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www.slidetube.it Agonisti centrali dei recettori α-2 adrenergici Sono farmaci di 2° scelta nel trattamento dell’ipertensione. Tuttavia, clonidina e α-metilDOPA sono di stabilita efficacia e largamente utilizzati (soprattutto la clonidina). L’uso dell’α-metilDOPA è ristretto al trattamento dell’ipertensione durante la gravidanza (assenza di teratogenicità). Premessa I recettori α2 adrenergici sono divisi in: - A sono tutti accoppiati a proteine Gi →sono dunque recettori che riducono - B le concentrazioni intracellulari di cAMP, inbiscono i canali del calcio - C voltaggio-dipendenti, ed attivano alcune categorie di canali per il potassio L’azione antipertensiva della clonidina, del metabolita attivo dell’αmetilDOPA (α-metilnoradrenalina), del guanabenz e della guanfacina (questi ultimi due non utilizzati nella pratica clinica) dipende dall’attivazione dei recettori α2 A localizzati nel SNC. In particolare, i recettori α2 regolano l’attività del centro vasomotore (nucleo ventrolaterale rostrale del bulbo o retrofaciale) direttamente o indirettamente. Il centro vasomotore è regolato da fibre afferenti che provengono dai barocettori carotidei attraverso la branca viscerosensitiva del glossofaringeo o dai barocettori dell’arco aortico attraverso il nervo vago. Le fibre in entrata (che hanno il compito di inibire l’attività del sistema ortosimpatico e ridurre la pressione arteriosa) stimolano i neuroni del nucleo del tratto solitario. Dal nucleo del tratto solitario originano fibre di natura eccitatoria che stimolano i neuroni del nucleo caudale del bulbo ventrolaterale. Da qui, fibre inibitorie sono dirette al nucleo rostrale ed hanno il compito di spegnere il sistema ortosimpatico. I recettori α2 sono localizzati nel nucleo rostrale e spengono direttamente il centro vasomotore in risposta a clonidina o αmetilDOPA. E’ anche possibile che i neuroni α2 siano localizzati su fibre noradrenergiche che proiettano dal locus coeruleus (stazione noradrenerica del ponte) al nucleo rostrale del bulbo ventrolaterale. L’attivazione dei recettori α2 inibirebbe il rilascio di noradrenalina che normalmente ha il compito di attivare il sistema ortosimpatico attraverso i recettori β o α1. I recettori α2 potrebbero essere anche localizzati su interneuroni inibitori del nucleo del tratto solitario. Il loro compito sarebbe di inibire il rilascio di GABA e spegnere il sistema ortosimpatico attivando (per disinibizione) il nucleo del tratto solitario (in fondo è ciò che fanno le fibre che provengono dai barocettori ed hanno il compito di ridurre la pressione arteriosa). Nel SNC, i recettori α2 inibiscono anche il tono di scarica dei neuroni del locus coeruleus, comportandosi in quella sede come i recettori oppioidi (sia i recettori α2 che i recettori MOR della morfina sono accoppiati a proteine Gi)→ Tale meccanismo è alla base dell’impiego della clonidina nella detossificazione degli eroinomani (il farmaco riduce l’iperattivazione del simpatico tipica della sindrome d’astinenza da eroina).

