Simposio 204a-205a - unibo.it · 2018. 10. 25. · Cenni introduttivi •Per Diotima Eros non è...

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Tensioni intermedie Simposio 204a-205a

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Tensioni intermedie

Simposio 204a-205a

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Cenni introduttivi

• Per Diotima Eros non è né bello né buono (diversamente dal pensierodi Socrate e Agatone), ma non perciò brutto e cattivo: desidera ciò dicui è privo.

• Non dio, perché gli dei sono felici e belli, ma δαίμων (202d).

• Entità «intermedia» e «mediatrice», per Platone copula mundi (Reale).

• Figlio di Poros e di Penia, concepito al banchetto per la nascita diAfrodite: seguace della dea e amante per natura del bello, che non ha.

• Dipende dalla natura del padre come da quella della madre: οὔτεἀπορεῖ Ἔρως ποτὲ οὔτε πλουτεῖ (203e).

• A metà tra la sapienza e l’ignoranza: σοφίας τε αὖ καὶ ἀμαθίας ἐνμέσῳ ἐστίν (203e).

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Simposio 204aDiotima:

ἔχει γὰρ ὧδε. θεῶν οὐδεὶς φιλοσοφεῖ οὐδ᾽ ἐπιθυμεῖ σοφὸς γενέσθαι- ἔστι γάρ - οὐδ᾽ εἴ τις ἄλλος σοφός, οὐ φιλοσοφεῖ. οὐδ᾽ αὖ οἱἀμαθεῖς φιλοσοφοῦσιν οὐδ᾽ ἐπιθυμοῦσι σοφοὶ γενέσθαι: αὐτὸ γὰρτοῦτό ἐστι χαλεπὸν ἀμαθία, τὸ μὴ ὄντα καλὸν κἀγαθὸν μηδὲφρόνιμον δοκεῖν αὑτῷ εἶναι ἱκανόν. οὔκουν ἐπιθυμεῖ ὁ μὴ οἰόμενοςἐνδεὴς εἶναι οὗ ἂν μὴ οἴηται ἐπιδεῖσθαι.

Socrate:

τίνες οὖν, ἔφην ἐγώ, ὦ Διοτίμα, οἱ φιλοσοφοῦντες, εἰ μήτε οἱ σοφοὶμήτε οἱ ἀμαθεῖς;

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Simposio 204b-c

Diotima:

δῆλον δή, ἔφη, τοῦτό γε ἤδη καὶ παιδί, ὅτι οἱ μεταξὺ τούτωνἀμφοτέρων, ὧν ἂν εἴη καὶ ὁ Ἔρως. ἔστιν γὰρ δὴ τῶν καλλίστων ἡσοφία, Ἔρως δ᾽ ἐστὶν ἔρως περὶ τὸ καλόν, ὥστε ἀναγκαῖον ἔρωταφιλόσοφον εἶναι, φιλόσοφον δὲ ὄντα μεταξὺ εἶναι σοφοῦ καὶἀμαθοῦς. αἰτία δὲ αὐτῷ καὶ τούτων ἡ γένεσις: πατρὸς μὲν γὰρσοφοῦ ἐστι καὶ εὐπόρου, μητρὸς δὲ οὐ σοφῆς καὶ ἀπόρου. ἡ μὲνοὖν φύσις τοῦ δαίμονος, ὦ φίλε Σώκρατες, αὕτη: ὃν δὲ σὺ ᾠήθηςἔρωτα [204c] εἶναι, θαυμαστὸν οὐδὲν ἔπαθες.

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Simposio 204c

Diotima:

ᾠήθης δέ, ὡς ἐμοὶ δοκεῖ τεκμαιρομένῃ ἐξ ὧν σὺ λέγεις, τὸἐρώμενον ἔρωτα εἶναι, οὐ τὸ ἐρῶν: διὰ ταῦτά σοι οἶμαι πάγκαλοςἐφαίνετο ὁ Ἔρως. καὶ γὰρ ἔστι τὸ ἐραστὸν τὸ τῷ ὄντι καλὸν καὶἁβρὸν καὶ τέλεον καὶ μακαριστόν: τὸ δέ γε ἐρῶν ἄλλην ἰδέαντοιαύτην ἔχον, οἵαν ἐγὼ διῆλθον.

