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POLITECNICO DI TORINO Corso 07CPBCD - Tecnica delle Costruzioni COSTRUZIONI DI ACCIAIO

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POLITECNICO DI TORINO

Corso 07CPBCD - Tecnica delle Costruzioni

COSTRUZIONI DI ACCIAIO

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Introduzione al corso 2

A. CONSIDERAZIONI GENERALI Lo scopo della progettazione strutturale riguarda i seguenti aspetti: Resistenza (con adeguati margini di sicurezza γ):

• METODO DELLE TENSIONI AMMISSIBILI: γ applicato alle resistenze R

es ammm

σσ ≤ σ =

γ

• METODO DEL CALCOLO A ROTTURA: γ applicato alle azioni u

amms

QQ =

γ

• METODO AGLI STATI LIMITE ULTIMI: γS applicato alle azioni e γm applicato ai materiali

dd RS ≤ ( ).etc,Q,GfS kQkGd γγ= m

kd

RRγ

=

• INCENDIO E FATICA

Efficienza funzionale

• ACCIAIO: limitazione di deformazioni e spostamenti limitazione di vibrazioni ed oscillazioni (fastidiose e dannose per le finiture)

• C.A.: limitazione delle tensioni limite nei materiali deformazioni, frecce fessurazione limitazione delle vibrazioni

Durabilità

• ACCIAIO: misure protettive (pittura etc.), dettagli costruttivi • C.A. Bassa porosità del calcestruzzo, adeguati ricoprimenti delle armature, dosaggio cemento.

Modalità operative Il DM 9.1.96 prevede la possibilità di seguire diverse modalità di verifica: - TENSIONI AMMISSIBILI secondo il DM 14.2.92 - STATI LIMITE “all’italiana” secondo il DM 9.1.96 - STATI LIMITE secondo gli EuroCodici (EC2 per il cls ed EC3 per l’acciaio) purché vengano considerate le prescrizioni integrative e sostitutive presenti sul DAN (Documento di Applicazione Nazionale) riportato sul DM 9.1.96 E’ possibile anche seguire altri metodi di dimensionamento e verifica purché fondati su ipotesi teoriche e risultati sperimentali comprovati e che portino ad un livello di sicurezza non inferiore a quello prescritto dal DM.

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Introduzione al corso 3

Per quanto riguarda le norme sui materiali occorre fare riferimento al DM 9.1.96 o alle norme UNI ed EN quando esplicitamente richiamate sul DM stesso.

Azioni di calcolo agli Stati Limite Le azioni sono definite nel DM del 16.1.96. Le verifiche vanno fatte agli stati limite ultimi e di esercizio. Le azioni vanno sommate in modo da ottenere la condizione di carico più sfavorevole. Per gli stati limite ultimi

n

d G K P K Q 1K 0i Q iKi 2

F G P Q Q=

= γ + γ + γ + ψ γ∑

γG = 1.4 (1.0 se è a favore di sicurezza) γP = 0.9 (1.2 se è a sfavore di sicurezza) γQ =1.5 (0.0 se è a favore di sicurezza) ψ0i è il coefficiente di combinazione Per deformazioni impresse con azioni significative γI =1.2 (0.0 se è a favore di sicurezza) Per gli stati limite di esercizio si devono considerare tre combinazioni di carico: - Combinazione di carico rara

n

d K K 1K 0i iKi 2

F G P Q Q=

= + + + ψ∑

- Combinazione frequente n

d K K 11 1K 2i iKi 2

F G P Q Q=

= + + ψ + ψ∑

- Combinazione quasi permanente n

d K K 2i iKi 2

F G P Q=

= + + ψ∑

Di seguito si riporta il prospetto del DM 9.1.96

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Prove sul materiale e caratteristiche 4

B. COSTRUZIONI IN ACCIAIO

1. INTRODUZIONE “La struttura in acciaio nasce dall’assemblaggio di pezzi monodimensionali (profilati) o bidimensionali (lamiere) prodotti per lo più in luogo diverso da quello di fabbricazione delle strutture.

Semplificazioni delle giunzioni rispetto al cemento armato

Fig. 1 La tendenza a semplificare le giunzioni può portare a labilità del complesso.

Fig. 2 Altra caratteristica tipica delle strutture in acciaio è la snellezza, che può portare ad instabilità locali e di insieme. La maggior parte delle costruzioni metalliche sono state costruite con acciai laminati a caldo di forme e dimensioni standardizzate. Le lamiere vengono unite tra loro mediante bullonatura o saldatura (la chiodatura è caduta in disuso).

Acciaieria Carpenteria (officina) Cantiere

Montaggio in opera

Costruzione di elementi strutturali

Produzione di profilati e lamiere

Vincolo mutuo tendenzialmente debole

cerniera (soluz. economica)

incastro (soluz. costosa)

Struttura labile Struttura controventata

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Prove sul materiale e caratteristiche 5

La costruzione avviene in buona parte in officina (indipendenza dal clima), i montaggi e le solidarizzazioni alla struttura avvengono poi in opera. - Vantaggi: rapidità, elementi ripetitivi, uso ridotto di centine e leggerezza delle strutture - Svantaggi: costo di manutenzione elevato (vernici a base di silicone), vulnerabilità al fuoco

(necessità di materiali isolanti), elevata deformabilità, instabilità degli elementi strutturali (effetti locali e globali), aste imperfette, stati di coazione.

2. I MATERIALI Gli acciai da carpenteria sono leghe di ferro-carbonio con contenuto di carbonio compreso tra 0.17% e 0.22%, raffreddati lentamente, a temperatura ordinaria risultano costituiti da ferrite e da perlite. La composizione chimica comprende inoltre Mn = 0.6-1% ; Pmax = 0.035% ; Smax = 0.04% ; Si = 0.15-0.35% ; Ni = 0.7-1% ; Cr = 0.4-0.65% ; Mo =0.4-0.6% ; V = 0.03-0.08% ; Cu = 0.15-0.5% La determinazione delle proprietà meccaniche degli acciai viene effettuata sperimentalmente su provette di forma e dimensioni unificate e su elementi strutturali (per la valutazione di stati di coazione ed imperfezioni).

