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MECCANICA DELLA

FRATTURA

Costruzione di Macchine 3

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Progetto tradizionale

• Il passo fondamentale della progettazione strutturale è costituito dall’esecuzione del confronto tra il livello di rischio che il cedimento avvenga e la capacità di resistenza del materiale.

• Supponendo che il livello di rischio sia rappresentato dal valore dello sforzo, o massimo o equivalente, a seconda del caso, è evidente che il cedimento non si verifica se

Lσσ ≤

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Progetto tradizionale

• La diseguaglianza è ineccepibile se l’oggetto del confronto è lo stato tensionale misurato nell’elemento e la resistenza del materiale costituente l’elemento.

• Questa eventualità è praticamente impossibile nella pratica progettuale corrente.

• Infatti nella maggior parte dei casi lo stato tensionale è quello calcolato sulla base di una serie di ipotesi semplificative e la resistenza del materiale inoltre è quella rilevabile con prove di laboratorio su un materiale definito, per composizione e lavorazioni, equivalente a quello utilizzato.

• E’ evidente quindi che le grandezze presenti nei due membri della (5.1) non sono più omogenee in quanto si riferiscono solo in modo indiretto all’elemento meccanico in studio.

• La relazioen scritta diviene per sua natura debole e inaffidabile.

• Considerando però che essa interessa in quanto disuguaglianza, si può aumentare la sua forza supponendo di aumentare il valore del membro di destra e di diminuire il valore del membro di sinistra.

• Ciò si può fare introducendo due coefficienti, entrambi maggiori dell’unità,X1 e X2

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Coefficiente di sicurezza

• I due coefficienti introdotti hanno il seguente significato– X1 esprime la maggiorazione che è necessario introdurre

nel valore dello sforzo massimo calcolato per essere certi che esso sia sicuramente uguale o maggiore del valore reale dello sforzo massimo;

– X2 esprime la diminuzione che è necessario introdurre nel valore dello sforzo limite attribuito al materiale per essere certi che esso sia sicuramente minore o uguale del valore reale di resistenza.

• Introducendo per semplicità un unico coefficiente

2

1X

X Lσσ ≤

X

Lσσ ≤

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Coefficiente di sicurezza

• Il valore di X deve essere stimato sulla base delle incertezze connesse con il procedimento di progetto.

• Infatti tanto maggiore è il grado di incertezza del processo di determinazione dello sforzo o il grado di indeterminazione della resistenza del materiale tanto piùgrande deve essere il valore di X che per tale motivo è, in generale, proporzionale al margine di incertezza del procedimento.

• D’altra parte, poiché all’aumentare di X aumenta la forza e l’affidabilità della relazione di progetto, in generale Xviene denominato con il più rassicurante termine di

“coefficiente di sicurezza”.

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Coefficiente di sicurezza

• In generale il valore del coefficiente di sicurezza viene prescritto dalla normativa.

• Un valore tipico è quello di 1.5, relativo alle costruzioni metalliche in generale sotto l’azione di sollecitazioni statiche e condizioni di carico operative

• Nel caso di sollecitazioni di fatica c

k

/12.3=γ

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Coefficiente di sicurezza

• Quella presentata è

comunque una

semplificazione,

perché il problema

è più complesso

come emerge

dall’esame del

diagramma di

Soderberg

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Coefficiente di sicurezza

• Il coefficiente di sicurezza, fin qui brevemente descritto, si è rivelato uno strumento progettuale molto potente ed efficace dagli albori della progettazione meccanica fino ad oggi. Esso presenta però alcune limitazioni che hanno indotto, negli ultimi decenni, i progettisti a percorrere nuove strade.

• La prima rilevante limitazione è che ogni aumento del margine di sicurezza comporta un aumento delle dimensioni dell’elemento e quindi del suo peso, a parità di altre condizioni.

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Coefficiente di sicurezza

• Si supponga, a titolo di esempio, di voler raddoppiare il margine di sicurezza in una albero sollecitato a torsione

3max

16

d

M t

⋅=

πτ

X

Lττ =max

t

L

M

dX

16

3⋅=

πτ

33

1 2dd =

Il raddoppio del

coefficiente di sicurezza

comporta un aumento del

59% del peso

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Coefficiente di sicurezza

• Questa caratteristica è penalizzante dal punto di vista economico per tutti i tipi di applicazione, e specialmente, per i veicoli, terrestri e non, per i quali un aumento del peso delle strutture, diminuisce a parità di altre caratteristiche, il carico pagante e quindi l’economicità di esercizio.

