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Capitolo 4
Misure Accelerometriche
4.1 Considerazioni generali: vibrazioni e comfort
Si consideri il caso in cui la vibrazione sia costituita da un moto armonico semplice, di ampiezza
A e pulsazione ω: tra spostamento, x, velocita , x, ed accelerazione, x si hanno le relazioni:
x(t) = A sin(ωt)
x(t) = ωA cos(ωt) (4.1)
x(t) = −ω2A sin(ωt)
si nota che mentre la frequenza rimane immutata si ha uno sfasamento di 90o tra velocita e
spostamento, e tra velocita ed accelerazione.
Le relazioni tra le ampiezze sono collegate tra loro attraverso la pulsazione ω; se si considera
come riferimento l’ampiezza relativa alla velocita, indicata con |Ax| = ω|Ax|, si puo scrivere:
|Ax| = |Ax|/ω → lg Ax = lg Ax − lg ω (4.2)
|Ax| = ω|Ax| → lg Ax = lg Ax + lg ω
quindi, con riferimento all’ampiezza in velocita, l’ampiezza in spostamento e inversamente
proporzionale alla pulsazione ω e quella in accelerazione e direttamente proporzionale ad ω.
Per frequenze elevate la misura piu facilmente apprezzabile (in ampiezza) da uno strumento di
misura e quella in termini di accelerazione mentre per basse frequenze e quella in termini di
spostamento; si nota anche che in termini di ampiezza in spostamento si ha una attenuazione
delle componenti ad alta frequenza. Un modo classico di presentare spostamento, velocita ed
accelerazione in funzione della frequenza e quello di usare un grafico dove sono riportate in
ascissa, in scala logaritmica, le frequenze ed in ordinate, sempre in scala logaritmica, le velocita
mentre le rette con pendenza a 45◦ (+1) indicano le linee di spostamento costante e quelle con
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Figura 4.1: curve caratteristiche di soglia per la vibrazione.
pendenza−45◦ (-1) le linee di accelerazione costante come in Fig. 4.1. In generale si puo ritenere
che l’indice migliore per la valutazione del possibile danno strutturale dovuto alla vibrazione sia
legato all’ampiezza della velocita , mentre l’ampiezza dell’accelerazione e la caratteristica a cui
risulta piu sensibile l’uomo.
La ISO (International Organization for Standardization) definisce uno standard relativo ai livelli
di vibrazione che risultano accettabili in diverse situazioni.
Questi standards sono espressi in termini di valori quadratici medi del segnale x(t), con la
simbologia in uso RMS (Root Mean Square) definiti dalla:
xRMS =
[lim
T→∞1T
∫ T
0x2(t)dt
]1/2
(4.3)
L’approccio classico per rappresentare questi limiti e con una rappresentazione grafica delle
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relazioni che legano spostamento, velocita ed accelerazione nel caso di un sistema SDOF (Single
Degree Of Freedom).
Nel diagramma di Fig. 4.1 sono indicati i limiti per la sensibilita umana, il danno strutturale e
la vibrazione di sistemi meccanici.
Come esempio e facendo riferimento alla Fig. 4.1 si valuti l’effetto che una irregolarita al suolo
dell’ordine di 0.2 mm ha su di un velivolo in movimento sul terreno, se questo velivolo viene
rappresentato con un modello SDOF non smorzato dove le caratteristiche del velivolo sono
riportate ad una massa m ed una rigidezza K di valore:
m = 10000Kg
k = 5× 106 N/m
e se l’altezza della irregolarita viene considerata come il valore quadratico medio dello sposta-
mento.
Per un sistema ed un grado di liberta si ha:
ω =
√K
m=
√5× 106
104=√
500 = 22.36 rad/s
f =ω
2π= 356 Hz
Dal diagramma si vede che per questo valore di frequenza ed un’ampiezza di 0.2 mm si ha
un punto che risulta all’interno della zona di percezione per il passeggero con un livello di
accelerazione di circa 0.05m/s.