Socrate:

καὶ ἐγὼ εἶπον, εἶεν δή, ὦ ξένη, καλῶς γὰρ λέγεις: τοιοῦτος ὢν ὁἜρως τίνα χρείαν ἔχει τοῖς ἀνθρώποις;

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Simposio 204d

D: τοῦτο δὴ μετὰ ταῦτ᾽, ἔφη, ὦ Σώκρατες, πειράσομαί σε διδάξαι.ἔστι μὲν γὰρ δὴ τοιοῦτος καὶ οὕτω γεγονὼς ὁ Ἔρως, ἔστι δὲ τῶνκαλῶν, ὡς σὺ φῄς. εἰ δέ τις ἡμᾶς ἔροιτο: τί τῶν καλῶν ἐστιν ὁἜρως, ὦ Σώκρατές τε καὶ Διοτίμα; ὧδε δὲ σαφέστερον: ἐρᾷ ὁἐρῶν τῶν καλῶν: τί ἐρᾷ;

S: καὶ ἐγὼ εἶπον ὅτι γενέσθαι αὑτῷ.

D: ἀλλ᾽ ἔτι ποθεῖ, ἔφη, ἡ ἀπόκρισις ἐρώτησιν τοιάνδε: τί ἔσταιἐκείνῳ ᾧ ἂν γένηται τὰ καλά;

S: οὐ πάνυ ἔφην ἔτι ἔχειν ἐγὼ πρὸς ταύτην τὴν ἐρώτησινπροχείρως ἀποκρίνασθαι.

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Simposio 204e

D: ἀλλ᾽, ἔφη, ὥσπερ ἂν εἴ τις μεταβαλὼν ἀντὶ τοῦ καλοῦ τῷ ἀγαθῷχρώμενος πυνθάνοιτο: φέρε, ὦ Σώκρατες, ἐρᾷ ὁ ἐρῶν τῶν ἀγαθῶν:τί ἐρᾷ;

S: γενέσθαι, ἦν δ᾽ ἐγώ, αὑτῷ.

D: καὶ τί ἔσται ἐκείνῳ ᾧ ἂν γένηται τἀγαθά;

S: τοῦτ᾽ εὐπορώτερον, ἦν δ᾽ ἐγώ, ἔχω ἀποκρίνασθαι, ὅτι εὐδαίμωνἔσται.

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Simposio 205a

D: κτήσει γάρ, ἔφη, ἀγαθῶν οἱ εὐδαίμονες εὐδαίμονες, καὶ οὐκέτιπροσδεῖ ἐρέσθαι ἵνα τί δὲ βούλεται εὐδαίμων εἶναι ὁ βουλόμενος;ἀλλὰ τέλος δοκεῖ ἔχειν ἡ ἀπόκρισις.

S: ἀληθῆ λέγεις, εἶπον ἐγώ.

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Robin (1989)

«In Eros c’è un’intuizione di quella sapienza di cui è privo, e c’èdesiderio di ottenerla; ma significa anche che Eros tende arealizzare questa sapienza in maniera concreta, sia nella personadell’amante, che l’amore ha ricondotto verso il dio da cui dipende,sia nella persona dell’amato […]. Eros è un movimento, e lamobilità gli è essenziale; ora lo scopo di questo movimento è ilpossesso e la comunicazione della virtù, ed anche lacontemplazione della Bellezza ideale e assoluta, attraversol’organo che è capace di questa contemplazione, ossia attraversol’intelletto».

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Reale (2001)

Nella sua dimensione ontologica Eros è la tendenza a possedere lecose buone per essere felici. Eros porta l’uomo a ricercare e apossedere le cose belle, che gli procurano precisi vantaggi; epoiché il “bello” coincide con il “bene”, questi precisi vantaggi chesi ottengono possedendo il bello si chiariscono con il possesso delbene: tale possesso comporta per l’uomo la “felicità”. Eros è quindiil desiderio di cose buone. Sebbene il nome di Eros si diasolamente ad una forma specifica di desiderio, questo nome valeper tutte le attività con cui l’uomo ricerca il bene per essere felice,sotto le quali sempre si nasconde ὁ μέγιστός τε καὶ δολερὸς ἔρως.

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Bibliografia

• R. Arcioni, Platone. Il Simposio, Roma, 2003.

• G. Casertano, Il (In) nome di Eros, «Elenchos» 18, 1997, 277-310.

• P. Chantraine, Dictionnaire étymologique de la langue greque, Paris, 1968.

• P. Chantraine, Morphologie historique du grec, Paris, 1961 (1° ed. 1945).

• J. D. Denniston, The Greek Particles, Bristol, 1997 (1° ed. 1934).

• K. J. Dover, Plato: Symposium, Cambridge, 1980.

• M. C. Howatson - F. C. C. Sheffield, Plato: The Symposium, Cambridge, 2004.

• R. Hunter, Plato’s Symposium, Oxford, 2004.

