QUESTIONI DI TEOLOGIA E FILOSOFIA MORALE - Aracne … · — per le prime chiese come per quelle...

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THEOPOLITES QUESTIONI DI TEOLOGIA E FILOSOFIA MORALE

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THEOPOLITES

QUESTIONI DI TEOLOGIA E FILOSOFIA MORALE

THEOPOLITES

QUESTIONI DI TEOLOGIA E FILOSOFIA MORALE

ἐγὼ πάσῃ συνειδήσει ἀγαθῇ

πεπολίτευμαι τῷ Θεῷ

ἄχρι ταύτης τῆς ἡμέρας

(At ,)

Rivolgendosi agli abitanti di Filippi, Paolo li esorta a comportarsi «dacittadini degni del vangelo» (Fil ,). Nel suo appello risuona il monitoad abitare la città degli uomini con la fiaccola della fede, affinché la lucedel vangelo possa risplendere nel mondo. Se al cuore dell’ethos c’èl’idea stessa dell’avere dimora, appare chiaro che il primo imperativo— per le prime chiese come per quelle sparse per il mondo in ogni etàdella storia — è quello di predisporre nel tempo e nello spazio unacasa per la Parola che salva. Si è «cittadini di Dio» se si vive la πολιτείαnon solo come retto agire, ma anche come agire inabitato dalla graziae, per ciò stesso, fermento di salvezza.

Renzo Beghini

Democrazia e dirittinegli Stati Uniti d’America

Un’indagine teologica

Prefazione diAntonio Maria Baggio

Aracne editrice

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Copyright © MMXVIIIGioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale

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via Vittorio Veneto, Canterano (RM)

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I edizione: gennaio

A Pietro, uomo giusto

Indice

PrefazioneReligione e politica nell’American experimentdi Antonio Maria Baggio

Introduzione

Capitolo II diritti umani e patto di cittadinanza

.. Il dialogo fra tradizione cristiana e democrazia liberale, – .. Idiritti umani nel dibattito tra Habermas e Ratzinger, – .. Metamor-fosi e ambiguità dei diritti umani, – .. La “contestazione” del dirittonaturale, .

Capitolo IICristianesimo e democrazia negli Stati Uniti d’America

.. La religione americana, – .. Public Church paradigma dell’ec-clesiologia, – .. Religio Civilis e cultura politica, – .. La chiesacattolica negli Stati Uniti, – .. Lo sviluppo della teologia cattolica, – .. Le principali scuole teologiche cattoliche, .

Capitolo IIIDavid Hollenbach

.. I temi maggiori, – .. L’idea di diritti umani, – .. Conclusio-ne, .

Capitolo IVRobert Peter George

.. I temi maggiori, – .. L’idea di diritti umani, – .. Conclu-sione, .

Indice

Capitolo VMax Lynn Stackhouse

.. I temi maggiori, – .. L’idea di diritti umani, – .. Conclusio-ne, .

Capitolo VIRielaborazione teologico–morale

.. Criteri ermeneutici e «lex rationis ordinatio», – .. David Hol-lenbach, – .. Robert P. George, – .. Max L. Stackhouse, .

Conclusioni e prospettive

Il profilo antropologico dei diritti dell’uomo, – Il profilo politico deidiritti, – Il profilo normativo dei diritti, – Diritti umani e teologiamorale: note sintetiche, .

Bibliografia

Prefazione

Religione e politicanell’American experiment

A M B∗

Quando il presidente degli Stati Uniti d’America George Bush, al-l’indomani degli attentati del settembre , dichiarò: «Odiano lanostra libertà, e l’hanno usata per colpirci», egli riuscì ad interpretareun sentimento profondamente diffuso nel suo popolo. La libertà sidimostrava fragile, utilizzabile contro chi si sforzava di garantirla e,anche per questo, molto incerta nei suoi risultati. In molti si chieseroquale fosse il suo significato e se il Paese potesse ancora permetter-sela, o se non si dovesse limitarla considerevolmente, in favore dellasicurezza, dato lo stato di guerra che gli attentati avevano creato.