2.1 Laminati a caldo Le lamiere si dividono in : - Lamierini: s < 1 mm - Lamiere sottili: 1 mm < s < 4mm - Lamiere medie: 4 mm < s <50 mm - Lamiere spesse: s > 50 mm I profilati (dimensioni normalizzate) invece si dividono in: - IPN sezione ad I con ali rastremate - IPE, HEA, HEB, HEM sezioni ad I ed H con ali parallele (Euronorm) altezza max 620 mm - [, T, Z, L con lati uguali e disuguali - Tubi o profili cavi a perimetro tondo, quadro o rettangolare

Fig. 3 I profilati saldati hanno forma a doppio T (I) costituiti da lamiere con spessore tra i 16 ed i 26 mm ed altezze tra 300 e 1700 mm (denominazioni ISE, HSE, HSD, HSL, HSA, HSH, HSU) con caratteristiche geometriche fornite in appositi sagomari

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Prove sul materiale e caratteristiche 6

Fig. 4 Infine le travi ibride che sono composte da acciai con caratteristiche diverse saldati insieme.

2.2 Laminati a freddo Si ottengono i cosiddetti “profili sottili” mediante piegatrici di lamiere e nastri di acciaio di spessore 3-4 mm

Fig. 5 Si ottengono lamiere grecate, ondulate, scatolate, che però danno problemi di corrosione ed instabilità locale. 2.3 Prove di trazione Dal materiale si preleva un saggio dal quale mediante lavorazione meccanica si ricava la provetta, in cui si nota una zona calibrata più stretta e due zone esterne più grosse, dette zone di afferraggio.

baSo ×=

4dS

2

o ×π=

Lc

Lt

S

d

a

b

Lo

Fig. 6 Provetta di trazione

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Prove sul materiale e caratteristiche 7

Lo = lunghezza tra i riferimenti Lc = lunghezza della parte calibrata Lt = lunghezza totale La provetta “proporzionale” ha lunghezza:

o

o o

L 5d per sezione circolare

L 5.65 S per altre sezioni

=

=

La lunghezza delle provette “lunghe” è pari al doppio della lunghezza “proporzionale”. La lunghezza della parte calibrata risulta:

o c oL d 2 L L 2d+ < < + Nel caso di sezione rettangolare d è il diametro del cerchio circoscritto. La velocità di applicazione del carico deve essere inferiore a 10 N/mm2/s. Dalla prova si ricavano informazioni sulle tensioni limite e sugli allungamenti: - fy: tensione di snervamento - f0,2 qualora gli acciai non presentino snervamento si determina la tensione di scostamento

dalla proporzionalità allo 0,2 % - ft: resistenza a trazione - A: allungamento a rottura:

u 0

0

L LA

L−

=

ove Lu è la lunghezza dopo rottura della base iniziale di lunghezza L0. Lu si ottiene accostando i due spezzoni.

Diagrammi tensione - deformazione σ-ε - Acciai normali

Fig. 7 Diagramma tensione – deformazione acciai normali - Acciai extraduri o trattati termicamente Per questo tipo di acciai, che non presentano lo snervamento, si considera la tensione di scostamento dalla proporzionalità allo 0.2%

σ = N /A

ε = ∆ L /L o

L u-L o

L oA =

σ = N /A rid

σ = N /A in iz

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Prove sul materiale e caratteristiche 8

f t

L u-L o

L o

f 0 .2

0 .2 %

A =ε = ∆ L /L o

σ = N /A in iz

Fig. 8 Diagramma tensione -deformazione L’allungamento a rottura A rappresenta la deformazione media riferita alla base Lo accostando i provini dopo rottura. Fino al raggiungimento del carico massimo la deformazione è uniforme lungo tutto il provino. Raggiunto il carico massimo la deformazione aumenta notevolmente in una zona limitata dando luogo ad un restringimento della sezione evidente anche a occhio nudo, detta zona di strizione, . Nel grafico di fig. 9 , è rappresentata in ordinata la deformazione locale lungo il provino prima della rottura.

εmax

εmedia

Lu

Fig. 9. Deformazione nel provino prima della rottura Pertanto se la rottura avviene al centro della base di misura, l’allungamento A dipende da L0, per valori crescenti di L0 l’allungamento A diminuisce. Pertanto l’allungamento A5 su una base di 5 diametri è maggiore di A10 su una base di 10 diametri.

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Prove sul materiale e caratteristiche 9

2.4 Prova di piegamento

E’ una prova di flessione in campo plastico con mandrino di diametro D prefissato appoggiato su due rulli distanti D+3a, dove a è lo spessore del provino.

Le rotazioni in mezzeria sono:

°°

=α18090

Si esaminano le condizioni della zona plasticizzata di mezzeria: il risultato della prova è positivo se non si notano screpolature o cricche. La prova denota l’attitudine del materiale a deformarsi plasticamente a freddo e mette in evidenza difetti di omogeneità ed isotropia. Fig. 10 Prova di piegamento

2.5 Prova di resilienza col pendolo di Charpy La rottura fragile dell’acciaio può verificarsi per: - stati di tensione pluriassiale di trazione - basse temperature - azioni di urto La prova d’urto su provini intagliati (che determinano triassialità) a basse temperature comprende le condizioni precedenti. La proprietà degli acciai di resistere a rottura fragile è detta “tenacità” ed è caratterizzata dalla “resilienza” che è data dall’energia necessaria per rompere un provino di dimensioni standard con una prova d’urto. La prova si effettua col pendolo di Charpy.

Maglio di peso P

Intaglio

10 mm55 mm

30°

10 m

m

2 m

m

10 m

m2 m

m

Fig. 11 Prova di resilienza

α

D

D+3a

Pendolo di Charpy

Provetta Sezione della provetta in corrispondenza dell’intaglio

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Prove sul materiale e caratteristiche 10

Il lavoro assorbito dalla provetta nella prova d’urto è pari a: ( ) P1 EHHPL =−=

in cui EP è l’energia utilizzata dal pendolo. La resilienza è indicata con K mentre con V si indica la forma dell’intaglio (sono possibili altre forme di intaglio). Pertanto si ha:

PEKV = Le prove di resilienza si effettuano a diverse temperature ed occorre verificare che anche alle temperature più basse il valore di KV non sia inferiore al valore prefissato dalle norme.

