[UNITEXT] Fenomeni radioattivi || Decadimento β

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7 Decadimento {3 7.1 Caratteristiche generali del decadimento f3 II decadimento (3 e una trasformazione spontanea fra nuclei isobari che segue la legge statistica dei decadimenti radioattivi (7.1) Esso include i seguenti processi: decadimento (3- A(Z, N) ---+ A(Z + 1, N -1) + e- + v, (7.2) decadimento (3+ A(Z, N) ---+ A(Z - 1, N + 1) + e+ + v, (7.3) cattura elettronica (CE) A(Z, N) + e- ---+ A(Z -1, N + 1) + v. (7.4) dove e- e l'elettrone; e+ e la sua antiparticella, il positrone; v e v sono due particelle prive di carica elettrica chiamate neutrino e antineutrino. Neutrino e antineutrino sono particelle distinte, come sara messo in particolare evidenza nel par. 7.3 e nel cap. 9. Nel processo (7.4) un nucleo cattura un elettrone dell'atomo a cui appartiene. La (7.3) e la (7.4) hanno in comune l'emissione di un neutrino. I decadimenti (7.2-7.3) possono coinvolgere anche livelli eccitati dei nuclei, con effetti secondari (emissione di raggi I, raggi X ed elettroni atomici) che saranno illustrati in Appendice 7.7.5. La (7.2) e la (7.3) sono caratterizzate da una distribuzione energetica degli elettroni (positroni) fra 0 e un valore massimo dipendente dall'energia liberata nel decadimento (fig. 7.1), che varia da 2.6keV m7Re) a oltre 20 MeV. II tempo di dimezzamento ha un grande campo di variabilita, da 10- 2 s a G. Bendiscioli, Fenomeni radioattivi © Springer-Verlag Italia 2013

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7

Decadimento {3

7.1 Caratteristiche generali del decadimento f3

II decadimento (3 e una trasformazione spontanea fra nuclei isobari che segue la legge statistica dei decadimenti radioattivi

(7.1)

Esso include i seguenti processi:

• decadimento (3-

A(Z, N) ---+ A(Z + 1, N -1) + e- + v, (7.2)

• decadimento (3+

A(Z, N) ---+ A(Z - 1, N + 1) + e+ + v, (7.3)

• cattura elettronica (CE)

A(Z, N) + e- ---+ A(Z -1, N + 1) + v. (7.4)

dove e- e l'elettrone; e+ e la sua antiparticella, il positrone; v e v sono due particelle prive di carica elettrica chiamate neutrino e antineutrino. Neutrino e antineutrino sono particelle distinte, come sara messo in particolare evidenza nel par. 7.3 e nel cap. 9. Nel processo (7.4) un nucleo cattura un elettrone dell'atomo a cui appartiene. La (7.3) e la (7.4) hanno in comune l'emissione di un neutrino. I decadimenti (7.2-7.3) possono coinvolgere anche livelli eccitati dei nuclei, con effetti secondari (emissione di raggi I, raggi X ed elettroni atomici) che saranno illustrati in Appendice 7.7.5.

La (7.2) e la (7.3) sono caratterizzate da una distribuzione energetica degli elettroni (positroni) fra 0 e un valore massimo dipendente dall'energia liberata nel decadimento (fig. 7.1), che varia da 2.6keV m7Re) a oltre 20 MeV. II tempo di dimezzamento ha un grande campo di variabilita, da ~ 10-2 s a

G. Bendiscioli, Fenomeni radioattivi© Springer-Verlag Italia 2013

158 7 Decadimento (3

i'lN(p) 8r-~-r--'--,---r-,--.,

i'lp

Impulso p '" eBr Pmax (B in 103 gauss, r in cm)

~N(p) 8 r--r--r---,--,---,.---,----,

i'lp

4

°o~·~~~~-L~~~

Impulso p '" eBr p""" (B in 103 gauss, r in em)

Energia cinetica (MeV) Emax

i'lN(E) 5

Ll.E 4

2

0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 to.l Energia cinetica (MeV) Emax

Fig. 7.1. Esempi di spettro d'impulso e di energia cinetica per i decadimenti (3- e

(3+ del 64CU. L'impulso e dato in unita Br con r raggio di curvatura misurato con 10 spettrometro (vedi fig. 7.9 e relativa didascalia). [ll

:::::: 1017 a; tuttavia solo tre nuclei hanno un tempo di dimezzamento molto elevato:

e un ristretto numero ha un tempo di dimezzamento maggiore di 105 a, mentre la stragrande maggioranza ha tempi di dimezzamento molto pili brevi.

Il decadimento (3 e ricco di implicazioni in differenti settori della fisica: esso e una conferma della validita della meccanica quantistica e della teoria della relativita (molto significativa e l'equivalenza massa-energia); e una ma­nifestazione di una delle interazioni fondamentali della natura, l'interazione "deb ole", i cui fenomeni hanno la peculiarita di non essere invarianti per in­versione delle coordinate spaziali (non conservazione della parita), a differ en­za delle interazioni gravitazionale, elettromagnetica e forte; contribuisce alla conoscenza delle particelle elementari, con particolare riguardo ai neutrini; e una fonte di informazioni sulla struttura dei nuclei atomici; e fondamentale nei processi fisici sulle stelle e nei meccanismi di nucleogenesi.

In questa capitolo verranno esaminate caratteristiche del decadimento (3 che non implicano la non conservazione della parita; quest'ultimo aspetto sara studiato nel cap. 9.

7.1 Caratteristiche generali del decadimento (3 159

z

Fig. 7.2. Distribuzione dei nuclei stabili in funzione di NeZ. Le freece orizzontali e verticali sono tracciate in corrispondenza dei nuclei con numero magico di neutroni e/o di protoni. Coppie di isobari stabili si hanno per A> 35; per A = 96, 124, 130 e 136 si hanno tre isobari stabili.

Il decadimento (3 coinvolge gran parte dei circa 2 700 nuclei osservati sper­imentalmente (con Z::.; 116, N ::.; 176, A ::.; 292, vedi fig. 1.1). Infatti, di essi solo circa 263 sono stabili e sono distribuiti nel piano (N, Z) come mostrato in fig. 7.2, Ie cui caratteristiche possono essere spiegate qualitativamente in base alle considerazioni che seguono.

La forza nucleare e pili intensa di quella coulombiana, rna a corto raggio (vedi par. 7.6), cosl che l'energia di legame nucleare ere see linearmente con il numero A di nucleoni. Inoltre, poiche essa e mediamente pili attrattiva tra un neutrone e un prot one che tra coppie di nucleoni identici, in un nucleo stabile il numero di protoni tenderebbe a essere uguale a quello dei neutroni. La forza coulombiana ha raggio d'azione infinito e l'energia corrispondente cresce con il quadrato del numero di protoni; poiche il numero di protoni e dell'ordine di A/2, possiamo anche dire che l'energia repulsiva coulombiana

160 7 Decadimento f3

cresce grossolanamente con A 2 . Pertanto essa e menD intensa di quella nucleare rna cresce pili rapidamente con A; e relativamente poco importante nei nuclei leggeri, rna rilevante in quelli pesanti. Come risultato si ha che nei nuclei leggeri stabili il numero dei protoni e uguale a quello dei neutroni, mentre nei nuclei pesanti esso e minore e la differenza fra numero di neutroni e numero di protoni (eccesso neutronico) cresce con A. Il numero massimo di protoni aggregabili in nuclei stabili 0 quasi stabili, cioe con vite medie molto lunghe, e 92.

Z = 20 MeVIT-rN,=~2rO,N'=r2,8_Zn·~=_28~~-r'-rT-r.-~-r~~~

EjA

8,6

8,0 I': ... • I

Z = 82 N", 126

• I '10,0 .o ... 0ta

<+0 .0 .0 •

• • 0 0

4 8 12 16 20 ••••• 7, 4 ;-'---'----'-......... --:':--'--'--...l...-.......,.,'-:--'___�----I.-.I.--'---'--'-...l.........l...-~1--'---I-..l......J

o SO 100 150 250 --... numero di massa A

Fig. 7.3. Energia di legame per nucleone di nuclei stabili in funzione di A. I cerchiet­ti si riferiscono a nuclei pari-pari, Ie croci a nuclei con A dispari; Ie croci oblique nell'inserto per A < 20 si riferiscono ai quattro nuclei stabili dispari-dispari. Le posizioni dei numeri magici corrispondono a massimi dell'energia di legame. [51

I nuclei stabili sono raggruppabili in base al numero Z di protoni e N di neutroni come in tab. 7.1. I nuclei stabili pari-pari sono pili legati dei nuclei pari-dispari e dispari-pari, come e messo in evidenza in fig. 7.3 . Il legame e particolarmente forte nei nuclei con numero magico di neutroni e/o protoni.

Fig. 7.2 mette anche in evidenza che il numero di isobari stabili per ogni valore di A e molto limitato: per A dispari c'e un solo nucleo stabile, per A pari ci sono al massimo 3 nuclei stabili. Questo fatto e una conseguenza del decadimento (3.

Consideriamo, infatti, una generic a famiglia di isobari con A dispari, il cui isobaro stabile abbia Z' protoni e N' neutroni. In fig. 7.4a e dato l'andamento della massa in funzione di ZeN per A = 135. I valori delle masse si distribuis­cono approssimativamente lungo una linea dall'andamento simile a quello di una parabola. A massa minore corrisponde energia di leg arne maggiore (in

7.1 Caratteristiche generali del decadimento (3 161

Tabella 7.1. Nuclei stabili. I nuclei stabili dispari-dispari sono solo 4: iH, ~Li, ~o B e ~4N.

Z pari Z dispari

N pari pari-pari (pp) 60% dispari-pari (dp) 20.5% N dispari pari-dispari (pd) 18% dispari-dispari (dd) 1.5%

modulo) secondo la relazione 1

lvIA = Zmp + Nmn - EA.

Gli isobari con N > N' (ossia con eccesso di neutroni) si trasformano spon­taneamente nell'isobaro (N', Z') con successive reazioni del tipo (7.2). Isobari con Z > Z' (ossia con eccesso di protoni) si trasformano spontaneamente nell'isobaro stabile (N', Z') con successive trasformazioni del tipo (7.3) e (7.4).

4

3

2

o

• I • : , I

, . . _ . 11+ : I dlspan-dlspan I \ IV I • I j/' pari-pari

\ \ 1 , , I , \ I . , . '\ I \ \ p I

I \ \ I 6C \ \ NI1~,

\ .... /', \, '_ ... /1

, I

, .... ,iO'

Fig. 7.4. Massa atomica di isobari can A = 135 e can A = 14 (esempio di nu­cleo stabile dd). La massa di riferimento e, nei due casi, quella del 135 Ba e quella dell,14 N.

Consideriamo ora una generica famiglia di isobari con A pari. Essa include nuclei pp e nuclei dd. Come e noto, l'energia di legame dei nuclei pp e me­diamente pili elevata di quella dei nuclei dd (questi sono quasi tutti instabili;

1 Per ragioni di opportunita e senza rischi di ambiguita, in alcuni casi Ie energie associate alia massa e all'impulso saranno indicate con mc2 e pc (con m misurata in !vleV/c2 e p misurato in IvIeV/c), in altri saranno indicate semplicemente con m e p (entrambi misurati in IvI e V).

162 7 Decadimento (3

un'eccezione e mostrata in fig. 7.4b) cosl che Ie masse dei pp si distribuiscono lungo una parabola pili bassa di quella lungo la quale si distribuiscono Ie masse dei nuclei dd, come messo in evidenza negli esempi di fig. 7.5. Anche in questo caso, isobari con eccesso di neutroni decadono (3- e isobari con eccesso di pro­toni decadono (3+ 0 per cattura elettronica. In ogni decadimento un nucleo pp si trasforma in un nucleo dd e viceversa. In taluni casi isobari dd possono decadere sia (3- sia (3+. In certi casi il decadimento da nuclei pp a nuclei dd e impedito energeticamente. Le differenti situazioni sono esemplificate in fig. 7.4 e 7.5. Fig. 7.5 mette in evidenza la caratteristica dei nuclei con A pari, gia menzionata, di possedere anche pili di un isotopo stabile 2 per ogni valore di A.

o l

" A .. 102 l

\ , l dispari , \ '. dispari " , \ \ u \~-\\ , {Bi/ d/:ari

, " \f3\~ '~'l;\ / pari

'I' • ' ............... ....

Nb Mo To Ru Rh Pd Ag Cd

Al 42 43 44 45 46 47 48 Z

Mo

36 38 40 42 44 46 z

Fig. 7 .5. Massa atomica di isobari con A pari: due isobari stabili (A = 102) e tre isobari stabili (A = 96).

I nuclei instabili (circa 2400, vedi fig. 1.1) sono per la maggior parte prodotti artificialmente. Di quelli naturali si e parlato nel cap. 2 (vedi tab. 2.1 e 2.5).

2 L'esistenza di pili isotopi stabili e da mettere in relazione anche con la bassissima probabilita della trasformazione fra coppie di nuclei pp secondo la reazione (detta doppio decadimento (3)

A(Z, N) -----+ A(Z + 2, N - 2) + 2e- + X.

Per esempio, 10 Zr in fig. 7.5 potrebbe energeticamente trasformarsi in Jovla, rna la vita media del decadimento e cosl grande (> 1020 0) che tale nucleo e da considerarsi praticamente stabile. II doppio decadimento (3 e un processo raro che ha un rilevante interesse concettuale e verra esaminato in dettaglio nei cap. 14 e 15.

