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Qui ci stanno le dediche. Con L A T E X2 ε bisogna mettere un doppio backslash \\ per andare a capo.

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Qui ci stanno le dediche.

Con LATEX 2ε bisogna mettere un doppio

backslash\\ per andare a capo.

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Indice

Sommario vii

I Formattazione in ambiente L ATEX 2ε e Office 1

1 Misure standard 3

1.1 Impaginazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

1.2 Misure della carta e dei margini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .5

1.3 Caratteri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

1.3.1 Font e dimensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

1.3.2 Elenchi ed indice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

1.4 Le tabelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

1.5 Le figure . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

1.6 La bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

1.7 Le equazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

1.8 Stampa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

2 Alcuni suggerimenti per i L ATEXatori 13

2.1 Preambolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

2.2 Titolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

2.3 Copy e dediche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

2.4 Indice, Elenchi e Sommario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

2.5 Capitoli, sezioni ecc. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

2.6 Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

2.7 DVI, PS e PDF (stampa) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

i

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ii Indice

II Esempio preso da un articolo 19

3 First evidence of post-seismic deformation in the central Mediterra-

nean: Crustal viscoelastic relaxation in the area of the 198 0 Irpiniaearthquake (Southern Italy) 21

3.1 abstract . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

3.2 Introduction . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

3.3 The viscoelastic deformation model and earthquake parameters . . . . . 23

3.4 Modeling results . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

3.5 Discussion and conclusions . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .29

3.6 acknowledgments . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30

A Questa è una appendice 31A.1 Da un articolo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

Ringraziamenti 33

Bibliografia 35

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Elenco delle figure

1.1 Logo Unimi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

1.2 Logo Scuola . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

3.1 Faulted area . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

3.2 Levelling . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

3.3 Modelling results . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

3.4 Model results . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

iii

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Elenco delle tabelle

1.1 Caratteristiche ambienti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. 9

3.1 Viscoelastic parameters . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .23

3.2 Fault elements . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

3.3 Seismic distribution . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

v

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Sommario

Questa mini guida è destinata agli utenti LATEX 2ε come modello per la tesi di dotto-

rato. Tuttavia, indica anche agli utenti (Open)Office la base di lavoro e formattazione

comune. Il primo capitolo indicherà le misure comuni, il secondo invece sarà destinato

principalmente agli utenti LATEX per la descrizione di alcuni comandi/accorgimenti.

Nel poco tempo che ho avuto a disposizione, questo é quanto dimeglio sia riuscito

a fare. Spero possiate comunque apprezzare lo sforzo, e che questo vi aiuti nella stesura

della tesi.

Buon lavoro!

Giorgio

vii

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Parte I

Formattazione in ambienteLATEX 2ε e Office

1

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Capitolo 1

Misure standard

In questo capitolo troveremo le misure standard usate per lacostruzione di questo li-

bretto, che poi saranno quelle della tesi. Per gli utenti LATEX 2ε non dovrebbero esserci

problemi, tanto decide tutto il sistema dato il modello; pergli utenti Office, invece, sono

dati essenziali in quanto non ho fatto in tempo a fare in modello .dot per loro (scusate...)

Per gli utenti Office verranno di seguito indicate le convenzioni chiave da impostare.

Quello che non troverete indicato, cercate di estrapolarloquanto meglio potete con il

righello (!) da questo file pdf, per uniformarsi alle convenzioni LATEX.

Per avere una idea precisa delle dimensioni, questo pdf è fatto in modo da ave-

re i segni di ritaglio per il formato “libretto” e deve esserestampato SENZA essere

riscalato. . . .

Non infierite su di me per eventuali errori di grammatica o di sintassi o incompren-

sibilità del testo, sono le 2 di notte e sto schiattando dal sonno... In caso di dubbi, scrive-

temi una e-mail [email protected] o contattatemi per telefono allo

02 503 18471.

1.1 Impaginazione

Il FRONTESPIZIO della tesi e la tesi vera e propria sono due cose diverse. Il Fron-

tespizio sarà fornito come file doc di modello per gli utenti Office e ci sarà il file

frontespizio.tex come documento separato nel pacchetto per gli utenti TEX.

Per quanto riguarda la tesi propriamente detta, essa è così composta:

3

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4 1. Misure standard

1. Pagina di titolo (per ora provvisoria, in via di definizione), destra∗

2. Pagina copyright (forse a cura della stamperia), sinistra

3. Pagina di dedica (alla mia morosa...), senza numero di pagina, destra

4. Pagina BIANCA (senza numero) per fare iniziare l’indice adestra

5. Indice, prima pagina a destra (in cui inizia la numerazione romana, partendo dai)

6. eventuale PAGINA BIANCA per far iniziare l’elenco delle figure a destra

7. (Facoltativo)Elenco delle figure, prima pagina a destra (continua la numerazione

romana)

8. eventuale PAGINA BIANCA per far iniziare l’elenco delle tabelle a destra

9. (Facoltativo)Elenco delle tabelle, prima pagina a destra (continua la

numerazione romana)

10. eventuale PAGINA BIANCA per far iniziare il sommario a destra

11. Sommario, prima pagina a destra (continua la numerazione romana)

12. eventuale PAGINA BIANCA per far iniziare il capitolo a destra

13. da qui in poi ci sono i CAPITOLI. dalla prima pagina del primo capitolo parte la

numerazione araba (1, 2, 3. . . ). I capitoli iniziano sempre sulla destra, quindi nel

caso aggiungere una pagina vuota fra un capitolo e l’altro per compensare.

14. dopo tutti i capitoli ci vanno i RINGRAZIAMENTI e la BIBLIOGRAFIA,

entrambi aprono su pagina destra (inserire eventualmente pagina vuota) e

continuano la numerazione dei capitoli.

Tralasciando le parti con numerazione romana, dall’iniziodei capitoli le pagine

DISPARI sono pagine DESTRE (quindi tutti i capitoli aprono su pagina destra che e’

dispari, a partire dal primo che inizia a pagina 1).