2.6 Prova di durezza Per durezza si intende la resistenza opposta alla penetrazione di un altro corpo più duro. Facile da eseguire anche su prodotti finiti non è una prova distruttiva. La misura della durezza è data dal rapporto tra la forza applicata al penetratore e l’area della superficie d’impronta. A seconda del tipo di penetratore si ha: - HB: Durezza Brinell. Il penetratore è una sfera (carico e diametro della sfera possono variare in funzione del materiale da provare) - HV: durezza Vickers. Il penetratore è una piramide retta a base quadrata

136°

Fig. 12 Penetratore Vickers - La durezza Rockwell è rappresentata invece da ”l’approfondimento rimanente” di un penetratore una volta soppresso l’incremento di carico di prova. Si hanno due scale:

• scala B: il penetratore è una sfera e si ottiene la durezza HRB • scala C: il penetratore di diamante ha forma conica e si ottiene la durezza HRC

Dalla durezza è possibile avere delle buone correlazioni con la resistenza. Essa ha il vantaggio di non essere una prova distruttiva e si può pertanto effetuare su pezzi finiti e anche su elementi che presentino una certa curvatura.

2.7 Comportamento a fatica La resistenza a fatica è la resistenza che il materiale offre a carichi applicati in modo ciclico. La sollecitazione è caratterizzata dall’ampiezza di oscillazione ∆σ attorno al valore medio σm. La sollecitazione può essere altresì definita tramite il parametro R = σmin/σmax e il valore σmax Possiamo distinguere alcuni casi: - Sollecitazione pulsante (0 < R < 1)

σm

σmax

σmin

σm

t

∆σ

∆σ

Fig. 13

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Prove sul materiale e caratteristiche 11

- Sollecitazione pulsante dallo zero (R = 0)

σm

σmax

σmin

σm

t

∆σ

∆σ

- Sollecitazione pulsante ad altezza simmetrica (R = -1), ad es. flessione rotante

σm

σmax

σmin

σm

t

∆σ

∆σ

- Sollecitazione ad altezza asimmetrica (-1 < R < 0)

σm

σmax

σmin

σm

t

∆σ

∆σ

Le prove di fatica danno come risultato il numero di cicli a rottura in funzione della sollecitazione ciclica definita tramite σm e ∆σ oppure R e σmax. I risultati riportati su piano cartesiano danno la curva di Wöhler. Di seguito si riportano le curve di Wöhler rispettivamente per σm costante e per R costante. Il limite di fatica rappresenta l’asintoto delle curve di Wöhler e corrisponde alla sollecitazione al di sotto della quale non si ha rottura per fatica. Per gli acciai il ginocchio della curva si ha per circa 2.000.000 di cicli. Le rotture nel campo tra 0 e 10000 cicli sono poco influenzate dalla fatica, per questo è detta fatica oligociclica.

∆σ

log Nlog 10000 log 2000000

limite di fatica

σm = cost

σmax)

Fig. 17 Curva di Wöhler

Fig. 14

Fig. 15

Fig. 16

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Prove sul materiale e caratteristiche 12

2.7.1 Tipi di rotture per fatica

La rottura per fatica avviene per tensioni inferiori alla resistenza statica. In generale le rotture per fatica si innescano in superficie e si propagano verso l’interno. Ad esempio la rottura per flessione pulsante si presenta con una zona lucida e liscia in cui il metallo si è rotto per fatica ed una zona più ruvida in cui la rottura è avvenuta per strappo, cioè quando la sezione reagente non è più stata sufficiente a resistere alla sollecitazione. In questo tipo di rottura non c’è strizione.

zona liscia e lucidain cui si ha rotturaper fatica

zona in cui si ha rottura per strappo

ronte di avanzamento delle fessure

Le curve di Wöhler non danno una idea complessiva del comportamento a fatica del materiale perché sono tracciate per parametri costanti. Una rappresentazione complessiva può essere ottenuta col diagramma di Smith-Goodman a partire da una serie di curve di . Consideriamo ad esempio le curve caratterizzate da tre diverse σm tali che σm1 < σm2 < σm3

∆σ ∆σ∆σ

σm3σm2σm1

log Nlog Nlog N∆σl1 ∆σl1 ∆σl1

Fig. 19 Curve di Wöhler per tensioni medie crescenti. Da questi diagrammi si può costruire la curva di Smith-Goodman, in cui le due curve rappresentano le σmin e σmax e la bisettrice rappresenta la linea delle σm. Si possono costruire curve caratteristiche relative al limite di fatica o a delle resistenze a termine per un determinato numero di cicli.

Fig. 18 Rottura per flessione rotante

Fig. 20 Diagramma di Smith-Goodman

σmaxσmin

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Prove sul materiale e caratteristiche 13

Tempo

2.7.2Spettri di carico Nelle situazioni di esercizio i cicli di carico si ripetono con intensità diverse nel tempo. Pertanto per le verifiche a fatica occorre conoscere l’oscillogramma delle tensioni. A questo scopo si costruisce lo spettro di carico con i valori riordinati, in cui è riportato il numero di cicli che si ripetono per le varie sollecitazioni.

σ

σmedia100 80000 20000

σ1

250000 300000

σ2

σ3

σ4

σ5

Fig. 21 Spettro di carico

La determinazione dello spettro di carico può essere fatta con il metodo del “serbatoio” (CNR UNI 10011), immaginando di svuotarlo dal punto più fondo, il primo ∆σ equivale alla distanza DD’; si formano però dei bacini secondari e svuotandoli tutti si ottengono tutti i ∆σ a cui è sottoposto l’elemento.

Fig. 22 Regola del serbatoio Regola di Miner La regola di Miner consenta di valutare la resistenza a fatica per sollecitazioni diverse. Secondo Miner la rottura si verifica per la condizione:

∑ = 1Nn

i

i

in cui ni è il numero di cicli cui è stata sottoposta la struttura alla sollecitazione σi e Ni è il numero di cicli a rottura alla sollecitazione σi. Il rapporto ni/Ni rappresenta il danneggiamento prodotto al livello σi , la rottura si verifica quando la somma di tutti i danneggiamenti è pari a 1.