Non era certo la prima volta che la libertà e la sicurezza venivanoposte sui due piatti della bilancia. Alla fine degli anni Cinquanta, ilconfronto globale col comunismo era stato uno degli assi portantidella campagna elettorale per la presidenza. John Kennedy pose ai suoiconcittadini una domanda fondamentale intorno ai principi di libertàsui quali gli Stati Uniti erano sorti: «Se mai dovessimo abbandonare lefondamentali tradizioni americane in nome della battaglia contro ilcomunismo, che guadagno ci darebbe vincere il mondo intero, quandoavremmo perso la nostra anima?». E proseguiva:

∗ Professore ordinario di Filosofia politica e direttore del Dipartimento di Studi Politicinell’Istituto Universitario “Sophia” di Loppiano (Firenze). Ha insegnato Etica sociale pressola Pontificia Università Gregoriana di Roma.

. J.F. K, Civil liberties and our need for new ideas, National Civil Liberties ClearingHouse annual Conference, Washington D.C., aprile , in: The strategy of peace, (A.Nevins Ed.), Harper & Brothers, New York , p. .

Prefazione

La questione basilare che ci sta di fronte oggi, è se questi principi fondamen-tali continuano a essere veri, se noi realmente crediamo in questa idea direpubblica, se oggi il popolo americano vuole ratificare la Costituzione eadottare la Dichiarazione dei diritti — oppure se i pericoli di attacco esternoe di sovversione interna promossi da un nemico più sinistro e più potentedi ogni altro che i nostri Padri Fondatori hanno conosciuto, ha così alteratoil nostro mondo e le nostre convinzioni, da rendere queste verità fondamen-tali non applicabili più a lungo. La Costituzione, ovviamente, è ancora invigore – ma è un contratto solenne fatto in nome di “Noi il Popolo” — ed èun accordo che dev’essere rinnovato da ogni generazione.

Ed ogni generazione di conseguenza, compresa la nostra, si con-fronta nuovamente col grande tema dei diritti, del loro fondamento,delle scelte politiche che li favoriscono o che li ostacolano. Vale lapena di riportare l’inizio della Dichiarazione, perché sarà oggetto disuccessive considerazioni:

In Congress, July , .The unanimous Declaration of the thirteen united States of America, Whenin the Course of human events, it becomes necessary for one people todissolve the political bands which have connected them with another, andto assume among the powers of the earth, the separate and equal stationto which the Laws of Nature and of Nature’s God entitle them, a decentrespect to the opinions of mankind requires that they should declare thecauses which impel them to the separation.We hold these truths to be self–evident, that all men are created equal, thatthey are endowed by their Creator with certain unalienable Rights, thatamong these are Life, Liberty and the pursuit of Happiness. — That tosecure these rights, Governments are instituted among Men, deriving theirjust powers from the consent of the governed, — Tthat whenever any Formof Government becomes destructive of these ends, it is the Right of thePeople to alter or to abolish it, and to institute new Government, laying itsfoundation on such principles and organizing its powers in such form, as tothem shall seem most likely to effect their Safety and Happiness.

Come si vede, il tema dei diritti umani è strettamente intrecciato alcontesto religioso nel quale essi trovano fondamento, e alla coerenzadelle decisioni politiche — che di volta in volta vengono prese dai

. J.F. K, Civil liberties. . . , cit., p. .. Questa trascrizione, presa dagli America’s Founding Documents dei National Archives,

rispetta la punteggiatura e le maiuscole e minuscole. https://www.archives.gov/.

Prefazione

governi — con l’identità originaria della Nazione, con l’AmericanExperiment.

È con l’inizio del movimento di indipendenza che si comincia adattribuire una crescente importanza all’accordo stabilito dai coloni delMayflower nel novembre . Il Mayflower Compact non è il primodocumento riguardante la storia delle colonie inglesi nel Nuovo Mondo,ma è il primo nel quale un gruppo di uomini, su un piano di parità,stabilisce un accordo per la costituzione di un autogoverno su una terraconsiderata libera:

Having undertaken, for the glory of God, and advancement of the Christianfaith, and honor of our King and Country, a voyage to plant the first colony inthe northern parts of Virginia, do by these presents solemnly and mutually, inthe presence of God, and one of another, covenant and combine our selvestogether into a civil body politic, for our better ordering and preservation andfurtherance of the ends aforesaid; and by virtue hereof to enact, constitute,and frame such just and equal laws, ordinances, acts, constitutions and offices,from time to time, as shall be thought most meet and convenient for thegeneral good of the Colony, unto which we promise all due submission andobedience.