7.2 Condizione energetica per it decadimento (3 163

M(A,Z)+me MeV

2 \

ICE I \ CE 40 % v

\ 64 \ 2SCu

\ CE \ , , -7

4Be o '

M(A,Z-1) M(A,Z+1) ~i ~n 7 L'

3 1

a b c

Fig. 7.6. {a} Schema dei decadimenti (3- e (3+ e della cattura elettronica per un nucleo generico in termini di masse nucleari {eq. {7.2-7.4}}. {b} Stesso schema per il 64CU. L 'emissione del neutrino che segue il processo di cattura elettronica avviene anche con Jormazione di un livello eccitato. {c} Cattura elettronica nel 7 Be.

7.2 Condizione energetica per il decadimento j3

Per il principio di conservazione dell'energia applicato alle reazioni (7.2-7.4) valgono Ie relazioni (vedere nota 1 e Appendice 7.7.1):

M(A, Z) = M(A, Z + 1) + TA +rne + Te + Eli,

M(A,Z) = M(A,Z -1) +TA + me +Te +Ev ,

CE M(A, Z) + me - Be ~ M(A, Z) + me =

= M(A, Z -1) + TA + E v ,

(7.5)

dove !vI = massa del nucleo, me = massa dell'elettrone, T = energia cinetica, Ev = energia tot ale del neutrino (e dell'antineutrino), Be e l'energia di legame dell'elettrone nell'atomo, che e trascurabile rispetto alle altre energie in gioco. Le reazioni (7.2-7.4) sono possibili se e positiva l'energia liberata cosl definita:

(3- Q(3- = M(A, Z) - M(A, Z + 1) - me =

= T A + Te + Eli > 0 ,

Q(3+ = M(A, Z) - M(A, Z - 1) - me =

= T A + Te + Ev > 0 ,

CE QCE = M(A, Z) - M(A, Z - 1) + me =

= Q (3+ + 2me = T A + Ev > 0 .

(7.6)

164 7 Decadimento f3

Nel seguito l'energia liberata - definita dalla (2.2) - sara genericamente indicata con Qo. Valori dell'energia liberata sono riportati in tab. 7.2.

Poiche QCE = Q(3+ + 2me , un nucleo che decade j3+ (Q(3+ > 0), decade anche per cattura elettronica; come esempio consideriamo il decadimento di un isotopo del rame (per il quale e soddisfatta anche la prima delle (7.6), COS!

che e suscettibile di tre tipi di trasformazione; vedi fig. 7.6 e 7.7):

1 ,< "N 20% -----+ 28 1,

64Cu CE 64N' 40% 29 -----+ 28 1,

(3-40% -----+ ~6Zn

Se QCE > 0 e Q (3+ < 0 il nucleo decade solo per cattura elettronica; esempio (vedi fig. 7.6 e 7.7):

~Be ~ ~Li 100%

Il neutrone libero decade j3- secondo la reazione

(7.7)

che e energeticamente possibile perche la massa del neutrone e maggiore di quella del prot one e

Q(3- = mn - mp - me = 782 keV > O.

Il protone libero e, invece, una particella stabile perche non e suscettibile della reazione (caso particolare della (7.3))

p -----+ n + e+ + v, (7.8)

perche Q(3+ = mp - mn - me = -1.81 NleV < O.

L'esistenza dei nuclei stabili prova che i neutroni legati possono acquisire una completa stabilita, mentre il decadimento j3+ prova che protoni legati possono essere instabili. Si puo interpret are il fatto considerando che nucleoni legati in un nucleo sono caratterizzati da una massa efficace data dalla differenza fra la massa del nucleone libero e l'energia di legame. Con riferimento al modello a strati del nucleo, la massa efficace e tanto pili piccola quanto pili basso e il livello in cui il nucleone e situato.

Puo essere che per neutroni e protoni legati la (7.6) sia vietata perche

ossia

a

Ma/A,Z-1)

7.2 Condizione energetica per it decadimento (3 165

64N· 28 I

b c

7L· 3 I

2

MeV

o '

Fig. 7.7. Diagrammi come in fig. 7.6 ma in termini di masse atomiche (eq. 7.102), che sana normalmente utilizzate invece di quelle nucleari.

dove E indica l'energia di legame del nucleone. Analogamente, puo essere che la (7.8) sia permessa perche

ossia En - Ep > mn - mp + me = 1.8111\1£ eV.

Inoltre, transizioni energeticamente permesse possono essere impedite dalle restrizioni imposte all'occupazione dei livelli dal principio di Pauli (vedere fig. 7.8). In generale la condizione limitativa QfJ- < 0 non si verifica per neutroni situati nei livelli meno legati dei nuclei con eccesso di neutroni; la condizione permissiva Q fJ+ > 0 si verifica per protoni poco legati nei nuclei con eccesso di protoni. Per i nucleoni che si trovano nei livelli pili bassi, totalmente occupati da neutroni e protoni, ogni decadimento e impedito dal principio di Pauli. Queste considerazioni mostrano che i nuclei stabili sono il risultato di un complesso equilibrio fra interazione forte (attrattiva), interazione coulombiana (repulsiva), interazione debole (causa di instabilita) e il principio di Pauli. Alcune considerazioni sulla formazione dei nuclei verranno sviluppate nel par. 12.4.

166 7 Decadimento f3

128. 4 e

Fig. 7.S. EfJetto combinato dell'energia di legame e del principio di Pauli sui decadi­mento di protoni e neutroni legati nei nuclei. I nucleoni dei livelli piu interni non possono decadere perche i livelli sono totalmente occupatio I nucleoni dei livelli piu esterni possono decadere compatibilmente con la difJerenza fra Ie masse efficaci del nucleone iniziale e di quello finale.

~ alia pompa da vuoto

Fig. 7.9. Schema di spettrometro con campo magnetico B uniforme ortogonale al piano della figura. Gli elettroni che descrivono la traiettoria circolare di raggio r =

OP/2 hanno impulso p = erE.

7.3 Esistenza del neutrino e dell'antineutrino

Delle particelle finali, l'elettrone, che ha velocita mediamente relativistiche 3 , e quella di pili facile osservazione sperimentale. Il suo impulso puo essere misu-

3 La relazione relativistica fra velocita ed energia cinetica e

Per un'energia cinetica T = 0.5NIeV, per un elettrone (m = 0.5i\JeV) risulta v / c = 0.86 e per un nucleo, sia pure leggero come ]'3 He (m = 2808 NI e V), risulta

7.3 Esistenza del neutrino e dell'antineutrino 167

rato mediante uno spettrometro magnetico come illustrato schematicamente in fig. 7.9. 4 Tenuto conto della piccola energia liberata nei decadimenti rispet­to alla massa dei nuclei, i nuclei di rinculo hanno velocita molto piccole, e la loro misura richiede metodologie pili sofisticate.

Il neutrino e l'antineutrino sono di osservazione estremamente difficile per­cM, essendo privi di carica elettrica, non sono rivelabili con Ie tecniche usuali per Ie particelle cariche (fenomeni di ionizzazione e deflessione in campi elet­trici e magnetici); essi sono suscetti bili solo di interazione "de bole" (vedi par. 7.6), per esempio tramite reazioni di assorbimento quali

YJ + p --+ n + e+ , (7.9)

(7.10)

che hanno una sezione d'urto molto piccola. Il neutrino e l'antineutrino sono stati prima ipotizzati sulla base dei principi di conservazione dell'energia, del­l'impulso e del momento angolare (Pauli 1930) e solo pili tardi osservati speri­mentalmente (Cowan e Reines 1953). Tuttavia, anche la sola conoscenza delle caratteristiche energetiche degli elettroni, unitamente a quella della vita media dei decadimenti, e in grado di fornire informazioni fondamentali sui fenomeni microscopici che governano i decadimenti, come verra discus so nel par. 7.5.

Esponiamo ora alcuni argomenti a favore dell'ipotesi del neutrino pri­ma di descrivere schematicamente il primo esperimento che ha consent ito l'osservazione diretta dell'antineutrino.

i) Se il decadimento j3- fosse conforme alla reazione

(A,Z) --+ (A,Z + 1) + e-

in tutti i decadimenti di nuclei della specie considerata gli elettroni dovreb­bero avere la stessa energia cinetica, come si deduce applicando i principi di conservazione dell'impulso e dell'energia (la situazione sarebbe analoga al caso del decadimento a). Come si e gia detto, sperimentalmente si os­serva che l'energia varia da decadimento a decadimento da 0 a un valore massimo e solo l'energia massima corrisponde al valore che ci si aspetta dalla reazione a due corpi sopra scritta. Negli altri casi la somma dell'en­ergia cinetica dell'elettrone e del nucleo di rinculo non uguaglia l'energia liberata nel decadimento. Cia ha indotto a ipotizzare l'emissione di una terza particella che si faccia carico dell'energia mancante.

ii) PoicM la somma della carica elettrica del nucleo di rinculo e quella del­l'elettrone uguaglia la carica del nucleo iniziale, la particella ipotizzata deve avere carica nulla.

vic = 0.019. 4 Della misura dell'energia degli elettroni si parlera pili diffusamente nel cap. 8.

168 7 Decadimento f3

iii) D'altra parte, che essa sia neutra e evidente dal fatto che non interagisce con la materia nei modi tipici delle particelle cariche (ad esempio, per io­nizzazione) .

iv) Applichiamo, infine, il principio di conservazione del momento angolare al decadimento del neutrone ignorando l'emissione dell'antineutrino:

spin ~ ~ ± ~ = 0,1

Con due fermioni nella stato finale non e possibile ottenere un momento angolare finale uguale a 1/2. Cia e possibile se si ipotizza nella stato finale la presenza di un terzo fermione:

1 1 0+----+-

2 2'

/1 bersagli

\ 2

/

Yan

CdCk

1 1 3 1±----+-

2 2' 2

v da reattore

Yeo

3

Fig. 7.10. Schema dell'esperimento per /'osservazione diretta dell'antineutrino

L'antineutrino fu osservato direttamente per la prima volta tramite la reazione di assorbimento (7.9) in un esperimento iniziato nel 1953 e perfezio­nato in anni successivi da Cowan e Reines. In fig. 7.10 e mostrato schematica­mente l'apparato che consiste di tre grandi strati di rivelatore a scintillatore liquido (1.9 x 1.3 x 0.6) m 3 , separati da due volumi di acqua, in cui e sciolto un sale di cadmio.

Gli scintillatori erano connessi a 110 fotomoltiplicatori. L'intero sistema era circondato da un involucro di piombo e paraffina ed era installato nel sottosuolo per proteggerlo dal fondo di neutroni e raggi f. L'apparato era esposto al Busso di antineutrini proveniente da un reattore nucleare.

:It stata presa in considerazione la seguente sequenza di reazioni (vedi fig. 7.10):

7.3 Esistenza del neutrino e dell'antineutrino 169

i) l'antineutrino viene assorbito da un prot one contenuto in uno dei due spessori d'acqua secondo la reazione (7.9):

ii) il positrone creato annichila con un elettrone m due , da 0.5 MeV di energia,

e+ + e- --+ 2, (0.5MeV);

i due fotoni sono emessi in versi opposti e sono rivelati dai due rivelatori contigui allo spessore d'acqua considerato;

iii) il neutrone viene rallentato da collisioni con protoni e successivamente catturato dal cadmio tramite una reazione del tipo

i " di energia complessiva fino a 10 MeV, vengono rivelati dagli stessi rivelatori. L'assorbimento di un antineutrino viene identificato dalla regi­strazione dei due segnali in coincidenza dovuti ai , emessi nell'annichi­lazione elettrone-positrone seguiti dai segnali dovuti ai , emessi con un certo ritardo dal cadmio.

Il numero di eventi e correlato al numero Nv di antineutrini incidenti, allo spessore L1x del bersaglio e alla densita p (numero di protoni per cm3 ) tramite la relazione

N ev = N v pL1xO"v.

Da essa fu ricavato il seguente valore della sezione d'urt0 5 :

O"v = (1.1 ± 0.26) . 10-43 2 em ..

I neutrini sono stati osservati per la prima volta tramite la reazione (7.10) utilizzando come sorgente di neutrini il Sole. Sottolineiamo che i neutrini solari non danno luogo alla reazione (7.9) e gli antineutrini da reattore non danno luogo alla reazione (7.10). Neutrino e antineutrino sono particelle distinte, non intercambiabili. Neutrini e antineutrini sono stati rivelati in seguito in numerosi altri esperimenti, dei quali si parlera nei cap. 13 e 16.

Il valore molto piccolo della sezione d'urto, paragonato ai valori delle sezioni d'urto nucleari che sono dell'ordine di 10-26 em2 , giustifica il termine di "deb ole" attribuito all'interazione che govern a il decadimento f3 e i processi inversi.