Sollecitazion

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Prove sul materiale e caratteristiche 14

σmax

log N

N1n1

Nini

Fig. 23 Applicazione della regola di Miner

Fenomeni di sovraffaticamento e di allenamento. Sollecitazioni iniziali basse e successivamente elevate producono un effetto di allenamento e la rottura si verifica per un danneggiamento maggiore di 1. Viceversa sollecitazioni iniziali elevate e successivamente basse producono un effetto di sovraffaticamento e la rottura avviene per un danneggiamento minore di 1. Nonostante questi effetti non vengano presi in conto nella regola di Miner e pertanto sia non molto precisa, essa viene correntemente utilizzata per la sua semplicità. 2.8 Imperfezioni strutturali 2.8.1 Tensioni residue Nei laminati profilati a caldo si formano a causa del processo di raffreddamento successivo alla laminazione (finale ~600°C) degli stati di coazione conseguenti alla diversa velocità di raffreddamento (più veloce alle estremità delle ali e nel centro dell’anima che nelle zone di attacco ala-anima).

Fig. 24 Tensioni residue negli elementi profilati Nella laminazione a freddo, le fibre superficiali tendono ad allungarsi mentre il centro rimane indeformato.

Fig. 25 Stati di coazione negli elementi laminati a freddo

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Prove sul materiale e caratteristiche 15

2.8.2 Imperfezioni geometriche Variazioni di forma rispetto alla loro geometria ideale, si dividono in: - variazioni trasversali: variazioni di spessore nelle pareti, mancanza di ortogonalità - variazioni longitudinali: deviazione dell’asse (si assume una freccia iniziale convenzionale pari a L/1000).

2.9 Saldabilità La saldatura è un collegamento che realizza la continuità tra due elementi di acciaio. Il materiale di base viene fuso in corrispondenza dei lembi da saldare, unitamente al materiale di apporto: “bagno di fusione”. Dopo il raffreddamento è detta “zona fusa” che costituisce il “cordone di saldatura” ed è una “zona termicamente alterata”. Anche dopo saldatura i materiali devono avere le caratteristiche richieste e non devono essere presenti “difetti” nella zona fusa. I possibili “difetti” sono: - cricche: dovute al raffreddamento - soffiature: nell’acciaio fuso è presente monossido di carbonio disciolto, che torna allo stato gassoso durante la solidificazione dando luogo a soffiature (acciaio effervescente). Aggiungendo nella colata silicio ed allumino si sottrae ossigeno impedendo la formazione di CO e quindi di soffiature. Questi tipi di acciai vengono chiamati acciai calmati e semicalmati e sono gli unici ammessi per carpenteria saldata. Gli acciai devono avere una precisa composizione chimica (C, P, S, Mn, Si) e sono suddivisi nei gradi A, B, C, D (UNI 5132). La scelta tra le 4 classi si effettua in base alle caratteristiche di saldabilità richieste. Passando dal grado A al D diventano più severe le limitazioni (disossidazione, composizione chimica, resilienza). Il grado A è escluso dalla carpenteria; per una struttura bullonata si impiega il grado B, mentre per carpenteria saldata la scelta sarà tra B e D in funzione delle esigenze di saldabilità.

2.10 Fragilità alle basse temperature Il decreto ministeriale sancisce che: “La temperatura minima alla quale l’acciaio di una struttura saldata può essere utilizzato senza pericolo di rottura fragile, deve essere stimata sulla base della temperatura T alla quale per detto acciaio può essere garantita una resilienza KV di 27 J”. La scelta dell’acciaio fatta nei cataloghi del produttore deve soddisfare questa condizione.

2.11 Caratteristiche meccaniche degli acciai Secondo il DM 9/1/1996 gli acciai si dividono in tre tipi, Fe 360, Fe 430 e Fe 510, i quali sono poi a loro volta suddivisi in:

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Prove sul materiale e caratteristiche 16

- profilati, barre, larghi piatti e lamiere con le caratteristiche riportate in tabella

- profilati cavi con le caratteristiche riportate in tabella

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Prove sul materiale e caratteristiche 17

A titolo informativo si richiamano i valori delle tensioni ammissibili riportati nella norma CNR UNI 10011 per il materiale base.

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Calcolo agli stati limite 18

3. METODI DI CALCOLO AGLI STATI LIMITE Il metodo considera le “azioni di calcolo” e le “resistenze di calcolo” con riferimento

- allo “stato limite elastico della sezione”, oppure - allo “stato limite di collasso plastico della struttura”.

Sono inoltre necessarie le verifiche agli “stati limite di esercizio”. Per le azioni di calcolo ci si riferisce al DM 16-1-96, mentre le resistenze di calcolo (fd) sono definite dalla relazione:

m

yd

ff

γ=

dove : - fy è la tensione di snervamento - γm è un coefficiente di sicurezza definito in funzione dello stato limite considerato

3.1 Stato limite elastico Si assume che in nessun punto si abbia il superamento della “deformazione unitaria corrispondente al limite elastico del materiale”. Il coefficiente di sicurezza parziale sull’acciaio è posto pari a γm = 1 Vale il calcolo elastico delle sollecitazioni (in caso di presollecitazioni è obbligatoria la verifica con γQ = 0.9 per gli effetti favorevoli e γQ = 1.2 per quelli sfavorevoli).

3.2 Stato limite di collasso plastico Si assume come stato limite ultimo il collasso per trasformazione della struttura o di una sua parte in un meccanismo ammettendo la completa plasticizzazione delle sezioni coinvolte nella formazione del meccanismo. Il coefficiente di sicurezza parziale sull’acciaio è posto pari a γm = 1.2 Si verificherà che per le azioni di calcolo non si raggiunga le stato limite. Occorre verificare che le giunzioni abbiano una sufficiente duttilità. Tale procedimento non è applicabile quando i fenomeni di fatica sono determinanti.

3.3 Stato limite di esercizio Si assumono i seguenti coefficienti di sicurezza: γG e γQ = 1 Inoltre si applicano alle azioni variabili i coefficienti ψ0, ψ1 e ψ2.

