Studio Sperimentale di flussi di fluidi a reologia non-newtoniana - Marco Montagnoli

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1 Indice: Introduzione pag. 2 1. Capitolo 1: apparato sperimentale 1.1. Modello di laboratorio pag. 4 1.2. Apparato di misura pag. 5 2. Capitolo 2: fluidi utilizzati negli esperimenti 2.1. Caratterizzazione dei fluidi pag. 7 2.2. Strumentazione pag. 8 2.3. Emulsioni con cemento pozzolanico pag. 11 2.4. Emulsioni con microsfere di vetro pag. 17 3. Capitolo 3: esperimenti svolti 3.1. Scorrimento del fluido β su fondo asciutto pag. 24 3.2. Esperimenti d’impatto con il fluido β pag. 26 3.3. Scorrimento del fluido α su fondo asciutto pag. 30 3.4. Esperimenti d’impatto con il fluido α pag. 32 4. Capitolo 4: confronto dei risultati 4.1. Esperimenti su fondo asciutto pag. 37 4.2. Esperimenti d’impatto con l’alcool pag. 39 Conclusioni pag. 45 Bibliografia pag. 46

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Indice: Introduzione pag. 2 1. Capitolo 1: apparato sperimentale 1.1. Modello di laboratorio pag. 4 1.2. Apparato di misura pag. 5

2. Capitolo 2: fluidi utilizzati negli esperimenti 2.1. Caratterizzazione dei fluidi pag. 7 2.2. Strumentazione pag. 8 2.3. Emulsioni con cemento pozzolanico pag. 11 2.4. Emulsioni con microsfere di vetro pag. 17

3. Capitolo 3: esperimenti svolti 3.1. Scorrimento del fluido β su fondo asciutto pag. 24 3.2. Esperimenti d’impatto con il fluido β pag. 26 3.3. Scorrimento del fluido α su fondo asciutto pag. 30 3.4. Esperimenti d’impatto con il fluido α pag. 32

4. Capitolo 4: confronto dei risultati 4.1. Esperimenti su fondo asciutto pag. 37 4.2. Esperimenti d’impatto con l’alcool pag. 39 Conclusioni pag. 45

Bibliografia pag. 46

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Introduzione Il lavoro sintetizzato in questo tema riguarda uno studio sperimentale rivolto alla raccolta di dati atta

a supportare modelli numerici creati per simulare flussi di fluidi a reologia Newtoniana e non

Newtoniana.

Il problema ingegneristico che ha stimolato inizialmente questa attività è la caduta di una frana in un

bacino naturale o artificiale.

Il fenomeno in questione è uno dei principali problemi che riguardano la sicurezza dei territori

interessati dalla presenza di invasi naturali o artificiali e delle opere civili prossime ad essi.

Il verificarsi di un tale evento può causare diversi effetti quali la formazione e la propagazione di

onde all’interno del bacino, con eventuale risalita sulle sponde, l’inondazione di centri abitati e di

edifici di servizio adiacenti al bacino, l’eventuale tracimazione della diga da parte delle onde stesse,

il cedimento parziale o totale della diga per effetto di tale tracimazione, la propagazione a valle della

diga di un’onda di piena derivante dalla tracimazione o dalla rottura della diga con conseguenti

fenomeni erosivi che possono portare a notevoli alterazioni morfologiche dell’alveo a valle della

diga stessa e delle zone circostanti.

L’entità dei fenomeni e la gravità dei danni che ne possono derivare dipende da vari fattori quali la

natura della frana ( dal blocco rigido indeformabile fino alle colate di liquido coerente, caratterizzate

da reologia non newtoniana ), il volume e l’energia della frana, il volume d’acqua invasato e la

profondità media del bacino, la presenza di strutture di servizio dell’impianto e di centri abitati

adiacenti al bacino.

Alla luce delle considerazione fatte, risultano di grande utilità, per i gestori e i responsabili della

sicurezza dei bacini, strumenti che consentano di prevedere, con opportuna affidabilità, la dinamica

della caduta di una frana e degli effetti idrodinamici che ne conseguono, sulla base della geometria

del bacino e di varie ipotesi probabili sui parametri caratteristici dell’ammasso franoso dedotte da

osservazioni, monitoraggi e precedenti esperimenti.

Strumenti di previsione per eccellenza, per la loro versatilità e relativa flessibilità riguardo la

gestione di scenari diversi, sono in generale i modelli numerici i quali sono in continua evoluzione e

ricoprono una varietà sempre più ampia di fenomeni e affinano sempre più il grado di

approssimazione anche grazie ad un continuo sviluppo tecnologico degli strumenti di calcolo che

contribuisce a migliorare le prestazioni dei suddetti modelli numerici relativamente al dettaglio delle

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simulazioni ed ai tempi di calcolo. I modelli numerici in questione devono essere in grado di trattare

le problematiche tipiche del fenomeno considerato come la presenza di superficie libera in

movimento, la presenza di interfacce fra materiali diversi, distribuzioni non idrostatiche di pressione,

forti discontinuità dei materiali. Devono inoltre essere in grado di modellare le differenti tipologie di

frane, dal blocco rigido indeformabile fino alle colate di liquido coerente caratterizzate da reologia

non newtoniana. Lo strumento ideato presso il laboratorio di Ingegneria Idraulica ed Ambientale

dell’Università di Pavia, in collaborazione con il Centro Elettrotecnico Sperimentale Italiano (CESI),

basato sulla tecnica SPH ( Smoothed Particle Hydrodynamics) è un codice di calcolo che necessita

di dati sperimentali per essere validato. Tale tecnica SPH è stata applicata con successo per

riprodurre l’effetto causato dalla caduta di corpi solidi indeformabili e di una massa coerente fluida

in un bacino contenente liquido in quiete riproducendo in modo soddisfacente esperimenti di

laboratorio realizzati per l’occasione.

Scopo del presente lavoro è quello di descrivere le attività sperimentali realizzate presso il

Dipartimento di Ingegneria Idraulica e Ambientale al fine di ottenere dati sperimentali con i quali

confrontare i risultati delle simulazioni numeriche, effettuate con la tecnica SPH, riguardanti

l’impatto di fluidi a reologia non newtoiana in un bacino invasato.

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Capitolo 1 Apparato sperimentale Le prove sperimentali effettuate presso il Dipartimento di Ingegneria Idraulica ed Ambientale

dell’Università di Pavia hanno avuto come oggetto di studio la dinamica che si crea in un bacino a

seguito dell’impatto di una massa fluida coerente caratterizzata da reologia non newtoniana.

L’esigenza di svolgere tali prove sperimentali è nata a causa della difficoltà di reperire in letteratura

dati sufficientemente dettagliati da poter essere utilizzati come oggetto di confronto con i risultati

numerici in questa situazione. Le prove sono state ideate in modo tale che la dinamica dei fenomeni

trattati fosse sostanzialmente bidimensionale e che i fluidi utilizzati negli esperimenti fossero

indicativi di realtà fisiche.

1.1 Modello di laboratorio L’apparato sperimentale utilizzato nel presente lavoro era stato realizzato per lo studio di

problematiche simili (Balduzzi 2005; Gallati et al. 2006); esso è bidimensionale nel piano verticale

e tutti i movimenti dei liquidi presenti avvengono tra due lastre verticali rigide trasparenti in

plexiglas. La distanza di 0,03 m tra le lastre, rapportata alle dimensioni dell’intero apparato, è un

soddisfacente compromesso tra le esigenze di assicurare la bidimensionalità del fenomeno, evitando

instabilità trasversali, e quella di ridurre ad un livello accettabile gli effetti di parete.

