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I GIUSTINIANI Ε L'ANTICO

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ΤΑν. Ι. Jacob de Heusch, Veduta d'un viale dei Casino Gus tiniani a/Popolo. olio su tela, cm. 6ζ74, frmato in basso a destra suHo zoccolo dei lastricato: JHD _ξ collezione privata.

Il dipinto rappresenta la veduta frontale d'un viale decorato da are funerarie sormontate da gtandi vasi e statue antiche. Α sinistra visibile la folta macchia scura duna vegetazione arborea di specie diverse, tra cui una palma. Sulla destra, al di l& dello sasziο aperto delAorizzonte, un casolare di tipo rustico circondato dal verde. Γ ideυ tifcaziοne del luogo stata resa possibile dalla lettura dell' eρίgrαfe incisa solIsta centrzle, come indica la Magister (cfr. saggio Cellini Appendice II, £ig.2), che formula anche una ipotesi sulla esatta ubicazione del viale all'interno del giardino al Popolo. Protagonista della veduta il gigantesco vaso posto in primo piano al centto che rielabora in modo fantastico motivi classici, cosi cime le altre sculrure del viale, nessuna delle quali esattamente riconducibile a una statua della collezione Giustiniani. Dietto il grande vaso, una figure= maschile ne esalta e dimensioni. Pur partendo da dati reali, come le due ate in primo piano, riprodotte anche nella Galleria Gi.estiniana (quella centrale a rai. II, 145 a, quella di destra a tal. II, 131 b, cfr. Magister), la veduta certo in parte di fantasia e all'atmosfera irreale concorre corne elemento fondamentale la intensa lυm ιnosiώ risata dei cielo al tramonto. In questa ultimo tratto stilistico e nel gusto per il paesaggio idealizzato riconoscib le l'influenza di Lorrain, che ρerδ si accompagna a componenti di segno diverso; la figuretta del visitatore ammirato di fronte alla magnificenza delle antichiti presenta tocchi di freschezza quasi ρορolaresca riconducibile alla pittura dei Bamboccianti, il gusto minutamente descrittivo del fogliare e delle zolle erbose, quasi da manuale botanico, proprio della tradizione del paesaggismo fiammingo e tipica della cultura Fiamminga I anche la visione dell'antico, dilatam e quasi onirica. Uindividuazione sul lastricato marmorei del viale, si di sotto della prima ara di destra, del monogrammaJHD ha permesso di risalire all'autore del dipinto, Jacob de Heusch (Utrecht 1656 o 1657—Amsterdam 1701). L'artista, nipote di Wilhelm de Heusch, I conosciuto come autore di ρaesgi fantastici e pittoreschi vicini alla pittura di Savant Rosa e di Gaspar Dughet, mentre in altre vedute mostra un interesse realistico anticipatore delle opere del concittadino Van Wirtel (cfr. Salerno 1977-80, II, pp. 836-841 e Busiri hei 1997). Le poche opere datate dal de Heusch risalgono tutte agli anni Novanca del Seicento e il confronto stilistico con una di esse, il Ponte Rotto (Braunschweig, Herzog Anton Ulrich-Museum) (cfr. Busiri Vicini 1997, cat. 18, p. 117, fig. 36), rivela, pur nella diversa tematica, evidenti analogie stilistiche nel tipo dl luminosirl vespertina che cade obliquamente da sinistra, nella sensiόiiώ atmosferica che sfuma i contorni delle forme rendendole evanescenti; nell'interesse infine, per una descrizione minuziosa della vegetazione in primo piaras, con il particolare da erbario della pianta a ciuffo stellato che compare, quasi una firma, in entrambi i dipinti in basso a destra. La veduta di Ponte Rotto ritra nella tematica pil ι frequentemente trattata dai paesaggisti del Seicento e Settecento ed anche la sua inquadratura 1 piuttosto convenzionale; senz'altro piii nuova, invece, I la scelta del tema nel dipinto in esame, dove l'elemento antiquario prevale rispetto a quello paesaggistico. Linteresse per un'antichitl monumentale utilizzata in chiave decorativa all'interno d'un paesaggio arcadico costituitI una costante nella produzione di pittori che al de Heusch si ispirano, corn Jan Frans van Bloemen, che riproporrl frequentemente nelle sue tele la soluzione dell'enorme vaso all'antica.

Giulia Fusconi — Angiola Canevani

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MINISTERO PER τ BENI E LE ATTIVITA CULTURALI ISTITUTO NAZIONALE PER LA GRAFICA

Ι Giustiniani e l'Antico

a cura di GIULIA Fuscoii

Palazzo Fontana di Treu Roma

26 ottobre 2001 - 27 gennaio 2002

«L'ERMA» di BRETSCHNEIDER

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Catalogo a cura di

MINISTERO PER I BENI Ε LE Αττινιτλ CULTURALI Giulia Fusconi

IsTiTuTo NAZIONALE PER LA GRAFICA

Saggi Direttore Giovanni Assereto Serenita Papalclo Alfonso Assini Giuseppina Alessandra Cellini Allestimento, progettazione, direzione lavori

Antonio Corso Pauma La Franca

Giulia Fusconi Angela Gallottini Laboratorio dl restauro

Sara Magister Fabio Fiorani (direttore)

Roswitha Stewering Paola Brusa

Francesco Solinas Christina Strunck Cartonaggio e legatoria

Angela Vicini Mastrangeli Fabio Fiorani (direttore) Giuseppina Luzzi Renato Pallini

Servizio di documentazione, archivio fotografico,

labo ratin Ι fotografico Luigi Ficacci (direttore) Gabriella Golluccio Antonio brio Renzo Manni Stefan° Marchesi Paliani

Schede Laura Buccino Daniela Candilio Caterina Caneva Angiola Canevari Giuseppina Alessandra Cellini Giulia Fusconi PaolinaLa Franca Sara Magister

Apparati documentari e relazioni tecniche Paola Brusa Daniela Candilio Angiola Canevari Giulia Fusconi Lucia Ghedin Massimo lovinella Paolo Parigi Antonio Sannino Giuseppe Trassari Filippetto

Ricerche storico-artistiche e collaborazione redazionale Angiola Canevari

Consulenza programmi d'informatiz7»z"ione Giuseppe Renzitti

Ricerche documentarie Paolo Parigi

Trascrizione infbrmatizzata testi Gabriella dell'Aquila ( coordinamento tecnico) Giampaolo Miraglia coo la collaborazione di Michele Lionetti Andrea Minneci

«L'ERMA» DI BRETSCHNEIDER Direzione editoriale Roberto Marcucci

Direzione tecnica Giovanni Portieri

con la collaborazione di Elena Montani

Progettazione grajica «ΙΕrma» di Bretschneider Progetti Editoriali Grandi Opere

Impaginazione, fotolico e trattamento digitale delle immagini Graficamente ari

Filigrane Massimo lovinella Paolo Parigi

Segreteria della Direzione Marco Onofri

Relazioni esterne Rita Parma

Ugil cii Stampa Marcella Ghio

Stamperia Antonio Sannino

Calcoteca Ansia Grelle (direttore) Alessandra Sgammini Rita Fiori

Laboratorio Diagnostica per le lattici Giuseppe Trassari Filippetto (responsabile) Lucia Ghedin

Biblioteca Rita Parma (direttore) Maria Cristina Catelli Silvana Leone

Υj51ciο Prestiti Ginevra Mariani (direttore) Orsola Bonifati

Ujlciο Tecnico Agostino Tropea (direttore) Giuseppe Lamanna Nino Terra

Consultazione Gabinetto delle Stampe e Banca Dati Mario Cori Sassoli (direttore) laker D'iffizi Francesca Orobi Daniela Rizza Teresa Romanelli

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Con lo collaborazione tecnica di

34 Resumer. PU BB L LA 00Γ0004 £ α Lί ΜυΝ ί (ΑΙ ί ΩΗ

Servizio injimnatico e sito web Giuseppe Renzitti (responsabile) Ilaria Savino

Smizi ο prevenzione eprotezione Mauro han (responsabile) Maurizio licei

Ufflciα Amministrativo

Andrea Giaccherri (direttore) Agostilia Capodilupo Anna Guerani Silvana Milazzo Michela Zenga

Allestimenti

«La Cornice» di Sandro Prosperi R.E.I.M.A. s.r.l. restauri — impianti — marnitenzioni TIG di Tata Gianfranco e C. s.as. UBALPLEX di Franci Ubaldo D.B. De Rossi Biancavilla S.r.l.