∗Per pagina destra si intende una pagina che è a destra della legatura e ha il bordo destro libero. Pagina sinistra e’invece l’opposto. . . Questa fra le altre cose è un buon esempio di nota a piè di pagina

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1.2 Misure della carta e dei margini 5

Le prime pagine di indice, elenchi, sommario, capitoli, ringraziamenti e bibliografia

NON HANNO intestazione ed i numeri delle pagine vanno a piè dipagina, centrati;

per le restanti pagine, tutte le informazioni si trovano in intestazione; l’intestazione è

formata da una linea larga0.3pt, lunga tutta la lunghezza coperta dal testo (vedi sezione

sui margini), posta a20mm dal bordo superiore del foglio, sopra la quale vi è il testo

cosí definito:

Pagine pari , cioé sinistre, hanno allineato a sinistra il numero di pagina e allineato

a destra il numero del capitolo ed il titolo (anche breve) delcapitolo, separati

da un punto (es.1. Introduzione); eventualmente vedere come è fatto su questo

manualetto.

Pagine dispari , cioé destre, hanno allineato a destra il numero di pagina e allineato

a sinistra il numero del capitolo, della sezione ed il titolo(anche breve) della se-

zione, i due numeri separati da un punto mentre il titolo da uno spazio (es.1.2

Impostazioni generali).

1.2 Misure della carta e dei margini

Il formato della carta é il formato “libretto” corrispondente alle dimensioni170mm x

240mm. Per gli utenti Office, impostare a queste dimensioni il foglio come impostazioni

personalizzate dovrebbe garantire che avvenga solo un eventuale riscalamento minimo

in fase di stampa della copisteria e questo ci basta.

A causa dalla rilegatura, ovviamente parte del margine interno sará dedicato a questa.

Si sono tarati i margini interno ed esterno in modo che, una volta tolta la parte di margine

destinata alla rilegatura, fra i testi delle due pagine affiancate vi sia (circa) lo stesso

spazio deputato ai due margini esterni, quindi:

margine interno 15mm dal bordo interno

margine esterno 20mm dal bordo esterno

limite superiore del corpo del testo 25mm dal bordo superiore

limite inferiore del corpo del testo 25mm dal bordo inferiore

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6 1. Misure standard

inizio del piè di pagina: il piè di pagina inizia appena al di sotto del limite inferiore

del corpo del testo e contiene soltanto i numeri di pagina (quando sono a piè di

pagina).

Ricordo che le note a piè di pagina stanno dentro al corpo del testo; il testo regolare

dovrà quindi alzarsi fino a quantoo necessario per far loro posto. Le linee nell’intestazio-

ne vanno dal margine sinistro a quello destro, per tutta la larghezza del testo del corpo

(135mm). Nel caso rimanga questo stile di titolo, anche le linee orizzontali nel titolo

hanno questa lunghezza (fare conto che il titolo è una paginadestra. . . ).

1.3 Caratteri

I due set principali di caratteri sono il Times od il Bookman per quanto riguarda i caratteri

Serifed il Helvetica per quanto riguarda i caratteriSans Serif. Al setHelvetica si puó

sostituire anche il setArial che resta più leggero.

Userò nella descrizione le seguenti sigle: it (italics, corsivo), bf (boldface, grasset-

to), serif (famiglia serif) e sans (famigliasans serif).

L’interlinea di base di tutta la tesi è 1 e12, tranne che per la pagina del titolo dove è

singola nell’header e 1 e12

nel titolo e footer. Le note a piè di pagina sono ad interlinea

singola.

1.3.1 Font e dimensioni

partendo dalla pagina del titolo in poi, cercherò ora di specificare tutti i caratteri usati.

Sarebbe forse comodo per gli utendi Office fare una copia di questo pdf per poi appun-

tarci sopra le varie specifiche man mano che vengono descritte. L’idea è che si usi il serif

per il corpo deel testo ed il sans per i titoli, per distinguere un pó le due cose.

Titolo

Per il titolo dovremmo fare un modello di frontespizio ancheper gli utenti Office. Nel

caso non ci riuscissimo, queste sono le linee guida.

La famiglia usata nel titolo é interamente un serif, centrato. Cambiano le dimensioni

e la tipologia nei vari passi. L’intestazione parte dal margine superiore, seguita a2mm

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1.3 Caratteri 7

dalla linea che va da margine sinistro a margine destro. Il piè di pagina ha come limite

inferiore il margine inferiore, ha subito sopra (2mm) la linea. Fra le due linee ci sta il

testo del titolo con l’aggiunta Tesi di Dottorato di Ricercadi ed il nome. La disposizione

deve essere bilanciata in modo da far restare circa1

3dello spazio bianco sopra e2

3sotto.

Nell’intestazione, a lato delle prime tre righe vanno messii simboli dell’università e

quello della scuola;il primo è alto17mm e allineato al margine sinistro, il secondo è

invece largo20mm ed allineato al margine destro. Fra le prime 3 righe e le seguenti c’è

uno spazio di circa1cm.

Universitá. . . Milano serif 12pt bf

Facoltà. . . XVIII serif 12pt. Solo “Ardito Desio” ed il titolo della Scuola sono it -

interlinea 1 e 1/2

Titolo serif 25pt bf

Tesi di Dottorato. . . serif 11pt

Nome serif 14pt bf

Piè di pagina serif 12pt bf, tranne che per “Tutor” e “Coordinatore” in it

Copyright

Si deciderá con la tipografia, per ora nulla

Dediche

Serif 11pt. Ulteriori specifiche non obbligatorie potrebbero essere it allineato a destra o

centrato, ma essendo una cosa personale, lasciamo libertà di scelta. . .

Indice, elenchi, capitoli, sommario ecc. ecc.

Per ciascuno di questi elementi vige la regola che sono tutticonsiderati come capitoli;

la prima pagina ediversa dalle altre, quindi descriviamo le due cose separatamente. Ora

diamo i tratti comuni, poi per l’indice e gli elenchi sarannodate le specifiche particolari.