Si vede che per allontanare il punto di lavoro dalla zona disensibilita per il passeggero, una volta
fissata l’entita della irregolarita al suolo, si deve ridurre la frequenza del sistema: cio si puo
ottenere aumentando la massa, che tuttavia e evidentemente legata alla categoria del velivolo,
o diminuendo la rigidezza, che dipende dalle caratteristiche della sospensione come la pressione
dei pneumatici, cosı ponendo:
m = 10000Kg
K = 1× 106 N/m
si ha:
ω =
√K
m=√
100 = 10 rad/s
f = 1.59 Hz
Dal diagramma si vede che il punto di lavoro si sposta verso l’esterno della zona di sensibilita
con un livello di accelerazione di circa 0.01m/s2.
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Naturalmente questo procedimento e soltanto indicativo del problema, ma il modello SDOF
puo essere insufficente per la stima della dinamica del velivolo nel suo movimento al suolo e
la variazione delle caratteristiche di rigidezza della sospensione puo risultare incompatibile con
altre del progetto del velivolo.
Per quanto riguarda le ampiezze delle vibrazioni di interesse queste variano di diversi ordini di
grandezza a seconda dei problemi: ad esempio possono essere dell’ordine di 10−4mm nel caso di
banchi ottici o di strumentazione medica (per frequenza tra .1 ed 1 Hz).
Nel campo delle vibrazioni meccaniche le frequenze di interesse variano tra 10 e 10000 Hz e le
ampiezze vanno tra qualche decimo di millimetro e diversi centimetri.
Riprendiamo il caso del velivolo precedentemente esaminato nel modello SDOF con le caratte-
ristiche:
m = 10000Kg
K = 5× 106N/m
a cui si aggiunge un coefficiente di smorzamento viscoso:
c = 105Ns/m
ed il caso di un altro sistema SDOF , che si riferisce al modello di un giradischi, con i seguenti
parametri:
m = 1Kg
K = 500N/m
c = 10Ns/m e si valutano le caratteristiche dinamiche dei due sistemi. Per il velivolo si ha:
ω1 =
√K1
m1=
√5× 106
104=√
500 = 22.36rad/s (4.4)
il coefficiente adimensionale di smorzamento e dato da:
ζ1 =c1
2m1ω1=
105
2× 104 × 22.36= 0.223 (4.5)
e la pulsazione smorzata e quindi:
ωs1 = ω1
√1− ζ2
1 = 21.80rad/s (4.6)
Per il secondo sistema si ha:
ω2 =
√K2
m2=
√5001
= 22.36rad/s (4.7)
100
il coefficente adimensionale di smorzamento e dato da:
ζ2 =c2
2m2ω2=
102× 1× 22.36
= 0.223 (4.8)
e la pulsazione smorzata e quindi:
ωs2 = ω2
√1− ζ2
2 = 21.80rad/s (4.9)
I due sistemi, fisicamente del tutto diversi, presentano le stesse frequenze naturali e lo stesso
coefficiente di smorzamento: ma i due sistemi, anche se equivalenti da questo punto di vista,
sono invece diversi dal punto di vista della risposta.
L’accelerometro, che e il trasduttore base per la valutazione del comportamento dinamico di un
sistema, permette di individuare le caratteristiche proprie di un sistema strutturale ed il livello
di sollecitazione in un punto della struttura e quindi le caratteristiche di risposta.
4.2 Trasduttore sismico ed accelerometro
La misura delle vibrazioni si puo eseguire con un trasduttore sismico: che e costituito da un siste-
ma massa, molla, smorzatore collegato ad una struttura, come indicato in Fig. 4.2, l’equazione
della dinamica risulta in tal caso:
mx + c(x− u) + k(x− u) = 0 (4.10)
dove m, c, k sono le caratteristiche di massa, smorzamento e rigidezza del sistema, x indica lo
spostamento della massa m ed u indica lo spostamento della base di connessione del sistema alla
struttura,Fig. 4.2. Se si indica con z = x − u il movimento della massa m dell’accelerometro
relativo alla struttura si ha:
mz + cz + kz = −mu (4.11)
ma u(t) indica lo spostamento della base di collegamento e nel caso di moto armonico semplice
u(t) = u cosωt e si ha quindi la classica espressione del sistema smorzato con ingresso armonico.