5 La seZlOne d'urto verra calcolata sulla base della teoria del decadimento f3 nell' Appendice 7.7.3.

170 7 Decadimento f3

7.4 Aspetti cinematici del decadimento j3

7.4.1 Decadimento (3±

Nel presente paragrafo, per semplicita, consideriamo solo il decadimento (3-(reazione (7.2)), rna tutte Ie considerazioni valgono anche per il decadimen­to (3+ (reazione (7.3)). Indichiamo inoltre con l'indice 1 il nucleo iniziale e con l'indice 2 il nucleo finale. Per il principio di conservazione dell'impulso e dell' energia valgono Ie relazioni (vedi nota 1):

0=P2+Pe+Pv·

(7.11)

(7.12)

Evidentemente l'energia liberata nel decadimento puo ripartirsi in vari modi tra Ie particelle finali, COS! come i relativi impulsi possono disporsi in vari modi per dare risultato nullo. In particolare, l'energia cinetica dell'elettrone puo variare da 0 a un valore massimo che corrisponde alla condizione di impulso nullo (energia cinetica nulla) per l'antineutrino. Se si tiene conto nelle (7.11) e (7.12) delle condizioni

Tv= 0, Pv= 0, Ev=mv (7.13)

E = jp2 + Tn2 e e e'

(7.14)

si ottiene (Ml - m-v - m e )2 - M22

T max = -'--------:--:-::--::---'--'--,------=-e 2 (Nh - mv)

(7.15)

Emax _ T max _ (Nh - mv)2 -Nfl + m~ e - e +me - 2(NIl-mv) , (7.16)

(Nh - M2 - mv)2 - m~ T~nax = -'----__ -,--__ ---'--,----_--"-

2 (Nh - mv) (7.17)

Bmax = T.max + NI2 = (NIl - mv)2 + NIi - m~ . 2 2 2(Ml- m v)

(7.18)

La (7.15) consente, in linea di principio, di ricavare il valore della massa del­l'antineutrino dalla misura di T~nax. Il risultato di numerosi esperimenti e che la massa dell'antineutrino (e del neutrino) e molto minore di quella dell'elet­trone (mv < 2 eV, vedi cap. 8). Pertanto, ai fini del presente capitolo, per ragioni di semplicita potremo porre senza perdita di generalita

7.4 Aspetti cinematici del decadimento (3 171

da cui segue Vv = c,

Pv = Tv = Ev.

Il problema della misura della mass a del neutrino verra esaminato nel cap. 8. Le implicazioni concettuali connesse con il fatto che la massa sia zero 0

diversa da zero verranno discusse nel cap. 14 e seguenti. Nell'ipotesi di massa del neutrino nulla, Ie eq. (7.15-7.18) divengono

T max = (Ml - m e)2 - M:j

(7.19) e 2Ml

E max = M'f - M:j + m~

(7.20) e 2lvh

2 2 T1uax _

(lvh - lvh) - me (7.21) 2 -

2Ml

E 1uax _ M'f + M:j - m~ (7.22) 2 -

2lvh

Le eq. (7.11 - 7.22) sono state ricavate supponendo Pv = 0; se si suppone, invece, che sia Pe = 0, si ottengono i valori dell'energia dell'antineutrino Ttpax e EglaX e quelli corrispondenti del nucleo finale semplicemente scambiando fra loro gli indici "e" e "V"nelle relazioni precedenti. Per esempio:

(7.23)

T,max(Pe = 0) = (lvh - lvh - m e)2 - m~ . 2 2(Ml - me)

(7.24)

L'energia cinetica rilasciata al nucleo finale puo variare da 0, quando Pe = - Pv, ai valori mas simi espressi dalle eq. (7.17) 0 (7.24), rispettivamente nei casi estremi con Pv = 0 0 Pe = O. Questi valori mas simi sono molto piccoli, come si deduce dalle equazioni citate tenendo conto del fatto che (Jlvfl - Jlvf2 ) ,

me e mv sono molto minori di Jlvh:

in quanta (Jlvh - Jlvf2 )/lvh « 1. Pertanto l'energia cinetica rilasciata al nucleo finale varia entro un intervallo piccolo e vicino allo zero, COS! che in molte considerazioni puo essere posta uguale a zero.

L'energia della coppia elettrone-antineutrino, per la (7.11), ha l'espressione

(7.26)

172 7 Decadimento f3

Essa varia da decadimento a decadimento a causa della dipendenza da T2 rna, se vale la (7.25), tale variabilita e trascurabile:

Eo = Ee + Ev = Jl.;h - !vh - T2 :::::: (!vh - Jl.;h) = costante.

L'energia tot ale dell'elettrone puo essere scritta nella forma:

e raggiunge il massimo per mv = 0 e Tv = 0, ovvero quando Ev = 0:

(7.27)

7.4.2 Cattura elettronica

Per la cattura elettronica, la conservazione dell'energia e la conservazione dell'impulso sono espresse dalle relazioni

!vh + me - Be = E2 + Ev =!vh + T2 + Ev ,

0= P2 + Pv,

dove Be e l'energia di legame dell'elettrone nei livelli atomici L 0 K. Risulta

7.5 Teoria di Fermi

Eben nota che nel nucleo atomico non esistono elettroni. La loro ipotetica presenza condurrebbe a errate valutazioni della spin di certi nuclei. Infatti, supponiamo che un nucleo sia composto da A protoni e da N elettroni, invece che da Z = A - N protoni e N neutroni; esso sarebbe costituito da A + N fermioni (spin 1/2). In questa visione il nucleo ~4N sarebbe costituito da un numero dispari (21) di fermioni e quindi 10 spin totale dovrebbe essere semi dispari. In realta 10 spin e 1 e quindi l'ipotesi sulla presenza degli elettroni nel nucleo e falsa. L'argomento vale per tutti i nuclei dd.

Si deve ammettere che la coppia elettrone-antineutrino non preesiste nel nucleo, rna viene creata al momento della trasformazione di un neutrone in un protone. Sotto certi aspetti il decadimento del nucleo e simile al processo di diseccitazione di un atomo: nella diseccitazione l'atomo crea ed emette un fotone che non preesisteva nell'atomo. Analogamente, il neutrone puo essere visto come 10 stato eccitato del nucleone che decade nella stato fondamentale rappresentato dal protone emettendo la coppia elettrone-antineutrino.

7.5 Teoria di Fermi 173

Nella teoria di Fermi il decadimento (3 e considerato come il risultato del­l'interazione di un nucleone del nucleo con il campo di forze prodotto dalla coppia elettrone-neutrino (interazione "debole"). A causa della debolezza del­l'interazione e possibile applicare i metodi della teoria delle perturbazioni, secondo la Quale la probabilita per unita di tempo che un sistema passi da uno stato iniziale a uno finale e data dalla relazione

(7.28)

dove Hi! e 1 'elemento di matrice di transizione dallo stato iniziale allo stato finale, che dipende dalle caratteristiche intrinseche delle forze che determi­nano l'interazione; dN / dE e un fattore cinematico, chiamato densita degli stati fin ali, che dipende dall'entita dell'energia liberata nel decadimento; E e l'energia disponibile per la coppia elettrone-neutrino. Per il suo significa­to, w coincide con la costante di decadimento A della legge del decadimeto radioattivo.

Nel seguito faremo anche uso della densita di probabilita COS! definita:

(7.29)

dove Pe e l'impulso degli elettroni emessi nel decadimento. dw / dPe esprime la probabilita che un elettrone venga emesso con impulso compreso fra Pe e Pe + dPe.

Poiche Ie dimensioni di n sono (energia x tempo), valgono Ie seguenti relazioni dimensionali:

[w] = tempo-1

[Hi!] = energia

[dN / dE] = energia-1

Le relazioni (7.28) e (7.29) ci consentiranno di descrivere la forma della spettro energetico degli elettroni del decadimento (3 e di determinare, sulla base delle misure della vita media, l'intensita delle forze deboli. Esse saranno applicate solamente ai decadimenti "favoriti" (0 "permessi"; il significato di questi termini sara precisato nel par. 7.5.7).

Passiamo ora ad esplicitare i fattori che compaiono in queste relazioni. Faremo riferimento esplicito al decadimento (3-, rna tutte Ie considerazioni saranno applicabili anche al decadimento (3+. In ogni caso, gli aspetti distintivi dei due casi saranno messi in evidenza quando necessario.

7.5.1 Densita degli stati finali

Per la (7.110), il numero di stati disponibili per gli elettroni in moto libero in un volume [2 con impulso compreso fra Pe e Pe + dPe e dato dalla relazione

174 7 Decadimento f3

(7.30)

In corrispondenza di un valore dell'impulso dell'elettrone, l'antineutrino puo essere emesso con impulsi differenti. Il numero di stati disponibili per l'an­tineutrino con impulso compreso fra Pv e Pv + dPv ha un'espressione simile alla (7.30). Fissati i valori dell'impulso dell'elettrone e del neutrino, l'impulso del nucleo di rinculo risulta determinato dalla relazione (7.12). Pertanto il numero tot ale di stati disponibili per i prodotti finali del decadimento e dato dagli stati disponibili per la coppia elettrone-antineutrino, ossia dal prodotto

2 ( 47Tf.? ) 2 2 2 d N = dne dnv = (21fn)3 Pe dPe PvdPv· (7.31)

Invece che in termini d'impulso dell'antineutrino, questa relazione puo es­sere riscritta in una forma pili conveniente in termini di energia liberata nel decadimento. Per la (7.26), l'energia totale disponibile per la coppia elettrone-antineutrino e (vedi nota 1)

(7.32)

Quindi, per un val ore fissato di E e , si ha

2 2 (E E )2 2 4 C Pv = 0 - e - rnv c , (7.33)

Per Ie (7.33), la (7.31) diviene

Questa relazione esprime il numero di stati finali per impulso dell'elettrone com pre so fra Pe e Pe + dPe ed energia disponibile per la coppia elettrone­antineutrino compresa fra Eo e Eo + dEo. La quantita dN / dEo e la densita degli stati che compare nella (7.28) e la quantita

(7.35)

e la sua derivata che compare nella (7.29).

7.5.2 Elernento di rnatrice di transizione

L'elemento di matrice di transizione e definito dalla relazione

7.5 Teoria di Fermi 175

dove Wi = Ui e l'autofunzione del nucleo iniziale e Wf Uf We Wv e il prodotto delle autofunzioni delle particelle finali (nucleo, elettrone, antineutrino). H e un operatore (un potenziale) che e responsabile della trasformazione n --+ p con emissione della coppia elettrone-antineutrino e della ristrutturazione del nucleo iniziale in quello finale. Nella teoria di Fermi viene fatta l'ipotesi che l'operatore H abbia la forma

H = g6(re-r)6(rv-r), (7.37)

dove 6 (x) e la funzione delta di Dirac, r e e un vet tore di posizione associa­to all'elettrone, rv un analogo vettore associato al neutrino ere associato al nucleone che decade. 6(re - r) e la densita di probabilita che elettrone e nucleone si trovino a distanza r e - r; simile e il significato di 6 (rv - r). La speciale dipendenza di H dalle coordinate esprime l'ipotesi che il raggio d'azione dell'interazione sia nullo, cioe elettrone, antineutrino e nucleone in­teragiscono solo quando sono "sovrapposti" 0 "a contatto". La giustificazione qualitativa di tale ipotesi e data dal fatto che nel decadimento del neutrone isolato l'interazione si manifest a solo per distanze molto piccole, inferiori alle dimensioni del neutrone stess06 . g e una costante che misura l'intensita del­l'interazione; il suo valore non e nota a priori e viene determinato sulla base di dati sperimentali, come vedremo. Essa ha un ruolo simile a quello della carica elettrica nel potenziale coulombiano. Anticipiamo che l'esperienza mostra che esistono due differenti valori della costante, che indicheremo con gF e gGT, caratteristici di due differenti tipi di interazione debole (di Fermi 0 Vettori­ale e di Gamow-Teller 0 Assiale7 ). Per Ie (7.34) e (7.35) valgono Ie seguenti relazioni dimensionali:

[Hifl = energia

[H] = energia/volume

[g 1 = energia x volume

Per Ie peculiari proprieta della funzione delta di Dirac 8 , si ha

(7.38)

Hif = g J W;(re) W';;(rv) uj(r) 6(re - r) 6(rv - r) ui(r) dre drvdr =

= g J W; (r) W.;;( r) uj (r) Ui (r) dr . (7.39)

6 II raggio d'azione delle interazioni forti, cosl come il raggio classico del nucleone, e dell'ordine di 1 fm = 10- 13 em; ad esso corrisponde una sezione d'urto geometric a dell'ordine di 10- 26 em2 . Procedendo al contrario, possiamo ritenere che alla sezione d'urto dell'interazione debole di 10-44 em2 (par. 7.3) corrisponda un raggio d'azione dell'ordine di 10- 22 em = 10-9 fm « 1 fm.

7 I termini vettoriale e assiale saranno chiariti nel cap. 9. 8 J f(x)5(x - x')dx = f(x').

176 7 Decadimento f3

7.5.3 Funzioni d'onda per elettrone e antineutrino

Dall'ipotesi di raggio d'azione nullo per H, segue che elettrone e neutrino, una volti emessi dal nucleo, sono particelle in moto libero, se si prescinde dall'interazione coulombiana fra elettrone e nucleo finale, la Quale ha rag­gio d'azione infinito. Pertanto, trascurando momentaneamente quest'ultima, possiamo descrivere elettrone e antineutrino con onde piane:

lJre = _1_ e(i/n) (p,·r) S]1/2 '

lJrv = _1_ e(i/n) (Pv·r) S]1/2 '

,T, ,T,- _ ~ e(i/n) [(p, + pv)·r] '¥e '¥"u - S] ~

(7.40)

dove S] e un volume di normalizzazione arbitrario. Un'onda piana puo essere sviluppata in armoniche sferiche; per k· r « 1 si hag:

~ (2£ + 1) fi

eikr cose = ~ i£ (£ )" (krr Pc (cos e) = £=0 2 + 1 ..

2 1 2 1 2 = 1 + ikr cos e +i - (kr) - (3cos e -1) + 3 2

(7.41)

II primo termine rappresenta il contributo all'onda piana dato da un'onda di momento angolare orbit ale £ = 0; il secondo il contributo di un'onda di momento angolare orbit ale £ = 1, ecc.; dove £ e il momento angolare del moto relativo della coppia elettrone-antineutrino rispetto al nucleo. Tenendo conto della (7.41), la (7.39) diviene

HiJ = LHfJ = ~ LMfJ' (7.42) e e

(7.43)

9 Questa condizione e senz'altro realistica come si deduce dalla seguente valutazione: per Ee = 1 NI eV, risulta

pe = VE~ - m~ = 0.86 MeV

k = p,(MeV) _ ... 0.86 - 4 3.1010 -1 c(cm/s)n(MeV.s) - 3.101OX6.6.10 22 - . cm

Rnucleo ~ 10- 13 em

kr ~ 10- 3 « 1

7.5 Teoria di Fermi 177

Nell'ipotesi kr « 1, l'elemento di matrice IN11jl2 ha val ore massimo per

ji = 0 e decresce rapidamente al crescere di f!. Di conseguenza Ie transizioni con emissione della coppia elettrone-antineutrino con momento angolare ji = 0 hanno probabilita molto maggiore di quelle con ji > O. Per questo motivo Ie transizioni con ji = 0 sono dette "favorite". Transizioni con differenti valori di ji sono caratterizzate anche da differenti forme della spettro energetico dei (3. Nei casi concreti il valore di ji dipende dalle caratteristiche dei nuclei iniziale e finale.