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8 1. Misure standard

Le Prime pagineaprono sempre a destra, il numero della pagina è centrato al footer.

Viene lasciato uno spazio libero prima del titolo del capitolo. Le altre pagine hanno in

intestazione gli elementi già descritti, in carattere serif 11pt bf.

Per quanto riguarda i titoli, vale quanto sotto:

Capitolo e numero del capitolo sans 20pt bf

titolo capitolo (anche per titolo elenchi, sommario, ecc.) sans 25pt bf

sezioni sans 14pt bf

sottosezioni sans 12pt bf

sotto-sottosezioni sans 11pt bf

I capitoli, le sezioni e le sottosezioni sono numerati mentre le sotto-sottosezioni non

sono numerate; indice, elenchi, sommario, ringraziamentie bibliografia sono visti come

capitoli senza numero.

Didascalie

Le didascalie sono sans 8pt, interlinea singola.

Tabelle

Le tabelle nello stile LATEX sono di default in interlinea singola, serif 11pt. A causa della

variabilità delle cose da metterci dentro, ovviamente le cose variano a piacimento. . . .

Figure

Solo un suggerimento: il testo nelle figure è più leggibile seè una famiglia sans serif

(almeno così dicono sui giornali dell’AGU. . . ).

1.3.2 Elenchi ed indice

I caratteri dell’indice e degli elenchi sono tutti in 11pt. Per gli elenchi, sono tutti in Serif.

Nell’indice invece le cose si complicano: le parti sono in Sans bf 12pt; i capitoli, som-

mario, ringraziamenti e tutto il resto che e’ sostanzialmente un capitolo hanno carattere

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1.4 Le tabelle 9

Sans 11pt bf; fra titolo e pagina non vi è alcun segno di giunzione. Le sezioni e le sot-

tosezioni sono in Serif 11pt e fra titolo e numero di pagina viè del puntinato. Se non è

possibile riprodurre questo stile in Office, fare pure tuttoin Serif. In ogni caso prendete

spunto da quanto offerto in questo manualetto.

1.4 Le tabelle

Per quanto riguarda le tabelle, a causa della varietà impressionante di stili e di necessità,

non ci sono particolari disposizioni per il loro formato.

Ambiente Numerato FacoltativoIndiceElenco tabelle *Elenco figure *SommarioCapitoli *Sezioni *Sottosezioni *Sotto-sottosezioniRingraziamentiBibliografia

Tabella 1.1: Alcune caratteristiche degli ambienti di LATEX 2ε usati in questa tesi. Questa è la didascalia lungacui verrà sostituita in elenco delle figure la didascalia corta.

La tabella 1.1 rappresenta una semplice tabella come può essere fatta in LATEX 2ε.

Ovviamente è possibile fare tabelle anche più complesse, o più semplici.

1.5 Le figure

Per le figure, anche qui c’è poco da dire. Solo un paio di raccomandazioni (per espe-

rienza diretta): usare una risoluzione alta (almeno600dpi) e non aspettarsi che i colori

vengano fuori come sono sul video. . . Non so ancora se useranno stampe in tricromia

(RGB) o in quadricromia (CMYK), comunque a meno che tutta la catena (video vostro,

stampante vostra, video loro, stampante loro) abbia il profilo cromatico settato esatta-

mente sugli stessi parametri e questi siano ottimali per tutti (cosa praticamente impossi-

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10 1. Misure standard

bile), anche nel migliore dei casi ci saranno delle differenze. Un esempio di figura puo’

essere:

Figura 1.1: Questo è il nuovo logo dell’università, da usare al posto di quello ovale

La figura 1.1 è il nuovo logo dell’università; è stato cambiato dopo l’ottantesimo

anniversario. Non ce l’hanno in molti e spesso viene usato ancora quello ovale. Lo

troverete in questo pacchetto con il nomeminerva.tif oppureminerva.eps in

funzione del fatto che usiate Office o LATEX, rispettivamente (LATEX 2ε utilizza di default

il formato eps). La figura 1.2 è invece il nuovo logo della scuola di dottorato, che trove-

rete anch’esso nel pacchetto con i nomilogo.gif elogo.eps: essendo in bianco e

nero, non e’ necessario usare il formato tif. Se avete bisogno di un logo con risoluzione

maggiore (ma non credo), potete convertire l’eps alla risoluzione che volete, visto che è

in grafica vettoriale.

1.6 La bibliografia

Per quanto riguarda la bibliografia, gli utenti Office possono seguire lo stile di questa

pubblicazione, cioé:

Per un articolo:

Riva, R. E. M., and L. L. A. Vermeersen (2002), Approximationmethod for high-degree

harmonics in normal mode modelling,Geophys. J. Int., 151(1), 309–313.

Per un libro:

Sabadini, R., and L. L. A. Vermeersen (2004),Global dynamics of the Earth. Applica-

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1.7 Le equazioni 11

Figura 1.2: Questo è il nuovo logo della scuola di dottorato

tions of normal mode relaxation theory to solid-earth geophysics, Modern approaches

in geophysics vol. 30,Kluwer Academic Publisher, Boston.

Per gli utenti LATEX si può usare sia lo stile bibliografico nativo del pacchettoBIBTEX

sia si può fare manualmente come per Office. (come é fatto qui). La citazione nel testo

deve però apparire così: tutto fra parentesi (Sabadini & Vermeersen, 2004), più di una

referenza (Cattin & al., 1999; Riva & Vermeersen, 2002), oppure personalizzando nel

modo seguente, come avviene in Sabadini & Vermeersen (2004), che lascia solo l’anno

tra parentesi.