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Agonisti centrali dei recettori α-2 adrenergici Sono farmaci di 2° scelta nel trattamento dell’ipertensione. Tuttavia, clonidina e α-metilDOPA sono di stabilita efficacia e largamente utilizzati (soprattutto la clonidina). L’uso dell’α-metilDOPA è ristretto al trattamento dell’ipertensione durante la gravidanza (assenza di teratogenicità). Premessa I recettori α2 adrenergici sono divisi in: - A sono tutti accoppiati a proteine Gi →sono dunque recettori che riducono - B le concentrazioni intracellulari di cAMP, inbiscono i canali del calcio - C voltaggio-dipendenti, ed attivano alcune categorie di canali per il potassio L’azione antipertensiva della clonidina, del metabolita attivo dell’αmetilDOPA (α-metilnoradrenalina), del guanabenz e della guanfacina (questi ultimi due non utilizzati nella pratica clinica) dipende dall’attivazione dei recettori α2A localizzati nel SNC. In particolare, i recettori α2 regolano l’attività del centro vasomotore (nucleo ventrolaterale rostrale del bulbo o retrofaciale) direttamente o indirettamente. Il centro vasomotore è regolato da fibre afferenti che provengono dai barocettori carotidei attraverso la branca viscerosensitiva del glossofaringeo o dai barocettori dell’arco aortico attraverso il nervo vago. Le fibre in entrata (che hanno il compito di inibire l’attività del sistema ortosimpatico e ridurre la pressione arteriosa) stimolano i neuroni del nucleo del tratto solitario. Dal nucleo del tratto solitario originano fibre di natura eccitatoria che stimolano i neuroni del nucleo caudale del bulbo ventrolaterale. Da qui, fibre inibitorie sono dirette al nucleo rostrale ed hanno il compito di spegnere il sistema ortosimpatico. I recettori α2 sono localizzati nel nucleo rostrale e spengono direttamente il centro vasomotore in risposta a clonidina o αmetilDOPA. E’ anche possibile che i neuroni α2 siano localizzati su fibre noradrenergiche che proiettano dal locus coeruleus (stazione noradrenerica del ponte) al nucleo rostrale del bulbo ventrolaterale. L’attivazione dei recettori α2 inibirebbe il rilascio di noradrenalina che normalmente ha il compito di attivare il sistema ortosimpatico attraverso i recettori β o α1. I recettori α2 potrebbero essere anche localizzati su interneuroni inibitori del nucleo del tratto solitario. Il loro compito sarebbe di inibire il rilascio di GABA e spegnere il sistema ortosimpatico attivando (per disinibizione) il nucleo del tratto solitario (in fondo è ciò che fanno le fibre che provengono dai barocettori ed hanno il compito di ridurre la pressione arteriosa). Nel SNC, i recettori α2 inibiscono anche il tono di scarica dei neuroni del locus coeruleus, comportandosi in quella sede come i recettori oppioidi (sia i recettori α2 che i recettori MOR della morfina sono accoppiati a proteine Gi)→ Tale meccanismo è alla base dell’impiego della clonidina nella detossificazione degli eroinomani (il farmaco riduce l’iperattivazione del simpatico tipica della sindrome d’astinenza da eroina).

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I recettori α2 hanno anche il compito di ridurre i livelli d’ansia ed indurre sedazione (la sedazione è un effetto avverso di questi farmaci). I recettori α2 controllano anche i nuclei dell’encefalo che regolano la secrezione salivare (la xerostomia è uno degli effetti avversi di questi farmaci), e modulano il sistema dopaminergico nigrico-striatale ed il sistema dopaminergico tuberoinfundibulare (parkinsonismo ed iperprolattinemia sono altri possibili effetti avversi). I recettori α2 sono anche localizzati a livello periferico:

sono presenti nei gangli del sistema nervoso autonomo dove esercitano azione inibitoria (contributo all’azione antiipertensiva)

nei terminali noradrenergici del simpatico, dove agiscono da auto-recettori inibitori sul rilascio di noradrenalina (contributo all’azione ipertensiva).

nelle piastrine →aumento dell’aggregazione piastrinica e

nelle cellule β del pancreas →riduzione della secrezione di insulina in condizioni di stress (quando aumenta il rilascio di adrenalina dalla midollare del surrene e le fibre del sistema ortosimpatico sono attivate).