Nel seguito ci limiteremo a considerare solo transizioni favorite. Quindi, considerando solo il primo termine (ji = 0) della (7.41), Ie relazioni (7.40), (7.42) e (7.43) divengono

(7.44)

g Hij = D Mij, (7.45)

Mij = Mpj = J uj(r)ui(r)d(r). (7.46)

N1ij e una quantita che dipende unicamente dalle caratteristiche del nucleo iniziale e del nucleo finale. Il calcolo di N1if e in generale complicato, salvo per alcuni casi che tratteremo in un successivo paragrafo.

Prendiamo ora in considerazione l'interazione coulombiana fra elettrone e nucleo residuo. La funzione d'onda corretta dell'elettrone e la soluzione dell'e­quazione di Schrodinger per il moto di una particella in un potenziale coulom­biano (vedi [3]). In pratica, poiche l'integrale nella (7.39) e limitato al volume nucleare, e sufficiente tener conto dell'effetto coulombiano per r ~ 0; cosa che si ottiene ponendo

(7.4 7)

2 2n7r IWe (0)1 = e2m: _ 1 ' (7.48)

dove zz'e2

n = IL n2 ke

' z' = +1 per (3+, z' = -1 per (3- ,

con ke = Pe/n e fL = massa ridotta. Nel decadimento (3-, IWe(0)1 2 > 1, cresce per Pe --+ 0 e tende a 1 per Pe crescente; nel decadimento (3+ , IWe(0)12 < 1, decresce per Pe --+ 0 e tende a 1 per Pe crescente (vedi Appendice 7.7.6). Per la (7.47), la (7.45) diviene

(7.49)

178 7 Decadimento f3

7.5.4 Densita di probabilita di transizione. Spettro energetico degli elettroni

La densita di probabilita (7.29) diviene, sostituendovi la (7.35) e la (7.49),

( ) _ dw _ g2 IMifl2 1 ()12 2 ( ) /( )2, 2 4 N Pe - -d - 3 317/ We 0 Pe Eo - Ee V Eo - Ee - mv- c . Pe 27T C

(7.50) Sottolineiamo che questa relazione e fondata sull'ipotesi di raggio d'azione nullo per l'interazione deb ole e vale per moto relativo della coppia elettrone­antineutrino rispetto al nucleo in onda s (R = 0).

Facciamo rilevare che, per l'ultima condizione, la dipendenza della (7.50) dall'energia dell'elettrone proviene solo dalla densita degli stati finali e dal fattore coulombiano, rna non da lvIi !. Se si assume anche mv- = 0, si ha infine

dw

dP.

dw N(Pe) = -d

Pe

dw

(7.51)

E t

Fig. 7.11. EjJetto del fattore correttivo coulombiano sullo spettro d'impulso e

d 'energia tot ale degli elettroni nel decadimento f3.

La (7.51) e una funzione a campana nell'intervallo Pe = 0 e p~laX corrispon­dente a Temax = E~nax - me = Eo - me (vedi eq. (7.27)). Per Ie caratteristiche del fattore IWe (0)1 2 illustrate nel par. 7.3, l'andamento e differente per (3- e (3+, come illustrato in fig. 7.11. (dwjdPe)dPe rappresenta la probabilita che un elettrone venga emesso con impulso di modulo compreso fra Pe e Pe + dpe.

Per ragioni pratiche, puo essere utile esprimere la densita di probabilita rispetto all'energia Ee dell'elettrone, invece che rispetto al suo impulso Pe. La trasformazione da un'espressione all'altra si ottiene dall'uguaglianza 10

10 Differenziando E; = P; c2 + m~ c4 si ottiene Ee dEe = c2 Pe dPe che fornisce

7.5 Teoria di Fermi 179

dw

dEe

da cui, tenendo conto della (7.50), si ricava:

0 2 p(kilogauss· em)

dw dw per e-- per e+ I~O 300 dp dp

100 200

'0 100

0 0 20 50 100 300 500 bV

energia cinetica (keV)

Fig. 7.12. Spettri d'impulso degli elettroni e dei positroni nel decadimento (3 del 64CU {eq. {7.51}}. I cerchietti sana dati sperimentali e Ie linee sana curve teoriche. Sull'ordinata Ie unito' sana arbitrarie. [5}

Per mv = 0 la (7.52) diviene

La funzione (7.53) e una funzione a campana nell'intervallo

Sempre per ragioni di praticita, e utile considerare la funzione di Kurie

dw/dPe

1 l]/e (0) 12 p~ dw/dEe c2

ll]/e(O) 12 Pe Ee

(7.53)

(7.54)

180 7 Decadimento f3

1 5 20 p(kilogauss· em) r-------~'~------~'~--__,

K(p)

o 256 , 571 657

eoergia cinetiea (keV)

Fig. 7.13. Diagrammi di Kurie per elettroni e positroni nel decadimento del 64CU

(eq.7.55). [5}

Per mv- = 0 la (7.54) diviene

K(Ee) = costante x (Eo - Ee) , (7.55)

la quale ha un andamento lineare decrescente in funzione dell'energia dell'elet­trone e interseca l'ascissa per Ee = E~ax = Eo.

La 7.51 descrive, a meno di una cost ante moltiplicativa, la distribuzione dell'impulso degli elettroni emessi nel decadimento (3 sotto Ie ipotesi e con Ie restrizioni sottolineate pili sopra. Essa e in eccellente accordo con i risul­tati di vari esperimenti, come e messo in evidenza dall'esempio di fig. (7.12) riguardante il decadimento (3± del 64Cu. Gli stessi dati sono confrontati in fig. (7.13) con l'andamento della funzione (7.55). Va rilevato che una devia­zione dei dati sperimentali dall'andamento lineare decrescente dell'eq. (7.55) e un'indicazione immediata dell'esistenza di aspetti trascurati nella teoria. Deviazioni dall'andamento lineare sono dovute, per esempio, al fatto che la coppia elettrone-antineutrino trasporti momento angolare {; > 0 0 al fatto che la massa del neutrino non sia nulla (mv- > 0 - vedi cap. 8).

7.5.5 Elemento di matrice nucleare

L'elemento della matrice nucleare

(7.56)

7.5 Teoria di Fermi 181

e in generale difficile da calcolare perche richiede la conoscenza delle funzioni d'onda dei nuclei iniziale e finale. Esistono, tuttavia, situazioni molto semplici e d'altra parte particolarmente significative, per Ie quali la valutazione della (7.56) e immediata. Si tratta dei casi in cui il nucleo iniziale e il nucleo finale appartengono a uno stesso multipletto di spin isotopico (vedi fig. 7.14): essi hanno 10 stesso valore della spin isotopico T e differiscono per la terza compo­nente T3 = -T, ... , +T; ai differenti valori di T3 corrispondono diversi valori di Z.

Dal punto di vista dell'interazione forte questi nuclei sono "identici": hanno gli stessi livelli energetici, 10 stesso spin e la stessa parita; essi differiscono per la differenza di massa fra neutrone e prot one e per l'intensita dell'interazione coulombiana, che ha effetti limitati almena nel caso di nuclei leggeri. Ecco alcuni decadimenti significativi vedi fig. 7.14 e 7.15):

i) Doppietto di isospin (T = 1/2, T3 = ±1/2):

n --+ p; r H --+ ~H e .

Trascurando l'interazione coulombiana, Ie funzioni d'onda dei nuclei iniziali e finali sono uguali e quindi

(7.57)

ii) Tripletto di isospin (T = 1, T3 = -1, 0, +1):

Anche in questo caso vale la (7.57); tuttavia, poiche al decadimento pos­sono contribuire entrambi i protoni della stato esterno del nucleo di ossigeno, nella valutazione della probabilita di transizione il quadrato dell'elemento di matrice deve essere moltiplicato per 2, cos a di cui si terra conto negli esempi successivi.

7.5.6 Probabilita di transizione per unita di teIllpo. Costante di decadiIllento (vita Illedia)

La probabilita di transizione per unita di tempo (7.28) e la probabilita che vengano emessi elettroni con impulso qualsiasi. Essa coincide con la costante di decadimento A che compare nella legge di decadimento radioattivo (1.3). Essa e data dall'integrale della (7.50) esteso all'intero campo di variabilita del­l'impulso degli elettroni (con p:;,ax corrispondente a T~Tlax data dalle equazioni (7.15) 0 (7.19)):

w(p:;,ax) == A = ~ = rp~:,ax (dW) d _ g21 Mifl 2 f( max) T Jo dpe Pe - 27r3c3n7 Z, Pe , (7.58)

182 7 Decadimento f3

a

b

~H2 T 1/2 T3 =-1/2

T: 1 T3 = - 1

~He1

T 1/2 T3 "'t1/2

Fig. 7.14. Esempi di nuclei appartenenti allo stesso multipletto di isospin. (a) Nu­clei speculari: coppie di isobari A (Z', N') e A (Z", N'~ con Z'=N" e N'=Z"; esempio: T = 1/2, T3 = -1/2, +1/2. (b) Isobari con un nocciolo pari-pari identico e numero variabile di protoni e di neutroni nella strato piu esterno; esempio: T = I, 13 = -I, 0, +1. [7]

o +

2.311 MeV 0 +

o + ----.t:.... 1 +

Fig. 7.15. I livelli fondamentali degli isobari 14C e 140 e 10 stato eccitato del 14 N con spin-parito' 0+ formano un tripletto di spin isotopico. I livelli energetici degli stati fondamentali non coincidono a causa della difJerente energia coulombiana e della difJerenza fra Ie masse del neutrone e del protone. La transizione tra 10 stato fondamentale dell 'ossigeno e 10 stato eccitato dell 'azoto e una transizione di Fermi favorita (tempo di dimezzamento 71 s). La transizione dallo stato fondamentale del 14C a quello del 14 N con grande tempo di dimezzamento (5730 a) e usata per datare resti organici in archeologia.

7.5 Teoria di Fermi 183

.pl_~lax

1(z, p~laX) = fa' IWe(0)12(Eo - Ee) V(Eo - Ee)2 - rn~c4 p; dpe. (7.59)

Se rnv = 0, la (7.59) diviene

(7.60)

La (7.58) mette in relazione quattro fattori principali: 1(z, p,;,ax), che dipende essenzialmente dall'energia liberata ed e calcolabile (tuttavia, in queste lezioni non ci occuperemo esplicitamente del suo calcolo), T = 1/ A, che puo es­sere determinato sperimentalmente, lvIi!' che puo essere calcolato almena in casi specifici, e la cost ante d'interazione g, che non e nota a priori e viene determinata proprio tramite la (7.58), quando sono noti gli altri fattori.

7.5.7 Classificazione dei decadimenti. Transizioni favorite

Nel par. 7.5.3 abbiamo assunto che elettrone e antineutrino si muovano con momento angolare {; = O. Cio comporta che 10 spettro energetico dei f3 ab­bia l'andamento rettilineo espresso dalla (7.55) e che l'elemento di matrice nucleare sia dato dalla (7.56) e abbia un valore elevato (rispetto al caso di transizioni con {; 2 1). Per questa motivo queste transizioni sono chiamate favorite. Nel par. 7.5.5 abbiamo anche messo in evidenza che per particolari transizioni, caratterizzate da uguale isospin, spin e parita dei nuclei iniziale e finale, Mi! dato dalla (7.56) ha valore massimo (~1).

D'altra parte, elettrone e antineutrino possono avere complessivamente due differenti valori della spin in base ai quali si hanno Ie seguenti denominazioni del decadimento f3

• spin 0 : transizione di Fermi;

• spin 1 : transizione di Gamow-Teller

Come vedremo, i due tipi di transizioni sono caratterizzati da due diversi valori della cost ante d'interazione g.

Tenuto conto della parita dei nuclei iniziale e finale (Pi e p!) e della conservazione del momento angolare

diremo che Ie transizioni sono favorite se sono soddisfatte Ie seguenti con­dizionill :

11 II prodotto delle parita e + 1 se Ie parita iniziale e finale sono uguali (entrambe +10-1).

184 7 Decadimento f3

Transizioni favorite diFermi

PjPi =+l Ji=Jj Ji =Jj±l £=0 8=1 Transizioni favorite di Gamow-Teller

Transizioni fra nuclei con variazione della parita e con grande variazioni della spin nucleare implicano che la coppia elettrone-antineutrino abbia momento angolare orbit ale £ > 0: come rilevato nel par. 7.5.3 (vedi eq. (7.43)), l'elemento di matrice nucleare (e quindi la probabilita di transizione) ha un valore piccolo: per questa motivo queste transizioni sono dette 8favorite 12 .

Transizioni fra stati di parita opposta sono sfavorite perche il prodotto di due autofunzioni di parita opposta da una funzione dispari il cui integrale tende ad annullarsi.