Ringraziamenti Cadis Abella, Giuliana Algeri, Ehe Anretomaso, Alfonso Assini, Nicola Benedizione, Carlo Bitossi, Piero Boccardo, Marco Buonocore, Francesco

Buranelli, Daniela Candilio, Caterina Caneva, Angelo Canevani, Marcello Cattanei Adorno, Adniana Cavarra, Anna Maria Cerioni, Angela Cipriani, Silvia Danesi Squazzina, Andrea De Marchi, Franco e Alessandra Di Castro, Don Ralfaele Farina, Luigi Ficacci, Bianca Cari Fiamberti, Alessandro Giacome[lo, Alessandra Giustiniani Ansaloni, Anna Grelle, Anrony Griffins, Roberta Guidi, Wolfgang Holler, Barbara Jatta, Adriano La Regina, Eugenio La Rocca, Paolo Liverani, Anna Lo Bianco, Jacopo

Lorenzelli, Cinthia Macti, Marina Maiskaya, Padre Ignazio Mancini OF', Clemente Marsicola, Claudio Marra, Ludovwa Mazzola, Elizabeth J. Milleker, Germani Mulazzani, Anna Mura Sommella, Eva Muscillo, Damiano Nocilla, Nicolerra idescalchi, Paolo Parigi, Claudio Panisi Presicce, Anna Maria Petrioli Toflini, Ingo Ρfeilr, Maria Luisa Polichetri, Simonetta Prosperi Valenti Rοdin, D. Punculi, Antonella Renzi, Entiez Schettini, Claudia Schnitzer, Sian Smith, Cardinale Angelo Soriano, Giandomenico Spinola, Alda Sporti e il personale direttivo della Biblioteca Nazionale Centrale, Roswitha Stewering, Christina Strunck, Alessandro Vicini, Angela Vicini Masrrangeli

ΑSSΟCΙΛΖΕΝΕ CiwrA

Antonio Maccanico, Presidente Giaiifranc. Imperatori, Segretario Generale Albino Rώcrti, Direttore

Organizzazione Alberto Rossetti con MariaCristina Campo, Antonio Perini

Comunicazione epromozione Dario Ζerόοni con Carlo Giuii, Candida Vivalda

Relazioni esterne Rita Cern con Chiara Cannizzaro, Susanna Castagni

UI/kuo stampa Barbara lazo con Arianna Diana

Trasporti Rinaldo Rinal& S.p.A

Assicuraziirsi Axa Nordazern Arc

Progetto grdjlco

Laura Salomone

Con il contributo di

WIND FTT

Prestato ri Biblioteca Apostolica Vaticana (Cίttiι dei Vaticano) Biblioteca Casanatense (Roma) Biblioteca Corsiniana e dell'Accademia dei Lined (Roma) Delegazione Padri Francescani di Terra Santa (Roma) Ditta Casali (Roma) Galleria degli Uffizi (Firenze) Musei Capitolini (Roma) Musei Vaticani (Città del Vaticano) Staatliche Kunstsammlungen Dresden, Kupferstichkabinett (Dresda) Bianca Cari Fiamberti (Genova) Barbara Jatta (Roma) Paolo Parigi (Roma) Francesco Solinas (Parigi)

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Indice

Ι Giustiniani e ί Αnticο Presentazione: le ragioni di una mostra SERENITA Ρµ'λιnο

Ι

5

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Ι Giustiniani. Quattro secoli di ricchezze Giovinri Assmtrro

Classicismo e realismo nei disegni di Sandrart per Giυυλ Fuscoii

la Galleria Giustiniana

La collezione archeologica dei marchese Vincenzo osservazioni preliminari GIUSEPPiNA ALESSANDRA CELLINI

Giustiniani nella Galleria Giustiniana:

33

La sistemazione seicentesca delle sculture antiche

La Galleria Giustiniana e la galleria di palazzo Giustiniani a confronto Cµmsτνλ STauicK

La genesi della «Galleria Giustiniana" RοswrΠ-ιλ S ι bwuuNG

Le matrici della Galleria Giustiniana: Storia di un lascito ALFONSO ASSΙNΙ

Dall'archivio dei ricordi... ALESSANDRA GΙUSΤΙΝΙΑΝΙ Ανsµονι

Collezionismo archeologico, editoria, documenti graci

Il collezionismo di scultura nelAantichii* ΑΝΤΟΝΙΟ Colui

Collezionismo di antichit?i e produzione di stampe: rodromi ed epigoni della Galleria Giustiniana ANGELA Gµiο rnνι

Museo o Galleria? Cassiano dal Pozzo e Vincenzo FRAicesco Sουνλs

iustiniani

Catalogo

Schede 1 -70 LAURA BUCCINO, Dλνιυλ Cλντmιο, CATERINA CANEVA, ANGI0LA CANEVARI,

GIUSEPPINA ALESSANDRA CELLiNI, Gιυιjλ Fuscoii, Ρλουνλ FRλνcλ, Sλiιλ MAGISTER 177

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Fontie documenti

Documento di pagamento delle matrici della Galleria. Giυ tiniana

ANGELA GALLOAAINI 425

Elenco manoscritto (sec. XVII) dei sdggetti delle tavole dei II torno della Galleria Giustiniana,

(Biblioteca Alessandrina Dq 18)

PAOLO PARIGI 437

Note su esemplari della Galleria Giustiniana conservati nelle Biblioreche rimane

PAoLO PARIGI 439

Relazioni tecniche

Per un recupero delle matrici Giustiniani. Indagini dίαgnοstίche e , imer.venti conservativi

GIUSEPPE TRAssARI FILIPPETTO 445

La ristampa delle matrici della Galleria Giustiniana

GIULIA Fuscoii - ΑΝΤΟΝΙΟ SAiiIio 471

Il restauro delle stampe della Galleria , Giustiniana

PAOLA BRUSA 475

Filigrane « 477

Il restauro dei rilievi Giustiniani .

DANIELA CANDILIO 481

Note biografiche dei disegnatori e degli incisori della Galleria Giustiniana

GIULIA Fuscoii - ANGIOLA CANEVARI . 489

La Galleria Giustiniana della Biblioteca Casanatense

ANGELA VICINI MASTRANGELI . ' . , 499

Le stampe della Galleria Giustiniana nell'esemplare della Biblioteca Casanatese

Schede tecniche bibliografiche

PAOLO PARIGI . , 511

Apparati

Tavola di concordanza 625

Bibliografia 637

Indici 652

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Presentazione

Le ragioni di una m οstτ'ϊ

Il fortunato ritrovamento a Genova nel 1983 da parte della Soprintendenza Archivistica della Liguria, di gran parte delle matrici delle tavole della Galleria Giustiniana tra le carte d'archivio della famiglia Giustiniani stato il primo aρito-lo d'un percorso, istituzionale e scientifico, che ha condotto fino allapresente mostra.