I recettori α2B, nei cui confronti la clonidina ha un’affinità di legame inferiore a quella dei recettori di tipo A, sono localizzati nella muscolatura liscia dei vasi sanguigni ed esercitano in quella sede azione vasocostrittiva (la riduzione dei livelli di cAMP induce sempre contrazione della muscolatura liscia). Alte dosi di clonidina possono produrre un’iniziale azione ipertensiva mediata dai recettori vascolari. La contrazione delle arterie del pene e dei corpi cavernosi può produrre disfunzione erettile (uno degli effetti avversi della clonidina). αMETILDOPA

E’ un pro-farmaco che viene captato dai terminali noradrenergici e trasformato in α-metildopamina dalle decarbossilasi degli aminoacidi L-aromatici (LAAD) e quindi in α-metilnoradrenalina dalla dopamina-β-idrossilasi (è la stessa via di biosintesi delle catecolamine). L’α-metilnoradrenalina (metabolita attivo) non è facilmente degradata dalle MAO, e stimola in modo soprafisiologico i recettori α2 spegnendo l’attività del sistema ortosimpatico a livello centrale. L’azione centrale è stata dimostrata da una serie di esperimenti di base (ad esempio, somministrazione di inibitori delle LAAD o di antagonisti α2 nel SNC). Il principale risultato dell’azione centrale del farmaco (e quindi della ridotta attivazione del simpatico) è una riduzione delle resistenze vascolari senza variazioni significative della frequenza e della gittata cardiaca. Negli anziani, la gittata sistolica può ridursi per dilatazione venosa e riduzione del precarico. E’ uno dei farmaci che meno induce ipotensione ortostatica. Inoltre, non induce alterazioni significative del flusso renale. Viene descritto con questo farmaco il fenomeno della pseudotolleranza per ritenzione di acqua e sodio che tende a controbilanciare l’effetto del farmaco→effetto che può essere corretto dall’uso di un diuretico.

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Caratteristiche generali di farmacologia clinica Il nome commerciale dell’α-metilDOPA è ALDOMET. Il farmaco è quasi esclusivamente indicato nel trattamento dell’ipertensione in gravidanza. Il dosaggio è 250-300 mg bid/tid da aumentare progressivamente ad un max di 3 g/die. Dosaggi inferiori a 1 g/die sono molto sicuri. La cinetica è rapida (t1/2 = 2 ore) ma l’effetto antiipertensivo è lento (6-8 ore) e dura 24 ore (è ovvio, l’α-metilDOPA è un profarmaco che viene captato dai terminali noradrenergici centrali e convertito in α-metilnoradrenalina). Non c’è metabolismo epatico (la trasformazione è nel terminale catecolaminergico). Effetti Avversi

Sedazione (per il ruolo sedativo dei recettori alfa2 centrali).

A volte, sintomi depressivi.

Xerostomia

Parkinsonismo

Iperprolattinemia, a volte molto pronunciata→galattorrea/amenorrea nelladonna, ginecomastia nell’uomo

Riduzione della libido e disfunzione erettile Potremmo definirli effetti di classe La ridotta attività del simpatico diventa critica in caso di bradiartimie e soprattuto blocchi SA e NAV (rischi di arresto cardiaco). Vi sono poi degli effetti avversi particolari che vanno ricordati

epatotossicità→ una piccola percentuale dei pazienti trattati ha aumento delle transaminasi. Monitorare ogni 3 mesi (dopo le prime 3 settimane) per scongiurare il pericolo della necrosi epatica.

anemia emolitica→ è un effetto descritto come esempio delle immunoreazioni. Il farmaco si comporta da aptene legando l’eritrocita in vicinanza del complesso Rh. L’eritrocita diventa uno spettatore innocente (innocent bystander). Il 20% dei pazienti è positivo al test di Coomb (anche per 1 anno dopo la sospensione del farmaco). Solo una piccola percentuale sviluppa anemia emolitica (sospendere subito il farmaco). L’emolisi può essere trattata con cortisonici.

CLONIDINA

E’ un agonista diretto dei recettori α-2 con azione preferenziale sugli α-2A centrali. A dosaggi più alti, l’azione antipertensiva si può perdere per l’attivazione dei recettori α-2B vascolari, che produce vasocostrizione. L’azione è un po’ diversa rispetto a quella dell’α-metilDOPA. Se l’ortosimpatico non è attivato, il farmaco riduce prevalentemente il cronotropismo e l’inotropismo. Se il simpatico è attivato (ad esempio, in posizione eretta), la clonidina riduce anche le resistenze periferiche (possibile ipotensione ortostatica).