Si indichi con ζ il coefficiente adimensionale di smorzamento, che e il rapporto tra il coefficiente
di smorzamento c del sistema ed il valore critico di smorzamento, definito dalla:
ζ = c/cc = c/2√
mk (4.12)
Procedendo come nei paragrafi 1.6.2 e 1.6.3 (caso di ingresso armonico) si ottiene per la equazione
del sistema 4.10 la soluzione:
|z/u| = (ω/ωn)2√(1− (ω/ωn)2
)2+ 4ζ2 (ω/ωn)2
(4.13)
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Figura 4.2: schema funzionale di un acceleromatro.
con:
φ = − arctan[2ζ(ω/ωn)/
(1− (ω/ωn)2
)](4.14)
Si ha quindi l’andamento di Fig. 4.3 in cui ζ appare come parametro; |z/u| tende ad 1 all’
aumentare del rapporto ω/ωn e questo per qualunque valore delle caratteristiche di smorzamento
del sistema, che sono rappresentate dal valore del coefficiente adimensionale di smorzamento ζ.
Questo significa che all’aumentare della frequenza di oscillazione, rispetto alla frequenza propria
del sistema di misura, l’uscita z si avvicina al valore, indicato con u, dello spostamento della
struttura in esame.
Se le frequenze in gioco sono legate a problemi strutturali in campo aerospaziale e quindi rela-
tivamente basse, ad esempio in un campo di valori compreso tra pochi Hz e qualche centinaio
di Hz, la frequenza propria dello strumento di misura deve essere al massimo di qualche Hz e
quindi la massa dello strumento deve essere relativamente grande con il rischio di perturbare la
misura con errori di inserzione molto grandi.
Anche in conseguenza di tali considerazioni, la misura delle vibrazioni viene in genere condotta
con la misura diretta di accelerazioni e non di spostamenti, come e stato considerato precedente-
mente, con l’impiego di trasduttori detti accelerometri: cio consente di utilizzare dei trasduttori
costituiti da masse molto piccole, che non influenzano con la loro presenza il comportamento
stesso della struttura. Per passare poi dalla misura della accelerazione a quella dello sposta-
mento e necessario eseguire una doppia integrazione sul segnale che si preleva dal sensore. Se si
deriva due volte la relazione che fornisce un segnale di ingresso sinusoidale:
u = u∗ cosωt (4.15)
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Figura 4.3: modulo della curva di risposta di un sensore sismico.
si ha:
u = −u∗ω2 cosωt (4.16)
e quindi dalla 4.13 si ottiene:
ω2n|z/u| = 1√(
1− (ω/ωn)2)2
+ 4ζ2 (ω/ωn)2(4.17)
da questa relazione si vede che lo spostamento relativo z e di fatto praticamente proporzionale
alla accelerazione u del corpo sul quale e fissato l’accelerometro.
In Fig. 4.4 viene riportato l’andamento di ω2n|z/u| in funzione del rapporto ω/ωn dove ωn indica
la pulsazione propria non smorzata dell’ accelerometro. Si vede che per ω/ωn che tende a zero
si ha il rapporto ω2n|z/u| che tende ad uno per qualunque valore di ζ mentre per ω/ωn che tende
all’infinito il rapporto ω2n|z/u| tende a zero sempre per qualunque valore di ζ. Dalla Fig. 4.4
si vede inoltre che z tende al valore di u quando la pulsazione ω e piu’ piccola di ωn ed il valore
piu opportuno per il coefficiente adimensionale di smorzamento risulta ζ = 0.707 = 1/√
2.
Si nota che tanto piu e elevata la frequenza propria tanto piu, a parita di accelerazione, e piccolo
lo spostamento; se si deve ottenere una banda passante molto elevata per il trasduttore bisogna
aumentare la pulsazione propria ωn e quindi si deve diminuire la massa dell’accelerometro ed
aumentare la sua rigidezza (per la pulsazione naturale si ha infatti la relazione ωn =√
k/m).
