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Morfologia degli insetti Francesco Fiume già direttore della Sezione di Biologia, Fisiologia e Difesa dell’Istituto Sperimentale per l’Orticoltura di Pontecagnano (Salerno) e Dirigente di Ricerca C.R.A. Roma Il corpo degli insetti è diviso in diversi parti. Per questa suddivisione in parti del loro corpo lo studio degli insetti è denominato entomologia dal greco entomon (ντομον) = insetto, che trae la stessa radice di entèmnein = tagliare in pezzi, composto dalla particella en = in e tèmnein = tagliare e logia = logos (λογία) = discorso. L'entomologia è un ramo della zoologia (a sua volta ramo della biologia) dedicato allo studio degli Esapodi (insetti in senso lato, comprendendo anche le forme primitive degli Esapodi). Date le strette relazioni, gli entomologi estendono spesso il loro interesse e il loro ambito di studio anche ad altri raggruppamenti sistematici del phylum degli Artropodi. Gli insetti rappresentano una delle più vaste categorie sistematiche fra gli organismi viventi: a tutt'oggi, sono state classificate o descritte circa un milione e mezzo di specie di insetti, ma la stima delle specie esistenti al mondo e ancora sconosciute ammonta a diversi milioni. Questi organismi occupano quasi tutti gli ambienti compatibili con la vita e hanno strette relazioni con l'uomo e le sue attività, pertanto hanno da secoli stimolato l'interesse dell'uomo. I primi studi sistematici di entomologia cominciarono all'inizio del XVI secolo, ma è solo dal XIX secolo che si cominciò a comprendere l'importanza dello studio degli insetti dannosi all'economia umana, affinando nel corso degli ultimi anni le conoscenze sulle interazioni tra gli insetti dannosi e quelli utili. Pur essendo una scienza in continua evoluzione e con ambiti applicativi ancora giovani, l'entomologia ha raggiunto un livello di conoscenza tale da poter ragionevolmente intervenire, non solo con mezzi chimici (insetticidi) o agronomici, sulle popolazioni di insetti nocivi senza interferire sui delicati equilibri ecologici che ne regolano i rapporti. Le più recenti acquisizioni dell'entomologia in ambito tecnologico sono le biotecnologie tese a sviluppare metodi di controllo biologico degli insetti dannosi sfruttando i rapporti di antagonismo con altri insetti. La biotecnologia è applicata in particolare nelle biofabbriche veri e propri allevamenti finalizzati alla produzione su scala industriale di organismi ausiliari da utilizzare in alternativa agli insetticidi. L’inquadramento tassonomico degli insetti è il seguente: Regno Animalia Linnaeus 1758; Epitheliozoa R. M. Rieger 1976; Sottoregno Eumetazoa Bütschli 1910; Ramo Bilateria Hatschek 1888; Eubilateria Ax 1987; Protostomia Grobben 1908; Ecdysozoa A.M.A. Aguinaldo et al. 1997; Superphylum Panarthropoda Nielsen 1995; Phylum Arthropoda von Siebold 1848; Euarthropoda Lankester 1904; Mandibulata Latreille 1825; Infraphylum Crustaceomorpha Chernyshev 1960; Labrophora Siveter, Waloszek & Williams 2003; Subphylum Pancrustacea Zrzavý et al. 1997; Altocrustacea Regier et al. 2010; Miracrustacea Regier et al. 2010; Superclasse Hexapoda Latreille 1825; Classe Insecta Linnaeus 1758.

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Morfologia degli insetti Francesco Fiume

già direttore della Sezione di Biologia, Fisiologia e Difesa dell’Istituto Sperimentale per l’Orticoltura di Pontecagnano (Salerno) e Dirigente di Ricerca C.R.A. Roma

Il corpo degli insetti è diviso in diversi parti. Per questa suddivisione in parti del loro corpo lo studio degli insetti è denominato entomologia dal greco entomon (ἔντοµον) = insetto, che trae la stessa radice di entèmnein = tagliare in pezzi, composto dalla particella en = in e tèmnein = tagliare e logia = logos (λογία) = discorso. L'entomologia è un ramo della zoologia (a sua volta ramo della biologia) dedicato allo studio degli Esapodi (insetti in senso lato, comprendendo anche le forme primitive degli Esapodi). Date le strette relazioni, gli entomologi estendono spesso il loro interesse e il loro ambito di studio anche ad altri raggruppamenti sistematici del phylum degli Artropodi. Gli insetti rappresentano una delle più vaste categorie sistematiche fra gli organismi viventi: a tutt'oggi, sono state classificate o descritte circa un milione e mezzo di specie di insetti, ma la stima delle specie esistenti al mondo e ancora sconosciute ammonta a diversi milioni. Questi organismi occupano quasi tutti gli ambienti compatibili con la vita e hanno strette relazioni con l'uomo e le sue attività, pertanto hanno da secoli stimolato l'interesse dell'uomo. I primi studi sistematici di entomologia cominciarono all'inizio del XVI secolo, ma è solo dal XIX secolo che si cominciò a comprendere l'importanza dello studio degli insetti dannosi all'economia umana, affinando nel corso degli ultimi anni le conoscenze sulle interazioni tra gli insetti dannosi e quelli utili. Pur essendo una scienza in continua evoluzione e con ambiti applicativi ancora giovani, l'entomologia ha raggiunto un livello di conoscenza tale da poter ragionevolmente intervenire, non solo con mezzi chimici (insetticidi) o agronomici, sulle popolazioni di insetti nocivi senza interferire sui delicati equilibri ecologici che ne regolano i rapporti. Le più recenti acquisizioni dell'entomologia in ambito tecnologico sono le biotecnologie tese a sviluppare metodi di controllo biologico degli insetti dannosi sfruttando i rapporti di antagonismo con altri insetti. La biotecnologia è applicata in particolare nelle biofabbriche veri e propri allevamenti finalizzati alla produzione su scala industriale di organismi ausiliari da utilizzare in alternativa agli insetticidi. L’inquadramento tassonomico degli insetti è il seguente: Regno Animalia Linnaeus 1758; Epitheliozoa R. M. Rieger 1976; Sottoregno Eumetazoa Bütschli 1910; Ramo Bilateria Hatschek 1888; Eubilateria Ax 1987; Protostomia Grobben 1908; Ecdysozoa A.M.A. Aguinaldo et al. 1997; Superphylum Panarthropoda Nielsen 1995; Phylum Arthropoda von Siebold 1848; Euarthropoda Lankester 1904; Mandibulata Latreille 1825; Infraphylum Crustaceomorpha Chernyshev 1960; Labrophora Siveter, Waloszek & Williams 2003; Subphylum Pancrustacea Zrzavý et al. 1997; Altocrustacea Regier et al. 2010; Miracrustacea Regier et al. 2010; Superclasse Hexapoda Latreille 1825; Classe Insecta Linnaeus 1758.

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Da un punto di vista morfologico il corpo di un insetto è suddiviso in tre parti (figura 1): 1) Capo. 2) Torace. 3) Addome.

Figura 1 – Le tre principali regioni del corpo di un insetto: capo, torace o mesosoma e addome o metasoma.

Capo Il capo è la prima regione morfologica del corpo degli insetti. È composto dai primi sei somiti che si fondono in una struttura in cui si perde l'originaria metameria. Raramente si suddivide in più parti fra loro articolate. Questi somiti sono così denominati (figura 2): 1) Acron: regione sulla sommità del capo che si trova dietro gli ocelli anteriori e tra gli ommatidi. 2) Preantennulare. 3) Antennale. 4) Mandibolare. 5) Mascellare. 6) Labiale.

Figura 2 – Visione schematica di alcuni metameri del capo facciale (faccia).

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Nella figura 2 si osserva: • L’area parascrobale è la regione della faccia superiore tra ciascuno scrobo e il margine

interno dell'occhio; • L’acron o vertice (figura 3, figura 4, figura 8, figura 9) è la regione sulla sommità della testa

che si trova dietro l’ocello anteriore e tra gli occhi; • il faccia che comprende la faccia superiore o fronte (regione della faccia sopra i toruli, anche

chiamata fronte) e la faccia inferiore (regione della faccia sotto i toruli);

Aspetto generale Nella sua fisionomia generale, il capo si presenta come una regione ben distinta dal resto del corpo; è spesso separato dal torace da un anello membranoso detto collo, talvolta è seminascosto da un'espansione del pronoto. Assume la conformazione di una capsula, di varia forma, che reca due aperture: quella anteriore è l'apertura boccale, delimitata dal peristoma, quella posteriore è il foro occipitale (figura 9), attraverso il quale l'interno del capo comunica con il torace. La posizione relativa delle due aperture può variare secondo il gruppo sistematico. Nella sua conformazione tipica presenta nella zona dorsale un paio di antenne, due occhi composti e, in genere, tre ocelli. Nella zona ventrale sono inseriti invece le appendici dell'apparato boccale, dette genericamente gnatiti. Secondo le teorie attualmente più accreditate, il capo deriva dalla fusione dei primi sei segmenti postorali e si suddivide in due parti non bene distinte fra loro: i primi tre somiti formano il procefalo, i successivi tre lo gnatocefalo. Da questi ultimi si differenzierebbero le appendici boccali.

Sottoregioni del capo.

La posizione delle appendici e l'eventuale presenza di linee di sutura permettono di individuare delle sottoregioni, più o meno delineate, utili in molti casi per la descrizione morfologica ai fini della determinazione tassonomica:

Il labbro superiore, o labrum, deriva dal primo somite cefalico, perciò è considerato la prima regione morfologica, indipendentemente dalla posizione (figura 9). È articolato con il suo lato caudale (apparentemente superiore secondo l'orientamento del capo) con il clipeo (figura 3), da cui è in genere distinto dalla sutura clipeo-labrale. A rigore va distinto dall'apparato boccale, ma nella maggior parte degli insetti concorre alla sua funzionalità, oltre a delimitare l'apertura boccale. La faccia dorsale è sclerificata, mentre quella ventrale, rivolta verso cavità orale, è rivestita da una membrana che si estende fino alla faringe.

Il clipeo (figura 2 e figura 3) è una regione a sviluppo approssimativamente quadrangolare, derivato dal secondo somite cefalico. È delimitato anteriormente dal solco clipeo-labiale e posteriormente dalla sutura clipeo-frontale, che lo separano rispettivamente dal labbro superiore e dalla fronte (figura 2). Al di sopra del clipeo ed al limite anteriore della regione frontale si osserva l’alloggiamento, bilaterale e simmetrico, in cui l'antenna si articola, denominato torulo (figura 3). Nella figura 3 si osserva: • la depressione scrobale è quella che interessa la faccia superiore composta dalle due scrobi

(fossette, disposte nel capo, in cui vengono riposte le antenne in posizione di riposo), chiamata anche cavità scrobale o canale scrobale;

• il torulo (figura 3) è una fossetta nella quale si articola l’antenna (figura 10); • il clipeo (figura 3) che deriva dal secondo somite; • la fossa tentoriale anteriore, in cui si innesta il tentorio anteriore (parte dell’endoscheletro del

capo). Le fosse tentoriali anteriori sono bilaterali, a volte visibili sulla faccia inferiore e

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rappresentano le impronte esterne dei bracci anteriori del tentorio che, parzialmente, delimitano il limite laterale del clipeo;

• i due occhi composti, formati ciascuno da migliaia di ommatidi.

Figura 3 – Struttura generale del capo frontale.

La fronte (figura 2) è derivata da una parte del terzo somite cefalico; è una regione che sormonta il clipeo (figura 3), di forma approssimativamente triangolare, delimitata anteriormente dal solco clipeo-frontale e caudalmente (lateralmente secondo la conformazione e la posizione del capo) da due linee di sutura che convergono posteriormente. Quando è presente può contenere l'ocello impari e, in alcuni gruppi sistematici, l'inserzione delle antenne. Confina lateralmente con le gene, caudalmente con il detto anche apice (figura 8). Nei Mymaridae esistono strutture specializzate. Infatti, sempre alla sommità del capo, procedendo in senso caudale, troviamo la sutura occipitale che delimita posteriormente l’occipite (figura 4), la sutura trans-occipitale che lo delimita anteriormente, la sutura coronale (figura 4) ed il solco del

vertice (figura 4 e figura 8). • La sutura occipitale è una scanalatura sui lati della testa e posteriormente, in una posizione

simile alla carena occipitale (figura 16, A), presente in molti altri calcididi, che si estende dal solco malare e può considerarsi un sinonimo del solco postgenale (che delimita posteriormente la guancia o gena).

• La sutura transoccipitale è una scanalatura trasversale che si estende interamente attraverso la testa tra gli occhi dietro il solco del vertice occipitale (figura 4, figura 8 e figura 17).

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• La sutura coronale è un solco mediano o una coppia di scanalature, sulla parte posteriore del capo, che si estendono dal solco del vertice e sono convergenti verso il forame occipitale (figura 4 e figura 8).

• Il solco del vertice è una scanalatura trasversale sulla sommità del capo che si estende dall’estremità superiore interna dell'occhio composto all’ocello posteriore; a volte è chiamato solco occipitale (figura 4 e figura 8).

Figura 4 – Capo posteriore con strutture specializzate dei Mymaridae. Si osserva nettamente la sutura occipitale, le sutura transoccipitale, la sutura coronale ed il solco del vertice.

La regione parietale è un'area pari e simmetrica che occupa gran parte della faccia laterale del capo (figura 9). In essa sono presenti due o tre ocelli (quando l'insetto ne è provvisto), i due occhi composti (ommatidi) e, spesso, l'inserzione delle antenne (toruli). Vi si possono individuare più regioni fra cui quelle più estese sono rispettivamente il vertice (figura 9) e le gene o guance (figura 9). Il vertice è una regione impari in cui s'incontrano i parietali; corrisponde alla sommità del capo ed è compresa fra gli occhi composti, la fronte (figura 2) e la regione occipitale . Le gene o guance sono invece due regioni simmetriche che si estendono sulle due facce laterali fra l'occhio composto, l'apparato boccale, la fronte e la regione occipitale. Dietro l'occhio composto può estendersi, infine, la tempia (figura 9) che collega la gena al vertice (figura 9). La tempia è la parte laterale della testa, precisamente la superficie laterale della testa dietro l'occhio e sotto la parte posteriore dell'occhio al solco malare, se presente. La tempia è una regione alla sommità della testa, dietro ogni occhio.

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Relativamente all’area malare dobbiamo distinguere (figura 5): • la carena malare, una robusta carena che si estende tra il margine inferiore dell'occhio e la

base della mandibola, in una posizione analoga a quella del solco malare (figura 5); • la depressione malare, che si trova immediatamente sopra la base di ogni mandibola

lateralmente alla testa; talvolta chiamata depressione di adoral o semplicemente cavità (figura 5);

• la distanza malare o spazio malare, la distanza minima tra il margine inferiore dell'occhio ed il margine della bocca alla base della mandibola cavità (figura 5);

• il solco malare, sutura, solco o linea che si estende tra il margine inferiore dell'occhio ed il margine della bocca alla base della mandibola, che differenzia la gena dalla faccia inferiore; a volte è chiamato solco genale (figura 5 e figura 6).

Figura 5 – Capo di calcidide visto fronto-lateralmente (a sinistra) e frontalmente (a destra). Sulla destra sono mostrate alcune linee e le loro misurazioni, importanti per il riconoscimento tassonomico.

Nella figura 5 è possibile vedere alcune carene del capo fronto-laterale: a sinistra: • la carena preorbitale, si trova sulla faccia ed è parallela al margine interno di ciascun occhio

composto; • la carena malare è una robusta carena che si estende tra il margine inferiore dell'occhio e la

base della mandibola, in una posizione simile a quella del solco malare; • la carena postorbitale è una cresta sulla gena che si estende posteriormente dal solco malare

sotto l'occhio; • la carena della gena, è una cresta sulla gena che si estende dall'angolo latero-ventrale della

cavità orale verso o parzialmente dietro l'occhio. A differenza della carena occipitale, la carena genale non continua dorsalmente;

a destra: • la linea ocellare posteriore è la distanza minima tra i due ocelli posteriori; • la linea ocello-oculare è la minima distanza tra un ocello posteriore ed il margine dell’occhio

composto. Viene anche indicata con gli acronimi OOL (linea ocello-oculare) o OOD (distanza ocello-oculare);

• la linea ocellare laterale è la distanza minima tra un ocello posteriore e l’ocello anteriore;

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• il solco malare è una cresta o linea che si estende tra il margine inferiore dell'occhio ed il margine della bocca alla base della mandibola. Il solco malare differenzia la gena dalla faccia inferiore ed è chimato, a volte, solco genale;

• la depressione malare è situata immediatamente sopra la base di ogni mandibola al lato della testa;

• le mandibole sono una coppia di appendici laterali dell’apparato boccale, fortemente sclerotizzate, comprese tra il labbro ed il complesso labio-mascellare, che vengono utilizzate per masticare (figura 15, A). Normalmente una mandibola è differenziata apicalmente in uno o più denti;

• lo spazio malare è la distanza minima tra il margine inferiore dell'occhio e il margine della bocca alla base della mandibola; detto anche distanza malare.

Figura 6 – Capo di calcidide visto fronto-lateralmente.

Nella figura 6 sono rappresentate le seguenti strutture: • un ocello; • l’area parascrobale (figura 2) è la regione della faccia superiore (figura 2) tra ciascuno scrobo

e il margine interno dell'occhio; • il solco malare di cui si è detto (figura 2); • il margine paraclipeare è quella parte del margine della bocca sulla parte anteriore del capo e

laterale al margine clipeare; • il margine clipeare è quel margine ventrale o inferiore del clipeo (figura 3) che forma tutta, o

parte, della porzione mediana del margine bocca sulla parte anteriore della testa; • l’area sopraclipeare (figura 2) è la parte mediana della faccia inferiore, tra il limite dorsale del

clipeo e i toruli; • l’area interantennale (figura 2) è la regione della faccia superiore tra gli scrobi, talvolta

chiamata prominenza interantennale, proiezione o cresta perché è convessa, increspata, o anche lobata.

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• gli occhi composti, formati da migliaia di ommatidi; • il solco subocellare è un solco verticale leggero o molto netto tra l’ocello anteriore e l’apice

della zona interantennale. Rappresenta un segno distintivo del maschio degli Eupelmidae.

Figura 7 – Alcuni importanti rilevamenti biometrici per l’identificazione in tassonomia: la distanza fronto-vertice, la lunghezza della faccia superiore, la dimensione del ponte fronto-facciale.

Nella figura 7 sono indicate ulteriori misure morfologiche aventi grande valenza nell’identificazione dei taxa. Precisamente, si osserva: • la distanza fronto-vertice è un termine usato per indicare un vertice (acron) complesso per cui

la parte della faccia superiore, più o meno dorsale, si continua con una parte più verticale, bruscamente inclinata sopra i toruli;

• il fronto-gena è la cresta trasversale sulla faccia, sopra la depressione scrobale, risultante da un brusco cambiamento dell’inclinazione. Esso differenzia il margine anteriore del fronto-vertice;

• la faccia superiore (vedi anche figura 2) è la regione della faccia sopra i toruli, chiamata anche fronte.

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Figura 8 – Capo frontale. Alcuni regioni, solchi e suture del capo dei Mymaridae.

Nella figura 8 sono rappresentati: • la sutura sopraorbitale che si trova sulla sommità della testa ed è parallela al margine

superiore di ciascun occhio, formando i margini esterni della trabecola sopraorbitale e del vertice (figura 10, figura 17 e figura 18). Nei Mymaridae è un carattere distintivo della famiglia ;

• il solco del vertice (figura 4), • il triangolo ocellare è la regione della testa delimitata dai tre ocelli. • la sutura transoccipitale (figura 4 e figura 17) • la sutura trasversale è una sutura orizzontale tra gli occhi sopra il toruli che forma il margine

ventrale della trabecola trasversa ed il margine dorsale della faccia (figura 9, figura 18). • la sutura sopraorbitale si trova sulla sommità del capo parallelamente al margine superiore di

ciascun occhio, che costituisce i margini esterni della trabecola sopraorbitale e del vertice (figura 18)

La regione occipitale (figura 9) rappresenta la parte posteriore del capo ed è delimitata anteriormente dalla sutura occipitale, che la separa dalla regione parietale, e posteriormente dal collo, una regione membranosa che la separa dal torace. Posteriormente può essere presente una sutura postoccipitale, che divide la regione occipitale in due parti, l'occipite e il postoccipite. Questa regione differenzia lateralmente un condilo occipitale, sul quale si articolano gli scleriti cervicali.

Nella figura 9 si osserva: • il vertice, • l’occipite, • la tempia, • la gena, • il complesso labio-mascellare, • l’ipostoma,

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• la postgena.

Figura 9 – Capo posteriore. Regione parietale, occipitale e della tempia viste dalla base della cavità craniale. Si osserva più all’interno la regione occipitale (quella centrale), con il foro occipitale, cui segue, verso l’esterno, la tempia, l’area della guancia (la postgena e la gena) e l’ipostoma, su cui si articolano i cardini del complesso labio-mascellare.

Nella figura 10 si osserva: • la sutura preorbitale è una sutura verticale cioè subparallela al margine interno dell'occhio e

che forma il margine interno della trabecola preorbitale ed il margine laterale della faccia • il torulo (figura 3), • l’ocello anteriore (A), • la sutura sopraorbitale (figura 17 e figura 18); • la sutura transoccipitale (figura 4 e figura 8) • la sutura trasversale (figura 8 e figura 18), • il solco subatennale, bilaterale, è una scanalatura o linea sulla faccia inferiore tra ogni torulo

(figura 3) ed il margine della bocca; • l’area suboculare è la regione della faccia inferiore tra il solco malare e la sutura preorbitale

(figura 18); • l’orbita interna è il margine interno dell'occhio della maggior parte calcididi, ma nei

Mymaridae è una regione ristretta della testa tra il margine interno dell'occhio e la sutura preorbitale.

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Figura 10 – Vista frontale del capo. Ocello anteriore (A); torulo (B).

Classificazioni.

In base all'articolazione in corrispondenza del collo, il capo si dice: • libero: capo nettamente distinto dal torace; • immerso: capo immerso nel torace; • infero: capo posizionato sotto il protorace.

In base alla direzione che assume rispetto all'asse del corpo, al capo si attribuiscono le seguenti denominazioni: • epignato: l'asse del capo è obliquo e l'apparato boccale è rivolto verso l'alto; • prognato od ortognato: l'asse del capo è orizzontale e l'apparato boccale è rivolto in avanti; • ipognato: l'asse del capo è verticale e l'apparato boccale è rivolto in basso; • metagnato: l'asse del capo è obliquo e l'apparato boccale è rivolto verso il basso e all'indietro.

In base alle dimensioni relative del foro occipitale e alla sua posizione, il capo è detto: • acrotremo: il foro occipitale è localizzato in posizione dorsale; • mesotremo: il foro occipitale è localizzato in posizione mediana; • pantotremo: il foro occipitale è molto ampio e la regione occipitale si estende su tutta la faccia

posteriore del capo.

Una specifica terminologia si adotta per fare riferimento all'eventuale notevole sviluppo degli occhi, per cui il capo si dice: • oloptico, quando gli occhi si estendono dorsalmente o frontalmente fino a toccarsi, • cicloptico quando gli occhi si fondono in un unico organo che avvolge dorsalmente buona

parte della capsula cranica.

Fotoreccettori. Sono organi sensoriali che percepiscono stimoli luminosi. Sono disposti sempre nel capo. Distinguiamo di ocelli o occhi semplici, gli stemmata, simili ai precedenti e gli ommatidi o occhi composti.

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Ocelli. sono occhi primitivi, presenti in numero di tre, meno frequentemente due, oppure assenti del tutto (figura 11, A). Sono localizzati nella regione frontale, davanti agli occhi composti, oppure sul vertice, fra gli occhi o dietro questi. La struttura anatomica di un ocello è molto semplice, composta da una cornea, da una porzione sottostante rifrangente e dalla retinula, formata da 2-4 cellule. A differenza degli occhi composti, gli ocelli non percepiscono le immagini, bensì reagiscono all'intensità della luce e percepiscono la luce polarizzata. Questa proprietà è di fondamentale importanza per l'orientamento degli insetti, in quanto la percezione della luce polarizzata permette loro di individuare la posizione del sole anche in condizioni di nuvolosità. Stemmata. sono organi simili agli ocelli disposti ai lati del capo delle larve. La struttura anatomica è analoga a quella degli ommatidi degli occhi composti, perciò svolgono la funzione di percezione delle immagini.

