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Verifiche di resistenza delle membrature 1 7. VERIFICHE DI RESISTENZA DELLE MEMBRATURE Si prescinde, in questo punto, dai fenomeni di instabilità. 7.1 Trazione Deve risultare: d eff d N f A N = σ ove A eff è l’area effettiva. L’area effettiva coincide con l’area del profilo o con la sua sezione netta A n (detratta cioè l’area dei fori, assumendo come tale quella minima corrispondente o alla sezione netta o al profilo spezzato) quando il profilo è collegato simmetricamente al suo baricentro. Inoltre : 1.- Nel caso di angolari singoli collegati ad una sola ala (fig. 1.7 a) l’area effettiva può essere assunta pari a: 2 2 1 1 1 eff A A A 3 A 3 A A + + = dove A 1 è l’area netta dell’ala collegata e A 2 l’area dell’ ala non collegata. 2.- Nel caso di coppie di angolari soggetti a trazione, connessi tra loro almeno ai terzi della lunghezza e collegati al medesimo lato della piastra (fig. 1.7.b) l’area effettiva di ogni angolare risulta: 2 2 1 1 1 eff A A A 5 A 5 A A + + = 3.- Nel caso di coppie di angolari tesi, connessi almeno ai terzi della lunghezza e collegati ai due lati della piastra di nodo (fig. 1.7.c) l’area effettiva è pari all’area totale dei due angolari depurata dai fori. 4.- Nel caso di profilati a C, collegati sull’anima e a T (fig. 1.7. d, e, f, g) si applicano i criteri dei punti 2 e 3. 5.- Si deve evitare di regola l’impiego di profilati a I e a C sollecitati prevalentemente a trazione, collegati su una sola delle ali (fig. 1.7. h,i) Le indicazioni precedenti sono riportate nella norma UNI 10011 (§ 6.2.1). Fig. 1.7

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Verifiche di resistenza delle membrature

1

7. VERIFICHE DI RESISTENZA DELLE MEMBRATURE Si prescinde, in questo punto, dai fenomeni di instabilità.

7.1 Trazione

Deve risultare: deff

dN f

A

N≤=σ

ove Aeff è l’area effettiva. L’area effettiva coincide con l’area del profilo o con la sua sezione netta An (detratta cioè l’area dei fori, assumendo come tale quella minima corrispondente o alla sezione netta o al profilo spezzato) quando il profilo è collegato simmetricamente al suo baricentro. Inoltre : 1.- Nel caso di angolari singoli collegati ad una sola ala (fig. 1.7 a) l’area effettiva può essere assunta pari a:

221

11eff A

AA3A3

AA+

+=

dove A1 è l’area netta dell’ala collegata e A2 l’area dell’ ala non collegata. 2.- Nel caso di coppie di angolari soggetti a trazione, connessi tra loro almeno ai terzi della lunghezza e collegati al medesimo lato della piastra (fig. 1.7.b) l’area effettiva di ogni angolare risulta:

221

11eff A

AA5A5AA+

+=

3.- Nel caso di coppie di angolari tesi, connessi almeno ai terzi della lunghezza e collegati ai due lati della piastra di nodo (fig. 1.7.c) l’area effettiva è pari all’area totale dei due angolari depurata dai fori. 4.- Nel caso di profilati a C, collegati sull’anima e a T (fig. 1.7. d, e, f, g) si applicano i criteri dei punti 2 e 3. 5.- Si deve evitare di regola l’impiego di profilati a I e a C sollecitati prevalentemente a trazione, collegati su una sola delle ali (fig. 1.7. h,i)

Le indicazioni precedenti sono riportate nella norma UNI 10011 (§ 6.2.1).

Fig. 1.7

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Verifiche di resistenza delle membrature

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7.2 Compressione Prescindendo dall’instabilità deve risultare, per gli stati limite:

dd

N fA

N≤=σ

dove A è l’area nominale del profilo al netto dei fori.

7.3 Flessione Le tensioni normali negli elementi inflessi si calcolano considerando il momento d’inerzia della sezione depurata dalla presenza dei fori. E’ possibile tenere conto di un adattamento plastico ψ ≥ 1 per aumentare il modulo di resistenza. La norma CNR UNI 10011 propone il seguente calcolo : definito il momento elastico Me =Wfy (W modulo resistente, fy tensione di snervamento dell’acciaio) si determina il valore del momento ψMe che produce una freccia residua vr in mezzeria di una trave semplicemente appoggiata soggetta a flessione uniforme, pari a:

1000Lv r =

quando la trave viene scaricata.