Questa situazione riduce l’effetto di perturbazione del trasduttore sulla struttura e limita quindi
103
Figura 4.4: modulo della curva di risposta di un accelerometro.
l’errore di inserzione, ma riduce anche la sensibilita del trasduttore. Gli accelerometri di tipo
piezoelettrico possono presentare delle frequenze naturali molto elevate, ad esempio fn = 105 Hz:
se si considera una banda passante limitata al 20 % di fn si puo avere un impiego fino a
fn = 2× 104 Hz.
4.3 Accelerometri piezoelettrici
Si possono realizzare accelerometri piezoelettrici basati sull’impiego di cristalli che, sollecitati
secondo una direzione presentano delle cariche elettriche che sono proporzionali alla sollecitazione
stessa, ma secondo una direzione diversa da quella di sollecitazione.
Tutti i trasduttori sono composti da una base che viene collegata alla struttura, un cristallo
piezoelettrico, ed una massa che sono contenuti all’interno di un involucro di protezione.
Si consideri, Fig. 4.5, un cristallo di quarzo sollecitato con una forza F , come conseguenza della
applicazione della forza si presentano delle cariche +Q e −Q sulle superfici, diverse da quelle di
sollecitazione, come indicato in figura 4.5:
Q = dijF (4.18)
dove dij (con valori caratteristici intorno a 10−12C/N) indica una costante piezoelettrica che
fornisce la quantita di carica che il quarzo presenta per effetto della sollecitazione.
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Figura 4.5: schema elementare di un accelerometro piezoelettrico.
Le cariche +Q e −Q che sono provocate dalla presenza della forza F sono separate da un
dielettrico, che e costituito dal cristallo di quarzo stesso, in questo modo si forma un condensatore
definito dalla:
Q = C V (4.19)
dove C indica la capacita del condensatore data dalla:
C = εAq/h (4.20)
dove Aq e la superficie (carica) del quarzo, h e la distanza tra le armature del condensatore, in
questo caso e lo spessore del quarzo, ed ε e la costante dielettrica. Si ha quindi una tensione:
V =dijF
C=
hdijm
εAqy = Kqy (4.21)
dove y indica l’accelerazione lungo la direzione y (F = my) ed m e la massa solidale al cristallo
di quarzo.
Si ottiene quindi che la tensione V e proporzionale alla forza di inerzia della massa m e quin-
di alla sua accelerazione; ma la tensione V richiede la persistenza delle cariche elettriche che
tendono invece a “scaricarsi” attraverso il condensatore, quindi l’amplificatore che deve rilevare
la tensione V deve presentare una impedenza di ingresso molto elevata. Se si considera allora
la capacita del cristallo di quarzo indicata con Cq, quella dei cavi di collegamento, Cc, e quella
dell’amplificatore, Ca, si ha che la capacita totale e:
CT = Cq + Cc + Ca (4.22)
105
Figura 4.6: schema equivalente di un accelerometro piezoelettrico.
analogamente per quanto riguarda le resistenze si ha:
1/RT = 1/Rq + 1/Rc + 1/Ra = (RqRa + RqRc + RcRa) /RqRaRc (4.23)
e quindi
RT =RqRcRa
RqRa + RqRc + RcRa(4.24)
come indicato nei circuiti di Fig. 4.6. Quindi si tratta di un condensatore di capacita CT , data
dalla 4.22, che si scarica su di una resistenza RT data dalla 4.23 e la tensione varia nel tempo
secondo la relazione:
V (t) = V0e−t/RT CT = V0e
−t/τ (4.25)
di conseguenza la costante di tempo τ = RT CT deve essere molto piu grande del tempo che si
impiega per effettuare la misura, questo ultimo tempo e legato al periodo del segnale. Pertanto
risultera critica la misura di segnali con periodi molto lunghi, cioe di segnali che sono lentamente
variabili nel tempo.
Naturalmente sono anche da tenere in conto diversi effetti dovuti alle caratteristiche del cavo
di collegamento, che presenta una capacita piccola e variabile con la lunghezza del cavo stesso
ed anche la resistenza puo variare a seconda delle condizioni ambientali, come ad esempio la
temperatura.