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Il nome commerciale è CATAPRESAN di cui esiste una formulazione per via orale e una TTS (cerotto transdermico con cinetica graduale e mantenimento costante delle concentrazioni plasmatiche). Il dosaggio per via orale è 50-100 g tid da aumentare sino a 1,2 mg/die. Anche somministrabile e.v. Non ci sono caratteristiche degne di nota sotto il profilo farmacocinetico (basso legame con proteine plasmatiche e emivita di 10 ore circa). La clonidina ha le seguenti indicazioni:

ipertensione lieve/moderata

crisi ipertensive (escluso feocromocitoma)

profilassi emicrania (di seconda scelta)

glaucoma per via topica (si usa un derivato, l’apraclonidina)

sindrome d’astinenza da oppioidi (5 mg/kg, e.v. per ridurre l’attivazione dei neuroni del locus coeruleus durante la sindrome d’astinenza)

Diarrea da neuropatia diabetica

Come ansiolitico, sedativo, inibitore delle secrezioni e analgesico durante il preoperatorio

Per curare le vampate di calore in menopausa. Effetti avversi Sono gli effetti di classe già descritti per l’αmetilDOPA:

sedazione/depressione-

xerostomia (particolarmente grave con dolori e tumefazione parotidea)-

disfunzione erettile

blocco cardiaco in soggetti predisposti. Non sono descritti parkinsonismo ed iperprolattinemia (forse l’αmetilDOPA riduce direttamente la trasmissione dopaminergica per formazione di α-metildopamina nei neuroni dopaminergici). In più c’è ipotensione ortostatica, come già sottolineato. Un aspetto particolare del trattamento con clonidina è l’insorgenza di una sindrome d’astinenza da iperattivazione del simpatico come fenomeno di rimbalzo. La sindrome d’astinenza può presentare o meno ipertensione (talvolta più grave di quella di partenza) ed sintomi che ricordano la crisi ipoglicemica, quali tremori, tachicardia, ansia e dolori addominali. La sindrome si può curare con la reintroduzione di clonidina o, se l’ipertensione è grave, con nitro prussiato di sodio endovena. Non usare i βbloccanti senza α1-bloccanti per pericolo di vasospasmo (si tratta di un’ipertensione catecolaminergica per iperattivazione del simpatico). Ricordate che i triciclici antidepressivi riducono l’azione antiipertensiva della clonidina per la loro capacità (che non fa parte del loro meccanismo d’azione primario) di bloccare i recettori α-2 centrali. VASODILATATORI DIRETTI USATI NEL TRATTAMENTO DELL’IPERTENSIONE Idralazina, Minoxidil e Diazossido sono dilatatori arteriolari; il nitro prussiato di sodio dilata sia le arterie che le vene.

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Idralazina E’ uno dei primi farmaci antiipertensivi utilizzato per via orale. Ora limitato da tachifilassi (desensibilizzazione rapida) e tachicardia riflessa (conseguenza della dilatazione arteriolare). Il meccanismo d’azione non è chiaro → forse riduzione del calcio nelle cellule muscolari lisce arteriolari. La vasodilatazione è presente nei distretti coronarici, cerebrale, splancnico e renale, meno a livello cutaneo e muscolare. Non c’è comunque dilatazione delle coronarie epicardiche e delle venule. Il problema nasce dalla stimolazione riflessa del simpatico con aumento della renina e ritenzione sodica. Non è in commercio in Italia. Conviene mantenere il dosaggio all’interno dei 100 mg/die (mai superare 200 mg/die). Si può utilizzare per l’ipertensione in gravidanza. L’assorbimento è buono e l’emivita di circa 1 ora. E’ uno dei substrati della NAT2 con polimorfismo genetico (ad esempio, l’AUC è bassa negli actilatori rapidi ed alta nei lenti). Comunque, l’idralazina si può anche complessare con α-chetoacidi nel formare idrazoni che subiscono anche metabolismo extraepatico. Gli effetti dell’idralazina si prolungano per 12 ore. Non si usa in ionoterapia e deve essere utilizzata con cautela negli anziani per la tachicardia riflessa. Effetti avversi:

rischio di ischemia cardiaca (simulazione di un infarto) per emostorno dalle coronarie epicardiche (non dilatate) alle altre coronarie (dilatate dall’idralazina). Contribuisce anche l’aumento del consumo di ossigeno per attivazione riflessa del simpatico ed azione inotropa e cronotropa positiva.