Occhio composto (figura 3). Gli occhi composti sono i fotorecettori più complessi, preposti alla percezione delle immagini (figura 11, B). Hanno forma e sviluppo vario e in generale si localizzano nella parte dorso laterale del capo, talvolta fondendosi in un'unica struttura in corrispondenza del vertice. In alcuni insetti sono sostenuti da brevi processi. Strutturalmente sono composti da un insieme di unità elementari, dette ommatidi, in numero elevato, fino a diverse migliaia. Ogni ommatide (o ommatidio) si presenta come un elemento prismatico formato dai seguenti componenti (dall'esterno all'interno): la cornea, il cristallino, la retinula. La cornea è una lente, prodotta da apposite cellule, meno spessa rispetto a quella degli ommatidi; immediatamente sotto è presente un corpo rifrangente, il cristallino, in genere composto da quattro cellule. La retinula è composta da 4-8 cellule sensoriali e da un asse centrale a forma di bastoncello, detto rabdoma, composto dalle terminazioni nervose. Nel rabdoma si concentra il recettore chimico (retinene). La struttura dell'ommatidio può variare in relazione alla genesi e alla consistenza del cristallino, al rapporto che sussiste fra cristallino e retinula. Tali differenze possono incidere più o meno sensibilmente sulla funzionalità della percezione visiva. L'elemento differenziale più importante è, tuttavia, quello che distingue gli insetti diurni da quelli crepuscolari e notturni. Negli insetti diurni ogni ommatidio è otticamente isolato da un rivestimento di cellule pigmentate (iride), mentre negli insetti notturni le cellule dell'iride isolano solo la porzione superiore dell'ommatidio. Questa differenza di struttura implica una differenza funzionale che si ripercuote sulla qualità della percezione visiva: Gli insetti diurni hanno una percezione per apposizione: gli ommatidi percepiscono solo i raggi paralleli al loro asse e l'immagine si compone a mosaico. Questa funzionalità permette la percezione di un'immagine nitida ma solo in condizioni di elevata luminosità. Gli insetti notturni hanno una percezione per superposizione. Gli ommatidi percepiscono anche i raggi obliqui grazie alla continuità ottica nella parte inferiore e l'immagine si compone per sovrapposizione. Questa funzionalità permette la percezione di un'immagine sfaccettata ma in condizioni di scarsa illuminazione.

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Figura 11 – Struttura di un ocello (A) e di un ommatidio (B). Appendici del capo. Le appendici presenti nel capo sono: • antenne • apparato boccale.

Antenne degli insetti

L'antenna è un'appendice, pari e articolata, del capo degli insetti, in cui sono localizzati recettori sensoriali (sensilli). Questi organi sono presenti, come carattere ancestrale, in tutti gli ordini della classe; fanno eccezione le specie che comprendono forme involute, nelle quali le antenne possono ridursi fino a diventare atrofiche o scomparire del tutto.

Morfologia. Le antenne sono differenziate dal terzo somite cefalico (somite oculo-antennale), insieme ad altre parti del capo. Si inseriscono sulla regione frontale del capo, secondo i gruppi sistematici nella fronte propriamente detta (figura 2), delimitata dalle suture divergenti, oppure fra gli occhi composti e la fronte (figura 2). L'articolazione al capo avviene attraverso una fossetta, detta torulo (figura 3 e figura 10), spesso circondata da un orlo sclerificato. All'interno del torulo può differenziarsi un condilo sul quale si articola il primo segmento antennale (figura 12). Le antenne sono organi segmentati, composti da un numero variabile di articoli detti antennomeri. Il numero di antennomeri dipende dal raggruppamento sistematico e, in molti casi, dal sesso. Si tratta perciò di un elemento morfologico utile ai fini della determinazione tassonomica. A prescindere dalla forma e dal numero di antennomeri, nelle antenne si distinguono specificamente tre regioni: • scapo: è l'antennomero prossimale, che si articola al torulo (figura 3 e figura 10); in genere è

anche il segmento di maggiore sviluppo in lunghezza.

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• pedicello: è il secondo antennomero, generalmente più breve dello scapo; • flagello: è la parte restante dell'antenna, a partire dal terzo antennomero. In molti insetti il flagello risulta composto da un certo numero di antennomeri di ridotto sviluppo seguiti, distalmente, da altri articoli che hanno dimensioni maggiori; di conseguenza, il flagello si presenta allora sottile e termina con un tratto ingrossato. In questi casi si attribuisce la denominazione di funicolo al tratto sottile e clava al tratto terminale ingrossato. Il numero di articoli che formano rispettivamente il funicolo e la clava e, nel complesso, lo stesso flagello, varia di specie in specie.

Figura 12 – Parti dell’antenna di un imenottero (A) e strutture sensoriali.

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Alcuni insetti sono provvisti di particolari fossette, disposte nel capo, in cui vengono riposte le antenne in posizione di riposo. Questo carattere è una delle caratteristiche dei Coleotteri Curculionoidi: il capo di questi insetti è vistosamente prolungato a formare una sorta di proboscide, detta rostro, ai cui lati sono presenti due fossette, dette scrobi in cui vengono alloggiate le antenne in posizione di riposo. La regione in cui sono contenuti gli scrobi include l’area interantennale e l’area parascrobale (figura 2 e figura 6). Nella figura 12 sono indicate le diverse parti di un’antenna, tipica degli imenotteri: • radicola: costrizione tubolare basale dello scapo che si articola con il torulo (figura 3 e figura

10) e che può apparire come una antennomero separato se lungo; a volte chiamato la radicula o radiculus;

• scapo, di cui si è già detto; • placca ventrale: carena o flangia lungo il bordo ventrale dello scapo, che spesso ha una regione

di pori o altre aree sensoriali; • pedicello: secondo antennomero, che si articola basalmente con lo scapo e apicalmente con il

flagello; • anellus: uno o più segmenti basali del flagello, di solito trasversali o ad anello, che mancano di

sensilli longitudinali; • funicolo: la regione del flagello antennale tra l’anellus e la clava; • clava: si trova in posizione apicale ed è la regione del flagello, di solito composta da 1-3

segmenti, raramente da 4 segmenti e, in via eccezionale (Rotoitidae Bouček & Noyes 1987), da 6 segmenti differenziati; i segmenti clavali di solito sono più grandi in termini di dimensioni e/o in parte completamente fusi.

Classificazioni morfologiche delle antenne

L'eterogeneità nella forma e nello sviluppo delle antenne e l'importanza che queste possono avere nella determinazione tassonomica ha prodotto una nomenclatura specifica per differenziare le varie tipologie di antenne (figura 13): Aristate. Portano una robusta setola. È aristata l'antenna tipica dei Ditteri Brachiceri. Clavate. Mostrano un funicolo più o meno allungato e sottile seguito da un ingrossamento

terminale (clava). Tipiche antenne clavate si trovano in molti Coleotteri e Imenotteri. Filiformi. Sono molto sottili e più o meno allungate, talvolta formate da decine o anche centinaia di

articoli, molto piccoli e pressoché impercettibili. Tipiche antenne filiformi si ritrovano, ad esempio, in diversi Esopterigoti (es. Blattodei, Ortotteri Ensiferi, ecc.), in diversi Neurotteri, Lepidotteri, ecc.

Flabellate o lamellari. Sono antenne clavate che ricordano, nell'aspetto, un flabello: la clava presenta delle espansioni lamellari, più o meno ampie, e divaricabili. Tipiche antenne flabellate sono quelle dei Coleotteri Scarabeidi.

Genicolate. Mostrano un brusco ripiegamento ad angolo. Sono genicolate, ad esempio, le antenne tipiche degli Imenotteri Calcidoidi e Formicidae.

Moniliformi. Più o meno allungate, ricordano nell'aspetto una collana, con articoli più o meno isodiametrici e ben evidenti. Tipiche antenne moniliformi sono quelle della maggior parte dei Coleotteri Crisomelidi.

Pettinate. Ricordano nell'aspetto un fitto pettine a causa di un sottile processo portato da ogni antennomero. Tipiche antenne pettinate si riscontrano, ad esempio, nei maschi di alcune famiglie di Lepidotteri.

Piumose o verticillate. Ricordano nell'aspetto una piuma per la presenza di più sottili processi in ogni antennomero. Tipiche antenne piumose si riscontrano, ad esempio, nei maschi di alcune famiglie di Ditteri Nematocera.

Serrate o serrulate. Hanno un aspetto seghettato per la forma cuspidata degli antennomeri.

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Aristata: Diptera Syrphidae Clavata: Coleoptera Erotylidae Filiforme: Orthoptera Gryllidae

Flabellata: Coleoptera Scarabaeidae Genicolata: Hymenoptera Encyrtidae Moniliforme: Coleoptera Tenebrionidae

Pettinata: Lepidoptera Lasiocampidae Piumosa: Diptera Chironomidae Serrata: Coleoptera Cerambycidae

Figura 13 – I diversi tipi di antenna distinti per ordine e famiglia d’insetto.

Anatomia. Le antenne degli insetti sono organi mobili e sede di recettori sensoriali, che si localizzano principalmente nella clava. Sotto l'aspetto anatomico hanno pertanto relazioni con il capo, attraverso i toruli, per quanto riguarda alcuni apparati: il sistema nervoso periferico, le tracheole dell'apparato respiratorio, l'emocele dell'apparato circolatorio.

Per quanto riguarda la muscolatura, le antenne degli insetti sono di tipo anulato, ossia sono fornite di muscoli intrinseci solo nello scapo e nel pedicello. Queste antenne si differenziano da quelle segmentate, carattere primitivo proprio dei Dipluri e dei Collemboli (Hexapoda Entognatha).

Funzioni. La funzione primaria delle antenne è quella della percezione di stimoli dall'ambiente. Tale percezione è complessa in quanto è sommativa di stimoli percepiti da differenti tipi di sensilli localizzati nelle antenne:

• meccanorecettori: percepiscono il tatto, le variazioni di pressione, il suono; • igrorecettori: percepiscono l'umidità dell'aria; • termorecettori: percepiscono la temperatura.

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Le antenne sono pertanto organi essenziali, usati dagli insetti, per relazionarsi con l'ambiente circostante. Oltre alla funzione sensoriale, possono avere, in determinati gruppi sistematici, funzioni specifiche, ad esempio come organi da presa per l'accoppiamento o per la predazione. Una singolare funzione è svolta in alcuni insetti che vivono nell'acqua, in modo simile al boccaglio dei subacquei: le antenne in questo caso sono usate, dall'insetto immerso, per comunicare con il pelo libero; in questo modo si forma lungo la superficie delle antenne un sottile velo d'aria che garantisce una continuità tra l'aria esterna e quella che avvolge il corpo dell'insetto.

Apparato boccale.

La gola (figura 16, B) è una regione sclerificata ventrale, posta subito dopo il labbro inferiore, non sempre presente e di origine complessa. In alcuni insetti si fonde con la parte basale del labbro inferiore (postlabio) formando una regione detta gulamentum.

Il peristoma è il margine dell'apertura boccale, sul quale si inseriscono le appendici boccali. Si suddivide in quattro tratti, di cui i due intermedi, laterali, sono pari e simmetrici: il tratto anteriore, compreso fra i condili dorsali delle mandibole, è detto epistoma e corrisponde al margine inferiore del clipeo (figura 3), sul quale si inserisce il labbro superiore; i due laterali, compresi fra il condilo dorsale e il condilo ventrale delle mandibole, prendono il nome di pleurostoma. Il tratto posteriore, compreso fra i condili ventrali delle mandibole, prende il nome di ipostoma (figura 9 e figura 16) e su esso si articolano i cardini delle mascelle e il postlabbro del labbro inferiore.

L’apparato boccale è composto dal labbro superiore e dagli gnatiti veri e propri. Questi ultimi sono le appendici boccali derivate dai somiti del gnatocefalo (dal 4° al 6° somite cefalico) e si distinguono, in direzione antero-posteriore, in un paio di mandibole, un paio di mascelle e un labbro inferiore. Ad essi si aggiunge la prefaringe (o ipofaringe o lingua), un processo membranoso o sclerificato che in genere resta all'interno della cavità orale, ma che in qualche gruppo sistematico può concorrere a formare l'apparato esterno. Labbro superiore e gnatiti si articolano al capo in corrispondenza del peristoma, di cui si è parlato in precedenza.

La morfologia e la struttura dell'apparato boccale possono presentare profonde modificazioni, adattate a specifiche funzioni, proprie di determinati gruppi sistematici. L'apparato boccale è perciò un utile elemento per la determinazione tassonomica a livello di ordine e, in qualche caso, di taxa inferiori. Il tipo più rappresentativo è l'apparato boccale masticatore, in genere adatto all'assunzione di alimenti solidi, sia di origine animale sia di origine vegetale. In questa sede viene descritto l'apparato boccale tipo, rimandando ad altre sedi gli approfondimenti.

Il labbro superiore o labrum si presenta in genere come un processo sclerificato di forma quadrangolare, più o meno arrotondato distalmente, articolato all'epistoma o clipeo (figura 3, figura 14 e figura 15, B). Internamente è rivestito da una membrana, detta epifaringe, che forma la volta palatina della cavità boccale, in continuità con la faringe. A differenza delle altre pendici, il labbro superiore deriva dalla differenziazione del I somite cefalico. Ha in genere una funzione passiva, limitata alla chiusura anteriore dell'apertura boccale, ma in alcuni insetti può concorrere alla presa degli alimenti.

Le mandibole sono un organo pari e, in genere, simmetrico. Ogni mandibola si articola al peristoma per mezzo di due condilo, uno anteriore e uno posteriore, e ha un movimento prevalentemente trasversale rispetto all'asse cefalico (figura 14 e figura 15, B). La funzione primaria è quella della masticazione, ma in alcuni insetti le mandibole possono trasformarsi in organi di difesa-offesa o, in specie predatrici, in organi raptatori. Differenze nella forma possono permettere la distinzione delle specie fitofaghe da quelle carnivore.

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Figura 14 – Complesso labio-mascellare del capo distale.

Le mascelle (figura 15, A) sono un organo pari e simmetrico che si articolano con un solo condilo (stipite), sul margine della cavità orale (ipostoma), subito dopo le mandibole (figura 16). Ogni mascella è composta in genere da due articoli, uno prossimale e uno distale. Il segmento prossimale, detto cardine, costituisce il condilo che si articola nell'ipostoma; quello distale, detto stipite (figura 14; figura 15, A), rappresenta in genere la parte più consistente della mascella e su esso si articola il palpo mascellare (figura 15, A). Lo stipite si divide distalmente in due lobi, detti rispettivamente lacinia e galea, il primo interno, il secondo più esterno (figura 15, A). Sul lato esterno dello stipite s'inserisce il palpo mascellare, un'appendice composta da 1-7 articoli (figura 14, figura 15, A). La funzione primaria delle mascelle, nell'apparato boccale tipo, è quella di concorrere alla prensione dell'alimento; sul palpo sono localizzati organi sensoriali.

Figura 15 – Mascelle (A) e labbro inferiore (B) di imenotteri calcidoidei.

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Il labbro inferiore o labium (figura 15, B) è un organo impari che si articola rigidamente all'ipostoma (figura 16, B) con la sua porzione prossimale e chiude posteriormente la bocca. Si compone di un corpo unico, suddiviso in genere in una porzione prossimale (postlabio) e una distale (prelabio). Il primo, il postlabio, è articolato al margine dell'apertura boccale (ipostoma) ed è in genere fisso. Il secondo, il prelabio, è mobile e, in alcuni gruppi sistematici, suddiviso, a sua volta, in due segmenti articolati, detti rispettivamente submento (prossimale) e mento (distale). In assenza di suddivisione il prelabio è detto anche premento (figura 14; figura 15, B). Differenze morfostrutturali possono tuttavia presentarsi con ulteriori divisioni. Distalmente il prelabio termina in due coppie di lobi simmetriche: i due lobi esterni sono detti paraglosse, i due interni glosse. In alcuni insetti le glosse si fondono a formare una struttura detta ligula (figura 14 e figura 15, B). La ligula (figura 14; figura 15, B) è un’appendice boccale tipica dell'apparato boccale di alcuni Imenotteri Aculeati, derivata dalla fusione dei due lobi interni del labbro inferiore (glosse). Ai lati del premento si articolano i palpi labiali, appendici segmentate composte da uno o più articoli. Ai lati si articolano due palpi labiali, con funzioni analoghe a quelle dei palpi mascellari. Nell'apparato boccale masticatore tipo, il labbro inferiore si presenta come un'appendice segmentata che chiude posteriormente l'apertura boccale. L'affinità strutturale con le mascelle fa ipotizzare che derivi dalla fusione di un secondo paio di mascelle. La bocca è suddivisa dalla prefaringe in due cavità. Quella dorsale costituisce la faringe e rappresenta l'inizio del tubo digerente, quella ventrale costituisce lo sbocco delle ghiandole salivari.

Struttura del capo posteriore Nella struttura posteriore del capo possiamo distinguere: • il forame occipitale, detto anche forame magno, che l’ apertura sulla superficie posteriore del

capo attraverso cui sono collegati gli organi in essa contenuti e gli organi del corpo (figura 16, A);

• il ponte postgenale (figura 16, A) è una regione postero-mediana del capo, situata tra il forame occipitale e la cavità della bocca (a volte chiamata fossa orale, che rappresenta un’apertura nella capsula craniale in cui è posizionato l'apparato boccale), ad eccezione di una linea mediana tra il forame occipitale e la cavità della bocca. In alcuni calcididi, il ponte postgenale risulta costituito dall’inflessione della post-gene sulla “gola” (figura 16, B). Quest’ultima è una regione postero-mediana del capo, ventrale alla fossa tentoriale posteriore (figura 16, B), tra il forame occipitale e l’ipostoma (figura 9 e figura 16, A), che è delineato lateralmente dal solco gulare (figura 16, B). In altri calcididi il ponte postgenale (figura 16, A) risulta dalla fusione della “gola” con il postgene;

• il cardine è la sezione basale della mascella superiore, mediante la quale il mascellare stesso è attaccato alla capsula della testa (figura 16, B);

• l’ipostoma con la corrispondente carena (margine carenato della cavità orale sulla superficie posteriore del capo, che circonda il complesso labio-mascellare) ed il relativo ponte o cresta dell’ipostoma è una regione postero-mediana del capo che si trova tra il forame occipitale e la cavità della bocca se delimitata lateralmente dalla carena dell’ipostoma), di cui si è già detto (figura 9, figura 14 e figura 16);

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Figura 16 – Strutture del capo posteriore (distale).

Nella figura 16 si osserva: in A: • la carena occipitale è una cresta a forma di U capovolto dietro la testa o sulla sua superficie

posteriore. La carena occipitale differenzia l'occipite posteriore e le postgene dal vertice dorsale e le tempie e le gene laterali;

• forame occipitale

• carena postoccipitale si trova sulla parte posteriore del capo e circonda parzialmente o completamente il forame occipitale

• carena dell’ipostoma è il margine carinato della cavità orale sulla superficie posteriore del capo che circonda il complesso labio-mascellare;

• ponte postgenale (figura 16, A);

in B: • gola

• fossa tentoriale posteriore

• solco della gola

• ipostoma

• cardine

in C: • gola

• solco della gola o solco golare (figura 16, B e figura 16, C) • ponte dell’ipostoma è un termine usato per indicare una regione posteromediana della testa,

tra il forame occipitale e la cavità della bocca, se delimitata lateralmente dalla carena ipostomale;

• carena dell’ipostoma (figura 16, C). Struttura del capo dorsale

Nella figura 17, che riporta le strutture del capo dorsale, si osserva: • la sutura trasversale è una sutura orizzontale tra gli occhi sopra il toruli che forma il margine

ventrale della trabecola trasversa ed il margine dorsale della faccia (figura 8 e figura 18). • la sutura sopraorbitale si trova sulla sommità del capo parallelamente al margine superiore di

ciascun occhio, che costituisce i margini esterni della trabecola sopraorbitale e del vertice (figura 18).

• la sutura transoccipitale (figura 4 e figura 8), • lo stemmaticum, se inglobato da scanalature, è una zona mediana sulla sommità della testa che

porta il ocelli. A volte chiamato la zona ocellare.

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• il solco del vertice (figura 4 e figura 8).

Figura 17 – Strutture del capo dorsale.

Anatomia del capo. Il capo è principalmente sede degli organi di senso e al suo interno trovano collocazione, principalmente, una parte dell'apparato nervoso, l'inizio dell'apparato digerente. Oltre ai già citati fotorecettori, altri organi di senso, genericamente denominati sensilli, sono localizzati in particolare sulle antenne, sui palpi mascellari e sui palpi labiali.

L'apparato nervoso localizzato nel capo è costituito da una parte del sistema nervoso centrale (cerebro, gnatocefalo e cingolo parastomodeale), dal sistema nervoso periferico che innerva le parti del capo e da una porzione del simpatico dorsale.

L'apparato digerente è invece rappresentato dal tratto iniziale dello stomodeo (faringe e tratto iniziale dell'esofago). Nel capo trovano collocazione, inoltre, parti del sistema muscolare, circolatorio (lacunoma e tratto terminale del vaso dorsale), respiratorio e dell'apparato secretore.

Endoscheletro del capo. L'endoscheletro del capo è il sistema più sviluppato e contribuisce a dare maggiore robustezza alla capsula cranica nel complesso. L'intero sistema è denominato tentorio ed è presente in quasi tutti gli insetti.

Il tentorio è composto da due paia di bracci simmetrici, due anteriori e due posteriori, formati da introflessioni del tegumento. I due bracci posteriori partono in prossimità del foro occipitale e si dirigono in avanti collegandosi ai due bracci anteriori. Questi a loro volta si collegano alla parte frontale del capo, in genere presso le estremità laterali del margine inferiore del clipeo (figura 3,

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figura 14 e figura 15). Sull'esoscheletro si possono individuare i punti in cui si innestano i bracci del tentorio, per la presenza di piccole fossette (figura 3 e figura 16, B).

Dai bracci anteriori partono spesso due rami dorsali che si dirigono in corrispondenza dell'inserzione delle antenne ma senza entrare in contatto diretto con il tegumento. Nel complesso il tentorio ha una forma a X o a Y. A volte sono visibili delle fosse (fosse tentoriali) accoppiate sulla faccia inferiore che sono le indicazioni esterne dei bracci anteriori tentoriali e che parzialmente delimitano il limite laterale del clipeo (figura 3).

Il tentorio sostiene il cervello e, in corrispondenza del punto d'incontro dei bracci anteriori con i bracci posteriori, l'esofago. Fra i sistemi muscolari che si collegano al tentorio rientrano i muscoli estrinseci delle antenne, quelli delle appendici boccali e, infine, i muscoli della prefaringe e dello stomodeo, fondamentali nell'alimentazione.

Alcuni confronti relativi al capo di alcune famiglie (Eulophidae e Mymaridae) sono riportati nella figura 18.

Nella figura 18 si osserva: in A, tipicamente degli Eulophidae: • il solco frontale è una scanalatura trasversale sulla faccia, sotto l’ocello anteriore, che è al di

sopra e non è collegato al solco scrobale o alla zona interantennale; il termine è talvolta usato come sinonimo di solco fronto-facciale, che è collegato al solco scrobale o all’area interantennale (figura 2).

• il solco del vertice (figura 4 e figura 8) • il solco fronto-facciale è un solco trasversale con più o meno scanalature a V sulla faccia

superiore che medialmente si congiunge o interseca il solco scrobale e/o l’area interantennale (figura 2);

• il solco scrobale è un solco a V capovolta o a forma di Y sulla faccia superiore di molti eulofidi, nella stessa posizione degli scrobi, che uniscono dorsalmente e, se rovesciata a forma di Y, continuano dorsalmente come solco mediano verso l’ocello anteriore;

in B e C, tipicamente dei Mymaridae: • la sutura preorbitale (figura 10). • la sutura sopraorbitale (figura 17 e figura 18); • la sutura trasversale (figura 8 e figura 17); • il solco subantennale è pari e simmetrico. Sono scanalature o linee accoppiate sulla faccia

inferiore tra ogni torulo (figura 3 e figura 10) ed il margine bocca; • l’area suboculare (figura 10); • la trabecola preorbitale è un ispessimento, una fascia (trabecola) spesso più scura della

cuticola, sulla parte superiore della testa, che è adiacente e parallela al margine superiore di ciascun occhio, che termina, anteriormente, alla giuntura della trabecola trasversale e della trabecola sopraorbitale;

• il vertice o acron (figura 2) è la regione sulla sommità della testa che si trova dietro l’ocello anteriore e tra gli occhi (figura 4, figura 8, figura 9);

• la trabecola trasversale, interessa la testa dei Mymaridae, è la fascia orizzontale di ispessimento, spesso più scura della cuticola, che si estende tra ciascun occhio, sotto l’ocello anteriore e sopra i toruli, che termina lateralmente alla giuntura della trabecola sopraorbitale e della trabecola preorbitale;

• la trabecola sopraorbitale è come la trabecola preorbitale che termina, però, anteriormente, alla giuntura della trabecola trasversale e della trabecola preorbitale ;

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• la faccia (figura 2), nella maggior dei calcididi, è l'intera superficie frontale della testa al di sotto dell’ocello anteriore, tra e sotto gli occhi fino al margine di bocca; nei Mymaridae è una regione analoga, ma sotto la sutura trasversale e tra le suture preorbitali.