3.4 Resistenza del materiale di base 3.4.1 Stati monoassiali

Per quanto riguarda lo stato limite ultimo, si verifica la resistenza di calcolo fd a trazione o a compressione per acciaio laminato.

Materiale

fd [N/mm2]

t ≤ 40

fd [N/mm2]

t > 40

Fe 360

Fe 430

Fe 510

235

275

355

210

250

315

t = spessore [in mm]

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Calcolo agli stati limite 19

3.4.2 Stati pluriassiali Per gli stati piani si deve verificare:

2 2 23

id d

id x y x y xy

f

ove

σ

σ σ σ σ σ τ

= ± + − +

e nel riferimento principale: 2 21 2 1 2idσ σ σ σ σ= ± + −

Nel caso in cui σy = 0 (es. flessione e taglio)

2 23id x xyσ σ τ= ± +

Nel caso di sole tensioni tangenziali: 3id xyσ τ= ±

3.4.3 Costanti elastiche (D.M. 9-1-96)

Modulo elastico: E = 206000 N/mm2 Modulo di elasticità tangenziale: G = 78400 N/mm2 Tali valori danno luogo a ν = 0.314

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Unioni chiodate e bullonate 20

4. UNIONI CHIODATE E BULLONATE

4.1 Unioni chiodate Le unioni chiodate sono cadute in disuso, anche se esistono ancora strutture in servizio. Nel passato si sono applicate regole comuni a chiodi e bulloni. Modalità esecutive: si fora la lamiera col trapano, alesatura del foro fino ad un diametro maggiore di 1 mm rispetto al gambo del chiodo. Si riportano i tipi di chiodi adottati

La testa è prefabbricata da una parte sola, la seconda deve essere eseguita in opera.

Il chiodo deve essere riscaldato prima di introdurlo nel foro (~ 1100÷1200°C), in seguito c’è la ribaditura del chiodo (temperatura finale ~ 950°C), il chiodo viene battuto sullo stampo con il martello o a macchina. Il raffreddamento porta in trazione il gambo del chiodo. Il chiodo lavora meglio in presenza di azioni taglianti piuttosto che in trazione. Per i chiodi da ribadire a caldo si deve impiegare acciaio Fe 40 (UNI 7365). I chiodi sono caratterizzati dal diametro nominale (d), dal diametro del foro (d1) e dal tipo di testa, quest’ultima funzione del rapporto tra spessore (t) e diametro nominale: - Diametro nominale: 10, 13, 16, 19, 22, 25 mm - Diametro foro: 10.5, 14, 17, 20, 23, 26 mm - Chiodi a testa tonda ed a testa svasata piana: t/d ≤ 4.5 - Chiodi a testa svasata con calotta: 4.5 ≤ t/d ≤ 6.5 STATI LIMITE Le resistenze di calcolo dei chiodi allo stato limite ultimo sono:

Resistenza di calcolo a taglio fdV = 180 N/mm2 Resistenza di calcolo a trazione fdN = 75 N/mm2

Fig. 1.4

Fig. 2.4

a testa tonda

a testa svasata piana

a testa svasata con calotta

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Unioni chiodate e bullonate 21

Nel caso di taglio e trazione deve risultare:

1ff

2

dN

b2

dV

b ≤

σ+

τ

TENSIONI AMMISSIBILI Le tensioni ammissibili sono:

per taglio τb,amm = 120 N/mm2 per trazione σb,amm = 50 N/mm2

4.2 Unioni bullonate I bulloni sono costituiti da : - vite: con testa esagonale e gambo completamente o parzialmente filettato - dado di forma esagonale - rondelle di forma circolare (da interporre tra lamiera e dado) In caso di vibrazioni si può verificare il disserraggio dei dadi, è allora indispensabile l’uso di controdadi o rondelle di tipo elastico

La bulloneria è divisa in classi a seconda del materiale (prospetto 2.III UNI 10011). Le classi di viti e dadi devono essere associate nel modo seguente

NORMALI AD ALTA RESISTENZA Vite 4.6 5.6 6.6 8.8 10.9 Dado 4A 5D 5S 6S 8G

Le resistenze di progetto allo stato limite sono riportate in tabella

Fig. 3.4

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Unioni chiodate e bullonate 22

In caso di sforzo normale e taglio deve risultare:

1ff

2

dN

b2

dV

b ≤

σ+

τ

I diametri dei bulloni sono: 12, 14, 16, 18, 20, 22, 24, 27, 30 mm Il gioco foro (φ)-bullone(d):

φ - d ≤ 1 mm per d ≤ 20 mm φ - d ≤ 1.5 mm per d > 20 mm

Quando l’assestamento non è ammesso, è richiesto "l’accoppiamento di precisione" ed il gioco deve essere minore di 0.3 mm per d ≤ 20 mm e 0.5 mm per d > 20 mm. La lunghezza del tratto non filettato del bullone deve essere in generale maggiore di quella delle parti da serrare e si deve sempre fare uso di rosette. I bulloni devono essere serrati in modo tale da provocare una forza di trazione Ns nel gambo pari a:

Ns = 0.8×fk,N×Ares con Ares l’area della sezione resistente della vite (all'interno del filetto) e fk,N pari al minore dei valori 0.7ft e fy. La coppia di serraggio Ts necessaria per ottenere Ns vale:

Ts = 0.2×Ns×d con d il diametro nominale di filettatura del bullone

Il serraggio è vantaggioso particolarmente in esercizio perché: - riduce lo scorrimento a taglio delle piastre per la presenza del gioco foro bullone - riduce il distacco delle piastre per bulloni soggetti a trazione con eliminazione dei pericoli di corrosione

4.3 Unione bullonata soggetta a taglio

Fig. 4.4 Allo stato limite ultimo sono possibili i seguenti meccanismi di collasso:

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Unioni chiodate e bullonate 23

a) rottura per taglio del bullone: in questo caso il bullone lavora su due facce, sulle sezioni di rottura agisce

la forza F/2. la tensione tangenziale risulta:

21 d4

2F

π=τ

b) rottura per rifollamento della lamiera, la tensione di rifollamento risulta:

dsF

2 =σ

in cui s è lo spessore della lamiera c) rottura per taglio della lamiera:

in via approssimata si divide F per due sezioni caratterizzate dalle dimensioni m ed s, in cui s è lo spessore della lamiera ed m è la proiezione del segmento DD’ (EE’) nella direzione della forza. Si ha la tensione tangenziale:

ms21F2 =τ

d) rottura per trazione della lamiera:

La tensione da valutare vale:

( )sdaF

1 −=σ

Le tensioni massime nei 4 casi possono essere le seguenti: - per il tranciamento del bullone:

ydmax1 f8.0=τ - per rifollamento della lamiera:

ydmax2 fα=σ

con α = a/d ≤ 2.5 - per taglio della lamiera:

ydmax2 f6.0=τ - per trazione della lamiera:

ydmax1 f=σ tale valore è accettato tenendo conto che si tratta di un fenomeno in campo plastico

Fig. 5.4

Fig. 6.4

Fig. 7.4

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Unioni chiodate e bullonate 24

p

Il più piccolo dei 4 valori ottenuti rappresenta l’effettivo carico ultimo del collegamento. In relazione ai possibili tipi di rottura vengono definiti degli interassi minimi dei bulloni (ed anche dei chiodi) in rapporto al diametro d dei bulloni e al più piccolo spessore t1 delle lamiere collegate (vedi DM 96 §7.2.4):

( )irrigidito è margine il se96t/at/a

tesielementiper25compressielementiper15

t/p

5.1d/a35.1d/a33d/p10

11

1

1

1

≤≤

≥≥≥≥

≥≥

dove:

• p è la distanza tra centro e centro dei bulloni contigui • a è la distanza dal centro di un chiodo al margine degli elementi da collegare ad esso più vicino nella

direzione dello sforzo • a1 è la distanza come a, ma ortogonale alla direzione dello sforzo • t1 è il minore degli spessori collegati

Per opere non sottoposte alle intemperie valgono le seguenti:

12t/at/a

11

1 ≤

Fig. 8.4

Fig. 9.4

(fig. 10.4)

p

p

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Unioni chiodate e bullonate 25

Fig. 11.4

Fig. 10.4

Fig.11.4 ;

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Unioni chiodate e bullonate 26

Nelle verifiche delle giunzioni bullonate sottoposte ad tensioni tangenziali si trascurano gli sforzi trasmessi per attrito prodotto dai serraggi del bullone, è accertato infatti che col tempo si può giungere al disserraggio completo di certe giunzioni specie se sollecitate a fatica.

4.4 Verifiche a stato limite ultimo Per la combinazione delle azioni allo stato limite ultimo si dovrà verificare:

- La resistenza dei bulloni - Il rifollamento del foro - La resistenza della sezione forata

12.4 b)

12.4

Fig. 12.4

Fig. 12.4 b

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Unioni chiodate e bullonate 27

4.4.1 Verifica del bullone Si calcola l’azione tagliante Vsd e l’azione assiale Nsd del bullone più sollecitato e si verifica che queste sollecitazioni soddisfino la condizione

1NN

VV

2

rd

sd2

rd

sd ≤

+

- Vsd = AresV×fdV - Nsd = AresN×fdN - AresV = area resistente per azioni di taglio - AresN = area resistente per azioni di sforzo normale - fdV, fdN dati dalle norme in funzione della classe della vite La relazione precedente è equivalente alla formula di interazione:

dove:

1ff

2

dN

2

dV≤

σ+

τ

4.4.2 Verifica al rifollamento del foro

La pressione sul contorno del foro, riferita alla proiezione diametrale della superficie cilindrica del bullone (o del chiodo) deve risultare:

drif fα≤σ dove

- 5.2da ≤=α : a è la distanza dal centro di un chiodo al margine degli elementi da collegare ad esso più

vicino nella direzione dello sforzo - fd è la resistenza di progetto del materiale

4.4.3 Verifica delle sezioni forate “Per la verifica di resistenza il calcolo delle tensioni di trazione si effettua con riferimento all’area netta, detratta cioè l’area dei fori, assumendo come tale quella minima corrispondente o alla sezione netta o al profilo spezzato.” Nel caso vi siano più bulloni la scelta della sezione critica può essere complessa: essa deve venire fatta sulla base della resistenza a collasso per trazione e taglio della piastra, in funzione delle possibili linee di rottura.

Una regola empirica a favore di sicurezza è quella corrispondente al minimo percorso passante per uno o più fori. Ad esempio, la sezione critica della figura sotto è quella che ha il minimo valore di area tra 2L1 + 2L2 – 3d; 2L1 + 2L3 + L4 – 4d; 2L1 + 2L3 + 2L5 – 5d.

L1L2

L2L1

L4

L3

L5

Fig. 13.4

Fig. 14.4

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Unioni chiodate e bullonate 28

4.5 Effetti delle sollecitazioni Le unioni bullonate possono essere sostanzialmente sollecitate in due modi diversi: - Sollecitazioni di taglio e torsione che agiscono nel piano delle lamiere collegate dai bulloni e i cui effetti ne impegnano a taglio i gambi (fig. 15.4 a) - Sollecitazioni assiali e flettenti che agiscono in piani paralleli al gambo dei bulloni e che quindi li impegnano a trazione (fig. 15.4 b)

La ripartizione di tali effetti sui singoli bulloni viene eseguita sulla base di metodi convenzionali suffragati da risultati sperimentali. Nel seguito si riportano i metodi più comunemente adottati.

4.5.1 Sollecitazione di taglio e torsione Nella fig. 16.4 si ha una giunzione per sovrapposizione (fig. a1) e una giunzione con coprigiunto semplice (fig. a2), in entrambi i casi con una sola sezione resistente al taglio; nella giunzione a doppio coprigiunto (fig. a3) si hanno invece due sezioni resistenti alla recisione. Inoltre per queste ultime non si verificano le inflessioni trasversali delle lamiere indicate nelle a1 ed a2 e sono ridotte le tensioni secondarie di flessione negli elementi della giunzione.