Le 280 lastre incise, subito date in esame per competenza alla Soprintendenza per i Beni Arti-stici e Storici della Liguria, sono state da questa ri-conosciute come matrici originali, incise per la stampa del "catalogo illustrato" in due torni delle antichit ι. del marchese Vincenzo Giustiniani (Chio 1564 — Roma 1637), come tali sono state vincolate nel loro insieme, ai sensi della legge n. 1089 del 1939, dalla stessa Soprintendenza e de-positate a Genova presso l'abitazione dell'esecuto-re testamentario dei Giustiniani (nonch ώ discen-dente anch'egli da un ramo della stessa famiglia), avvocato Massimo Fiamberti. Va sottolineato che l'atto del vincolo, per la prima volta imposto ad una raccolta di matrici, ne riconosceva l'eccezio-nale interesse corne opere d'arte in s, fondamen-tali per la comprensione della genesi delle stampe da essa derivate.

Giuliana Algeri, responsabile della pratica di vincolo delle matrici, rendeva quindi noto il loro ritrovamento in un essenziale contributo scientifi-co (apparso in "Χenia', 1985), che metteva in evi-denza ii notevole interesse culturale rivestito da

questa raccolta di lastre. Essa di grande signifi-cato non solo per la storia dell'incisione del Sei-cento, avendo partecipato all'impresa piU di 35 autori - tra disegnatori e incisori — di scuola fiam-minga, francese, italiana tra cui figure di altissimo livello per la storia dell'arte come Claude Meilan, Abraham Bloemaert e molti altri autori, come Duquesnoy, Lanfranco, Sandrart, Romanelli, Pie-tro Testa, che erano anche scultori o pittori. La raccolta riveste una particolare importanza anche per la storia della editoria romana (8 la prima nel suo genere), per quella dell'archeologia, in quanto documenta gli originali scultorei — alcuni dei qua-li oggi dispersi -, i loro-restauri, la lettura icono-grafica e stilistica che all'epoca se ne dava. Trat-tandosi d'un impresa concepita unitariamente dalla mente del Marchese Giustiniani, essa forni-sce inoltre illuminanti aperture anche sulla storia del gusto d'un aristocratico «amateur" a Roma at-torno al 1630, che come dire in uno dei mo-menti culturalmente- e artisticamente pi λ ricchi della storia della città e di quella dell'intera societ occidentale.

La corte di Urbano VIII Barberini, lo "studio" di Cassiano dal Pozzo hanno all'epoca in Vincen-zo Giustiniani forse il loro principale interlocuto-re nel campo del mecenatismo, del collezionismo, degli interessi antiquari, musicali.

Per tutte queste ragioni, l'Istituto Nazionale per la Grafica si sentito chiamato direttamente in causa nell'impegno di tutelare e valorizzare al meglio l'importante patrimonio di matrici seicen-

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tesche. Si ύ quindi concordato nei 1996 con laSo-printencienza per i Beni Artistici e Storici della Li-guria e con l'avvocato Fiamberti il trasferimento della matrici a Roma, presso la CaΙcοgrafa dell'I-

stituto Nazionale per la Grafica, per effettuarne l'analisi diagnostica, la pulitura, il restauro, la ri-stampa e uno studio scientifico approfondito.

Nel frattempo, l'Υniνersit ι degli Studi di Ri-ma La Sapienza sotto la guida della professoressa Silvia Danesi Squarzina portava avanti un vasto programma di studio delle collezioni di Vincenzo Giustiniani, soprattutto — ma non solo — relativo alle opere d'arte moderna, sfociato nell'importan-te mostra Caravaggio e i Giustiniani, tenutasi nel-io scorso inverno a Palazzo Giustiniani e poi pres-

sο l'Attes Museum a Berlino. La nostra αttίνίtα suite matrici della Galleria

Giustiniana ha rappresentato quindi, in qualche modo, un seguito e un completamento, piti circo-scritto e specialistico, della precedente iniziativa, re-lativo ad un assai significativo aspetto dell'attivitii collezionistica ciel marchese, quello delle opere an-tiche, cοnsideϊate all'epoca, per la loro rarit, anco-ra ρiιι preziose dei quadri e delle sculture moderne.

Questa considerevole αttίνίtà istituzionale, tec-nica e scientifica, che ha visto impegnati molti set-tori dell'Istituto, in particolare la Stamperia cΰn

Antonio Sannino e il Laboratorio Diagnostici per le Matrici con Giuseppe Trassari Filippetto, era stata gία presentata al pubblico in fase prelimina-re in occasione della Settimana per i Beni e le Αt-tίνίtα Culturali del 1998 e 1999 e viene ora ripro-posta nei suoi ris ultati finali nella presente mostra curata da Giulia Fusconi al cui impegno si deve l'ορροrtunίtα realizzare questo progetto. Nel-l'occasione si potranno esaminare le matrici inci-se, al momento del loro ritrovamento e dopo gli interventi di pulitura e restauro, le stampe e le edi-zioni storiche relative, le ristampe realizzate pressi l'Istituto, disegni e dipinti ad esse collegati e, ele-mento di grande nονit, si ροtrà mettere a con-fronto una selezione di tavole con i corrisponden-ti pezzi archeologici che hanno costituito i model-li per le incisioni, qυandό stato possibile con le opere scultoree originali espressamente avute in

prestito per l'occasione, negli altri casi con ripro-duzioni fotografiche delle stesse. A questo propo-sito, va aggiunti che con nostro grande rammari-ci, nui stato possibile ottenere in prestito tes-suno cόi marmi della collezioneTorlonia, maigra -do gli insistenti tentativi in tal senso.

L'originario aspetto della Galleria di Palazzo Giustiniani, con la sua fitta schiera di statue e di busti disposti su Rib file lungo le pareti, stata rie-vocata in mostra da un originale allestimento che ρermetter al pubblico di mettere a confronto la disposizione storica delle sculture e la lori se-quenza nella Galleria di incisioni. Il catalogo del-la . mostra d conto di tutti i percorsi tecnici e scientifici che hanno permesso di chiarire molti aspetti di questa notevole impresa editoriale: dare un nome agli autori di quasi tutte le matrici del-l'opera, avanzare interessanti ipotesi attributive su alcuni disegnatori particolarmente attivi in essa, come Giovanni Andrea Ροdest, Josse de Pape e, probabilmente, Pietro Testa; stabilire le tappe evo-lutive dell'impresa e la complessa rete di inter-scambi con il contemporaneo contesto artistico; raccogliere dati essenziali sulla prassi operativa se-guita al'epoca da una "accademia" di disegnatori e di incisUri, da una bottega di stampatori, con tutte je ρrοfessiοnαlίtà artigiane ad essa attinenti ("calde:ari", "lustratori" di rame, ecc.); analizzare, infine, in modo approfondito gli esemplari ar-cheologici che hanno costituito i modelli per cir-ca 60 tavole incise.