L’apparato sperimentale è schematizzato nella figura 1.1.

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Figura 1.1: Schema e dimensioni dell'apparato sperimentale utilizzato

Una prima zona del modello (rampa) è quella lungo la quale il volume del liquido incidente inizia a

muoversi e scorre su un piano inclinato verso la vasca contenente il liquido recipiente in quiete. Il

piano inclinato è liscio (plexiglas) ed ha una pendenza di 45 gradi. Il liquido incidente ha

inizialmente una forma triangolare delimitata da un setto verticale di contenimento (paratoia). La

quota superiore del fluido incidente (QF=0,4 m) e la posizione del setto (XF=0,26 m) definiscono il

volume e, per un dato materiale, l’energia potenziale del liquido incidente stesso. Il setto è dotato di

guarnizione a tenuta, scorre verticalmente in scanalature presenti nelle lastre e viene estratto con

una manovra a strappo in tempi molto brevi (circa 0,06 secondi).

Una seconda zona (vasca), con fondo orizzontale ancora in plexiglas, rappresenta il bacino di invaso

in cui arriva il liquido incidente. Nelle condizioni in cui sono stati eseguiti gli esperimenti, il tirante

del liquido di invaso è pari a 15 centimetri ( QL=0,15 m ).

In seguito alla rimozione della paratoia il liquido incidente accelera dalla base muovendosi verso il

basso; nella zona di impatto hanno origine perturbazioni che si propagano verso la parete di valle.

Qui l’onda causata dal liquido incidente risale fino ad una altezza massima e poi subisce una

riflessione con inversione del senso di propagazione.

1.2 Apparato di misura L’apparato di misura consiste in un sistema di ripresa con una videocamera digitale. Alcune

caratteristiche del fenomeno quali la dinamica che si verifica all’impatto, con frangenti e schizzi,

rendono, infatti, poco pratico l’impiego di sensori e trasduttori. D’altra parte, nelle zone in cui le

variazioni di livello si manifestano in forma più blanda, l’informazione quantitativa deducibile dalla

elaborazione della video ripresa appare più che sufficiente per gli scopi del presente lavoro.

Si ha cura di posizionare la videocamera in modo da ridurre al minimo l’errore di parallasse e si

provvede ad un’illuminazione studiata. Riprendendo l’esperimento per tutta la sua durata si ottiene

una serie di immagini che campionano il fenomeno con una frequenza di 25 fotogrammi al secondo.

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L’elaborazione delle immagini consente di quantificare le grandezze fondamentali e la loro

evoluzione nel tempo e di ricavare quindi informazioni sintetiche da utilizzare per i confronti con i

risultati delle simulazioni numeriche.

Dalle immagini delle prove si sono dedotti gli idrogrammi che definiscono l’andamento nel tempo

della quota del liquido recipiente nelle seguenti sezioni di misura:

o inizio vasca ( si rileva la quota sulla verticale passante per il piede della rampa di discesa);

o mezzeria vasca ( si rileva la quota sulla verticale posta a metà vasca );

o fine vasca ( si rileva la quota sulla verticale passante per il piede della chiusura,

coincidente con il run up sulla chiusura stessa ).

È stato inoltre rilevato il run up del liquido recipiente sulla rampa di discesa e l’avanzamento del

fronte sommerso nelle prove d’impatto oltre quello del fronte nelle prove senza liquido recipiente.

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Capitolo 2 Fluidi utilizzati negli esperimenti

Per le prove sperimentali si è scelto di utilizzare liquidi tali da garantire sia una ragionevole

rappresentazione delle scale fisiche del fenomeno reale sia una facile lettura dei risultati

sperimentali. A tal proposito si è cercato di utilizzare fluidi tali da garantire un rapporto di densità

tra il liquido incidente e quello recipiente in scala con quelle dei materiali reali, variabile con

l’aggiunta di inerti emulsionabili al fine di garantire un comportamento non newtoniano al fluido

incidente. I liquidi devono anche essere immiscibili tra loro, mantenere la loro colorazione ed

aderire il meno possibile alle pareti in plexiglas del modello.

2.1 Caratterizzazione dei fluidi I liquidi che meglio rispettano le caratteristiche sopra riportate, oltre ad essere economicamente

accessibili ed esenti da tossicità sono tabulati di seguito:

ρ[kg/m3] υ[cSt]

Alcool etilico 800 0,6

Olio siliconico V20 950 20

Olio siliconico V350 950 350

Tabella 2.1 Proprietà fisiche dei liquidi utilizzati

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In lavori precedenti (Balduzzi 2005; Gallati et al. 2006) sono stati utilizzati l’olio siliconico e

l’alcool rispettivamente come fluido incidente e recipiente; il rapporto tra le loro densità è circa pari

a 1,2 valore che pur sufficientemente elevato, risulta essere inferiore ai valori che si riscontrano nei

fenomeni reali.

In questo lavoro si è cercato di realizzare fluidi incipienti dalle caratteristiche non newtoniane e con

densità tali da garantire un rapporto tra la densità fra fluidi incidente e fluido recipiente che sia il più

vicino possibile a quello caratteristico dei fenomeni reali.

A tale scopo si è deciso di utilizzare inerti solidi da emulsionare con l’olio siliconico; essi sono

caratterizzati da un’elevata densità, da dimensioni dei granelli molto piccole così da garantire una

lunga permanenza in sospensione e da una buona miscibilità con il solvente di base.

Gli inerti utilizzati e le loro caratteristiche sono riportati in tabella:

Dimensione granuli Densità [g/cm3]

Vetro in microsfere 90µm 1,46

Cemento pozzolanico <<60µm 1,7

Tabella 2.2 Proprietà fisiche degli inerti utilizzati Da esperimenti preliminari eseguiti su combinazioni di liquidi ed inerti si può affermare che:

• la velocità di decantazione cresce al crescere delle dimensioni dei granelli e diminuisce al

crescere della viscosità del liquido, cosicché sono sostanzialmente inutilizzabili alcune

combinazioni come vetro in microsfere ed alcool;

• l’emulsione di cemento pozzolanico con olio siliconico aumenta la densità del fluido e

conferisce ad esso un comportamento non newtoniano. Tale miscela risulta omogenea e

stabile poiché i granuli del cemento sono piccoli e poco pesanti così che faticano

maggiormente a vincere la resistenza che l’olio oppone alla decantazione;

• l’emulsione di vetro in microsfere in olio siliconico aumenta la densità, ma il

comportamento reologico dell’emulsione risulta assimilabile a quello newtoniano;

• l’apporto di alcool alle emulsioni crea iterazioni chimiche che generano comportamenti non

newtoniani.

2.2 Strumentazione Le prove reologiche sono state condotte utilizzando un viscosimetro a cilindri rotanti coassiali detto

viscosimetro di Couette, modello RHEOMETER RC20, disponibile presso il Laboratorio. Il

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principio di funzionamento dello strumento si basa sul fatto che lo scorrimento della miscela

nell’intercapedine presente fra i cilindri, provocato dalla rotazione imposta al cilindro interno,

richiede una coppia. La coppia richiesta per mantenere il cilindro interno in rotazione è misurata

dallo strumento. Il flusso nell’intercapedine dei cilindri è laminare a causa della piccola distanza fra

i cilindri stessi, pertanto, essendo nota la geometria dello strumento, è possibile determinare dalla

velocità di giri del cilindro interno la velocità di deformazione angolare nel fluido e, dalla coppia

richiesta, lo sforzo di taglio all’interno del fluido stesso.