• L’altra limitazione fondamentale riguarda l’ambiguitàdella definizione; infatti, il coefficiente introdotto, come già detto, può essere interpretato come margine di sicurezza ma anche come misura dell’incertezza e dal livello di ignoranza del processo di progettazione. Per tale motivo si presume, ma non si è certi, che un aumento del coefficiente di sicurezza corrisponde ad una diminuita possibilità che il cedimento abbia luogo.

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Coefficiente di sicurezza

• Si supponga di eseguire il progetto e la

costruzione di un numero notevole di elementi

identici, utilizzati in condizioni equivalenti.

• Se il loro numero è sufficientemente elevato per

applicare i principi della statistica si può

dimostrare come la distribuzione dei valori degli

sforzi, agente e limite, assuma una forma che

può essere ben rappresentata da una gaussiana

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Coefficiente di sicurezza

σ

Π(σ)

σ0

σm

ax

σ

Π(σ)

σ0

σm

ax

Configurazione originale

Aumento del coefficiente

di sicurezza / aumento

della sezione resistente

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Coefficiente di sicurezza

• Oltre a quelle già sviluppate, altre considerazioni però possono essere svolte sulla base dell’esame delle figure precedenti.

• Infatti emerge che se la zona campita, che costituisce l’intersezione tra le aree sottostanti le due curve, definisce degli esemplari per i quali può avvenire il cedimento, per tutte le coppie dei punti esterni a tale intersezione, il progetto è intrinsecamente sicuro.

• Tale sicurezza non viene ottenuta attraverso un sovradimensionamento, ma solo attraverso un favorevole accoppiamento.

• In altri termini se fosse disponibile un criterio per “discernere” se ci si trova nelle condizioni per cui la resistenza è sufficiente o viceversa, sarebbe possibile scartare tutti gli elementi con resistenza inaccettabile ed utilizzare solo quelli per i quali il progetto è sicuro.

• In tal modo, senza variare le dimensioni, i pesi ed i costi, siotterrebbe un reale aumento della sicurezza.

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Lo sforzo presso una cricca

• In una piastra infinita sottoposta a trazione e dotata di un foro ellittico, il valore massimo della tensione risulta essere

• Ricordando che

• Si ha

+⋅=b

a21max σσ

a

b2

+⋅=

2

1

max 21ρ

σσa

ρ Raggio minimo di curvatura dell’ellisse

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Meccanica della frattura

• In una cricca di fatica il valore di ρ può essere compreso tra 10-2 e 10-6 mm, il che comporta che la tensione èpraticamene pari ad infinito e comunque è diversi ordine di grandezza più grande della resistenza di qualsiasi materiale.

• Viceversa, sappiamo sperimentalmente che alcune cricche presenti in un elemento sollecitato, si propagano mentre altre si arrestato.

• E’ evidente allora che il fenomeno della propagazione di una fessura e, quindi, della rottura di un elemento strutturale non può essere correttamente descritto dal valore dello sforzo massimo all’apice della cricca.

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Meccanica della frattura

• In altri termini, vista la divergenza del valore dello sforzo, è necessario sostituire alla grandezza di punto (lo sforzo) una grandezza di campo.

• Se si calcola il limite del prodotto σmax·ρ½

si ottiene

Esiste quindi una grandezza, σmax·ρ½ , che rimane finita, nonostante lo sforzo diverga all’infinito

σρσρ

21

21

max0

2lim a=⋅→

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Meccanica della frattura

Griffith postula l’ esistenza di

fessure microscopiche che,

durante il processo di

deformazione, aumentano di

dimensione fino al collasso

finale.