Tabella 7.2. Esempi di decadimenti f3 favoriti e sfavoriti. GT e F indicano il quadrato dell 'elemento di matrice nucleare opportunamente pesato. Le prime 5 tran­sizioni sono favorite, (log(fT) i=::j costante), Ie altre sfavorite (valori di log(fT) da [5]).

spin e 1'1/2 Qo 10g(fT) GT parita nucleari (MeV)

n ----'t p ..1.+---+..1.+ 10.4 m 0.782 3.04 3 2 2 "4

yH ----'t ~He ..1.+---+..1.+ 12.33 a 0.0186 3.06 3 2 2 "4

~H e ----'t ~Li 0+ ---+ 1+ 0.807 s 3.508 2.52 2

~40 ----'t ~4 N* 0+ ---+ 0+ 70.61 s 1.813 3.50 0

riCI ----'t r~S 0+ ---+ 0+ 1.526 s 5.492 3.50 0

r§Ar ----'t i6K 7- 3+ "2 ---+"2 269 a 0.565 9.03

lO Be ----'t kO B 0+ ---+ 3+ 1.5 . 106 a 0.556 12.05

i8K ----'t ~gCa 4 - ---+ 0+ 1.28· 109 a 1.311 15.60

l~5 In ----'t M5Sn 9+ 1+ "2 ---+"2 4.4 . 1014 a 0.495 22.86

La vita media dei nuclei dipende dalle caratteristiche intrinseche dell'in­terazione debole (g), dalle caratteristiche dei nuclei iniziale e finale (I Mij I) e

12 Invece che favorite e sfavorite, usualmente Ie transizioni sono chiamate permesse e proibite; queste denominazioni non sembrano appropriate perche Ie transizioni menzionate sono tutte permesse, semplicemente sono pili 0 meno probabili.

F

1 "4

1 "4

0

2

2

7.5 Teoria di Fermi 185

dall'energia liberata (f(z,p:nax)). Posto

consideriamo la grandezza

(7.61)

detta vita media ridotta. Per transizioni favorite, in cui l'elemento di matrice nucleare ha il suo valore massimo, il secondo membra e indipendente dal par­ticolare nucleo considerato e dall'energia liberata. Poiche anche 9 non dipende dal nucleo, iT ha circa 10 stesso valore in tutte la transizioni favorite, come mostrato dagli esempi di tab. 7.2, nonostante Ie vite medie e Ie energie liberate varino notevolmente da nucleo a nucleo.

Nel caso di transizioni sfavorite il valore di iT cresce all'aumentare della diversita (parita e momento angolare) fra nucleo iniziale e finale, come messo in evidenza in tab. 7.2.

7.5.8 Valutazione della costante g dell'interazione deb ole

Riscriviamo per comodita la relazione (7.58)

(7.62)

Ci si aspetta che la cost ante g, essendo una caratteristica intrinseca dell'in­terazione che pravoca il decadimento, sia indipendente dal particolare nucleo radioattivo esaminato. Tuttavia, dall'esame dei dati si riscontrano due diver­si valori, che mostrano che l'interazione debole e di due specie. Un valore viene ricavato dallo studio dei nuclei caratterizzati da transizioni di Fermi (0 Vettoriali) e l'altra da nuclei caratterizzati da transizioni di Gamow-Teller (0 Assiali). Indicheremo i valori delle costanti nei due casi con gF = gv e gOT = gAo

i) Un decadimento caratterizzato da una transizione di Fermi pura e quello considerato in fig. 7.15:

La (7.62) diviene

§40 ---+ ~4N* + e+ + v

0+ --+ 0+

Tl/2 = 70.6.5

IMifl2 = 2

186 7 Decadimento f3

g} max 2 2 3 311 7 fo(z, Pe ),

1f C L (7.63)

dove il fattore 2 tiene conto dei due protoni che contribuiscono al decadi­mento. Dalla (7.63) e da una dozzina di simili relazioni relative ad altri nuclei e stato ricavato il valore medio

gF = l.4149(8) . 10-62 J . m 3 .

Tra parentesi e dato l'errore sull'ultima cifra significativa.

ii) gOT puo essere ricavata dallo studio di una transizione pura di Gamow­Teller come il decadimento

~He ---+ ~Li + e- + 1J

0+ --+ 1 +

T1/ 2 = 806.7ms

IMifl2 = 2

Una via alternativa e quella di considerare il decadimento del neutrone nel quale compartecipano sia la transizione di Gamow-Teller sia quella di Fermi. Infatti, gli spin delle particelle finali possono essere disposti come segue:

npev

tttt tttt

s( e, lJ) o 1

Transizioni di Fermi

Transizioni di Gamow-Teller

I pesi statistici degli stati di singoletto e di tripletto di spin sono 1/4 e 3/4. Nel caso di due decadimenti in competizione, la costante di decadimento e la somma delle due costanti specifiche dei due processi considerati separata­mente; nel nostro caso una dipende dalla costante d'interazione di Fermi e l'altra da quella di Gamow-Teller. Con evidente significato dei simboli, per la (7.62), si ha

Tl/2 = 10.4 m

A(n) = AF + AOT =

1 gF2 lnax 3 g2 f ( ) + OT f ( max) "4 -::-21f-3""'c'-;;3:-:-n-;:07 n z, Pe "421f3c3n7 n z, P e =

fn(z, p~nax) 21f3c3n7

Dividendo la (7.64) per la (7.63) si ottiene

g~T = ~ (8 A (n) fa _ 1) g} 3 A (140) fn

(7.64)

(7.65)

7.6 Interazione elettromagnetica, interazione forte e interazione debole 187

La (7.65), sulla base dei valori sperimentali di A, ha consentito di ricavare per il modulo del rapporto fra Ie due costanti d'interazione il seguente val ore [20]:

I g;: I = 1.26 ± 0.004 .

Dunque, la cost ante di Gamow-Teller e in modulo un po' pili grande di quella di Fermi. Combinando la (7.65) con la (7.61) e possibile ricavare IgGT I. Da esperimenti non discussi in queste lezioni risulta che Ie due cost anti hanno segno opposto. I valori delle costanti ricavati dalla media dei risultati di vari esperimenti sono [21]:

gF = 1.4156(6) . 10-62 J . m 3 = 0.883 . 10-4 MeV· 1m3

gGT = -1.7908(22) .10- 62 J. m 3 = -1.117.10- 4 MeV· 1m3

dove tra parentesi e dato l'errore sulle ultime cifre significative.

7.5.9 Osservazioni conclusive

La teoria di Fermi precedentemente delineata nei suoi aspetti essenziali co­stituisce un primo approccio alla trattazione del decadimento (3. Essa rende ragione della forma della spettro energetico dei (3 e consente di mettere in evidenza l'esistenza di due tipi di interazione debole caratterizzati da due dif­ferenti valori della costante d'interazione g. Essa non da ragione dei fenomeni di non conservazione della parita e di polarizzazione che saran no descritti nel cap. 9.

Una trattazione pili generale del decadimento (3, comprensiva di tutti i fenomeni osservati, e fondata sull'equazione relativistica di Dirac per la de­scrizione del moto libero di particelle di spin 1/2 e sull'utilizzo di operatori hamiltoniani relativisticamente invarianti per descrivere l'interazione debole. L'equazione di Dirac verra discussa nel cap. 10 e il modello d'interazione, in forma ridott a, verra descritto nel cap. 11. La teoria dell'interazione debole COS!

formulata prende il nome di teoria Vettoriale-Assiale (teoria V - A). L'inte­razione di Fermi va riferita al termine Vettoriale e quella di Gamow-Teller al termine Assiale.

7.6 Interazione elettromagnetica, interazione forte e interazione debole

L'interazione che determina il decadimento dei nuclei, che abbiamo chiamato "deb ole" , e stata introdotta nel par. 7.5.2 tramite un operatore di intensita g e di raggio d'azione nullo. Nel presente paragrafo confronteremo Ie sue pro­prieta con quelle delle altre interazioni rilevanti a livello nucleare, ossia quella elettromagnetica e quella forte, sulla base di un semplice modello fondato suI

188 7 Decadimento f3

concetto di potenziale. L'energia di interazione fra due particelle puo essere espressa mediante un potenziale caratterizzato da un'intensita (0 costante di accoppiamento), che da una misura dell'intensita della sorgente del campo di forze, e una funzione delle coordinate spaziali che dipende dalla distanza fra Ie particelle. Esaminiamo prima Ie caratteristiche della funzione delle coordinate e successivamente quelle delle sorgenti. Come punta di partenza per Ie nostre considerazioni, richiamiamo brevemente alcune proprieta del campo elettro­magnetico e successivamente Ie estendiamo al caso delle interazioni forti e di quelle deboli.

7.6.1 Dipendenza dalle coordinate spaziali

Il campo elettromagnetico puo essere descritto in termini di potenziale scalare ¢ e di potenziale vet tore A, che soddisfano alle equazioni (nel sistema di Gauss):

(7.66)

(7.67)

Limitiamoci a discutere il potenziale scalare e cominciamo col considerare il caso statico, ossia il caso in cui p e ¢ sono indipendenti dal tempo. La (7.66) diviene

(7.68)

dove si intende che ¢ e valutato a distanza r dall'origine e la carica elettrica e distribuita entro un volume descritto dal vettore r'. La soluzione della (7.68) ha la forma

¢(r) = J p(r')dv' Ir - r'l (7.69)

L'energia (potenziale) d'interazione fra due distribuzioni di carica p( r') e p( r") e

v = J p( r')dv' p( r")dv" Ir" - r'l (7.70)

Se la carica e puntiforme, rappresentiamo la distribuzione nella (7.68) e nella (7.69) con una funzione c5 di Dirac:

p(r') = qc5(r') , (7.71)

COS! che la (7.69) diviene

¢(r) = ':l. r

(7.72)

Nel caso d'interazione fra due cariche puntiformi +q e -q poste nei punti rl e r2, l'energia (7.70) assume l'espressione

7.6 Interazione elettromagnetica, interazione forte e interazione debole 189

q2 V (r) = -"--1 r-l -=----r---:-21 (7.73)

L'eq. (7.68), valida per il campo elettrostatico, e un caso particolare di un'equazione pili generale. Consideriamo infatti l'equazione

(7.74)

dove a e un parametro avente Ie dimensioni di una lunghezza, il cui significato fisico verra chiarito pili avanti, e s( r') e una distribuzione di sorgenti di natura non precisata. Si puo dimostrare che la soluzione della (7.74) ha la forma

1,...'-,...1

¢( r) = / s( r')dv' ~:,~ , (7.75)

che rappresenta il potenziale generato in r dalla sorgente s. Se la sorgente e puntiforme con intensita f,

s(r') = f5(r') ,

la (7.75) diviene r

e--;; ¢(r) = f-,

r (7.76)

come si verifica facilmente. 13

L'energia d'interazione di due sorgenti puntiformi di intensita + f e - f poste alla distanza r, per analogia con la (7.73) ha l' espressione

.,.

V(r) = -f2~, r

(7.77)

che ha la forma della funzione di Yukawa. La (7.77) e caratterizzata da un'in­tensita P e da una funzione della distanza fra Ie sorgenti che tende a zero per r -+ 00 con una rapidita che dipende dal parametro a. Per indicare questa sua proprieta, a viene chiamato raggio d'azione dell'interazione.

La (7.73), che si riferisce all'interazione coulombiana fra cariche elettriche, e il caso particolare della (7.77) per a -+ 00. Per questo si dice che l'interazione elettrostatica ha raggio d'azione infinito: l'energia d'interazione tende a zero

13 L'operatore div grad in coordinate sferiche ha la forma

V = - - r - + --- - sm e- + . 2 1 8 ( 2 8 ) 1 8 (. 8 ) 1 8 2

r2 8r 8r r2 sin e 8e 8e r2 sin 2 e 8y 2

Poiche il potenziale (7.75) e indipendente da e e y, si verifica facilmente che

2 18(28) 1 V ¢(r) = r2 8r r 8r ¢(r) = a2 ¢(r)

190 7 Decadimento f3

pili lentamente di qualunque altra energia potenziale compatibile con la (7.77). Se nella (7.77) si pone a = 1.41 fm, si ha il potenziale d'interazione nucleone­nucleone (interazione forte) introdotto da Yukawa:

r

V(r) = -g7~. r

(7.78)

gj rappresenta la carica "forte". Per a molto piccolo (a :::::: 0), la (7.77) e diversa da zero solo in un intorno molto piccolo di r = 0 e possiamo scrivere

(7.79)

dove r5 (x) e la delta di Dirac e gd rappresenta la carica "deb ole". Questa espres­sione richiama l'hamiltoniana d'interazione deb ole introdotta nel par. 7.5.2, che ha raggio d'azione nullo.

Dunque, Ie differenti interazioni fondamentali possono essere rappresentate mediante una comune dipendenza dalle coordinate rna si differenziano per il raggio d'azione (vedi fig. 7.16).

Diamo ora un significato pili profondo a questa parametro. A questa scopo consideriamo l'equazione (7.66) con p = 0, che descrive la propagazione di un'onda elettromagnetica nella spazio vuoto. Consideriamo, per semplicita, il caso particolare di un'onda piana che si muove lungo l'asse x; ¢ e quindi indipendente da y e da z:

0.5 15 2 2.5 3 r{fm) v / f'1. 17------+--+---::::::::::::::!=:==_01--­

-1 c

-2

-3

-5

Fig. 7.16. Andamento della funzione di Yukawa (a) per l'interazione coulombiana (a = (0); (b) per l'interazione forte (a = 1.4 fm) e (c) per l'interazione debole (a = 2.210- 3 fm).