Ι saggi che precedono le schede di catalogo, a cominciare da quello storico introduttivo, chiari-scono :on competenza molti aspetti connessi a quello centrale o ne precisano alcuni risvolti critici.

Sono grata a tutti i collaboratori del catalogo della mostra, esterni ed interni all'Istituto, ai pre-statori ϊ iα pubblici che privati, alle Istituzioni che ci hanno generosamente agevolato, come la So-printendenza Archeologica di Roma, l'Istituto Centrae per il Catalogo e la Documentazione, la Sopriniendenza per i Beni Artistici e Storici della Liguria che nella fase iniziale del progetto ha col-laborato attivamente all'iniziativa; un grazie senti-to al prnf. Antonio Giuliano, per aver coordinato

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i contributi archeologici alle schede di catalogo e seguito da vicino, con la sua competenza e i suoi suggerimenti, la stampa dei volume.

Α conclusione di questa impegnativa impresa, mi sta ora particolarmente a cuore che questo im-portante patrimonio di matrici incise, una catego -

ria d'oggetti riconosciuti a pieno titolo come ope-re d'arte, possa trovare una destinazione definitiva

adeguata alle particolari esigenze di tutela e di va-lorizzazione che questo bene culturale riveste. Ve-nuta meno ormai da molto tempo la motivazione finanziaria che era alla base delle volont testa-mentarie del marchese Giustiniani (la creazione d'un fondo d'investimento con i frutti della ven-dita delle stampe, i cui interessi dovevano andare ai membri poveri della famiglia genovese), resta

ora, prioritario, il dovere di conservare, nel modo migliore, questo "tesoro ritrovato" che, sotto gli occhi vigili del marchese, si era andato formando a Roma, in parte negli ambienti stessi di Palazzo Giustiniani, divenuto per νοlοntà dei suo proprie-tario, sede d'una ' Αccademia di grafica", cοsΙ pro-duttiva di scambi e di risultati.

In questo senso auspico che il ricco fondo di rami possa rimanere presso l'Istituto Nazionale

per la Grafica, che non solo ρυδ garantirne una conservazione ottimale, ma che 13[16 anche ren-derlo fruibile al mondo degli studi.

Serenita Papa/do Direttore dell'Istituto Nazionale per la Grafica

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Τν: ΙΙ. ΑneΙο Caroselli, Αίίe οri'ι delLa Gαteriα Gisstiniana (Galatea e Ϊ gmaΙiω e). olio su tela, opern perduta, g ία Berlino, KaAser Friedrich Museum.

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Ι Giustiniani. Quattro secoli di ricchezze • Giovanni Assereto

Nel 1304 il genovese Benedetto Zaccaria -. am-miraglio, mercante, imprenditore e avventuriero d'alto bordo - si impadroui dell'isola di Chu, o Scio, come la chiamavano lui e i suoi compatrioti. I fratelli Zaccaria erano giα da quasi .quarant'anni padroni di Focea dove sfruttavano le miniere di al-lume, un prodotto insostituibile per l'industria tessile e conciaria di allora, ma usato anche nelle manifatture del vetro, dello zucchero, della carta e nella farmacopea. Questa importante posizione poteva perb essere difesa solo a patto che le vicine isole dell'Egeo - Chu e Mitilene, anzitutto - non cadessero in mano. turca, e a ciò bisognava prov-vedere in proprio, vista la debolezza militare del-l'impero di Bisanzio che vantava la sovranit no-minale su quei luoghi. Fu dunque una conquista strategica, tuttavia non priva di solide motivazio-ni economiche: Chio* non solo era ricca di pro-dotti naturali che ne facevano una delle gemme

preziose dell'arcipelago, ma era "l'isola ciel mastice", come la definivano i cronisti arabi. Una particolare ναrietà di Pistacia lentiscus, arbusto sempreverde che cresce spontaneo nella macchia mediterranea, qui e solo qui produce in abbon-danza la resina profumata che era allora ricercatis-sima, in Oriente e in Occidente, per la prepara-zione di unguenti, lacche, dolciumi, bevande, li-quori e profumi, o semplicemente come gomma da masticare. Se gli Zaccaria avevano dovuto fati-care per imporre sui mercati del mondo l'allume di Focea, vincendo la concorrenza di giacimenti non meno ricchi dei loro, per il mastice di Chio

non ebbero bisogno di alcun artificio commercia-le, perche' nessun'altra terra poteva produrre in pa-ri. quantit. quella merce preziosa.

L'accoppiata allume-mastice consenti a Bene-detto e ai suoi familiari enormi profitti, interrotti nei 1329 dalla riconquista bizantina tanto di Chio quanto di Focea; ma i Genovesi, ormai ben con-sapevoli dell'importanza di quei traffici, non tar-darono a riprenderne il controllo. Nei 1346 una flotta di galere proveniente da Genova al coman-do di Simone Vignoso riconquistb le terre perdu-te diciassette anni prima. L'azione militare fu compiuta in nome della Repubblica, ma era di fatto un'impresa di armatori che agivano per con-to proprio; d'altronde la Repubblica stessa non aveva ne' mezzi ne' intenzione di rimborsare le spe-se di quella spedizione, cosicche' ii 26 febbraio 1347 si stipuΙδ un accordo in base al quale Geno-va si riservava ii dominio eminente di Chio e Fo-cea, con la giurisdizione civile e criminale da eser-citare mediante propri ροdestα e castellani, non-che' un diritto di riscatto del tutto platonico e mai esercitato; mentre il dominio utile, cίοè io sfrutta-mento delle risorse economiche, spettava ai priva-ti che avevano allestito la flotta del Vignoso e che componevano una mama o compera, vale a dire una sοcietα di tipo commerciale, la quale ebbe il monopolio della coltura dei ientisco e dei com-mercio dei mastice, come pure dell'estrazione e della vendita dell'allume.

Questa societ, specie nei primi anni, conobbe diverse traversie, cambi δ piU volte titolari e diede

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ό Giovanni Assereto

1. Isola di Chu, in: InsulaeArcip elagi, ms., sec. Χ\ί, cooia del Liber Ιnstώz υυm Archipelagi di Cristoforo Βυοndemιrnti (Roma, Biblioteca Casanatense, Iss. 106, c. 53r). Nella parte sud-orientale dell'isola indicata la presenzaile -gli "arbores masticis", da cui in grande abb οnJ ιzi si estraeva la resina. Nel testo si sottolinea la completa man-canza di tali arbusti nella zona settentrionale.