1.7 Le equazioni

Anche in questo caso, mi appello al vostro buon senso. Qui sotto riporto qualche esem-

pio, nel caso voleste uniformarvi. Però già sapete che il sistema LATEX2 è mooooolto

più avanti di Office in questo campo quindi non insisterò oltre nel girare il coltello nella

piaga. . .

d

dry = A · y + f∗, (1.1)

f∗ = fδ(r − rs) + f ′δ′(r − rs), (1.2)

ed ora qualche equazione un pò più pittoresca:

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12 1. Misure standard

y(r) =

Y(r)[Y−1(rs)(I f + A(rs)f′) + Y−1(b)y(b)] rs ≤ r ≤ a

Y(r)Y−1(b)y(b) b ≤ r ≤ rs

(1.3)

. . .

la matematica può essere anche inserita nel testo come in. . .. Le componenti del

tensore delle deformazioni, scritte in funzione della dislocazione

~s = uer + veϑ (1.4)

. possono essere espresse come:

ǫrr = ∂ru (1.5)

ǫϑϑ = r−1(∂ϑv + u) (1.6)

ǫϕϕ = r−1(v cot ϑ + u) (1.7)

ǫrϑ =1

2(∂rv − r−1v + r−1∂ϑu) (1.8)

1.8 Stampa

Circa la stampa della tesi, per quanto riguarda gli utenti LATEX 2ε vedere il prossimo ca-

pitolo; per gli utenti Office, una volta generata la tesi definitiva, impostando direttamente

il formato della pagina a 17x24cm, usate un pdf writer (se ne volete uno, è disponibile

freeware al sitowww.pdf995.com/download che ve lo porterò in formato pdf pronto

per la stampa. A scanso di equivoci, controllate attentamente il pdf, in modo che sia giu-

sto. Solo una nota sul pdfwriter: gra le preferenze fate in modo di selezionare “massima

portabilità” per includere tutti i caratteri e di specificare la massima qualità possibile

delle immagini.

E con questo dichiaro finita la parte rivolta a tutti del modello di tesi. Nel prossimo

capitolo tratteremo cose espressamente legate a LATEX.

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Capitolo 2

Alcuni suggerimenti per iLATEXatori

Questo secondo capitolo è per i LATEXatori e contiene alcune descrizioni dei comandi

LATEX utilizzati. Inizio con il dire che non si tratta di un .cls originale. . . Ho spiluccato

qua e là, preso pezzi a destra e a manca, per arrivare a questo punto. Vi darò di seguito

solo qualche dritta, per il resto confido che voi sappiate leggere un testo LATEX, capirlo e

prenderne spunto.

Il file book1.cls (modificato da book.cls) contiene tutte le modifiche (o quasi) richie-

ste. A causa della richiesta sulle note a piè di pagina a 8pt con corpo del testo a 11pt,

ho dovuto ridefinire la footnotesize (che in formato 11pt sarebbe da 9pt) a scriptnotesize

(8pt), questo significa che entrambe le misure ora sono 8pt e non esiste un 9pt. Se lo tro-

vate troppo scomodo, siete liberi di commentare quella riga(\global\let\footnotesize\scriptsize)

in book1.cls.

Il frontespizio è un file a parte che troverete nel pacchetto con il nome frontespi-

zio.tex e risponde alle dimensioni specifiche date da Artioli. Fate conto che, qui co-

me nel titolo della tesi, una volta ottenuta l’immagine finale dellavscuola di dottorato,

bisognerà cambiare il nome dell’immagine nell’includegraphics di destra.

La tesi propriamente detta parte dalla pagina del titolo e sicompila aa partire dal file

tesi.tex. Il lavoro è suddiviso per capitoli. In tesi.tex visono solo l’input del preambolo,

dove sono tutti i comandi specifici e gli include che puntano ai vari capitoli.

I file .tex specifici sono, nell’ordine (quelli fondamentali):

13

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14 2. Suggerimenti L ATEX

1. titolo.tex: il titolo

2. copy.tex: la pagina di copyright

3. dedication.tex: pagina delle dediche

4. elenchi.tex: indice, elenco delle tabelle e delle figure

5. abstract.tex: sommario

6. part1.tex, capitolo1.tex, capitolo2.tex. . . : parti e capitoli (le parti sono opzionali)

7. appendici.tex: capitolo delle appendici, che parte con un comando\appendix;

dopo tale comando, ogni nuovo capitolo è considerato appendice

8. acknowledgements.tex: ringraziamenti

9. bibliografia.tex: bibliografia

Vediamo ora alcune caratteristiche particolare, file per file.

2.1 Preambolo

Il file preamble.tex contiene tutte le informazioni di formattazione, in particolare sono

da selezionare la lingua nel caricamento del package babel (italian/english) alla quarta

riga del preamble; i\newcommand utilizzati per dare il nome corretto alle varie sezioni

in lingua inglese sono già state inseriti/modificati in book.cls; fate conto che sono rimasti

un paio di\renewcommand verso la fine del preambolo per specificare alcuni nomi in

italiano. In questo file è stata usata la lingua italiana, quindi il preambolo va già bene

per una tesi scritta in italiano. Per la lingua inglese va selezionatoenglish in babel, e

commentati i due renewcommand per la lingua italiana che si trovano verso il fondo del

preambolo

\renewcommand{\acknowledgename}{Ringraziamenti} e il

\renewcommand{\abstractname}{Sommario}.

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2.2 Titolo 15

2.2 Titolo

Per quanto riguarda il titolo, (lo stesso vale per il frontespizio) sono stati ridefiniti i campi

da personalizzare con dei\renewcommand iniziali, cosicchè una volta definiti questi

si adatta il resto della pagina. Nel caso vi sia anche un co-tutore bisogna decommentare

sia il renewcommand sia le due righe di comandi che pongono ilco-tutor sotto il tutor

alla fine della pagina di tesi (i comandi sono verso la fine del file). Vi sono due entry

chiamate spaziosopra e spaziosotto da definire, in modo che il titolo abbia rispettivamen-

te 1/3 e 2/3 di spazio libero dalle righe superiore e inferiore, e che il blocco tutore –

anno accademico – coordinatore sia quanto piu’ vicino al margine inferiore.

Una unica particolarità è che bisogna stare attenti a che il titolo non sia troppo lungo.