Il riferimento della giovane Nazione americana al Mayflower Compact,è importante per spiegare il modo con il quale i rivoluzionari essi inten-devano la loro Dichiarazione di indipendenza e la successiva Costituzione.Il documento dei Padri Pellegrini ha infatti la forma del covenant in usopresso le comunità Puritane e Separatiste, per le quali il covenant fondavala comunità sulla grazia di Dio e su basi sacramentali, cioè sulla condi-visione del battesimo: si tratta, dunque, di una comunità elettiva. Nelcaso del Mayflower, però, il covenant è esteso anche ai passeggeri chenon facevano parte del gruppo dei Pilgrims — e che da questi venivanochiamati Strangers —, tre dei quali, in rappresentanza degli altri, sono trai firmatari del compact. Esso dunque, da una parte, è espressione dellafede, della cultura e dell’esperienza di una comunità religiosa, dall’altrainclude paritariamente persone che non ne fanno parte. Costoro accetta-no, come regole condivise dalla nuova comunità creata dal compact, le

. http://www.pilgrimhallmuseum.org.. Cf. il diario di W B, Of Plymouth Plantation [scritto tra il e il ],

Dover Publications, New York .

Prefazione

regole di uguaglianza e di partecipazione al governo che provengono, inrealtà, dall’esperienza religiosa dei Pilgrims.

Nel Mayflower Compact abbiamo dunque una dimensione “pattizia”,che proviene dalla forte e reciproca appartenenza comunitaria dei Pil-grims. Questo patto originario cessa di essere esclusivo nel momentoin cui si apre agli Strangers, che entrano nella nuova relazione comu-nitaria sottolineata dal testo: «in the presence of God» (dimensioneverticale di appartenenza a Dio, che potrebbe non essere condivisa),«and one of another» (appartenenza reciproca e orizzontale nella nuo-va comunità). La prima appartenenza fonda la seconda e, insieme,spiegano il “patto”.

Nel Mayflower Compact, oltre al “patto” che determina la duplicecoappartenenza, è presente anche la dimensione del “contratto”, chepoggia sul primo ma che permette di attuarlo, di reinterpretarlo gior-no per giorno, di prendere le decisioni comuni alle quali il patto haintrodotto, attraverso regole condivise. Gli Stati Uniti d’America sonoprima di tutto una Nazione “pattizia”; e solo successivamente “contrat-tuale”: non si può “abitare” negli USA, bisogna “diventare” americani.“Patto” e “contratto”: è necessario aderire ad entrambi o ci si può limi-tare solo ad uno dei due? Si può essere “americani” rimanendo soloPilgrims, o solo Strangers? Il Mayflower Compact non li annienta, mali unisce in qualche cosa, simile ad un seme sconosciuto che, gettatonel Nuovo Mondo, marcisce e soffre ma faticosamente si fa strada nelterreno dei secoli, dando vita ad una pianta che nessuno, prima, avevavisto: «E pluribus unum». I secoli successivi all’indipendenza hannovisto continue reinterpretazioni delle possibili risposte, collegate adiverse visioni antropologiche, etiche, politiche.

È in questo terreno complesso che si snoda la ricerca di Renzo Be-ghini. Al centro dell’attenzione è il rapporto tra religione e politica e,in particolare, il rapporto tra cristianesimo e democrazia liberale, nelcontesto storico di una nazione, gli Stati Uniti d’America, che nasconodichiarando la propria indipendenza appellandosi all’uguaglianza ealla libertà che il Dio Creatore della Rivelazione ebraica e cristianaassicura a tutti gli esseri umani.

. L’applicazione alla sfera pubblica delle regole sperimentate all’interno delle comunitàreligiose sarà una costante della lunga rivoluzione inglese del Seicento. Ne sono un esempio idibattiti dell’esercito di Cromwell a Putney; si veda: P. B (Ed.), The Levellers: The PutneyDebates, Verso Books, London and New York, .

Prefazione

Egli prende in esame tre grandi teologi moralisti della secondametà del , come rappresentanti di altrettante Scuole di pensiero: icattolici David Hollenbach per la Public religion e Robert Peter Georgeper la New Naturall Law Theory; il protestante Max Lynn Stackhouseper la Public theology. Queste Scuole affrontano i problemi aperti dauna duplice crisi che si è sviluppata successivamente all’indipendenza.Da una parte, una crisi della fede e conseguentemente del discorso teo-logico, della possibilità di fare un discorso “su Dio” o di ammetternel’esistenza come garante dei diritti. Dall’altra parte, la crisi dell’omo-geneità della cultura sulla quale la nuova Nazione si era innestata: chesignificato prende il Mayflower Compact nella società del multicultu-rismo? Nella società dove non è più possibile presupporre un’unicareligione né un’unica cultura e, di conseguenza, il dibattito pubbliconon si può più basare su un’unica visione dell’uomo, sull’esistenzacioè di un “diritto naturale” come lo si poteva intendere nel Seicento?