• G. Reale, Simposio, Milano, 2001.

• L. Robin, La teoria platonica dell'amore, Milano, 1973.

• L. Robin, P. Vicaire, Platon. Le banquet, Paris, 1989.

• D. Susanetti, La via degli dei, Roma, 2017.

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204a

- θεῶν οὐδεὶς φιλοσοφεῖ οὐδ᾽ ἐπιθυμεῖ σοφὸς γενέσθαι: nel Fedro (278d), a proposito di chi

ha composto opere letterarie, Socrate dice che chiamarlo σοφὸς pare troppo, perché questo

nome conviene solo a un dio, ma chiamarlo filosofo, ossia amante di sapienza, sarebbe più

adeguato.

- οὐδεὶς φιλοσοφεῖ οὐδ᾽ ἐπιθυμεῖ: concetto rafforzato da negazione, isocolon e omeoteleuto,

come succede dopo in οὐδ᾽…φιλοσοφοῦσιν οὐδ᾽ ἐπιθυμοῦσι

- οὐδείς: serie di negazioni in conformità con la tendenza greca a duplicare i negativi, troviamo

spesso οὐδέ rinforzato da un altro negativo. Così οὐ è seguito da un οὐδέ responsivo, e questo,

sia esso connettivo o responsivo, è seguito da un altro negativo οὐδ᾽ εἴ τις ἄλλος σοφός, οὐ

φιλοσοφεῖ

- αὑτῷ: si riferisce in ἀπὸ κοινοῦ a δοκεῖν e a ἱκανόν.

- ἱκανόν: radice del verbo ἵκω, “arrivare, raggiungere, conseguire”, che con il suffisso *-ṇo-

(che si usa per formare aggettivi da radici verbali) prende il valore di “capace di, in grado di,

sufficiente”.

- οὔκουν: οὖν enfatizza la negazione; in contesti dialogici è spesso seguito da un γε, soprattutto

in attico; dove il γε è assente, Denniston consiglia di integrarlo introduce una risposta

negativa enfatica. Infatti chiude il sillogismo secondo il quale se chi non crede di essere primo

di una cosa non la desidera e l’ignorante non crede di essere privo della conoscenza, allora

l’ignorante non desidera la conoscenza.

- οἰόμενος: “avere l’impressione di, avere il sentimento di, credere personalmente”, mentre

νομίζω indica il credere in una verità comunemente riconosciuta ed ἡγέομαι corrisponde al

pensare assumendo la piena responsabilità del proprio giudizio.

- ἐνδεὴς, ἐπιδεῖσθαι: senso originale di “mancanza, inferiorità”, qui in richiamo per la figura

etimologica; stessa radice di δεύτερος.

- La filosofia si presenta come intermedia tra la sapienza e l’ignoranza prospettiva platonica

che vede il filosofo non come un ignorante, perché a differenza di questi ha coscienza di essere

sempre bisognoso del sapere, e nemmeno come un sapiente, perché pur tendendo alla sapienza

non potrà mai raggiungerla, pena il suo cessare di essere filosofo.

204b

- Uso enfatico di δή, che compare qui con δῆλος, come accade comunemente in Platone (“Plato

uses it with economy ad rare beauty”, Denniston); a questa altezza c’è già la tendenza del δή

a fondersi con l’aggettivo, al punto che nell’avverbio δηλαδή la fusione è completa e

l’aggettivo perde l’accento.

- μεταξὺ: “tra due”, con significato spaziale o temporale; Schwyzer lo ritiene originato dalla

combinazione di μετά e ξύ(ν).

- ἔστιν γὰρ δὴ: γὰρ e δὴ segnano una grande enfasi sul concetto; da notare anche la posizione

di rilievo del verbo che accentua l’importanza di σοφία, in chiasmo con Ἔρως.

- ἔρωτα φιλόσοφον: assimilazione tra Eros, il filosofo e l’amante: ogni filosofo dunque non è

un dio, ma nemmeno un uomo come tutti gli altri: la sua attività è quella di cercare di liberarsi

della propria ἀπορία e raggiungere la sapienza “ciò significa che in Eros c’è un’intuizione

di quella sapienza di cui è privo, e c’è desiderio di ottenerla; ma significa anche che Eros tende

a realizzare questa sapienza in maniera concreta, sia nella persona dell’amante, che l’amore

ha ricondotto verso il dio da cui dipende, sia nella persona dell’amato, in cui si sforza di

produrre un’immagine del suo divino modello. Eros è un movimento, e la mobilità gli è

essenziale; ora lo scopo di questo movimento è il possesso e la comunicazione della virtù, ed

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anche la contemplazione della Bellezza ideale e assoluta, attraverso l’organo che è capace di

questa contemplazione, ossia attraverso l’intelletto” (Robin).

