SISTEMI COLLOIDALI Struttura e proprietà

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SISTEMI COLLOIDALI Struttura e proprietà

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COLLOIDI

Un colloide è un sistema eterogeneo, composto da 2 fasi in contatto e non miscibili l’una nell’altra. Le fasi sono: una fase disperdente, che si trova in maggiore quantità; una fase dispersa, di dimensioni microscopiche (diametro

da 1 nm a 0,5 μm), che è il vero e proprio oggetto colloidale.

Il sistema si trova in uno stato finemente disperso, intermedio tra la soluzione omogenea e la dispersione eterogenea.

Alcune sostanze formano colloidi in alcuni solventi e soluzioni in altri. Per questo si parla di “sistema colloidale” piuttosto che di sostanze colloidali.

Colloidi - 1

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Non è facile distinguere un colloide da una soluzione. Principale differenza è la non omogeneità dei colloidi, l'avere una fase dispersa di dimensioni maggiori, ed il loro non sottostare a determinate proprietà chimico-fisiche e reologiche, quali ad esempio innalzamento ebullioscopico, tensione di vapore e pressione osmotica.

A seconda della natura (solida, liquida, gassosa) della fase disperdente e dispersa si identificano differenti tipologie di colloidi (schiume, gel, sol, ecc).

Nel corso particolare rilievo sarà dato ai sistemi colloidali composti da particelle solide disperse in fasi liquide, detti sol, e al loro opposto, gel.

Colloidi - 2

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Tipi di dispersioni colloidali

Fase dispersa Fase continua Nome Esempio

Liquido Gas Aerosol liquido Nebbia, spray liquidi

Solido Gas Aerosol solido Fumo, particolato, polvere

Gas Liquido Schiuma Schiuma da barba, panna montata

Liquido Liquido Emulsione Latte, maionese, sangue

Solido Liquido Sol Pasta dentifricia, Au o Ag colloidali

Gas Solido Schiuma solida Polistirene o poliuretano espansi

Liquido Solido Gel Gelato, formaggio

Solido Solido Sospensione Plastiche pigmentate, vetri, perle, opali

Colloidi - 3

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Sistema Colloidale – Tensione Superficiale La caratteristica principale di un sistema colloidale è il suo forte sviluppo

superficiale. Questo induce determinate proprietà chimico-fisiche che devono essere analizzate per caratterizzarne la stabilità.

Termodinamicamente il sistema colloidale è instabile. I sistemi infatti tendono a stabilizzarsi diminuendo la propria superficie.

Il contenuto energetico della superficie stessa è dato dalla tensione superficiale γ, definita come:

A parità di volume, un sistema di forma sferica risulta più stabile di uno cubico, poiché la sua energia è minore

Colloidi – Tensione superficiale - 1

0

06

36

3 2

3 2

<=

<=−=

=

→ sferacubo

cubosfera

cubocubo

sferasfera

dGddSS

VS

VS

σγσ

π

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A parità di volume, un’unica particella risulta più stabile di un sistema composto da più particelle.

Il lavoro che viene richiesto per creare un sistema colloidale è quindi > 0, e il sistema non è stabile.

Termodinamicamente il sistema non dovrebbe quindi esistere. Ci deve essere perciò un contributo cinetico che rende stabile il sistema!

Colloidi – Tensione superficiale - 2

2

3

6

1

cmS

cmV

cubo

cubo

=

=

261812

6

318

10610106

10

10

cmScmlcmV

totale

cubetto

cubetto

⋅=⋅⋅=

=

=

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Teoria DLVO(Derjaguin, Landau, Verwey and Overbeek)

La curva di potenziale di una soluzione colloidale può presentare un’andamento differente a seconda del sistema, ma può essere schematizzato considerando il contributo di due fattori principali.

Il primo contributo è di natura Elettrostatica

ed è Repulsivo

Il secondo è dovuto alle interazioni di Van Der Walls

ed è Attrattivo

Colloidi – Teoria DVLO - 1

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Teoria DLVO Interpretando l’andamento del potenziale, dato dalla somma dei contributi,

la Teoria DLVO spiega il comportamento del sistema colloidale.

