L’EDUCAZIONE A PArOLE -  ·  · 2014-12-31R. Rossi, L. Lanzi • Con parole ornate • Cappelli...

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R. Rossi, L. Lanzi • Con parole ornate • Cappelli Editore 2010 1 L u c i a n o L a n z i R o b e r t o R o s s i L E D U C A Z I O N E A P A r O L E

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  • R. Rossi, L. Lanzi Con parole ornate Cappelli Editore 2010 1

    Luc iano Lanz i Roberto Rossi

    L EDUCAZIONE A PArOLE

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    Essere gi ovani in Grec ia Breve excursus sulla del mondo antico

    Nelle diverse poleis le leggi ed i costumi erano differenti e differente era anche il modo in cui si diventava cittadini, cio il percorso di formazione che i giovani dovevano compiere per giungere a ricoprire quel privilegiato ruolo sociale cui la loro nascita li aveva destinati. Se scendiamo nel particolare e osserviamo i due modelli di riferimento, vedremo che i processi educativi si distinguevano gi nel nome perch, se il programma ateniese era universalmente conosciuto come , a Sparta si parlava piuttosto di , e la diversa terminologia pu suggerire la differenza di tenore.

    Stele funeraria greca, dal Museo dellAbbazia di Grottaferrata.

    La era un progetto di educazione/istruzione fisica, culturale e psicologica, che doveva garantire larmonica partecipazione dellindividuo al consorzio sociale, previa la consapevole interiorizzazione dei valori universali dellethos ateniese. Al centro il , che concluder la sua formazione con un biennio di efebia, preparandosi ai compiti militari delloplita: il futuro cittadino insomma doveva dimostrare di condividere lideologia della polis e di potersi assumere doveri e responsabilit nei confronti della collettivit, come contropartita di quei diritti di cui avrebbe goduto. Ma fino allefebia, per diciotto anni dunque, ogni famiglia aveva assoluta libert di scegliere maestri e percorsi, naturalmente anche in base alla propria disponibilit economica.

    L spartana era intesa piuttosto come una marcia militare forzata che i bambini e i giovani dovevano compiere per abituarsi a serrare i ranghi da coraggiosi e obbedienti soldati; significativamente il termine ha anche questa accezione. Al centro c Sparta, la guida cui conformarsi per essere davvero uguali: i piccoli spartiati dovevano sicuramente trovare una grande forza fisica e morale per resistere alle prove, imitando lesempio dei migliori e dei pi grandi, fino alliniziazione vera e propria che era costituita da prove di coraggio e di resistenza. L spartana probabilmente rispecchiava la formula pi antica di formazione greca, irrigidita tuttavia dal conservatorismo tipico della citt: lo stato, infatti, letteralmente controllava e assumeva la propriet del bambino dai sette anni fino alla sua morte.

    E. Degas, Giovani spartane.

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    Comunque si articolasse il processo, in entrambi i casi leducazione era una questione di stato: infatti lo spirito di appartenenza era un pilastro fondamentale dellordinamento delle poleis e lindividuo era inglobato in un insieme di norme che ne costituivano la vera identit. Il , cio il soggetto di diritto, derivava la sua stessa esistenza dalla , al di fuori della quale era solo un mondo di sudditi e oggetti di potere altrui. Nei passi che seguono vedremo descritti i due modelli certamente antitetici, ma pur sempre accomunati da analogie di fondo: innanzi tutto sia nella che nell lelemento fisico aveva un ruolo fondamentale, ancorch pi spiccatamente bellico a Sparta, dove la preparazione militare era il vero obiettivo, e pi ginnico ad Atene, dove prevaleva lidea che un corpo sano favorisce un pensiero sano e viceversa. Inoltre in entrambe le citt, per un periodo pi o meno lungo, i giovani vivevano esperienze di gruppo, quasi a ricreare in piccolo e artificialmente le future forme di associazione tra cittadini. Tre illustri pensatori ci accompagnano in questo percorso: Platone, che si dimostra maggiormente interessato alla paideia psichica e a partire dal modello ateniese fonder le basi del suo progetto di rinnovamento delluomo greco; Aristotele, che tratta di aspetti istituzionali; e Plutarco, che, da ammiratore di Licurgo, ne descrive uno dei meriti maggiori, lorganizzazione dellagogh spartana. Linfanzia ad Atene: gli insegnamenti di base Nel Protagora, il sofista sostiene che non solo la virt pu essere insegnata, ma che essa il fondamento delleducazione che viene impartita in vario modo a tutti i cittadini nelle diverse fasi della vita: questo il motivo per cui viene descritto il cammino educativo dei piccoli ateniesi. , , . , , , ' , , , , , , , . , . , , , , .

    (Platone, Protagora 325c-326a) Cominciando fin da quando sono bambini piccoli, fino a quando vivono, (i genitori) sia insegnano (ai figli), sia li rimproverano. Non appena poi uno capisce le cose che gli vengono dette, sia la nutrice, sia la madre, sia il pedagogo, sia il padre stesso si danno un gran da fare, perch il bambino sia quanto possibile migliore, dando insegnamenti e raccomandazioni di fronte a ciascuna azione e discorso: Questo giusto, questo ingiusto; questo bello, questo brutto; questo onorevole, questo spregevole; fa queste cose, non fare queste altre. E se ubbidisce di buon grado, (va bene), altrimenti, come un legno contorto e incurvato, cercano di raddrizzarlo con minacce e percosse. Dopo di ci, mandando (i figli) dai maestri, pretendono che si curino della buona condotta dei fanciulli molto di pi che delle lettere e dellarte di suonare la cetra; i maestri, a loro volta, si curano di queste cose e quando poi abbiano imparato luso delle lettere e siano in grado di riconoscere le cose scritte, come allora la voce, propongono loro da leggere sui banchi di scuola e costringono a imparare a memoria, le opere dei buoni poeti, nelle quali vi sono molti ammonimenti, molte traversie ed elogi e encomi degli uomini del passato valorosi, in modo che il ragazzo, preso da spirito di emulazione, li imiti e aspiri a diventare come loro.

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    Linfanzia ad Atene: musica e ginnastica In un secondo momento, ma sempre con le stesse finalit, i bambini sono istruiti anche nella musica e nella ginnastica. ' , , , , , , . , , . , , .

    (Platone, Protagora 326a-c) I maestri di musica, poi, si prendono cura della saggezza dei giovani e che non si rendano colpevoli di nessuna cattiva azione: oltre a ci, una volta che abbiano imparato a suonare la cetra, insegnano loro i componimenti di altri buoni poeti melici, intonandoli sulla cetra, e fanno in modo che ritmi e armonie diventino familiari alle menti dei ragazzi, perch siano pi miti, e una volta che siano diventati pi sensibili allarmonia ed equilibrati, siano abili per la parola e per lazione; infatti tutta la vita delluomo ha bisogno di equilibrio e di armonia. E oltre a queste cose, mandano (i figli) dal maestro di ginnastica, perch con un corpo prestante, seguano i dettami dellintelletto, che lelemento che conta, e non si trovino costretti, per linadeguatezza del corpo, a commettere atti di vigliaccheria, sia in guerra sia in tutte le altre circostanze. E fanno questo soprattutto coloro che hanno pi possibilit i pi ricchi sono coloro che hanno pi possibilit e i loro figli, cominciando a frequentare la scuola pi precocemente, vengono congedati da scuola pi tardi (rispetto agli altri). La maturit ad Atene: iscrizione nelle liste dei cittadini Ne La costituzione degli Ateniesi, dopo aver elencato le diverse forme di governo succedutesi ad Atene, Aristotele passa a parlare della sua contemporanea. Il primo passo ovviamente la formazione del corpo dei cittadini. ' . , ' . ' , , , , , ' . ' , . , ' , . , , , , , .