In questa eventuale funesta ipotesi potete o passare da\Huge a\huge nel corpo del titolo

oppure ridurre il titolo! Può aiutare interrompere manualmente il titolo per metterlo su

piú righe usando un doppio backslash.

2.3 Copy e dediche

Per la pagina di copyright per ora non possiamo fare nulla. Vedremo se fornire alla fine

il file copyr.tex definitivo o se lasciare l’onere alla copisteria.

Per le dediche, fate voi. Attualmente vige un\flushright per allineare tutto a de-

stra, ma volendo potete anche centrare sostituendo ai due flushright due center (nella

definizione ad inizio file).

2.4 Indice, Elenchi e Sommario

L’indice è obbligatorio, gli elenchi delle figure e delle tabelle facoltativi. Nel caso non

le si vogliano, commentare tranquillamente le righe. Ricordo che in LATEX è necessario

“LATEXare” almeno un paio di volte il .tex per ottenere le giuste cross-reference.

2.5 Capitoli, sezioni ecc.

Solo una breve annotazione: se in un comando chapter o section o subsection voi mettete

come opzione fra parentesi quadre il titolo“corto”, questooltre che essere messo in in-

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16 2. Suggerimenti L ATEX

testazione di pagina sarà anche messo in indice al posto del titolo lungo. Omettendo l’op-

zione in chapter ed inserendo alla linea successiva il comando\chaptermark{NomeCorto}

si sostituisce il titolo lungo con il titolo corto solo nell’intestazione, lasciando il titolo

lungo nell’indice. Guardando questo TEX potrete notarne l’uso. Capitolo, sezioni e sot-

to sezioni sono numerati. Le sotto-sottosezioni invece no enon compaiono neppure in

indice.

2.6 Bibliografia

Infine la bibliografia: un vero Drugo usa BIBTEX in quanto da quando ha iniziato a

digitare, il vero LATEXatore si è costruito, giorno dopo giorno, citazione dopo citazione,

il famigerato file di bibliografia. Ovviamente io non l’ho maifatto e quindi farò a meno

di BIBTEX. Voi siete liberissimi di usare BIBTEX se lo desiderate, è a vostra discrezione;

ovviamente in questo caso saprete certamente come fare e io non vi devo dire nulla. . . !

2.7 DVI, PS e PDF (stampa)

Eccoci nel mare magno della stampa. . . Sinceramente il modificare l’impostazione della

carta a formato “libretto” nella classe book, ha permesso diavere giuste le impostazioni

in LATEX, ma ha creato un pò di casini con DVI e con PS/GV.

Un workaround è quello di settare le dimensioni del foglio come personalizzate al

formato libretto (170mm x 240mm) nella visione del DVI (lo si può fare per es. con

kdvi).

Allo stesso modo si può convertire in ps usando il giusto formato specificandolo co-

me:

dvips -T170mm,240mm -o NomeOut.ps NomeIn.dvi

In questo modo, GV vi farà vedere il .ps come BoundingBox alledimensioni speci-

ficate; il problema è che se provate a vederlo su una pagina a4,ecco che magicamente il

nostro foglietto si allinea in basso a sinistra della pagina.

Allo stesso modo, convertendo cosìl file ps al pdf, otteniamoun pdf magicamente

allineato in basso a sinistra.

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2.7 DVI, PS e PDF (stampa) 17

La seconda opzione è quella di specificare dei margini di ritaglio; lo si può fare con:

divps -T170mm,240mm -k NomeOut.ps NomeIn.dvi

In questo modo otteniamo i segni di rifilatura. Il problema è che divps se ne impippa

delle dimensioni specificate e mette il tutto a formato b5. Per poter settare giuste le

dimensioni bisogna andare a modificare manualmente il ps, salvo poi avere gli stessi

problemi di prima per la conversione in pdf.

Questo puó anche non essere un problema, devo fare ancora delle prove verso una

soluzione “automatizzata” della cosa. Nel caso non ci riuscissi per tempo, ho già trovato

una soluzione più laboriosa che prevede voi mi diate i .ps finali (senza segni di ritaglio)

ed io faccia i .pdf. Spero di riuscire a risolvere la questione (credo sia solo un problema

di specificare i corretti offset), vi terrò informati.

Buon lavoro!Ricordatevi che il sito

http://www.ctan.org

è vostro amico e contiene tutti i package e le info aggiuntive; provvedete a scaricarvi

ancheUna (mica tanto) breve introduzione a LATEX 2ε per esempio da

http://profs.sci.univr.it/∼gregorio/itlshort.pdf

che fornisce tutte le informazioni basilari.

Nel caso abbiate bisogno, chiamate!

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Parte II

Esempio preso da un articolo

19

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Capitolo 3

First evidence of post-seismicdeformation in the centralMediterranean: Crustalviscoelastic relaxation in thearea of the 1980 Irpiniaearthquake (Southern Italy)

3.1 abstract

Comparison between measured vertical displacements obtained from two levelling cam-

paigns performed in 1981 and 1985 in the epicentral area of the 1980 Irpinia earthquake

(MS = 6.9) and predictions from viscoelastic Earth models reveal theoccurrence of

post-seismic deformation due to stress relaxation in the ductile part of the crust. Two

regions of broad uplift and subsidence, accumulated duringthe time interval, characte-

rize the deformation pattern in the footwall and hanging wall of the major fault. The

spatial wavelength of the deformation pattern favors relaxation occurring in the lower

crust rather than in a weak upper mantle: the uplift in the footwall explains the 30 mm

21

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22 3. Post-seismic deformation in Irpinia

of upwarping of the crust measured along the levelling line crossing the area where the

fault pierces the Earth’s surface.

