MECCANICA DELLA FRATTURA - uniroma2.it · • In una cricca di fatica il valore di ρpuò essere...
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Prof.C.Brutti 1
MECCANICA DELLA
FRATTURA
Costruzione di Macchine 3
Prof.C.Brutti 2
Progetto tradizionale
• Il passo fondamentale della progettazione strutturale è costituito dall’esecuzione del confronto tra il livello di rischio che il cedimento avvenga e la capacità di resistenza del materiale.
• Supponendo che il livello di rischio sia rappresentato dal valore dello sforzo, o massimo o equivalente, a seconda del caso, è evidente che il cedimento non si verifica se
Lσσ ≤
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Progetto tradizionale
• La diseguaglianza è ineccepibile se l’oggetto del confronto è lo stato tensionale misurato nell’elemento e la resistenza del materiale costituente l’elemento.
• Questa eventualità è praticamente impossibile nella pratica progettuale corrente.
• Infatti nella maggior parte dei casi lo stato tensionale è quello calcolato sulla base di una serie di ipotesi semplificative e la resistenza del materiale inoltre è quella rilevabile con prove di laboratorio su un materiale definito, per composizione e lavorazioni, equivalente a quello utilizzato.
• E’ evidente quindi che le grandezze presenti nei due membri della (5.1) non sono più omogenee in quanto si riferiscono solo in modo indiretto all’elemento meccanico in studio.
• La relazioen scritta diviene per sua natura debole e inaffidabile.
• Considerando però che essa interessa in quanto disuguaglianza, si può aumentare la sua forza supponendo di aumentare il valore del membro di destra e di diminuire il valore del membro di sinistra.
• Ciò si può fare introducendo due coefficienti, entrambi maggiori dell’unità,X1 e X2
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Coefficiente di sicurezza
• I due coefficienti introdotti hanno il seguente significato– X1 esprime la maggiorazione che è necessario introdurre
nel valore dello sforzo massimo calcolato per essere certi che esso sia sicuramente uguale o maggiore del valore reale dello sforzo massimo;
– X2 esprime la diminuzione che è necessario introdurre nel valore dello sforzo limite attribuito al materiale per essere certi che esso sia sicuramente minore o uguale del valore reale di resistenza.
• Introducendo per semplicità un unico coefficiente
2
1X
X Lσσ ≤
X
Lσσ ≤
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Coefficiente di sicurezza
• Il valore di X deve essere stimato sulla base delle incertezze connesse con il procedimento di progetto.
• Infatti tanto maggiore è il grado di incertezza del processo di determinazione dello sforzo o il grado di indeterminazione della resistenza del materiale tanto piùgrande deve essere il valore di X che per tale motivo è, in generale, proporzionale al margine di incertezza del procedimento.
• D’altra parte, poiché all’aumentare di X aumenta la forza e l’affidabilità della relazione di progetto, in generale Xviene denominato con il più rassicurante termine di
“coefficiente di sicurezza”.
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Coefficiente di sicurezza
• In generale il valore del coefficiente di sicurezza viene prescritto dalla normativa.
• Un valore tipico è quello di 1.5, relativo alle costruzioni metalliche in generale sotto l’azione di sollecitazioni statiche e condizioni di carico operative
• Nel caso di sollecitazioni di fatica c
k
/12.3=γ
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Coefficiente di sicurezza
• Quella presentata è
comunque una
semplificazione,
perché il problema
è più complesso
come emerge
dall’esame del
diagramma di
Soderberg
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Coefficiente di sicurezza
• Il coefficiente di sicurezza, fin qui brevemente descritto, si è rivelato uno strumento progettuale molto potente ed efficace dagli albori della progettazione meccanica fino ad oggi. Esso presenta però alcune limitazioni che hanno indotto, negli ultimi decenni, i progettisti a percorrere nuove strade.
• La prima rilevante limitazione è che ogni aumento del margine di sicurezza comporta un aumento delle dimensioni dell’elemento e quindi del suo peso, a parità di altre condizioni.
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Coefficiente di sicurezza
• Si supponga, a titolo di esempio, di voler raddoppiare il margine di sicurezza in una albero sollecitato a torsione
3max
16
d
M t
⋅=
πτ
X
Lττ =max
t
L
M
dX
16
3⋅=
πτ
33
1 2dd =
Il raddoppio del
coefficiente di sicurezza
comporta un aumento del
59% del peso
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Coefficiente di sicurezza
• Questa caratteristica è penalizzante dal punto di vista economico per tutti i tipi di applicazione, e specialmente, per i veicoli, terrestri e non, per i quali un aumento del peso delle strutture, diminuisce a parità di altre caratteristiche, il carico pagante e quindi l’economicità di esercizio.
• L’altra limitazione fondamentale riguarda l’ambiguitàdella definizione; infatti, il coefficiente introdotto, come già detto, può essere interpretato come margine di sicurezza ma anche come misura dell’incertezza e dal livello di ignoranza del processo di progettazione. Per tale motivo si presume, ma non si è certi, che un aumento del coefficiente di sicurezza corrisponde ad una diminuita possibilità che il cedimento abbia luogo.