È interessante osservare che una analoga riflessione si sviluppa con-temporaneamente in Europa, ed è proprio il tema dei diritti quelloche permette di ripensare il diritto naturale. Dalla fine dell’Ottocen-to, quando Leone XIII aprì ufficialmente la “questione sociale”, peri cattolici, con l’enciclica Rerum novarum, fino, sicuramente, a PioXI, il metodo della Chiesa nel suo magistero sociale si potrebbe de-finire, grosso modo, come “deduttivo”: da alcuni principi immutabili,ricavati direttamente dai contenuti di fede, si faceva conseguire unaconfigurazione ideale della società, che i cristiani (e tutti gli uominidi buona volontà) erano tenuti a realizzare. Questo atteggiamentodava l’immagine di una Chiesa depositaria della verità destinata agliuomini, ma separata dal mondo, al quale essa comunicava tale verità,per così dire, “dall’alto”. La svolta si concretizza con l’enciclica Pacemin terris, nella quale Giovanni XXIII «instaura il metodo induttivo: ilpunto di partenza è il “momento storico”, la rilevazione del dato difatto, che il papa chiama lettura dei “segni dei tempi”». A questosviluppo non è certo estraneo il teologo statunitense John CourtneyMurray; Beghini ne sottolinea il fondamentale contributo al docu-mento conciliare Dignitatis humanae (), che non esce dal Concilio

. Dalla Rerum novarum ad oggi. Un’enciclica che «deve continuare ad essere scritta», in «LaCiviltà Cattolica», , , p. . Per la trattazione del rapporto tra diritto naturale aidiritti umani nel Magistero della Chiesa cattolica, si veda A.M. B, Lavoro e dottrinasociale cristiana. Dalle origini al Novecento, Città Nuova, Roma , pp. –.

Prefazione

esattamente come Murray l’avrebbe voluto, ma è comunque un pas-so avanti fondamentale per la Chiesa cattolica: in esso si riconosceche gli stessi diritti religiosi si possono difendere efficacemente soloall’interno della difesa dei diritti umani nel loro insieme. È un mo-mento, quello del Concilio Vaticano II, in cui la Chiesa cattolica operaimportanti trasformazioni concettuali, all’interno della dottrina, cherinnovano profondamente il suo modo di schierarsi a favore degliesseri umani. Sembra realizzare, in tal modo, la intellectual solidarityche tanto stava a cuore ad Hollenbach e che Renzo Beghini sintetizzamagnificamente.

Un’altra riflessione, di carattere politologico, decolla negli stessi de-cenni e si intreccia con quella teologica. Si tratta del dibattito statuniten-se sul nuovo contrattualismo nella società multiculturale: John Rawls,per fare un esempio, pubblica la sua Theory of Justice nel . È unmomento storico nel quale si percepisce chiaramente che il vincolodella comunità originaria si è sfilacciato. Robert N. Bellah lo denunciaanalizzando la sorte delle due ispirazioni culturali che, a suo avviso,avevano fatto da pilastri alla costruzione statunitense: la religione biblicae l’individualismo utilitaristico. Secondo Bellah, queste due tradizioni,potenzialmente antagonistiche, si sono tollerate e talvolta perfino aiutatenel corso della storia statunitense. Ma ad un certo punto l’equilibrio traloro si è spezzato: «Il valore centrale dell’individualismo utilitaristico erala libertà, termine che si sarebbe anche potuto impiegare per attenuareil divario tra le tradizioni biblica e utilitaristica, essendo del pari untermine centrale biblico; ma, per la religione biblica, libertà significasoprattutto libertà dal peccato, libertà di compiere il proprio dovere; eviene quasi a identificarsi con la virtù. Invece, per l’utilitarismo significalibertà di perseguire i propri scopi, ai quali ogni cosa doveva esseresubordinata: natura, relazioni sociali e perfino i sentimenti personali.L’esclusiva concentrazione sui mezzi rendeva quello scopo finale dellalibertà così svuotato di contenuto da diventare illusorio, mentre la ra-zionalizzazione dei mezzi diventava una sorta di gigantesca macina cheera in effetti l’opposto della libertà».