3.2 Introduction

Co-seismic deformation at the Earth surface is caused by theinstantaneous, elastic re-

lease of stress in the fault zone. Immediately after the occurrence of the earthquake, the

mechanism of stress release due to viscous flow in the ductilepart of the Earth crust starts

to operate, leading to post-seismic deformation. This process has been generally studied

for large, deep earthquakes, in either thrust or strike slipenvironments (Pollitz et al.,

1998; Piersanti, 1999). The present study tests the mechanism of stress relaxation in the

ductile parts of the crust after the occurrence of a shallow,normal fault event in the Me-

diterranean region, the 1980 Irpinia earthquake. The jointstudy of local and world-wide

seismological data, static deformations and geological observations provides a detailed

picture of the complex mechanism of this event (Westaway & Jackson, 1984; De Natale

et al., 1988; Bernard & Zollo, 1989; Pantosti & Valensise, 1990; Pingue & De Natale,

1993). The main event consisted of three distinct subfaultsat least, ruptured at intervals

of about 20 s from each other. Surface faulting linked to thisearthquake was evident at

several places, in particular on the main fault (first subevent), where dislocations up to

1.2 m were observed. The total seismic moment inferred for this event is3 × 1019 Nm.

The estimated seismic moment appeared very stable (to within 20 per cent) for both long

and short period seismic data, within a very large range of distances, from local to tele-

seismic. The total moment estimated from fault models tunedto fit geodetic data is also

indistinguishable with respect to the seismologically inferred one, as shown by Pingue

et al. (1993). Their model, obtained by inverting the co-seismic vertical displacement

data in agreement with available seismological observations, is used as the reference for

the present study.

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3.3 The viscoelastic deformation model and earthquake para meters 23

3.3 The viscoelastic deformation model and earthqua-

ke parameters

Asymptotic expressions for the fundamental solutions of anincompressible, self-gravitating,

spherical, viscoelastic Earth for high harmonic degree arederived by Riva & Vermeer-

sen (2002). These expressions allow us to sum 40,000 spherical harmonic contributions

to the predicted co-seismic signal and 6,000 contributionsto the post-seismic signal,

which guarantees the attainment of convergence both in the co-seismic and post-seismic

components. Our predictions have been applied to the modeling of post-seismic verti-

cal displacements measured in the 4-years period 1981-1985, corresponding to the time

interval between the levelling campaigns. The Earth model,described in Table 3.1, con-

sists of 5 layers including a purely elastic upper crust, a visco-elastic lower crust, the

mantle or asthenosphere and the core.

Layer Depth ρ ν µ(km) (kg/dm3) (Pa s) (GPa)

UC 0-18.5 2.65 ∞ 32.5LC 18.5-28.5 2.75 1 · 1018 33.7

0.75 · 1019

1 · 1019

∞LCB 28.5-32.5 2.90 1018 35.5

∞A 32.5-80.0 3.39 1019 73.5M 32.5-2891 3.39 1021 73.5IC 2891-6372 10.93 — —

Tabella 3.1: Viscoelastic model parameters (UC=upper crust; LC=lower crust; LCB=lower crust bottom;M=mantle; A=asthenosphere; IC=inviscid core)

The depths of the crustal layers and their elastic values have been taken from the

average depths of the seismogenic crust and MOHO in the southern Apennine area (Mo-

stardini & Merlini, 1986), while the deeper layers are basedon standard global Earth

models. Viscosity in the lower crust has been varied from typical values of1019 Pa s

(Pollitz et al., 1998). In order to mimic the reduction of viscosity within the lower crust,

and the decoupling between the lower crust and the mantle, asexpected on the basis of

strength reduction with depth for the continental lithosphere under extension (Lynch &

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24 3. Post-seismic deformation in Irpinia

Morgan, 1987; Cosgrove, 1997), a thin region of the bottom ofthe lower crust, LCB in

Table 3.1, has been reduced by one order of magnitude with respect to the normal LC

value of1019 Pa s. Due to our simplified viscosity profile within the lower crust, on-

ly effective viscosity resulting from the volumetric average within the two viscoelastic

layers characterizing the lower crust can be compared with post-seismic results from

other tectonic environments (Pollitz et al., 1998, 2000). Astandard mantle (M) of1021

Pa s below the lower crust, does not predict any sizeable deformation over the time-scale

of post-seismic deformation.

Figura 3.1: Fault model of the Irpinia 1980 earthquake. The levelling lines IGM81 (red), CZT2 (black) andCZT3 (blue) are also indicated. F1, F2 and F3 indicate the three faults, at 0 s, 18 s and 40 s respectively, asgiven in Table 3.2; the dashed lines provide the surface evidence of the faults. The first (1) and last (54, 58)benchmark of each levelling line are also shown.

In order to test a possible alternative relaxation model, characterized by relaxation

occurring in the asthenosphere rather than in the lower crust, another model based on an

elastic upper and lower crust and viscoelastic asthenosphere (A) of 1019 Pa s has been

considered.

The assumed fault system, consisting of three normal subfaults, is shown in Fig. 3.1,

including the three levelling lines considered in this study, namely CZT2 (black dots),

CZT3 (blue dots) and IGM81 lines (red dots), measured immediately after the main

shock and four years later; the thin curve in Fig. 3.1, starting from Eboli and routing to

Grottaminarda through Potenza, represents the levelling line along which the co-seismic

vertical displacement has been measured (Arca et al., 1983;De Natale et al., 1988). The

surface projections of the three faults F1, F2 and F3 are alsoshown by the light grey.

The fault parameters of this model, shown in Table 3.2, have been obtained by Pingue et

al. (1993) from the inversion of co-seismic vertical displacements.

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3.4 Modeling results 25

Sub L1 L2 Top Disl. Str. DipEvent (km) (km) (km) (cm) (o) (o)F1(0s) 25 20 1.0 150 317 60F2(18s) 22 14 1.0 25 310 20F3(40s) 13 10 1.3 75 120 85

Tabella 3.2: L1: fault length. L2: fault width along slip direction. Top: depth of fault top margin. Disl.: meandislocation. Str.: strike.