Per la determinazione degli sforzi taglianti nei bulloni si ricorre ad una ipotesi semplificativa che si dimostra a favore di sicurezza: l’unione sia costituita da lamiere infinitamente rigide e da bulloni perfettamente elastici

Fig. 15.4

Fig. 16.4

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Unioni chiodate e bullonate 29

Si considera la sollecitazione esterna riferita al baricentro della bullonatura costituita da una componente tagliante e da una torcente (fig. 17.4.a). Si considera la componente tagliante suddivisa in parti uguali agenti nei bulloni con la stessa direzione della forza agente (fig. 17.4 b); si considera il momento torcente suddiviso in forze agenti nei bulloni in direzione perpendicolare al segmento che unisce il bullone al baricentro della bullonatura e di entità proporzionale a questa distanza (fig. 17.4c). Per quanto riguarda la distribuzione delle due componenti si avcrà: - distribuzione della componente tagliante. Essa può essere considerata ripartita in modo uguale su tutti i bulloni. Lo sforzo per ogni faccia

risulta: V

v

FVn n

=

Ove n è il numero dei bulloni presenti nel giunto nv il numero di sezioni resistenti per ogni bullone - distribuzione della componente torcente

Fig. 18.4

Il momento torcente si ripartisce sui bulloni in ragione della loro distanza dal baricentro. Risulta quindi sul

bullone i-esimo (fig. 18.4) ,T i iV k a=

Fig. 17.4

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Unioni chiodate e bullonate 30

essendo ai la distanza fra il centro del bullone ed il baricentro della bullonatura. Dall'equilibrio alla rotazione

si ha: 2,

1 1

n n

v T i i v iT n V a n k a= =∑ ∑

da cui 2

1

n

v ii

Tkn a

=

=

∑ e quindi VT,i.

- effetti combinati. Componendo vettorialmente le forze V e VT,i, si ottiene la forza Vi agente su una faccia del bullone i-esimo. Ai fini del calcolo conviene operare assumendo un sistema di riferimento x - y (Fig. 19.4) e ricavare le componenti secondo gli assi:

Giunzione dei correnti

( ) ( )

,,

, , , ,2 2 2 2

,

,

v yv xx y

v v

i iT i x T i y

v i i v i i

FFV V

n n n nT y T xV V

n x y n x y

= =

= =+ +∑ ∑

Fig.19.4

Fig.20.4

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Unioni chiodate e bullonate 31

Le giunzioni correnti sono giunzioni tangenziali destinati ad unire singoli profilati e/o lamiere per formare una trave composta. Le più comuni sono destinate a formare travi a T o doppio T (rs. Fig. 20.4, a, b, c): a. che uniscono cantonali all'anima b. che uniscono piattabande ai cantonali o alle ali dei profilati c. di coprigiunto, in corrispondenza delle interruzioni dei cantonali e delle piattabande. Nelle travi ad asse rettilineo le giunzioni dei tipo a. e b. sono sollecitate soltanto in presenza del taglio. Il passo ∆x dei bulloni viene calcolato pensando che il collegamento deve trasmettere la sollecitazione di recisione dall'anima al cantonale.

V

Indicando con V lo sforzo tranciante nel bullone e con Vsd il taglio agente, si ha per l'equilibrio alla traslazione delle tensioni che agiscono sul cantonale:

( )' dA Vσ σ− =∫

( )

''

'

sd sd sd

sd

sd

M M V xy yJ J

M yJV x y

J

σ

σ

σ σ

+ ∆= =

=

∆− =

sd

sd

V x ydA VJV xV S

J

∆=

∆=

Ove J è il momento d'inerzia dell'intera sezione rispetto all'asse baricentrico, S è il momento statico rispetto all'asse baricentrico, della porzione di sezione che si vuole collegare. Trovato lo sforzo di taglio V nel bullone occorre procedere alle verifiche alla recisione e alla verifica al rifollamento. Occorre infine verificare la sezione dell'anima indebolita dai fori. Perciò si calcola la τ come se non ci fossero fori; poi la si moltiplica per ∆x/(∆x-d) poiché lo sforzo V agente nel tratto ∆x è sopportato in realtà dall’area resistente (∆x-d), anzichè ∆x.

∆x

σ’σ

Vsd Msd

M’sd

∆x

Fig. 21.4

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Unioni chiodate e bullonate 32

Anche per le giunzioni d’anima ci sono specifiche di calcolo:

rkb ⋅=τ

∑∑

ω=

ω=τω=

2ibi

a

n

1

2ibi

n

1ibbia

r2M

k

cuidakr2r2M

Fig. 22.4

Fig.22.4

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Unioni chiodate e bullonate 33

4.5.2 Sollecitazioni di sforzo normale e flessione la ripartizione delle sollecitazioni assiali e flettenti su un giunto bullonato è di difficile individuazione in quanto dipende dalla rigidezza della lamiera (flangia)

Con riferimento alla Fig. 24.4 si consideri che lo sforzo di trazione FN sia applicato su un asse principale internamente al nocciolo centrale d’inerzia della sezione formata dai soli n bulloni. Lo sforzo Ni agente sul generico bullone, nell’ipotesi di conservazione delle sezioni piane, è dato da

in

1i

2i

NNi y

y

eFn

FN

∑=

+=

0ve: e è l’eccentricità della forza applicata rispetto al baricentro dei bulloni yi la distanza del bullone i-esimo dall’asse baricentrico normale all’asse di sollecitazione.

Fig. 24.4

b

ab J

rMkr ==τ

dVb

maxamaxb f

JrM

≤=τ

Fig. 23.4

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Unioni chiodate e bullonate 34

Fig. 22.4 Se la forza assiale di trazione è applicata esternamente al nocciolo di inerzia della sezione formata dai soli bulloni, oppure la forza assiale di compressione è applicata esternamente al nocciolo di inerzia della sezione costituita dalla flangia, la sezione risulta parzializzata. La piastra reagisce a compressione per contatto, i bulloni (tutti o in parte) a trazione. Di regola si trascura l’effetto dei fori della zona compressa. La prima operazione di calcolo consiste nel determinare la posizione dell’asse neutro, cioè dell’asse di separazione tra la zona compressa e quella tesa,

- Flessione semplice L’asse neutro è asse baricentrico della sezione reagente, pertanto facendo riferimento ad una flangia di forma rettangolare e a dei bulloni di area Ai posti ad una distanza yi dall’estradosso, Fig. 23.4, si ha:

( ) 0yyAyb i

m

1ii

2c =−+ ∑

=

essendo m il nnumero dei bulloni situati in zona tesa.