Figura 18 – Vista frontale del capo. Confronti tra linee, solchi, suture (A e B) e trabecole (C) di due famiglie: Eulophidae (A) e Mymaridae (B e C).

Torace o Mesosoma Il torace è la seconda regione morfologica del corpo degli insetti, derivata dall'organizzazione dei somiti successivi a quelli cefalici. È dunque compreso fra il capo e l'addome. Questa regione presiede principalmente alla funzione della locomozione, in quanto fornisce gli attacchi alle ali e alle zampe.

Morfologia Il torace, nella maggior parte degli insetti, deriva dall'accostamento dei tre somiti toracici.

Figura 19 – Le tre subregioni del torace che portano le zampe e normalmente due paia di ali. Il

torace, a volte è denominato mesosoma. Il propodeo è il primo”vero” segmento addominale, che negli Imenotteri Apocriti (Apocrita Gerstaecker, 1867) si fonde al

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torace come la sezione più posteriore del mesosoma. Lo sviluppo delle tre subregioni varia secondo gli insetti. In generale gli insetti meiotteri e i cattivi volatori mostrano un particolare sviluppo del protorace, soprattutto nella zona dorsale. Al contrario, nei migliori volatori, che si riscontrano in generale fra i Ditteri e gli Imenotteri, è il mesotorace ad assumere lo sviluppo preponderante.

L'esoscheletro di ogni segmento toracico è riconducibile ad un anello formato dall'organizzazione di quattro aree o scleriti: • una dorsale, detta tergo, tergite o noto; • due laterali, dette pleure; • una ventrale, detta sterno o sternite.

Nella terminologia è spesso necessario specificare contemporaneamente il segmento toracico oltre all'area a cui si fa riferimento, perciò ad ogni organo o area del torace si suole aggiungere i prefissi pro-, meso- e meta- per indicare, all'occorrenza, a quale segmento toracico si fa riferimento. Così il noto si distingue in (figura 19, B): • pronoto, lo sclerite dorsale del protorace, che sovrappone i lati del torace in modo da

rappresentare una U capovolta. Il pronoto, solitamente, è più o meno liberamente articolato con il mesotorace (vedi riquadro anche laterale del pronoto)

• mesonoto, lo sclerite dorsale del mesotorace, quasi sempre suddiviso in un mesoscuto anteriore ed in un complesso scutello-ascellare posteriore, mediante l’articolazione transcutale.

• metanoto, lo sclerite dorsale del metatorace, che spesso è differenziato in un dorsello mediano e laterale ed in un pannello laterale (figura 26).

In particolare, le ali mesotoraciche sono quelle portate dal mesotorace (anteriori), il pronoto è il tergite del protorace, i metatarsi sono i tarsi delle zampe metatoraciche (terzo paio).

- Il pronoto (figura 20, figura 21 e figura 22) ha in genere una morfologia relativamente semplice e si limita ad avere uno sviluppo di forma generalmente quadrangolare, più o meno convessa. In alcuni insetti può essere eccezionalmente sviluppato in lunghezza (nei Neurotteri Rafididi), oppure estendersi marcatamente ai lati e ricoprire anche le zone pleurali (nella generalità degli Ortotteri) o proiettarsi in avanti fino a ricoprire l'intero capo o parte di esso (in molti Coleotteri e in alcuni Rincoti). La sua superficie può presentarsi liscia e glabra oppure mostra setole o sculture dell'esoscheletro utili in molti casi per la determinazione sistematica. Singolare è la presenza di vistosi processi che, ad esempio in alcuni Coleotteri, arrivano ad assumere forme bizzarre tali da suscitare l'interesse dei collezionisti. Nei Ditteri Brachiceri il pronoto si fonde con il mesoprescuto e di esso sono visibili, ai lati, due scleriti, detti calli omerali. Ne consegue che nei Ditteri difficilmente si distingue il pronoto dal mesonoto.

Nella figura 20 si può notare: in A: • il pronoto

• il lato del pronoto (pannello laterale del pronoto) è una superficie più o meno laterale e verticale del pronoto sotto lo spiraglio mesotoracico.

• l’ascella è un organo pari e simmetrico. Le ascelle spesso sono regioni triangolari posteriori al mesoscutello, che di solito appaiono come regioni antero-laterale della scutello; il termine è solitamente utilizzato per l'intera struttura, ma ciascuna ascella ha una superficie dorsale e un pannello laterale (lato dell’ascella);

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• il lato dell’ascella (pannello laterale dell’ascella) è la superficie laterale e verticale di ogni ascella.

In B: • il collo è una superficie sub-orizzontale del pronoto anteriore al collare; • il collare è la superficie anteriormente inclinata del pronoto anteriore, posteriore al collo e

convergente verso quest’ultimo. • il pannello laterale del pronoto è la superficie al lato del pronoto più o meno verticale sotto lo

spiracolo mesotoracico; • la carena pronotale è una cresta trasversale sul pronoto che differenzia il collo dal collare.

Figura 20 – Pannello laterale del pronoto ed altre strutture della sezione laterale del protorace.

Figura 21 – Capo e pronoto (A) e particolari di alcune strutture del pronoto.

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Nella figura 21 è dato osservare: in A: • il pannello laterale del pronoto (lato del pronoto); • la carena pronotale; • il collare; in B: • la carena parascutale è un margine carenato del lobo laterale mesoscutale (a volte utilizzato

solo per la parte posteriore del margine che è incurvato verso l'articolazione transcutale adiacente la tegula).

• la preascella; • la carena ascellare; • il pannello laterale dell’ascella.

Nella figura 22 si rileva: in A: • il prepetto è uno sclerite sul lato del torace, tra il pannello laterale del pronoto e la mesopleura.

Nella maggior parte dei calcididi il prepetto sembra separato e non continuo con le aree vicine, con più o meno scleriti triangolari su entrambi i lati del torace, ma di solito è strettamente continuo ventralmente, sotto la procoxa. In alcuni calcididi il prepetto è ridotto e difficile da vedere e in alcuni casi è fuso al pronoto. A volte è chiamato sclerite postspiracolare;

• la tegula è un piccolo sclerite, tipicamente ovale, che copre la regione del mesotorace dove l’ala anteriore e il torace si articolano, attraverso gli scleriti ascellari;

• la propleura è la pleura del protorace, di solito nascosta sotto il pronoto. • la mesopleura è la pleura del mesotorace che è normalmente suddivisa in acropleura o area

subalare, mesepisterno e mesepimero; • la metapleura è la pleura del metatorace che è di solito triangolare o rettangolare e, a

differenza della mesopleura, non è suddivisa; in B: • il forame del propodeo apertura posteriore del propodeo attraverso cui sono collegati gli

organi del mesosoma e del metasoma; • lo stigma del propodeo è bilaterale, tipicamente ovale o reniforme, con le aperture sul

propodeo, di solito vicino al margine anteriore laterale; • la carena paraspicolare termine usato per gli Eulophidae per indicare un margine interno

carenato del solco paraspiracolare. Quest’ultimo, negli Eulophidae, è una depressione longitudinale, diagonale o curva, oppure è un solco sul propodeo, dietro lo spiracolo e a volte è chiamato anche solco spiracolare. Il solco postspiracolare è, in alcuni calcididi, una depressione longitudinale, diagonale, o curva oppure è un solco sul propodeo, dietro lo stigma. La carena prespiracolare è termine usato nei Torymidae per indicare un margine interno, carenato del solco postspiracolare del propodeo;

• la flangia sopracoxale è il margine posteriormente sporgente del callo che si proietta oltre la base della metacoxa.

• la nuca è la regione posteromediana del propodeo che si estende posteriormente, come se fosse un collo, fra le due metacoxe;

• la costola è una cresta trasversale sul propodeo in prossimità del punto centrale; • l’area submediana è una regione anteromediana del propodeo, delimitata lateralmente da

pliche, spesso posteriormente dalla costola, talvolta divisa in regioni bilaterali dalla carena mediana;

• il callo è l'area del propodeo laterale a ciascun spiracolo o solco postspiraculare, che spesso è convessa ed almeno parzialmente setosa;

• la plica è una cresta sublaterale e longitudinale sul propodeo;

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• la regione del picciolo è una regione posteromediana, variamente differenziata, che va dal propodeo anteriore al forame del propodeo. A volte è chiamata triangolo peziolare;

Figura 22 – Particolari del protorace e del mesotorace. Scleriti del mesotorace laterale (A); propodeo con i diversi particolari (B, C e D).

in C: • l’area sub mediana; • il callo; • la plica; • la costola; • la carena mediana del propodeo in D: • la carena mediana è una cresta mediana e longitudinale sul propodeo; • la plica; • la costola; • la carena submediana è la cresta longitudinale, su entrambi i lati della linea mediana, del

propodeo, vicino alla sua linea mediana.

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Figura 23 – Alcune caratteristiche del protorace, mesotorace e metatorace (A) con alcune particolarità (B). Nella figura 23 si rileva: in A: • la carena del prepetto, quando presente, differenzia il margine ventrale di ciascuna porzione

laterale verticale del prepetto dal margine laterale della mensola del prepetto ventrale e orizzontale;

• il prepetto (figura 22); • il prosterno (figura 24) sterno del protorace che di solito è più o meno a forma di rombo e

soprattutto nascosto sotto la propleura e la procoxae; • il mesosterno è la superficie ventrale del mesotorace. Specificamente è la parte ventrale del

mesosternum mesopleuroste, sotto la linea o solco transepisternale, se una tale linea è visibile. Il mesosterno ancestrale si ipotizza essere invaginato nel torace e non visibile esternamente negli imenotteri, anche se un mesosterno è stato erroneamente attribuito a qualche Encyrtidae ed Eupelmidae da alcuni autori;

• il metasterno è lo sterno del metatorace che è principalmente nascosto sotto le basi delle metacoxe e del metasoma;

• la mensola del prepetto è la parte ventrale ed orizzontale del prepetto che unisce ventralmente le due porzioni verticali laterali dello prepetto, che si trova tra il margine posteriore del prosterno e il margine anteriore del mesotorace ventrale;

in B: • la carena del parascutello è il laterale carenato al margine a flangia del lobo laterale del

mesoscutello, talvolta utilizzato solo per la parte postero-laterale del margine che è ricurvato verso l'articolazione trans-scutale adiacente alla tegula;

• lo spiracolo mesotoracico è bilaterale sul mesotorace. Gli spiracoli mesotoracici sono adiacenti al margine antero-laterale del mesoscutello, tipicamente in corrispondenza o in prossimità della giunzione formata tra il margine mesoscutale, il pronoto e l'angolo anterodorsale del prepetto. Raramente lo spiracolo mesotoracico è circondato da cuticola pronotale quando il prepetto si fonde con il pronoto. A volte è chiamato spiracolo protoracico;

• lo spiracolo metatoracico è bilaterale sul metatorace. Gli spiracoli metatoracici sono solitamente non visibili nei calcididi, ma quando presenti si trovano tra ciascuna mesopleura e metapleura, di solito vicino al margine dorsale della metapleura;

• la metapleura (figura 22, A); • la fossa forcale è un piccolo foro lungo la linea mediana del pleurosterno di ciascuna delle tre

regioni toracica. La fossa Furcal è un indicatore esterno di una invaginazione di origine embrionale di ciascuna regione toracica.

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Figura 24 – Mesotorace ventrale (A) e dell’area del trocantere e della fossa mesoforcale (B). Nella figura 24 si rileva: in A: • il prosterno (figura 23); • il mesotorace ventrale; • la depressione femorale è una depressione obliqua sulle pleure del mesotorace che si estende

da vicino alla mesocoxa fin verso la base dell’ala anteriore, che accoglie il mesofemore quando questo è attaccato al torace.;

• il piatto mesotrocanterico è la parte posteriore del mesotorace ventrale che è riflessa dorsalmente sotto le basi delle mesocoxe e che normalmente non è visibile (figura 27, D);

• il metasterno; • il discrimen è un solco mediano-longitudinale sulla superficie ventrale del mesotorace che

termina posteriormente mediante la fossa mesoforcale e rappresenta un indicatore esterno di un fragma invaginato. Il fragma è una cresta interna o una proiezione della parete del corpo a cui sono attaccati i muscoli;

in B: • la carena del postpetto è un margine ventrale e posteriore, simile ad un cerchio, del

mesotoracice, ventrale e anteriore alle mesocoxe; • la fossa mesoforcale; • il discrimen; • il trocantere è il secondo segmento di un arto che si articola basalmente con la coxa (detta

anche anca) e apicalmente con il femore.

- Il mesonoto è lo sclerite dorsale del mesotorace quasi sempre suddiviso in un mesoscuto anteriore ed in un complesso scutello-ascellare posteriore mediante l’articolazione transcutale.

Nella figura 25 si osserva: in A: • lo scutello anteriore è una porzione anteriore dello scutello che si distingue per la presenza di

una linea trasversale;

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• lo scutello posteriore separato da quello anteriore da una linea trasversale;

Figura 25 – Mesonoto nei Mimaridae (A) e regione del mesonoto anteriore all’articolazione transcutale ed al complesso scutello-ascellare (B).

in B: • il mesoscutello è una regione del mesonoto, anteriore alla’articolazione transcutale e al

complesso scutellare-ascellare. In esso distinguiamo un lobo mediano ed un lobo anteriore; • l’ascella, di solito bilaterale, è una regione triangolare posteriore al mesoscuto che appare

come regione antero-laterale dello scutello. Il termine è solitamente utilizzato per l'intera struttura, ma ciascuna ascella ha sia una superficie dorsale e un pannello laterale del cavo ascellare;

• l’ascellula è una suddivisione laterale, più o meno verticale dello scutello, di solito più o meno differenziato dal resto della struttura da una fessura o carena ascellare o da un solco sublaterale e, dal cavo ascellare, è separato dalla sutura scutoscutellare;

• la fessura dell’ascellula è una scanalatura longitudinale (molto raramente una carena), vicina al lato del scutello, che differenzia una regione scutellare, laterale, più o meno verticale, che è l’ascellula, tra la scanalatura/carena e l’ascella posteriormente pendente. È presente nella maggior parte dei calcididi, tranne negli Eulophidae;

• il frenulo è una regione dello scutello anteriore, posteriormente differenziata a qualsiasi bordo. Tale bordo viene delineato da una carena trasversale, solco, fila di depressione o qualsiasi altro cambiamento della scultura. A volte è chiamato la zona frenale;

• la linea del frenulo è una linea trasversale di differenziazione della scultura, una fessura o una cresta, che differenzia una regione posteriore dello scutello, che è, per l’appunto, il frenulo.

Nella figura 26 sono riportati alcuni elementi differenziali del mesonoto riguardanti gli Pteromalidae Dalman, 1820 (Hymenoptera: Chalcidoidea) e gli Eulophidae Westwood, 1829 (Hymenoptera: Chalcidoidea ).

Nella figura 26 si osserva: in A, il mesonoto dei Pteromalidae: • la sutura scutoscutellare è una fessura o linea che separa le ascelle dallo scutello; • i notauli o solchi parapsidali sono due solchi longitudinali convergenti posteriormente. I

notauli, se presenti, di solito originano anteriormente vicino ad ogni spiracolo mesotoracico e convergono posteriormente, finendo in prossimità degli angoli interni del ascelle qualora

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raggiungano l'articolazione transcutale. I notauli sono indicazioni esterne di fragmi (ponti o setti interni o proiezioni delle pareti interne a cui i muscoli sono attaccati) che separano i muscoli dorsolongitudinali e dorsoventrali del volo. Il loro aspetto è fondamentale per la determinazione sistematica di alcuni imenotteri;

Figura 26 – Mesonoto, con elementi caratteristici della famiglia Pteromalidae (A) ed Eulophidae (B e C).

• il dorsello è la porzione centrale, generalmente convessa mediana, del metanoto che si differenzia dal pannello laterale più concavo dello stesso metanoto. È importante per il riconoscimento in tassonomia;

• il pannello laterale del metanoto è regione del metanoto su entrambi i lati del dorsello, più o meno concava. A volte tale regione è chiamata le "ali laterali" del metanoto;

• la sutura scutoscutellare è una fessura o linea che separa le ascelle dallo scutello; in B: • l’articolazione transcutale è una linea più o meno trasversale che attraverso il mesonoto a

livello delle ali anteriori che e consente la distinzione di un mesoscuto anteriore e di un complesso scutellare-ascellare posteriore, che permette la flessione del mesonoto per il volo. Spesso è chiamato solco transcutale o sutura.;

• il solco submediano è bilaterale e costituisce linee o scanalature longitudinali accoppiate sullo scutello le quali sono più vicine alla linea mediana di simmetria rispetto ai lati. A volte è chiamato linea sub mediana;

• il solco sublaterale è, negli Eulophidae, un solco bilaterale o scanalature longitudinali molto vicine, ai lati del scutello, che differenziano una zona laterale scutellare di solito più o meno verticale, le axillule, tra la scanalatura e l'ascella, solito posteriormente pendente;

• il solco mesoscutale mediano è un solco che procede lungo la linea mediana del mesoscuto; • la flangia scapolare è una regione spesso esile del lobo laterale mesoscutale che si differenzia

tra la ascelle ed il lobo laterale quando le ascelle sono in posizione avanzata; in C: • la punta dell’ascella è un’ ascella che proietta distintamente la parte anteriori alla base dello

scutello perché l'articolazione transcutale è profondamente sinuate; • il metanoto è, come già detto, lo sclerite dorsale del metatorace, che spesso è differenziato in

un dorsello mediano e laterale e in un pannello laterale del metanoto; • il propodeo è il primo “vero” segmento addominale, che negli Imenotteri Apocriti si fonde al

torace come la sezione più posteriore del mesosoma.

- Il metanoto (figura 26) presenta una morfologia ancora più complessa, in particolare nei Ditteri e negli Imenotteri. Nei primi il metanoto è molto ridotto (a causa della trasformazione delle ali posteriori in bilancieri) ed è praticamente nascosto dallo scutello del metatorace. Negli Imenotteri la

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struttura si complica per la presenza del propodeo, quarto segmento toracico derivato dallo spostamento in avanti del primo urotergo.

Alcune regioni del mesotorace laterale riguardano: • i maggiori scleriti pleurali (figura 22) quali il prepetto, la tegula, la propleura, la mesopleura e

la metapleura di cui si è già detto (figura 22 A e figura 23, B); • le regioni mesopleurali (figura 27, A); • altre regioni solchi mesotoracici (figura 27, B e figura 27, C); • l’acropleura (figura 27, D).

Nella figura 27 si possono vedere: in A, alcune regioni mesopleurali: • l’area subalare è una piccola regione dorsale, spesso leggermente convessa, delle mesopleure,

che si trova sotto la base delle ali anteriori. Talvolta è chiamata acropleura, soprattutto nelle famiglie dove quest’area è particolarmente ampia per costituire tutto o parte delle mesopleure.;

• la fossa subalare è piccolo foro nelle mesopleure, sotto la base delle ali anteriori, che normalmente lega il margine posteriore dell'area subalare al margine anterodorsale del mesepimero, delimitando le due aree. La fossa subalare è, normalmente, un indicatore esterno di un fragma;

• l’area sternale è una regione anteroventrale del mesepisterno, dietro la procoxa e anteriore e sottostante la depressione femorale. Se delineata da una scanalatura obliqua è probabilmente è omologa alla linea o solco transepisternale;

• la depressione femorale (figura 24, A); • il mesepimero è la parte posterodorsale delle mesopleure, che è differenziata dal mesepisterno

dalla sutura mesopleurale.; in B, altre regioni e solchi delle mesopleure:

Figura 27 – Regioni mesotoraciche pleurali e (A, B) e pleurosternali del mesotorace (C) e

la regione dell’acropleura (D).

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• l’area subalare/acropleura. Della prima si è già detto. Della seconda, l’acropleura, va detto

che essa è sinonimo di area subalare e si ricorre alla nomenclatura di “acropleura” per definire la primitiva e piccola regione dorsale delle mesopleure, trovata nella maggior parte delle famiglie di calcididi e, più comunemente, per la regione più ampia che è tipica degli Encyrtidae, Tanaostigmatidae, molti Eupelmidae ed alcuni Aphelinidae;

• il mesepimero superiore è la regione del mesepimero che è, a volte, differenziata dal mesepimero inferiore da un solco transepimerale;

• il mesepimero inferiore è la regione ventrale del mesepimero che è, a volte, differenziata dal mesepimero inferiore da un solco transepimerale;

• il solco transepisternale è una linea di colore più chiaro, un cambio della scultura, o un solco distinto sul mesepisterno che si estende dall'angolo antero-laterale della mesocoxa verso la procoxa e, quando presente, divide il mesepisterno in un mesepisterno superiore ed un mesepisterno inferiore;

• il solco transepimerale è una fessura o linea sul mesepimero, in parte trasversale, che differenzia un mesepimero superiore da un mesepimero inferiore. Quando presente è spesso arcuato posterodorsale, vicino alla mesocoxa, delimitando, in tal caso, un lobo trocanterico, anteriore alla mesocoxa, oppure si estende diagonalmente o trasversalmente dalla sutura mesopleurale. Talvolta è ridotto ad un’unica fossa.;

in C, regioni pleurali ed episternali del mesotorace: • il solco transepisternale; • il solco transepimerale; • il lobo trocanterico è un termine impiegato soprattutto nella descrizione degli Eulophidae per

una regione sottile, lungo il margine posteriore estremo del mesepisterno anteriore a ciascuna mesocoxa. Non è omologa al lobo mesotrocanterico usato per gli Eupelmidae;

• la sutura mesopleurale è una linea obliqua sulle mesopleure che si estende da vicino alla mesocoxa verso la base delle ali anteriori, che divide la mesopleura in un mesepisterno anteroventrale e un mesepimero posterodorsale.;

in D, la regione acropleurale: • l’acropleura è sinonimo di zona subalare, utilizzato a volte per la piccola regione dorsale

primitiva della mesopleura e trovato nella maggior parte delle famiglie dei calcididi e, più comunemente, per la regione più ampia tipica degli Encyrtidae, Tanaostigmatidae, molti Eupelmidae ed alcuni Aphelinidae;

• il solco acropleurale è una linea curva oppure una scanalatura sulle mesopleure che distingue i limiti posteriore e ventrali dell’acropleura o dell’area subalare.

La morfologia del tergite, delle pleure e dello sterno può essere relativamente semplice, oppure complicarsi per la presenza di linee di sutura che li suddividono in scleriti che assumono denominazioni specifiche. Questa complicazione interessa in particolare il secondo e il terzo segmento toracico, sui quali si innestano le ali nelle forme alate. Notevoli differenze si riscontrano nei Ditteri, dove il mesotorace assume uno sviluppo tale da prevalere sugli altri due segmenti. Il protorace si spinge indietro e si fonde, in parte, con il mesotorace dando origine a strutture la cui nomenclatura differisce in parte da quella standard. Altre differenze si riscontrano anche negli Imenotteri. Il motivo di tali differenziazioni risiede nell'elevato grado di evoluzione di questi due ordini in relazione allo sviluppo delle strutture morfo-anatomiche deputate al volo.

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Tergiti La morfologia del tergite , delle pleure e dello sterno può essere relativamente semplice oppure complicarsi per la presenza di linee di sutura, in particolare nel secondo e terzo segmento delle forme alate (figura 28, A).

Figura 28 – Tergiti e sterniti.

Differenze marcate esistono anche nello sviluppo relativo dei tre segmenti: le forme attere hanno un protorace abbastanza sviluppato e una sostanziale omogeneità dei tre segmenti; le forme alate hanno invece un protorace poco sviluppato e gli altri segmenti toracici molto sviluppati in relazione al

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ruolo svolto dalle rispettive ali. Le strutture più complesse si rinvengono nei Ditteri, nei quali il mesotorace ha uno sviluppo preponderante rispetto agli altri segmenti, e negli Imenotteri Apocriti, dove alla costituzione del torace partecipa anche una parte del I urite, formando il quarto segmento toracico (propodeo). Più complessa è la struttura dei tergiti del secondo e terzo segmento in relazione alla presenza delle ali. La presenza di suture trasversali o oblique suddivide ogni tergite in tre aree denominate, in ordine antero-posteriore, prescuto, scuto e scutello. Lo sviluppo e l'associazione di queste aree con i tergiti adiacenti possono essere tali da rendere meno evidenti le demarcazioni fra i tre segmenti toracici. Al noto vero e proprio si associa posteriormente una seconda area, detta postscutello o postnoto, derivata in realtà dal segmento successivo: il postscutello mesotoracico e quello metatoracico derivano perciò, rispettivamente, dal tergite del metatorace e dal primo urotergo. Questa complessità strutturale è funzionale all'attacco dei muscoli indiretti delle ali. Anche sui tergiti del mesotorace e del metatorace possono essere presenti formazioni di setole e sculture dell'esoscheletro fondamentali per la determinazione sistematica. Ad esempio sul mesonoto possono essere presenti due solchi longitudinali convergenti posteriormente, detti notauli o solchi parapsidali, il cui aspetto è fondamentale per la determinazione sistematica di alcuni Imenotteri. I notauli suddividono trasversalmente il mesonoto in tre aree: una mediana e due laterali che comprendono le axillae o ascelle e le tegule, scleriti disposti immediatamente davanti e sopra la zona di attacco delle ali. Le tegule sono presenti nei Ditteri e negli Imenotteri e proteggono l'articolazione anteriore delle ali.