Le prove sono realizzate imponendo differenti valori di velocità di rotazione e per ognuno di tali

valori si ottengono un valore di velocità di deformazione angolare ed un corrispondente valore di

sforzo tangenziale. Tali valori di velocità di deformazione e di sforzo tangenziale posizionati sul

piano reologico permettono di interpretare il comportamento dei fluidi realizzati.

Il comportamento reologico di tali fluidi è stato approssimato con opportuni modelli reologici

descritti dalla seguente relazione generica:

)(•

= γτ f (2.1)

con τ sforzo tangenziale misurato in Pascal [1Pa=1N/1m2] e •γ velocità di deformazione angolare

imposta [1/s], funzione del numero di giri imposti al cilindro interno.

Nel caso di fluido newtoniano la relazione 2.1 si presenta nella seguente forma:

= γµτ (2.2)

con µ viscosità dinamica [Pa s] che presenta un valore praticamente costante per date condizioni di

temperatura, indipendente dagli sforzi sia tangenziali che normali.

I fluidi newtoniani infatti sono definiti come quelli la cui viscosità, per una determinata

temperatura, è una costante caratteristica del fluido, indipendente dal movimento ed in particolar

modo dalla velocità di deformazione.

I fluidi plastici alla Bingham sono caratterizzati da una curva reologica lineare ( come quelli

newtoniani ) che però non passa per l’origine, ma taglia l’asse degli sforzi tangenziali in un punto di

ordinata τ0 [Pa] detto sforzo critico. Una coppia conferita allo strumento che generi uno sforzo

tangenziale di valore inferiore allo sforzo critico non provoca la rotazione del cilindro interno del

viscosimetro. L’equazione reologica per tali fluidi è la seguente:

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k+= 0ττ•γ (2.3)

Dove k [Pa s] è l’equivalente della viscosità dinamica per un fluido newtoniano, detta anche

viscosità plastica o coefficiente di rigidità o consistenza, ed è indipendente dalla velocità di

deformazione.

Come già detto, la velocità di deformazione per queste sostanze è nulla finché le sollecitazioni

tangenziali non superano il valore limite di τ0; a sforzi maggiori di questo valore, si attua un

repentino cambiamento e si verifica scorrimento all’interno del fluido. Questo comportamento trova

spiegazione ammettendo che la sostanza sia caratterizzata da una struttura chimica interna

tridimensionale analoga a quella dei solidi, con una consistenza sufficiente a sopportare sforzi

tangenziali inferiori a τ0. Per valori superiori tale struttura si disintegra completamente ed il sistema

assume un comportamento uguale a quello di un fluido newtoniano sottoposto ad una sforzo pari a

τ-τ0. Al cessare della sollecitazione, si riforma la struttura tridimensionale.

L’altro modello reologico che sarà utilizzato in seguito per la descrizione delle emulsioni realizzate

è quello dei fluidi pseudoplastici, la cui curva reologica passa per l’origine ed è concava verso il

basso. Il rapporto tra lo sforzo e la velocità di deformazione detto viscosità apparente, diminuisce

progressivamente con l’aumentare della velocità di deformazione, tendendo a valori costanti di

sforzo solo per elevati valori di •γ .

I fluidi pseudoplastici presentano elevata resistenza al moto per basse velocità, che va tuttavia

diminuendo all’aumentare della velocità di deformazione angolare. Per caratterizzare questi fluidi

viene utilizzata una equazione reologica monomia:

= γτ k n (2.4)

dove k ed n<1 sono delle costanti variabili da fluido a fluido; k è una misura della consistenza ed è

tanto più elevata quanto più il fluido è viscoso. L’esponente n è l’indice di comportamento non

newtoniano del fluido: più esso si discosta dall’unità, valore per il quale il fluido ha comportamento

newtoniano, tanto più sono pronunciate le proprietà non newtoniane del fluido.

Essendo la viscosità apparente pari al rapporto tra sforzi e velocità di deformazione angolare risulta:

µ = τ /•γ =

•γk n -1 (2.5)

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da cui è possibile constatare che all’aumentare della velocità di deformazione, la viscosità apparente

diminuisce.

Oltre a caratterizzare il campo reologico per ogni fluido, è stata misurata anche la densità; essa è

stata determinata sperimentalmente pesando un volume noto e impostando la relazione:

Vm/=ρ (2.6) Nei seguenti paragrafi verranno riportati i risultati delle misure effettuate seguendo le procedure

standard sopra descritte. Tutti i fluidi sono stati creati misurando ad ogni esperimento le quantità

miscelate al fine di render possibile la ripetibilità di ogni singola prova.

2.3 Emulsioni con cemento pozzolanico

Inizialmente sono state analizzate emulsioni ottenute miscelando insieme l’olio siliconico e il

cemento pozzolanico; nella tabella sottostante è riportato il quadro degli esperimenti:

fluido Cemento V20 V350 Densità

C2040 40% 60% 0% 1280[kg/m3]

C2050 50% 50% 0% 1350[kg/m3]

C35050 50% 0% 50% 1350[kg/m3]

Tabella2.3 nome dei fluidi, loro composizione e loro densità. Le percentuali riportate in tabella 2.3 sono da riferire al peso della componete considerata sul peso

totale dell’emulsione.

Per ognuno dei fluidi in tabella sono state eseguite alcune serie di misure reologiche. I dati sono

stati elaborati mediando per ogni valore di velocità di deformazione angolare i valori di sforzo

ottenuti nelle varie prove. I valori medi sono riportati nei grafici che si illustreranno in seguito. Tali

valori medi sono assolutamente indicativi del comportamento reologico delle emulsioni in quanto

gli scarti delle singole misure da tali valori sono molto limitati.

Nel grafico 2.1 sono confrontati i valori relativi ai fluidi C2040 e C2050.

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0

20

40

60

80

100

120

0 200 400 600 800 1000 1200

γγγγ' [1/s]

ττ ττ [P

a]

c2040

c2050

Grafico 2.1 Cfr c2040 con c2050

Entrambi i fluidi hanno un comportamento simile; presentano infatti ambedue uno sforzo di soglia

ed i punti sperimentali si posizionano sostanzialmente su una linea retta.

Per tale motivo si è scelto di utilizzare come modello interpolante il modello di Bingham. Il grafico

2.2 mostra che il modello reologico alla Bingham è sostanzialmente adottato per approssimare

l’andamento delle due emulsioni.

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0

20

40

60

80

100

120

140

0 200 400 600 800 1000 1200

γγγγ' [1/s]

ττ ττ [P

a]

c2040

c2050

Grafico 2.2 Linee di tendenza dei fluidi c2040 e c2050

La relazione di Bingham che approssima il comportamento dell’emulsione c2040 è:

τ = 5,3336 + 0,0527•γ (2.7)

Questa emulsione è quindi approssimabile ad un fluido con consistenza pari a k=0,0527 [Pa s] e

valore di sforzo critico pari a τ0= 5,3336 [Pa] .

Per quanto riguarda l’emulsione c2050, la relazione di Bingham risulta:

τ = 13,425 + 0,1014•γ (2.8)

Anche questo fluido è ben approssimabile con un modello reologico di tipo Bingham e presenta un

valore di sforzo critico pari a τ0 = 13,425 [Pa] ed una consistenza pari a k=0,1014 [Pa s].

La terza emulsione studiata, corrispondente alla sigla di riconoscimento c35050, ha valori

difficilmente confrontabili con i precedenti poiché il liquido utilizzato come base per la miscela,

olio siliconico V350, ha una viscosità di un ordine di grandezza superiore al precedente V20.