    (Aristotele, Athen. Resp. 42, 1-2) Lorganizzazione attuale della costituzione segue questi criteri. Sono compartecipi della costituzione coloro che sono figli di entrambi i genitori cittadini, e vengono registrati fra i demoti al compimento dei diciotto anni det. Quando vengono iscritti, i demoti, dopo aver giurato, esprimono il proprio voto su di loro, per verificare in primo luogo se sembrano avere

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    let prevista dalla legge, e in caso contrario essi ritornano fra i ragazzi; in secondo luogo verificano se il candidato di nascita libera ed nato secondo quanto contemplano le leggi. Poi, se giudicano che non di nascita libera, egli si pu appellare al tribunale. Dopo questa procedura il Consiglio esegue lispezione degli iscritti e, se qualcuno risulta essere pi giovane di diciotto anni, impone una multa ai demoti che lo hanno iscritto. Una volta che gli efebi abbiano superato lispezione, i loro padri, riuniti per trib, dopo aver prestato giuramento, scelgono tra i membri della trib di pi di quarantanni, tre uomini che essi ritengono i migliori e pi adatti a occuparsi degli efebi; tra costoro lassemblea del popolo ne elegge per alzata di mano uno da ciascuna trib in qualit di sofronista ed elegge fra gli altri Ateniesi un cosmeta responsabile di tutti gli efebi. La maturit ad Atene: efebia Lefebia consiste poi in una specie di servizio di leva biennale, durante il quale i giovani cominciano a prendersi le proprie responsabilit come cittadini. ' , , ' , , . , . , ' ( ), . ' , , , . , , , , . , .

    (Aristotele, Athen. Resp. 42, 3-4) Costoro, dopo aver radunato gli efebi, prima di tutto fanno il pellegrinaggio dei santuari, poi vanno al Pireo e prestano servizio di guardia, alcuni a Munichia, altri ad Acte. (LAssemblea) elegge anche, per gli efebi, due allenatori e degli istruttori che insegnino a combattere con le armi pesanti, a tirare con larco, con il giavellotto e a fare i lanci con la catapulta. Inoltre, per il loro mantenimento versa ai sofronisti una dracma ciascuno, agli efebi quattro oboli ciascuno; ciascun sofronista, prendendo la somma che compete a quelli della sua trib, acquista il cibo necessario per tutti, mettendolo in comune (consumano infatti i pasti insieme, divisi per trib) e provvede a tutte le altre necessit. E in questo modo trascorrono il primo anno di efebia; nel secondo anno, riunitasi lassemblea nel teatro, gli efebi, dando dimostrazione al popolo delle loro capacit nelle manovre di schieramento, e, ricevendo dalla citt scudo e lancia, pattugliano il territorio e rimangono nelle guarnigioni. Prestano servizio di guardia per due anni, vestiti di clamide e sono esentati da ogni altra prestazione; non possono n intentare n subire un processo, perch questo non possa essere un pretesto per allontanarsi dal servizio; le uniche eccezioni sono le cause per ricevere o contestare uneredit e se a uno, a seconda della famiglia cui appartiene, tocca una carica sacerdotale. Trascorsi i due anni, sono ormai cittadini a tutti gli effetti [lett.: insieme con gli altri (cittadini)]. Linfanzia a Sparta: eugenetica e rigore Nella Vita di Licurgo Plutarco passa in rassegna le istituzioni che il mitico legislatore ha dato alla citt. Tra queste norme alcune regolano lallevamento e leducazione dei futuri spartiati. A partire dalla nascita i piccoli sono abituati a essere spartani!

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    (Plutarco, Licurgo 16, 1-4) Il genitore non era padrone di allevare il figlio, ma doveva prenderlo e portarlo in un luogo chiamato lesche. L erano in seduta i pi anziani della trib, che esaminavano il piccolo: se era ben conformato e robusto, ordinavano di allevarlo e gli assegnavano uno dei novemila lotti di terra. Se invece era malnato e deforme, lo inviavano ai cosiddetti depositi, una voragine sulle pendici del Taigeto, nella convinzione che n per lui stesso n per la citt fosse meglio che vivesse uno che fin dallinizio non era naturalmente disposto alla salute e alla forza fisica. Perci le donne non lavavano i neonati con lacqua ma con il vino, per saggiare in certo qual modo la loro costituzione. Si dice infatti che i piccoli epilettici e malaticci siano colti dalle convulsioni sotto leffetto del vino e non resistano, mentre quelli sani si temprano e irrobustiscono ancor pi nella loro costituzione. Anche le nutrici dimostravano una particolare cura e abilit: allevando i neonati senza fasce, li rendevano liberi nelle membra e nelle forme, e li abituavano a mangiar di tutto e non schifiltosi, senza paura delloscurit o timore della solitudine, ignari di indegni capricci e piagnucolii. Perci anche alcuni stranieri compravano balie spartane per i propri figli.

    [Trad. di M. Manfredini, 1980] Linfanzia a Sparta: piccoli soldati crescono Con il progredire dellet aumentava la severit e la durezza delleducazione, tutta volta ad ottenere soldati obbedienti ed audaci. ' , , ' . ' , . , , . ' . , . , , . ' , , .

    (Plutarco, Licurgo 16, 6-13)

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    Nessuno poteva allevare o educare il figlio come voleva: appena i fanciulli raggiungevano i sette anni, egli li prendeva e li divideva in gruppi e, facendoli vivere e crescere in comune, li abituava ad essere compagni nei giochi e nelle attivit serie. Come capo del gruppo, si sceglievano colui che si distingueva per intelligenza ed era pi risoluto nel combattere; guardavano a lui, obbedivano ai suoi ordini e ne sopportavano le punizioni, cos che leducazione era un esercizio di obbedienza. Gli anziani li osservavano giocare, ed erano soliti provocare delle finte battaglie e delle rivalit fra di loro, notando con cura quale attitudine naturale avesse ciascuno di loro nellosare e nel non fuggire nelle lotte. A leggere e scrivere imparavano nei limiti dell'indispensabile; per il resto tutta la loro educazione era rivolta a obbedire disciplinatamente, a resistere alle fatiche e a vincere in battaglia. Col progredire dellet, rendevano anche pi duro il loro addestramento: li rasavano a zero e li abituavano per lo pi a camminare scalzi e a giocare nudi. Raggiunti i dodici anni, vivevano ormai senza tunica, con lo stesso mantello per tutto lanno, con i corpi sporchi e secchi, ignari di bagni e di unguenti, tranne pochi giorni allanno in cui conoscevano questi piaceri. Dormivano insieme divisi per squadre e per gruppi sopra pagliericci che si preparavano da s, spezzando con le mani, senza laiuto di coltelli, le cime delle canne che crescono lungo lEurota.

    [Trad. di M. Manfredini, 1980] Verso la maturit a Sparta: ladri donore I giovani dopo i dodici anni erano abituati alla gerarchia, alla lealt e allautonomia. Anche con una pratica che a noi pu sembrare un tantino poco ortodossa , ' . , , , ' . , , , ' , , . , . . , ' . . ' .