Sterniti

Anche lo sterno può presentare, in genere, delle suture trasversali che lo suddividono in tre aree denominate, in ordine antero-posteriore, presterno, basisterno e sternello (figura 28, B). Lo sviluppo di questi scleriti è di minore entità rispetto alle pleure e ai tergiti delle forme alate, mentre nelle forme che basano la loro mobilità sulla locomozione terrestre si presentano espanse in larghezza e fondamentalmente appiattite. Strutture particolari possono essere presenti in alcuni gruppi sistematici. Una formazione singolare è l'organo pro-mesosternale dei Coleotteri Elateridi: questi insetti hanno una particolare articolazione della membrana intersegmentale che mette in relazione il protorace al mesotorace, permettendone movimenti differenziali. Nel mesosterno è presente una fossetta, nella quale si può incastrare un processo posteriore del prosterno. Quando questi insetti sono rovesciati sul dorso, sono in grado di flettere il corpo in corrispondenza dell'articolazione pro-mesotoracica, introducendo il processo prosternale nella fossetta mesosternale; la muscolatura mette in tensione l'intera struttura e il rilascio di scatto trasforma il corpo in una sorta di molla che, facendolo saltare, permette di riacquistare la posizione normale. La stessa struttura, però non funzionante, è presente anche nei Coleotteri Buprestidi. Altri insetti possono sviluppare sul tegumento superfici ruvide usate per produrre suoni con lo sfregamento di altre parti del corpo. Ad esempio, i Rincoti Reduvidi hanno nel (figura24) una superficie zigrinata sulla quale sfregano il labbro inferiore per emettere suoni.

Pleure Le pleure sono le aree laterali del torace, pari e simmetriche (figura 28, C). Queste formazioni derivano dalla differenziazione e dall'organizzazione del primo articolo delle zampe primitive, fisso, detto subcoxa che, negli insetti, diventa parte integrante del torace. Ogni pleura è in genere percorsa da una sutura, detta solco pleurale. Il solco pleurale ha un percorso dorso-ventrale e obliquo, dalla zona d'inserzione dell'ala alla zona d'inserzione della coxa (o anca) e suddivide la pleura in due aree: quella anteriore è detta episterno, quella posteriore epimero. La parte superiore dell'epimero e dell'episterno sono in relazione con il tergite nel punto di attacco delle ali; la parte ventrale è in relazione con il primo segmento morfologico delle zampe (coxe o anche).

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Altre suture possono differenziare in alcuni insetti altre aree. Ad esempio, in alcuni Imenotteri può essere evidente un'area del mesoepisterno, detta prepectum o prepetto (figura 29, C), che protegge lo spiracolo protoracico (figura 23, B). Nei Ditteri Brachiceri, invece, le pleure sono ulteriormente divise da una sutura che ha un decorso approssimativamente orizzontale e che s'incrocia con la sutura pleurale. L'episterno è suddiviso perciò in due scleriti, detti rispettivamente mesoepisterno dorsale e ventrale; l'epimero è anch'esso diviso in due scleriti, uno dorsale, detto ancora mesoepimero, e uno ventrale, detto hypopleuron o ipopleura.

Scleriti ascellari

Nella maggior parte degli insetti, che si identifica nel vasto raggruppamento dei Neoptera in senso lato, l'attacco delle ali al torace avviene attraverso un sistema di articolazioni costituito da scleriti sui quali si esercita l'azione dei muscoli diretti delle ali. Questi scleriti si posizionano nel punto di passaggio dalle ascelle (proprie del tergite) alle pleure.

La pleura differenzia nell'estremità dorsale due scleriti, separati dall'episterno e dall'epimero da una zona membranosa. L'episterno differenzia il basalare, anteriore, l'epimero forma invece il subalare, posteriore. Fra essi si posiziona un processo pleurale, punto in cui episterno e epimero si fondono sopra la sutura pleurale. Su questi scleriti e sul processo pleurale si articolano gli scleriti ascellari o pterali, propri delle ali, sui quali si articolano le nervature alari. Gli scleriti ascellari sono in numero di tre e sono indicati rispettivamente dal numero ordinale secondo la loro posizione (1°, 2° e 3° sclerite pterale).

Zampe Le zampe sono appendici articolate al torace usate generalmente per la locomozione. Nella generalità degli insetti è presente una coppia di zampe per ogni segmento toracico, da cui il nome di Esapodi dato frequentemente a questa classe. Il numero delle zampe può ridursi come adattamento secondario, come avviene ad esempio nei Lepidotteri Ninfalidi per atrofia delle zampe protoraciche, oppure scomparire del tutto, come avviene ad esempio nelle forme adulte degli insetti catametaboli (femmine dei Rincoti Coccidi, femmine degli Strepsitteri, ecc.).

La presenza di tre coppie di zampe toraciche si rileva anche nelle forme giovanili degli eterometaboli, degli pseudoametaboli e degli ametaboli. Negli olometaboli sono presenti in alcuni tipi di larve (larve campodeiformi, onisciformi, ecc.). Nella generalità delle larve polipode, tipiche dei Lepidotteri, dei Mecotteri e in alcuni raggruppamenti di Hymenoptera (Tentredinidi), sono presenti anche organi di locomozione addominali, detti pseudozampe. In altre forme larvali, invece, le zampe possono essere atrofiche o del tutto assenti (larve cirtosomatiche, larve apode, ecc.). Morfologicamente, le zampe si presentano come appendici pluriarticolate e libere. Procedendo in senso prossimale-distale, gli articoli prendono rispettivamente il nome di coxa (o anca), trocantere, femore, tarso, pretarso e unghie (figura 29). Alle coxe sono associate le subcoxe, segmenti fissi che facevano parte della zampa primitiva ma che negli attuali insetti sono parte integrante del torace. In generale gli articoli di maggiore sviluppo in lunghezza sono il femore e la tibia, tuttavia nei diversi gruppi sistematici possono presentarsi marcate differenziazioni.

Nella figura 29 si osserva: in A: • la zampa si distingue in coxa (detta anche anca, definita in B), trocantere (è il secondo

segmento che si articola basalmente con la coxa e apicalmente con il femore (figura 24, B), il trocantello (una delimitata regione basale del femore che spesso si presenta come un segmento separato simile al trocantere), il femore (terzo segmento dell’arto che si articola con la tibia alla base), la tibia (quarto segmento della zampa che si articola alla base con il femore e dalla parte

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opposta con il tarso), infine, il tarso (quinto segmento che si articola alla base con la tibia ed è suddiviso in 3-5 segmenti, dei quali il primo è il basitarso) con le unghia;

in B è riportato lo schema articolare della coxa (anca), in cui si osserva: • la procoxa; • la mesocoxa; • la metacoxa; • lo spiracolo mesotoracico si trova sul torace ed è bilaterale. Gli spiracoli mesotoracici sono

adiacenti al margine anterolaterale di ogni mesoscuto, tipicamente vicino alla giuntura formata tra il margine mesoscutale, il pronoto e l’angolo anterodorsale del prepetto. Raramente lo spiracolo mesotoracico è circondato dalla cuticola del pronoto quando il prepetto è fuso con il pronoto;

• lo spiracolo metatoracico è bilaterale ed interessa il metotorace. Normalmente non è visibile nei calcididi e quando è presente, giace fra ciascuna mesopleura e metapleura, vicino al margine dorsale della metapleura (figura 22, A e figura 23, B);

• lo spiracolo del propodeo è bilaterale, ovale o reniforme che si apre sul propodeo, vicino e lateralmente al margine anteriore;

Figura 29 - Rappresentazione schematica della zampa di un insetto (A); schema del segmento basale dell’arto che si articola, basalmente, con il torace e, apicalmente, con il trocantere (B); mesotorace ventrale dove si osserva l’articolazione delle coxe (C) e la corrispondente visione dorsale del propodeo (D).

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in C si osserva l’area di articolazione delle coxe al torace ventrale: • il forame delle coxe è dato da aperture nella parete del torace, alle quali le coxe sono

articolate; • la propleura è la pleura del protorace, di solito nascosta sotto il pronoto; • il prepetto; • il forame del propodeo è rappresentato da aperture del propodeo attraverso cui gli organi del

mesosoma e del metasoma sono collegati; in D, la corrispondente della precedente vista dorsalmente, si osserva, in senso posteroanteriore:: • lo spiracolo del propodeo; • la nuca (figura 22, B); • il peziolo di cui si è già parlato; • la flangia del peziolo è l’estensione a flangia del primo sternite gastrale che sostiene

ventralmente il peziolo.

Il tarso è a sua volta suddiviso in più articoli, detti tarsomeri, e il pretarso è in genere nascosto nell'ultimo tarsomero. Sul pretarso si articolano le unghie, che consentono l'adesione a superfici scabrose, ma possono presentarsi anche altre strutture con forme e funzioni specifiche. Fra queste si citano l'arolio (a forma di lobo), l'empodio (a forma di stilo), i pulvilli (a forma di lamina). L'empodio e l'arolio sono organi impari inseriti fra le unghie, mentre i pulvilli sono organi pari inseriti sotto le unghie. Di particolare importanza è il numero di tarsomeri in quanto usato spesso come elemento di determinazione sistematica. Altri caratteri relativi alle zampe, utili in qualche caso ai fini tassonomici, sono le tibie, i femori e le coxe (figura 30). La funzione primaria delle zampe è quella locomotoria; in tal caso le zampe sono dette cursorie. Sono frequenti tuttavia adattamenti morfologici e anatomici finalizzati a conferire specifiche proprietà; in tal caso si parla ad esempio di zampe natatorie (adatte al nuoto), raptatorie (adatte ad afferrare le prede), fossorie (adatte a scavare), saltatorie (adatte al salto).

Figura 30 – Articolazione metacoxale degli Eupelmidae (A); tibia, tarso, speroni e spine della zampa intermedia (B); tibia, tarso, speroni e spine della zampa anteriore (C).

Nella figura 30 si osserva: - in A, l’articolazione metacoxale:

• il lobo mesotrocanterico è costituito da dentelli o lobi paramediali che sporgono dal margine posteriore del mesotorace ventrale sul quale la base della mesocoxa si articola. Si differenzia dal lobo trocanterico (figura 27, C). In molti calcididi il lobo mesotrocanterico è nascosto

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sotto la base della coxa (anca), mentre nella maggior parte degli Eupelmidae è esternamente visibile e si presenta come due lobi distinti o come una piastra mediana apicalmente scissa, fessurata;

• la mesocoxa in B troviamo la tibia: • le spine apicali mesotibiali sono strutture simili a spine che si trovano vicine al margine

apicale delle mesotibie in alcuni Calcididi e che sono simili ed analoghe al pettine protibiale dell’arto anteriore dei più importanti calcididi;

• lo sperone tibiale è rappresentato da una o due spine più lunghe, a volte differentemente modificati, articolate in corrispondenza o in prossimità del margine di ventroapicale di una tibia; la protibia e la mesotibia hanno ciascuna un singolo sperone mentre la metatibia possiede uno o due speroni;

• le spine mesotarsali sono strutture simili a spine presenti sulla superficie ventrale di uno o più segmenti mesotarsali;

in C troviamo: • la spina pro tibiale apicale; • il pettine pro tibiale; • il calcar è uno sperone tibiale curvo, biforcuto o altrimenti modificato della tibia anteriore che,

insieme ad uno strigile, costituisce un organo per la pulizia delle antenne; • il pettine basitarsale; • l’incavo basitarsale ; • lo stringile costituito dall’area basitarsale del pettine e dell’incavo.

Ali

Le ali sono assenti, come carattere primario, in tutti gli Apterigoti (Tisanuri). Gli Pterigoti sono invece primariamente provvisti di due paia di ali, ma negli insetti è frequente il fenomeno del meiotterismo secondario, che consiste nella riduzione dello sviluppo alare fino alla completa scomparsa (atterismo). Sono inoltre presenti esclusivamente nello stadio adulto: negli eterometaboli si formano gradualmente negli stadi di ninfa, mentre negli olometaboli sono ridotti ad abbozzi interni (dischi preimmaginali) e si sviluppano durante lo stadio di pupa all'interno del tegumento. Le ali sono portate dal mesotorace e dal metatorace. Morfologicamente, l'ala primitiva si presenta come espansione laterale dei tergiti; strutturalmente è costituite da due lamine sovrapposte: una dorsale, in continuità con il tergite, una ventrale, in continuità con la membrana pleurale. Nel corso dell'evoluzione dei Neotteri, a cui fanno capo la maggior parte degli attuali insetti, la continuità delle ali con gli scleriti toracici è interrotta dall'interposizione del sistema di articolazioni di cui si è detto in precedenza (processi e scleriti pleurali e scleriti ascellari). Contrariamente alle ali degli Uccelli, quelle degli insetti sono prive di muscoli intrinseci, in quanto il loro movimento è dovuto all'azione di muscoli dislocati nel torace. L'ala è percorsa da condotti, detti nervature o vene, che sono in continuità con l'emocele e sono irrorate dall'emolinfa. All'interno delle nervature corrono anche nervi e trachee. La venatura alare forma una rete più o meno fitta in funzione della ramificazione delle nervature. Il sistema delle nervature delimita areole circoscritte dette cellule alari. Il decorso delle nervature e la forma delle cellule sono importanti elementi di determinazione tassonomica in alcuni ordini, in particolare nei Ditteri e negli Imenotteri. In generale si assiste, con l'evoluzione, ad una riduzione della venatura alare. La morfologia alare varia molto secondo il gruppo sistematico. In genere sono membranose, ma per lo sviluppo di una cuticola spessa possono presentarsi anche sclerificate completamente, come nelle elitre dei Coleotteri e nelle tegmine degli Ortotteri, o parzialmente, come nelle emielitre dei Rincoti Eterotteri. Nella generalità dei Lepidotteri sono rivestite da squame la cui organizzazione e pigmentazione conferiscono a questi insetti le tipiche e notissime decorazioni.

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Le ali anteriori hanno in genere uno sviluppo maggiore rispetto a quelle posteriori, e possono essere presenti specifici organi di collegamento per la sincronizzazione del movimento, come nei Lepidotteri e negli Imenotteri. La superficie alare viene distinta morfologicamente in tre regioni, dette rispettivamente remigante, anale e jugale, di cui la prima presenta il maggiore sviluppo e la maggiore robustezza. La funzione primaria è quella del volo, tuttavia gli adattamenti morfoanatomici possono alterare questa funzione fino a farla perdere del tutto a favore di altre finalità biologiche. In questo caso le ali anteriori o posteriori possono trasformarsi in organi di protezione (elitre e tegmine), di regolazione dell'equilibrio (bilancieri).

Nella figura 31 si osserva: - in A, le regioni:

• la cella costale è la regione membranosa dell’ala anteriore che sta davanti alla vena submarginale, misurata dalla costrizione basale che delimita l'apice della piastra omerale dell'ala al punto in cui la vena submarginale tocca il punto di attacco dell'ala al torace;

• la cella radiale è la regione anteroapicale dell’ala anteriore delimitata tra la vena postmarginale, vena stigmale e la seconda ascissa della linea setale del settore radiale (RS2);

• la linea setale è un termine generale per indicare le setole che sono allineati in una riga distinta sul disco dell’ala anteriore.;

• la seta marginale è una frangia di setole che si proiettano dall’intorno del margine dell'ala nello stesso piano della membrana alare.;

Figura 31 – Ala: regioni (A); venature (B); linee setali (C); linea calva (D).

• il disco è una regione membranosa dell’ala anteriore al di là della cella basale; • lo specchio è una regione glabra dell'ala anteriore, immediatamente oltre la linea setale

basale, dietro il parastigma;

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• la cella basale è una regione basale dell'ala anteriore che è racchiusa, anteriormente, dalla vena submarginale, posteriormente, dalla piega cubitale o linea setale cubitale, se presente e, apicalmente, a seconda del disegno setale, dalla piega basale o dalla linea setale basale o dalla linea calva;

in B le venature: • la vena submarginale costituisce la parte più basale del complesso delle vene dell'ala anteriore

che avviene dietro la cella costale. Si misura dalla costrizione che delimita la piastra omerale al punto in cui la vena tocca, apicalmente, il punto d'attacco dell'ala al torace.;

• la vena marginale (figura 32, B); • la vena postmarginale è la parte del complesso della vena dell'ala anteriore che si trova lungo

il punto d'attacco dell'ala, oltre la vena stigmale. Si misura dal punto in cui la vena stigmale e la vena postmarginale si uniscono, apicalmente dove la vena appare e sembra finire;

• la vena stigmale parte del complesso delle vene dell'ala anteriore che si proietta nella membrana alare dall'apice della vena marginale. Si misura dal punto in cui la vena postmarginale e la vena stigmale si uniscono apicalmente fino al punto dove la vena sembra finire;

• lo stigma slargamento terminale della vena stigmale; • il parastigma è la regione apicale della vena submarginale che, solitamente, si differenzia

perché è bruscamente curvato, addensato, leggermente o completamente separato dalla vena marginale e, talvolta, si sporge posteriormente nel disco dell’ala anteriore. Il parastigma è la vena premarginale nei Trichogrammatidae;

• l’uncus è un piccolo segmento che si proietta dallo stigma verso il bordo dell’ala; in C le linee setali: • la piastra omerale è la parte basale ispessita dell'ala anteriore, appena oltre la tegula (figura

22, A), che si differenzia dal resto dell'ala per una strozzatura e che probabilmente deriva dalla fusione delle basi di alcune vene ancestrali;

• la piega basale è una piega convessa dell'ala anteriore, talvolta accompagnata ad una linea di setole (linea setale). È diretta, posterobasalmente, dal parastigma verso l'apice della cellula basale. È anche detta vena basale, qualora pigmentata;

• le setole sottomarginali sono una fila di setole presente sulla superficie dell’ala anteriore, dietro la vena marginale;

• la piega cubitale è una piega convessa longitudinale, vicina al margine posteriore dell'ala anteriore che è diretta dal punto vicino alla base della vena submarginale, parzialmente, verso il margine alare apicale e che spesso ha una linea di setole (linea setale cubitale) che forma il margine posteriore della cellula basale e talvolta chiude lo specchio (figura 31, A) o la linea calva posteriormente. A volte chiamata vena cubitale se pigmentata.;

• la piega subcubitale è una piega leggermente concava nell'ala anteriore, adiacente al suo margine posteriore, dietro la piega cubitale. Spesso è indicata soltanto da una linea di setole (linea setale subcubitale). A volte è detta vena subcubitale, qualora pigmentata;

• la piega mediana è una piega longitudinale concava che normalmente si trova nella metà posteriore dell'ala anteriore, ma anteriormente alla piega cubitale. Detta anche linea di flessione mediolongitudinale;

in D la linea calva: • la linea calva è una banda glabra, stretta e obliqua posta sul disco dell'ala anteriore che è

diretta dal margine alare posterobasale verso la base della vena stigmale. Se non subisce nessuna interruzione, come descritto, è detta linea calva intera; se improvvisamente è invasa da setole, si definisce interrotta; se è tutta circondata da setole è chiamata linea calva chiusa e rassomiglia allo specchio (figura 31, A)

• il filum spinosum è una fila di setole simili a pioli differenziata e addensata che si trova lungo il margine apicale della linea calva.

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Sono ora riportate caratteristiche salienti delle ali di alcune famiglie interessanti quali parassitoidi, con riferimento ai Mymaridae, setole e specificamente chaeta e trichia (figura 32, A), ai Signiphoridae, con riferimento alle setole marginali (figura 32, B) ed, infine, ai Trichogrammatidae, con attenzione alle linee setali (figura 32, C).

Figura 32 – Caratteristiche delle ali di tre famiglie di Imenotteri calcididi: Mymaridae (A); Signiphoridae (B) e Trichogrammatidae (C),

Nella figura 32 si osserva: - in A le setole dei Mymaridae: • macrochete sono lungo e robuste setole che sono inserite e proiettate in avanti sulla superficie

dorsale della vena marginale; • ipochete sono lunghe setole sporgenti all'indietro dal margine anteriore della superficie

ventrale delle ali anteriori in una regione membranosa, esile, di fronte alla vena marginale; • microchete sono setole che si trovano appoggiate sul margine o sulla superfici della vena

marginale e, quindi, non hanno l’attacco; • microtrichi sono brevi spicole simili alle setole che si trovano appoggiate sulla membrana

alare che, pertanto, mancano dell’attacco; - in B le setole marginali dei Signiphoridae: • la vena marginale parte del complesso della vena marginale che si trova lungo il bordo

anteriore basale dell'ala fino alla vena stigmale (figura 31, B); solitamente misurata dal punto in cui la vena submarginale tocca il bordo d'attacco dell'ala al punto in cui la vena stigmale e vena postmarginale (figura 31, B) si uniscono. A volte c'è una stretta regione membranosa, anteriore alla vena marginale, che consente, per alcune famiglie come quella dei Signiphoridae, di stabilire se trattasi del parastigma (figura 31, B) di molti altri calcididi;

• M1 è la setola sporgente dalla superficie superiore del margine anteriore della cosiddetta vena marginale dei Signiphoridae, che, se presente, è basale alla setola M5;

• M2 è la setola più basale oltre la setola M5, che sporge dalla superficie superiore del margine anteriore della vena marginale;

• M2b è la setola sporgente dalla superficie superiore del margine anteriore della vena marginale che, se presente, si trova oltre la setola M2 ed è basale alla setola M6;

• M3 è la setola sporgente dalla superficie superiore del margine anteriore della vena marginale s ed è oltre la setola M6 e basale alla setola M4;

• M4 è la setola più apicale e sporgente dalla superficie superiore del margine anteriore della vena marginale;

• M5 è la setola basale più sporgente dalla superficie superiore del margine posteriore della vena marginale;

• M6 è la setola più apicale sporgente dalla superficie superiore del margine posteriore della vena marginale;

- in C le linee setali dei Trichogrammatidae:

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• la linea setale marginale è la fila di setole sulla superficie superiore dell’ala anteriore che è diretta in senso posterobasale a partire dal parastigma (figura 31, B) e che forma l'apice della cellula basale;

• il processo radiale è la parte basale della vena premarginale (parastigma) che si estende oltre la vena submarginale nella membrana alare;

• la vena premarginale è il parastigma (figura 31, B); • R è una linea setale; • RS1. La prima ascissa della linea setale del settore radiale (RS1). Nei Trichogrammatidae si

tratta di una linea setale che si estende posterobasalmente a partire dallo stigma (figura 31, B); nei calcididi questa linea setale denominata vena del settore radiale (RS) o semplicemente linea setale. RS1 si riferisce a quello che viene indicato come RS2 nei Trichogrammatidae.

• RS2. La seconda ascissa della linea setale del settore radiale (RS2). Nei Trichogrammatidae, una linea setale che si estende in diagonale dall’uncus (figura 31, B) verso il margine anteroapicale dell'ala. Questa linea nei Chalcididae è designata come il RS1;

• r-m è una linea setale che si estende, longitudinalmente o posteroapicalmente a partire dallo stigma;

• A è la vena anale (linea setale). Nei Trichogrammatidae, la vena anale indica una linea setale longitudinale in prossimità del margine posteriore dell'ala, dietro il secondo ramo della vena cubitale (CU2). La vena anale è analoga o omologa con la linea setale subcubitale di altri calcididi;

• CU1 è il primo ramo della vena subcubitale. Nei Trichogrammatidae s’intende una linea setale longitudinale fra la seconda branca della vena subcubitale (CU2) e la linea setale mediana;

• CU2 è il secondo ramo della vena subcubitale (linea setale). Nei Trichogrammatidae s’intende una linea setale longitudinale vicina al margine posteriore alare detta linea setale cubitale o vena cubitale negli altri calcididi;

• M è la linea setale mediana, cioè una linea setale longitudinale vicina alla metà dell’ala.

Si riporta, nella figura 33, l’esempio della complessità delle nervature nell’ala di un Dittero.

Figura 33 – Nervature dell’ala tipiche di un Dittero.

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Anatomia

Sotto l'aspetto anatomico, il torace è interessato da tutti gli apparati, tuttavia quello di maggiore importanza, per questa regione, è il sistema muscolare, in quanto deputato alla locomozione.

Endoscheletro. L'endoscheletro del torace è fondamentale per l'attacco dei muscoli motori ed è costituito dallo sviluppo di processi interni originati per invaginazione della cuticola dall'esoscheletro degli scleriti tergali, pleurali e sternali.