- δαίμονος: “potenza divina”, quindi “dio, destino”. Nel Lexicon Platonicum, Ast traduce il

termine come numen divinum homines custodiens ac ducens. In Omero il termine designa una

divinità che non si può o non si vuole nominare, da cui il senso di dio e destino; dopo Esiodo

indica un semidio, un demone; viene inteso infine con senso malvagio presso gli autori

cristiani, dove designa lo spirito maligno. Deriva da δαίομαι, col senso di “distribuire” (da qui

viene anche δαίς, “pasto”), per cui in origine sarebbe una “potenza che assegna”.

Paretimologia con δαήμων, “saggio”, che però deriva dalla radice *δάω, da cui viene anche

διδάσκω.

- ὃν: è complemento oggetto di ᾠήθης e accusativo di relazione di θαυμαστὸν οὐδὲν ἔπαθες.

Qui si capovolge la tesi centrale di Agatone, che identificava Eros con l’amato e non con

l’amante.

204c

- τῷ ὄντι: “nel suo essere, in realtà”, molto usato da Platone.

- ἁβρὸν: “grazioso, delicato, bello”, fa la sua prima comparsa in Esiodo come epiteto di

παρθένος e anche negli autori successivi è impiegato a proposito di ragazze o giovani donne.

In certe occorrenze ha la sfumatura di delicatezza e lusso eccessivi, da cui deriva l’impiego

del lemma per qualificare la mollezza asiatica (Hdt. 1,71). Hapax in Platone.

- τέλεον: forma successiva alternativa di τέλειος, da τέλος, “raggiungimento, termine,

realizzazione, meta”, con l’aggiunta di *-esyo-, nel quale poi cade la sibilante intervocalica;

significa quindi “perfetto, compiuto, completo”.

- ἰδέαν: “aspetto, forma, apparenza”.

204d

- εἰ δέ τις ἡμᾶς ἔροιτο: protasi che rimane priva di apodosi, procedimento proprio del

linguaggio colloquiale; Diotima sta rivolgendo a Socrate una serie di domande con

atteggiamento didascalico.

- σαφέστερον: comparativo di σαφής, derivato probabilmente da un σα- intensivo e φά-ος,

mentre secondo altri viene dall’avverbio σάφα, che però dovrebbe avere la stessa etimologia.

- ποθεῖ: Chantraine traduce il verbo come “desiderare ardentemente ciò che manca, di cui ci si

sente privati”, ovviamente a fianco del sostantivo πόθος.

- ἀπόκρισις: da κρίνω, “separare, scegliere, giudicare, pensare, giudicare”, che però con il

preverbo ἀπό prende il senso di “risposta”. Dalla stessa radice vengono il latino cerno, certus,

crimen.

- ἔφην ἔτι ἔχειν ἐγὼ: l’allitterazione, il distacco che si verifica tra i verbi a causa dell’avverbio

e lo spostamento del pronome personale contribuiscono a segnalare l’imbarazzo del giovane

Socrate che non sa che cosa rispondere a Diotima.

204e

- μεταβαλὼν: usato in senso assoluto, “cambiare nome”. Il passaggio da καλόν a ἀγαθόν reso

possibile dalla significativa sovrapposizione semantica dei due termini.

- πυνθάνοιτο: πυνθάνομαι è ionico-attico, a fianco di un πεύθομαι presente anche in Omero,

soprattutto perché molto comodo metricamente. Significa “venire a sapere qualcosa

dall’esterno”; deriva dall’ie. *beudh-/*budh-, da cui viene il sanscrito “Buddha”, “svegliato,

illuminato, ispirato”.

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- γενέσθαι αὑτῷ: carattere acquisitivo dell’Eros platonico, che tende a raggiungere e a

possedere sempre di più. Dativo di possesso, dove l’enfasi cade sul soggetto di γενέσθαι, cioè

τὰ καλά.

205a

- κτήσει: posizione iniziale, grande rilevanza solo l’acquisto del bene rende felici.

- ἵνα τί: espressione tipica del linguaggio colloquiale, che occorre in Platone una sola altra

volta, nell’Apologia, e poche altre in commedia.

- τέλος δοκεῖ ἔχειν ἡ ἀπόκρισις: evidentemente la εὐδαιμωνία è una situazione o condizione

nella quale si desidera essere, e la frase “non voglio essere εὐδαίμων” è vista come un a

proposizione contradditoria.