I valori di ψ dipendono dal tipo di acciaio e dal rapporto L/h tra luca ed altezza. In base a questa definizione esistono curve di ψ in funzione di h per i diversi tipi di acciaio e per le diverse forme di sezione (IPE, HE, etc.). Ammettendo una parziale plasticizzazione si ha:

a. per flessione semplice:

WMy

JM

max ψ=σ

ψ=σ

b. per flessione deviata:

xJ

My

JM

yy

y

xx

x

ψ+

ψ=σ

yy

y

xx

xmax W

MW

In via cautelativa ψ può essere posto pari ad 1.

7.4 Taglio

Le tensioni tangenziali sono date da JbVS

Nella pratica progettuale si ignora il contributo delle ali e si assume che il taglio venga assorbito dall’anima di area Aw valutando una tensione media:

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Verifiche di resistenza delle membrature

3

w

m AV

Quando sono presenti dei fori di bulloni nell’anima la tensione viene moltiplicata per il rapporto tra l’area lorda e l’area netta dell’anima. La verifica richiede:

3

fdmax ≤τ

7.5 Torsione Secondo la teoria di De Saint Venant:

c. per sezioni circolari tGJ

Tdzd

=θ&

d. per sezioni aperte di spessore sottile s:

t

3iit

t

GJT

sb31Js

JT

==τ ∑&

e. per sezioni cave a parete sottile:

∫Ω=θ

Ω=τ

sdf

G4T

s2T

2&

Tuttavia per sezioni aperte in parete sottile la resistenza è sottovalutata, infatti le sezioni trasversali non si mantengono piane ma subiscono un ingobbamento che da luogo a flessione orizzontale nelle ali e quindi a delle tensioni tangenziali nelle ali. Il momento torcente è pertanto equilibrato in parte dalle tensioni tangenziali di torsione ed in parte dalle tensioni tangenziali di taglio nelle ali.

Fig. 2.7

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Problemi di instabilità

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8. PROBLEMI DI INSTABILITA’ Nella teoria del I ordine le sollecitazioni sono calcolate facendo riferimento alla configurazione indeformata della struttura. Quando gli spostamenti incrementano le sollecitazioni in modo non trascurabile occorre fare riferimento alla teoria del II ordine. In tal caso non è più lecito trascurare l’effetto delle imperfezioni quali l’eccentricità dei carichi assiali, la non regolarità dei profilati, la linea d’asse pre-deformata, gli stati di coazione presenti. La presenza di tali imperfezioni impedisce che nei casi reali si realizzi il fenomeno dell’instabilità per biforcazione, caratteristico dei sistemi perfetti. Ad esempio nel caso dell’asta incastrata alla base e libera in sommità (fig. !.8) il diagramma carico-spostamento è influenzato dall’eccentricità iniziale dei carichi e il carico massimo dipende oltre che dalla resistenza del materiale anche dagli effetti del secondo ordine.

P P

f

eP

f

e=0e1

e2

e3

e1<e2<e3

8.1 Aste compresse Sono soggette a sforzi lungo l’asse, senza presentare una eccentricità nota o senza che l’asse presenti una curvatura prestabilita o sia soggetta ad azioni flettenti. Sono considerate aste compresse quelle che si scostano dalla configurazione rettilinea di una quantità v0 < 1/1000 della lunghezza di libera inflessione. Se queste condizioni non sono verificate si tratta di presso flessione. Possono considerarsi come aste compresse: - i pilastri di strutture pendolari in cui le azioni orizzontali sono affidate ad elementi di controvento ed i

nodi tra le travi e le colonne sono realizzati a cerniera; - le aste delle strutture reticolari. Si deve avere cura che le linee d’asse delle aste concorrenti in uno stesso

nodo convergano in uno stesso punto. Il collegamento fra le aste è realizzato con bullonatura o saldatura pertanto sono presenti dei momenti di continuità che vengono trascurati nelle verifiche in quanto di modesta importanza (momenti secondari).