La rottura si verifica quando le

dimensioni della fessura

possono aumentare senza

apporto di energia dall’ esterno

Detta W l’ energia e a la dimensione di mezza fessura, deve essere:

dW/da = 0

Poiché l’ energia totale è la somma dell’ energia potenziale Π, dovuta allo stato di sforzo e deformazione, e del lavoro L, necessario per creare una nuova

superficie libera si ha

-dΠ/da = dL/da

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Meccanica della frattura

• Si può scrivere

ta

a

E

abLE

ba

R

f

R

f

cos

2

rottura di condizioniin ouguagliand e Derivando

4 ;

2/1

2/1

22

0

=

=

=−Π=Π

σ

π

γσ

γπσ

cioè si ritrova, per altra via, che il prodotto dello sforzo massimo

per la dimensione della cricca è una grandezza fondamentale

per valutare la criticità della propagazione della cricca. Infatti si

può scrivere 21

acK ⋅= σK è detto “FATTORE DI INTENSITA’ DEGLI SFORZI”

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Meccanica della frattura

−⋅

=2

3sen

2sen1

2cos

2

ϑϑϑ

πσ

r

K I

x

Risolvendo il problema elastico intorno

ad una discontinuità per un mezzo

piano indefinito posto in trazione si ha:

+⋅

=2

3sen

2sen1

2cos

2

ϑϑϑ

πσ

r

K I

y

2

3cos

2cos

2sen

2

ϑϑϑ

πτ

r

K I

xy⋅

=

+−

=2

sen2422

cos22

2

21ϑ

νϑ

πr

G

Ku I

( )

−−

=2

cos2142

sen22

2

21ϑ

νϑ

πr

G

Kv I

Nelle espressioni scritte KI è il fattore di intensità degli sforzi in cui il pedice I

ricorda il tipo di sollecitazione che provoca una modalità di apertura che tende a

separare i lembi della cricca.

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Meccanica della frattura

−⋅

−=

2

3cos

2cos2

22

ϑϑϑ

πσ sin

r

K II

x

Modo II

2

3cos

2cos

22

ϑϑϑ

πσ sin

r

K II

y⋅

=

−⋅

=2

3sen

2sen1

2cos

2

ϑϑϑ

πτ

r

K I

xy

+−

=2

cos2442

sen22

2

21ϑ

νϑ

πr

G

Ku II

−−

−=

2sen242

2cos

22

2

21ϑ

νϑ

πr

G

Kv II

Modo III

2cos

2

ϑ

πτ

r

K III

xz⋅

=

2sen

2

21ϑ

π

=r

G

Kw III

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Meccanica della frattura

• Nel caso di modo di apertura I, detto per lacerazione, si può dimostrare che la

costante C è pari a π

• Quindi

• In generale

• Dove Y è un fattore che dipende dalla forma e dimensioni della cricca e dalla

condizione di sollecitazione.

aK I ⋅= πσ

aYK II ⋅= πσ

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Esempi di cricche

21

tan

⋅⋅

=w

a

a

wYI

ππ

YI = YII

w

a

w

a

YIII2

1

12

12

−=

π

432

38.3071.2155.1023.012.1

+

+

−=w

a

w

a

w

a

w

aYI

322

93.12

20.12

20.012.1(

+

+=w

a

w

a

w

aYI

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Meccanica della frattura

B

a

w

Compact Tension La sperimentazione mette in evidenza

che esiste un valore “critico” di K che

costituisce il valore di confine tra le

ricche che si propagano, cioè

aumentano in modo instabile le loro

dimensioni, e quelle che non si

propagano.

Riferendosi al modo I di apertura, che è il più frequente, tale valore è

denominato KIC ed è una funzione delle caratteristiche del materiale.

Esso svolge, nel processo di deformazione e crisi del materiale, lo

stesso ruolo della tensione limite nel criterio classico di resistenza dei

materiali.

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Condizione di propagazione

ICI KK ≤

ICKaY ≤⋅πσ

La relazione scritta afferma che la tensione che provoca la crisi del materiale

non è solo funzione delle caratteristiche del materiale stesso ma dipende

dalle caratteristiche di un eventuale difetto presente nel pezzo. Manipolando

si può scrivere invece che2

1

=

σπ Y

Ka IC

c

Ciò significa che dato un certo valore della

tensione applicata σ, si ha crisi del materiale

solo se a≥ac In altri termini si è trovata una spiegazione, seppur ancora semplificata e

limitata, a quanto esposto in forma

probabilistica.

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Caratterizzazione dei materiali

• Le prove per la determinazione di KIC vengono svolte in condizioni unificate e, dato che l’interpretazione dei risultati non è immediata, l’esposizione di esse merita un approfondimento.