vita a clue differenti consorzi tra di loro in ccnrnt-to, la Manna Vecchia e la laina Nuova. Nel 1352, proprio per comporre un dissidio tra le due mao-ne, il doge Simone Boccanegra impose un cοm-promesse che, fattI, salvi gli interessi della Ν chia, affidava la gestione dell'isola alla laina Νυιaνa la quale da allora l'avrebbe tenuta Lino al. Ι5 .6. Fu proprio . in tale occasione che i membri di qe-st'ultima azienda, dal nome del palazzo in cii es-sa aveva sede, assunsero il cognome colletώτo di Giustiniani, formando una di quelle associ2ziο.ni familiari tipiche del mondo medievale genovese, gli alberghi. che riproducevano le antiche cαιs:r-terie nobiliari, ma con carattere . essenzialmente economico. Dal 1362, percib, quasi tutti i mio-

nesi si zhiamarono Giustiniani, e in questo nuovo nome annullarono quello della famiglia di origine ( Canneti, Campi, Banca, Longo, Oliverio, For-feti, Garibaldi, Negro e altri ancora), o al pin lo conservarono come accessorio, magari premetten -divi un ohm. Furono dunque una stirpe sui gene-ris, cementata non dai legami del sangue ma da quelli dell'interesse, e tuttavia, o proprio per.que-sto, assai solida, capace di agire nei secoli come un clan es:remamente compatto e di crearsi una for-tissimi identità, a dispetto . del fatto che via via nuovi azionisti - e quindi nuovi Giustiniani - en-travanc' a far parte della sοcieώ . L'ammnistrazione stessa della laina, che ripro-duceva quella a carattere . familiare degli Zaccaria, spingeva in questa direzione: a rinsaldare il senso di sοliC αrίetà tra i maonesi, il raccolto del mastice o l'allume estratto non erano ripartiti tra i corn-partecipi, bensY venduti in blocco, e solo in segui-to i prcfitti - dedotte le spese di produzione e tra-sporto, quelle per la difesa dell'isola, nonch&i tri-buti pagati al basileus di Costantinopoli o al sulta-no ottcmano per garantirsi la loro benevolenza - venivaro divisi tra gli aventi diritto, ciοè tra i de-tentori dei singoli "carati" o ' ζluoghi) in cui era suddivisa l'impresa. La famiglia o la socieώ. - i due termini, l'abbiamo detto, erand del tutto inter-cambia3ili - aveva le proprie istituzioni, i governa-tori, tra sorta di duplice consiglio di ammini-strazioEe con sede sia a Chu sia a Genova. Nella madretria essi. tutelavano, i privilegi fiscali e commerciali dei maonesi; si garantivano, ogni volta cEe lo ritenevano necessario, l'appoggio pi-litico-d:plomatico della. Repubblica; . partecipava-no alle lotte di fazione della città . (nobili contro popolari, bianchi contro neri), ma sempre con nο schieramento trasversale che aveva di mira non la supremazia di questo o quel partito, bens l'inte-resse dell'azienda; e infine utilizzavano Genova come centraleoperativa o come serbatoio di capi-tali per le lori 'speculazioni e i loro traffici, estesi dal Mar Nero al Mare del Nord. Nel Quattrocen-to la bio presenza in città, nonostante molti si fossero :rasferitia Chu, rimaneva infatti ragguar-devole. per numero e per ricchezza: erano uno dei

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cf ν [11. ,. r t

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clan ρi λ popolosi, almeno quanto le pii'i potenti famiglie d'origine feudale come i Doria e i Gri-match, e quasi tutti i membri Liguravano tra i pifi tassati, a cominciare cia quel Francesco Giustinia-ni ohm Campi che nel 1458 era il maggiore con-tribuente cli Genova. In cίttà. possedevano inoltre una propria conestagia, cίοè un importante nucleo abitato intorno alla Piazza Lunga o, come ancor oggi si chiama, Piazza dei Giustiniani: un quartie-re urbano che ben presto si sarebbe duplicato e tri-plicato nelle residenze di villa sorte sulle colline di Carignano e dl Atbaro. Genova era d'altronde la grande piazza commer-ciale che controllava le esportazioni del mastice e dell'allume verso la Sicilia, l'Italia del nord, la Ca-talogna, Ceuta, Parigi, Bruges e Londra. Mentre Pera - cίοè il quartiere genovese di Costantinopo-li - era la principale base dei trafΗci orientali. Per il mastice, il deposito centrale dell'intero raccolto si trovava a Chu, ma vennero creati depositi su-balterni a Genova per il mercato occidentale e a Rodi per quello orientale. Quanto all'allume - quello di Focea controllato dai maonesi, ma anche quello di Mitilene e di altri giacimenti bizantini e turchi sfruttati dai Gattilusio e dai Lomellini, o ρiό tardi da Francesco Draperio - esso rimase fino alla

metà del Quattrocento monopolio dei gruppi

mercantili genovesi, i quali lo stoccavano proprio a Chu, da dove partiva per i principali porti del Mediterraneo, delle Fiandre e dell'Inghilterra, mentando un commercio che allora era forse il pii'i importante tra quelli esercitati dagli occiden-tali in Levante. Chio significava anche, per i Giustiniani, una se-rie di traffici redditizi aventi come oggetto il sale, la pece, il vino, l'olio e altri prodotti agricoli del-l'isola o dei territori circostanti. Ma soprattutto essa era, con Pera e Caffa, uno dei tre grandi em-pori della "Romania genovese". Nei documenti dell'epoca veniva definita "l'occhio dritto dι Ge-nova", o il "caput omnium lanuensium in terris transmarinis", come tale capace di rappresentare, per la famiglia che la controllava, una formidabile base di potere tanto sullo scacchiere internaziona-le quanto entro le mura della madrepatria. Α dif-

2. Lentiscus vu/garis, in: Liberato Sabbati, Selecta rum plan-

'-arum Horti Βαtanici Romani Icones..., ms., Roma 1770 (Roma, Biblioteca Casanatense, 0.11.20 CCC, e. 53r).

ferenza di altri insediamenti d'oltremare, era un'i-sola esclusivamente genovese, una colonia nel pie-no senso della parola, dove l'αutοrità dei cives ja-nuenses - in questo caso i maonesi - si esercitava senza alcuna restrizione e si sarebbe protratta sen-za soluzioni di cοntίnuità per 220 anni, resistendo pifi di ogni altro possedimento all'avanzata turca. La posizione di forza era garantita anche da un'al-leanza con la dinastia genovese dei Gattilusio, pr'incipi-corsari che a metà. del Trecento avevano favorito il ritorno di Giovanni Ν Paleologo sul trono di Bisanzio venendone ricompensati col possesso di Mitilene, e che nella prima metà. del Quattrocento dominavano anche le isole di Lem-no, Samotracia, Taso, Imbro e Tenedo, oltre ad al-cune terre in Tracia e in Asia Minore, cοsicch Chio si trovava alla testa di un piccolo impero co-loniale che controllava l'Egeo e gli Stretti.

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8 : -Giovanni Assereto

Α quest'epoca Chi ο era divenuta senza dubbio un centro nevralgici nella rete di trasporti che colle-gava il medio e l'estremo oriente con l'Europa oc-ciclentale. Se all'inizio ciel Duecento, quando le grandi correnti di trafHco est -ovest facevano capo soprattutto alla Siria, l'isola era in posizione mar-ginale, in seguito gli insediamenti genovesi nel Mar Nero, l'intensificarsi dei traffici sull'asse Τa na-Caffa-Costantinopoli, 1' apertura della via mongola e la sempre maggiore importanza delle allumiere. di Focea avevano dato a Chu un ruoli assai piiti rilevante. Tra la seconda meth dei Tre-cento e la prima dei Quattrocento, poi, l'avanzata turca conferi all'isola una posizione ancor pii'i stra-tegica. Brussa era ormai una grande capitale nella quale convergevano le strade delle spezie e della seta, dell'incenso d'Arabia e delle perle del golfo Persico, e Chio era abbastanza vicina per approfk-tame e svolgere una lucrosa attivii ώ. di- intermedia-zione commerciale e fmanziaria nei confronti del-l'Occidente: un' αttiνith che riguardava anche altre merci preziose come quelle - della Crimea, del Caucaso e dell'Asia centrale - schiavi, pellicce, gia-da - in arrivo attraverso il Mar Nero e gli Stretti, o quelle dei Balcani - ancora schiavi, e p-ii cereali e minerali metalhiferi della Serbia - che giungeva-no dai porti greci e macedoni; mentre da occiden-te a oriente vi facevano scalo le navi genovesi che trasportavano manufatti italiani-, ma anche olio spagnolo o mercurio di Andalusia. - -