7.6 Interazione elettromagnetica, interazione forte e interazione debole 191

a2 1 a2

::l 2 ¢ - 2" -;:)2¢ = O. (7.80) uX c ut

Questa equazione e ricavabile anche con Ie seguenti considerazioni quantistico­relativistiche. La relativita prevede l'esistenza di particelle di massa nulla, per Ie quali la relazione impulso-energia e

(7.81)

Se trasformiamo la (7.81) in una relazione fra operatori tramite Ie sostituzioni

. a E --+ zn~,

ut (7.82)

e applichiamo la nuova relazione a una funzione ¢, otteniamo proprio la (7.80). Dunque, la (7.80) e sia l'equazione di un' onda elettromagnetica che l'equazione del mota libero di una particella di massa 0 (il fotone).

La (7.80) e un caso particolare dell'equazione

(7.83)

che, infatti, diventa la (7.80) per a --+ 00. Il significato fisico della (7.83) e del parametro a puo essere ottenuto considerando che per una particella di massa m in moto libero la relazione relativistica impulso-energia ha la forma

(7.84)

Se si tiene conto delle sostituzioni (7.82), si ottiene l'equazione relativistica di Klein-Gordon

(7.85)

che, come e noto, e adatta alla descrizione del mota di particelle di spin intero (bosoni). La (7.83) e la (7.85) coincidono se si pone

nc a=--2'

m,c (7.86)

che e la lunghezza d'onda Compton di una particella. Quindi la (7.85) de­scrive il moto libero di una particella di massa m = n/ac. Come sappiamo, se m = 0 la particella e un fotone, quanta d'energia emesso da una sorgente elettromagnetica; per analogia, per un val ore generico di m la particella e il quanto d'energia emesso da una sorgente generica. Va sottolineato che la (7.74) con s = 0 non e altro che il caso statico della (7.83). Abbiamo cosl una relazione fra il raggio d'azione del campo generato da una sorgente e la massa associata al quanta d'energia emesso dalla medesima. Questa relazione puo essere chiarita dalle seguenti considerazioni.

Un sistema di cariche elettriche genera nella spazio circostante un cam­po elettrico (0 un potenziale) al Quale e associata una densita d'energia. Se

192 7 Decadimento f3

qualche variazione avviene nel sistema di cariche (si pensi, per esempio, a un atomo 0 a un nucleo che si diseccita), questa si riflette in una modifi­ca del campo e dell'energia associata, che si manifest a tramite l'emissione di un'onda elettromagnetica 0, equivalentemente, di fotoni. I fotoni emessi da una sorgente possono invest ire un altro sistema di cariche ed essere assor­biti; si realizza in questa modo un'interazione fra due sistemi di cariche con trasferimento di energia da una regione all'altra della spazio.

Nel caso in cui un sistema di cariche, una volta costituito, permanga in una configurazione stabile (si pensi al sistema protone-elettrone nella stato fondamentale dell' atomo di idrogeno), non si verifica nessuna variazione di energia e non viene osservata ness una emissione di onde elettromagnetiche 0

di fotoni. Tuttavia, anche una condizione stazionaria puo essere interpretata tramite l'emissione e l'assorbimento di fotoni che chiamiamo virtu ali , inten­den do che essi non sono osservabili 0 che illoro scambio avviene con variazione energetic a mediamente nulla.

A questa fine, consideriamo un sistema isolato di due sorgenti generiche (non necessariamente due cariche elettriche) a un certa distanza l'una dal­l'altra. Supponiamo che la sorgente 1 emetta un quanto di energia i1E sotto forma di una particella di mass a rn (quindi i1E e al minimo uguale a rnc2 ).

Per il principio d'indeterminazione, i1E e osservabile solo se sussiste per un in­tervallo i1t ~ n/ i1E. Supponiamo allora che il quanta d'energia incontri dopo un intervallo di tempo i1t' < n/ i1E la sorgente 2 e venga da essa assorbito. In questo modo Ie due sorgenti hanno interagito senza scambi osservabili di energia. Evidentemente, la distanza fra Ie due sorgenti deve essere al massimo a = ci1t' = nc/i1E. Posto i1E = rnc2 , la lunghezza a non e altro che il raggio d'azione dell'interazione dato dalla (7.86).

Se Ie sorgenti precedenti sono cariche elettriche, il quanta scambiato e un fotone; essendo la sua massa uguale a zero, il raggio d'azione e infinito, come gia sappiamo. Se Ie sorgenti sono due nucleoni, ossia sorgenti di cariche jorti, il quanto scambiato e un mesone di massa rn = 140 1\I!eV, cui corrisponde un raggio d'azione a = l.4 fm. Se l'interazione e debole, i quanti scambiati sono i bosoni W± e ZO, Ie cui masse sono dell' ordine di 90 . 103 1\1! e V; a esse corrisponde un raggio d'azione molto piccolo, dell'ordine di 2 . 10-3 fm, che giustifica l'ipotesi di raggio d'azione nullo fatta nel par 7.5.2.

Nel caso di una carica elettrica isolata, l'esistenza del campo elettrico at­torno ad essa puo essere interpretata come dovuta a ripetuti atti di emissione e di assorbimento di fotoni virtuali da parte della stessa carica. Si suole dire che la carica elettrica e circondata da una "nuvola" di fotoni virtuali. L'ipote­si quantistica di emissione e assorbimento di fotoni virtuali da parte di una carica elettrica ha 10 stesso fondamento dell'ipotesi classica di campo elettro­statico circondante la stessa carica: infatti, ne i fotoni virtuali, ne il campo elettrostatico sono osservabili direttamente. Cio che e misurabile e la forza tra due cariche elettriche.

Analogamente, un nucleone isolato puo essere immaginato come avvolto da una nuvola di mesoni virtuali continuamente emessi e assorbiti.

7.6 Interazione elettromagnetica, interazione forte e interazione debole 193

7.6.2 Intensita delle interazioni

Passiamo ora a considerare l'intensita delle sorgenti dei campi elettromagneti­co, forte e debole.

a) Interazione elettromagnetica Per quanta riguarda il campo elettromagnetico basta porre nella (7.73) q = e (carica element are dell'elettrone); si ottiene che l'intensita 8 e2 con dimensioni di energia x lunghezza. Si preferisce esprimere l'intensita in una forma adimensionale dividendo e2 per ne = 1971V/eV· 1m; si ottiene

e2 1 Q;=- ;::::::

fLC 137 (7.87)

quantita nota come cost ante di struttura fine.

b) Interazione forte Il valore dell'intensita dell'interazione forte che abbiamo indicato con gJ (vedi eq. (7.78)), puo essere ricavato risolvendo l'equazione di Schrodinger per un sistema di due nucleoni con potenziale dato dalla (7.78) e impo­nendo che il livello pili basso dell'energia degli stati legati sia uguale al­l'energia di legame del deutone nota sperimentalmente. Poiche la soluzione dell'equazione non 8 agevole, preferiamo valutare gJ in modo approssima­to procedendo in modo semiclassico in analogia con il caso dell'atomo di idrogeno. L'energia del sistema elettrone-protone 814

1 2 e2 1 2 Q; B = T + Vc = - )L v - - = -)LV - ne-

2 r 2 r (7.88)

Nel caso di orbite circolari deve essere soddisfatta l'uguaglianza tra forza centripeta e forza coulombiana:

14 L'energia totale del sistema in quiete costituito da due particelle 1 e 2 interagenti in uno stato legato (elettrone e prot one nell'atomo di idrogeno; neutrone e protone nel nucleo di deuterio; ecc.) e individuata dalla massa che, relativisticamente, e data dalla somma di tutte Ie energie in gioco:

B='1'+V

T e I'energia cinetica del moto relativo e V I'energia potenziale d'interazione; B rappresenta I'energia di Ie game ed e la quantita espressa dalla (7.88) e dalla (7.94).

194 7 Decadimento f3

ossia

Tenendo conto della (7.89) nella (7.88), si ottiene

1 e2 E=---

2 T

Se si pone la condizione che il momento angolare sia quantizzato,

L = Tp = fLVT = nn n=1,2,3 ...

(7.89)

(7.90)

(7.91)

e si tiene conto della (7.89), si ottiene che il raggio classico delle orbite puo assumere i valori discreti

n 2n2 Tn=--

e2 fL (7.92)

e l'energia corrispondente (7.90) ha i valori discreti

En = _! e2 = _f!.- (~) 2 = -!fLC2 a 2

2 Tn 2 nn 2 n2 (7.93)

La (7.93) coincide con l'espressione che si ottiene risolvendo l'equazione di Schrodinger per un potenziale coulombiano.

Applichiamo ora la procedura semiclassica al caso dell'interazione forte tra due nucleoni, in particolare fra prot one e neutrone, assumendo che l'interazione sia descritta dalla (7.78). L'energia totale del sistema e

(7.94)

La forza radiale e

(7.95)

Per orbite circolari deve essere soddisfatta la relazione

2 () r fLV 2 1 1 e-a-- = Fr = gj - + - --

T TaT (7.96)

e per la (7.91) si ha

(7.97)

Combinando la (7.96) con la (7.97) si ottiene

7.6 Interazione elettromagnetica, interazione forte e interazione debole 195

Infine, combiniamo Ie eq. (7.94), (7.96) e (7.98), otteniamo la seguente relazione fra l'energia e il raggio classico dell'orbita:

(7.99)

Per n = 1 si ha l'energia della stato fondamentale del deutone che e nota sperimentalmente:

Bl = -2.225MeV.

La (7.99) e quindi un'equazione in Tl che puo essere risolta numericamente; essa risulta soddisfatta per Tl = 1.22 fm. Per n = 1, la (7.98) fornisce il seguente valore per 9J:

2 . 91 = 86MeV· jm = O.4ne.

Questo valore e della stesso ordine di grandezza di quello ottenibile con procedure pili sofisticate (9J = 0.28ne).

c) Intemziane debale Per quanto riguarda l'intensita dell'interazione debole, facciamo riferi­mento alla (7.79) e al fatto che nell'ambito della teoria di Fermi del decadimento (3 abbiamo gia espresso l'intensita nella forma

9F = 1.415 . 10-62 J . m 3 = 0.883 . 10-4 Me V . jm3 .

Se dividiamo questa quantita per un volume, che assumiamo essere definito dal cuba della lunghezza d'onda Compton del protone, otteniamo:

B - 9F

- ( /j )3 mpc

0.883 1O-4 MeV· 1m3 3 '1 V = 3 = 9.53 10- we.

(0.21 1m)

Interpretiamo questa energia come l'energia potenziale dell'interazione debole data dalla (7.79) e valutiamo l'intensita dell'interazione ponendo:

da cui otteniamo 2 Ba -7

9d = - ne = 1.04 10 nc, (7.100) ne

dove a e la lunghezza d'onda Compton del bosone ZO (M~ = 91.2GeV/e2 ):

196 7 Decadimento f3

fie -3 a = --2 = 2.1610 1m.

rnzoe

Usualmente viene riportato un differente valore per 9J:

'2 Ba' -5 9d = -nc = 1.02 10 fie,

fie

(7.101)

ottenuto utilizzando la lunghezza d'onda Compton del protone a':

, fie a = --2 = 0.21 1m.

TrLpe

L'esposizione precedente ci ha consentito di mettere in evidenza con argomenti semplici Ie caratteristiche essenziali e Ie differenze pili rilevanti delle interazio­ni fondamentali. Sottolineiamo che la trattazione e estremamente semplificata, come appare dalle seguenti osservazioni limitate al caso dell'interazione forte. Innanzi tutto i nucleoni non sono puntiformi, come Ie sorgenti da noi con­siderate, rna hanno una struttura costituita da tre quark. In secondo luogo i mesoni scambiati sono di vario tipo per quanta riguarda la massa e altre pro­prieta intrinseche (carica elettrica, isospin, spin, parita), COS! che i potenziali ¢ associati al loro scambio possono non essere scalari, come nel caso da noi trattato.

Tabella 7.3. Caratteristiche delle interazioni fondamentali. L'intensita dell'intera­zione gravitazionale e definita come (Gm~/nc)nc = Gm~, dove G e la costante di gravitazione universale e mp e la massa del protone. Per quanta riguarda G~/nc, usualmente viene riportato un differente valore (1.02· 10-5 ) ottenuto dall'equazione (7.100) assumendo per 0 il valore della lunghezza d'onda Compton del protone (0 =

0.21 fm).

interazione gravitazionale debole elettro- forte magnetica

raggio d'azione (1m) CXJ 10- 3 CXJ 1

intensita (g2/ nc) 5.9.10-39 1.04.10-7 1/137 0.28

particelle scambiate gravitone W±, ZO fotone meSOlll

massa ~ 90 GeV/c2 0 ::: 139 MeV/c2

particelle soggette tutte leptoni e particelle adroni all'interazione adroni cariche

A ogni mesone corrisponde un raggio d'azione che decresce al crescere della massa. L'energia d'interazione nucleone-nucleone e esprimibile mediante

7.6 Interazione elettromagnetica, interazione forte e interazione debole 197

la somma di termini corrispondenti ai diversi mesoni, alcuni dei quali sono attrattivi (energia d'interazione negativa), altri sono repulsivi; il risultato e un'energia d'interazione attrattiva per T grande e repulsiva per T piccolo. Per T molto piccolo la trattazione dell'interazione in termini di scambi mesonici diviene inadeguata e occorre tener conto della struttura a quark dei nucleoni. La (7.78) e significativa solo per T molto grande. L'andamento qualitativo dell'interazione nucleone-nucleone ha l'andamento illustrato in fig. 7.17.

L'interazione elettromagnetica fra due cariche elettriche ql e q2 (per esem­pio, due elettroni) puo essere rappresentata nel piano (x, t) nella forma di un diagramma (diagramma di Feynman) come in fig. 18a. Le semirette rappresen­tanG l'evoluzione spazio-temporale delle particelle prima e dopo l'interazione. In accordo con i principi di conservazione delle cariche elettriche esse non hanno discontinuita. Esse cominciano a -00 terminano a +00.