Colloidi – Teoria DVLO - 2

Avvicinandosi, le particelle incontrano una barriera di potenziale molto alta. Una volta superata, rimangono intrappolate nella profonda buca di potenziale. In questo minimo le particelle risultano aggregate irreversibilmente (coagulazione)

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Colloidi – Teoria DVLO - 3

La Barriera di potenziale però è molto alta, di energia molto maggiore di kT, e la sola energia cinetica derivante dal moto browniano delle particelle non è sufficiente a permetterne il superamento.

Le particelle così non possono arrivare al minimo ed aggregarsi, e il sistema coilloidale risulta stabile

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Colloidi – Teoria DVLO – 4

In alcuni casi, è possibile che vi sia un minimo relativo dopo la barriera di potenziale.

Le particelle tendono di nuovo ad aggregarsi, formando però dei fiocchi in sospensione (flocculazione)

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Flocculazione vs Coagulazione

A differenza della coagulazione, la flocculazione è uno stato di aggregazione reversibile, visto che le dimensioni della buca sono ~ kT. Basterà scaldare o agitare il sistema per riportarlo in fase colloidale.

Colloidi – Teoria DVLO - 5

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Stabilizzare un Colloide Stabilizzare la fase colloidale piuttosto che quella aggregata è fondamentale

per l’utilizzo finale del sistema:

Le particelle nelle matrici che veicolano farmaci tendono ad aggregarsi insieme per ragioni termodinamiche. Ciò viene impedito da contributi cinetici.

Un agente di imaging deve essere stabile, e durare il più possibile nel tempo. Uno studio dei fattori che entrano in gioco nel processo di aggregazione consente di prolungare la vita del sistema rendendolo metastabile.

Due fattori concorrono a rendere stabile un sistema colloidale: Fattori Colloidali, o Sterici Fattori Elettrostatici

Colloidi – Stabilizzazione

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Stabilizzazione Elettrostatica La stabilità di dispersioni colloidali le cui particelle possiedano

carica superficiale elettrica è dovuta al potenziale repulsivo generato dall’overlap tra i due strati elettrici delle particelle che entrano nel rispettivo raggio di azione.

L'interazione che si viene a creare tra particella carica dispersa e mezzo disperdente può stabilizzare o meno la fase colloidale rispetto a quella aggregata.

Il sistema è piuttosto complesso, e deve venire trattato attraverso diversi modelli.

Colloidi – Double Layer – 1

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Modello di HelmholtzColloidi – Double Layer – 2

Il modello più semplice è quello di Helmoltz, che vede una forte polarizzazione a contatto con l'interfaccia. Uno strato di ioni di carica opposta (controioni) viene richiamato, e scherma il resto del mezzo disperdente dalla carica positiva del colloide

Si viene a creare un vero e proprio doppio strato (da qui il nome double layer). Il modello di Helmholtz tratta i due strati come semplici pareti di un condensatore, e non considera ioni di carica dello stesso segno di quella superficiale

Il potenziale decade molto velocemente allontanandosi dalla superficie della particella

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Modello di Gouy-ChapmanUn modello più realistico è quello di Gouy-Chapman. In questo caso, all'interfaccia oltre ai controioni vengono richiamati anche ioni dello stesso segno della superficie (similioni).

A corto raggio la carica della superficie non viene completamente neutralizzata come in precedenza.

Colloidi – Double Layer – 3

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Modello di Gouy-Chapman

Φ=− TkzeCCb

exp0

Le concentrazioni di ioni positivi C+ e negativi C- nella soluzione e la densità di carica netta ρ sono funzione del potenziale di superficie all'interfaccia Ф.

Φ−=+ TkzeCCb

exp0

Colloidi – Double Layer – 3

)( −+ −= CCzeρ

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Dall'equazione di Poisson, applicata all'elettrostatica, è noto che il potenziale Ф è legato alla densità di carica netta ρ come:

Risolvendo l'equazione di poisson si ricava l'andamento del potenziale:

Un ulteriore approssimazione è stata effettuata, considerando ε costante su tutto il mezzo. È una approssimazione molto pesante: basti pensare che in acqua in questo modo le molecole non verrebbero polarizzate dall'interfaccia...

Modello di Gouy-Chapman

ερ−=Φ∇

2

2

dx

Spessore di Debye

Colloidi – Double Layer – 4

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Il modello di Gouy-Chapman non è adatto a descrivere Double Layers molto carichi. Un modello più raffinato è quello proposto da Stern.