In figura 2.3 sono confrontati i tre fluidi:

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0

200

400

600

800

1000

1200

0 200 400 600 800 1000 1200

γγγγ' [1/s]

ττ ττ [P

a]

c2040

c2050

c35050

Grafico 2.3 Cfr tra c2040, c2050, c35050 Il fluido c35050 presenta valori di sforzo già molto alti con basse velocità di deformazione

angolare; non è stato possibile imporre al viscosimetro una velocità di deformazione angolare del

cilindro interno superiore a 600 giri al minuto poiché si ricadeva con valori di sforzo fuori dal

campo di lavoro dello strumento. Anche questo fluido è approssimabile adottando il modello dei

fluidi alla Bingham come si può vedere dal grafico 2.4:

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Titolo del grafico

0

200

400

600

800

1000

1200

0 100 200 300 400 500 600 700

γγγγ' [1/s]

ττ ττ [P

a]

c35050

Grafico 2.4 Fluido c35050 con la sua linea approssimatrice L’equazione della retta approssimatrice è la seguente:

τ = 62,377 + 1,6201•γ (2.9)

utilizzando l’olio V350 si sono innalzati notevolmente sia i valori di sforzo critico sia quelli di

consistenza e come negli esperimenti con l’olio V20, gli scarti delle misure fisiche dalla retta di

approssimazione sono molto limitati.

Dopo questa prima campagna di prove si è deciso di inserire nelle emulsioni l’alcool. Questo nuovo

elemento incide sui risultati ottenuti andando ad innalzare sensibilmente lo sforzo critico di soglia

delle emulsioni. Il confronto è stato svolto sui seguenti fluidi:

fluido Cemento V20 V350 alcool densità

C2040 40% 60% 0% 0% 1280[kg/m3]

C2040A 38% 57% 0% 5% 1250[kg/m3]

Tabella 2.4 Nome fluidi e loro composizione Per entrambi il rapporto tra la percentuale in peso di V20 e quella del cemento è pari al valore

costante 1,5. Le differenze di comportamento sono riconoscibili nel seguente grafico2.5:

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0

10

20

30

40

50

60

70

0 200 400 600 800 1000 1200

γγγγ' [1/s]

τ [

τ [

τ [

τ [P

a]

c2040

c2040a

Grafico 2.5 Cfr c2040 e c2040a

Seppur la quantità di inerte sul totale sia maggiore nel caso c2040, l’emulsione con l’alcool ha

valori di sforzo sempre maggiori a parità di velocità di deformazione angolare. Anche il valore di

sforzo critico di soglia sembra aumentato come è ben visualizzato nel grafico 2.6 sottostante.

0

10

20

30

40

50

60

70

0 200 400 600 800 1000 1200

γγγγ' [1/s]

τ [

τ [

τ [

τ [P

a]

c2040

c2040a

Grafico 2.6 c2040 e c2040a con le rispettive linee di tendenza

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Si ritiene che tale comportamento sia dovuto alla forte interazione chimica che si instaura fra le

particelle di cemento e i fluidi presenti nell’emulsione.

Per il fluido c2040a l’equazione reologica, adottando il modello alla Bingham, rimane nella forma:

τ = 11,845 + 0,505•γ (2.10)

Questa relazione confrontata con la 2.7 caratteristica del fluido c2040, mostra come ci sia un

sensibile aumento dello sforzo di soglia ed una leggera diminuzione della consistenza globale del

fluido.

Con questo confronto si chiude la sezione relativa alle emulsioni con cemento pozzolanico per

passare a studiare quelle con le microsfere di vetro.

2.4 Emulsioni con microsfere di vetro Nel seguente paragrafo verranno descritte le emulsioni realizzate utilizzando come inerte le

microsfere di vetro.

La prima prova che viene presentata riguarda un’emulsione di microsfere di vetro in olio siliconico

senza l’aggiunta di alcool. Il fluido presenta un comportamento reologico molto vicino a quello

newtoniano.

fluido inerte V20 V350 Densità

prova 70% 27% 3% 1600[kg/m3]

Tabella 2.5 Nome fluido e sua composizione

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0

50

100

150

200

250

300

0 200 400 600 800 1000 1200

γγγγ' [1/s]

ττ ττ [P

a]

prova

Grafico 2.7 Fluido prova

Nel grafico 2.7 sono riportati i valori sperimentali di sforzo relativi alle varie velocità di

deformazione angolare del fluido descritto in tabella 2.5. In questo caso, come anche per lo studio

dei prossimi fluidi descritti nel presente paragrafo, si è adottata la procedura standard già utilizzata

nello studio delle emulsioni con cemento pozzolanico, che prevede l’esecuzione della media dei

valori di sforzo relativi ai corrispondenti valori di velocità di deformazione angolare.

Dal grafico 2.8 si nota che i punti sperimentali sono ben interpolati da un modello newtoniano.

Page 19: Studio Sperimentale di flussi di fluidi a reologia non-newtoniana - Marco Montagnoli

19

0

50

100

150

200

250

300

0 200 400 600 800 1000 1200

γγγγ' [1/s]

ττ ττ [P

a]

prova

Grafico 2.8 Fluido prova

Tutte le miscele realizzate soltanto con olio siliconico e microsfere di vetro presentano un

comportamento sostanzialmente newtoniano come ora illustrato.

Risultati completamente diversi si ottengono miscelando nelle emulsioni una appropriata quantità di

alcool. A causa della forte iterazione chimica delle varie componenti le emulsioni sono

caratterizzate da un marcato comportamento non newtoniano. Esso si manifesta indipendentemente

dall’ordine cronologico di miscelazione delle componenti.

Di seguito si descrivono due emulsioni studiate con particolare cura nel corso del lavoro di tesi .

Esse sono così composte:

fluido Inerte V350 V20 Alcool Densità

Alfa 70% 5% 15% 10% 1600[kg/m3]

Beta 70% 2% 18% 10% 1600[kg/m3]

Tabella 2.6 Nome fluidi e loro composizione Per ognuno dei fluidi in tabella sono state eseguite numerose serie di prove reologiche. Anche in

questo caso i dati sono stati elaborati mediando per ogni valore di velocità di deformazione angolare

i valori di sforzo ottenuti nelle varie prove. I valori medi sono riportati nei grafici seguenti. Anche

in questo caso lo scostamento dei valori delle singole prove rispetto ai valori medi è piuttosto

limitato.

Page 20: Studio Sperimentale di flussi di fluidi a reologia non-newtoniana - Marco Montagnoli

20

I dati dei due fluidi sono stati confrontati ed inseriti nello stesso grafico 2.9 per ben visualizzare la

differenza di comportamento dovuta a differenti dosi dell’olio V350.

0

20

40

60

80

100

120

140

160

180

200

0 200 400 600 800 1000 1200

γγγγ' [1/s]

ττ ττ [P

a]

ALFA

BETA

Grafico 2.9 Confronto tra i fluidi alfa e beta

L’andamento della curva reologica di questi due fluidi è stato approssimato utilizzando il modello

dei fluidi alla Bingham.

Page 21: Studio Sperimentale di flussi di fluidi a reologia non-newtoniana - Marco Montagnoli

21

0

20

40

60

80

100

120

140

160

180

200

0 200 400 600 800 1000 1200

γγγγ' [1/s]

ττ ττ [P

a]

ALFA

BETA

Grafico 2.10 Fluidi con linee di tendenza modello Bingham

Il fluido alfa ha un’equazione reologica del tipo:

τ = 35,03 + 0,1667•γ (2.11)

mentre per il fluido beta risulta:

τ = 29,656 + 0,1528•γ (2.12)

quindi è possibile affermare che il fluido alfa ha uno sforzo di soglia maggiore ed una consistenza

maggiore anch’essa.