Vertigini, vampate, cefalea, ipotensione per dilatazione arteriolare

Sindrome lupoide: + comune tra le possibili manifestazioni autoimmune indotte dall’idralazina. Forse deriva dall’inibizione della DNA metiltrasferasi che aumenta il numero e l’attività dei linfociti T. La sindrome può insorgere dopo almeno 6 mesi di trattamento, è più frequente nei caucasici, nelle donne, e negli acetilatori lenti. La presenza di anticorpi antinucleo non comporta la sospensione della terapia. La terapia va sospesa solo in presa di sintomi lupoidi: artralgia, artrite, febbre, pleurite, pericardite con possibile tamponamento cardiaco. Possono essere utili i glucocorticoidi in terapia.

Attivatori dei canali del potassio (Minoxidil/Diazossido) I due farmaci attivano i canali KATP (presenti nei vasi, nel cuore, nel pancreas ed in molti altri tessuti). Minoxidil Determina dilatazione arteriolare nei distretti cutanei, muscolo scheletrico, gastro-intestinale, nel cuore e meno nel sistema nervoso centrale. Nel cuore, la dilatazione delle resistenze arteriolari (riduzione del postcarico) determina un aumento della gittata cardiaca. Nonostante la dilatazione dei vasi renali, il minoxidil può ridurre il flusso renale come conseguenza dell’ipotensione: ciò determina un cospicuo aumento dei livelli di renina (vedi barocettori renali e regolazione del rilascio di renina).

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E’ presente nel mercato italiano (es. LONITEN), ed è indicato per ipertensione grave resistente ad altri farmaci. Si somministra per os partendo da 5 mg (2,5 mg nell’anziano) sino ad un max di 40 mg/die. E’utile somministrare anche un diuretico tiazidico ed un βbloccante per evitare ritenzione idrica e tachicardia riflessa. E’ possibile anche utilizzarlo per l’alopecia (induce ipertricosi) sotto forma di un gel topico al 2% (uso nell’alopecia androginica). E’ assorbito molto bene, diviene attivo dopo solfo-coniugazione epatica (è uno dei substrati classici delle sulfotrasferasi). Quindi è attivo dopo un po’ nonostante il Tmax sia breve (circa 1 ora). La durata è 24 ore (per persistenza nella muscolatura vascolare) nonostante l’emivita sia 3-4 ore. Effetti Avversi

Ritenzione idro-salina (controllata da diuretici) più da ipoperfusione renale che da aumento di renina.

Iperattivazione del simpatico con tachicardia riflessa (controllata da β-bloccanti o ACE inibitori). L’incremento della gittata cardiaca può essere grave in pazienti con ipertrofia ventricolare Sx o con disfunzione diastolica. L’insufficienza ventricolare comporta un aumento del precarico che aggravato dal minoxidil anche per ritenzione idrica espone a rischio di ipertensione polmonare.

Altrorischio è il versamento pericardico che va controllato perché può preludere ad un tamponamento cardiaco.

Un altro problema cardiovascolare è lo schiacciamento o l’inversione dell’onda T (i canali KATP sono sensori metabolici non solo nella fase 4 ma anche nelle fasi 2 e 3 del potenziale cardiaco).