Fig. 23.4

La soluzione dell’equazione di secondo grado permette di determinare yc. Il momento d’inerzia della sezione reagente è dato dalla relazione

( )2ci

m

1ii

3c yyA

3ybI −+= ∑

=

Le tensioni nella sezione reagente sono date dall’espressione

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Unioni chiodate e bullonate 35

yJ

M=σ e pertanto la massima compressione nella flangia risulta cc y

JM

mentre gli sforzi di trazione nei bulloni sono dati dall’espressione

( )cii yyJ

MN −=

- Sforzo normale eccentrico Nel caso di pressoflessione o tensoflessione la distanza tra il centro di pressione (punto ove passa la risultante delle sollecitazioni) e l’asse neutro è dato dalla relazione

n

nx S

Jy =

ove Jn e Sn sono rispettivamente il momento d’inerzia e il momento statico della sezione reagente rispetto all’asse neutro, cioè della zona compressa della flangia e dei bulloni tesi, rispetto all’asse neutro. Per una flangia di forma rettangolare soggetta a sforzo normale eccentrico appartenente ad un asse di simmetria si ha:

( )∑=

−+=m

1i

2cii

3c

n yyA3ybJ

=nS ( )∑=

−+m

1icii

2c yyA

2yb

Essendo cx y2aey +

−= il rapporto

n

nx S

Jy = fornisce un a equazione di terzo grado , da cui

si può ricavare yc , risulta quindi definita la sezione reagente. Si indica con G (distante yG dal bordo più compresso) il baricentro di tale sezione reagente di area

∑=

= +m

1iicr AybA

con JG il momento d’inerzia rispetto all’asse baricentrico

( ) ( )2Gi

m

1ii

2Gcc

3cG yyAyyybyb

121J −+−+= ∑

=

Il momento flettente deve essere calcolato rispetto al baricentro della sezione reagente pertanto risulta

)y2ae(FM GN +−=

Le tensioni nella zona compressa della flangia e nei bulloni risultano:

( )GGr

N yyJM

AF

−+=σ

Si possono infine ricercare le resistenze ultime della giunzione. In questo caso si ha una distribuzione del tipo illustrato in Fig. 24.4.

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Unioni chiodate e bullonate 36

Fig. 23.4

Tutti i bulloni sono soggetti alla resistenza di progetto Nd0 e la pressione di contatto ha il valore di progetto fd pari alla resistenza di progetto del materiale costituente la flangia.L’incognita del problema è la posizione dell’asse neutro che è definita mediante l’equilibrio alla traslazione della sezione: Ncd0d FbyfNm =− essendo m i bulloni reagenti a trazione. Risulta:

bfFNmy

d

N0dc

−=

Noto yc è possibile determinare il momento ultimo di calcolo, concomitante con lo sforzo normale FN. Dall’equilibrio attorno al baricentro della flangia si ha:

−+

−== ∑=

2ayN

2y

2abyfeFM i

m

1ii,0d

ccdNud

Tale valore non può sempre essere assunto come valore ultimo sopportabile dalla sezione. Affinchè ciò sia vero il bullone teso più vicino all’asse neutro deve poter esplicare la sua resistenza massima, senza che il bullone più lontano abbia raggiunto un allungamento pari a quello di rottura.

4.6 Verifiche agli stati limite di esercizio

4.6.2 Unioni a taglio Il collegamento di Fig. 25.4 è realizzato tramite un bullone serrato con una forza di trazione Ns nel gambo

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Unioni chiodate e bullonate 37

Fig. 25.4

Fig. 26.4.

Fig. 26.4

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Unioni chiodate e bullonate 38

Nel caso si debbano impedire gli scorrimenti delle giunzioni, lo sforzo applicato è trasmesso per attrito tra le superfici a contatto. La forza Vf,0 trasmissibile per attrito da ciascun bullone per ogni piano di contatto è:

f

s0,f

NVγ

µ=

in cui: - γf è un coefficiente di riduzione nei confronti dello slittamento e vale 1.25 - µ è il coefficiente di attrito da determinazioni sperimentali pari a 0.45 per superfici trattate e 0.30 per superfici non trattate e comunque nelle giunzioni in opera

- Ns è la forza di trazione sul gambo della vite. - 4.6.3 Unioni a trazione

Se si vuole evitare il distacco delle piastre si deve operare un serraggio del bullone tale da indurre una forza nei bulloni pari a quella agente.

4.6.4 Unioni a trazione e taglio I bulloni sono sollecitati contemporaneamente a trazione e a taglio. Il carico tagliante Vf per cui avviene lo scorrimento della giunzione, a parità di coefficiente di attrito, è proporzionale alla forza di precompressione. Il dominio della resistenza allo stato limite di esercizio è dato da.

−=

s0ff N

N1VV

dove: Vf0 è la resistenza allo stato limite di esercizio per azione tagliante in assenza di forza assiale N Ns è la azione assiale di serraggio

V f

N0 .8 N s N s

V f 0

Fig. 27.4

Fig.26.4b

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Unioni chiodate e bullonate 39

E’ opportuno limitare il campo di validità a N ≤ 0.8Ns

per avere un margine di sicurezza rispetto alla decompressione.

4.7 Unioni ad attrito con bulloni A differenza dei bulloni normali, nei quali, se ci sono forze di trazione nel gambo, non se ne tiene conto per la valutazione della capacità portante, nel caso dei bulloni ad attrito le forze di serraggio hanno un ruolo essenziale. Devono essere impiegati bulloni e viti ad alta resistenza, le rosette devono avere uno smusso a 45° sia sull’orlo interno che su quello esterno, con lo smusso rivolto verso la testa della vite e del dado. Il gambo del bullone può essere filettato per tutta la lunghezza del bullone perché non contrasta direttamente il movimento delle lamiere. Per l’interasse dei bulloni e per la distanza dai margini valgono le disposizioni dei bulloni normali.