. Si vedano le osservazioni di Beghini, pp. – del presente testo.. N.R. B, Il nuovo senso religioso e la crisi del moderno, in Vecchi e nuovi dèi. Studi e

riflessioni sul senso religioso dei nostri tempi. Dagli atti del Secondo Simposio Internazionale sullaCredenza organizzato dalla “Fondazione Giovanni Agnelli” (Vienna, – gennaio ), a cura di R.C, Editoriale Valentino, Torino , p. .

Prefazione

Nel Michael Walzer si interroga: «Come può svilupparsi unacomune cittadinanza senza qualche cosa di comune — senza solidarie-tà etnica, senza una religione stabilita, senza una tradizione culturaleunificata?».

Ed è in dialogo con Rawls e Dworkin che Robert Peter George,spiega Renzo Beghini, sviluppa i suoi argomenti sulla necessità diriaffermare, attraverso una nuova comprensione, una legge naturalecontenente i principi della ragione pratica dai quali dipende il ricono-scimento dei diritti. La ricerca di Beghini mette in grado di conoscerel’aspetto teologico di uno dei più importanti processi di riflessionepubblica del nostro tempo. Esso solitamente viene considerato all’in-terno di discipline precise, quali la filosofia politica o la teoria politica,senza tenere in conto la specificità statunitense, nella quale è centralela coscienza religiosa e, di conseguenza, l’elaborazione teologica del-l’etica sociale e politica. Il suo è dunque un lavoro di grande interesseperché permette di mettere in relazione i discorsi e i dati che compon-gono la realtà, senza i quali non si può pensare di comprendere nonsolo la teologia, ma anche la riflessione “politologica” dal secondodopoguerra ad oggi.

Vorrei limitarmi, qui, a due soli esempi, per dare l’idea dell’impor-tanza dei temi proposti dalla lettura che Renzo Beghini conduce delleScuole di teologia morale che abbiamo nominato.

David Hollenbach denuncia la scomparsa del public e il dominiodella sfera privata generato da un individualismo che mette in crisi lastessa democrazia liberale in quanto democrazia. In questo contesto,egli si batte per spiegare la rilevanza pubblica della fede. Per la verità,Hollenbach contribuiscea attivamente a tale rilevanza, se si pensaal suo grande apportocontributo che egli porta al documento dellaConferenza Episcopale Nordamericana sulla Giustizia per tutti ().È un testo che colloca la Chiesa cattolica in un ruolo di protagonista neldibattito pubblico e che conferma la capacità di critica a determinatescelte politiche governative, soprattutto relativamente ai temi dellaguerra e della pace, della bioetica.

. M. W, Civiltà e virtù civiche nell’America contemporanea, in Che cosa significaessere americani?, Marsilio, Venezia , p. ( prima pubblicazione in “Social Research”,XLI, , ).

. Economic Justice for All. Catholic Social Teaching and the U.S. Economy, «Origins» Oct, Washington D.C.

Prefazione

L’analisi del concetto di tolleranza da parte di Hollenbach è unesempio della grande capacità di questi autori di aiutarci a comprende-re la profondità dei concetti usati abitualmente nello spazio pubblico ele diverse declinazioni con le quali possono essere impiegati. Nel casodella tolleranza, spiega Hollenbach, concetto che sorge per consentirela convivenza delle differenze, essa può servire per giustificare, piutto-sto, una forma di indifferenza nei confronti delle differenze sociali in-giuste; esse sarebbero superabili, a patto di recuperare concetti–chiavecome quello di “bene comune”, che viene invece accantonato dallatolleranza intesa nel senso dell’indifferenza.

Una parte importante della riflessione di Hollenbach riguarda lafondamentazione del discorso pubblico cattolico. John Murray avevasottolineato la necessità di usare, nel terreno pubblico, un linguaggiorazionale, fondato filosoficamente; Hollenbach ritiene che si debbafare uso della radice teologica per recuperare nella loro pienezza con-cetti quali bene comune, libertà, comunità, che erano stati sottopostiad un processo culturale di riduzione ad opera dell’individualismo.Hollenbach vuole sostituire una public religion alla public philosophy diMurray, e se ne intendono le ragioni, dato che il discorso pubblico,assumendo una più precisa connotazione biblica, può arricchire i con-tenuti dei simboli e dei principi posti a fondamento della vita sociale.D’altra parte, proprio questo arricchimento dei contenuti rischia dilegarli ad una particolare prospettiva religiosa, senza garantire affattodi poter creare un orizzonte di principi condivisi.