Fluido Sforzo di soglia τ0 [Pa] Consistenza k [Pa s]

Alfa 35,03 0,1667

Beta 29,656 0,1528

Tabella 2.7 Riepilogo fluidi e loro caratteristiche nel modello alla Bingham Facendo tuttavia riferimento al grafico 2.10, è lecito obiettare al modello alla Bingham di non

essere il più adatto ad approssimare l’andamento della curva reologica di questi fluidi; per questo

motivo si è deciso di adottare il modello dei fluidi pseudoplastici, descritto nel paragrafo 2.2 del

presente capitolo.

Ecco come appaiono le curve approssimatrici in questo caso:

Page 22: Studio Sperimentale di flussi di fluidi a reologia non-newtoniana - Marco Montagnoli

22

0

20

40

60

80

100

120

140

160

180

200

0 200 400 600 800 1000 1200

γγγγ' [1/s]

ττ ττ [P

a]

ALFA

BETA

Grafico 2.11 Curve fluidi nel modello pseudoplastico

Dal grafico 2.11 si vede come le curve di tendenza ben approssimano l’andamento delle curve

reologiche dei fluidi alfa e beta.

L’equazione per la curva interpolare del fluido alfa risulta:

τ = 3,5733•γ 0,5795 (2.13)

mentre nel caso del fluido beta:

τ = 2,5738•γ 0,6145 (2.14)

Ricordiamo che la costante che moltiplica la velocità di deformazione nella formula è la misura

della consistenza del fluido ed è tanto più elevata quanto più esso è viscoso mentre l’esponente nella

formula è un indice di comportamento newtoniano: più si allontana dall’unità maggiori sono le

caratteristiche non newtoniane del fluido. Se fosse uguale ad 1 saremmo nel più semplice caso di

fluido newtoniano.

Fluido Consistenza k Indice n

Alfa 3,5733 0,5795

beta 2,5738 0,6145

Tabella 2.8 Fluidi e loro caratteristiche nel modello pseudoplastico.

Page 23: Studio Sperimentale di flussi di fluidi a reologia non-newtoniana - Marco Montagnoli

23

Capitolo 3 Esperimenti svolti In questo capitolo si presentano gli esperimenti di laboratorio riguardanti l’impatto di una massa

fluida coerente non newtoniana in una vasca contenente fluido in quiete e lo scivolamento della

stessa su fondo asciutto. Lo scopo è quello di reperire dati sperimentali sufficientemente dettagliati

utili per verificare le simulazioni del modello numerico e del codice di calcolo che trattano le

problematiche tipiche correlate al fenomeno della caduta di una frana in un serbatoio, come la

presenza di superfici libere in movimento, interfacce e distribuzioni non idrostatiche di pressione.

Il presente lavoro si concentra sul caso particolare in cui la massa franante sia un fluido di reologia

non newtoniana che cade in un bacino contenente liquido in quiete. Le prove sono state effettuate

presso il Laboratorio di Ingegneria Idraulica adoperando il modello descritto al capitolo uno del

presente lavoro ( cfr figura 1.1). Negli esperimenti sono stati utilizzati, per modellare la massa

franante, i fluidi alfa e beta descritti nel precedente capitolo e per modellare la massa di liquido in

quiete l’alcool.

Si è deciso di utilizzare i fluidi alfa e beta poiché presentano interessanti caratteristiche non

newtoniane. Infatti insieme ad uno sforzo di soglia τ0 abbastanza elevato sono caratterizzati da una

consistenza k (inclinazione della curva reologica) bassa e tale da far si che non si raggiungano mai

alti valori di sforzo tangenziale.

In questo capitolo si presentano le prove:

1. scorrimento del fluido β su fondo asciutto;

2. impatto del fluido β con l’alcool;

3. scorrimento del fluido α su fondo asciutto;

4. impatto del fluido α con l’alcool.

Page 24: Studio Sperimentale di flussi di fluidi a reologia non-newtoniana - Marco Montagnoli

24

3.1 Scorrimento del fluido ββββ su fondo asciutto

In figura 3.1 sono riportate le immagini più significative della prova sperimentale. All’istante di

apertura della paratoia il volume di liquido incidente comincia a spostarsi verso valle dalla base.

L’apertura della paratoia si completa in un lasso di tempo pari a 0,06s. Il fronte del liquido incidente

accelera assumendo una forma arrotondata per effetto dello strato di scorrimento che si forma a

contatto con la rampa. Il fronte del fluido raggiunge poi il piede della rampa (t=0,40s) ed impatta

sul fondo (t=0,44s). Ad istanti successivi il volume prosegue verso valle propagandosi sul fondo

della vasca.

Per effetto delle notevoli dissipazioni di energia legate agli sforzi interni il fronte dell’onda decelera

per poi arrestarsi completamente ( t=1,32s). In seguito (t=2,48s) il volume fluido assume una

configurazione di quiete.

I livelli osservati durante questo esperimento sono ridotti a pochi centimetri e questo non consente

un rilievo degli idrogrammi che sia significativo come nelle prove di impatto con il liquido in

quiete. Le misure rilevate dalle immagini sono state limitate pertanto alla sola posizione del fronte

di avanzamento. Qui di seguito sono riportate le immagini relative soltanto ad una prova (fig. 3.1) e

nel grafico 3.1 sono riportate le misure di avanzamento del fronte nelle due prove eseguite nelle

stesse condizioni al contorno.

Page 25: Studio Sperimentale di flussi di fluidi a reologia non-newtoniana - Marco Montagnoli

25

t=0.00s situazione iniziale t=0.68s

t=0.12s t=0.80s

t=0.24s t=1.00s

t=0.32s t=1.20s

t=0.40s raggiungimento del piede rampa t=1.80s

t=0.44s impatto sul fondo t=3.20s

t=0.52s t=3.96s

Figura 3.1. Immagini tratte dall’esperimento beta su asciutto

Page 26: Studio Sperimentale di flussi di fluidi a reologia non-newtoniana - Marco Montagnoli

26

0

20

40

60

80

100

120

0 0,5 1 1,5 2 2,5[s]

x [m]Serie1

Serie2

Grafico 3.1: avanzamento del fronte dei due fluidi beta su fondo asciutto

3.2 Esperimenti d’impatto con il fluido ββββ In figura 3.2 sono riportate le immagini più significative della prova sperimentale. All’istante di

apertura della paratoia (t=0,04s) il volume di liquido incidente comincia a spostarsi verso valle dalla

base. L’apertura della paratoia si completa in un lasso di tempo pari a 0,06s. Il fronte del liquido

incidente accelera assumendo una forma arrotondata, mentre la coda rimane ferma fino al tempo

corrispondente alla completa formazione del frangente(t=0,44s).

Successivamente all’impatto parte del fluido incidente scivola sul fondo formando, insieme al

liquido recipiente, un frangente verso monte con sensibile innalzamento del pelo libero locale

(t=0,36s-t=0,44s) che si richiude sul liquido ancora in discesa e tende a risalire la rampa (t=0,44s-

t=0,56s). La chiusura del frangente così come l’inizio del run-up sulla rampa è caratterizzata da

schizzi ed instabilità trasversali che rendono sensibilmente tridimensionale il fenomeno nella zona

considerata. La risalita sulla rampa riacquista una sostanziale bidimensionalità ad istanti successivi

(t=0,68s).