• Possono essere usati due tipi di provino: la provetta CT (Compact Tension) e la provetta di flessione su tre punti (Three Point Bending).

• Entrambi i provini sono dotati di una variazione di forma, resa più severa dalla presenza di una cricca ottenuta mediante una sollecitazione di fatica precedentemente applicata.

• Sui bordi dell’intaglio vengono applicati due coltelli che consentono di misurare, mediante un apposito dispositivo estensimetro, l’apertura dell’intaglio durante la prova.

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Caratterizzazione dei materiali

B

a

w

Compact Tension

wB

P

w

ayK C

IC

=

29

27

25

23

21

9.63810177.6555.1856.29

+

+

=

w

a

w

a

w

a

w

a

w

a

w

ay

Durante la prova vengono

registrati i valori del carico

applicato P e dell’apertura

dell’intaglio. Dopo la rottura

mediante i valori del carico PC

e quella lunghezza di cricca è

possibile valutare KIC

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Caratterizzazione dei materiali

B

a

w≈ 2B≈ 2a

S ≈ 4w

P

P/2P/2

Three Point

Bending

Durante la prova

vengono registrati i valori

del carico applicato P e

dell’apertura dell’intaglio.

Dopo la rottura mediante

i valori del carico PC e

quella lunghezza di cricca

è possibile valutare KIC

wB

P

w

ayK C

IC

=

29

27

25

23

21

8.15466.15018.8742.1858.11

+

+

=

w

a

w

a

w

a

w

a

w

a

w

ay

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Caratterizzazione dei materialiDispositivo per la misura

dell’angolo

I risultati della prova sono validi se lo stato di tensione è di

deformazione piana condizione che si verifica quando

BK

S

IC ≤

2

5.2σ

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Caratterizzazione dei materiali

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Caratterizzazione dei materiali

• Esiste una correlazione tra i valori di KIC e le altre caratteristiche del materiale e specialmente KV (resilienza su provino con intaglio).

• Ad esempio per materiali metallici con 760<σS<1700 (Mpa)

• Per acciai con 250 < σS < 345 (Mpa)

• In generale per materiali metallici con 270 < σS < 1700 (Mpa)

−= 01.064.0

2

S

IC KV

E

K

σ KV64.0

2

=E

K IC

5.1

2

22.0 KVE

K IC =

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Caratterizzazione dei materiali

Valori di KIC

per alcuni materiali

2.5---PVC

3---ABS

85-123830-870Leghe di Titanio

22-44370-560Leghe di Al

1101450Acciai legati al Ni

551500Acciaio al C (temprato)

KIC (Mpa √√√√m )R(MPa)Materiale

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Limiti di applicabilità

• Tutte le considerazioni fin qui svolte si riferiscono al caso, peraltro puramente ideale, di materiale elastico.

• In realtà per qualsiasi materiale, anche quello qualificato come fragile, si generano delle deformazioni plastiche all’apice della cricca.

• Se tali deformazioni si limitano ad una zona di piccole dimensioni intorno alla cricca, è possibile correggere in modo approssimato la teoria fin qui svolta per tenere conto della deformazione. Considerando un comportamento del materiale di tipo elastico perfettamente plastico e detta σS al solito, la tensione di snervamento del materiale, utilizzando le relazioni di definizione del campo tensionale per θ=0 è possibile determinare la distanza per la quale si ha

� σ = σS

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Piccole plasticizzazioni

• Si ottiene

2

2

1

=

S

I

p

Kr

σπ

y

x

rp

σS

In altri termini si può ritenere

valida l’analisi elastica fin qui

svolta purché al posto del

valore a, dimensione della

cricca, si utilizzi il valore (a+

rp). Deve cioè essere

verificata la condizione che

ICp KraY ≤+⋅ )(πσ

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Piccole plasticizzazioni

• Questa approssimazione è valida se rp è piccolo rispetto alle dimensioni del problema. In particolare detta

lmin = min(a,w-a,B) deve essere

Emerge chiaramente che quando si ha un difetto, qualunque sia il carico esterno applicato, si forma una zona plasticizzata la cui estensione è proporzionale al quadrato del campo tensionale applicato.