Il secondo esempio riguarda Max Lynn Stackhouse. Egli indivi-dua nell’inizio della Dichiarazione una public theology che si pone afondamento dei diritti. Egli conserva il carattere non confessiona-le di questa teologia fondativa, ponendosi così nella linea della civilreligion di Robert Bellah. E rimane non confessionale perché non pre-scrive appartenenze; per questo è importante leggere l’inizio dellaDichiarazione insieme al Primo emendamento della Costituzione, cheinterpreta la fondazione teologica esattamente in senso non confessio-nale, proibendo al Congresso, allo stesso tempo, sia di dare ufficialitàad una particolare religione che di vietarne l’esercizio: «Congress shallmake no law respecting an establishment of religion, or prohibitingthe free exercise thereof». Ma Stackhouse, rispetto a Bellah, sottolineacon maggior forza la natura costitutiva, nei confronti della nascenteNazione, di questa dimensione teologica, simile, mi spingo a dire,

Prefazione

all’impressione di una “forma”, che giustificherebbe, nella prospettivadi Stackhouse, un ruolo normativo della public theology.

Certamente il Dio Creatore della Dichiarazione è di origine biblica.E non si può ignorare il legame che collega l’uguaglianza tra tutti gliuomini e il loro diritto a vivere liberi, con l’antropologia di Locke,al quale Stackhouse fa riferimento. Per John Locke gli esseri umani,già prima di unirsi politicamente, sono legati in società e riconosconoun obbligo di amore reciproco. Ed è questa concezione lockiana adaprire lo spazio all’idea di un “patto”, di una co–appartenenza recipro-ca degli esseri umani, che precede il contratto. Osserva infatti Beghini:«Per Stackhouse un progetto di giustizia definito all’origine del pattosociale che precede ogni forma di scambio politico ed economico è ilformidabile guadagno della public theology».

Locke si ispira alla Bibbia nel sottolineare la naturale socialità uma-na che precede ogni pubblica istituzione, rinforzando così l’idea dellaradice ebraico–cristiana dell’antropologia della Dichiarazione. Per que-sto, secondo Locke, gli esseri umani vivono già socialmente prima distabilire il contratto politico e, di conseguenza, ogni governo che sibasi su questa visione antropologica si deve basare sulle leggi e sul con-senso: da qui verranno alcuni tratti caratterizzanti il costituzionalismostatunitense. In tutto ciò, nell’elaborare quella che diventerà, per cosìdire, l’“antropologia costituzionale” statunitense, Locke si appoggia aRichard Hooker, frequentemente citato nel Secondo trattato. Il grandeteologo anglicano, in effetti, considerava l’amore reciproco non solocome un comandamento evangelico, ma anche come un dovere chegli esseri umani comprendono sulla base dell’intelligenza naturale:ed è ciò che permette a Locke di salvaguardare la socialità umanapre–istituzionale. Come dimostrare allora la necessità di una publictheology, se una public philosophy (che per i credenti è teologicamen-te fondata) sembra essere sufficiente? È forse ciò che John Murraychiederebbe a questo punto.

. J. L, The Second Treatise of Government. An Essay Concerning the True Original,Extent, and End of Civil Government, II, ; in Two Treatises of Government, ed. by M. Goldie,Everyman ( J.M. Dent, London; C.E. Tuttle, Vermont), , p. .

. R. B, p. del presente volume.. R. H, Of the Laws of Ecclesiastical Polity. Preface – Book I – Book VIII, ed. by A.S.

McGrade, Cambridge U.P., Cambridge , p. (First Book, Chapter ).