Il modello prevede la combinazione dei precedenti. A cortissimo raggio, vale il modello di Helmoltz. Allontanandosi, il potenziale si ha un andamento simile a quello previsto dal modello di Gouy-Chapman.Tuttavia anche questo modello ha le sue limitazioni:

Gli ioni sono modellati come cariche puntualiLe uniche interazioni significative sono coulombiane

Modello di SternColloidi – Double Layer – 5

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k è un indice di quanto rapidamente il potenziale decresce con x.

Un parametro importante nello studio di sistemi colloidali è la forza ionica I:

Se aumenta la forza ionica del mezzo aumenta conseguentemente k, e il potenziale decadrà molto rapidamente.

È quindi chiaro che una fase disperdente con elevata forza ionica abbatte le interazioni elettrostatiche perché scherma le altre cariche. Aumentando la forza ionica viene abbattuta la barriera di potenziale e il sistema tende ad aggregarsi irreversibilmente. Se ciò non accade, vuol dire che ci sono altri fattori che contribuiscono a stabilizzare la fase colloidale.

Tkzce

kB

i ii

ε∑=

22

IkzcIi ii ≈= ∑ 2

21

Colloidi – Double Layer – 6

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Stabilizzazione Sterica Si verifica per la presenza di molecole a catena lunga sulla

superficie della particella colloidale

Se due particelle si avvicinano a distanza pari alla distanza testa-coda δ della catena polimerica ci sarà repulsione

Maggiore è il potenziale repulsivo, maggiore è la stabilità della dispersione colloidale rispetto alla fase aggregata.

Colloidi – Stabilizzazione Sterica – 1

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Richiamo sul Raggio di Girazione: È uno dei parametri principali utilizzati per descrivere la

dimensione di una catena.

La catena principale di un polimero, o backbone, è formata da gruppi monomerici uniti tra loro, rappresentati con A0, A1, … Ai.

Colloidi – Stabilizzazione Sterica – 2

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Il Raggio di Girazione Rg è definito come:

ρi è il modulo del vettore che unisce il centro di massa della catena con il gruppo Ai

Colloidi – Stabilizzazione Sterica – 3

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Buon Solvente / Solvente Povero La conformazione delle macromolecole dipende dall'interazione del

polimero con il solvente, che può essere: positiva (buon solvente) o negativa (solvente povero).

La conoscenza di questi fenomeni di interazione è fondamentale per regolare la stabilizzazione colloidale nel caso in cui sia di tipo sterico.

Colloidi – Stabilizzazione Sterica – 4

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Buon Solvente In base alla densità superficiale di catene, possono presentarsi due

diverse situazioni: Ad alta densità (spacing tra le catene h < Rg)

Catene disposte in conformazioni allungate Aumenta la δ

Aumenta il potenziale repulsivo dovuto all'interazione sterica

Colloidi – Stabilizzazione Sterica – 5

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Buon Solvente

A bassa densità (spacing tra le catene h > Rg)

Catene disposte in conformazioni attorcigliate (“a fungo”)

Diminuisce la δ

Diminuisce il potenziale repulsivo dovuto all'interazione sterica

Colloidi – Stabilizzazione Sterica – 6

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Buon Solvente La densità delle catene sulla superficie del colloide influenza la

distanza tra le particelle. Se le catene sono molto dense il solvente penetra tra di esse per cercare di diluirle. Si tratta di un fenomeno osmotico di richiamo. Anche questo meccanismo favorisce la repulsione tra le particelle, e quindi stabilizza la fase colloidale

Inoltre le catene sotto compressione diminuiscono il ΔS configurazionale, sfavorendo l'aggregazione.

Colloidi – Stabilizzazione Sterica – 7

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Solvente Povero Se l'interazione con il solvente non è favorevole, le particelle tendono

ad essere più “appiccicate”, rimanendo sulla superficie. La distanza δ diminuisce, e gli effetti repulsivi diminuiscono.

La compensazione tra forze attrattive e repulsive porta a un minimo nel ΔG, con consequente aggregazione (spesso reversibile)

Colloidi – Stabilizzazione Sterica – 8

Page 28: SISTEMI COLLOIDALI Struttura e proprietà

Depletion Effect:Un ulteriore fenomeno che influenza la stabilizzazione del

sistema è il Depletion Effect. Si tratta di un effetto di impoverimento che si verifica quando la distanza tra 2 elementi (ad esempio cellule) in una soluzione contenente polimeri è dello stesso ordine di grandezza del Raggio di Girazione Rg dei polimeri.