Dalla teoria delle aste compresse perfette si ricava la lunghezza di libera inflessione l0 (distanza tra i punti di flesso della deformata sinusoidale) in funzione delle condizioni di vincolo, la definizione della snellezza limite λlim che separa il campo delle aste snelle da quello delle aste tozze. Per le aste snelle si può applicare la formulazione di Eulero che definisce il primo carico critico:

2

2

crit20

min2

critE

l

EJP

λ

π=σ====>

π=

Per le aste tozze le tensioni sono comprese tra il limite di proporzionalità e le tensioni di snervamento. La tensione critica è valutata con la formulazione di Tetmayer, di Enghesser e di Karman. In figura 2.8 è riportata la relazione tra la σcrit e la snellezza:

Fig. 1.8

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Problemi di instabilità

5

σcrit

λλlimaste tozze aste snelle

Tetmayer

Enghesser Karman

Eulero

Si consideri ora l’effetto delle imperfezioni geometriche sull’asta reale. Partendo da un’asta non perfettamente rettilinea prima dell’applicazione dei carichi la sollecitazione è di presso flessione; a causa della deformazione le tensioni pertanto non avranno un andamento lineare con il carico. Si assume la deformata iniziale di tipo sinusoidale con equazione

lzsinay0

π=

La condizione di equilibrio tra il momento esterno e il momento interno porta alla relazione:

2

2

0dz

ydJE)yy(P −=+

da cui: 0lzsina

EJPy

EJP

dzyd2

2=++

π

Una soluzione particolare dell’equazione differenziale di secondo grado è del tipo:

lzsinky π

= da cui si ricava per derivazione: lzsin

lk

dzyd

2

2

2

2 ππ−=

Sostituendo si ricava:

0lzsin

EJaP

lzsink

EJP

lzsin

lk 2

2=++−

ππππ

Semplificando si ottiene:

0aPkPl

EJk 2

2=++−

π

Poichè il carico critico euleriano ha espressione: 2

2

El

EJP π= sostituendo si ricava

PPaPk

E −=

La deformata elastica sarà pertanto: lzsina

PPPy

E

π−

=

Lo spostamento y per il carico N, risulta: 0E

yPP

Py−

=

Nella sezione di mezzeria il momento sarà pertanto:

( )

−=

+=+=

E

00E

0

PP11My

PPP1PyyPM

essendo M0 = P y0 il momento del primo ordine.

Fig. 3.8

l

Fig. 2.8

z

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Problemi di instabilità

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La tensione massima risulta pertanto:

+=+=

E

0max

PP1W

MAP

WM

APσ

La condizione limite per le aste snelle è pmax σ=σ ove σp è la tensione di proporzionalità minore di fy. Sostituendo si ha:

+=

E

0max

PP1W

Ay1

APσ

Ponendo ancora σmedia = P/A= σcrit e σE =PE/A si ricava:

+=

Ecrit

0critp

1AW

y1

σσ

σσ

Fissata la tensione di proporzionalità σp e le caratteristiche geometriche, per un dato valore di λ ricaviamo

2

2

EE

λπ

σ = ed osserviamo che al crescere di y0 diminuisce σcrit per cui è possibile costruire la curva

σcrit - λ che tiene conto dell’imperfezione dell’asta y0.

Ripetendo il calcolo per diversi valori di λ otteniamo la curva delle tensioni critiche σcrit , analoga a quella dell’instabilità per biforcazione, ma che tengono conto delle piccole imperfezioni geometriche. Con questo procedimento è possibile tenere conto anche della presenza di stati di coazione che riducono le σp. Le relazioni σc - λ sono riportate dalla CNR UNI 10011 per diverse forme di sezione(tabella e fig. 5.8.) in

funzione dei rapporti σcrit / fy e λ /λcrit . Ove y

crit fEπλ = è la snellezza corrispondente al limite di

validità del comportamento in fase elastica dell’asta.

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Problemi di instabilità

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Fig. 4.8

Valori di σcrit / fy

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Problemi di instabilità

8

Fig. 5.8 La snellezza dell’asta è definita come:

iL0=λ

ove L0 è la lunghezza di libera inflessione nel piano principale considerato, i il raggio d’inerzia nello stesso piano. La lunghezza di libera inflessione L0 = βL ove L è la lunghezza dell’asta e β è un coefficiente che dipende dalle effettive condizioni di vincolo:

- β = 1 se i vincoli dell’asta possono assimilarsi a cerniere - β = 0.7 se i vincoli possono assimilarsi ad incastri - β = 0.8 se un vincolo può assimilarsi ad incastro e l’altro a cerniera - β = 2 se un vincolo è un incastro perfetto e l’altro estremo è libero

Per le strutture reticolari si assume: - aste di corrente di travi reticolari piane:

- β = 1 per inflessione nel piano della travatura - β = 1 nel piano normale alla travatura se esistono ritegni rigidi alle estremità dell’asta