π5

1

min

≤l

rp

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Limiti di applicabilità della LEFM

• Un’altra considerazione fondamentale è che, contrariamente a quanto stabilito per le prove statiche classiche, dove le dimensioni hanno un’influenza scarsa o nulla sui risultati, le dimensioni dei provini influenzano profondamente i risultati. Infatti il rapporto deve essere minore di 1/5π per poter utilizzare le conclusioni della teoria elastica.

• Il parametro rp/lmin può essere utilizzato come indicativo dello stato di tensione intorno all’apice della cricca.

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Limiti di applicabilità della LEFM

• rp/lmin<1/5πsi hanno condizioni di tensione di deformazione piana per le quali è utilizzabile la meccanica della frattura lineare elastica (la frattura si propaga secondo un piano normale alla direzione di sollecitazione).

• 1/5π <rp/lmin<1 si hanno condizioni miste a deformazione piana e tensione piana.

• rp/lmin>1 si hanno condizioni di tensione piana (la frattura si propaga secondo piani a 45°rispetto alla direzione di sollecitazione).

• E’ da notare che per le due ultime condizioni non èpossibile usare la meccanica della frattura lineare elastica.

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Limiti di applicabilità della LEFMG

a

ac

Gc

Propagazione per un

materiale fragile

G

GC

B

Variazione di Gc con lo

spessore del provino

a

G

GC1

GC2

σ1σ2

σ

rpa-a0

a01 rp1

a02 rp2

a-a0 → propagazione subcritica

Propagazione

subcritica per un

materiale reale

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MECCANICA DELLA FRATTURA

ELASTOPLASTICA• Come già detto e variamente dimostrato, non esiste

alcuna soluzio-ne analitica soddisfacente per il caso di materiale elastoplastico. Esistono vari tipi di soluzioni approssimate di cui si trovano diverse applicazioni in letteratura. Una soluzione operativamente accettabile èquella fornita dal modello approssimato di Dudgale.

• In tale modello si assume:– Il materiale esibisce un comportamento elastico perfettamente

plastico;– Agli effetti tensionali si considera equivalente alla situazione

reale quella di una cricca di dimensione 2a’ dove la porzione 2(a’-a) è sollecitata da un carico costante pari a σS.

– Le deformazioni plastiche decrescono linearmente con la distanza dell’apice della cricca; in tal modo la zona deformata plasticamente ha la forma di un cuneo

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MECCANICA DELLA FRATTURA

ELASTOPLASTICA• L’apertura della cricca al suo apice deno-minata “Crack

Opening Displacement” o COD ed è indicata con il

simbolo δ è espresso dalla relazione qui riportata

⋅=

a

a

E

aS 'ln

8

πσ

δ

=

Sa

a

σσπ

2cos

'Zona plasticizzata

σS

σS

rp2a

δ

2a’

x

y

+

+

+

⋅= ...

245

1

212

1

22

18442

SSS

S

E

a

σσπ

σσπ

σσπ

πσ

δ

Trascurando i termini superiori

SE

a

σσπ

δ2⋅

= Cioè:

SE

K

σδ

2

=

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MECCANICA DELLA FRATTURA

ELASTOPLASTICA

• La relazione scritta evidenzia che se σ/σS

è piccolo (per es. inferiore a ≈0.6 ) esiste una relazione semplice tra δ e K. La differenza più importante è che mentre nel caso della teoria elastica un solo parame-tro del materiale è sufficiente per stabilire la relazione tra σ e a, nel caso del materiale elastoplastico i parametri propri del materiale in condizioni critiche diventano due

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MECCANICA DELLA FRATTURA

ELASTOPLASTICA• La determinazione del

valore critico del COD fa uso delle stese prove utilizzate per la determinazione di KIC. Misurando l’apertura V

si ricava il valore di δC

con la relazione

δ

V

a

rp

w

( )awr

a

V

p

C

−+

=1

δ

L’assetto più limitante di tali prove è che esse devono essere eseguite su provi-

ni di spessore, identico a quello dei pezzi su cui si devono utilizzare i risultati.