    (Plutarco, Licurgo 17, 2-8) Fra gli uomini di merito veniva designato anche un prefetto dei fanciulli, e gruppo per gruppo essi stessi si preponevano il pi assennato e combattivo fra i cosiddetti ireni. Dunque questo irene, un ventenne, nelle battaglie comanda ai fanciulli a lui sottoposti e, quando sono in casa, li utilizza come servitori per il pranzo: a quelli grandi ordina di portargli legna, ai pi piccoli verdure. E gliene portano rubandole, alcuni entrando negli orti, altri introducendosi nelle mense comuni degli adulti con grande scaltrezza e cautela; e se uno viene colto sul fatto, riceve molti colpi di sferza, perch mostra di rubare con incuria e senza abilit. Rubano anche qualunque cibo possono, imparando ad assalire bellamente chi dorme o fa cattiva guardia; frustate e digiuno sono la pena per chi colto sul fatto. Ricevono un pasto scarso, perch si difendano da soli contro la fame e siano costretti a diventare audaci e astuti. E questo leffetto della scarsit del cibo; un risultato secondario, a quanto dicono, la crescita fisica. Questo sistema pare che renda anche belli.

    [Trad. di M. Manfredini, 1980]

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    Un rito di passaggio Questa valenza antropologica aveva probabilmente la famigerata . , , , . ' , , , . , , ' , , . . , , , .

    (Plutarco, Licurgo 28, 1-7) In queste norme non c dunque nessuna traccia di quella ingiustizia o di quella sopraffazione che alcuni imputano alle leggi di Licurgo, affermando che sono adeguate a rendere gli uomini valorosi, ma insufficienti a renderli giusti. Tuttavia la cosiddetta krypteia in uso a Sparta, se davvero anche questa una delle istituzioni di Licurgo, come ha scritto Aristotele, potrebbe aver provocato anche in Platone queste riserve verso la costituzione e la persona di Licurgo. Si svolgeva cos. I capi dei giovani di tanto in tanto mandavano nel territorio, chi da una parte chi dallaltra, i giovani che sembravano pi svegli, armati di pugnali e forniti dei viveri indispensabili, e di nientaltro. Di giorno essi si disperdevano in luoghi inesplorati, vi si nascondevano e riposavano; di notte scendevano sulle strade e, se sorprendevano qualche ilota, lo sgozzavano. Spesso facevano anche delle scorrerie per i campi e uccidevano i pi robusti e forti degli iloti. Aristotele asserisce persino che gli efori, appena si insediano nella loro carica, dichiarano guerra agli iloti, affinch non sia sacrilego ucciderli.

    [Trad. di M. Manfredini, 1980]

    (Da: Elena Guidi, Agn, Cappelli Editore, Bologna 2010, pp. 365-374)

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    I s ocrate al lavoro co i suo i studenti La scena scolastica del Panatenaico

    La sezione dialogica inserita nel Panatenaico (200 ss.) di gran lunga la pi complessa. La scena dichiaratamente scolastica: Isocrate stava correggendo il discorso composto fino a quel momen-to con tre o quattro allievi. Poich il testo sembrava soddisfacente e mancava soltanto la conclu-sione, Isocrate decise di mandare a chiamare un antico discepolo, di tendenza oligarchica e filo spartano, per sottoporre a verifica la parte del discorso che riguardava Sparta. Il discepolo loda il discorso, ma mostra di non gradire le affermazioni relative a Sparta, perch non veniva ricono-sciuto a Sparta il merito di aver introdotto (202). Isocrate si ritiene in dovere di replicare e quindi di ampliare il discorso rispetto al progetto originario. Alla replica di Isocrate (204-214) fa seguito la risposta del discepolo (215-217) e unulteriore replica di Isocrate (219-228). Lanonimo discepolo si allontana sconfitto e Isocrate riceve i complimenti degli altri presenti, ma rivedendo il discorso non soddisfatto di quello che ha detto sugli Sparta-ni (231 s.). Allora convoca tutti i discepoli residenti ad Atene per sottoporre al loro giudizio il di-scorso. Il caloroso apprezzamento degli ascoltatori una sorta di imprimatur per il discorso (233), ma, durante le conversazioni successive alla lettura, interviene nuovamente il discepolo filospartano (235-263). Si tratta di un discorso allinterno del discorso nel quale il discepolo, sorta di ipostasi dellautore alla quale lautore stesso d temporanea vita e apparente autonomia, ana-lizza il testo del Panatenaico e cerca di spiegarne le presunte ambiguit, inserendo in questo mo-do motivi encomiastici nei confronti di Sparta. Il lungo intervento del discepolo filospartano tutto incentrato sullambiguit del discorso di Iso-crate (240: ), ambiguit che lo stesso Isocrate apparentemente tiene in vita anche dopo lesegesi del discepolo. Difatti, dopo le entusiastiche acclamazioni dei presenti, Iso-crate aggiunge:

    , , , , , (265). o non rimasi certo in silenzio accanto a lui, ma elogiai la sua indole e il suo impegno, ma sul resto, su quello che aveva detto, non dissi nulla, n che aveva colto nel segno interpretando il mio pensiero n che si era sbagliato, ma gli permisi di rimanere nel suo atteggiamento.

    In questo modo i lettori rimangono sospesi tra i dati emersi dal confronto tra Atene e Sparta e lesegesi del discepolo, che per, suggerisce Isocrate, non risolve lenigma del suo discorso. Pri-ma di affrontare in dettaglio alcune delle questioni poste dallesegesi del discepolo, dobbiamo cercare di comprendere il senso della lunga sezione dialogica che occupa la seconda parte del Panatenaico. Una chiave di lettura si pu trovare accostando un passaggio del discorso del disce-polo con la breve sezione conclusiva (261-272). Proprio allinizio del suo intervento il discepolo afferma che il vero motivo per cui Isocrate ha convocato i suoi allievi quello di metterli alla prova, verificando le loro capacit intellettuali e cercando di capire se ricordavano qualcosa di quello che avevano appreso e se erano in grado di comprendere in che modo il discorso era stato scritto (236). Nella conclusione Isocrate ricorda liter compositivo del discorso, interrotto a causa di una malattia e ripreso in seguito allinsistenza di alcuni amici che erano a conoscenza della parte gi composta (266-270). Non manca un breve cenno al genere del discorso, contrapposto a quelli epidittici e giudiziari. In particolare del discorso viene sottolineato il carattere didattico e tecnico, cio rivolto allinsegnamento della perch costruito secondo le sue regole. Dopo

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    aver dichiarato che scopo del discorso spiegare e averne sottolineato le caratteristiche, Isocrate continua (272):

    (scil.: ) - , -, , - . e volevo anche consigliare quelli che hanno opinioni contrarie, in primo luogo di diffidare delle loro stes-se opinioni e di non considerare veri i giudizi formulati da persone oziose e irriflessive, e poi di non e-sprimersi precipitosamente su quello che non conoscono, ma di aspettare il momento in cui siano in grado di pensarla allo stesso modo di chi ha molta esperienza sui temi esposti; se daranno questo ordine ai loro pensieri, non vi chi potrebbe considerarli dissennati.