- aste di parete - β = d/L ≥ 0.8 essendo d la distanza tra i baricentri delle bullonature o saldature d’attacco ale estremità

Per le colonne dei fabbricati, provvisti di ritegni trasversali rigidi si assume β = 1. In ogni caso deve risultare:

- λ ≤ 200 per le membrature principali (azioni statiche) - λ ≤ 250 per le membrature secondarie (azioni statiche) - λ ≤ 150 per le membrature principali (azioni dinamiche) - λ ≤ 200 per le membrature secondarie (azioni dinamiche)

Nel calcolo agli stati limite deve risultare lo sforzo normale di calcolo Nsd minore dello sforzo normale critico Ncrit:

Nsd ≤ Ncrit e quindi 1crit ≥σ

σ

ove σcrit = Ncrit/A è la tensione che provoca l’inflessione laterale dell’asta nel piano che si considera e σ = N/A è la tensione assiale di compressione media corrispondente al carico N. Nel metodo alle tensioni ammissibili deve risultare:

Rapporti σcrit / fy

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Problemi di instabilità

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νσ

σ≥

ritc

essendo: - ν = 1.5 per la I condizione di carico - ν = 1.5 /1,125 per la II condizione di carico

Ovviamente la differenza è dovuta al fatto che le azioni alo stato limite sono considerate con γf > 1, nel metodo alle tensioni ammissibili sono considerati i carichi di esercizio. I valori di σc si ricavano in funzione di snervamento fy (prospetto 7.I), in funzione del rapporto λ/λcrit . Metodo ω La verifica di sicurezza di un’asta compressa può effettuarsi nell’ipotesi che la sezione trasversale sia compressa da una forza assiale Nsd maggiorata dal coefficiente ω:

dsd f

AN

≤ω

I valori di ω sono tabellati in funzione di λ per i vari tipi di acciaio e in funzione della forma della sezione trasversale (curve a, b, c, d su norma CNR UNI 10011). A titolo di esempio è riportata la tabella dei coefficienti ω per acciaio Fe 360 aventi sezione quadrata, rettangolare o tonda

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Problemi di instabilità

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8.2 Aste compresse composte Si tratta di elementi in cui i correnti sono costituiti da profilati (di solito ad L o a C) e sono collegati fra loro in modo discontinuo mediante tralicci triangolati (aste tralicciate) (Fig. 6.8.a,b) oppure mediante elementi di lamiera di forma rettangolare (calastrelli) (Fig. 6.8.c) disposti ad interasse costante.

Ai fini del problema dell’instabilità vengono considerate come aste semplici. Per esse non vale l’ipotesi di conservazione delle sezioni piane. Tuttavia è possibile ricondurre il caso delle aste composte a quello delle aste semplici col metodo della snellezza equivalente tenendo conto di una deformazione per flessione come se si trattasse di un’asta semplice monolitica che ha la stessa sezione trasversale dell’asta composta effettiva e tenendo inoltre conto della deformazione del collegamento dei correnti a traliccio in modo analogo a quello di una trave reticolare, mentre nel caso di collegamenti con calastrelli in modo analogo a quello di una trave Vierendeel (Fig. 7.8).

M

M

Fig. 6.8

Fig. 7.8

a. b.

a b c

(CNR UNI 10011)

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8.3 Aste compresse a sezioni aperte e chiuse con pareti di piccolo spessore Per evitare che si manifesti un imbozzamento locale prima che l’elemento abbia esaurito la sua resistenza di insieme occorre rispettare dei limiti dimensionali (vedere CNR UNI 10011). Tali limiti dipendono dal materiale. I limiti interessano i rapporti b1/t1:

Fe 360 Fe 430 Fe 510 b1/t1≤ 15 14 12

b1

t1

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Problemi di instabilità

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8.4 Aste pressoinflesse

Considerazioni più dettagliate vanno fatte per momenti variabili lungo l’asta, o per presso flessione deviata (vedere norme CNR UNI 10011 § 7.4).

ν = 1 nel calcolo agli stati limite

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8.5 Stabilità dell’anima di elementi strutturali a parete piena Consideriamo una sezione a doppio T sollecitata da un momento Msd e taglio Vsd. Le tensioni e le isostatiche sono rappresentate nella figura sottostante.

Nell’anima di spessore s le tensioni medie tangenziali sono:

η=τ

sVsd

m

(in cui η è il braccio di leva interno) e le isostatiche sono inclinate di 45°. La lunghezza delle diagonali compresse pari a 2η determina un carico di sbandamento ridotto per cui tendono ad essere più efficacemente sostituite da bielle compresse più corte che corrispondono ai montanti verticali per cui si giunge ad uno schema resistente di diagonali tesi e da montanti verticali compressi.