Page 27: Studio Sperimentale di flussi di fluidi a reologia non-newtoniana - Marco Montagnoli

27

Il volume di liquido incidente si propaga verso valle per una distanza più elevata (circa 0,13m)

rispetto a quanto osservato nell’esperimento condotto con fondo asciutto. Da prove sperimentali si

evince infatti che l’alcool deposita sulle pareti della vasca con cui viene a contatto un sottile strato

che si interpone fra le pareti stesse e l’emulsione. Tale velo impedisce il contatto fra le pareti e

l’emulsione annullando l’effetto di aderenza. Di conseguenza la resistenza che le pareti offrono al

moto dell’emulsione si annulla e pertanto l’emulsione stessa si propaga verso valle con più facilità

di quanto osservato nell’esperimento condotto con fondo asciutto.

Durante la fase sommersa l’interfaccia fra i due fluidi resta sempre ben identificabile; osservando le

immagini infatti si nota che il fenomeno di dispersione idrodinamica all’interfaccia è di entità

assolutamente limitata.

Dall’analisi delle immagini dell’esperimento si nota come il moto ondoso risulti sostanzialmente

dato dalla sovrapposizione di due onde. La prima onda prodotta dall’impatto si propaga verso la

chiusura della vasca e in questa sezione raggiunge la massima altezza di run-up a t= 1,16s. Negli

idrogrammi si coglie con buona chiarezza l’innalzamento dei livelli dovuti al passaggio della stessa.

La seconda onda positiva si crea in seguito alla chiusura del frangente sulla rampa. Come illustrato

questo provoca un run-up sulla stessa a t=0,68s. La differenza tra il livello raggiunto da tale run-up

ed il livello minimo raggiunto in corrispondenza della verticale di inizio vasca dà origine ad una

corrente che ridiscendendo dalla rampa produce l’onda secondaria che si propaga verso valle.

Essa incontra l’onda negativa prodotta dalla riflessione sulla chiusura a circa metà vasca (t=1,56s)

producendo un massimo L’onda negativa risale poi sulla rampa (t=2,08s), mentre l’onda secondaria

si propaga verso valle producendo il picco positivo sulla rampa di chiusura a t=2,80s. Il moto

ondoso prosegue, smorzandosi, per successive riflessioni delle due onde sopra descritte.

Nelle pagine successive sono riportate le immagini relative ad un esperimento soltanto in figura 3.2

e gli idrogrammi relativi a i tre esperimenti eseguiti nelle stesse condizioni al contorno (Gr.3.2).

Page 28: Studio Sperimentale di flussi di fluidi a reologia non-newtoniana - Marco Montagnoli

28

t=0.00s situazione iniziale t=0.68s formazione onda secondaria

t=0.20s deformazione all’impatto t=1.16s max run-up sulla chiusura

t=0.28s impatto t=1.40s tirante iniziale sulla chiusura

t=0.32s formazione del frangente t=1.56s riflessione interna

t=0.44s impatto del frangente t=2.08s max run-up sulla rampa

t=0.48s formazione del vortice t=2.80s secondo run-up sulla chiusura

t=0.56s propagazione dell’onda t=3.24s secondo run-up sulla rampa

Figura 3.2. Immagini tratte dall’esperimento beta.

Page 29: Studio Sperimentale di flussi di fluidi a reologia non-newtoniana - Marco Montagnoli

29

Inizio vasca

0

0,05

0,1

0,15

0,2

0,25

0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 s

m

Mezzeria vasca

0

0,05

0,1

0,15

0,2

0,25

0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 s

m

Fine vasca (Run up)

0

0,05

0,1

0,15

0,2

0,25

0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 s

m

Rampa

0

0,05

0,1

0,15

0,2

0,25

0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 s

m

Grafico 3.2:idrogrammi relativi all'esperimento con fluido β

Page 30: Studio Sperimentale di flussi di fluidi a reologia non-newtoniana - Marco Montagnoli

30

La quasi perfetta sovrapposizione degli idrogrammi relativi ad un singolo fluido rimarca la

ripetibilità dell’esperimento. L’avanzamento del fronte sommerso (Gr 3.3), da confrontarsi con il

grafico 3.1 relativo all’avanzamento del fronte sul fondo asciutto, è qui di seguito riportato.

Avanzamento fronte

0

0,25

0,5

0,75

1

1,25

0 0,4 0,8 1,2 1,6 2 2,4 s

x [m]

Grafico 3.3:avanzamento del fronte sommerso per il fluido β

3.3 Scorrimento del fluido αααα su fondo asciutto Come nel caso analogo precedente, all’istante di apertura della paratoia il volume di liquido

incidente comincia a spostarsi verso valle dalla base. L’apertura della paratoia si completa in un

lasso di tempo pari a 0,06s. Il fronte del liquido incidente accelera assumendo una forma

arrotondata, raggiunge il piede della rampa (t=0,44s) ed impatta sul fondo (t=0,48s) esattamente

come per il fluido β ma con ritardo pari a t=0,04s. Analogamente al caso descritto al paragrafo 3.1,

il fluido rimane localizzato ai piedi della rampa senza propagarsi sul fondo. Anche in questo caso il

fronte decelera sensibilmente dopo l’impatto sul fondo per poi arrestarsi a t=1,04s; il volume fluido

assume poi una configurazione di quiete a t=1,60s.

Anche per questo esperimento i livelli osservati sono ridotti a pochi centimetri e questo non

consente un rilievo degli idrogrammi che sia significativo come nelle prove di impatto con il liquido

recipiente in quiete. Le misure rilevate dalle immagini sono state limitate pertanto alla sola

posizione del fronte di avanzamento. Nelle pagine seguenti vengono riportate le immagini relative

ad una prova soltanto (Fig. 3.3) e il grafico con i valori dell’avanzamento del fronte nelle due prove

eseguite nelle stesse condizioni al contorno (Gr .3.4).

Page 31: Studio Sperimentale di flussi di fluidi a reologia non-newtoniana - Marco Montagnoli

31

t=0.00s situazione iniziale t=1.00s

t=0.20s t=1.12s

t=0.28s t=1.32s

t=0.44s raggiungimento del piede rampa t=1.44s

t=0.48s t=1.96s

t=0.56s t=2.00s

t=0.68s t=2.80s Figura 3.3. Immagini tratte dall’esperimento alfa su asciutto.

Page 32: Studio Sperimentale di flussi di fluidi a reologia non-newtoniana - Marco Montagnoli

32

0

10

20

30

40

50

60

70

80

0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5[s]

x [m]Serie1

Serie2

Grafico 3.4: avanzamento del fronte dei due fluidi alfa

Nel grafico 3.4 si vede come entrambi i fronti si arrestino a t=1,04s.

3.4 Esperimenti d’impatto con il fluido αααα Per quel che concerne l’esperimento con il fluido alfa, appare evidente come la deformazione del

liquido incidente prima e dopo l’impatto sia del tutto analoga a quella riscontrata nell’esperimento

con il fluido beta. . All’istante di apertura della paratoia (t=0,04s) il volume di liquido incidente

comincia a spostarsi verso valle dalla base. L’apertura della paratoia si completa in un lasso di

tempo pari a 0,06s Il fronte del liquido incidente accelera assumendo una forma arrotondata, mentre

la coda rimane ferma fino al tempo corrispondente alla completa formazione del frangente(t=0,44s).