    A che cosa si riferiscono le parole che Isocrate pone a suggello del discorso? La prima ipotesi che si pu formulare consiste nel riferirle al mutato atteggiamento del discepolo filospartano dopo la seconda lettura del discorso. Infatti la sua prima reazione una risposta secca (201 s.), che viene riferita in discorso indiretto e che provoca una replica piuttosto elaborata da parte di Isocrate. A questa segue una precisazione che attenua la polemica e limita la portata di quello che aveva detto in precedenza. Anche a questa Isocrate risponde in modo talmente convincente da inibire il pro-seguimento della discussione. Il discepolo se ne va mortificato, dopo aver provato su di s la massima delfica (230). Dopo la seconda lettura il tenore delle parole del discepolo completa-mente diverso e lanalisi del discorso di Isocrate si traduce in un elaborato encomio del vecchio maestro. Dunque, il confronto tra Atene e Sparta si risolve, dopo il dialogo, nella riaffermazione della superiorit di Atene e della bont degli argomenti di Isocrate. Nel Panatenaico Isocrate traduce in procedimento retorico (lambiguit supposta dal discepolo e non esplicitamente negata) lironia caratteristica dellargomentare socratico. Il motivo di questa complessa costruzione duplice: da un lato c il desiderio di inserire il dialogo nellorazione (come Platone aveva inserito lorazione nel dialogo: Fedro, Menesseno), quasi a voler dare prova della sua capacit di dominare anche la forma letteraria caratteristica delleducazione filosofica; dallaltro si deve certamente tenere presente una forte motivazione politica. Isocrate non amava gli eccessi in cui talvolta era incorsa la democrazia ateniese, anzi la sua predilezione andava a forme ben ordinate di democrazia, come la costituzione degli antenati delineata nellAreopagitico. Come tutti i moderati correva facilmente il rischio di essere accusato di senti-menti oligarchici o, peggio, di essere considerato fautore della monarchia e sostenitore dellespansionismo di Filippo. Lencomio di Atene contenuto nel Panatenaico pu essere inteso come una risposta a chi gli chiedeva una presa di posizione politica pi decisa. In questottica si pu parzialmente recuperare la tesi di Wendland, secondo cui il Panatenaico sarebbe un discorso deliberativo (cio politico) rivestito delle forme di un encomio e, al tempo stesso sarebbe una pseudologia educativa, giacch lautore era ben consapevole della libert con cui aveva lavorato sulla materia storica, Limportanza della tematica educativa nel Panatenaico stata di recente sottolineata da Simon Coldhill, secondo cui Isocrate non mirerebbe soltanto a formare oratori, ma lettori e ascoltatori dotati degli strumenti critici per analizzare e valutare un discorso, in definitiva cittadini abili nelluso e nella ricezione della parola. In conclusione, lambiguit, scelta come chiave di lettura dal discepolo filospartano, si rivela co-me un espediente per mascherare la linearit del pensiero di Isocrate: lelogio di Atene richiede il confronto con Sparta; questo confronto viene presentato in forma di dialogo, del quale si lascia allettare lesegesi. Ma linterpretazione non pu che essere la seguente: lencomio di Atene esce sottolineato e precisato dal dialogo, da cui emerge anche limmagine di Isocrate educatore som-

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    mo. Parallelamente il lettore indotto a respingere il metodo esegetico del discepolo filospartano che, secondo unipotesi recente e ben argomentata, coincide con il metodo allegorico praticato nellAccademia di Platone. [Da: R. Nicolai, Studi su Isocrate. La comunicazione letteraria nel IV sec. a.C. e i nuovi generi della prosa, Ed. Quasar, Roma 2004, pp. 114-118]

    Isocrate,Panatenaico200-263 Vi proponiamo adesso una traduzione di questa sezione scolastica del Panatenaico di Isocrate.

    [199] Vedo che gli altri oratori terminano i loro discorsi con il racconto dei fatti pi importanti e pi degni di essere ricordati; quanto a me, ritengo bens assennati quelli che pensano e agiscono cos, ma le circostanze non mi consentono di fare lo stesso, e sono costretto a parlare ancora. Ne spiegher il motivo fra poco, dopo aver premesso alcune brevissime considerazioni.

    [200] Correggevo il discorso, composto fino al punto dove giunta la lettura, insieme con tre o quattro giovani soliti a lavorare con me. Poich, rivedendolo, ci sembrava che andasse bene e man-casse solo della chiusa, ritenni opportuno mandar a chiamare uno dei miei antichi discepoli, scelto fra quelli che avevano partecipato alla vita politica sotto loligarchia e che si erano dati per norma di lodare i Lacedemoni, perch, se ci fosse sfuggita qualche affermazione falsa, potesse individuarla e segnalarcela. [201] Il chiamato venne, lesse il discorso perch perdere tempo a riferire ci che ac-cadde nel frattempo? , non si adombr per nessuna delle cose che avevo scritto, lo lod in sommo grado ed espresse su ciascuna delle sue parti vedute pressa poco simili alle nostre. Tuttavia era manifesto che non gli andava a genio quanto avevo detto a proposito dei Lacedemoni. [202] E lo rivel ben presto, perch os affermare che, se essi non hanno arrecato alcun altro beneficio agli Elleni, meritano comunque la riconoscenza generale per aver inventato le pi belle consuetudini, che essi stessi seguono e hanno insegnato agli altri.

    [203] Questa affermazione cos breve e concisa fu la causa per cui non conclusi il mio discorso al punto dove avrei voluto, ma considerai che avrei commesso un atto vergognoso e indegno se avessi lasciato che, in mia presenza, uno dei miei antichi discepoli tenesse discorsi cos infondati. Convinto di ci, gli chiesi se non faceva nessun conto dei presenti e non si vergognava di aver espresso un giudizio empio, falso e pieno di svariate contraddizioni. [204] Riconoscerai che il tuo giudizio da qualificare cos, se chiederai a qualcuno dei ben pensanti quali sono, a loro avviso, le pi belle con-suetudini, e dopo di ci da quanto tempo gli Spartani abitano nel Peloponneso. Non c nessuno che fra le consuetudini non dia la preminenza alla piet verso gli di, alla giustizia verso gli uomini e alla saggezza nelle altre azioni; e aggiungeranno che gli Spartani abitano nel loro paese da non pi di settecento anni. [205] Fissati questi punti, se per caso dici la verit quando sostieni che costoro so-no stati glinventori delle pi belle consuetudini, necessariamente coloro che sono vissuti molte ge-nerazioni prima che gli Spartani si stanziassero l, non ne erano partecipi, non gli eroi che fecero la spedizione contro Troia n i contemporanei di Eracle e di Teseo n Minosse figlio di Zeus n Rada-manti n Eaco n alcuno degli altri celebrati per queste virt, ma tutti costoro hanno usurpato la lo-ro fama. [206] Se invece dici delle sciocchezze, e se conveniente che i discendenti degli di non solo pratichino queste virt pi degli altri ma ne siano il modello per i posteri, impossibile che tu non sia giudicato pazzo da tutti gli ascoltatori, dato che lodi cos alla leggera e ingiustamente i primi incontrati.

    Inoltre se tu li elogiassi senza aver ascoltato niente di quanto ho detto, diresti s delle sciocchez-ze, ma non appariresti in contraddizione con te stesso. [207] Ora, poich hai lodato il mio discorso,