Colloidi – Depletion Effect – 1

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Tramite un esperimento, Asakura e Oosawa hanno provato che muovendo le due macromolecole nell’intorno dell’Rg dei polimeri, si viene a creare un potenziale attrattivo tra le loro superfici.

Ciò è dovuto al fatto che, essendo la distanza inferiore ad Rg, i polimeri non sono in grado di penetrare all’interno dell’intercapedine. Questo comporta un abbassamento della loro concentrazione tra le due superfici, e nella formazione di un potenziale osmotico tra l’intercapedine e il resto del sistema.

Colloidi – Depletion Effect – 3

Rg

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A causa di questo gradiente osmotico il solvente tenderà ad uscire per diluire la soluzione circostante, generando il potenziale attrattivo misurato.

Riportando tale potenziale in funzione del rapporto h/Rg

È possibile ricavare uno spessore limite per avere il depletion effect:

2 4

π4−

3

)(

gRRThW

ρ

gRh

gg R

Rh 13,1

2≅=

π

Colloidi – Depletion Effect – 4

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In un sistema colloidale tale effetto è in grado di avvicinare le macromolecole, fino a far sovrapporre le loro shell.

Essendo un effetto di natura molto debole, se vi sono cariche elettriche il potenziale repulsivo prevale.

Tale effetto è utilizzato dai biologi per avere sovrapposizione cellulare ed eventuale fusione.

Colloidi – Depletion Effect – 5

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Effetti ElettrocineticiPer quantificare il potenziale all'interfaccia, o semplicemente

determinare se le particelle presentino delle cariche sulla superficie vengono studiati gli effetti elettrocinetici.

Questi fenomeni avvengono solo se ci sono delle cariche in movimento, perciò sono suddivisi in:

• Elettroforesi: in cui il collide si può spostare mentre la fase disperdente è fissa;

• Elettrosmosi: si muove la fase liquida mentre la carica sulla superficie del colloide è fissa

Colloidi – Effetti Elettrocinetici – 1

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Dalla misura della velocità ve con cui una particella si muove per elettroforesi dopo aver applicato un campo elettrico E è possibile ricavare il potenziale d'interfaccia.

La mobilità elettroforetica μe è infatti pari

Ricavando la μe da ve posso ricavare il potenziale d'interfaccia ζ

Colloidi – Effetti Elettrocinetici – 2

ηζεεµ 0r

e =

Ev ee

µ=

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All'atto pratico,la misura della velocità avviene sfruttando l'effetto doppler. Si misura lo shift tra la frequenza ω0 incisa da un laser sulla particella colloidale in movimento e quella riemessa, percepita da un rilevatore fisso.

La larghezza di emissione Γ dipende dalla distribuzione della velocità e dalle dimensioni della particella colloidale secondo la relazione:

Colloidi – Effetti Elettrocinetici – 3

2qDT=Γ

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Lo shift di frequenza per effetto doppler ωs è legato sia al moto elettroforetico che a a quello browniano.

Studiando il sistema in funzione del vetore di scattering q posso distinguere i due moti. Infatti, effettuando misurazioni ad angoli bassi vengono privilegiati i moti su larga scala, di tipo elettroforetico. Viceversa, ad angoli alti il contributo dei moti browniani risulta maggiore

Colloidi – Effetti Elettrocinetici – 4

qves ⋅=ω

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Essendo ζe un potenziale di interfaccia, dipende anche dal mezzo disperdente. Da ζe posso quindi capire da cosa è composta la mia miscela colloidale

Colloidi – Effetti Elettrocinetici – 5

Ricavo ve

Ricavo μe

Ricavo ζe !!!

Potenziale ζ [mV] Stabilità del colloide

da 0 a ±5Rapida coagulazione o

flocculazione

da ±10 a ±30 Instabilità incipiente

da ±30 a ±40 Moderata stabilità

da ±40 a ±60 Buona stabilità

> ±61 Eccellente stabilità

Potenziale ζ [mV] Stabilità del colloide

> 5 Emulsione acqua-olio

>18 Polimeri

>40 Ossidi

>70 Particelle

Ev ee

µ=qves ⋅=ω

ηζεεµ 0r

e =