E V(r) MeV

o -1.2

-50

w NN

1.0 loU r(fm)

Fig. 7.17. Energia d'interazione nucleone-nucleone costruita tenendo conto di tutti i possibili scambi mesonici. N otare che essa diventa repulsiva per piccoli valori di r. Per r grande questa Junzione ha I 'andamento della Junzione (b) di fig 7.16. La figura mostra anche il livello energetico del deutone.

Ogni particella e caratterizzata da un quadrimpulso. Le semirette si inc on­trano in corrispondenza di veTtici dai quali si diparte una linea tratteggiata che rappresenta il quanta (fotone) scambiato nell'interazione.

Ogni vert ice e caratterizzato da un peso di valore va e il prodotto dei pesi dei due vertici connessi da l'intensita dell'interazione, che vale appunto cx. Analoghe rappresentazioni possono essere fatte per l'interazione forte e l'interazione debole, come esemplificato nelle fig. 7.18b e c, che non richiedono specifiche spiegazioni.

198 7 Decadimento f3

a b c

t -;\ ~\ :( ~+x .-

p v

Fig. 7.18. Esempi di diagrammi di Feynman per l'interazione elettromagnetica (a), forte (b) e debole (c).

7.7 Appendici

7.7.1 Energia liberata, masse atomiche ed energia di Ie game

Invece che tramite Ie masse dei nuclei, il bilancio energetico delle reazioni (7.2), e (7.3) puo essere fatto tramite Ie masse atomiche (che sono Ie quantita effettivamente misurate con gli spettrografi di massa) 0 tramite Ie energie di legame dei nuclei.

La massa atomica e correlata ana massa nucleare dana relazione

Ma(A, Z) = M(A, Z) + Zme - Be ;:::::: M(A, Z) + Zme, (7.102)

dove Be e l'energia di legame degli elettroni atomici, che puo essere trascurata. Sostituendo questa espressione nelle (7.6) si ottiene

Q(3+ = Ma(A, Z) - Ma(A, Z - 1) - 2me ,

QCE = Ma(A, Z) - Ma(A, Z - 1).

(7.103)

La mass a nucleare e esprimibile mediante Ie masse del prot one e del neutrone liberi e l'energia di legame:

M(A, Z) = Zmp + (A - Z)mn - B(A, Z) .

Sostituendo questa relazione nene (7.6) si ottiene

j3- Q(3- = mn - mp - me - B(A, Z) + B(A, Z + 1),

Q(3+ = mp - mn - me - B(A, Z) + B(A, Z - 1),

QCE = mp - mn + me - B(A, Z) + B(A, Z - 1).

(7.104)

(7.105)

7.7 Appendici 199

7.7.2 Densita degli stati

Definiamo come stato di una particella in mota libero l'insieme dei valori delle componenti Px, Py e pz del suo impulso p. Una terna di valori Px,Py e pz identifica un punta nella spazio degli impulsi (vedi fig. 7.19). In coordinate polari Ie componenti dell'impulso sono

Px = p sin e cos ¢ ,

Py = P sin e sin ¢ ,

pz = p cose.

Un volume infinitesimo della spazio degli impulsi dPxdpydpz 0, in coordi­nate polari,

p2 dp sin e de d¢,

individua gli stati accessibili alla particella per variazioni infinitesime dell'o­rientazione e del modulo dell'impulso, ossia per impulso compreso nell'inter­vallo fra pep + dp. L'integrale di tale volume su e e ¢

r27r r pdp Jo d¢ Jo sin ede = 41fp2dp,

e 10 spazio compreso fra Ie superfici sferiche di raggi pep + dp e individua l'insieme degli stati accessibili corrispondenti allo stesso modulo dell'impulso rna a differenti orientazioni.

Estendiamo ora queste considerazioni a particelle descritte secondo la meccanica ondulatoria. Una particella in moto libero lungo un segmento di lunghezza L e caratterizzata da un moto stazionario con lunghezza d'onda e impulso

A= ~ , n = 1, 2, 3, ... n

21fn 21fn p=--=--n

A L'

Ogni valore di n definisce un valore dell'impulso 0, equivalentemente, uno stato della particella. Il numero di stati compreso fra n e n + L1n e

(7.106)

Se la particella si muove liberamente in un cuba di lato L, la relazione (7.106) vale per ciascuna delle componenti Px, Py, pz dell'impulso. In questa caso uno stato e definito dalla terna di valori n x , ny, nz .. Il prodotto

(7.107)

200 7 Decadimento f3

P dO /

Fig. 7.19. Spazio degli impulsi.

rappresenta il numero tot ale di stati con valori di Px, PY' pz compresi nel "volume" della spazio degli impulsi iJ.PxiJ.PyiJ.Pz.

Supponiamo ora che il numero di stati possibili entro un intervallo iJ.p sia molto elevato in modo tale che il rapporto iJ.n/ iJ.p sia costante al diminuire di iJ.p e possa essere sostituito dalla relazione fra infinitesimi dp / dn. Allora la (7.107) diviene

(7.108)

dPxdpydpz rappresenta il volume infinitesimo nella spazio degli impulsi in coordinate ortogonali. Conviene esprimere la (7.108) in coordinate polari

(7.109)

dove fl rappresenta un volume sferico. Se integriamo su e e cp, otteniamo

41f fl 2 dN = (21fn)3 P dp, (7.110)

quantita che rappresenta il numero di stati con modulo dell'impulso compreso fra pep + dp e orientazione arbitraria.

7.7.3 Sezione d'urto v + p ---+ e+ + n

Esiste una semplice relazione fra la sezione d'urto (5 di un processo e la pro­babilita di transizione per unita di tempo w (definita nel par. 7.5). Con rifer­imento a fig. 7.20, si consideri un fascio di particelle incidenti con velocita v su un bersaglio di sezione A e spessore dx contenente n particelle per unita di volume.

7.7 Appendici 201

La probabilita che una particella incidente interagisca con una particella del bersaglio e dP = ((J" / A) (nAdx); quindi la probabilita per unita di tempo e

dP (J" nAdx dt = A~ =rwv.

dP / dt puo eSSere interpret at a come la probabilita di transizione fra due stati,

dx

v~r Fig. 7.20. Schema di fascio parallelo di particelle puntiformi incidenti su un bersaglio di costituito da particelle aventi dens ita n.

quello che precede e quello che segue l'interazione, ossia ha 10 stesso significato di w. Pertanto, posta dP/dt = w, risulta

w 1 (J"= -'-.

V n

Per un bersaglio costituito da una sola particella in un volume [2, si ha infine

(J" = [2::: . v

(7.111)

Consideriamo ora la probabilita di transizione per unita di tempo per la reazione YJ + P --+ e+ + n:

27T 2 W = n IHi!1 p.

p e la densita degli stati finali (vedi 7.119):

dN 47T[2 1 p = dET = (27Tn)3 c2PeEe ,

con Pe ed Ee impulso ed energia dei positroni; ET e l'energia tot ale in gioco e, tenuto conto che J\![n » me, ha l'espressione:

Con Ie ipotesi e Ie approssimazioni usuali per Ie funzioni d'onda del neutrino e del positrone e per la densita di hamiltoniana H (vedi par. 7.5) e tenuto conto che nello stato finale non c'e interazione coulombiana, per la matrice di transizione si ha

202 7 Decadimento f3

dove INliJ 1 e la componente nucleare della matrice di transizione. Pertanto risulta

(7.112)

La quantita g21MiJ 12 pUO essere ricavata tramite Ie relazioni (7.58) e (7.64) relative al decadimento del neutrone:

(7.113)

2 1 2 3 2 9 = 4gF + 4gGT' (7.114)

Per la (7.111) e la (7.112) si ha15

Essa puo essere espressa in funzione dell'energia dell'antineutrino. Poiche

Ee = Ep - En + Ev ~ (Mp - Mn) c2 + Ev

Pe = ~JE~ - m~c4 = ~V[(Mp - Mn) c2 + Ev]2 - m~c4,

si ha, infatti,

(7.115)

Tenuto conto della (7.114) e dei seguenti valori numerici (vedi par. 7.5.8):

gF = 1.41 10-62 J . m 3 gGT = -1. 79 10-62 J . m 3

n = 1.05 10-34 J . 8

risulta

(5 (Ev) = 2.3710-44 • ;_ (Ev -1.29) x J(Ev - 1.29)2 - 0.26cm2 .

u (7.116)

15 Si tenga presente che, a causa della piccola massa dell'antineutrino, in tutte Ie formule che seguono si puo porre f3v = 1.

7.7 Appendici 203

Poiche nell'esperimento di Cowan e Reines, descritto nel par. 7.3, erano uti­lizzati antineutrini con energia distribuita fra 0 e 9 !vI e V circa, calcoliamo la sezione d'urto per un valore intermedio, precisamente per Ev = 5 !vIe V; risulta 3.23 . 10-43 cm2 , valore della stesso ordine di grandezza di quello misurato.

La (7.115) implica che l'energia dei neutrini sia superiore a un valore di soglia: Ev > (Mn - Mp) c2 + m ec2 = 1.80 MeV. Per Ev » 1.80 MeV la (7.115) puo essere scritta nella forma approssimata

g2 E~ u(Ev) :::::; ~ j3u

7rC Ii v

7.7.4 Densita degli stati finali per v + p ---+ e+ + n

Calcoliamo la densita degli stati finali per la reazione

v + p --+ e+ + n

(7.117)

Trattandosi di una reazione a due corpi finali, il numero dN di stati finali per un intervallo dET di energia disponibile e determinato dal corrispondente numero di stati elettronici:

Poiche l'energia in gioco e

e

la (7.118) diviene

dET

dN

dET

7.7.5 Emissione di elettroni, raggi X e '"Y conseguente al decadimento {3

(7.118)

(7.119)

Il decadimento j3 e, nella maggior parte dei casi, seguito dall'emissione di raggi " raggi X ed elettroni atomici. La sola emissione j3, con successiva perdita o acquisizione di un elettrone da parte degli orbit ali atomici pili esterni, e limitata ai seguenti nuclei [12]:

3 H, 14C, 32 P, 33 P, 35 S, 36Cl, 45Ca, 63 Ni, 90 Sr, 90y, 99Tc, 147 Pm, 204Tl

i cui nuclei figli vengono prodotti nella stato fondamentale.

204 7 Decadimento f3

0.812 MeV 0.7%

131 53 8.0 giorni

9.3%

13-0.608 MeV 87.2 %

MeV

1.0

0.8

0.6

y

0.722 MeV 0.4

11.9 9

y 0.163 MeV 0.7 %

y .364 MeV y

0.284 MeV

6.3%

+ y 0.08 MeV 6.3 %

131 54 Xe stabile

2.8%

y

0.637 MeV

9.3 %

0.2-

o

Fig. 7.21. Principali transizioni f3 dal livello fondamentale del 131 I a vari livelli della 131 Xe. Le transizioni r sono in competizione con processi (non mostrati) di conversione interna.

Il nucleo finale, ad esempio generato dal decadimento

A(Z) --+ A*(Z + 1) + IF + v,

si trova solitamente in uno stato eccitato A *, dal quale puo passare allo stato fondamentale emettendo radiazione elettromagnetica (uno 0 pili raggi ,):

A*(Z + 1) --+ A(Z + 1) + n, (come mostrato ad esempio in fig. 7.21), 0 trasferendo l'energia di eccitazione direttamente a un elettrone delle orbite pili interne dell'atomo a cui il nucleo appartiene, con conseguente espulsione di tale elettrone dall'atomo:

A*(Z + 1) --+ A(Z + 1) + e- .

Questo processo e detto conversione elettronica intern a . Infine, sebbene il fenomeno sia molto raro, la diseccitazione puo avvenire mediante produzione, nel nucleo, di una coppia e+ e-:

A*(Z + 1) --+ A(Z + 1) + e+ + e- ,

che viene quindi emessa dal nucleo. L'emissione secondaria di elettroni, positroni, raggi , e raggi X, con­

seguente ad interazioni deboli, e dovuta a vari processi, che descriviamo in modo schematico qui di seguito, anche con riferimento a fig. 7.22.

7.7 Appendici 205

x e Augtl'

Livtlli atomifi

e-COJlvtrsione inttl1la

r

Livelli nucleari

Fig. 7.22. Schema dei processi atomici e nucleari che danno luogo all'emissione secondaria di raggi X, raggi I , elettroni e positroni.

a) La diseccitazione I nello stato fondamentale avviene mediante l'emissione di un unico fotone. In alcuni nuclei e anche possibile la diseccitazione me­diante il passaggio dallo stato iniziale a stati eccitati intermedi, e quindi allo stato fondamentale, mediante l'emissione di pili raggi f. In questo Se­condo caso, l'energia totale dei fotoni emessi coincide con quella dell'unico I del caso precedente.

b) La conversione interna, con successiva emlSSlOne elettronica, e possibile solo per quegli elettroni atomici per i quali e soddisfatta la relazione

dove Te e l'energia cinetica dell'elettrone, E e la differenza fra l'energia del nucleo iniziale eccitato e quell a del nucleo finale nello stato fondamentale e I j e il potenziale di ionizzazione dell'elettrone nel livello j. Pertanto i possibili valori di Te costituiscono un sistema discreto. La probabilita del processo di conversione interna aumenta con Z, decresce al creSCere di E e decresce al crescere di I. In fig. 7.23 e mostrato 10 spettro d'impulso dei (3 emessi nel decadimen­to del 131 I, rappresentato dalla linea regolare, suI Quale sono sovrapposti picchi corrispondenti agli elettroni di conversione dell'atomo eccitato dello 131 Xe.