Fragmi. Sono due processi simmetrici, che a volte si fondono in un'unica struttura, originati dai tergiti. Gli apodemi sono anch'essi due processi simmetrici, originati dalle pleure. Infine, nella parte ventrale è presente la furca, processo impari originato dallo sterno e che principalmente regge la catena ganglionare ventrale.

Sistema muscolare. È l'apparato di maggiore importanza e raggiunge un notevole sviluppo soprattutto nelle forme alate. Oltre ai muscoli che connettono i segmenti fra loro, hanno un particolare sviluppo quelli deputati al movimento delle zampe e delle ali.

I muscoli delle zampe si distinguono in estrinseci ed intrinseci. Sono muscoli estrinseci quelli che collegano le appendici al torace, sono intrinseci quelli interni ai segmenti delle zampe e che permettono i movimenti reciproci dei singoli segmenti. Un particolare sviluppo assumono i muscoli localizzati nelle coxe e nei femori delle zampe metatoraciche degli insetti che hanno sviluppato la capacità del salto.

I muscoli delle ali si distinguono in indiretti e diretti. I primi mettono in relazione fra loro gli scleriti del torace (tergo-sternali, tergo-pleurali e pleuro-sternali); la loro azione si esercita provocando deformazioni del torace che si trasmettono passivamente alle ali determinandone il battito. I muscoli diretti mettono invece in relazione gli scleriti ascellari reciprocamente fra loro o con gli scleriti del torace. Questi muscoli sono responsabili di movimenti che rendono più complesso il funzionamento delle ali, migliorando nel complesso l'efficienza del volo (inclinazione, variazione di direzione, ecc.). Fra i muscoli diretti sono compresi anche quelli che, agendo sul terzo sclerite ascellare, permettono il ripiegamento delle ali sopra l'addome.

Altri apparati del torace. Gli altri apparati presenti nel torace assumono un'importanza relativa poiché il loro funzionamento si integra nel complesso della fisiologia di tutto il corpo.

Il sistema nervoso è rappresentato principalmente dalla catena ganglionare ventrale che forma il sistema nervoso centrale. Si posiziona nella parte ventrale del torace ed è formato da tre coppie di gangli collegate fra loro da connessure longitudinali e trasversali; a volte queste coppie possono fondersi fra loro con conseguente scomparsa della metameria. Al sistema nervoso centrale è strettamente connesso quello periferico, composto dai nervi motori, connessi al sistema muscolare, e dai neuroni sensoriali che innervano i sensilli. Fra i sensilli si annoverano una grande varietà, deputati, secondo i casi, alla percezione delle posizioni reciproche che assumono le appendici toraciche, del tatto, dell'olfatto, ecc. Nel torace si localizzano infine le terminazioni nervose del simpatico viscerale e del cardio-aortico.

L'apparato respiratorio comprende la rete di trachee e tracheole e gli stigmi. Questi ultimi sono in genere presenti in numero di un paio, localizzati nel mesotorace, meno frequentemente di due paia (due mesotoracici e due metatoracici). In nessun ordine di insetti sono presenti tre paia di stigmi.

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L'apparato digerente è rappresentato dallo stomodeo e dagli eventuali annessi, come l'ingluvie, che può posizionarsi in parte del torace e dell'addome. L'apparato circolatorio è costituito dal vaso dorsale e, naturalmente, dall'emocele, quest'ultimo in continuità con il lacunoma del capo, dell'addome, delle zampe e, infine, con le nervature alari.

Dell'apparato secretore, infine, vanno citati come organi più importanti le ghiandole salivari labiali, che si localizzano nella parte ventrale del torace, e le ghiandole protoraciche ventrali. Queste ultime, sotto lo stimolo dell'ormone cerebrale, rilasciano l'ecdisone, che induce lo sviluppo di una nuova cuticola e, quindi, la muta.

Addome o Metasoma

L'addome è la terza regione morfologica del corpo degli insetti (figura 34), derivata dall'organizzazione dei ultimi somiti a partire dal X, dopo i somiti toracici. Questa regione contribuisce in larga parte alle ordinarie funzioni fisiologiche, ma in particolare è deputata alla riproduzione in quanto sede esclusiva dell'apparato genitale sia interno sia esterno.

Figura 34 – Schema delle regioni principali del metasoma di una femmina, con scleriti particolari della regione terminale dell’addome (A); filamento anale della femmina (B); sclerite anale di una femmina di Eupelmidae (C; epipigidio dei Torymidae (D).

Nella figura si osserva: in A, lo schema delle principali parti del metasoma di una femmina: • il metasoma è la terza regione morfologica del corpo degli insetti • lo stomaco o gastro è la parte più posteriore delle tre regioni del corpo di un calcidide, che

appare come l'intero addome dell'insetto, ma esclude sia il primo “vero” segmento addominale, il propodeo, sia il secondo “vero” segmento addominale, il peziolo;

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• il peziolo è il secondo “vero” segmento addominale di un calcidide. Esso collega il mesosoma ed il gastro; il peziolo è il segmento del metasoma simile ad un tubo quando vi è un distinto restringimento tra il mesosoma e il metasoma ed è simile ad una banda quando il mesosoma e metasoma sono ampiamente uniti;

• la flangia peziolare è un’estensione del primo sternite gastrico che supporta, ventralmente, il peziolo;

• il tergite è, si ripete, la superficie superiore e dorsale di qualsiasi segmento del torace o dell'addome, costituita da uno o più scleriti;

• lo sterno o sternite è lo sclerite che fa parte della superficie ventrale del torace e dell'addome, fatta eccezione per il mesotorace dove le mesopleure si incontrano sulla linea mediana (o discrimen);

• lo spiracolo o stigma è l’apertura verso l’esterno nella parete del corpo collegata, all’interno, ad un tubo tracheale. Serve per il passaggio dell'aria e per gli scambi gassosi con l’esterno. Lo spiracolo fa parte del sistema respiratorio. Nella maggior parte dei calcididi, almeno tre gruppi di spiracoli sono visibili: lo spiraglio mesotoracico, lo spiracolo propodeale e lo spiracolo metasomale;

• cerco (figura 34, figura 39, B) rappresenta una struttura sensoriale bilaterale che si trova sull’ultimo o penultimo tergite del metasoma. Il cerce è a volte una proiezione setosa simile a dita che si articola con il tergite, ma più spesso sembra un tubercolo basso o una struttura a piastra che porta molte e lunghe setole (piastra dei cerci). A volte è detto pigostilo;

• l’ipopigidio è l’ultimo o più posteriore sternite metasomale; • l’epipigidio è l'ultimo tergite del metasoma; utilizzato sia come sinonimo di sintergo o, nei

Torymidae, per indicare uno sclerite più o meno separato e sclerotizzato, parzialmente setoso, spesso lembo all'ottavo tergite metasomale nella maggior parte delle femmine;

• la guaina dell’ovopositore è costituta da scleriti esterni, protettivi, bilaterali, che circondano gli stiletti dell’ovopositore, che sono costituiti dalla terza valvola o gonostili. Il termine è talvolta utilizzato per includere la piastra interna dell’ovopositore, ma più correttamente è la porzione apicale sottile che spesso si differenzia dalla piastra interna per una leggera costrizione;

• gli stiletti dell’ovopositore sono strutture di perforazione interne che hanno lo scopo di consentire l’ovodeposizione all’interno del corpo della vittima;

• la piastra esterna dell’ovopositore è una parte laterale anteriore dell’ultimo tergite del metasoma a forma di U che si articola anteriormente con il primo valvifero dell’ovopositore. Il primo ed il secondo valvifero sono rispettivamente due coppie di processi degli urosterniti; la prima coppia (primo valvifero) è originata dal VIII urite, la seconda (secondo valvifero) dal IX;

• il mucrone è un processo simile ad una spina costituito da una estensione posteromediana dell’ipopigidio.

in B, la parte terminale dell’addome di una femmina: • il sintergo è un termine spesso usato per indicare l'ultimo tergite del metasoma se questo è dato

dalla fusione del settimo ed ottavo tergite dell’addome; • il filamento anale è un'estensione membranosa che inizia da dietro l'ano e copre dorsalmente

le guaine dell'ovopositore, in alcune femmine aventi un ovopositore sporgente oltre le parti circostanti;

• cerci e guaina dell’ovopositore (figura 34, figura 39, B); in C, lo sclerite anale di una femmina di Eupelmidae: • lo sclerite anale è una falda più o meno sclerotizzata che copre l’ano; • la piastra dei cerci è un tipo di cerci che si presenta come una piastra da cui si dipartono molte

lunghe setole; • la setola è una struttura sensoriale simile ad un capello che si articola alla base. A volte è detta

sensillo tricoide; in D, l’epipigidio dei Torymidae:

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• l’epipigidio, cerci e spiracolo di cui si è già detto.

Morfologia

L'addome primitivo degli Esapodi è composto di 11 segmenti, detti uriti, convenzionalmente indicati con il numero romano corrispondente all'ordine di posizione in senso antero-posteriore. Il numero di 12 uriti si rinviene solo nei Protura (Hexapoda: Paraentoma), mentre nella classe degli insetti non si hanno mai più di 11 uriti. Nella maggior parte degli insetti, tuttavia, il numero di uriti morfologici è inferiore a 11 a causa dell'atrofia del XI urite o della sua riduzione ad una porzione atrofica che circonda l'ano. In generale il numero di uriti tende a ridursi per involuzione o fusione degli ultimi. Il livello di complicazione strutturale degli uriti è molto più basso rispetto ai somiti del capo e del torace e, nella generalità degli insetti, l'addome mostra in modo evidente la struttura metamerica del corpo. La consistenza è in generale meno robusta di quella del torace. Ogni urite ha una forma riconducibile a quella di un anello in cui si distinguono quattro aree: una dorsale, detta urotergo, una ventrale, chiamata urosterno, e due aree laterali, che possono essere sclerificate o membranose. A differenza del torace, nell'addome non ci sono le pleure . L'eventuale sclerificazione laterale degli uriti è infatti dovuta all'espansione laterale dell'urotergo o dell'urosterno. Questi scleriti sono perciò detti laterotergiti o laterosterniti secondo la loro origine. Gli uriti sono articolati tra loro dalla membrana intersegmentale.

Gli scleriti pleurali del torace derivano dalla differenziazione del primo segmento delle zampe, la subcoxa, presente come carattere primitivo nelle forme ancestrali. Con l'evoluzione degli insetti, la subcoxa è diventata parte integrante del torace, originando le pleure.

La struttura del tegumento dell'addome è dunque meno rigida di quella del capo o del torace, per la presenza di zone membranose che separano i singoli segmenti fra loro e, nell'ambito di ogni segmento, la zona dorsale da quella ventrale. Questo sviluppo discontinuo della cuticola rende il tegumento dell'addome elastico e flessibile, adatto a permettere la dilatazione della regione nelle femmine gravide (fisogastria).

Sul lato di ogni urite può aprirsi uno spiracolo tracheale o stigma. Il numero degli stigmi addominali può variare, secondo i gruppi sistematici, da un massimo di 7-8 paia ad un minimo di 1 paio, localizzati in questo caso sull'ultimo urite. Ci sono poi casi di insetti in cui gli spiracoli addominali mancano del tutto; in questo caso la respirazione ha luogo grazie alla presenza di un paio di stigmi toracici (insetti metapneusti) oppure per mezzo del tegumento o di branchie (insetti apneusti).

La forma può variare notevolmente, da subcilindrica a ovoidale a globosa, da leggermente a marcatamente compressa ai lati oppure in senso dorso-ventrale, fino a essere anche appiattito. In generale si raccorda più o meno armonicamente al torace e la parte anteriore del I urite ha lo stesso diametro del torace. In questi casi l'addome si dice sessile.

In diversi Coleotteri la porzione caudale dell'addome differenzia il pigidio, alla cui estremità si apre l'ano: il X urotergo si presenta più sclerificato rispetto agli altri tergiti, assume una forma allungata e sottile e sporge facilmente da dietro le elitre.

La maggior parte degli Imenotteri Apocriti porta un addome peduncolato (o peziolato), ossia nettamente distinto dal torace per l'interposizione di un sottile peduncolo. Questa forma è dovuta ad una profonda modificazione morfo-strutturale dei primi uriti degli Imenotteri Apocriti. In questi insetti l'urite I è spostato nella regione toracica e forma un quarto segmento morfologico detto propodeo. Gli uriti successivi mostrano una notevole riduzione, formando una strozzatura, detta

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peziolo, seguita da una regione più espansa, corrispondente all'addome apparente, detta gastro. Il peziolo è costituito, secondo i gruppi sistematici, con due diverse organizzazioni strutturali: • il peduncolo è suddiviso in due tratti: quello anteriore è formato dall'urosterno dell'urite II,

quello posteriore dall'urotergo dello stesso urite; • il peduncolo non è suddiviso, è interamente formato dall'urosterno dell'urite II, mentre

l'urotergo forma il primo segmento apparente del gastro.

Appendici

Nella generalità degli insetti l'addome non porta appendici vistose come il torace o il capo, fatta eccezione per alcuni gruppi sistematici che possono mostrare un particolare sviluppo dei cerci o dell'ovopositore. Tuttavia anche l'addome presenta delle appendici di varia forma e funzione, non sempre presenti.

Gonapofisi

Le gonapofisi sono gli organi genitali esterni, presenti sia nel maschio sia nella femmina, con forma e funzioni differenti nei due sessi: le gonapofisi maschili formano l'organo copulatore, finalizzato all'accoppiamento, mentre quelle femminili formano l'ovopositore, generalmente finalizzato alla deposizione delle uova. Le gonapofisi sono mesoappendici della gonocoxa. Le gonapofisi dell’ottavo segmento formano le prime valve (o valvole), le gonapofisi del IX urite formano le seconde valve (figura 35, A e figura 35, B). Le gonocoxe dei segmenti genitali sono, pertanto, dell’ottavo e del nono segmento addominale. Negli Hymenoptera il secondo valvifero è considerato essere la gonocoxa del IX segmento addominale, mentre la gonocoxa dell’ottavo segmento è ipotizzato essere perso ed il primo valvifero è forse derivato da una parte distaccata del gonocoxa del IX segmento, il gonangulum. Il primo valvifero (figura 35, A) è uno sclerite triangolare, più o meno sagomato a mandrino, dell’ovopositore. Il mandrino è un filo che serve a mantenere aperto un foro (nel caso specifico il foro attraverso il quale vengono inserite e deposte le uova all’interno della vittima). Il primo valvifero si articola: • dorsalmente, alla guaina semicircolare dell’ovopositore; • ventralmente alla piastra interna dell’ovopositore, • apicalmente, alla piastra esterna dell’ovopositore. Il secondo valvifero (figura 35, A) è il valvifero o gonocoxa del nono segmento addominale e consiste in una guaina basale semicircolare prolungata, apicalmente, in una piastra interna dell’ovipositore, la quale termina con le guaine dell’ovopositore. La cuticola membranosa che collega, le parti dorsolaterali sovrapposte, della seconda valva o della guaina dello stiletto (a forma di mandrino che mantiene aperto il foro durante l’ovodeposizione) degli stiletti dell’ovopositore è la membrana notale (figura 35, B). La seconda valva è data dalle gonapofisi bilaterali del IX segmento addominale, talvolta chiamata guaina dello stiletto, che costituisce la parte dorsale del stiletti dell’ovopositore; nei Chalcidoidea le due parti della seconda valva sono separate alla base per un breve tratto e sono collegate da una cresta laminata, ma distalmente si fondono. Le porzioni fuse sono costituite da due parti dorsolaterali e asimmetriche che si sovrappongono per una estensione più o meno ampia e che sono collegate dalla membrana notale. Il secondo blocco di valve ventrali con il taglio operato dalle prime valve mediante un meccanismo “maschio-femmina” che si stabilisce con l'incastro tra la prima e la seconda valva degli stiletti dell'ovopositore e costituito da “aulax” e “rachide”, rispettivamente, si articolano con la superficie interna di ogni guaina semicircolare della seconda valvifera (figura 35, C). L’aulax è una scanalatura longitudinale secondo la lunghezza dorsale di ciascuna prima valva, in cui è montato il rachide della seconda valva per formare il meccanismo ad incastro maschio-femmina degli stiletti dell’ovopositore. Il rachide (figura 35 C). è una coppia di creste longitudinali

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ventrali, secondo la lunghezza della seconda valva, i cui due pezzi sono ormai fusi, che si inseriscono e si adattano nell’aulax di ciascuna prima valvola per formare il meccanismo ad incastro maschio-femmina olistheter degli stiletti dell’ovopositore (figura 35, C).

Figura 35 – Osservazione laterale dei genitali femminili (A); sezione trasversale dei genitali femminili (B); sezione traversale che evidenzia il meccanismo di olistheter maschio-femmina, attraverso il quale si determina la soluzione di continuità nella superficie di penetrazione dell’ospite, il mantenimento dell’apertura del foro, l’inserimento dell’ovopositore ed il rilascio delle uova dalla spermateca all’interno del corpo dell’ospite (C).

Un particolare che differenzia marcatamente gli insetti dai Vertebrati è la separazione degli organi genitali femminili esterni nelle due funzioni, quella della copula e quella dell'ovideposizione: gli spermatozoi vengono infatti immessi in una cavità, detta spermateca, che comunica con la vagina, mentre le uova sono in genere deposte attraverso uno sbocco della vagina nell'ovopositore.

Organo copulatore

L'organo copulatore, di varia forma e sviluppo, è differenziato in tutti gli insetti dal IX urosterno.

Figura 36 – Schema strutturale dell’organo copulatore (A); regioni principali dei genitali maschili (B); vista ventrale delle principali regioni (C); spine e setole principali nell’area del fallo (D).

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Comprende una porzione basale, detta fallobase, e una distale, detta pene o edeago (figura 36 e 39). Il fallobase può presentare processi di varia natura, utilizzati per facilitare la copula. L'edeago (figura 36 e 39) presenta invece una porzione estroflettibile, detta endofallo, in cui sbocca il condotto eiaculatore (figura 36).

Nella figura 36 si osserva: in A, lo schema strutturale dell’organo genitale maschile: • la volsella è il lobo postero mediano differenziato del fallobase che possiede una o più spine

curve apicali; • la setola volsellare è quella che origina da vicino l’apice della volsella basale e va al dito dei

genitali in alcuni maschi di calcididi. È il piano mediano delle appendici genitali; • l’edeago (figura 36 e 39) è l'organo copulatore degli insetti, estroflettibile. Il termine deriva dal

latino tassonomico aedeagus, composto da aedes, casa, tempio e agere, spingere in avanti. È costituito da tre parti chitinose fuse tra loro, in modo da assumere varie forme differenti a seconda della famiglia di appartenenza, e in alcuni casi la sua forma serve a discernere tassonomicamente anche specie molto simili fra loro per altri caratteri. La prima parte è detta tegmen, composta a sua volta dal fallobase e da un paio di parameri o lobuli laterali (fihura 39, B e D). La seconda parte è detta pene, di norma introflesso nel tegmen. La terza parte, detta endofallo, è di struttura membranosa, a volte coperto di spicole, a volte di un flagello largo e sclerotizzato;

• il dito è una regione apicale differenziata della volsella, che porta di solito spine digitali; • il processo intervolsellare è la proiezione ventromediana del fallobase che si estende

posteriormente tra le due volselle della capsula genitale maschile, e che si continua anteriormente con la cresta ventrale;

• la cresta intervolsellare è la superficie ventrale del fallobase fra la base delle due volselle e che include il processo intervolsellare;

• l’apodema dell’edeago è una struttura simile ad una verga che si estende anteriormente da ciascun margine basolaterale dell’edeago;

• il fallobase è il tratto basale dell'organo copulatore dei Ditteri superiori. A volte è indicato anche con il termine di basifallo, ma non è ben definita, in letteratura, l'eventuale omologia con il fallobase dell'organo copulatore di altri ordini. Nei Ditteri inferiori è collegato direttamente alla pompa spermatica, mentre nei Ditteri superiori è separato da essa dal dotto spermatico. Distalmente è connesso al distifallo, ma può anche differenziare un lobo dorsale detto epifallo. Il distifallo, nell'accezione stretta del termine è la parte distale del fallo dei Ditteri superiori, di omologia incerta. Potrebbe derivare dalla fusione dell'edeago con la guaina paramerale. Per estensione, il termine è usato, a volte, per fare riferimento anche alla porzione apicale dell'edeago dei Ditteri inferiori che viene introdotta nella vagina. In alcuni gruppi, il distifallo è secondariamente trifido. L'epifallo è il lobo dorsale a forma di spina, differenziato all'apice del basifallo prima del prolungamento nel distifallo, presente in alcuni gruppi; i sinonimi di epifallo sono gonacanthus, spinus, spinus titillatorius;

in B, l’osservazione ventrale delle principali regioni : • l’edeago (figura 39); • il paramere è un’appendice genitale bilaterale del maschio associata all'ipopigidio. Nel tipo

primitivo, riscontrabile, ad esempio in parte dei ditteri nematoceri, i parameri sono liberi e inseriti alla base dell'edeago, ma spesso si fondono medialmente per formare una struttura impari e mediana. Nella generalità dei Ditteri Brachiceri si fondono a formare un astuccio (guaina paramerale) che avvolge l'edeago, da cui resta separato solo nei gruppi più primitivi. In generale, i parameri si presenta come un lobo posterolaterale differenziato dal fallobase esterno alle volselle;

• la volsella di cui si è già detto in A; • il fallobase di cui si è già detto in A;

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in C: • il fallobase; • il paramere; • l’edeago di cui si è già detto nella figura A; • il dito (A); • la volsella (A) in D: • la setola paramerale è una lunga setola che spesso origina dall’apice di ciascun paramere

(figura 39, B e d) dell’apparato genitale maschile ; • il fallotrema o gonoporo secondario è l’apertura all'estremità distale dell'edeago in cui si apre

l'endofallo. Nelle famiglie i cui maschi sono provvisti di pene trifido, sono presenti tre fallotremi, uno per ogni ramo distale;

• le spine digitali sono indicate anche nello schema A. Sono una o più spine ricurve all’apice delle volselle;

• la setola volsellare (indicata anche nello schema A).

Nella figura 37 è riportata l’osservazione dell’apice dorsale della regione genitale maschile e viene ulteriormente evidenziata la presenza di setole allo scopo del riconoscimento tassonomico. Nella figura 37 si osserva: in A, che rappresenta l’apice dorsale: • l’apertura dorsale del fallobase rappresenta l’apertura della superficie anterodorsale del

fallobase, attraverso cui l’edeago è inserito nella capsula genitale maschile; • la lamina dorsale è la superficie posterodorsale del basifallo posteriore all’apertura dorsale

dello stesso; in B, dove sono riportate alcune setole della regione genitale: • le setole volsellari di cui si è detto nello schema della figura 36, A; • le setola paramerali (figura 36, D); • le spine digitali (figura 36, A e figura 36, D).

Figura 37 – Apice dorsale (A) e setole della regione genitale maschile (B),

Nella figura 38 viene mostrato uno schema generale complessivo dell’apparato genitale maschile, ulteriormente integrato ed arricchito di osservazioni e discussioni che interessano aspetti tassonomici, con riferimento ad alcune famiglie.

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Nella figura 38 si osserva: • i testicoli sono generalmente in numero di due, talvolta riuniti in un solo corpo racchiuso da

una membrana comune. Strutturalmente sono composti da un insieme di elementi tubulari, detti testicoliti o follicoli testicolari, all'interno dei quali si svolge la spermatogenesi, ossia la formazione degli spermatozoi a partire dalle cellule germinali (spermatogoni). Le diverse fasi della spermatogenesi sono localizzate in aree differenti di ogni testicolite in senso assile. Procedendo dall'estremità distale a quella prossimale si differenziano quattro aree: 1. il germario che contiene gli spermatogoni; 2. la zona di accrescimento che è composta dagli spermatociti di I ordine, ottenuti per

divisione mitotica degli spermatogoni; 3. la zona di maturazione che è composta dagli elementi cellulari interessati dalla divisione

meiotica, gli spermatociti di II ordine e gli spermatidi; 4. la zona di trasformazione che è composta dagli spermatozoi differenziati, ciascuno

provvisto di un corpo cellulare e di un flagello.; • i vasi deferenti rappresentano il tratto iniziale degli organi genitali interni del maschio, di

origine ectodermica. Partono dai testicoli, comunicano con le vescicole seminali dove si confluiscono per costituire il dotto eiaculatore (termine usato anche come sinonimo di dotto spermatico) che sfocia nella vescicola spermatica, attraverso il gonoporo primario;

Figura 38 – Schema generale dell’apparato genitale maschile di un insetto.