Il carico critico Euleriano del montante compresso (che consideriamo di larghezza b), tenuto conto che ne è impedita la dilatazione trasversale risulta (detto ν il coefficiente di Poisson):

( ) 20

2

2

critl1JEQ

νπ−

=

essendo 3bs121J = e

2l0

η≅ . Ponendo ( )

=

−= 22

2

0 mmN186000E

112E

νπ

si ricava 2

0cr

crsE4

bsQ

η

==σ

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La σcr diminuisce in funzione quadratica con la diminuzione del rapporto (s/η) che definisce la “sottigliezza” dell’anima, e per valori del rapporto η/s maggiori di 70-80 occorre provvedere a rinforzare l’anima con degli irrigidimenti, costituiti di norma da montanti disposti simmetricamente rispetto all’anima. In realtà il comportamento del pannello dell’anima di una trave limitata da due sezioni normali all’asse e da due parallele in corrispondenza dei correnti è condizionato dall’andamento delle tensioni normali σ e tangenziali τ agenti. I vari parametri che influenzano la resistenza all’imbozzamento dell’anima delle travi sono prese in conto nella formulazione della norma CNR UNI 10011, la quale suddivide l’anima in campi rettangolari di lunghezza “a” ed altezza “h”.

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Problemi di instabilità

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La verifica all’imbozzamento dei pannelli d’anima deve essere integrata:

- dalla verifica a carico di punta degli irrigidimenti verticali in corrispondenza degli appoggi e dei carichi concentrati ,

- dalla verifica della stabilità locale dell’anima sotto l’azion e di eventuali carichi applicati fra due irrigidimenti trasversali consecutivi.

Per queste verifiche fare riferimento alle disposizioni della norma CNR UNI 10011

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Composizione strutturale

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9. Composizione strutturale di edifici multipiano e monopiano. Controventi

Gli elementi fondamentali della struttura sono:

f. Le fondazioni, realizzate in c.a., secondo la tipologia più opportuna (plinti, travi continue, piastre, pali)

g. Le strutture in elevazione h. I solai dei vari piani, nel caso di edifici multipiano, o la copertura, nel caso di edifici monoplano

9.1 Edifici multipiano I solai possono essere realizzati in vario modo:

i. Pannelli in cemento armato normale o precompresso o misto con laterizio, gettati in opera (fig. a, b) o prefabbricati (fig. c, d)

j. Lamiere grecate riempite da materiale inerte (fig. e) k. Lamiere grecate riempite da calcestruzzo collaborante (fig. f)

Nella prima delle figure sottostanti sono riportati alcuni esempi di sagome di lamiere grecate e nella seconda è rappresentata una lamiera recata collaborante col calcestruzzo

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Composizione strutturale

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Le azioni verticali ed orizzontali sono applicate ai solai o alle pareti laterali (ad es. l’azione del vento) e dovranno essere trasferite alle fondazioni tramite il sistema resistente costituito dalle travi e dai pilastri che saranno pertanto soggetti a sollecitazioni assiali, taglianti e flettenti.

l. Un sistema idoneo a trasmettere queste azioni potrebbe essere costituito da colonne e travi rigidamente collegate tra loro a formare una struttura intelaiata a molte iperstatiche. Un esempio di tali collegamenti è riportato qui sotto

tali collegamenti risultano costruttivamente molto impegnativi e costosi e inoltre impegnano in modo pesante le colonne a sollecitazioni flettenti. m. E’ possibile progettare una struttura in cui le azioni orizzontali sono trasmesse ad un elemento rigido

incastrato al base, ad es. un nucleo in cemento armato. I pilastri risultano pertanto semplicemente compressi e le giunzioni trave-colonna trasmettono solo sforzi di taglio

In questo caso le giunzioni sono semplici

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Composizione strutturale

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Le sollecitazioni flettenti nelle colonne sono molto ridotte, si ha tuttavia un aggravio del sistema fondazionale che deve fornire le reazioni ai carichi orizzontali concentrati in alcuni elementi e non distribuiti su tutta la pianta dell’edificio. n. In alternativa al nucleo di cemento armato gli sforzi orizzontali possono essere trasferiti da un

sistema di controventi realizzati con strutture reticolari in acciaio. Di seguito si riportano alcuni schemi di controventature