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    che addita nei Lacedemoni gli autori di molti gravi crimini contro i loro consanguinei e contro gli altri Elleni, come ti sarebbe ancora possibile dire che i responsabili di questi crimini sono stati gli iniziato-ri delle pi belle consuetudini? [208] Inoltre ti sfuggito un particolare: le lacune nelle consuetudini, nelle arti e in tutte le attivit non sono colmate dai primi venuti, ma da spiriti di natura superiore, capaci di assimilare moltissime delle nozioni precedentemente acquisite e pi degli altri disposti ad applicare la mente alla ricerca. Doti, queste, da cui i Lacedemoni sono pi lontani dei barbari. [209] Si trover infatti che di molte invenzioni questi sono stati discepoli o maestri, mentre quelli sono tanto arretrati rispetto alla cultura e al sapere comuni che non apprendono neppure le lettere le quali hanno tanta efficacia che chi le conosce e se ne serve acquista esperienza non solo dei fatti del suo tempo ma anche di ogni vicenda del passato. [210] Tuttavia tu hai anche osato affermare a proposito di uomini cos grossolanamente ignoranti, che sono stati glinventori delle pi belle con-suetudini, pur sapendo che abituano i loro figli a esercitarsi in pratiche, per effetto delle quali si a-spettano non che possano diventare benefattori degli altri, ma che siano capaci di nuocere in sommo grado agli Elleni. [211] Se le passassi in rassegna tutte procurerei grande molestia a me e agli a-scoltatori, ma riferendone una sola, che apprezzano e curano in modo particolare, penso di rivelare nel suo insieme il loro carattere. Ogni giorno essi mandano fuori, appena alzati, i loro figli, con i compagni che ciascuno vuole, di nome, per cacciare, di fatto, per derubare gli abitanti della campa-gna. [212] Ed ecco quel che accade nella spedizione: quelli che sono presi, pagano una multa e ri-cevono busse, quelli invece che commettono il pi gran numero di ribalderie e riescono a farla fran-ca, finch sono fanciulli godono stima superiore agli altri, quando entrano nellet adulta, se conser-vano i costumi che avevano nella fanciullezza, hanno buone speranze di raggiungere le pi alte cari-che. [213] E se mi si dimostrer che esiste presso di loro un metodo di educazione pi apprezzato e ritenuto migliore di questo, sono disposto a riconoscere di non aver mai detto nulla di vero su qual-siasi punto. Eppure che cosa c in simili azioni che sia bello od onesto, e non piuttosto da doversene vergognare? E come non reputare dissennati coloro che esaltano chi si tanto discostato dalle leggi comuni a tutti gli uomini, e non si accorda in nulla n con le idee degli Elleni n con quelle dei bar-bari? [214] Gli altri popoli considerano i malfattori e i ladri alla stregua degli schiavi pi scellerati, mentre essi stimano quelli che primeggiano in simili azioni i migliori dei loro giovani e li onorano particolarmente. Eppure quale uomo di buon senso non preferirebbe morire tre volte che essere no-to per seguire la virt con tali mezzi?.

    [215] Udito ci, egli non ribatt con arroganza nessuno dei miei argomenti, ma neppure tacque del tutto, e disse indicandomi: Tu hai parlato come se io approvassi tutto ci che accade a Sparta e lo considerassi buono. Ora, mi sembra che tu abbia ragione quando biasimi i Lacedemoni per la li-bert concessa ai fanciulli e per molti altri riguardi, ma che tu non sia nel giusto quando accusi me. [216] Io, leggendo il tuo discorso, mi addolorai per quanto vi detto contro i Lacedemoni, ma ben di pi per non poter ribattere una sola parola a quello che hai scritto su loro, mentre nel tempo an-dato ero solito lodarli. Trovandomi in tale imbarazzo, dissi ci che solo mi restava da dire, che se non per altro, per questo almeno sarebbe giusto che tutti fossero loro grati, perch praticano le pi belle consuetudini. [217] E dissi ci non tenendo presenti la piet o la giustizia o la saggezza, a cui tu hai accennato, ma gli esercizi ginnici l in uso, laddestramento al coraggio, lo spirito di concordia e, in generale, la loro cura per lattivit guerresca; e queste cose tutti possono lodarle, e riconoscere che essi le praticano al disopra di chiunque altro.

    [218] Accolsi le spiegazioni da lui fornite, non perch confutasse qualcuna delle mie accuse, ma perch velava, non da persona ineducata, ma con finezza, ci che vera di pi aspro nelle sue affer-mazioni precedenti, e perch il resto della sua difesa era stato condotto in modo pi discreto della brusca franchezza usata prima. Tuttavia, lasciato da parte quel punto, dichiarai che avevo da muo-vere, sugli stessi argomenti, unaccusa molto pi grave di quella relativa al furto tra i fanciulli. [219] Con quelle consuetudini guastavano i loro figli, ma con le altre, di cui parlavi poco fa, rovinarono gli Elleni. facile comprendere che la cosa andava cos. Tutti saranno daccordo, penso, che gli uomini peggiori e meritevoli del pi grande castigo sono quelli che si servono delle invenzioni fatte a fine di

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    utilit, per recare danno, [220] e non ai barbari o a chi li offende o agli invasori del loro paese, ma ai loro amici pi stretti e ai fratelli di stirpe. Cos appunto facevano gli Spartani. Dunque, come si pu affermare senza empiet che coltiva bene larte della guerra chi non ha mai smesso di rovinare proprio quelli che avrebbe dovuto salvare? [221] Ma tu non sei davvero il solo a ignorare quali siano gli uomini che si comportano bene nelle varie circostanze; quasi tutti gli Elleni sono come te. Quan-do vedono o sentono dire che dei tali si applicano con zelo a occupazioni ritenute belle, li lodano e ne parlano molto, senza sapere quale sar il seguito. [222] Al contrario, chi vuoi dare un ponderato giudizio su questi tali, in principio deve stare in attesa e non formarsi alcuna opinione sul loro conto; ma, una volta giunto il momento in cui li vedr parlare e agire in pubblico e in privato, allora deve osservare diligentemente ciascuno di loro [223] e, se esercitano correttamente e nobilmente le atti-vit a cui si sono dedicati, lodarli e onorarli, se invece fanno il male per errore o per scelta, biasi-marli, odiarli e guardarsi dallimitare i loro costumi, tenendo presente che non sono le cose di per s a giovarci o a danneggiarci, ma che luso e limpiego che ne fanno gli uomini sono la causa di tutto quanto ci accade. [224] Lo si pu comprendere da questo: le medesime cose, dovunque si trovino e senza che differiscano in nulla, ad alcuni riescono utili, ad altri dannose. Eppure illogico che cia-scuna delle cose esistenti abbia natura contraria a se stessa e non identica; daltra parte che le con-seguenze non siano assolutamente le stesse per chi agisce con rettitudine e giustizia e per chi agi-sce con insolenza e malvagit, a quale dei ben pensanti non sembrer un fatto normale? [225] Que-sto stesso ragionamento potrebbe applicarsi anche ai vari tipi di concordia, ch anchessi non sono dissimili per natura dalle cose sopra ricordate, ma possiamo trovare che alcuni sono causa di molti beni, altri di grandissimi mali e sventure.

    Al secondo tipo appartiene anche la concordia praticata dagli Spartani; dir la verit, anche se a qualcuno sembrer che le mie parole siano in aperto contrasto con la comune opinione. [226] Essi, forti della loro unit di vedute sul mondo esterno, riuscivano a far s che gli Elleni fossero in discor-dia fra loro, come se in ci avessero unabilit particolare, e la pi grave delle sventure che capitava alle altre citt era da loro considerata la pi utile di tutte: quando esse erano ridotte cos, era lecito a loro dirigerle come volevano. Perci nessuno avrebbe ragione di lodarli per la loro concordia pi di quanto loderebbe i pirati, i briganti e i malfattori dogni specie: anche questi sono concordi fra loro allo scopo di rovinare gli altri. [227] Se a qualcuno sembra che io abbia usato un paragone sconve-niente in rapporto alla loro fama, lo lascio perdere e cito i Triballi, i quali se, per affermazione gene-rale, vivono in concordia come nessun altro popolo, sono per la rovina non solo dei loro confinanti e vicini, ma anche di quanti altri possono raggiungere. [228] Non sono questi i modelli che deve imi-tare chi fa professione di virt, ma piuttosto la forza derivante dalla saggezza, dalla giustizia e dalle altre virt, perch queste non operano a beneficio di s stesse, ma rendono felici e simili agli di co-loro nel cui animo si sono durevolmente insediate. Al contrario i Lacedemoni portano rovina a quelli a cui si avvicinano e si appropriano di tutti i beni degli altri.