• la vescicola spermatica è parte integrante della pompa spermatica. Situata all'estremità del dotto eiaculatore, raccoglie lo sperma per immetterlo nell'endofallo dietro la spinta dell'apodema eiaculatorio. Nella generalità dei Ditteri Ciclorrafi e in alcuni Ditteri Ortorrafi, è separata dall'endofallo per l'interposizione di un dotto spermatico;

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• il gonoporo primario è lo sbocco del dotto eiaculatore nella vescicola spermatica; • le vescicole seminali rappresentano la dilatazione dei vasi deferenti nel loro tratto terminale

e,come questi, sono bilaterali; • il dotto eiaculatore è il tratto terminale degli organi genitali interni del maschio, di origine

ectodermica. Si forma dalla confluenza dei vasi deferenti e sfocia nella vescicola spermatica. Alcuni autori citano il termine come sinonimo di dotto spermatico. Secondo altri il dotto spermatico è un condotto che mette in comunicazione la vescicola spermatica con l'endofallo. Il dotto spermatico è assente nei ditteri inferiori, nei quali la vescicola spermatica è in diretto rapporto con l'endofallo;

• il dotto spermatico è un condotto che mette in comunicazione la vescicola spermatica con l'endofallo;

• l’endofallo è un condotto interno dell'organo copulatore del maschio, attraverso il quale viene espulso lo sperma spinto dalla pompa spermatica;

• la pompa spermatica è un organo accessorio del pene maschile, posizionato alla sua base. È composto dalla vescicola spermatica e dal falloapodema. Svolge la funzione di accumulo dello sperma per poi iniettarlo nell'endofallo all'atto dell'inseminazione;

• il falloapodema o apodema eiaculatorio o apodemaedeagale è uno sclerite interno articolato con il basifallo che, sotto l'azione di muscoli specifici, imprime i movimenti al fallo e, insieme all’azione pressoria della vescicola seminale determina la spinta del liquido seminale per l’inseminazione;

• la guaina paramerale è l’involucro che avvolge l'edeago, presente in alcuni gruppi di Brachiceri inferiori (Tabanomorpha, Vermileonomorpha, Nemestrinoidea e Asiloidea), derivato dalla fusione dei parameri (figura 39, B e D). Secondo alcuni Autori questo involucro è presente nella generalità dei Brachiceri, ma negli Stratiomyomorpha e negli Eremoneura si fonde con la base dell'edeago per formare il fallo;

• il fallotrema o gonoporo secondario (riportato anche in figura 36, D).

Ulteriori approfondimenti sull’apparato genitale maschile sono riportati nella figura 39. In essa si evidenzia che la pressione del liquido seminale all’uscita dal fallotrema è indotta falloapodema dalla vescicola seminale che insieme costituiscono la pompa spermatica (A): Nella figura 39 si osserva: in A: • l’apodema eiaculatorio (figura 38); • le pompa spermatica di cui si è detto nello schema della figura 38; • la vescicola spermatica (figura 38); • l’epandrio è un tergite del nono segmento addominale dei maschi. In molti Ditteri Nematoceri

si fonde con l'ipandrio per formare l'anello basale. Questo tergite scompare nei Ditteri superiori per essere sostituito da una struttura analoga derivata dallo spostamento dorsale e dalla reciproca fusione dei gonocoxiti. L'epandrio è anche detto arco genitale, periandrium, sclerite a forma di sella, sclerite dorsale;

• lo sclerite bacilliforme ; • il cerco (figura 34 e 39, B) è un’appendice pari e simmetrica dell'addome, articolata all'ultimo

urite, composta da uno o più articoli. Negli Olometaboli può ridursi notevolmente, fino a scomparire del tutto, mentre è presente e più o meno sviluppato in tutti gli ordini più primitivi. Nei Ditteri sono generalmente presenti, sia nel maschio sia nella femmina, e sono parte integrante del proctigero;

• i surstilli sono appendici dorsali del maschio dei Ditteri superiori, usate come organo da presa nell'atto della copula. Nei Ciclorrafi si articolano ai margini postero-laterali dell'epandrio, mentre negli Empidoidea si presentano come lobi epandriali non articolati. Gli Autori interpretano queste appendici come strutture derivate dal tergite 10, oppure differenziate da lobi del tergite 9 (epandrio) fusi nel lato mediale con l'estremità degli scleriti bacilliformi,

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oppure derivate da una migrazione dorsale dei gonostili. In letteratura sono menzionati spesso con altre denominazioni che fanno fondamentalmente riferimento alla loro funzione prensile.;

• l’epifallo è il obo dorsale a forma di spina, differenziato all'apice del basifallo prima del prolungamento nel distifallo, presente in alcuni gruppi. I sinonimi del termine epifallo sono diversi: gonacanthus; spinus; spinus titillatorius;

• i postgoniti sono appendici pari dell'ipopigio della generalità dei Ciclorrafi, la cui origine è oggetto di controversia. Una delle interpretazioni più recenti le considera come differenziazioni ex novo della porzione gonocoxale del complesso ipandriale, ma fino agli anni novanta prevaleva la tesi dell'omologia con i parameri (figura 39, B e D);

• il distifallo è la parte distale del fallo dei ditteri superiori, di omologia incerta. Tale parte deriverebbe dalla fusione dell'edeago con la guaina paramerale. Per estensione, il termine è usato, a volte, per fare riferimento anche alla porzione apicale dell'edeago dei ditteri inferiori che viene introdotta nella vagina. In alcuni gruppi, il distifallo è secondariamente trifido. I sinonimi sono: edeago; fallo; ipofallo (per alcuni, l'ipofallo, detto hypophallic lobe, è la suddivisione ventrale del distifallo); juxta; parafallo (per alcuni il parafallo rappresenta processi dorsolaterali del distifallo); processo distale; processo ventrolaterale (per alcuni il processo ventrolaterale è sinonimo di ipofallo).;

• l’acrofallo è la parte terminale del distifallo; • il basifallo è riferito al tratto basale dell'organo copulatore dei ditteri superiori. A volte è

indicato anche con il termine di fallobase, ma non è ben definita, in letteratura, l'eventuale omologia con il fallobase dell'organo copulatore di altri ordini. Nei Ditteri inferiori è collegato direttamente alla pompa spermatica, mentre nei Ditteri superiori è separato da essa dal dotto spermatico. Distalmente è connesso al distifallo, ma può anche differenziare un lobo dorsale detto epifallo. I sinonimi del termine basifallo sono: fallobase; falloforo; processo basale; teca;

• il pregonite sono presenti nei maschi di molti ditteri schizofori e si identificano in un paio di lobi dell'ipandrio posizionati anteriormente rispetto al fallo. La loro origine è oggetto di interpretazioni differenti: secondo l'interpretazione proposta dal Manual of Nearctic Diptera sarebbero omologhi dei primitivi gonopodi (lobi gonopodiali), mentre secondo interpretazioni più recenti deriverebbero dal complesso ipandriale;

• l’ipandrio è lo sternite del nono segmento addominale dei maschi. In molti ditteri nematoceri è fuso con l'epandrio per formare uno sclerite anulare detto anello basale. Diversi autori considerano l'ipandrio dei ditteri eremoneura uno sclerite derivato dalla fusione dell'originario sternite con i gonocoxiti o con la loro porzione prossimale, ipotesi non condivisa da altri. I sinonimi sono: guaina del pene, concernente i Diptera Syrphidae; sclerite ventrale; sternite 9; vinculum, concernente i Diptera Calliphoridae;

• il falloapodema, nei maschi dei ditteri ciclorrafi, è uno sclerite interno articolato con il basifallo che, sotto l'azione di muscoli specifici, imprime i movimenti al fallo. L'omologia di questo organo è incerta e controversa. I sinonimi sono: apodema del fallo; apodema edeagale;

• il dotto spermatico di cui si è detto; in B: • il cerco (figura 34 e 39); • l’epandrio; • l’epiprocto è riferito allo sclerite dorsale e mediano del proctigero dei maschi, posizionato fra i

cerci. È del tutto assente nella generalità dei ditteri muscomorfa, con l'eccezione dei ditteri Nemestrinidae. In letteratura è stato spesso indicato con la denominazione "tergite 10", ma l'omologia con lo sclerite dorsale del decimo segmento addominale è incerta. Per quanto concerne le femmine, in letteratura si è fatto riferimento alla sua presenza in alcune primitive famiglie. Sinonimi: placca sopranale (nelle femmine); tergite 10 (nei maschi);;

• l’ipoprocto è lo sclerite ventrale e mediano del proctigero, sia dei maschi sia delle femmine, ma spesso in letteratura è ricorrente, a prescindere dalle omologie, il riferimento ad uno sclerite ventrale posizionato dopo l'ipopigio. Nelle femmine i sinonimi sono: placca postgenitale;

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placca subanale; placche intranali, concernente i ditteri Tipulidae; placche ventrali, concernente i ditteri Tabanidae; sclerite anale, concernente i ditteri Nycteribiidae; sternite 10. Nei maschi i sinonimi sono: decasternum; opistophallus; paraprocto; sternite 10;

• l’edeago (figura 36); • il gonopodio appendice pari e generalmente simmetrica dell'ipopigio maschile, usata come

organo da presa nella copula. Nella sua forma primitiva si articola al margine posteriore dell'ipandrio ed è composto da due segmenti, uno basale (gonocoxite) e uno distale (gonostilo), mentre la sua assenza nei ditteri superiori è oggetto di differenti interpretazioni da parte degli Autori. Sinonimi: clasper; forcipe inferiore; gonapofisi anteriore; harpagon;

• il gonoxite segmento basale del gonopodio; • il gonostilo è il segmento distale del gonopodio, nella sua forma primitiva articolato

all'estremità distale del gonocoxite e ben evidente nei Ditteri inferiori. La sua presenza e le eventuali modifiche nei ditteri Eremoneura è soggetta a differenti e controverse interpretazioni.

• Sinonimi: clasper; distimero; dististilo; stilo; telomero; • i parameri ;

Figura 39 – Schema che evidenzia ulteriori approfondimenti sull’apparato genitale maschile. Osservazione laterodorsale; ventrale (B); laterale (C), latero-ventrale (D).

in C: • il tergite 6 ; • lo sternite 6 ; • il sintergosternite 7 + 8 ;

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• la membrana intersegmentale ; • l’epandrio ; • il cerco (figura 34 e 39); • il proctigero ; • l’ipoprocto; • il surstilo; • l’epifallo ; • il postgonite ; • il pregonite; • il distifallo; in D: • l’anello basale è tipico dei maschi di molti Nematoceri. È uno sclerite anulare del nono urite

derivato dalla fusione dell'epandrio con l'ipandrio; • l’epandrio ; • l’ipandrio ; • l’epiprocto ; • il cerco (figura 34 e figura 39, B); • l’ipoprocto ; • il gonocoxite è il segmento prossimale del gonopodio, articolato al margine posteriore

dell'ipandrio, ben evidente nei ditteri inferiori e talvolta fuso con l'altro gonocoxite o con l'ipandrio. La sua presenza e le eventuali modifiche nei ditteri eremoneura è soggetta a differenti interpretazioni. Sinonimi: basimero; basistilo; coxite; gonocoxa; gonocoxopodite;;

• il gonostilo ; • l’edeago; • il paramero ;

il gonopodio .

Ovopositore L'ovopositore, anch'esso di varia forma e sviluppo, è differenziato dal concorso del VIII e IX urosterni. La struttura fondamentale è rappresentata da sei espansioni degli urosterni, tre per lato, dette valve o valvule. Il primo paio di valve è differenziato dal VIII urosterno, le successive due coppie dal IX. La nomenclatura attribuisce rispettivamente i nomi di prime valve, seconde valve o valve mediane, terze valve o valve laterali. La struttura primitiva può presentare marcate differenziazioni, importanti ai fini sistematici. In genere l'ovopositore non raggiunge un particolare sviluppo e resta sotto l'addome. In alcuni gruppi sistematici (es. Ortotteri Ensiferi, Imenotteri Terebranti), l'ovopositore può raggiungere una notevole lunghezza e sporgere da sotto l'addome. In particolare, negli Icneumonoidei può essere molto più lungo dell'intero corpo dell'insetto. Negli Imenotteri Apocriti (comprendente i Terebranti e gli Aculeati) l'ovopositore è in grado di penetrare anche materiali di una certa consistenza come il legno e la corteccia degli alberi, la cuticola di altri insetti, la pelle dei Mammiferi. Questa proprietà si deve alla sclerificazione delle prime e seconde valve. In particolare, le prime valve si fondono a formare una guaina al cui interno scorrono le seconde valve. Le terze valve, poco sclerificate, formano una sorta di astuccio che protegge le altre valve quando sono riposte. A questa struttura si aggiungono due coppie di processi degli urosterniti, detti valviferi. La prima coppia è originata dal VIII urite, la seconda dal IX. Nei Terebranti, la struttura formata dalle prime e seconde valve è detta terebra ed è usata per tre funzioni strettamente associate nell'atto dell'ovideposizione: penetrazione, emissione di un secreto, deposizione dell'uovo. Il secreto emesso dalla terebra può avere differenti scopi: nelle forme fitofaghe galligene induce una reazione dei tessuti vegetali, in conseguenza della quale si forma la galla; nelle forme entomofaghe (parassitoidi) è un veleno che paralizza la vittima. Negli Aculeati si

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perde la primitiva funzione di ovideposizione della terebra, in quanto la vagina non è più connessa fisicamente all'ovopositore, e quest'ultimo si trasforma in un organo di offesa-difesa, detto aculeo o, più comunemente, pungiglione. L'aculeo, a differenza della terebra, è retrattile e in posizione di riposo è localizzato dentro l'addome, da cui viene estroflesso al momento dell'uso.

Uovo

Nella generalità degli insetti olometaboli, in prima istanza, si può identificare lo sviluppo embrionale con lo stadio di uovo e quello postembrionale con gli stadi preimmaginali, o giovanili, di larva e pupa. Questo schematismo tuttavia si complica quando si prende in esame il rapporto tra grado di completamento dello sviluppo embrionale, uova e relazioni trofiche con la madre, portando alla distinzione di tre condizioni fondamentali: la viviparità, l'ovoviviparità e l'oviparità, quest'ultima la più frequente nell'ambito dell'ordine. Nelle forme ovipare e ovovivipare, lo sviluppo embrionale si completa all'interno dell'uovo; la differenza essenziale fra le due forme consiste nella condizione in cui si volge l'incubazione: nelle forme ovovivipare l'incubazione delle uova è all'interno della madre, per cui le larve sgusciano subito dopo la deposizione delle uova, mentre nelle forme ovipare intercorre un intervallo di tempo relativamente lungo fra ovodeposizione e schiusa. Nelle forme vivipare, invece, lo sviluppo embrionale non si completa all'interno dell'uovo, perciò gli embrioni restano all'interno del corpo della madre grazie all'adattamento dell'apparato genitale (utero). Un aspetto fondamentale è che lo sviluppo postembrionale, nelle forme ovipare e ovovivipare, ha inizio già all'interno dell'uovo, con la presenza della larva di prima età in fase farata. In alcune specie, le riserve trofiche accumulate nell'uovo permettono un prolungamento dello sviluppo postembrionale nel loro interno, con conseguente nascita di una larva di seconda età o, più raramente, di terza età alla schiusura.

Struttura. In generale, l'uovo è costituito da un involucro esterno (corion), dall'embrione e dai suoi annessi (sierosa e amnios) e dal materiale trofico di riserva (vitello). Salvo alcune eccezioni (es. in alcuni Tachinidae), le uova dei Ditteri, come quelle del resto degli insetti, sono centrolecitiche e hanno segmentazione meroblastica superficiale. In questo tipo di uova, il nucleo è circondato da un abbondante vitello, disposto centralmente, e la parte dell'ooplasma con attività citoplasmatica è confinata in un sottile strato periferico. Nelle prime fasi dello sviluppo embrionale, i nuclei derivati dall'attività mitotica (blastomeri) migrano in periferia e si dispongono a formare uno strato plasmodiale che avvolge il vitello (blastoderma). I blastomeri hanno inizialmente il citoplasma in comune (segmentazione meroblastica) e solo in una seconda fase i singoli nuclei acquisiscono una porzione di citoplasma proprio, con la formazione delle membrane plasmatiche. La differenziazione dell'embrione ha luogo in prossimità del polo micropilare, all'inizio della gastrulazione: le cellule del blastoderma, in questa zona, diventano più alte e differenziano la stria germinativa. Nelle fasi successive, che vedono prima la differenziazione dei foglietti embrionali e poi la formazione degli apparati, l'embrione subisce dei movimenti complessi (blastocinesi) che lo portano ad immergersi nel vitello, mentre la parte restante dell'originario blastoderma differenzia gli invogli embrionali: la sierosa, posizionata subito sotto il corion, e l'amnios, posizionato a ridosso dell'embrione. Il corion è l'involucro primario differenziato già nel corso dell'oogenesi. Si presenta come un involucro più o meno rigido e impermeabile, con una struttura adatta a regolare gli scambi con l'esterno. La sua formazione precede la fecondazione, perciò è provvisto di una o più aperture (micropili) attraverso le quali passano gli spermi. Altre aperture (aeropili) sono strutturalmente e funzionalmente predisposte a consentire gli scambi gassosi con l'esterno impedendo nello stesso tempo la perdita d'acqua per evaporazione.

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Aspetto esteriore. In molti gruppi l'uovo ha una forma ovoidale o ellittica, più o meno allungata, con estremità generalmente arrotondate, oppure fusiforme, subcilindrica o subsferoidale. Non mancano tuttavia casi di forme particolari (a barchetta, a ferro di cavallo, a forma di patella, ecc.). Le dimensioni sono nella maggior parte nell'ordine del millimetro o della frazione di millimetro, con rapporti variabili tra lunghezza e larghezza. Solo raramente la lunghezza dell'uovo supera i due millimetri (es. Sarcophagidae). La colorazione è anch'essa estremamente variabile secondo i gruppi sistematici. Spesso ha tonalità chiare nell'uovo appena deposto ma vira a colori più scuri secondo lo sviluppo embrionale. La superficie è liscia oppure presenta ornamenti dovuti a microsculture del corion, che in genere si manifestano, secondo i gruppi, con rugosità e costolature longitudinali più o meno regolari oppure con una reticolatura esagonale. Meno frequentemente sono presenti veri e propri processi del corion, rappresentati da bordi, filamenti, barbigli, in genere posizionati in una delle estremità dell'uovo. Questi processi sono talvolta associati a funzioni specifiche messe in relazione con la biologia dell'insetto. Fra le particolarità si segnalano l'eventuale copertura con sostanze mucillaginose, con funzione aggregante o idrofuga, oppure con sostanze adesive.

Ovopositore di sostituzione

In alcuni insetti l'ovopositore vero e proprio scompare del tutto e la sua primitiva funzione è svolta da un adattamento morfologico degli ultimi uriti: questi si avvolgono a vicenda formando un tubulo telescopico estroflettibile, come gli elementi di un cannocchiale. La struttura, detta ovopositore di sostituzione, si localizza nella parte terminale dell'addome, in genere leggermente spostato sulla faccia ventrale. La struttura conformata "a telescopio" è un elemento morfologico tipico dei Ditteri. In molte specie l'ovopositore è sclerificato, in modo che possa penetrare facilmente nel substrato in cui saranno deposte le uova. Ad esempio, nei Tefritidi, l'ovopositore di sostituzione è in grado di perforare l'epidermide di frutti, foglie, steli praticando delle punture in cui saranno deposte una o più uova. Anche le femmine dei Coleotteri non dispongono di un ovopositore vero e proprio. Lo sbocco dell'apparato genitale è localizzato sul IX urite e in molte specie sono presenti particolari conformazioni che svolgono la stessa funzione di un ovopositore. Convenzionalmente si considera perciò un ovopositore di sostituzione. Questo non va confuso con il pigidio, formato dal tergite del X urite, dove invece sbocca l'apertura anale, che per la sua posizione si può erroneamente confondere con un ovopositore di sostituzione. Nelle femmine dei Tisanotteri Tubuliferi, infine, il X urite è conformato a tubulo e svolge la funzione di un ovopositore di sostituzione.

Cerci I cerci (figura 34 e 39, B) sono appendici pari inserite ai lati dell'ultimo urite (XI o X urite secondo l'ordine). Possono variare in forma e sviluppo ed essere composti da uno o più articoli. In genere sono sede di recettori sensoriali, ma in alcuni insetti possono svolgere anche altri scopi. Caratteristici cerci sono quelli conformati a forcipe nei Dermatteri oppure quelli lunghi e filiformi nei Tisanuri e negli Efemerotteri. La presenza dei cerci è un carattere prettamente primitivo: negli ordini più evoluti queste appendici si riducono ad abbozzi rudimentali o, addirittura, scompaiono del tutto.

Pseudozampe

Le pseudozampe, o pseudopodi, sono processi ventrali di forma conico-cilindrica, spesso terminanti con uno o più uncini, presenti in numero variabile ma sempre appaiati, nell'addome delle larve di tipo polipode. Sono usate per la locomozione e per aderire al supporto. La posizione delle pseudozampe è un utile elemento morfologico per la determinazione tassonomica della larva: • nella generalità dei bruchi dei Lepidotteri ci sono 5 paia di pseudozampe, posizionate dal III al

VI urite e sul X urite;

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• nei bruchi dei Lepidotteri Nottuidi ci sono tre paia di pseudozampe, posizionate sul V, VI e X urite;

• nella generalità dei bruchi dei Lepidotteri Geometridi ci sono solo 2 paia di pseudozampe, posizionate rispettivamente sul VI e sul X urite;

• nei bruchi dei Lepidotteri Micropterigidi ci sono 8 paia di pseudozampe, posizionate dal I al VIII urite;

• nelle larve polipode degli Imenotteri Sinfiti ci sono in genere 7 paia di pseudozampe, posizionate dal II al VII urite e sul X urite;

• nelle larve dei Mecotteri ci sono 8 paia di pseudozampe posizionate nei primi otto uriti, come nei Micropteririgidi.

Altre appendici

L'elenco delle appendici addominali si completa con una varietà di particolari formazioni, presenti in genere in specifici gruppi sistematici e che quindi non rientrano nella generalità degli insetti o, come nel caso delle larve polipode, di un tipo morfologico:

Stili. Sono appendici pari inserite ai lati degli uriti nei Tisanuri e in alcuni insetti alati. Il numero di stili varia nei Tisanuri, mentre si riduce ad un solo paio negli altri insetti. Si tratta di zampe rudimentali e rappresentano un carattere primitivo. Sono utilizzati per sostenere l'addome e contribuire alla locomozione.

Sifoni. Elementi propri degli Afidi, talvolta ridotti a semplici fori, sono due tubuli simmetrici portati fra il V e VI urite in posizione laterale-dorsale. Hanno una funzione escretrice utilizzata come mezzo di difesa. In genere secernono un feromone di allarme con cui gli individui segnalano all'intera colonia l'eventuale presenza di nemici, ma in alcuni Afidi, quando sono attaccati, secernono anche una cera che, a contatto con l'aria, rapprende rapidamente invischiando l'apparato boccale o le zampe del predatore.

Codicola. È un processo impari posizionato sul IX urotergo degli Afidi, usato per allontanare la melata dal corpo dell'insetto.

Urogonfi. Sono due appendici simmetriche, spesso filiformi, presenti sul X urite delle larve di alcuni Coleotteri. Avrebbero una funzione sensoriale e, quindi, sarebbero usati come cerci (figura 39, B).

Pigopodi. Sono appendici pari, estroflettibili, presenti sull'ultimo urite di larve campodeiformi di alcuni ordini, usate per scopi differenti.

Anatomia. Da un punto di vista anatomico, nell'addome risiede in genere la parte più significativa dei principali apparati, fatta eccezione per quello nervoso e quello muscolare. Il sistema nervoso localizzato nell'addome è composto dal sistema nervoso centrale, rappresentato dalla porzione caudale della catena gangliare ventrale, dal sistema nervoso periferico, rappresentato dai nervi motori e dalle cellule sensoriali, e, infine, dal sistema nervoso viscerale. Quest'ultimo comprende due distinte sezioni: una parte del simpatico ventrale che, partendo dai gangli addominali, presiede al controllo del funzionamento dell'apparato respiratorio, e il simpatico caudale che, partendo dall'ultima coppia di gangli, innerva l'intestino e l'apparato genitale. L'apparato digerente comprende la totalità o buona parte dell'intestino medio (mesentero) e tutto l'intestino posteriore (proctodeo), dove si svolgono i processi fondamentali della digestione e dell'assorbimento e delle funzioni escretorie. In alcuni insetti entra nella cavità addominale anche una parte dell'ingluvie, che raggiunge dimensioni cospicue in alcune caste degli insetti sociali. In particolare, nelle operaie di alcune formiche, deputate alla nutrizione delle larve, si può verificare il

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fenomeno della fisogastria, ossia lo sviluppo abnorme dell'addome, proprio per l'eccezionale sviluppo dell'ingluvie (stomaco sociale). All'apparato digerente dell'addome si associa anche la parte principale dell'apparato escretore, i tubi malpighiani, in genere fluttuanti nel lacunoma o appressati al proctodeo. Questi organi, che svolgono la funzione di reni sboccano nel proctodeo, subito dopo la valvola pilorica. L'apparato respiratorio è rappresentato dalla rete addominale di trachee e tracheole, ai quali si aggiunge, in genere, la presenza di 1-8 paia di stigmi. L'apparato circolatorio è rappresentato dalla porzione addominale dell'emocele, suddiviso dai due diaframmi in tre cavità intercomunicanti, e dal cuore, disposto in posizione dorsale. L'apparato riproduttore è, infine, il sistema anatomico interamente localizzato nell'addome. Costituito, in entrambi i sessi, dalle gonadi (ovari e testicoli), dai gonodotti pari e impari, dalla vescicola seminale (nei maschi) e dalla vagina (nelle femmine) e, infine, dalle gonapofisi. Questo apparato raggiunge un notevole sviluppo nelle femmine, durante la fase riproduttiva, che può protrarsi anche per anni come in alcuni insetti sociali. In questi casi si può verificare il fenomeno della fisogastria.