Sull'isola i Giustiniani - secondo un modello che sarebbe poi stato applicato dai Genovesi in Sicilia, nelle Canarie, a Madera, nelle Azzorre e nelle iso-le del Capo Verde - impiantarono- un'agricoltura intensiva di tipo coloniale, tutta finalizzata al mer-cati internazionale. Il mastice, come si detto, rappresentava il prodotto di gran lunga- pifi im-portante, oggetto in alcune zone di un'autentica monocoltura, realizzata sia da colini chioti, sia dai numerosi genovesi attirati a Chio dalla promessa di immunità e privilegi, ma sempre stretta- mente promossa e controllata dalla laina. Cari-cata su navi liguri o di altra naziοnalit, la resina prendeva - la via di Genova o della Francia meri-dionale, ma piιι spesso era destinata ai mercati di

Siria,cAEgitto e dei Nordafrica, o a Brussa, da-do-ve poteva giungere sino in Persia. -Dovunque frut-tava gran quantit- di denaro contante, o era un'ot-tira merce di scambio per assicurarsi in modi vantaggioso i piό - diversi prodotti orientali, non sί l,o quelli di lusso, ma anche le mercanzie "pove re per le quali i Genovesi andavano specializzan-dosi: i grani e il riso dell'Asia Minore, ad esempio, o le materie prime industriali come il cotone, la lana, i coloranti e la noce di galla, il rame e il fer-ri, il legname e lapece. -

Tra queste ultime un posto del tutto particolare spettava all'allume,- che- per quαntith ma anche per rilevanza economica era la principale voce - delle esportazioni controllate dai Giustiniani. In questo settdre strategico i mercanti genovesi detenevano un monopolio quasi- assoluto, e la laina se n'era accaparrata la parte maggiore e pill ricca, con - una concen:razione di capitali e un dispiego di tecni-che commerciali che non avevano eguali specie a partire dal 1449, quando a Chio si-formb un va-sto "cartello" - del quale i --Giustiniani erano ma-gna ρa, unitamente al loro compatriota France-sco- Draperio - che controllava tutta la produzio-ne, il t1sρorto e la vendita dell'allume d'oriente.

Propri& Chu divenne allora il centro assoluto di questo commercio; l'unico luogo di stoccaggio e l'unico οοrtο in cui fosse consentito caricare le na-vi dirette in Italia, nelle Fiandre, in Inghilterra. Prima che i-1 secolo seguente Vedesse le straordina-rie -speculazioni finanziarie nella penisola - iberica e le mirabolanti alchimie bancarie delle fiere di "Bi-senzone' e di Piacenza, fu la piccola isola dell'E-geo il- -centro dei ρi λ cospicui affari genovesi sulla scena internazionale. Su questo vivacissimo universo mercantile e im-prenditoriale, giunto proprio allora al suo apice, l'offensiva di Maometto II il Conquistatore ebbe naturalmente effetti di grande portata. Nel 1453 la cadu:a di Costantinopoli (e quindi. di - Pera) sembrò per un attimo addirittura far aumentare l'importanza di Chio; ma traiΙ 1455 -e il -1462 vennerσ ocYupati tutti i possedimenti dei- Gattilu-sii e, quel che peggio, nel 1455 la laina per-dette-- Focea - con le sue ricche -allumiere,- mentre

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una flotta turca - alla cui testa era Franc ά Dra-peril, che aveva dei conti cia regolare con i Giu-stiniani - tend) di impadronirsi della stessa Chu. Se quest'ultima resistette, ciò dipese un parte dai valore dei suou difensori, un parte dalla logica del-l'economia, un base alla quale faceva pur sempre comodo anche agli Ottomanu l'esistenza cli un emporio nei quale Oruente e Occudente potessero trovare un punt& di contatto. Ma il colpo fu du-rissimo: i carati della laina, che nel 1450 su yen-devano a 12.000 scudi d'oro, dieci anni dopo va-levano meno della met. Pesb soprattutto la Line dei monopolio sull'allume: per qualche anno an-cora gli stock ammassati a Chio permusero di rea-lizzare buoni guadagni, ma pou quel capitolo su chiuse per sempre. Nel 1462 la scoperta di nc-chissimu giacimentu suu monti della Tolfa presso Cuvitavecchia avrebbe avviato un nuovo "ciclo dell'allume" nel quale, come vedremo, i Genovesi e gli stessi Guustiniani erano, destinati a svolgere un ruolo importante, ben lontano perb dall'ege-monua esclusiva dei passato. . . Prima ancora che u mutati equilibri politici in Le-vante riducessero le loro entrate e la loro hbertà di operare in quello scacchiere, i Giustiniani avevano provveduto ad allargare il ventaglio delle umprese e a differenziare gli unvestimentu, secondo una prassi che era d'altronde abutuale tra le famiglie genovesi dedite alle speculazuoni d carattere inter-nazionale. Nella madrepatria dove, come abbiamo visto, cόntinuavano a risiedere molti membri ciel-l'albergo, i Giustiniani erano abitualmente dediti

αll'αttiνitα commerciale e bancaria: a me-6. del Quattrocento la banca facente capo a Giacomo e Paolo Giustiniani era tra le maggiori della citt, aveva forti interessi nel Banco di San Giorgio (nel 1460 troviamo infatti Paolo tra i Protettori di quell'istituto, e cinque anni dopo vi siede un Bat-tista Giustiniani), finanziava traffici marittimi, anticipava materie prime , alle manifatture e si fa-ceva rimborsare in prodotti finiti che provvedeva poi a commercializzare. Tra gli esponenti della laina non mancavano naturalmente gli armato-ri, i "patroni" e i capitani marittimi, personaggi in cui le figure del mercante e del corsaro si mescola-

vanό intimamente, come quel Leonardo Giusti-nani del quale possediamo i conti di un viaggio da Chio a Genova, dove risulta che la cattura di un legno nemico poteva rendere assai piό dei f01 sul carico. Ε nell'impero coloniale ciel Levante non era solo l'Egeo il luogo della presenza dei Giusti-nani: basti pensare al caso put famoso, quello di Giovanni Gi'itinani Longo il quale era stato p0-desti di . Caffa in Crimea, prima di illustrarsi nel 1453 come eroico difensore di Costantinopoli, dove peraltro combatteva i turchi per conto pro-pnio, con la promessa d'essere infeudato del duca-to di Cipro. Una delle grandi speculazioni genovesi nel Medi-terraneo, lo sfruttamento dei banchi di corallo, vedeva i Giustiniani ai primi posti. Α metii dei Quattrocento un Nicola Giustiniani era tra i mag-giori "caratisti" della societ. attiva nel principato barbaresco di Tunisi, mentre due fratelli della stes-sa famiglia emno azionisti di quella che pescava corallo ad Aighero. Sulle coste tunisine i Giusti-niani (insieme con i De Franchi, gli Spinola e so-prattutto i Lomellini, che avrebbero infine mono-polizzato i ricchissimi banchi dell'isola di Tabarca) rimasero a lungo, contribuendo alla formazione di uno dei maggiori insediamenti genovesi nel Nor-dafnica. Questa tendenza alla diaspora e alla ricerca di di-verse occasioni d'investimento non fece che ac-centuarsi, come ovvio, man mano che il ripiega-mento degli iffani di Chio liberava uomini e capi-tali verso altre direzioni. cοsl che ben presto, nel quadro di una presenza ligure che andava intensi-ficandosi a cavallo tra Quattrocento e Cinquecen-to, troviamo altri Giustiniani attivi in Sicilia dove, con alcune delle principali famiglie patrizie geno-vesi (Salvago, Gnimaldi, Centunione, Spinola, Cattaneo, Pinelli), controllava,no i traΙιci pifi lu-crosi dell'isola: assicurazioni, armamento maritti-mo, prestiti pubblici e privati, acquisto di feudi e di

uffici, benefici ecclesiastici, tonnare, e soprat-

tutto esportazione dei grani e della seta grezza. Ancor put rilevante e pervasiva era la presenza nel Mezzogiorno continentale, tanto nella capitale quanto nelle prdvince. Qui, come noto, tra la fi-