Prefazione

Siamo qui di fronte a quello che potremmo chiamare «paradossoantropologico» della Rivelazione biblica, ancora più forte nel cristia-nesimo che nell’ebraismo. Esso consiste nel rivelare una dignità dellanatura umana talmente elevata da non avere bisogno della fede cri-stiana per distinguere il bene dal male e per dotarsi, come sottolineaTommaso, delle necessarie leggi positive. È il paradosso che si im-pianta nel profondo della cultura occidentale e che ne scatena la crisi:quanto più la Rivelazione cristiana viene presa sul serio, tanto piùcresce il rischio di acquisire il senso della grandezza umana, senzariuscire a pensarla nella sua radice divina: a questo scopo, le catego-rie antiche sono singolarmente povere e impreparate a contenerel’avvento di una concezione che le devasta, annullando, con l’ideadi Incarnazione di Dio, quella visione della distanza tra Dio e uomoalla quale l’intelligenza antica, in molti modi diversi, non aveva mairinunciato.

Nonostante ciò, i dibattiti degli ultimi duecento anni dimostranoche non c’è concordia intorno a questo punto, cioè nella definizionedi quale teologia debba svolgere il ruolo normativo che Stackhousele assegna. Dobbiamo tenere conto che nella cultura dei coloni ri-voluzionari non c’era solo il cristianesimo, ma anche componenti diprovenienza Illuminista, esoterica, teista e teosofica. Alcuni temi cheincontriamo nel Settecento francese provengono dal Seicento inglesee dall’Inghilterra non sono emigrati in America solo i Pilgrims. Nellastessa Dichiarazione di indipendenza, ad esempio, si trovano concettiche si prestano ad interpretazioni differenti; oltre al Dio Creatore dellaBibbia, incontriamo anche «the Laws of Nature and Nature’s God»:è un’espressione che può tranquillamente convivere sia col GrandeArchitetto massonico, sia con la Natura con la “N” maiuscola chenell’Illuminismo francese prende il posto di Dio.

In conclusione, la ricerca di Renzo Beghini costruisce una mappadelle Scuole teologiche del Novecento che ci permette, come egliscrive, di «decifrare gli svincoli fondamentali», cioè — ed è un lavorosommamente utile — di comprendere le parole e le strutture concet-tuali che oggi usiamo per pensare la vita sociale e politica, attraversola loro connessione con i temi dell’etica teologica e filosofica. La ri-costruzione delle Scuole compiuta da Renzo Beghini, io credo, non

. T ’A, Summa Theologiae, Ia IIae, q. , a. ; Alba–Roma , p. .

Prefazione

suggerisce di considerarle completamente alternative l’una rispettoall’altra, e neppure di allinearle in una progressione nella quale ciascu-na sostituisce la precedente; piuttosto, egli ci restituisce, in manieraordinata ed intellegibile, la complessità del nostro tempo. In particola-re, un ulteriore pregio del suo lavoro è certamente quello di delineareil cammino percorso dalla Chiesa cattolica negli USA, quanto allosviluppo della sua riflessione sociale.

Non è possibile dar conto della riflessione critica che Renzo Beghiniesercita puntualmente nei confronti degli Autori, mettendo rispetto-samente in luce i guadagni, i limiti, le questioni aperte. Mi sembraperò importante evidenziare una prospettiva che Renzo Beghini apre,alla conclusione del suo lavoro, quando sottolinea, in tutti gli Autoriesaminati, «il ruolo assolutamente marginale attribuito ai “doveri”rispetto ai diritti». Secondo Beghini, se si resta ancorati al “dogma”dell’autosufficienza individuale, i doveri sono solo strumenti necessariper regolare la libertà dei singoli:

Ma questa inconsistenza dei doveri ricade sui diritti con un carico impossibi-le da portare tanto che svanisce il soggetto responsabile o colui al quale è damettere in conto la “cura” del diritto. In sintesi il rischio è che nessuno siapiù responsabile di nulla tantomeno dei diritti degli altri.

Ciò che egli propone, a conclusione di una ricca analisi nella qua-le utilizza temi di teologia trinitaria e rielabora spunti dell’ultimoRicoeur, è l’apertura di un ulteriore orizzonte antropologico:

Dal momento in cui la relazionalità viene considerata un costitutivo del-l’essere umano, il dovere riacquista la sua autonoma e specifica dignità difine in sé rispetto ai diritti. Il debito verso il “socio” non è il corrispettivofunzionale dell’intangibile sovranità della mia libertà, ma si presenta comel’esplicitazione dell’essenziale rapporto di reciprocità e mutuo riconosci-mento che all’altro mi lega. Il rapporto pubblico è un legame anzitutto tra“doveri e doveri”.

. R. B, pp. – del presente volume.. R. B, ivi, p. .. Ivi.