Ipertricosi →aggravata se il minoxidil è in combinazione con ciclosporina. Diazossido Non è indicato in Italia per l’ipertensione grave. E’ invece indicato per il trattamento degli insulinomi (ricordate che i canali KATP sono critici per la secrezione di insulina e la loro attivazione riduce la secrezione). Se utilizzato nel trattamento dell’ipertensione grave, la somministrazione è e.v. con infusione rapida per evitare il legame ad alta affinità con le proteine plasmatiche (>90%). Il tempo di esordio dell’azione antiipertensiva è 30 secondi, il picco d’azione è 3-5 min e l’emivita lunga (20-60 ore). E’ eliminato in forma immodificata. L’indicazione è l’emergenza ipertensiva con encefalopatia ed insufficienza renale. Si somministra in miniboli di 0,5-1 mg/kg da ripetere ogni 5-10 min. Nell’iperinsulinismo si somministra per os alla dose di 10-20 mg/kg. Anche il diazossido determina:

aumento riflesso dell’attività del simpatico

ritenzione idrica

emostorno cardiaco

e in più IPERGLICEMIA (clorpromazina e fenitoina aggravano ulteriormente l’iperglicemia).

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NITROPRUSSIATO DI SODIO Viene utilizzato per via endovenosa per il controllo rapido dell’ipertensione arteriosa. Attenzione a cadute troppo brusche della pressione che possono causare danno d’organo. Utilizzato anche nel trattamento dell’insufficienza cardiaca (riduzione di precarico e postcarico/correzione emodinamica ma nessun effetto sul rimodellamento). Il nitroprussiato è formato da un atomo di ferro unito a 5 gruppi CN (cianidrici) e ad un gruppo NO. E’ molto instabile (va protetto dalla luce). Nella muscolatura liscia dei vasi e negli eritrociti viene metabolizzato in NO radicale e CN-. Il cianuro viene metabolizzato dalla rodanasi in tiocianato che è poi eliminato dal rene. L’NO radicale prodotto dilata arteriole e venule. Può determinare ipotensione in ortostatismo. L’effetto sulla gittata cardiaca dipende dallo stato del ventricolo→ In condizioni normali, la gittata dipende maggiormente dal ritorno venoso, ridotto dal nitroprussiato per venodilatazione→riduce la gittata in un cuore normale. Se c’è insufficienza ventricolare, la gittata dipende dal postcarico (ridotto dal nitro prussiato). Quindi, per il minor postcarico la gittata aumenta in pazienti con insufficienza ventricolare trattati con nitroprussiato. Il nitroprussiato riduce il consumo di ossigeno nel cuore a differenza di minoxidil ed idralazina. Il nome commerciale del farmaco è SODIO NITROPRUSSIATO. Si somministra per via e.v. per infusione continua alla dose di 0,25-1,5 g/kg/min. La latenza d’azione è 30 sec. Ilpicco 2 min. L’effetto scompare 3 min dopo la fine dell’infusione. Indicazioni:

Emergenze ipertensive

Dissezione aortica in associazione con β-bloccante (per evitare qualunque aumento riflesso della contrattilità cardiaca.

Insufficienza cardiaca

Infarto del miocardio→per miglioramento della funzione ventricolare e ridotto consumo di ossigeno

Induzione di ipotensione per evitare sanguinamenti durante interventi chirurgici od in pazienti con aneurismi.

Effetti avversi:

Reazioni di infusione (ipotensione,nausea, vomito, etc.) = ridurre la velocità di infusione.

Intossicazione da cianuro se il dosaggio è >5 g/Kg/min (anche >2 in pazienti con insufficienza epatica). Come antidoto si può utilizzare il tiosolfato di sodio

Intossicazione da tiocianato,prodotto metabolico del cianuro, se infuso per >24-48 ore (soprattutto se c’è insufficienza renale)→nausea, anoressia, fatica, psicosi tossica, disorientamento. I tiocianati sono tossici quando la concentrazione plasmatica >100 g/ml. Ricordate dallo studio della tiroide che i tiocianati inducono anche ipotiroidismo per ridotta captazione dello iodio nella tiroide.

Attenzione all’associazione con inibitori PDE5 (viagra e simili )per eccessiva vasodilatazione.