The total seismic moment has been inferred from seismological and geodetic data;

for the main fault F1 the seismic momentM0 is fixed at24.4 × 1018 Nm, at 2.5 ×

1018 Nm for F2 and at3.2 × 1018 Nm for F3. A pure normal faulting mechanism is

considered for each fault. Slip on the three sub-faults has been considered homogeneous,

as assumed by Pingue et al. (1993), in our initial tests. Subsequently, while maintaining

constant the seismic moment toM0 = 3.0×1019 Nm, the slip distribution on the faults is

varied with depth in order to reduce the misfit between model predictions and co-seismic

observations.

3.4 Modeling results

Fig. 3.2 shows the observed displacements along the levelling lines of Fig. 3.1, where

the black vertical bars reproduce the observations and their average errors; post-seismic

datasets, collected along the three high-precision, double runned levelling lines, we-

re processed in the same way of co-seismic ones (Arca et al., 1983). The color cur-

ves represent the modeled vertical displacements due to viscoelastic relaxation without

the co-seismic component, computed for various combinations of slip distribution and

viscosities.

Figura 3.2: Levelling data for the three lines and modeling results: the red curves correspond to a transitionzone viscosity of 10

19 Pa s and uniformly distributed seismic moment, the green ones to the same viscositybut disomogeneous seismic moment accordingly to Table 3.3. The blue curves correspond to a lower crust(LC) viscosity of 0.75 × 10

19 Pa s, and the seismic moment distribution of Table 3.3. The magenta curvesstand for asthenospheric relaxation (A layer, Table 3.1) with purely elastic lower crust and seismic moment asin Table 3.3.

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26 3. Post-seismic deformation in Irpinia

In order to carry out a comparison independent from the choice of the zero in the

levelling, each model result has been uniformly shifted in such a way that the mean

residual vanishes; this shift also accounts for long wavelength contributions, such as re-

gional tectonic uplift, that could be considered nearly constant in the epicentral area.

The red curves correspond to the reference model characterized by a uniform distribution

of the seismic moment over the fault and by a lower crust viscosity of 1019 Pa s (Table

3.1, LC layer). The trends shown by this model agree with somebasic features of the

three lines, such as the subsidence along the points 1-20 of IGM81. However, the model

does not predict the general uplift along CZT2, the uplift (order 20-30 mm) between the

points 1-50 of CZT3 and the large gradient in the uplift at thepoint 20 of IGM81.

In order to increase the upwarping of the crust along CZT3, where this line crosses the

major fault, it is necessary to investigate the distribution of slip along the faults, since

relaxation response depends stongly on source depth. Inversion of co-seismic signal,

controlled by the elastic properties of the medium, allows us to find a distribution that

is indipendent from viscous parameters driving the post-seismic behaviour. The best

fit seismic moment distribution is chosen by minimizing theL1 norm of the residuals

between co-seismic observations and model predictions forall the three lines simulta-

neously, and we find that the maximum slip occurs at depths of about 10 km, as shown

in Table 3.3. This change in the post-seismic model results in the green curves of Fig.

3.2.

Fault fraction F1 F2 F31/5 0.8 x M 2.0 x M 2.0 x M2/5 1.2 x M 2.0 x M 2.0 x M3/5 1.5 x M 1.0 x M 1.0 x M4/5 1.0 x M 0.0 x M 0.0 x M5/5 0.5 x M 0.0 x M 0.0 x M

Tabella 3.3: Seismic moment distribution along the fault width (L2); M=M0/5 where M0 is given in the text;the fault description is given in Table 3.2.

The long wavelength uplift between the points 1-35 of CZT3 increases with respect

to the red curve to 12 mm; the same is true along the profile CZT2for the points 1-25,

where uplift reaches 10 mm. Particularly evident is the model’s ability to reconcile the

change from subsidence into uplift along IGM81 from the benchmarks 15 to 35.

The fit between the observations and model results can be further substantially improved

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3.4 Modeling results 27

by reducing the viscosity in the lower crust from1019 Pa s to0.75× 1019 Pa s, as shown

in Table 3.1 for the LC layer, in the case of a non uniform seismic moment distribution.

These results are given by the blue curves. The increase to 23mm in the maximum

displacement along CZT3 is accompanied by an increase to 15 mm and 10 mm along

CZT2 and IGM81 respectively. Lowering the viscosity of the whole lower crust to1018

Pa s can be excluded, since it would cause a maximum uplift of 12.8 cm, instead of the

observed value of about 3 cm.

The general trend of observed displacements is well reproduced by the best fit model,

except for some high frequency signals at very localized zones and a rather systema-

tic underestimation of displacements in the northernmost zone of the IGM81 line. In

order to explore alternative viscous models, the magenta curves in Fig. 3.2 are genera-

ted from a model with postseismic relaxation in the weak partof the upper mantle, the

asthenosphere, where the viscosity is fixed at1019 Pa s (A layer, Table 3.1) and the slip

distribution is given in Table 3.3. For all the three profiles, relaxation in the astheno-

sphere amplifies the signal with respect to crustal relaxation, due to the larger volume

of material involved in the flow; asthenospheric relaxationintroduces a long wavelength

component in the deformation, as shown by the conspicuous subsidence at large distance

from the fault system, especially for the IGM81 and CZT2 profiles. This effect reflects

the broadening, with respect to lower crust relaxation, of the deformation pattern around

the major fault F1; this broadening is caused by relaxation at greater depths, within the

weak upper mantle (Pollitz et al., 2000). The peak-to-peak deformation evident in the

magenta curves is larger than the observed and this suggeststhat the most appropriate

relaxation model is the lower crust one; however, some of thecharacteristic features of

the levelling lines, such as the change from subsidence to uplift for the IGM81 profile

and the broad uplift of profile CZT3, are also reconciled by asthenospheric relaxation.

Figura 3.3: Modeling results (black line) superimposed to the levelling lines measurement (red line) for theco-seismic vertical displacement, in mm. The fault parameters are those corresponding to the blue curves ofFig. 3.2.