    [229] Con questo ragionamento chiusi la bocca al mio interlocutore, uomo abile, di molta espe-rienza e addestrato nellarte oratoria non meno di qualsiasi altro dei miei discepoli. Per i giovani che avevano assistito a tutte queste dispute non si formarono la mia stessa opinione, ma si compli-mentarono con me perch avevo parlato pi giovanilmente di quanto si sarebbero aspettato e per-ch mi ero battuto bene, mentre mostrarono disprezzo per il mio avversario; giudizio non esatto, perch si sbagliavano su entrambi noi. [230] Quegli se ne and, reso pi saggio e con lo spirito mortificato, come conviene alle persone intelligenti; aveva sperimentato su di s la massima incisa a Delfi, e aveva imparato a conoscere meglio di prima se stesso e la natura dei Lacedemoni. Io, daltra parte, mi sentivo scontento: forse avevo parlato con successo, ma proprio per questo ero stato pi superficiale e pi orgoglioso di quanto si addica a uno della mia et e pieno di agitazione giovanile. [231] Si vedeva bene che ero in questo stato danimo, perch, appena trovato un po di calma, non cessai prima di aver dettato al servo il discorso che poco prima avevo pronunziato con tanto piacere, ma che poco dopo era destinato ad affliggermi. Passati tre o quattro giorni, rileggen-dolo ed esaminandolo attentamente, non ebbi motivo di pentirmi per ci che avevo detto sulla no-

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    stra citt, su di essa mi ero espresso sempre in modo nobile e giusto, [232] ma provai dolore ed ero rammaricato per ci che avevo detto dei Lacedemoni. Mi sembrava di non aver parlato di loro con misura n allo stesso modo con cui mi ero espresso sugli altri, ma sprezzantemente, con ecces-siva acrimonia e proprio senza discernimento; perci pi volte mi accinsi a cancellare o a bruciare il discorso, ma poi cambiavo idea, avendo riguardo alla mia vecchiaia e alla fatica che mi era costato.

    [233] Mentre ero in preda a tale agitazione e mutavo idea di continuo, mi parve che il partito migliore fosse quello di chiamare i discepoli che abitavano in citt e deliberare insieme con loro se il mio discorso fosse senzaltro degno di essere distrutto o pubblicato per chi volesse leggerlo, fermo restando che avrei seguito quella delle due soluzioni che essi avessero preferita. Deciso cos, non posi tempo in mezzo, ma subito furono convocati gli allievi di cui ho parlato, fu premesso loro il mo-tivo per cui erano stati riuniti e fu letto il discorso. Salutato da lodi e applausi, esso ottenne lo stes-so successo di quelli che trionfano nelle recitazioni pubbliche. [234] Quando tutto ci era terminato, gli altri conversavano fra loro, manifestamente del discorso che era stato loro letto; ma il discepolo che avevo mandato a chiamare la prima volta per consultarlo, il lodatore dei Lacedemoni, con cui avevo discusso pi del necessario, chiesto il silenzio e fissandomi negli occhi, dichiar di non sapere come comportarsi nella presente circostanza: non voleva negar fede alle mie parole n poteva cre-derci completamente. [235] Mi meraviglio sia che tu abbia provato un sentimento di dolore e rammarico, come affermi, per quanto hai detto dei Lacedemoni, in verit non vedo nel tuo scritto niente che lo giustifichi, sia che tu, volendo avere da qualcuno consigli sul tuo discorso, abbia ra-dunato noi che, come ben sai, lodiamo qualunque cosa tu dica o faccia. Le persone intelligenti sono solite consultarsi sulle opere a cui attendono preferibilmente con chi ha pi senno di loro, o almeno con chi in grado di esprimere liberamente il proprio pensiero. Ma tu hai fatto il contrario. [236] Ora, io non accetto n luna n laltra di queste tue spiegazioni, ma mi sembra che tu ci abbia con-vocati e abbia fatto lelogio della nostra citt non semplicemente, n per i motivi che ci hai dichiara-ti, ma perch volevi metterci alla prova e vedere se ci applicavamo allo studio, se ci ricordavamo di quello che era stato trattato durante le lezioni e se eravamo in grado di capire in quale modo il di-scorso era stato composto; [237] e daltra parte mi sembra che tu abbia scelto, e scelto saggiamen-te, di fare lelogio della citt, per ingraziarti la massa dei cittadini e acquistare buona fama presso i popoli che sono ben disposti nei nostri riguardi. Dopo avere deciso in questo senso, tu capisti che, se avessi parlato solo di Atene e riferito le storie mitiche relative ad essa, che sono sulla bocca di tutti, il tuo discorso sarebbe risultato simile agli scritti degli altri oratori, e di ci tu ti saresti vergo-gnato e addolorato moltissimo. [238] Ma se, tralasciando quelle favole, tu avessi narrato le gesta universalmente riconosciute come vere e che sono state causa di molti benefici per gli Elleni, e le avessi confrontate con quelle dei Lacedemoni, lodando le imprese dei nostri progenitori e biasiman-do quelle compiute dai nostri rivali, il discorso sarebbe sembrato pi brillante alluditorio e tu saresti rimasto fedele al tuo proposito; e alcuni avrebbero ammirato questa forma data alla materia pi che le cose scritte da altri. [239] Dunque in un primo momento mi pare che tu abbia cos stabilito e de-liberato al riguardo. Ma, consapevole come sei di avere lodato il regime degli Spartani quantaltri mai, temevi di fare davanti al tuo uditorio la figura di essere simile a quegli oratori che dicono qua-lunque cosa venga loro in bocca, e di biasimare ora quelli che prima lodavi pi degli altri. Riflettendo su ci, cercavi come caratterizzare i due popoli perch potesse sembrare che dicevi il vero su en-trambi, e ti fosse possibile lodare i nostri antenati a tuo piacimento e sembrar accusare gli Spartani agli occhi di coloro che sono prevenuti nei loro confronti, pur senza fare niente del genere, anzi lo-dandoli copertamente. [240] Impegnandoti in tale ricerca mi sembra che tu abbia trovato facilmente argomenti ambigui, che non si adattano pi ai lodatori che ai denigratori, ma che possono essere presi in un senso o nellaltro e danno motivo a numerose controversie: ora, servirsene intorno a questioni di affari e ad interessi sarebbe vergognoso e testimonierebbe non poca malvagit, ma ri-corrervi quando si parla della natura degli uomini e delle cose bello e rivela spirito filosofico. [241] Di questo tipo appunto il discorso che ci stato letto, in cui hai rappresentato i tuoi antenati paci-fici, amici degli Elleni e promotori del movimento di uguaglianza politica, e gli Spartani invece orgo-