In sintesi, nella figura 40 si riporta una rappresentazione schematica della morfologia di una femmina di Orthoptera Caelifera e di un Diptera.

Figura 40 - Schema della morfologia di una femmina di Orthoptera Caelifera (A) e di un Diptera (B).

Anatomia degli insetti

Rispetto ai vertebrati, insetti e artropodi invertono la dislocazione dei sistemi assili: l'apparato circolatorio e il sistema nervoso periferico assumono rispettivamente una posizione dorsale e

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ventrale, mentre l'apparato digerente si disloca in posizione centrale. Pur mantenendo alcune analogie, la struttura anatomica differisce marcatamente da quella dei Vertebrati anche se spesso si tende a mutuare, per attinenza, la terminologia specifica di organi e apparati.

Sistema muscolare

I muscoli degli insetti sono quasi tutti del tipo striato, con una membrana plasmatica comune ed un sarcolemma attraverso il quale si realizza il collegamento ad una tracheola la quale fornisce ossigeno. I muscoli si attaccano alla cuticola dell'esoscheletro o dell'endoscheletro per mezzo di fibrille non contrattili (tonofibrille), assimilabili ai tendini dei vertebrati. Il loro numero è elevato, dell'ordine di migliaia. Si distinguono in scheletrici e viscerali: i primi hanno denominazioni derivate dal loro percorso o dalla loro funzione e sono generalmente pari e simmetrici. Sono responsabili dei movimenti delle appendici e delle regioni morfologiche del corpo, perciò sono detti anche somatici. La muscolatura viscerale è associata agli organi interni ed è solo in parte costituita da fibre muscolari lisce.

Figura 41 - Sistema muscolare. I muscoli si attaccano alla cuticola, rinforzata

alla giunzione dalla resilina; il meccanismo di contrazione avviene tramite coppie di muscoli agonisti ed antagonisti (A). Nel volo si verifica una battuta verso l’alto dei muscoli diretti (a) e indiretti (b) ed una battuta verso il basso (c, d), similmente (B).

Nei punti della cuticola sottili e flessibili, dove i muscoli si attaccano, si individua una netta infiltrazione di resilina che è una particolare proteina elastomerica che forma strutture elastiche presenti negli insetti. La resilina si trova in quantità significative nelle regioni dell'esoscheletro interessate ad un'intensa attività muscolare, in particolare nelle zampe saltatorie, negli scleriti

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ascellari, in quelle utilizzate nel movimento dell'ala (figura 41, B), nei punti dove la cuticola e sottile e flessibile (figura 41, A) Con riferimento ai muscoli che presiedono il volo i meccanismi responsabili sono relativamente semplici. Generalmente sono presenti uno o due tipi di organizzazione dei muscoli che alimentano il volo: a) muscoli diretti: collegati alle ali, producono la battuta verso l'alto attraverso la contrazione di

muscoli attaccati alla base dell'ala nel punto di snodo (figura 41, B: a). La battuta dell'ala verso il basso viene prodotta dalla contrazione di muscoli che si estendono dallo sterno fino alla base dell'ala, all'esterno del punto di snodo (figura 41, B: c);

b) muscoli indiretti: sono attaccati al tergo ed allo sterno e le loro contrazioni muovono il corrispondente tergite e, con esso, la parte prossimale dell'ala verso il basso. Tale movimento solleva la parte principale esterna, dell'ala in una battuta verso l'alto (figura 41, B: b). La battuta verso il basso è prodotta dalla contrazione del secondo gruppo di muscoli, che corrono dalla parte anteriore fino a quella posteriore del torace, deformando la scatola toracica e sollevando il tergite (figura 41, B: d).

Gli insetti più evoluti utilizzano i muscoli indiretti per volare, mentre i muscoli diretti vengono impiegati nel determinare l'orientamento dell'ala piuttosto che nel produrre forza motrice.

Apparato digerente

L'apparato digerente degli insetti è un tubo che parte dall'apertura boccale e termina in quella anale. Si distingue in tre distinte sezioni: • lo stomodeo o intestino anteriore, • il mesentero intestino medio, • il proctodeo o intestino posteriore,.

Il percorso può essere più o meno tortuoso secondo la complessità anatomo-fisiologica della specie. Nelle forme più primitive è un canale longitudinale che attraversa tutto il corpo, mentre particolari specializzazioni sono all'origine di complicazioni strutturali. Attraversa le tre regioni morfologiche disponendosi sopra la catena gangliare ventrale e sotto il vaso dorsale. La terminologia adottata per distinguere le differenti sezioni è spesso mutuata da quella dei Vertebrati, ma le profonde differenze strutturali e fisiologiche non comportano alcuna omologia.

Lo stomodeo assolve alle funzioni di ingestione e prima elaborazione dell'alimento e, in alcuni insetti, al temporaneo immagazzinamento. Parte dall'apertura boccale e termina in corrispondenza della valvola cardiaca, dove confluisce nel mesentero. Procedendo in senso cefalo-caudale, si divide nelle seguenti sezioni: cavità orale, faringe, esofago, ventriglio, quest'ultimo sviluppato soprattutto negli insetti ad apparato boccale masticatore. Il ventriglio, o proventricolo (figura 42, 4), è un'espansione successiva che negli insetti ad apparato boccale masticatore assume la funzione di uno stomaco masticatore. Il ventriglio degli insetti assume perciò una funzione analoga a quella del ventriglio degli Uccelli. La cuticola interna ha un notevole spessore e si organizza in processi di varia forma allo scopo di triturare il bolo alimentare e miscelarlo al succo digestivo. Lo stomodeo presenta a volte un diverticolo, l'ingluvie, che può raggiungere dimensioni tali da occupare anche parte dell'addome. Le funzioni dell'ingluvie hanno specificità tali da giustificare particolari denominazioni (borsa melaria nelle api, stomaco sociale nelle formiche, borsa del sangue nelle zanzare). La valvola cardiaca o cardias termina lo stomodeo il quale si insinua nel lume del mesentero. La funzione del cardias è quella di regolare il passaggio del bolo nel mesentero, introducendolo nella membrana peritrofica. Il mesentero è la sede in cui si svolge la digestione vera e propria, con la demolizione enzimatica delle macromolecole e l'assorbimento dei principi nutritivi (figura 42). Il bolo alimentare è avvolto da una membrana (membrana peritrofica) prodotta dalle cellule epiteliali del mesentero e che forma una vescicola al cui interno si svolgono i processi demolitivi. La stessa membrana funge da filtro

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dializzante, impedendo il contatto diretto del bolo e degli enzimi digestivi con la parete del mesentero. Il bolo alimentare è avvolto da una membrana (membrana peritrofica) prodotta dalle cellule epiteliali del mesentero. Questa membrana, composta da muco, chitina e proteine, forma una vescicola al cui interno si svolgono i processi enzimatici demolitivi. La membrana funge, pertanto, da filtro dializzante: permette il passaggio dei principi nutritivi ottenuti dalla digestione, ma impedisce che i succhi enzimatici entrino in contatto diretto con l'epitelio. In quest’area si trovano i tubi malpighiani la cui funzione è connessa con l’attività renale e di escrezione. La formazione della membrana peritrofica varia secondo gli insetti ed • è prodotta dalle cellule epiteliali della valvola cardiaca, indipendentemente dalla presenza o

meno del bolo; • è prodotta dalla desquamazione di tutto l'epitelio del mesentero e solo in presenza del bolo. L'epitelio del mesentero è soggetto ad un intenso deterioramento che ne richiede la rigenerazione, spesso anche durante lo stadio adulto. Ogni cellula epiteliale svolge, in fasi diverse della sua vita, sia la funzione secernente sia quella assorbente, con aspetti differenti: • La cellula giovane, ancora inattiva, ha una forma cubica o prismatica, è dislocata più all'interno

dell'epitelio, sovrastata in altezza dalle cellule più vecchie. Le nuove cellule si formano in ammassi globosi, detti cripte, che sono immersi nella parte basale dell'epitelio o, addirittura, in diverticoli sporgenti dalla parete esterna del mesentero.

• La cellula adulta in fase secernente ha una forma cilindrica, più espansa nella parte distale e sporgente nel lume del mesentero; mostra un grosso nucleo nella parte distale e una striatura terminale, detta rabdorio, composta da una fitta serie di microvilli. In questa fase è attiva la secrezione dei succhi gastrici, emessi in forma di gocciole.

• La cellula adulta in fase assorbente ha una forma a calice, è meno sviluppata in altezza, rispetto alle cellule secernenti, e non presenta il rabdorio.

Nel suo insieme, l'epitelio del mesentero è soggetto ad una continua desquamazione e degenerazione delle cellule, che vengono reintegrate dalle nuove cellule formate nelle cripte.

Il proctodeo è la parte posteriore ed è deputato primariamente al riassorbimento dell'acqua e all'eliminazione delle parti non digerite e dei cataboliti. Nel tratto iniziale è in relazione con l'apparato escretore, in quanto vi confluiscono i tubi malpighiani. Ha inizio in corrispondenza della valvola pilorica, ma in alcuni gruppi sistematici il mesentero è a fondo cieco e si ha pertanto un'interruzione della continuità del tubo digerente. In senso antero-posteriore, il proctodeo si suddivide in tratti che hanno denominazioni mutuate dall'apparato digerente dei Vertebrati; nell'ordine si distingue l'ileo, il colon, il retto (figura 42). La natura istologica dello stomodeo e del proctodeo è ectodermica, quella del mesentero è probabilmente endodermica. Le pareti dello stomodeo e del proctodeo sono composte, dall'interno verso l'esterno: • da uno strato cuticolare, detto intima, • da uno epiteliale, • da una membrana basale, • da una tunica muscolare formata da un fascio interno di muscoli longitudinali e uno esterno di

muscoli circolari e, infine, • da una tunica peritoneale di tessuto connettivo. La tunica muscolare comprende, nello

stomodeo, un fascio interno di muscoli longitudinali e uno esterno di muscoli circolari. Nel proctodeo i fasci muscolari sono tre: uno intermedio di muscoli longitudinali compreso fra due strati di fibre circolari.

Il mesentero, procedendo dall'interno all'esterno, è composto: • dalla membrana peritrofica, • un epitelio semplice, composto da cellule che hanno differente sviluppo, • una membrana basale, una tunica muscolare composta da un fascio interno di muscoli circolari

e uno esterno di muscoli longitudinali,

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• dalla tunica intestinale. La struttura tipo del canale digerente può subire profonde modificazioni secondo i gruppi sistematici. Una delle più significative è la presenza della camera filtrante in quasi tutti i Rincoti Omotteri. Quest'organo ha funzioni di dialisi e bypass: per evitare un'eccessiva diluizione dei succhi digestivi del mesentero, la camera filtrante separa una parte consistente del liquido e degli zuccheri dalle macromolecole lipidiche e proteiche. La prima fase viene dirottata nel proctodeo, mentre le macromolecole seguiranno il percorso normale, entrando nel mesentero. Questo adattamento è proprio degli insetti produttori di melata, escremento liquido ad alto tenore zuccherino, di grande importanza ecologica.

Figura 42 - Apparato digerente distinto in stomodeo, mesentero e proctodeo. Istologia. La natura istologica dello stomodeo e del proctodeo è ectodermica e questi tratto del tubo digerente si possono interpretare come invaginazioni del tegumento esterno. Il mesentero ha invece una probabile origine endodermica anche se non del tutto accertata.<br> Procedendo dall'interno verso l'esterno, la parete dello stomodeo è composta da uno strato cuticolare, detto intima, da un epitelio pluristratificato, assimilabile all'epidermide dell'esoscheletro, da una membrana basale, da una tunica muscolare formata da un fascio interno di muscoli longitudinali e uno esterno di muscoli circolari e, infine, una tunica peritoneale di tessuto connettivo.<br> La struttura istologica del mesentero differisce da quella dello stomodeo: procedendo dall'interno all'esterno, vi si trova la membrana peritrofica, un epitelio semplice, composto da cellule che hanno differente sviluppo e, quindi, con una superficie irregolare, una membrana basale, una tunica muscolare composta da un fascio interno di muscoli circolari e uno esterno di muscoli longitudinali e, infine, la tunica intestinale.<br> Il proctodeo ha una struttura istologica analoga a quella dello stomodeo. Dall'interno verso l'esterno la sua parete comprende l'intima, meno spessa di quella dello stomodeo, un epitelio unistratificato,

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formato da cellule più grandi di quelle dello stomodeo, una tunica muscolare, composta da due fasci di muscoli circolari e un interposto fascio di muscoli longitudinali, e, infine, la tunica intestinale. Le principali differenze istologiche, fra stomodeo e proctodeo, consistono nell'intima, meno spessa e più porosa nel proctodeo, e nella tunica muscolare, formata da tre strati di fibre nel proctodeo.<br> Camera filtrante. La camera filtrante è una profonda modificazione anatomico-fisiologica dell'apparato digerente della generalità dei Rincoti Omotteri produttori di melata, escremento liquido ad alto tenore zuccherino. Questi fitomizi hanno una dieta liquida in cui la concentrazione delle sostanze azotate è piuttosto bassa, in rapporto a quella degli zuccheri, perciò devono succhiare abbondanti quantità di linfa per soddisfare il loro fabbisogno proteico. Per evitare un'eccessiva diluizione dei succhi digestivi del mesentero, questi insetti sono dotati di un organo dializzatore, la camera filtrante, associato allo stomodeo. La camera filtrante funziona separando una parte consistente del liquido e degli zuccheri dalle macromolecole lipidiche e proteiche. La prima fase viene dirottata nel proctodeo, mentre le macromolecole seguiranno il percorso normale, entrando nel mesentero. Fisiologia dell'apparato digerente. La notevole varietà dei regimi dietetici, in molti casi estremamente specializzati, è all'origine di una notevole eterogeneità della fisiologia dell'apparato digerente. Se a livello biochimico l'assimilazione delle sostanze nutritive un'analogia di fondo fra tutti gli organismi animali, la differenziazione sotto l'aspetto etologico, dietetico, morfoanatomico e fisiologico si traduce in una differenziazione sia della dinamica dei processi digestivi sia della loro localizzazione. Fisiologia dell'apparato digerente. Essa è complicata dall'integrazione con altri processi fisiologici, si realizza in due fasi fondamentali: la digestione propriamente detta e l'assorbimento. La prima consiste nella demolizione delle molecole organiche che formano le sostanze nutritive (lipidi, proteine, disaccaridi, amido, cellulosa, ecc.). La seconda consiste nell'assimilazione, da parte di epiteli assorbenti, con l'immissione nella circolazione sanguigna dei prodotti della digestione (zuccheri semplici, amminoacidi, acidi organici, sali minerali, ecc.). Digestione. In analogia con i processi digestivi di altri animali, anche negli Insetti si distingue una digestione enzimatica e una microbica: • la prima utilizza enzimi litici prodotti dallo stesso insetto, • la seconda utilizza invece enzimi litici prodotti da microrganismi simbionti (Batteri, Funghi,

Protozoi); in quest'ultimo caso l'insetto utilizza i prodotti di scarto dei microrganismi o, più semplicemente, si nutre a spese dei microrganismi stessi.

La digestione enzimatica dipende fondamentalmente dalla dieta dell'insetto e da caratteristiche morfologiche, anatomiche ed etologiche intrinseche alla specie. In particolare, la dotazione di enzimi è strettamente associata alla specificità della dieta:

• nelle specie onnivore, l'apparato digerente dispone della generalità di enzimi litici in grado di digerire la maggior parte dei principi nutritivi: proteasi, lipasi, saccarasi, amilasi, ecc.;

• nelle specie fitofaghe, dispone in particolare di una vasta gamma di enzimi che digeriscono i glucidi (saccarasi, amilasi, invertasi, maltasi, ecc.);

• nelle specie zoofaghe, dispone in particolare di enzimi che digeriscono i lipidi e le proteine (lipasi e proteasi).

La localizzazione della digestione enzimatica è alquanto eterogenea: in generale la digestione si svolge nel mesentero, ma alcuni processi possono iniziare già nello stomodeo, ad opera di enzimi prodotti dalle ghiandole salivari oppure nell'emolinfa. In alcuni insetti ha luogo nel proctodeo e si ritiene che i prodotti della digestione ritornino nel mesentero per poter essere assorbite.

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L'elemento differenziale di maggiore rilievo è tuttavia la digestione extracorporea, che si attua prima dell'assunzione dell'alimento mediante l'introduzione di succhi digestivi nel vegetale o nell'animale attaccato. Questo comportamento riguarda in particolare i fitomizi dell'ordine dei Rincoti e alcuni artropofagi che hanno un apparato boccale adatto a succhiare l'alimento in forma liquida: • I fitomizi iniettano con il loro apparato boccale pungente-succhiante una saliva contenente

enzimi litici che alterano i componenti della linfa o provocano alterazioni istologiche dei tessuti vegetali (neoplasie, galle, arricciamenti, ecc.).

• Alcuni predatori o parassitoidi iniettano nel corpo della vittima enzimi litici che trasformano i tessuti in una massa fluida che viene aspirata con l'apparato boccale (es. Rincoti Eterotteri predatori e larve di Imenotteri parassitoidi). In alcuni casi l'apparato boccale è di tipo masticatore modificato, con mandibole e/o mascelle adattate a perforare, iniettare e succhiare e apertura boccale chiusa (Coleotteri Ditiscidi e larve di Neurotteri Planipenni).

La digestione microbica interessa invece gli insetti fitofagi in senso lato e gli insetti xilofagi. In questi casi la dieta è ricca di componenti nutritivi che la digestione enzimatica, da sola, non è in grado di attaccare (cellulosa, lignina) oppure ha una composizione squilibrata, povera in alcuni principi nutritivi. In quest'ultimo caso la digestione microbica ha lo scopo biologico di riequilibrare la composizione chimico-nutritiva di una dieta a basso valore nutritivo, in modo analogo a quanto avviene nei Mammiferi erbivori. Assorbimento. L'assorbimento ha luogo principalmente nel mesentero, ad opera delle cellule epiteliali caliciformi. Una parte dell'assorbimento si svolge anche nel proctodeo, ma in questo caso sono coinvolti per lo più l'acqua e i sali minerali immessi dall'attività dei tubi malpighiani. Simbiosi. Di fondamentale importanza, per diversi gruppi sistematici, è il rapporto simbiontico con microrganismi, attraverso il quale si svolge la digestione microbica. Le simbiosi mutualistiche, ai fini trofici, possono essere di due tipi: esterne ed interne. Le simbiosi esterne o ectosimbiosi, interessano più gli aspetti relazionali ed etologici che quelli strettamente fisiologici. Coinvolgono per lo più alcuni gruppi di insetti xilofagi (Coleotteri Scolitidi), ma esempi di simbiosi possono interessare anche specie fitofaghe o onnivore (il formicide Atta sexdens e il Cecidomide Prolasioptera berlesiana). In generale, queste specie, diffondono i simbionti, rientranti nel regno dei Funghi, su substrati vegetali o sulle pareti delle gallerie per nutrirsi a spese del fungo simbionte. Le simbiosi interne o endosimbiosi, contemplano invece un vero e proprio rapporto anatomico e fisiologico fra l'insetto e i microrganismi ospitati. Il ruolo dei microrganismi cambia secondo le diete: • fornire adeguati integratori nutrizionali in diete altamente specifiche (insetti fitomizi e insetti

ematofagi): sia la linfa dei vegetali sia il sangue dei Vertebrati hanno una composizione chimico-nutrizionale altamente squilibrata, perciò i microrganismi simbionti garantiscono all'ospite il rifornimento di principi nutrizionali sintetizzati dai processi metabolici microbici;

• fornire adeguati integratori nutrizionali e soddisfare i fabbisogni energetici in diete essenzialmente xilofaghe. Gli insetti xilofagi utilizzano un substrato alimentare ad alto tenore di lignina e cellulosa, non interessati dalla digestione enzimatica. In questo caso la simbiosi coinvolge la generalità degli insetti xilofagi (facenti per lo più capo agli ordini degli Isotteri, dei Lepidotteri e dei Coleotteri).

Il rapporto anatomico fra l'insetto e i simbionti si manifesta per lo più sotto due forme: come micetociti, cellule isolate, parassitizzate dal simbionte, e i micetomi, corpi di varie dimensioni, talora anche rilevanti, formati da aggregati di micetociti. I micetociti sono in genere trasmessi alla discendenza dalla madre attraverso le uova, ma non mancano altri metodi di trasmissione che si basano fondamentalmente sull'assunzione dei micetociti per via orale da parte dei nuovi nati.

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In questi casi i micetociti sono deposti dalla madre all'atto dell'ovideposizione oppure trasmessi nell'ambito degli scambi che regolano i rapporti fra gli insetti sociali.

Apparato respiratorio

L'apparato respiratorio degli insetti è l'insieme delle strutture anatomiche coinvolte nel rifornimento dell'ossigeno ai tessuti. Il trasporto dell'ossigeno fino alle cellule differenzia nettamente gli Insetti dai Vertebrati. I Vertebrati affidano il trasporto interno dei gas alla circolazione sanguigna. L'apparato respiratorio ha perciò la funzione di aumentare la superficie dell'interfaccia di separazione fra la rete capillare sanguigna e l'ambiente esterno, sia con la respirazione branchiale sia con quella polmonare. Nella generalità degli insetti il trasporto dell'ossigeno è affidato integralmente all'apparato respiratorio, che in questa funzione fisiologica si sostituisce alla rete capillare sanguigna, tipica dei Vertebrati, con una rete capillare propria. Fanno eccezione gli insetti apneustici, privi di spiracoli tracheali, nei quali il ricambio dei gas è invece affidato alla respirazione cutanea e al trasporto con l'emolinfa. L'apparato respiratorio degli insetti riprende in parte la struttura metamerica del loro corpo, ma all'interno si risolve in una complessa e fitta rete di condotti che ha la finalità di trasportare l'ossigeno fino alle cellule. Gli organi fondamentali che formano l'apparato sono gli stigmi, le trachee e le tracheole. L'apparato respiratorio è rappresentato dalla rete addominale di trachee e tracheole, ai quali si aggiunge, in genere, la presenza di 1-8 paia di stigmi. Formano l'apparato gli stigmi, le trachee e le tracheole. Stigmi. Gli stigmi o spiracoli tracheali (figura 43) sono aperture tegumentali per mezzo delle quali la rete interna di trasporto comunica con l'ambiente esterno. Queste strutture anatomiche sono perciò un altro elemento di differenziazione fra insetti e vertebrati: negli insetti l'apparato respiratorio non ha rapporti con quello digerente, in quanto gli alimenti e l'aria seguono vie d'ingresso nettamente distinte. Gli stigmi sono primitivamente presenti in numero di due per ogni segmento con l'eccezione dei somiti cefalici. Negli insetti esistenti sono al massimo 10 paia, di cui due toraciche e otto addominali, ma questo numero si riduce spesso fino ad annullarsi. Trattandosi di un carattere utile ai fini tassonomici, esiste una terminologia specifica per classificare gli insetti in funzione del numero di stigmi. La classificazione è riassunta nella tabella 1.