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Ιο Giovanni λseretο

ne dell'età aragonese e l'inizio del Viceregno spa-gnοlο i Genovesi sferrarono un vero e proprio as-salto alle risorse del regnο di Napoli con una stra-tegia tentacolare che sarebbe. andata perfezionan-ιίosi nel corso ciel XVI e dei XVII secdlo, colle-gancio l'αtt ίνίtà mercantile e bancaria, la gestione delle Linanze pubbliche, le infeuclazioni, l'accu-mulo di cariche civili ed ecclesiastiche. Ε i Giusti-niani avrebbero ampiamente partecipato illa spar-tizione del bottino, prestando denaro alla corona, accaparranclosi baronie e diocesi, trafficanclo in sete cli Calabria, in lane d'Abruzzo, in grani oli e vini di Puglia. s

In un'altra parte dell'Italia spagnola, il ducato di Milano, dove la finαnzα di Genova ea penetrata fin dai tempi degli Sforza, Ottobono Giustiniani era a meth. del Cinquecento und dei capitalisti maggiormente impegnati nei prestiti pubblici,

unitamente ai compatrioti Agostino Spinola, Ada-mo Centurione, BartoiomeoSauli,Jacobo ί ybo e Tommaso Μarinο Una presenza, quella dei Giu-stiniani nella capitale lombarda, destinata ad au-mentare nei decenni successivi, insieme coi pro-gredire degli affari gestiti dalla colonia genovese. Nel corso del Cinquecento troviamo qualche esponente de ΙΙa famiglia anche in Francia, :segna tamente a Lione, dove a meti del secolo la colonia ligure era di gran lunga la piii ricca. Altri ve n'era-no nelle Canarie, per sfruttarvi quelAagricoitura di piantagione - qui basata essenzialmente sulla. can-na da zucchero - della quale essi avevano una se-colare esperienza maturata nelle isole egee. Natu-ralmente non potevano mancare ad Anversa, che era allora la capitale mercantile e finanziaria del-l'Europa nord-occidentale; ma se ne trovavano an-che su piazze di minor rilievo, quantunque im-portanti, come Ginevra e Colonia, nοnché a Lon-dra, dove sui finire dei ΧνΊ secolo facevano L parte di quella galassia di mercanti genovesi: ruotanti in-torno a Orazio Pa!lavicinο, il grande finanziere di Elisabetta Ι che era, guarda caso, figlio di quel Ti-bia Pallavicino il quale aveva realizzato colossali guadagni come appaltatore delle allumiere di ToI-fa, cίοè con il traffico d'una materia prima che in tempi pui lontani era stata la principale risorsa dei

Giustiniani stessi, e nel quale essi seguitavano ad avere importanti partecipazioni Inutile dire che nel Cinquecento e nel primo Sei-cento, :ra quei ventimila o piiiL genovesi insediati nei regti di Castiglia e di Αragσna ad esercitare - secondo il giudizio di Traiano Boccalini ii me-stiere di "sanguisughe" della coiona e dell'ecόno-mia spagnola, c'erano anche numerosi Giustinia-ni. Operavano a Siviglia, a Cadice, a Malaga, ad Αlicani, a Valenza e naturalmente a Madrid, do-Ve risiedeva ii flot flore dgii asentistas, i grandi prestatori che a caro prezzo mantenevano in piedi ι bilanci dei Re Cattolico e finanziavano le sue guerre. Nobili vecchi soprattutto, appartenenti al le grandi casate feudali dei Doria e degli Spinola, dei Grimaldi e dei Paliavicini, ma tra i quali i pilι intraprendenti dei nobili nuovi, come i Giustinia-ni appunto, avevano saputo prendere posti e par-tecipare al grande saccheggio delle ricchezze iberi-che e d1 tesoro americano. : Infine, ultima ma :non certi meni importante, c'era una significativa presenza dei Giustiniani a Roma. qui una nutrita colonia genovese si venne insediarido a cavallo del Ι 5σσ, grazie soprattutto ai due pontificati dei liguri Sisto IV (1471-1484) e Giulio II (Ι5σ31513), e nel corso del XVI se-colo ncn fece che crescere di numero e d'impor-tanza, occupando alcne delle principali cariche finanziarie e ottenendo per non pochi dei suoi membr la berretta cardinalizia.- I Giustiniani non avevano atteso l'occasione favorevole determinata

da quei pontificati per iniziate όd interessarsi de-gli aarι romani. La loro "testa di ponte" era sta-ta, anccra una volta, il mercato internazionale dei l'allume. La scoperta dei giacimenti di Tolfa aveva messo aelle mani della Camera Apostolica una straordinaria risorsa, con -la Lquale essa contava di finanziare la Cassa della Crociata; ma per com mercialzzare il prodotto occorrevano strumenti e conoscenze adeguate, ed era percib indispensabile rίcοrrere a quei grandi mercanti -finanzieri, geno-vesi antuttο, gi esperti in questo tipo di trarncL Fu cisl che i Giustiniani, unitamente ad altri spe-culatori di Genοva poterono entrare fin da subi-to nell'affare,- riprendendo -le fila di un'impresa

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Ι Giustinitsni. Quattro secoli di ricchezze ΙΙ

che a Chίο si era appena interrotta. t vero che do-vettero ben presto subire un'agguerrita e vittorio-sa concorrenza da parte dei loro antagonisti tosca-ni, primi fra tutti i Medici, ma da allora non mol-larono mai dei tutto la presa, e verso la metà del Cinquecento ritornarono trionfalmente - a segui-to dei conterranei Sauli, Grimaldi e Pallavicini - a controllare quel traffico estremamente iucroso. Frattanto la laina conservava il possesso di Chio, la cui importanza economica era certo sce-mata per la perdita delle altre colonie genovesi nello scacchiere orientale (tra cui, gravissima, la caduta in mano turca di Caffa nel 1475) e per i tributi sempre pi1 forti che occorreva pagare per tenere a bada la Sublime Porta, ma che nondime-no continuava a rappresentare un notevole cespi-te di guadagni sia per le sue produzioni ed espor-tazioni, sia come emporio del grande commercio marittimo, tanto che ancora nell'anno della cata-strofe la laina riusd a distribuire del discreti cli-videncli. Se infine anche l'isola dei Giustiniani venne conquistata dai Turchi nel 1566 - ben qua-rantadue anni dopo Rodi e solo quattro anni pri-ma della caduta di Cipro, ultimo baluardo cristia-no in Levante - cib dipese da una complessa con-giuntura internazionale in cui rientravano, fattori assai diversi: la politica espansionista di Solimano il Magnifico, il grande duello mediterraneo tra la Spagna di Filippo ΙΙ e l'Impero Ottomano, l'inse-rimento di Genova nell'orbita spagnola, il tra-monto della potenza navale genovese, il crescente disinteresse della Repubblica di S. Giorgio per lo scacchiere orientale, e infine lo stesso ripiegamen-to economico di Chio, che rendeva sempre ρ iό onerosi i tributi da corrispondere al governo di Istanbul. Conquistata dalla flotta del kapudanpascia Piali, l'isola ciel mastice divenne dunque turca, e quel-l'avvenimento ebbe risvolti tragici. Molti Giusti -niani - tra i quali il ροdestà Vincenzo, i dodici go-vernatori della laina e altri importanti membri della famiglia - vennero fatti prigionieri e depor-tati a Costantinopoli e a CaΙΤa; alcuni giovinetti, costretti ad abiurare per divenire giannizzeri, ri-fiutarono e aifrontarono il martirio,, in virtό del