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    gliosi, guerrafondai, prepotenti, secondo lidea che tutti se ne sono formata. Tale essendo la natura di ciascuno dei due popoli, i primi riscuotono le lodi generali e hanno fama di essere benevoli verso le masse, gli altri invece sono oggetto dellinvidia e dellostilit dei pi. Tuttavia, come affermavi, vi sono alcuni che li lodano e li ammirano, [242] e arrivano a dire che possiedono qualit superiori a quelle che avevano i tuoi antenati: ch lorgoglio, a sentir loro, partecipa della maest, dote alta-mente apprezzata, e tutti considerano pi magnanimi gli uomini forniti di questo sentimento che non i campioni delluguaglianza. Quanto poi agli uomini bellicosi, essi sono molto superiori agli uo-mini pacifici: questi ultimi non sanno acquistare ci che non hanno n custodire validamente ci che possiedono, mentre i primi possono fare entrambe le cose, impadronirsi di ci che desiderano e con-servare ci che una volta hanno acquistato. E cos agiscono quelli che sono considerati uomini in senso completo. [243] Ma anche riguardo alla prepotenza i loro partigiani credono di avere argo-menti pi validi di quelli gi addotti. Non ritengono che il nome di prepotenti si applichi giustamente a coloro che violano i contratti, che frodano e falsificano conti, perch costoro, a causa della cattiva fama che hanno, restano soccombenti in ogni circostanza. Al contrario le prepotenze degli Spartani come quelle dei re e dei tiranni sono desiderabili e tutti vi aspirano, [244] pur biasimando e maledi-cendo chi ha tanto potere. E non c nessuno che per natura non sia portato a pregare gli di di ot-tenere in sommo grado questa facolt, lui, o almeno i suoi familiari pi stretti. Dal che risulta evi-dente che tutti noi stimiamo il pi grande dei beni quello di avere pi degli altri. Mi sembra, dunque, che con questa intenzione tu abbia progettato il piano complessivo del tuo discorso. [245] Se pen-sassi che tu dovessi astenerti dal correggere quanto ho detto e lasciare senza critiche il mio discor-so, per parte mia non cercherei di parlare oltre. Ora, il fatto che non mi sia pronunziato sulle que-stioni su cui ero stato chiamato a dare il mio consiglio, credo che ti sar completamente indifferen-te, perch anche quando ci radunasti non mi sembrava che tu ti preoccupassi di questo. [246] Ma dato che tu hai scelto di comporre un discorso per nulla simile agli altri, che a lettori superficiali sembrer semplice e facile da capire, ma che a quanti lo esamineranno attentamente e si sforze-ranno di coglierne il senso recondito apparir arduo e di difficile comprensione, carico com di ac-cenni storici e filosofici, pieno di ornamenti e artifici di ogni genere, non tuttavia di quelli abituali a chi vuole danneggiare con malvagie intenzioni i suoi concittadini, ma di quelli che, usati da una mente colta, possono giovare o dilettare luditorio; [247] dato ci, tu mi dirai che io non ho lasciato nessuno di questi particolari nel modo in cui tu avevi deciso che stessero, ma che spiegando il vero significato delle tue parole e rivelando la tua reale intenzione non mi sono accorto che il tuo discorso diventava per colpa mia tanto meno pregevole quanto pi lo rendevo chiaro e intelligibile ai lettori, perch, infondendone la conoscenza in chi non sa, lo impoverivo e lo privavo di quellonore che po-teva venirgli dalle fatiche e dagli sforzi degli interpreti. [248] Io ammetto che la mia intelligenza inferiore alla tua quanto pi possibile, ma, se ho consapevolezza di ci, so anche che, quando i nostri concittadini deliberano sui problemi di vitale importanza, quelli che passano per i pi assenna-ti talora si sbagliano sul vero interesse della patria, mentre a volte una qualunque fra le persone considerate mediocri e disprezzate trova la soluzione giusta e si riconosce che parla meglio di tutti. [249] Quindi niente di strano se qualcosa di simile avvenuto anche nel caso presente: tu, per lappunto, pensi di acquistare grandissima fama se celerai il pi a lungo possibile lintenzione con cui hai elaborato il tuo discorso, mentre io stimo che tu agirai nel modo migliore, se sarai capace di rendere manifesto, il pi presto possibile, il pensiero che ti ha guidato nella sua composizione a tutti gli altri e specialmente ai Lacedemoni, su cui hai molto parlato, ora in modo giusto e dignitoso, ora impudente e provocatorio. [250] Se qualcuno avesse mostrato loro il tuo discorso prima che io ne chiarissi il significato, senza dubbio avrebbero concepito odio e antipatia per te come se li avessi messi sotto accusa. Ora, secondo me, i pi degli Spartani resteranno fedeli ai costumi praticati da sempre e non baderanno a ci che scritto qui pi di quanto badano a ci che si dice fuori delle co-lonne dEracle. [251] Ma i pi intelligenti di loro, che possiedono e ammirano alcune delle tue opere, se prenderanno un lettore e avranno tempo per meditare tra s, non fraintenderanno nessuna delle tue parole, ma capiranno le lodi tributate alla loro citt con il sostegno di prove, e non si cureranno

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    delle critiche rivolte a caso in rapporto alla sostanza, anche se aspre: in rapporto alla forma, e sti-meranno che, se le diffamazioni contenute nel tuo libro tradiscono linvidia, [252] hai per narrato le imprese e le battaglie per cui essi vanno orgogliosi e godono fama presso gli altri, e le hai rese me-morabili, riunendole tutte e accostandole le une alle altre; cos per causa tua molti bramano leggerle e studiarle, non perch desiderino ascoltare le loro gesta, ma perch vogliono sapere come tu le hai esposte. [253] Riflettendo su ci ed analizzandolo non si dimenticheranno neppure delle antiche im-prese, per le quali hai celebrato i loro antenati, ma spesso anche si ripeteranno, anzitutto che, quando erano ancora Dori, vedendo le loro citt oscure, piccole e prive di molte cose, le disdegna-rono e fecero una spedizione contro le principali citt del Peloponneso: Argo, Lacedemone, Messene. [254] Vincitori in campo, cacciarono gli sconfitti dalle loro citt e territori, e impadronitisi allora di tutti i loro beni, ancor oggi li detengono. E nessuno potrebbe dimostrare che vi sia stata in quel tempo unimpresa pi grande e ammirevole, n unazione pi fortunata e pi favorita dagli di di questa che liber i suoi autori dalla indigenza propria e li rese padroni della prosperit altrui. [255] A questi risultati pervennero con laiuto di tutti quelli che avevano fatto la spedizione con loro. Ma, dopo aver diviso la regione con gli Argivi e i Messeni ed essersi stanziati per conto loro a Sparta, tu affermi che in questa circostanza sentirono cos altamente di s che, pur non essendo allora pi di duemila, si ritennero indegni di vivere se non fossero riusciti a diventare padroni di tutte le citt del Peloponneso. [256] Animati da questo proposito, entrarono in guerra e non posarono le armi, pur trovandosi in mezzo a molti mali e pericoli, prima di aver assoggettato tutte le citt allinfuori di Ar-go. Sebbene gi avessero un territorio vastissimo, una potenza immensa e una gloria quale si con-viene a chi aveva compiuto cos grandi imprese, nondimeno ambivano a godere soli fra gli Elleni di una particolare, nobile fama. [257] Infatti era loro lecito dire che, pur essendo in numero cos esi-guo, non avevano mai seguito la guida n accettato gli ordini delle citt molto popolose, ma erano stati sempre indipendenti: e che nella guerra contro i barbari erano stati alla testa di tutti gli Elleni, onore che avevano ottenuto non senza ragione perch, pur avendo combattuto in quel tempo pi battaglie di qualsiasi altro popolo, in nessuna di esse erano stati vinti quando li guidava uno dei loro re, ma non avevano riportato che vittorie. [258] Non si potrebbe citare una prova superiore a que-sta del loro valore, della loro costanza e della loro reciproca concordia, eccetto quella che ora ricor-der: di tutte le altre citt elleniche, numerose come sono, nessuno potrebbe nominarne n trovar-ne una che non sia caduta nelle sventure che abitualmente colpiscono le citt; [259] solo a Sparta non si possono segnalare n rivoluzione n stragi n esili arbitrari n spoliazioni n violenze contro donne e fanciulli, e neppure mutamento di governo n abolizioni di debiti n ridistribuzione di terre e nessunaltra delle calamit irreparabili. Perci essi, nel passare in esame questi fatti, non manche-ranno di ricordarsi di te che li hai raccolti ed esposti cos bene, e di essertene molto grati. [260] Non ho pi oggi nei tuoi confronti lo stesso sentimento che avevo in passato. Allora ammiravo in te le doti naturali, lordine che hai dato alla tua vita, la laboriosit e soprattutto la verit del tuo inse-gnamento filosofico, ora invece ti invidio e mi congratulo con te per la tua felicit; mi pare, infatti, che da vivo conseguirai una gloria non gi maggiore di quella che meriti, sarebbe difficile, ma pi ampia e pi riconosciuta di quella che hai oggi, e, quando sarai morto, parteciperai dellimmortalit, non di quella riservata agli di, ma di quella che suscita nei posteri il ricordo degli uomini segnalatisi per qualche bella impresa. [261] E questo premio ti toccher di pieno diritto, per-ch hai lodato entrambe le citt in termini nobili e appropriati, la prima conforme alla fama di cui i pi la circondano fama che nessuno degli uomini illustri ha mai disprezzato, anzi per il desiderio di acquistarla non rifiutano di sopportare qualsiasi pericolo , la seconda conforme al ragionamento di coloro che mirano alla verit e la cui stima alcuni preferirebbero a quella degli altri uomini, fossero pure due volte pi numerosi di quanti ora sono.

