’or- todossia di certe dottrine olivlane, siano arrivati a le mie stesse conclusioni. Essi infatti scrivono: \ninin rationalis secundum suam substantiam et essentiam forma est corporiset oppositum huius erroieum reputamus. Std diicre ipsam secandum pa-tem intellectivam non esse forma rorpons, uve talis pars d ijU rat ab essentia realiter (opinione di san Tom ­m aso) sr e Iorm aliler (opinione ce.I’Olivi), noti videtur errereum nec etiam falsum et sic is d c quo agitur et inte’ i exisse dicitur» Cfr. F u s s e n -KCCe * G., R ela tio com m issionis in c o n c i l io Viennensi institutae ad decreta lem -i Exivi de paradiso » p ra e parandam , in Λ F H, 1 9 5 7 , 143-177. Il testo riferito si trova alle pp. 176-177. il documento in parola, sconosciuto ed <t..to o ra per la prima volta, termina con qu-ste frasi: < £ : secundum rela­tion em istorum quatuor ficta es: decretalis» Una mano ignota ν ' aggiunse: < ... itaque determ inatum est quod fr. Petrus Johannis fuit catholicus et libri sul erunt publ'catl per universum orbrm ». Sull ortodossia ollviana non trevo nulla eia rid ire; quanto alla d ilu­sione delle opere olivlane non reputo un gran male che l’ignoto ammiratore del nostro a u to re si sia, almeno f.no ad ora, inganrato.