quaΙeόoho canonizzati dalla Chiesa e immorta-lati in una grande tela che, pagata con il denaro degli stessi Giustiniani, nei Settecento avrebbe de-corato la sala dei Minor Consiglio nel palazzo Du-cale di Genova. Ma accanto a questi episodi dram-matici. vi fu anche la vicenda assai piό normale di quei numerosi Giustiniani che continuarono a ri-siedere e ad operare nell'isola, sotto l'ombrello della pax is/amica, e di quegli altri che riuscirono ad abbandonare Chio all'atto dell'invasione turca e a raggiungere, certo pagandone il prezzo, un esi-ho dorato: confortato dai capitali trasportati seco

e da quelli, pilι ragguardevoli, che gι si erano prudentemente costituiti altrove.

Tipico fu il caso di Giuseppe Giustiniani i/im Negro, il quale se ne parti da Chio portando con sé cinque figli - i due maschi Benedetto e Vincen-zo, quest'ultimo di appena due anni, e tre femmi-ne - e se ne venne a Roma sicuro di trovare nella capitale pontificia appoggi in fl uenti e vaste occa-sioni di investimento. Qui poteva infatti contare - come sappiamo - su una presenza ormai secolare di esponenti della sua famiglia, e aveva un solido punto di riferimento nel cognato Vincenzo Giu-stiniani, nato a Chio nel 1519, 'generale dei Do-menicani, che era stato figura 'di spicco al concilio di Trento e che sarebbe stato elevato alla porpora cardinalizia da Pio V'nel maggio del 1570. Con un simile alleato e con una buona dίsροnίbilità di denaro, Giuseppe non tardb a segnalarsi tra i fi-nanzieri piU intraprendenti nella Roma della Controriforma, vale a dire in una città. tutta pro-tesa alla conquista di uno spazio mondiale e alla costruzione di se stessa come centro e come luo-go-simbolo del cristianesimo universale.

Nel Cinquecento, corne noto, Roma fu presa d'assalto dai' grandi speculatori finanziari, e tra es-si furono i Toscani e i Genovesi a prevalere con al-terne fortune: piό numerosi i primi, piό agguerri-ti i secondi, che non per nulla riuscirono a trion-fare proprio nel momento decisivo, cίοè quando si trattb di finanziare le grandi opere edilizie di Sisto V. Ι campi di investimento erano molteplici, e di questi nessuno fu trascurato da Giuseppe e, suc-cessivamente, dai suoi figli. Entrato con qualche

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Giovanni Assereto

quota nell'affare dell'allume, nel 1580 Giseρρe Giustiniani poteva già figurare tra gli appaltatori della Dogana dei Pascoli, e all'aprirsi dei pontifi-cato di Sisto 1 (1585-1590) egli aveva spalle ab-bastanza solide da impiegare so 'mm& favolose nei grandi prestiti aperti da quel papa, che furono sot-toscritti per la maggior parte da un trrnmvirato composto appunto da lui, da Giovanni Agostino Pinelli anch'egli genovese, e dall'ebreo portoghese Giovanni Lopez.

In quel periodo, nel 1587, egli marito una propria figlia con Orazio Bandini, ramρollσ di 'quel Pieran-tonio Bandini che era tra pil"i ricchi banchieri fio-rentini di Roma, ma che di h a poco si trovb in dif-£Ιcolt, e fu proprio Giuseppe a soccorrerlo, climi-strando quanto solida fosse ormai la sua posizione Le due figlie minori le avrebbe ben presto accasate altrettanto bene, la seconda a un Monaldeschi e la

3. Stemma Giustiniani, in: Stemmi Genti ιizi" ΙeίΙe pii' illustri Famiglie Romane, ms., sec. XVII-XVIiI '(Rο'rna 'Biblioteca Casanatense, Iss. 4006, n. 397).

terza a in Massimi. Nell'aprile ciel Ι 588 'le gazzette rimant-, definendo i Giustiniani "magnati della fi-

' nanza genovese' a Roma", riferivano che essi aveva-ni ricevuto da' Genova venti casse contenenti 40.000 reali, pari a ben 1.176 kg. di argento, e li avevano fatti riconiare dalla' zecca' romana. Un tra-sferimento ingente ma non inconsueti, visto che la loro banca era frai maggiori terminali, 'nella capi-tale pontificia, del denaro in arrivo dalla citta ligu-re per essere impiegato ad alti tassi 'd'interesse nei "mοπti, vale a dire 'nei'prestiti» pubblici; e conter-poraneamente fungeva» da intermediaria per un'al-tra circolazione monetaria che dal 'regno 'cli Νa οli, attraverso Roma, raggiungeva' Genova e di 11 Mila-ni i le Fiandre, act alimentarvi le sρee'militari' del-la corona spagnola. '

Lapertira di prestiti colossali non silo prosegui ma addirittura si accrebbe sotto Clemente VIII (1592-1605), e Giusepp 'e ne sottoscrisse la mag-gior parte, da solo o' in sοcietà con i Pinelli. Frat-tanto' non disdegnava altre forme di speculazione, come quella sulle importazioni dalla Sicilia di gra-ni destinati all'annona romana Tra il 1592 e il 1605, degli ingentissimi quantitativi che raggiun-seri CLvitavecchia' provenendo dai "ca ήcatοi" di Sciacca e di Αgrigentο, una parte cospicua venne infatti moνimentata" da Giuseppe e da suo figlio Vincenzo, i quali realizzarono guadagni notevoli

grazie agli alti prezzi spuntati nella capitale ponti-fκla e al semimonopolio che i 'Genovesi deteneva-no sul»rnercato granario ‚ dell'isola; senza contare che Vincenzo, ricoprendo a lungo la' carica di De-ρositar Ιo' dell'Abbondanza, non silo' controllava la gestione degli acquisti,' ma anticipava' aΠ'annona il denaro necessario, e lucrava i relativi interessi.

‚Αccαntο ai»prestiti ', all'intermediazione bancaria e a quella commerciale, l'altro grande filone ' degli ffarι di quel tempo era d'altronde rappresentato

proprio dall'acquisto delle' cariche, con' particolare prefereaza per quegli uffici finanziari 'i' quali, oltre

'ad ' essere di per sé molti' redditizi, consentivano un ampio controllo dei flussi di danaro ruotanti

"intorno alla Curia romana. 'Tale appunto 'la De-positer:a dell'Abbondanza di cui' si ' detto, 'ma ta-le soprattutto 'la Depositeria della' 'Camera' Api-