Successivamente all’impatto la lama liquida discendente scivola sul fondo formando, insieme al

liquido trascinato, un frangente verso monte con sensibile innalzamento del pelo libero locale

(t=0,36s-t=0,44s) che si richiude sul liquido ancora in discesa e tende a risalire la rampa (t=0,44s-

t=0,56s). La chiusura del frangente così come l’inizio del run-up sulla rampa è caratterizzata da

Page 33: Studio Sperimentale di flussi di fluidi a reologia non-newtoniana - Marco Montagnoli

33

schizzi ed instabilità trasversali che rendono sensibilmente tridimensionale il fenomeno nella zona

considerata. La risalita sulla rampa riacquista una sostanziale bidimensionalità ad istanti successivi

(t=0,68s). Come per l’analogo esperimento con il fluido β il volume di liquido incidente si propaga

verso valle per una distanza più elevata (circa=0,27m) rispetto a quanto osservato nell’esperimento

condotto su fondo asciutto, confermando la tesi esposta al paragrafo 3.2 secondo la quale l’alcool

deposita un sottile strato sulla parete che annulla l’effetto di aderenza tra l’emulsione incidente e le

pareti stesse.

Sempre analogamente all’esperimento descritto al paragrafo 3.2 il moto ondoso risulta

sostanzialmente dato dalla sovrapposizione di due onde. La prima onda prodotta dall’impatto si

propaga verso la chiusura della vasca e in questa sezione raggiunge la massima altezza di run-up a

t= 1,20s. Negli idrogrammi si coglie con buona chiarezza l’innalzamento dei livelli dovuti al

passaggio della stessa.

La seconda onda positiva si crea in seguito alla chiusura del frangente sulla rampa. Come illustrato

questo provoca un run-up sulla stessa a t=0,68s. La differenza tra il livello raggiunto da tale run-up

ed il livello minimo raggiunto in corrispondenza della verticale di inizio vasca dà origine ad una

corrente che ridiscendendo dalla rampa produce l’onda secondaria che si propaga verso valle.

Essa incontra l’onda negativa prodotta dalla riflessione sulla chiusura a circa metà vasca (t=1,60s)

producendo un massimo L’onda negativa risale poi sulla rampa (t=2,12s), mentre l’onda secondaria

si propaga verso valle producendo il picco positivo sulla rampa di chiusura a t=2,84s. Il moto

ondoso prosegue, smorzandosi, per successive riflessioni delle due onde sopra descritte.

Nella pagina successive sono riportate le immagini di una prova soltanto (fig. 3.4) e gli idrogrammi

relativi alle tre prove sperimentali eseguite nelle stese condizioni al contorno (Gr. 3.5). Viene quindi

riportato anche il grafico di avanzamento del fronte sommerso (Gr.3.6) da confrontarsi con il

grafico 3.4 relativo all’avanzamento del fronte su fondo asciutto.

Page 34: Studio Sperimentale di flussi di fluidi a reologia non-newtoniana - Marco Montagnoli

34

t=0.00s situazione iniziale t=0.68s formazione onda secondaria

t=0.20s deformazione all’impatto t=1.20s max run-up sulla chiusura

t=0.32s impatto t=1.40s tirante iniziale sulla chiusura

t=0.36s formazione del frangente t=1.60s riflessione interna

t=0.44s impatto del frangente t=2.12s max run-up sulla rampa

t=0.48s formazione del vortice t=2.84s secondo run-up sulla chiusura

t=0.56s propagazione dell’onda t=3.24s secondo run-up sulla rampa Figura 3.4. Immagini tratte dall’esperimento alfa.

Page 35: Studio Sperimentale di flussi di fluidi a reologia non-newtoniana - Marco Montagnoli

35

Inizio vasca

0

0,05

0,1

0,15

0,2

0,25

0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 s

m

Mezzeria vasca

0

0,05

0,1

0,15

0,2

0,25

0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 s

m

Fine vasca (Run up)

0

0,05

0,1

0,15

0,2

0,25

0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 s

m

Rampa

0

0,05

0,1

0,15

0,2

0,25

0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 s

m

Grafico 3.5: idrogrammi relativi all'esperimento con fluido α

Page 36: Studio Sperimentale di flussi di fluidi a reologia non-newtoniana - Marco Montagnoli

36

La quasi perfetta sovrapposizione degli idrogrammi relativi ad un singolo fluido rimarca la

ripetibilità dell’esperimento. L’avanzamento del fronte sommerso (Gr 3.6), da confrontarsi con il

grafico 3.4 relativo all’avanzamento del fronte sul fondo asciutto, è qui di seguito riportato.

Avanzamento fronte

0

0,25

0,5

0,75

1

1,25

0 0,4 0,8 1,2 1,6 2 2,4 s

x [m]

Grafico 3.6: avanzamento del fronte sommerso per il fluido α

Page 37: Studio Sperimentale di flussi di fluidi a reologia non-newtoniana - Marco Montagnoli

37

Capitolo 4 Confronto dei risultati In questo capitolo vengono confrontati i risultati relativi a:

1. scorrimento dei fluidi su fondo asciutto;

2. impatto dei fluidi con l’alcool.

Si vuole mettere in luce le differenze di avanzamento del fronte negli esperimenti su fondo asciutto

e le differenti altezze raggiunte dagli idrogrammi nelle prove d’impatto.

4.1 Esperimenti su fondo asciutto

All’istante iniziale i fluidi sono nella stessa posizione. All’apertura della paratoia che si completa in

un lasso di tempo pari a t=0,06s i fluidi iniziano la loro discesa sulla rampa, cominciando a scendere

dalla base e già al tempo t=0,28s si notano le prime differenze. Il fluido α assume una

configurazione più compatta ed è ritardato, in termini di spazio percorso, rispetto al fluido β.

L’impatto sul fondo avviene a tempi sfasati di circa t=0,04s. L’arresto del fronte nel caso di fluido α

si verifica a t=1,04s e a t=1,32s nella prova condotta con il fluido β.La configurazione di quiete di

fluido α è raggiunta a t=1,60s e a t=2,48 nella prova condotta con il fluido β.A t=2,5s i fluidi sono

entrambi fermi ed entrambi assumono una configurazione tipica dei fluidi non-newtoniani: si

addensano al piede della rampa poiché i reciproci sforzi critici non permettono loro di distribuirsi

orizzontalmente sul fondo come farebbe qualsiasi fluido newtoniano seppur molto viscoso. Nella

pagina successiva vengono riportate le immagini relative agli esperimenti (Fig. 4.1):le immagni di

sinistra sono relative all’esperimento con il fluido α e quelle di destra al fluido β.

Page 38: Studio Sperimentale di flussi di fluidi a reologia non-newtoniana - Marco Montagnoli

38

t=0.00s situazione iniziale alfa t=0.00s situazione iniziale beta

t=0.28s discesa sulla rampa t=0.28s discesa sulla rampa

t=0.44s raggiungimento del piede rampa t=0.44s impatto sul fondo

t=0.56s avanzamento sul fondo t=0.56s avanzamento sul fondo

t=0.80s t=0.80s

t=2.00s addensamento del fluido t=2.00s addensamento del fluido

t=4.00s situazione finale alfa t=4.00s situazione finale beta

Figura 4.1. Cfr tra le immagini degli esperimenti su fondo asciutto

Page 39: Studio Sperimentale di flussi di fluidi a reologia non-newtoniana - Marco Montagnoli

39

Non è stato possibile rilevare gli idrogrammi durante questi esperimenti, ma dalle immagini è

palese come il fluido α raggiunga delle altezze maggiori a causa di un minore avanzamento del

fronte. Il grafico 4.5 confronta l’avanzamento dei fronti dei fluidi sul fondo asciutto..