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MECCANICA DELLA FRATTURA

ELASTOPLASTICA

• Nell’analizzare la teoria puramente elastica della meccanica della frattura si èdetto che un aumento della condizione di sicurezza si ha eliminando gli elementi che hanno un difetto critico di dimensioni superiori a

21

=

σπIC

c

Ka

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MECCANICA DELLA FRATTURA

ELASTOPLASTICA• in generale

• Volendo estendere, in prima approssimazione, la stessa conclusione ottenuta nel caso di materiale elastico, al caso di

materiale elastoplastico, quando σ<σS si può impiegare il COD, come allora si è impiegato il KIC. Utilizzando la definizione di δc

troncata al 1°termine si ottiene per il difetto critico

QK

a IC

c

21

=

σπ

21

=Y

Q

2σπδσ

⋅= CS

c

Ea

Questa relazione è valida per σ<0.6σS , come testimo-niato da numerosi risultati sperimentali. Molti sforzi sono

stati dedicati ad estendere il campo di applicazione della

Meccanica della Frattura a casi più generali per i ma-

teriali duttili. Si tratta, allo stato attuale, di strumenti più

raffinati e complessi che vengono riportati in testi

specializzati

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LEFM e fatica

• Fin qui si è supposto che la sollecitazione esterna applicata all’elemento dotato di un difetto sia costante. In realtà negli elementi di macchine riveste un’importanza maggiore il caso di sollecitazione esterna di ampiezza variabile.

• Questo fatto implica che durante l’applicazione dei cicli di fatica si può avere una propagazione della cricca anche per piccole escursioni dello sforzo attorno al suo valor medio.

• Tale propagazione prosegue finché la cricca non presenti una lunghezza a≥ac ; in tale condizione si ha la propagazione instabile della cricca ed il cedimento di schianto.

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LEFM e fatica

I II

III

∆∆∆∆K∆∆∆∆Kth

Log da/dN

Legge di Paris

- la zona I in cui praticamente non si hanno cricche che si propagano;

- la zona II in cui si ha un andamento lineare nel piano doppio logaritmico;

- la zona III in cui la propagazione è instabile e si giunge rapidamente alla rottura.

∆Kth è il valore di soglia per la propagazione

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LEFM e fatica

• La relazione è comunemente nota come legge di Paris-Erdogan e i termini C0 e n dipendono dalle caratteristiche del materiale sotto esame.

• Da queste ultime dipende anche il valore di soglia ∆Kth al di sotto del quale non c’èpropagazione.

• Questo fatto sperimentale consente di mettere in relazione ∆Kth con σLA che è il valore di sforzo per il quale non si ha rottura per fatica (valore asintotico del diagramma di Wohler).

n

IKRECN

a∆⋅=

∆∆

),,(0 σ

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LEFM e fatica

• Infatti ricordando la definizione di fattore di intensità degli sforzi si può scrivere

• Cioè, essendo ∆Kth e σLA costanti del ma-teriale, si può definire una lunghezza di difetto per cui per a<a0 non si ha propa-gazione e per a>a0 si ha propagazione, essendo

0aYK Lth ⋅=∆ πσ

πσ1

2

0

∆=

L

th

Y

Ka

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LEFM e fatica

• Ma le relazioni scritte consentono anche un altro tipo di considerazione; per la teoria classica della fatica non si ha rottura per qualsiasi pezzo che sia sollecitato con σ <σLA. Per la meccanica della frattura, essendo ∆Kth un valore costante, per ciascun valore σ esisterà un valore di riferimento a0 della lunghezza del difetto che rappresenta la soglia di propagazione e che èespresso dalla relazione ora scritta; difetti con lunghezza inferiore non si propagano mentre quelli con lunghezza superiore si propagano.

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LEFM e fatica

• I valori delle costanti necessarie per l’applicazione della legge di Paris, per alcuni materiali di interesse applicativo possono essere trovati nei testi specializzati riportati in bibliografia

• Acciai perlitici

• Acciai martensitici

• Acciai austenitici

C0 = 6.9·10-12 m/ciclo·(Mpa·√m)-n n = 3

C0 = 1.35·10 -10 m/ciclo·(Mpa·√m)-n n = 2.25

C0 = 5.6·10 -12 m/ciclo·(Mpa·√m)-n n = 3.25

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LEFM e fatica

• Per quanto riguarda il valore di soglia esso ha

valori dipendenti dal rapporto R = Kmin/Kmax . Per

R≅0.1 si ha

• Materiale ∆Kth(Mpa√m)

• Acciai al carbonio 7÷8

• Acciai inossidabili 6

• Titanio 6.6

• Rame 2.3

• Nickel 7.4