206 7 Decadimento f3

Keo

dN/dPe

o

Fig. 7.23. Spettro d'impulso degli elettroni emessi nel decadimento f3 del 131 I e degli elettroni di conversione provenienti dai livelli K ed L dell'atomo di 131 X e. I valori 80, 164, ecc. indicano in keV i livelli eccitati dell'atomo di Xe. Il punta finale p,;,ax

corrisponde a un'energia massima di 605 ke V.[19}

c) I processi di conversione interna e di emissione di raggi I sono in com­petizione fra loro e la cost ante di decadimento di un livello eccitato e data dalla somma delle costanti di decadimento dei processi concorrenti: A = Ae + AI" Con una probabilita 104 volte pili piccola, la diseccitazione di un nucleo puo avvenire anche tramite la creazione di una coppia e+ e-, se l'energia di eccitazione e > 2me = 1.022 MeV

d) La conversione interna da origine a un livello vacante nella configurazione atomica, ossia a una configurazione eccitata dell'atomo, il quale puo pas­sare allo stato fondamentale tramite l'emissione di raggi X 0 l'emissione di elettroni Auger. Nel secondo processo l'energia di eccitazione viene trasferi­ta direttamente a un elettrone appartenente alle orbite pili est erne dell'ato­mo, con conseguente espulsione di tale elettrone.

e) Emissione di raggi X e di elettroni Auger si ha anche come conseguenza del processo di cattura elettronica (CE).

f) Nel caso di decadimento (3+, i positroni emessi si possono annichilare con gli elettroni atomici dando origine a una coppia di fotoni aventi la stessa

7.7 Appendici 207

energia, secondo la reazione

e+e- -----+ 2, (0.511 MeV).

g) L'emissione di radiazione secondaria da parte dei nuclei finali accompagna anche i processi di assorbimento dei neutrini da parte dei nuclei atomici.

Mentre gli elettroni emessi nel decadimento (3 sono caratterizzati da uno spet­tro continuo d'energia, gli elettroni e la radiazione elettromagnetica emessi nei processi secondari sopra descritti sono caratterizzati da spettri discreti. Essi costituiscono quindi delle sorgenti "monocromatiche" di radiazione molto utili ai fini della studio di rivelatori di particelle. A titolo esemplificativo in tab. 7.4 sono riportate Ie caratteristiche di alcune sorgenti in uso nei laboratori.

Infine, la radiazione secondaria ha un ruolo rilevante nella studio di pro­prieta del decadimento (3 (si veda, per esempio, il cap. 9 dedicato alla non conservazione della parita) e nell'identificazione dei processi di assorbimento dei neutrini (si veda, per esempio, l'esperimento di Cowan e Reins nel par. 7.3 e il cap. 13 dedicato allo studio dei neutrini solari)

Tabella 7.4. Esempi di nuclei radioattivi per decadimento (3 e cattura elettronica (eE) can emissione di, (dovuti all'annichilazione e+e- e a diseccitazione del nucleo figlio) e di elettroni di conversione interna. N el caso di decadimento (3 e riportato il valore dell'energia massima degli elettroni e dei positroni. Gli at ami dei nuclei figli, eccetto quelli conseguenti al decadimento del 22 N a e del 60Co sana anche sorgenti di raggi X. [16)

iiNa((3+(545keV), CE; Tl/2 = 2.603 a)

gV\i1n(CE, 1'1/2 = 0.855a)

~~Co(CE, T1/2 = 0.744 a)

~~3Ba(CE, Tl/2 = 10.54a)

7.7.6 Fattore coulOInbiano

,ann(511 keV); ,(1275 keV)

,(835 keV)

,(14; 122; 136 keV)

,(1173; 1333 ke V)

e;:-on(514; 1176 keV); ,(662 keV)

e;:-on(45; 75 keV); ,(81; 356 keV)

e;:-on(481; 975; 1047 keV)

,(569; 1063; 1770 ke V)

Ripetiamo per comodita il fattore correttivo coulombiano introdotto nel par. 7.5.6:

208 7 Decadimento (3

z' = + 1 per (3+ , z' = -1 per (3-

ke = P~ , fL = rnassa ridotta.

Posto x = 12mrl, si verifica facilrnente che il fattore correttivo coulornbiano ha l'andarnento in funzione di Pe descritto in tab. 7.5 e in fig. 7.24.

Tabella 7.5. Andamento di f(Pe) per decadimenti (3- e (3+

x--+O P --+ 00

x»l p--+O

f

1

o

f(x) = 1-~-'

f(x) --+ ~ --+ 1

f(x) --+ x --+ 00

~-

f(x) = eCx_l

f(x) --+ ~ --+ 1

f(x) --+ e"', --+ 0

~+

Pe

Fig. 7.24. Andamento qualitativo di f(Pe).

7.7.7 Misura della vita media del neutrone

Il decadirnento del neutrone libero e l'unico caso di decadirnento (3 in cui l'interazione debole non e influenzata dal leg arne dei nucleoni nei nuclei. :It evidente, quindi, l'irnportanza di conoscere con la pili elevata precisione e

7.7 Appendici 209

accuratezza possibili il valore della cost ante di decadimento da cui si ricava g2 mediante la (7.62) . Purtroppo la sua misura non e agevole poiche non sono disponibili campioni di neutroni "fermi". Illustriamo schematicamente Ie metodologie seguite a questo fine.

Esse sono fondamentalmente due: una si basa sulla misura dell'attivita in un fascio di neutroni in moto libero, l'altra sullo studio della diminuzione temporale del numero dei neutroni confinati in un volume chiuso per un tempo pili lungo della loro vita media. Illustriamo Ie due metodologie con due esempi.

rivelatore di protoni 0 elettroni

v rivelatore di neutroni

n n

Fig. 7.25. Schema dell'apparata per la misura dell'attivita di un fascia di neutrani'[18}

a) Un apparato per l'applicazione del primo metodo utilizzando neutroni ter­mici (E :::::; (0.5 - 5) . 103 eV, v :::::; (0.98 - 9.8) . 103 m/s) 0 freddi (E :::::; (0.5 - 5) . 102 eV, v:::::; (1.4 - 9.8) . 102 m/s) e illustrato schematicamente in fig. 7.25. Supponiamo che il fascio di neutroni sia monocromatico con velocita v, abbia divergenza nulla, abbia sezione S e flusso Fn (numero di neutroni per unita di superficie e per unita di tempo) costante nel tempo. Il numero dNn di neutroni contenuti nel volume S dx in un intervallo di tempo dt e

da cui segue che il numero di neutroni contenuti nel volume SL e

(7.120)

ed e costante nel tempo. Fn/v e la densita di volume dei neutroni. Un dispositivo ideale che circonda il fascio e in grado di rivelare tutti i protoni 0 tutti gli elettroni emessi nei decadimenti che si verificano all' in­terno del volume SL. L'attivita relativa a questi decadimenti e misurata dal rapporto fra il numero iJ.Np di particelle rivelate in un intervallo di tempo iJ.t e l'intervallo stesso:

210 7 Decadimento f3

A = AN = iJ.Np n iJ.t'

da cui si ricava

A = ~ = ~. (7.121) N n Fn SL

A e determinato dalla misura di A e di Fn. Il val ore del flusso Fn puo essere misurato mediante il rivelatore di neutroni situato a valle del volume SL; il rivelatore presenta al fascio una lamina su cui e depositato un sottile strato iJ.x di 10 Be con densita (numero di nuclei per unita di volume) p(Be). Il berillio assorbe i neutroni secondo la reazione

10 Be + n -----+ 7 Li + a,

di cui e nota la sezione d'urto a(n, a). Il numero iJ.Na di particelle a prodotte e dato dalla relazione

iJ.Na = iJ.Na(n, a)p(Be)iJ.x. (7.122)

iJ.N e il numero di neutroni che incide suI bersaglio di berillio in un in­tervallo di tempo iJ.t; esso e uguale al numero di neutroni contenuto in un volume di sezione S e lunghezza viJ.t, ossia per la (7.120)

(7.123)

Combinando Ie relazioni (7.123) e (7.122) si ottiene Fn. Si rileva che puo essere preferibile valutare l'attivita dei neutroni misu­rando i protoni di decadimento invece degli elettroni perche i protoni, avendo energia cinetica massima molto pili piccola (vedi eq. (7.25)) e con­seguente distribuzione energetica molto meno dispersa, possono essere di­stinti pili facilmente dalla radiazione di fondo. Nel caso del decadimento del neutrone, per Ie relazioni (7.15) e (7.17) risulta

T~nax = 781 keV T 2nax = 0.75 keV :::::: 1O-3Temax.

Ai fini della rivelazione e della distinzione dal fondo, i protoni vengono accelerati fino a conseguire un'energia dell'ordine di 15 - 40 keY.

b) Fra i metodi basati suI confinamento, consideriamo un esempio di con­finamento mediante campo magnetico, nel Quale si utilizzano neutroni ultrafreddi (E:::::: 10-7 eV, v :::::: 4.4 m/s).

I neutroni sono dotati di momento magnetico fL e, posti in un campo ma­gnetico d'induzione B con fL e B pamlleli e concordi, acquisiscono un'energia potenziale

u = - J-L . B = -ILB .

Se B non e uniforme, essi sono soggetti a una forza

7.7 Appendici 211

F = -grad U = IL grad B .

Se supponiamo che la forza abbia simmetria cilindrica attorno a un asse z, dipenda solo dalla distanza T dall'asse, sia attrattiva e di tipo armonico, sia cioe F = Fr = -CT, gradB deve avere diversa da zero solo la componente lungo T. Pertanto, in coordinate cilindriche deve essere

8B Fr = fLgradB = fLa:;: = -CT, (7.124)

da cui, integrando fra 0 ed To, si deduce

To indica il raggio del volume cilindrico che racchiude il campo magnetico e Bo = B(To) e il valore massimo del campo.

Un campo d'induzione magnetica con tali caratteristiche e detto campo di sestuplo magnetico ed e ottenibile, per esempio, mediante sei conduttori rettilinei paralleli disposti simmetricamente su una superficie cilindrica nei quali fluiscono correnti di uguale intensita con versi alternati (vedi fig. 7.26a). I neutroni vengono sospinti dalla forza F verso l'asse del cilindro. Nessuna forza agisce invece lungo l'asse del cilindro perche il campo magnetico e costante lungo esso e quindi i neutroni non sono confinati in questa direzione. Per ottenere un confinamento tot ale e sufficiente incurvare il cilindro e i conduttori in modo da ottenere un anello toroidale (vedi fig. 7.26b). In questo modo i neutroni tendono ad accumularsi lungo una circonferenza mediana del toro e a traslare lungo essa con velocita media costante.

Con riferimento a fig. 7.26b, la condizione perche i neutroni si muovano lungo un'orbita di raggio T' nel piano zx e che la forza (7.124) soddisfi alla condizione

v 2 Fr(T') = Tn­

T' con Ro - T < T' < Ro + T .

Un neutrone rimane intrappolato se la sua energia tot ale e negativa:

Poiche fL = 6.02.10-8 eV /tesla, per confinare neutroni ultra freddi (per esem­pio, con T = 6.10-8 eV) occorre un campo d'induzione magnetica d'intensita maggiore di 1 tesla.

Senza entrare in dettagli tecnici, la misura della cost ante di decadimento viene effettuata iniettando pili volte nella trappola un numero No di neutroni e misurando il numero di neutroni residui N(ti) per valori crescenti del tempo t i . Imponendo che i valori misurati soddisfino alla relazione

212 7 Decadimento f3

y

r

Fig. 7.26. (a) Campo magnetico di sestupolo prodotto da sei correnti lineari. Le linee circolari punteggiate sono linee equipotenziali, quelle tratteggiate sono linee vettoriali del campo d 'induzione. (b) Meta trappola toroidale'[17}

si ottiene il valore di A e di T = 1/ A. Il numero dei neutroni iniettati all'inizio di ogni ciclo e quello dei neutroni residui sono misurati con un rivelatore che utilizza la reazione

n +3 He --+ p +3 H + 0.77 MeV.

Il valore medio delle pili recenti misure della vita media e (vedi anche fig. 7.27b)

Tn = 887.0 ± 2.08 = 14.78 ± 0.03m.

E istruttivo considerare l'evoluzione nel tempo della misura di Tn mostrata in fig. 7.27a. Come si vede, nelle successive misure diminuisce non solo l'errore, rna anche il valore medio. Fra la media delle misure ottenute prima degli anni '60 (~ 17 m) e il valor medio attuale la differenza e di 2 m !

In fig. 7.27c e riportata l'evoluzione nel tempo delle misure di geT / gF ottenute dallo studio del decadimento del neutrone.

7.7 Appendici 213

1200 ------------

A

1150 ~ .. 1100 " ~ .. 1050 " l!~~ Oi ."

1000 <to '6 .. MEDIA PESATA E 950

illll 887.0 ± 2.0 2l ::;: HIlI!!!! .... t 900

850 B 1950 1960 1970 1980 1990 2000

... MAMPE 93 . NESVIZHEV ••. 92

· • BYRNE 90 · . ~OSSA~OW .•• 811

. .... MAMPE as PAlJl 811

.. . UlST 811

:.. -1.16 · . SPIVAK. 811 ~ . . . KOSVINTSEV 86

~ C -+-+- CHRISTENSEN72

-1.18

-1.20 MO 860 880 900 920 9010 !leO

vita media del neutrone (s)

- 1.22

!HI (n "'prv.)

-1.24

-1.26 I! ! I ! I III I ! I I

-1.28 1960 1970 19BO 1990 2000

Fig. 7.27. (a) Misure della vita media del neutrone tn secondo l'anno di pubbli­cazione nelle successive edizioni del Review of Particle Properties (RP P) ; (b) piu recenti misure di tn; (c) valutazione di gaT /gF secondo I 'anno di pubblicazione su [16}.

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