Le caratteristiche complessive di un accelerometro piezoelettrico sono legate al prodotto della
funzione di trasferimento meccanica e di quella dovuta al circuito elettrico. In Fig. 4.7 vie-
ne riportato un andamento indicativo della funzione di trasferimento complessiva, HT (f), in
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Figura 4.7: banda passante effettiva di un accelerometro piezoelettrico.
funzione della frequenza. Come si vede si possono individuare tre regioni di funzionamento:
• a bassa frequenza fino ad f11 dove la risposta e determinata dal circuito elettrico;
• tra le frequenze f1 e f2 dove la risposta e vicina al comportamento ideale e rappresenta la
regione di lavoro dell’accelerometro;
• al di sopra di f2 dove la risposta e determinata dalla funzione di trasferimento meccanica; si
nota il picco di risonanza che corrisponde alla frequenza di risonanza fn dell’accelerometro.
Dalla Fig. 4.7 si osserva che se l’accelerometro invece che piezoelettrico e basato su di un
estensimetro a semiconduttore la risposta a bassa frequenza, nel campo 0−−f1, rimane unitaria
fino a frequenza nulla.
I dettagli costruttivi degli accelerometri piezoelettrici variano secondo i costruttori e gli obiettivi
dell’accelerometro. Bisogna tener conto degli effetti secondari che riguardano temperatura,
pressione acustica, flessione della base, campi magnetici, etc.
Il cristallo viene, in genere precaricato in modo da lavorare con caratteristiche lineari e questo
precarico serve anche per poter lavorare con accelerazioni positive e negative ma sempre con il
cristallo in compressione.
Lo sviluppo dei microcircuiti ha permesso di incorporare l’amplificatore di carica nell’accelero-
metro stesso.1Il valore di f1 dipende dalle caratteristiche del singolo accelerometro ma e in genere dell’ordine di qualche
Hz.
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Figura 4.8: schema di un sensore di rotazione.
Si possono impiegare accelerometri miniaturizzati di dimensioni 3×3×3mm e con massa minore
di mezzo grammo ed accelerometri triassiali di dimensioni 7× 7× 7mm con massa inferiore ad
un grammo.
La sensibilita trasversale e relativamente elevata dell’ordine di qualche per cento.
Il collegamento con la struttura di misura puo avvenire con cera, con dispositivi magnetici o
meccanici. Il collegamento porta ad una riduzione della frequenza naturale rispetto a quella che
viene indicata per l’accelerometro non collegato, la riduzione puo essere dell’ordine del 50%.
4.4 Misure di accelerazione angolare
Per quanto riguarda la misura di accelerazione angolare sono stati proposti diversi metodi, che
sono in parte ancora in sviluppo.
In genere si fa riferimento ad una coppia di accelerometri posti ad una piccola distanza, fissata
e nota, indicata con L in Fig. 4.8. Dalla misura delle accelerazioni dei punti A e B indicate
con xA e xB si possono ricavare le accelerazioni x0 e θ0, si ha infatti:
x0 = (xA + xB) /2 (4.26)
θ0 = (xA − xB) /L (4.27)
Si osserva che la misura di accelerazione angolare richiede la differenza tra due valori di accele-
razione xA e xB che sono molto vicini tra loro; in genere questa differenza e di qualche per cento
appena del loro valore (anche soltanto l’uno o il due per cento) e quindi l’errore che si compie
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sulla misura di accelerazione angolare e molto grande. Ad esempio la sensibilita alla componen-
te trasversale di accelerazione puo essere dello stesso ordine di grandezza della sensibilita della
misura e questo giustifica l’incertezza che e tuttora presente su questo tipo di misura.
Piu recentemente si sono sviluppati dei trasduttori, sempre basati su elementi piezoelettrici, che
possono misurare insieme accelerazioni lineari ed angolari con elevata sensibilita (dell’ordine di
1000 mV/g e 50 mV/rad/s) e banda passante da 0.5 a 2000 Hz.
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