    [262] Bench sia animato al presente da un desiderio insaziabile di parlare e abbia ancora mol-to da dire su te, sulle due citt, sul tuo discorso, lascer da parte tutto ci e manifester il mio pen-siero su quei problemi, per cui tu affermi di avermi mandato a chiamare. Il mio consiglio di non bruciare il discorso n di distruggerlo, ma, se ne ha bisogno, di apportarvi qualche ritocco, di ag-

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    giungere tutte le discussioni che si sono svolte intorno ad esso e di pubblicarlo per chi vuole legger-lo. [263] Fa cos, se vuoi riuscire gradito ai pi valenti fra gli Elleni e a coloro che sinteressano ve-ramente, e non per affettazione, della filosofia, e dare un dispiacere a coloro che ammirano le tue opere pi di quelle degli altri, ma poi criticano i tuoi discorsi davanti alle folle adunate per le feste nazionali, dove la gente che dorme pi di quella che ascolta; e sperano, se riusciranno a imbro-gliare un uditorio di tal genere, che i loro discorsi possano essere degni di gareggiare con quelli composti da te, senza rendersi conto che sono lontani dalle tue opere pi di quanto lo siano dalla fama di Omero i cultori dello stesso genere di poesia.

    [Trad. M. Marzi, UTET 1991]

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    La d istinz i one de i tre gener i de l l orator ia in Aristotele e Quintiliano

    I generi della retorica sono tre di numero: altrettante sono infatti le specie di coloro che ascoltano i discor-si. Il discorso consta di tre elementi: colui che parla, ci di cui si parla, colui al quale si parla. Il fine del discorso diretto a costui voglio dire allascoltatore. E necessariamente lascoltatore uno spettatore o uno che decide, ed uno che decide rispetto o agli avvenimenti passati o a quelli futuri. In rapporto agli avvenimenti futuri il membro dellassemblea a decidere; riguardo a quelli passati, il giudice di tribuna-le; riguardo allabilit delloratore, lo spettatore. Pertanto, saranno necessariamente tre i generi di discorsi retorici: deliberativo, giudiziario, epidittico. Delloratoria deliberativa fanno parte tanto lesortazione quanto la dissuasione, poich tanto quelli che danno consigli a livello privato quanto quelli che parlano pubblicamente fanno sempre o luna o laltra di queste due cose. In un processo, abbiamo da un lato laccusa, dallaltro la difesa: le parti in causa devono di necessit sostenere o luno o laltro di questi due ruoli. Nel genere epidittico rientrano la lode e il bia-simo. Ognuno di questi generi ha un suo tempo specifico: il futuro per chi consiglia (si consiglia, infatti, e-sortando o dissuadendo, a proposito di avvenimenti futuri); il passato per chi sostiene una causa ( infatti sempre in relazione ad avvenimenti trascorsi che uno accusa e laltro si difende); per loratore epidittico il tempo pi appropriato il presente (tutti, infatti, lodano o biasimano ci che esiste), ma spesso egli si avvale anche di altro, rievocando il passato e prefigurando il futuro. Ognuno di questi generi ha un fine differente, ed essendo tre i generi tre sono anche i fini: per chi consiglia, lutile o il nocivo chi esorta, infatti, lo fa come se consigliasse per il meglio, chi sconsiglia, come se dissuadesse dal peggio, mentre il resto (il giusto o lingiusto, il bello o il brutto) costituisce unaggiunta; per chi sostiene una causa, il giu-sto e lingiusto e anche costoro vi aggiungono il resto; per chi loda o biasima, il bello e il brutto e anche in questo caso a essi sono riferite le altre considerazioni. Un indizio del fatto che per ognuno di questi generi il fine il suddetto il seguente: sugli altri argomenti talvolta si pu anche non discutere, come, ad esempio, chi sostiene una causa pu non contestare che un fatto sia accaduto o abbia provocato un danno, ma non ammetterebbe mai di aver commesso ingiustizia: non ci sarebbe infatti bisogno di un processo. Analogamente, chi consiglia spesso tralascia il resto, ma non potrebbe ammettere di dare consigli svantaggiosi o di dissuadere da cose utili, mentre spesso non si preoccupa per nulla del fatto che sia ingiusto ridurre in schiavit i vicini o chi non ha commesso alcun torto. Nello stesso modo, chi loda o biasima non prende in considerazione il fatto che uno abbia compiu-to azioni utili o dannose; spesso, tuttavia, si pu anche lodare qualcuno perch, tenendo in scarso conto il proprio vantaggio, ha fatto qualcosa di bello, come, ad esempio, si loda Achille perch venne in soccorso allamico Patroclo, pur sapendo di dovere cos morire, mentre avrebbe potuto vivere. Per lui una simile morte era pi bella, anche se il vivere costituiva lutile.

    [Aristotele, Retorica 1358b-1359a, trad. M. Dorati]

    Vi , dunque, come ho detto, un genere che comprende lode e biasimo, ma che ha preso il nome di elo-giativo, dalla parte migliore di s; altri lo chiamano dimostrativo; ambedue le denominazioni si pensa siano provenute dal greco, infatti essi dicono encomiastico , o epidittico -. Ma a me lepidittico sembra avere, piuttosto che lintendimento di una dimostrazione, quello di sfoggio di mezzi oratori, e differire molto da quello ; infatti, se vero che comprende lelogiativo non si ferma entro questo limite. O forse si potrebbe negare che i Panegirici non sono epi-dittici? Eppure hanno un aspetto suasorio e spesso trattano di quelli che sono gli interessi della Grecia, di modo che tre sono i generi, ma impegnati ora nella materia scritta, ora in una esibizione oratoria. A meno

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    che lo chiamino dimostrativo, non prendendo a prestito dal greco il nome, ma lo adottino, perch lode e biasimo rivelano la natura di ogni cosa trattata. Laltro il genere deliberativo, il terzo forense. Le altre specie si ricondurranno a questi tre generi, n fra esse si trover alcuna nella quale non vi sia da lodare e biasimare, esortare e dissuadere, volgere o sviare qualcosa. E ad esse appartengono anche quelle forme di conciliare, narrare, insegnare, accrescere, sminuire, plasmare gli animi degli uditori suscitando o compo-nendo passioni. Neppure oserei essere concorde con coloro che ritengono che ogni argomento di carattere elogiativo possa essere compreso nella ricerca dellonesto, la oratoria deliberativa, nella ricerca dellutile, e la forense in quella del giusto, con una suddivisione rapida e suggestiva, piuttosto che vera. Infatti i tre generi sono uniti fra loro come da un rapporto di scambievole aiuto; ch nel genere elogiativo si tratta della giustizia e dellutile, e nel genere consueto nelle assemblee si tratta dellonesto, e, raramen-te, poi, troveresti una controversia forense, nella quale non si trovi, in parte, alcuna delle questioni, di cui abbiamo precedentemente parlato.

    [Quintiliano, Institutio oratoria III 4,12-16, trad. O. Frilli]

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