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28 3. Post-seismic deformation in Irpinia

Fig. 3.3 shows the modeled co-seismic displacement based onthe redistributed mo-

ment slip over the faults (red) superimposed on the geodeticinference from Pingue &

De Natale (1993) (black). The co-seismic vertical displacement show a rather complex

pattern, due to the geometry of the levelling line, and resembles well the observed co-

seismic data: the smooth decrease from -300 mm to -800 mm is due to the passing of the

levelling line across the large hanging wall region of subsidence along the major fault

F1; the steep increase from -800 mm to +100 mm is due to the combined effect of F1

and F3, when the line leaves the hanging wall region of the twofaults and enters the foot

wall of F2.

Fig. 3.4 provides an areal view of the post-seismic verticaldisplacement accumulated

in the period 1981-1985. The characteristic zones of upliftand subsidence of a normal

fault event appear also in the post-seismic pattern of Fig. 3.4a. This pattern shows the

vertical deformation generated by the fault with viscositymodel used in Fig. 3.2 and

characterized by lower crust relaxation (blue curves, best-fit model). Two major featu-

res are noticeable, the broadness of the area affected by subsidence and uplift, and the

reduction in the amplitude of the displacement, with a reduction of about a factor twenty

with respect to the co-seismic displacements. Both effectsare indicative of stress release

at depth, and of the ability of the viscoelastic part of the crust to channel the flow at large

distances from the fault. The expected present day peak-to-peak post-seismic vertical

displacement, 22 years after the earthquake, is 120 mm, characterized by the pattern of

Fig. 3.4a.

Fig. 3.4b shows the post-seismic deformation pattern in thesame period as in Fig.

3.4a, for relaxation in the asthenosphere and a purely elastic lithosphere, thus providing

an areal view of the pattern responsible for the displacement given by the magenta cur-

ves in Fig. 3.2. These results, in comparsion with Fig. 3.4a,show the broadening of the

deformation pattern with respect to the case of lower crust relaxation. The peak-to-peak

vertical displacement is reduced from the 46 mm of Fig. 3.4a to 24 mm; particularly

evident is a significant increase in the distance between thetwo uplifting and subsiding

domes. The broadening and smoothing of the vertical displacement pattern is due to

the combined flexural properties of the thick elastic lithosphere and relaxation invol-

ving the asthenosphere, both acting in concert to induce a long wavelength deformation

component.

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3.5 Discussion and conclusions 29

Figura 3.4: Modeling results superimposed to the leveling lines and faults of Fig. 3.1; panel 4a correspondsto the post-seismic displacement accumulated in the period 1981-1985 (in mm) due to crustal relaxation;fault parameters and lower crust viscosity are those corresponding to the blue curves of Fig. 3.2; panel 4brepresents the post-seismic displacement in the same period of panel 4a due to asthenospheric relaxation;parameters are those corresponding to the magenta curves of Fig. 3.2.

3.5 Discussion and conclusions

Theoretical modeling of the post-seismic displacements inthe area of the 1980 Irpinia

earthquake indicates that observed displacements are generally in agreement with post-

seismic viscoelastic predictions. This result is the first evidence of such deformations

in the case of a large normal fault earthquake. Our modellingof the earthquake areas

indicates that the effective average viscosity of the lowercrust is0.6 × 1019 Pa s. This

inference agrees with the normal lower crust viscosity of1019 Pa s obtained by Pollitz

et al. (1998) from post-seismic relaxation following the 1989 Loma Prieta earthquake:

the 40 per cent discrepancy in the lower crust viscosity is not surprising given the dif-

ferent extensional environment considered in this study. Our results are also an indirect

validation of the assumed depth and thickness of the lower crust. The characteristic

wavelength of the post-seismic deformation in the Irpinia area supports evidence for vi-

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30 3. Post-seismic deformation in Irpinia

scoelastic relaxation occurring within the lower crust rather than in the uppermost part of

the mantle; this contrasts with the 1992 Landers earthquake, where there are indications

that relaxation also involves a weak upper mantle (Pollitz et al., 2000). We find that a

higher slip concentration at a depth∼10 km provides a best fit to the observed data. A

higher slip patch at similar depths was also inferred by De Natale (1989), from hetero-

geneous slip inversion of co-seismic vertical displacements. High slip concentrations on

the main fault around 10 km of depth also correlate well with the main clusters of af-

tershocks, resulting mainly from off-fault events, triggered by Coulomb stress increase

due to main faults dislocation (Troise et al., 1998). Strongcorrelation between high slip

patches and neighboring earthquakes is expected in the framework of a Coulomb stress

off-fault triggering, whereas an inverse correlation is expected for in-fault aftershocks,

occurring at unbroken zones during the main shocks. The evidence for high slip concen-

tration at depth from this study thus supports the results obtained by Troise et al. (1998)

regarding the genesis of aftershocks of the Irpinia earthquake. The general trend of ver-

tical displacements, and the maximum peak-to-peak amplitude, are well interpreted by

viscoelastic relaxation; however, some unmodeled features of very localized subsidence

or high frequency signals probably indicate the effect of other post-seismic deformation

mechanisms, for example aftershocks (an aftershock occurred in 1983 could be respon-

sible for the subsidence in CZT3 profile, benchmarks 15-20),afterslip or fluid migration,

acting locally in the period 1981-1985.

3.6 acknowledgments

This work is supported by the Italian Ministry of Instruction, University and Research

COFIN2002 project A multidisciplinary monitoring and multiscale study of the active

deformation in the northern sector of the Adria plate. We thank J. Mitrovica and an

anonymous reviewer for their suggestion and constructive criticism.

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Appendice A

Questa è una appendice

In questo esempio le appendici sono messe tutte dentro il fileappendici.tex ma se volete

potete metterne una per una facendo per ciascuna un capitolodiverso. Per completare

l’appendice, troverete nella prossima facciata come vieneriprodotto un articolo. . . un

po’ piccolo, vero?

A.1 Da un articolo. . .

31

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32 A. Dalla Via et al. (2003)

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Ringraziamenti

Grazie alla Coca-cola, alla Philips Morris ed alla Lavazza per avermi tenuto sveglio.

33

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35

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