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

0 0,5 1 1,5 2 2,5

t [s]

x [c

m]

beta

alfa

Grafico 4.1: cfr avanzamento fronti su fondo asciutto

Dal grafico si nota come negli istanti successivi a quelli iniziali il fluido β si trovi sempre in

posizione avanzata rispetto al fluido α.

Il confronto dei dati sperimentali conferma che il fluido α è caratterizzato da un comportamento

decisamente più non newtoniano del fluido β come già messo in evidenza dal confronto delle prove

reologiche nel capito 2.

4.2 Esperimenti d’impatto con l’alcool.

All’istante iniziale i fluidi sono entrambi in quiete; all’apertura della paratoia che si completa in un

lasso di tempo paria t=0,06s essi cominciano a scendere dalla base arrivando ad impattare con

l’alcool circa a t=0,28s.

Page 40: Studio Sperimentale di flussi di fluidi a reologia non-newtoniana - Marco Montagnoli

40

A questo istante dalle immagini (Figura 4.2) si nota come l’impatto del fluido β appaia decisamente

più energico; questo è da ricondurre alla maggior energia cinetica del fluido β all’impatto rispetto al

fluido α.

La differente energia cinetica influenza anche la formazione del frangente che, pur assumendo una

forma simile in entrambe le prove, raggiunge livelli più elevati e racchiude una maggior quantità di

aria alla sua chiusura nella prova condotta con il fluido β (Fig. 4.2 , t=0,40s).

Il moto ondoso prodotto dall’impatto del fluido incidente nel bacino è analogo in entrambe le prove

tuttavia, come è lecito attendersi, nel caso del fluido β le fluttuazioni risultano essere più marcate

rispetto al fluido α.

La differenza d’avanzamento del fronte sommerso non è così marcata come nel caso delle prove

condotte su fondo asciutto, ciò è legato all’effetto del film d’alcool adeso alle pareti che annulla per

entrambi i fluidi l’effetto di aderenza sulle pareti e sul fondo. Di seguito vengono riportate le

immagini (Fig.4.2 e Fig.4.3) che per ogni tempo caratteristico confrontano la situazione dei fluidi

nel caso dell’esperimento con il fluido α e in quello con il fluido β.Anche in queste tabelle di

immagini il fluido α è riportato a sinistra mentre il fluido β sulla destra

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t=0.00s situazione iniziale alfa t=0.00 situazione iniziale beta

t=0.28s deformazione all’impatto t=0.28s deformazione all’impatto

t=0.32s impatto t=0.32s impatto

t=0.40s formazione del frangente t=0.40s formazione del frangente

t=0.48s impatto del frangente t=0.48s impatto del frangente

t=0.56s sviluppo del vortice t=0.56s sviluppo del vortice

t=0.68s propagazione dell’onda t=0.68s propagazione dell’onda

Figura 4.2. Cfr tra le immagini degli esperimenti d’impatto.

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t=0. 72s formazione onda secondaria t=0.72s formazione onda secondaria

t=1.20s max run-up sulla chiusura t=1.20s max run-up sulla chiusura

t=1.40s tirante iniziale sulla chiusura t=1.40s tirante iniziale sulla chiusura

t=1.56s riflessione interna t=1.56s riflessione interna

t=1.96s max run-up sulla rampa t=1.96s max run-up sulla rampa

t=2.24s secondo run-up sulla chiusura t=2.24s secondo run-up sulla chiusura

t=3.24s propagazione dell’onda t=3.24s secondo run-up sulla rampa

Figura 4.3 Cfr tra le immagini degli esperimenti d’impatto.

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Inizio vasca

0

0,05

0,1

0,15

0,2

0,25

0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 s

m

Mezzeria vasca

0

0,05

0,1

0,15

0,2

0,25

0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 s

m

Fine vasca (Run up)

0

0,05

0,1

0,15

0,2

0,25

0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 s

m

Rampa

0

0,05

0,1

0,15

0,2

0,25

0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 s

m

Grafico 4.2: cfr tra gli idrogrammi del fluido α e del fluido β

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Avanzamento fronte

0

0,25

0,5

0,75

1

1,25

0 0,4 0,8 1,2 1,6 2 2,4 s

x [m]

Grafico 4.3:cfr tra l'avanzamento del fronte sommerso del fluido α e del fluido β

I grafico 4.2 riporta gli idrogrammi del fluido β (rosso) e del fluido α (blu).I valori sono stati

ricavati mediando, per ciascun fluido, quelli dei tre idrogrammi relativi alle tre prove sperimentali

descritte ai paragrafi 3.2 e 3.4. Anche i valori del grafico 4.3, relativo all’avanzamento dei fronti

sommersi, sono stati ricavati con la medesima procedura.

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Conclusioni In questo tema sperimentale si è studiata l’iterazione dinamica fra due fluidi a reologia diversa per

la validazione sperimentale di un codice di calcolo. Si è utilizzato un modello sperimentale che

minimizza gli effetti tridimensionali del moto per rendere confrontabili tra loro gli esperimenti con i

risultati del codice di calcolo che nella fase attuale di sviluppo simula solo fenomeni in due

dimensioni. In letteratura sono presenti molti studi che simulano la caduta sia di corpi compatti sia

di masse fluide coerenti a reologia newtoniana; mancano invece del tutto approfondimenti sulla

caduta di masse fluide a comportamento non newtoniano. Il presente lavoro si è concentrato

appunto su quest’ultime. Inizialmente sono stati studiati reologicamente alcuni tipi di fluidi non

newtoniani; si è cercato di trovare quei fluidi che presentassero un elevato sforzo di soglia ed una

consistenza non troppo accentuata e che queste caratteristiche insieme alla densità fossero in scala

con quelle reali. A seguito delle prove reologiche sono stati effettuati esperimenti di dam-break

prima su fondo asciutto e poi con il liquido recipiente (alcool). I risultati raccolti sono stati

analizzati e sintetizzati nel presente scritto.

Complessivamente si può dire di avere ottenuto risultati soddisfacenti in quanto si sono ottenuti dati

sperimentali ben documentati che si prestano ad essere utilizzati per le prove di validazione del

codice di calcolo.Possibili sviluppi futuri, per poter completare il quadro delle esperienze fino ad

oggi svolte, sono uno studio più ampio degli esperimenti con fluidi non newtoniani variando le

condizioni geometriche al contorno come il tirante del bacino di valle, il volume del fluido

impattante, l’inclinazione della rampa o la scabrezza del fondo.

È già noto infatti l’effetto di queste variazioni con i fluidi newtoniani; andrebbe verificato il grado

di accentuazione degli effetti, ipotizzando che questi restino simili pur variando la natura del fluido.

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Bibliografia

• Gallati, Braschi, Falappi, Balduzzi, Studio sperimentale dell’iterazione dinamica fra due

fluidi a reologia diversa.Università degli studi di Pavia 2005.

• Gallati,Falappi, Simulazioni numeriche di flussi di fluidi viscosi e materiali granulari

Università degli studi di Pavia 2007.

• Bianchi,Brambilla,Pacheco,Veronese, propagazione su fondo asciutto delle onde di

sommersione generate dall’apertura di una paratoia nel caso di un fluido visco-plastico in

regime laminare Politecnico di Milano 2000.

• Gallati et al. Attività sperimentale per la validazione del codice di calcolo SPHERA

Università degli studi di Pavia 2005.

• Ctrini, Noseda, Idraulica, Casa editrice Ambrosiana, Milano, 1987.