Questi si ripetono per tutti i piani a realizzare elementi di controvento che interessano 2, 3 o più ritti. La forma è legata spesso ad esigenze architettoniche. Le colonne ed i traversi di una controventatura verticale in genere hanno il compito di trasferire alle fondazioni le azioni verticali mentre le aste diagonali sono sollecitate dalle azioni orizzontali. Il sistema di controventi deve ovviamente equilibrare le azioni orizzontali agenti nelle due direzioni ortogonali. Il trasferimento delle forze orizzontali dai loro punti di applicazione alle strutture di controvento avviene attraverso la rigidità nel proprio piano dei solai, che, nella pratica costruttiva si considera infinita. Qualora i solai non diano sufficiente garanzia di rigidezza e di buon collegamento con le altre strutture (solai leggeri, solai metallici in genere) occorre prevedere strutture in acciaio di controventatura orizzontale nel piano stesso dei singoli solai. Alcuni esempi:

o. Struttura a telai longitudinali con collegamenti trasversali e solai orditi in senso trasversale. Nella pianta sono evidenziati gli elementi di controvento verticali ed orizzontali

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Composizione strutturale

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p. Schema statico a telai trasversali con collegamenti longitudinali e solai orditi in senso longitudinale

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Composizione strutturale

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9.2 Edifici monopiano Consideriamo un edificio industriale monopiano a maglie rettangolari con un lato di dimensioni importanti (L ≥ 15 m) Con una copertura che ha per lo più funzione di protezione per il clima. Possono essere inoltre presenti vie di corsa di carri-ponte

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Composizione strutturale

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Il carico verticale agente in copertura agisce sugli elementi longitudinali (inflessi), quindi su travi principali, pilastri e fondazioni. Per interassi grandi tra le travi si dispongono travi secondarie e arcarecci. Gli arcarecci è bene che siano disposti in corrispondenza dei nodi delle travi a formare delle travi continue. Poiché la lunghezza commerciale dei profilati è di circa 12 metri occorre realizzare delle giunzioni (per lo più chiodature). Le travi reticolari possono avere forma diversa e per dimensioni elevate le lunghezze delle aste compresse può ulteriormente essere divisa (schema sul lato a destra della figura) per ridurre la lunghezza di libera inflessione

Le varie travi sono collegate dagli arcarecci (o da lamiere grecate) che si comportano come bielle e che non impediscono uno sbandamento contemporaneo di tutte le travi. E’ pertanto necessario un controvento trasversale (fig. a). Nella fig. b è presente anche un controvento longitudinale. Gli arcarecci oltre che trasmettere le forze assiali sono soggetti a flessione che diventa flessione deviata quando le falde sono inclinate

Le azioni orizzontali sono dovute al vento , allo scorrimento dei carri ponte, alle imperfezioni costruttive, alle azioni sismiche. Esse devono essere riportatealle fondazioni tramite una apposita orditura:

q. Telai in ambedue le direzioni (fig. a) r. Telai in direzione trasversale e controventi con struttura pendolare in direzione longitudinale (fig. b) s. Struttura pendolare controventata nelle due direzioni (fig. c)

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Composizione strutturale

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Tali soluzioni sono schematizzate nella figura sottostante

t. Schema a: la rigidezza della trave è paragonabile a quella delle colonne e si ha comportamento a

portale. Le colonne sono sollecitate da un momento flettente incrociato e ciò costituisce un aggravio per le colonne, soprattutto quando sono realizzate con sezioni a I con rigidezze molto diverse nei due piani principali

u. Schema b: le due forze orizzontali trasversali all’asse dell’edificio sono assorbite ancora con il comportamento a portale mentre quelle longitudinali sono equilibrate dal controvento. Questa soluzione permette di disporre le colonne con il piano di maggior rigidezza nel piano del portale. I controventi longitudinali che possono costituire disturbo funzionale nei riguardi dell’utilizzazione sono realizzati con forme diverse:

v. a croce di S. Andrea w. a K o a V rovescio x. a portale

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Composizione strutturale

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y. Schema c: la trave si considera incernierata alle estremità e quindi trasmette ai pilastri, oltre alle

forze verticali delle forze orizzontali ma non dei momenti. Con le travi reticolari questa soluzione è possibile ovalizzando il foro delle giunzioni bullonate (punto A della fig. 1.48) (asola). Infine le colonne possono presentare forme assai diverse in funzione della presenza o meno delle vie di corsa. Per carriponte impegnativi si ricorre alle soluzioni c e d della fig. 1.47