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Contrariamente al viagra (indicato nell’ipertensione polmonare cronica), il nitro prussiato può provocare disaccoppiamento tra ventilazione e perfusione nell’ipertensione polmonare cronica perché induce dilatazione dei vasi polmonari dove non è necessario (cioè nelle zone non ventilate). Il viagra, infatti, potenzia l’azione di NO prodotto localmente in corrispondenza degli alveoli che ricevono l’aria, mentre il nitro prussiato libera NO in tutto il distretto polmonare.

Cosa si fa nell’emergenza ipertensiva in definitiva? Il trattamento dipende dal danno d’organo o dalle caratteristiche del singolo paziente. Si consideri sempre il rischio di una caduta troppo brusca della pressione (ad esempio, con formulazioni di nifedipina a rilascio rapido o con vasodilatatori per via endovenosa). Nella maggior parte dei casi, l’uso di ACEinibitori, calcio antagonisti o β-bloccanti in associazione con diuretici è sufficiente a ridurre la pressione entro 160/100mmHg in 24-48 ore. L’uso dei vasodilatatori per via parenterale dovrebbe essere riservato a:

encefalopatia ipertensiva

scompenso acuto del ventricolo sx

infarto del miocardio o angina instabile,

dissezione aortica

emorragia sub aracnoidea

emorragia cerebrale

uso di droghe che inducono ipertensione grave (es. cocaina o amfetaminici , talvolta LSD ). Terapia del feocromocitoma e farmaci α1-bloccanti (si consultino anche le lezioni sul trattamento dell’iperplasia prostatica) Il feocromocitoma è un tumore che si sviluppa dalle cellule cromaffini della midollare del surrene o nei gangli del simpatico (paraganglioma). Anche i chemodectomi (che originano dai corpi carotidei) hanno le stesse caratteristiche. Sono monolaterali nell’80%, bilaterali nel 10% ed extrasurrenalici nel 10%. Producono adrenalina, noradrenalina e dopamina. Il tumore secerne anche peptidi (oppioidi, adrenomedullina, endotelina, eritropoietina, NPY, cromogranina A, peptide simile al PTH) che possono contribuire al quadro clinico. I tumori extrasurrenalici invece producono solo noradrenalina. Se familiare, la trasmissione è autosomica dominante, può presentarsi da solo o con altre patologie endocrine:

MEN2A (Sindrome di Sipple)

MEN2B

emoangioblastomatosi cerebellare retinica di Von Hippel-Lindau

neurofibromatosi di tipo I (Von Recklinghausen)

paraganglioma della nuca

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Clinica: più comune nella giovane/mezza età. Caratterizzato da crisi ipertensive (poco responsive al trattamento), ansia, sintomi parossistici (spesso neurovegetativi che simulano una crisi comiziale):

Cefalea

dolori addominali

sudorazione profusa

Palpitazioni

Apprensione

tachicardia sinusale, tachicardie sopraventricolari, contrazioni ventricolari premature Metà dei pazienti hanno intolleranza al glucosio (ricordate che le catecolamine sono ormoni contro regolatori). I parossismi severi sono indotti da: oppioidi, istamina, ACTH, glucagone, che rilasciano direttamente catecolamine dal tumore. Naturalmente i triciclici antidepressivi (inibitori della ricaptazione di noradrenalina e serotonina) ed i derivati anfetaminici (rilascianti delle catecolamine) sono pericolosi in pazienti con feocromocitoma. La diagnosi si basa sui livelli di catecolamine urinarie >250 g/die (valori normali tra 100 e 150). La metanefrina e l’acido vanillilmandelico (ultimo prodotto del catabolismo di noradrenalina e adrenalina per azione delle MAO + COMT) sono più alti nelle urine di 3 volte rispetto ai valori normali di 1,3 e 7 mg/die, rispettivamente (i valori plasmatici sono meno indicativi). Si possono eseguire dei tests farmacologici di tipo diagnostico (ora obsoleti perché i dosaggi di catecolamine nelle urine sono più indicativi). I test possono utilizzare:

un farmaco α1-bloccante che nel feocromocitoma riduce in modo marcato la pressione arteriosa: bolo di 5 mg di fentolamina (dopo una dose test di 0,5 mg), che riduce la pressione di 35/25 mmHg dopo 2 min per 10-15 min

in alternativa si può usare un test con la clonidina che, al contrario della fentolamina, in questi pazienti non riduce la pressione arteriosa

farmaci provocativi (pericolosi): tra questi il più utile è il glucagone, che induce aumenti pressori e delle catecolamine urinarie nei soggetti con feocromocitoma, ma non nei soggetti normali (rischio di crisi ipertensive durante il test).

Trattamento E’ chirurgico, ma si avvale di farmaci α1-bloccanti nella fase preoperatoria per l’induzione di un blocco stabile dei recettori α-adrenergici. Tra questi, la fenossibenzamina (bloccante α-1 non competitivo e irreversibile) alla dose di 10 mg/12 ore con eventuali incrementi progressivi sino a controllare la sintomatologia ipertensiva. La maggior parte dei pazienti richiedono 40-80 mg/die (a volte necessari >200 mg). Andrebbe somministrata 10-14 giorni prima dell’intervento chirurgico. I parossismi possono essere trattati per via orale con prazosin o fentolamina. L’uso del nitro prussiato può essere utile. I β-bloccanti possono essere utilizzati solo dopo la somministrazione di α-bloccanti per ridurre la tachicardia (senza α bloccanti i β-bloccanti peggiorano l’ipertensione per blocco dei recettori β2 vascolari).

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Sinopsi sugli antagonisti dei recettori α-1 adrenergici Quando utilizzati (di 2° scelta) per il trattamento dell’ipertensione, questi farmaci riducono inizialmente le resistenze arteriolari e la capacitanza venosa, determinando un aumento riflesso del cronotropismo e dei livelli di renina. Questi effetti negativi si normalizzano col tempo mentre persistono gli effetti utili sulla dilatazione arteriolare. La possibile ipotensione ortostatica (spauracchio quando si usano questi farmaci) dipende dal volume plasmatico (non è presente se il volume è alto). Una cosa buona degli α1-bloccanti è che questi farmaci migliorano il profilo lipidico riducendo trigliceridi e LDL/colesterolo e aumentando le HDL. Gli effetti positivi persistono anche in associazione con i tiazidici (che peggiorano il quadro lipidico). Classificazione:

non selettivi: - fenossibenzamina (irreversibile) - fentolamina - tolazolina - derivati ergot Con questi farmaci, il blocco contemporaneo dei recettori α2 può determinare aumento del rilascio di noradrenalina (i recettori α2 sono presinaptici inibitori sul rilascio di catecolamine) producendo tachicardia controllabile con i βbloccanti.

α1 selettivi: - Il prazosin è il farmaco prototipico: riduce pre- e postcarico, non altera il flusso renale,

migliora il profilo lipidico. Ben assorbito per os Legato per il 95% alle proteine plasmatiche. Emivita = 2,5-4 ore; durata d’azione = 10 ore. Si comincia con 0,5 mg la sera e si aumenta sino ad un max di 20 mg/die.

- Di doxazosin, teratosi ed alfuzosin abbiamo già parlato (la tamsulosina si usa solo per l’iperplasia prostatica).

- Ci sono altri farmaci derivati dalla 4-aminopiridina (indoramina e rapidi) sporchi e poco usati:

Effetti avversi e uso: Effetto ipotensivo di prima dose entro 90 min nel 50% dei casi soprattutto in pazienti già in terapia con un diuretico. Poi si sviluppa tolleranza. Bisogna quindi titolare attentamente la dose. Si somministrano sempre in associazione con altri antiipertensivi (βbloccanti o diuretici) nelle forme di ipertensione difficili da controllare. Mai in monoterapia. Ovviamente alcuni si usano nell’iperplasia prostatica (doxazosin, teratosi, alfuzosin e tamsulosina).