Tabella 1 – Denominazione degli insetti in relazione al numero di paia di stigmi

Numero di paia di stigmi Denominazione degli insetti Torace Addome Totale

apneusti 0 0 0 propneusti (oligopneusti) 1 0 1 metapneusti (oligopneusti) 0 1 1 anfipneusti (oligopneusti) 1 1 2 oligopneusti sensu lato 0-1 0-3 1-4 polipneusti 1-2 4-8 5-10 olopneusti 2 8 10 iperpneusti 2 9 11

Gli stigmi o spiracoli tracheali sono aperture, in numero di 1-10 paia, situate ai lati di uno o più segmenti toracici e addominali. Gli stigmi sono localizzati in genere sulla faccia laterale del segmento, a volte protetti all'interno di un solco o sotto uno sclerite. La forma e la struttura dello stigma cambia secondo il gruppo

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sistematico. Negli insetti meno evoluti sono delle semplici aperture in continuità con la trachea. Con l'evoluzione, gli stigmi si sono differenziati in strutture più complesse. In questo caso l'apertura è delimitata da un orlo sclerificato, detto peritrema, e all'interno si apre in una camera, detta atrio (figura 43, B). L'apertura può disporre di un organo di chiusura (valvola, figura 43, B), all'interno oppure all'esterno dell'atrio; l'apparato consiste in lobi sclerotizzati che, mossi da muscoli, combaciano occludendo completamente lo spiracolo in condizioni avverse. All'interno dell'atrio sono disposte setole incrociate che fungono da filtro (figura 43, B, C, e D). Trachee. Le trachee (figura 43, D) sono dei tubuli formati da invaginazioni del tegumento, di cui mantengono la stessa struttura istologica: • uno strato interno di cuticola, detto intima; • uno epitelio semplice composto da cellule appiattite; • una membrana basale. La cuticola presenta degli ispessimenti, detti tenidi, che decorrono a spirale lungo la trachea. La funzione dei tenidi è quella di impedire l'occlusione delle trachee. La struttura della rete di trachee cambia secondo il gruppo sistematico. In generale, da ogni stigma partono tre rami tracheali (uno dorsale, uno ventrale e uno centrale). Nei sistemi respiratori più primitivi la rete tracheale riproduce la struttura metamerica, ma con l'evoluzione si sviluppa la connessione longitudinale fra i sistemi tracheali dei singoli segmenti, fino ad avere una vera e propria rete anastomizzata. Negli insetti più evoluti le trachee possono anche differenziare strutture più complesse, come ad esempio i sacchi aerei. Nel corso dello sviluppo postembrionale, la cuticola delle trachee è rinnovata con la muta. Tracheole. Le tracheole (figura 43, D) sono tubuli di calibro inferiore rispetto alle trachee, ma ne mantengono la stessa struttura. Quelle più grandi sono anche fornite di tenidi, ma gli ispessimenti scompaiono con la riduzione del calibro. Ne consegue che la distinzione fra trachee e tracheole non è netta ed ha per lo più un valore formale. Le tracheole derivano da cellule di forma stelloidale chiamate tracheoblasti, e arrivano fino alla singola cellula dove, per diffusione, avviene lo scambio di ossigeno e anidride carbonica. Le trachee sono tubuli derivati da un'invaginazione del tegumento, di cui mantengono la stessa struttura. Da ogni stigma partono tre rami tracheali, collegati fra loro e con quelli dei segmenti adiacenti, formando nel complesso una rete anastomizzata. Le trachee si ramificano a loro volta in tracheole, di calibro inferiore, che formano una rete capillare di trasporto. Le tracheole più piccole hanno diametro dell'ordine di alcuni micron. Le tracheole più piccole arrivano ad avere un diametro dell'ordine di alcuni micron e formano una rete capillare dinamica e fortemente anastomizzata che interessa tutte le parti del corpo, garantendo il rifornimento di ossigeno a tutti i tessuti. Il sistema respiratorio degli insetti emula pertanto, sotto l'aspetto funzionale e anatomico, la rete capillare sanguigna dei Vertebrati. Infatti possono essere generate anche reti di capillari di neoformazione quando un tessuto o un organo richiede contestualmente un notevole apporto di ossigeno. A differenza delle trachee, la cuticola delle tracheole non viene rinnovata con la muta. Sono ora descritti alcuni tipi di respirazione negli insetti: • Respirazione degli insetti. La respirazione degli insetti procede con meccanismi differenti da

quella dei Vertebrati. In particolare l'elemento differenziale di maggiore rilevanza è nella dinamica dell'assunzione dell'ossigeno e dell'eliminazione dell'anidride carbonica; in sostanza, negli Insetti si assiste ad una minore dipendenza del funzionamento dell'organismo dal ritmo respiratorio. Dopo l'inspirazione, gli insetti chiudono gli stigmi e l'aria si diffonde attraverso la rete tracheale. L'inspirazione è controllata dai gangli della catena ventrale, in particolare quelli addominali, che agiscono in risposta alla dinamica del rapporto fra il tenore in ossigeno e quello in anidride carbonica. L'espirazione è attiva e non si alterna necessariamente, come avviene nei Vertebrati, all'inspirazione, in quanto può seguire l'inspirazione anche dopo diverse ore. Una parte dell'anidride carbonica è inoltre eliminata attraverso il tegumento in corrispondenza delle membrane intersegmentali e delle articolazioni. La chiusura degli stigmi è

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un requisito fondamentale per la protezione dell'insetto dall'evaporazione: l'apertura degli stigmi è infatti regolata anche in funzione dell'umidità ambientale. Non meno importante è il ruolo svolto nella protezione dagli insetticidi che agiscono per asfissia.

• Respirazione in ambiente acquatico. In funzione dei meccanismi di respirazione, gli insetti si distinguono in acquaioli e acquatici. Sono insetti acquaioli quelli che, pur vivendo in ambiente acquatico, hanno una respirazione di tipo terrestre. Questi insetti ricorrono a meccanismi di varia natura che in sostanza prevedono la possibilità di costituire una riserva d'aria in grado di garantire un margine di autonomia. Questi insetti si riforniscono periodicamente d'aria attingendola dalla superficie oppure dalle bolle di ossigeno emesse dalle piante acquatiche. La riserva può essere costituita all'interno del corpo, sfruttando ad esempio i sacchi aerei, oppure all'esterno, trattenendo un velo d'aria per mezzo di una peluria idrofuga. Un meccanismo singolare è quello sfruttato da alcuni insetti che, pur restando sommersi, respirano comunicando con la superficie per mezzo di appendici (ad esempio, le antenne). In questi casi l'insetto si comporta come un palombaro o un nuotatore subacqueo che usa il boccaglio: le antenne garantiscono una continuità fra l'aria in superficie e il velo che avvolge il corpo dell'insetto, comprese le antenne. Sono invece insetti acquatici quelli che hanno una respirazione di tipo branchiale.

Figura 43 – Apparato respiratorio. Spiracolo tracheale di un coleottero (A); sezione longitudinale dello spiracolo tracheale: si osserva il muscolo striato che attaccandosi all’esoscheletro da un lato e alla valvola dall’altro governa l’apertura dello stigma (B); sezione frontale dello stigma dove si osserva il muscolo di chiusura dello stesso (C); particolare dello stigma con la protezione dell’apertura e sistema di ramificazione delle trachee in tracheole (D); rappresentazione reale dello stigme nel mesotorace di imenottero calcidide.

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• Respirazione dei parassitoidi. I meccanismi di respirazione degli endoparassitoidi emulano quelli adottati dagli insetti che vivono in ambiente acquatico. Anche qui si possono distinguere forme che adottano una respirazione di tipo tegumentale, sfruttando l'ossigeno contenuto nell'emolinfa dell'ospite, e forme che adottano una respirazione di tipo terrestre in quanto dotate di spiracoli tracheali. In quest'ultimo caso ricorrono ad accorgimenti che permettono all'endoparassita di comunicare direttamente con l'esterno oppure di collegarsi al sistema tracheale dell'ospite. Meccanismi particolari, infine, si riscontrano negli insetti che vivono immersi in particolari substrati e, in generale, prevedono il ricorso a strutture di collegamento con l'esterno.

Sistema circolatorio

Il sistema circolatorio è di tipo aperto: la circolazione umorale non si svolge all'interno di vasi, bensì in una cavità, detta emocele o lacunoma (figura 44), a contatto con organi e tessuti in tutte le regioni del corpo, comprese le nervature delle ali. Solo in parte si svolge all'interno di un vaso, che ha le funzioni di un cuore. L'umore che scorre nell'emocele, l'emolinfa, svolge contemporaneamente le funzioni della linfa e del sangue dei vertebrati, ad eccezione del trasporto dell'ossigeno, che negli insetti è affidato all'apparato respiratorio. L'emolinfa è invece deputata al trasporto delle sostanze nutritive e dei cataboliti e alle difese immunitarie . L'emocele è suddiviso da due diaframmi longitudinali in tre cavità intercomunicanti. Formati da tessuto connettivo e muscolare, hanno un movimento peristaltico che favorisce la circolazione verso la zona caudale e l'ingresso nella parte posteriore del vaso dorsale pulsante. Il vaso dorsale si differenzia in due tratti, uno posteriore (cuore) e uno anteriore (aorta). Il cuore è suddiviso in camere intercomunicanti (ventricoliti), ciascuna provvista di due valvole (ostioli) che regolano la continuità con l'emocele. Il sistema muscolare associato al vaso dorsale imprime le pulsazioni che spingono il sangue verso la regione cefalica. Altri organi pulsanti accessori sono localizzati nelle appendici e favoriscono la circolazione in organi che offrirebbero una maggiore resistenza. L'emolinfa degli insetti differisce notevolmente dal sangue dei Vertebrati; è composto da una frazione liquida (plasma) e una cellulare, costituita dagli emociti. Gli eventuali pigmenti, in genere di colore giallo o verde, non hanno funzioni respiratorie.

Figura 44 – Sistema circolatorio.

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Apparato riproduttore Negli insetti, l'ermafroditismo è stato accertato solo in Icerya purchasi e in alcuni Ditteri, perciò l'apparato riproduttore si differenzia in due sessi distinti a partire da strutture embrionali omologhe. Le gonadi, di origine mesodermica, sono la sede di svolgimento della gametogenesi. Si differenziano nei testicoli (maschio) e negli ovari (femmina) e sono composte da elementi tubulari (testicoliti e ovarioli) confluenti nei gonodotti pari; in entrambi i sessi le fasi della gametogenesi si succedono lungo il tubulo in ordine distale-prossimale. Alle gonadi seguono i gonodotti pari, condotti di origine ectodermica che confluiscono in un gonodotto comune, impari. Il gonodotto comune, nel maschio, è detto dotto eiaculatore e mantiene la fisionomia di un condotto escretore che comunica con l'organo copulatore. Nella femmina si differenzia nella vagina e comunica in genere con l'ovopositore; in alcuni gruppi sistematici può presentare un diverticolo dotato di apertura indipendente, la borsa copulatrice, usata per la copula. Un altro organo differenziato nella femmina è la spermateca, una vescicola a fondo cieco collegata alla vagina, in cui vengono mantenuti gli spermatozoi nell'intervallo di tempo che intercorre fra l'accoppiamento e la fecondazione. In entrambi i sessi, l'apparato dispone di ghiandole accessorie, che riversano i secreti nel tratto prossimale del gonodotto comune. I secreti hanno funzioni diverse, secondo i sessi e le specie, e possono coesistere differenti tipi ghiandolari nello stesso individuo. Il secreto del maschio svolge in genere la funzione di lubrificante e di nutrizione degli spermatozoi. Nella femmina la natura e la funzione del secreto dipendono essenzialmente dal tipo ghiandolare. Le ghiandole più comuni sono dette colleteriche e il loro secreto è usato come coadiuvante dell'ovideposizione, come collante per le uova, per la costruzione di ooteche, ecc. Altre ghiandole, dette spermofile, secernono un fluido nutritivo per gli spermatozoi conservati nella spermateca. Negli Imenotteri Apocriti sono presenti anche le ghiandole velenifere: il loro secreto, emesso con l'ovopositore o con l'aculeo, ha un'azione associata all'ovideposizione oppure integra la funzione secondaria di strumento di offesa e difesa nelle femmine sterili. Gli organi genitali esterni si differenziano in genere come processi degli urosterni costituendo l'armatura genitale, importante elemento di determinazione tassonomica. Nel maschio è differenziata dal IX urosterno e forma l'organo copulatore o edeago, impiegato per l'accoppiamento. L'edeago può mancare negli insetti primitivi: in questo caso gli spermatozoi sono rilasciati all'esterno in capsule, dette spermatofori, che saranno poi prelevate e introdotte dalla femmina. Nella femmina, l'armatura genitale, detta ovopositore, è differenziata dagli urosterni VIII e IX ed è generalmente composta da tre coppie di valve, talvolta di lunghezza eccezionale. È utilizzato come organo per la deposizione delle uova e può anche perforare tessuti vegetali o animali. In diversi insetti, l'ovopositore può mancare del tutto oppure è sostituito funzionalmente da adattamenti degli ultimi uriti, che prendono il nome di ovopositore di sostituzione. Negli Imenotteri Aculeati l'ovopositore subisce un adattamento anatomico e funzionale che lo trasforma in strumento di offesa e difesa; in questo caso prende il nome di aculeo o pungiglione.

Sistema nervoso

In analogia con il sistema nervoso dei Vertebrati, negli insetti si distingue (figura 45): • un sistema centrale, • un sistema periferico, • uno viscerale, quest'ultimo con funzioni neurovegetative.

I neuroni sono di tre tipi: • sensoriali, • motori, • associativi. I primi sono associati ai recettori sensoriali, sono bipolari e trasmettono gli impulsi dalla periferia ai gangli.

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I secondi hanno il corpo localizzato nei gangli, sono unipolari e trasmettono gli impulsi al sistema muscolare. I terzi, pure localizzati nei gangli, sono multipolari e assolvono a funzioni associative. La trasmissione dei segnali segue gli stessi meccanismi dei Vertebrati: lungo gli assoni sotto forma di impulso elettrico, per alterazione del potenziale di membrana, e nelle sinapsi con l'emissione di un mediatore chimico, l'acetilcolina. Molti insetticidi, agendo come inibitori dell'acetilcolinesterasi, hanno effetto neurotossico anche sui Vertebrati. Il sistema nervoso centrale ha un'organizzazione metamerica: è costituito da una doppia catena di gangli, dislocata in posizione ventrale sotto il canale digerente, con una coppia di gangli per ogni segmento. I gangli sono collegati fra loro da fibre nervose trasversali e longitudinali, che scompaiono con l'eventuale fusione. La struttura metamerica scompare in corrispondenza del capo, con la fusione dei gangli cefalici in due masse. La prima, detta cerebro, cervello o ganglio sopraesofageo, è situata sopra lo stomodeo. La seconda, detta gnatocerebro o ganglio sottoesofageo, è posizionata sotto lo stomodeo. Le due connessure che collegano il cerebro con lo gnatocerebro formano un anello (cingolo parastomodeale o periesofageo) attraversato dall'esofago. Le due masse gangliari innervano gli organi e le appendici del capo. Dal cerebro partono, inoltre, il simpatico dorsale e il sistema neuroendocrino cardio-aortico. Il sistema nervoso viscerale costituisce il complesso dell'apparato neurovegetativo e mantiene una propria autonomia rispetto al centrale, pur essendovi collegato. Ad esso compete l'innervazione di organi interni ed è composto da tre distinti sistemi: il simpatico dorsale o stomatogastrico, il simpatico ventrale, ed il simpatico caudale.

Figura 45 - Rappresentazione schematica dell'apparato nervoso degli

insetti: P: proto cerebro; D: deuterocerebro; T: tritocerebro; G: gnatocerebro; CV: catena gangliare ventrale.

Apparato escretore

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L'apparato escretore (figura 46) provvede all'eliminazione delle sostanze di rifiuto (cataboliti). È composto da organi localizzati (tubi malpighiani) e diffusi (nefriti o nefrociti). A questi si aggiungono tessuti e altri organi che svolgono anche funzioni escretorie secondarie. I tubi malpighiani sono reni costituiti da tubuli sottili, a fondo cieco, che confluiscono nel proctodeo, subito dopo la valvola pilorica. Assenti negli Afidi, negli altri insetti sono presenti in numero variabile da poche unità ad oltre 200. Fluttuano nell'emocele oppure aderiscono al proctodeo. La funzione è quella di filtrare i prodotti del metabolismo proteico (ammoniaca, urea, acido urico) e regolare gli equilibri salini, sottraendo le sostanze di rifiuto dall'emolinfa. Secondariamente possono ospitare microrganismi simbionti, produrre seta, sostanze collanti. I nefriti sono gruppi sparsi di cellule, a volte isolate, associati allo stomodeo, alle ghiandole salivari e al vaso dorsale. La loro funzione è quella di regolare il pH dell'emolinfa e agire come organi escretori intermedi, trasformando i cataboliti in forme che saranno poi eliminate dai tubi malpighiani.

Apparato secretore

Gli insetti dispongono di un apparato ghiandolare complesso, distinto in un sistema esocrino, composto da ghiandole a secrezione esterna, e in uno endocrino, composto da ghiandole a secrezione interna (figura 46). Il sistema endocrino è formato da cellule e organi che hanno relazione con il sistema nervoso. Regola la biologia dell'Insetto e raggiunge livelli di complessità organizzativa paragonabili a quello degli animali superiori. Una particolarità che differenzia gli insetti dai Vertebrati consiste nell'assenza di funzioni di secrezione endocrina nell'apparato riproduttore. Le ghiandole endocrine d'importanza basilare si identificano in quattro strutture: il sistema endocrino cerebrale, i corpi cardiaci e allati e le ghiandole protoraciche. La funzione primaria svolta da queste ghiandole è la regolazione dello sviluppo postembrionale, ma singolarmente queste strutture controllano anche altri processi biologici. Il sistema endocrino cerebrale è costituito da cellule nervose del cerebro, che hanno perso la capacità di trasmettere impulsi nervosi diventando ghiandole neuroendocrine. L'attività principale si ha nello stadio giovanile, con la produzione dell'ormone cerebrale, trasportato dagli assoni ai corpi cardiaci. Questi accumulano l'ormone, lo modificano e lo mettono in circolo nell'emolinfa. Funzioni secondarie dei corpi cardiaci consistono nel rilascio di ormoni che regolano il funzionamento di alcuni organi e del sistema muscolare. I corpi allati sono a loro volta deputati, dietro stimolo dell'ormone cerebrale, alla produzione della neotenina, responsabile della persistenza dei caratteri giovanili. Le ghiandole protoraciche sono localizzate ventralmente, in genere fra il capo e il torace. La loro funzione primaria consiste nel rilascio, dietro stimolo dell'ormone cerebrale, dell'ecdisone, che induce la muta. Il sistema esocrino è composto da ghiandole uni- o pluricellulari. Queste ultime sono a loro volta semplici o composte, le prime con un unico dotto escretore comune a tutte le cellule, le altre con un dotto escretore per ogni cellula confluente un serbatoio comune. Altre classificazioni possono riguardare la posizione e la distribuzione nel corpo. Per quanto riguarda la natura del secreto, nella classe vi è una grande varietà di ghiandole, molte delle quali sono tuttavia specifiche di uno o più gruppi sistematici. Ghiandole che svolgono la stessa funzione possono inoltre differire per localizzazione, struttura e sviluppo in funzione delle varie categorie sistematiche. Una trattazione dell'anatomia e della fisiologia del sistema esocrino non può prescindere da una semplificazione riduttiva, data l'estrema eterogeneità. Per gli approfondimenti si rimanda perciò ai singoli gruppi sistematici. Fra i sistemi ghiandolari di maggiore frequenza si citano i seguenti: • Ghiandole accessorie dell'apparato genitale. Presenti in entrambi i sessi, secernono sostanze

che in genere sono coadiuvanti della riproduzione (figura 46): il secreto dei maschi ha funzioni trofiche nei confronti degli spermatozoi, quello delle femmine interviene, in genere, nella dinamica dell'ovideposizione.

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• Ghiandola acida (figura 46).

Figura 46 – Apparato secretore. Alcune ghiandole presenti in alcuni insetti.

• Non mancano funzioni specifiche estranee alla riproduzione come le ghiandole velenifere degli imenotteri aculeati (figura 47).

Figura 47 – Apparato secretore. Aculeo di imenottero vespoide dal quale

fuoriesce una goccia di secreto emesso dalle ghiandole velenifere.

• Ghiandole a feromoni. Presenti in vari ordini e, in genere, localizzate nell'addome, secernono sostanze volatili attive a basse concentrazioni, percepite quasi sempre solo da individui della stessa specie. I feromoni hanno per lo più una funzione di comunicazione chimica nella vita relazionale e sono coinvolti nella riproduzione, nelle interrelazioni all'interno di comunità, nelle dinamiche di competizione intraspecifica. Tali sostanze sono in genere percepite da individui di sesso opposto appartenenti alla stessa specie, meno frequentemente da individui di specie diverse. Non mancano tuttavia casi di feromoni percepiti anche da individui di specie diversa. Queste differenze sono dovute alla funzione svolta dal feromone:

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1. Attrazione del maschio della stessa specie. Questa funzione è svolta dai feromoni sessuali, sostanze emesse da ghiandole addominali delle femmine e percepite solo dai maschi della stessa specie.

2. Segnalazione di un pericolo ad una comunità. Questa funzione è svolta dai feromoni di allarme, sostanze emesse da insetti sociali in particolari condizioni di pericolo. L'esempio classico di feromone d'allarme è quello emesso dai sifoni degli afidi quando vengono catturati da un predatore: il feromone viene percepito dagli altri afidi della colonia che si allontanano dal sito o si lasciano cadere dalla pianta per sfuggire ad eventuali aggressioni. Una funzione simile è svolta dal feromone emesso da una ghiandola annessa all'aculeo delle api: come è noto, l'aculeo delle api resta incastrato nella pelle dell'eventuale aggressore emanando un feromone che attira altre api in soccorso.

3. Marcatura. Questa funzione è svolta dai feromoni marcanti, emessi per molteplici scopi, secondo i casi, da numerose specie. In genere i feromoni marcanti hanno lo scopo di indirizzare individui della stessa specie verso una fonte di cibo; ad esempio, le formiche e le termiti operaie marcano il percorso fra il nido e la fonte di cibo per indirizzare le operaie). In altri casi sono emessi per segnalare l'avvenuta ovideposizione da parte di una femmina e prevenire fenomeni di competizione intraspecifica: ad esempio, le femmine di diversi Ditteri Tefritidi marcano i frutti in cui hanno deposto l'uovo, o le uova, per evitare che altre femmine vi depongano a loro volta; in modo analogo si comportano le femmine di molti Imenotteri parassitoidi. In altri casi il feromone marcante ha uno scopo aggregante in quanto attira individui della stessa specie per formare una comunità; comportamenti di questo genere si riscontrano ad esempio fra i Blattoidei e gli Ortotteri Celiferi in fase gregaria.

4. Attrazione di nemici. Si tratta in questo caso di una funzione negativa, svolta da feromoni detti kairomoni. In questi casi il feromone emesso dall'insetto è percepito dai suoi antagonisti, predatori o parassitoidi, che riescono perciò a localizzare la vittima.

5. Inibizione dello sviluppo sessuale. Questa funzione è svolta dai feromoni di inibizione, emessi dalla regina delle specie che presentano un polimorfismo di casta. Il feromone in questo caso ha lo scopo di inibire lo sviluppo sessuale nelle femmine sterili che formano la casta delle operaie.

• Ghiandole ceripare. Frequenti fra gli Imenotteri, i rincoti omotteri e alcuni coleotteri (figura 48), sono in genere diffuse nel tegumento e secernono la cera. Il secreto è usato per vari scopi, fra cui è frequente la protezione del corpo.

Figura 48 – Apparato secretore. Le larve di alcuni Coleotteri Coccinellidi hanno il corpo ricoperto da abbondanti secrezioni cerose per mimetizzarsi.

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• Ghiandole odorifere. Presenti in genere nella parte dorsale del corpo, si rinvengono in vari ordini (Rincoti, Coleotteri, Ditteri, Imenotteri, Lepidotteri, Neurotteri). Il secreto è composto da sostanze volatili che possono avere un effetto repulsivo o, al contrario, attrattivo. Nel primo caso ha funzioni difensive, nel secondo induce spesso l'instaurazione di rapporti di simbiosi.

• Ghiandole salivari. Presenti nella zona cefalica della generalità degli insetti, sono associate alle appendici boccali. Emettono succhi digestivi contenenti spesso anche sostanze con azione specifica in determinati contesti (anticoagulanti, declorofillizzanti).

• Ghiandole sericipare. Presenti in molti ordini, mostrano una notevole varietà nella localizzazione e nella struttura. Secernono la seta, utilizzata, secondo i casi, per la costruzione di bozzoli, nidi, ooteche, capsule protettive del corpo (figura 49).

Figura 49 - Bozzolo costruito con la seta secreta dalle ghiandole labiali del bombice del gelso (Bombix mori L.)

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• Osmeterium, un processo ghiandolare retrattile che emette un secreto ad azione repulsiva della larva di un macaone (figura 50).

Figura 50 – Apparato secretore. Processo ghiandolare retrattile che emette un secreto ad azione repulsiva della larva di un macaone.

La figura 51 è una rappresentazione conclusiva, sintetica e schematica della morfologia di un insetto.

Figura 51 - Rappresentazione schematica sintetica dell'anatomia dei sistemi circolatorio e nervoso e degli apparati digerente, escretore e riproduttore di una femmina di ortottero.