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Coefficiente di sicurezza
• Si supponga di eseguire il progetto e la
costruzione di un numero notevole di elementi
identici, utilizzati in condizioni equivalenti.
• Se il loro numero è sufficientemente elevato per
applicare i principi della statistica si può
dimostrare come la distribuzione dei valori degli
sforzi, agente e limite, assuma una forma che
può essere ben rappresentata da una gaussiana
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Coefficiente di sicurezza
σ
Π(σ)
σ0
σm
ax
σ
Π(σ)
σ0
σm
ax
Configurazione originale
Aumento del coefficiente
di sicurezza / aumento
della sezione resistente
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Coefficiente di sicurezza
• Oltre a quelle già sviluppate, altre considerazioni però possono essere svolte sulla base dell’esame delle figure precedenti.
• Infatti emerge che se la zona campita, che costituisce l’intersezione tra le aree sottostanti le due curve, definisce degli esemplari per i quali può avvenire il cedimento, per tutte le coppie dei punti esterni a tale intersezione, il progetto è intrinsecamente sicuro.
• Tale sicurezza non viene ottenuta attraverso un sovradimensionamento, ma solo attraverso un favorevole accoppiamento.
• In altri termini se fosse disponibile un criterio per “discernere” se ci si trova nelle condizioni per cui la resistenza è sufficiente o viceversa, sarebbe possibile scartare tutti gli elementi con resistenza inaccettabile ed utilizzare solo quelli per i quali il progetto è sicuro.
• In tal modo, senza variare le dimensioni, i pesi ed i costi, siotterrebbe un reale aumento della sicurezza.
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Lo sforzo presso una cricca
• In una piastra infinita sottoposta a trazione e dotata di un foro ellittico, il valore massimo della tensione risulta essere
• Ricordando che
• Si ha
+⋅=b
a21max σσ
a
b2
=ρ
+⋅=
2
1
max 21ρ
σσa
ρ Raggio minimo di curvatura dell’ellisse
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Meccanica della frattura
• In una cricca di fatica il valore di ρ può essere compreso tra 10-2 e 10-6 mm, il che comporta che la tensione èpraticamene pari ad infinito e comunque è diversi ordine di grandezza più grande della resistenza di qualsiasi materiale.
• Viceversa, sappiamo sperimentalmente che alcune cricche presenti in un elemento sollecitato, si propagano mentre altre si arrestato.
• E’ evidente allora che il fenomeno della propagazione di una fessura e, quindi, della rottura di un elemento strutturale non può essere correttamente descritto dal valore dello sforzo massimo all’apice della cricca.
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Meccanica della frattura
• In altri termini, vista la divergenza del valore dello sforzo, è necessario sostituire alla grandezza di punto (lo sforzo) una grandezza di campo.
• Se si calcola il limite del prodotto σmax·ρ½
si ottiene
Esiste quindi una grandezza, σmax·ρ½ , che rimane finita, nonostante lo sforzo diverga all’infinito
σρσρ
21
21
max0
2lim a=⋅→
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Meccanica della frattura
Griffith postula l’ esistenza di
fessure microscopiche che,
durante il processo di
deformazione, aumentano di
dimensione fino al collasso
finale.
La rottura si verifica quando le
dimensioni della fessura
possono aumentare senza
apporto di energia dall’ esterno
Detta W l’ energia e a la dimensione di mezza fessura, deve essere:
dW/da = 0
Poiché l’ energia totale è la somma dell’ energia potenziale Π, dovuta allo stato di sforzo e deformazione, e del lavoro L, necessario per creare una nuova
superficie libera si ha
-dΠ/da = dL/da
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Meccanica della frattura
• Si può scrivere
ta
a
E
abLE
ba
R
f
R
f
cos
2
rottura di condizioniin ouguagliand e Derivando
4 ;
2/1
2/1
22
0
=
=
=−Π=Π
σ
π
γσ
γπσ
cioè si ritrova, per altra via, che il prodotto dello sforzo massimo
per la dimensione della cricca è una grandezza fondamentale
per valutare la criticità della propagazione della cricca. Infatti si
può scrivere 21
acK ⋅= σK è detto “FATTORE DI INTENSITA’ DEGLI SFORZI”
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Meccanica della frattura
−⋅
=2
3sen
2sen1
2cos
2
ϑϑϑ
πσ
r
K I
x
Risolvendo il problema elastico intorno
ad una discontinuità per un mezzo
piano indefinito posto in trazione si ha:
+⋅
=2
3sen
2sen1
2cos
2
ϑϑϑ
πσ
r
K I
y
2
3cos
2cos
2sen
2
ϑϑϑ
πτ
r
K I
xy⋅
=
+−
=2
sen2422
cos22
2
21ϑ
νϑ
πr
G
Ku I
( )
−−
=2
cos2142
sen22
2
21ϑ
νϑ
πr
G
Kv I
Nelle espressioni scritte KI è il fattore di intensità degli sforzi in cui il pedice I
ricorda il tipo di sollecitazione che provoca una modalità di apertura che tende a
separare i lembi della cricca.
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Meccanica della frattura
−⋅
−=
2
3cos
2cos2
22
ϑϑϑ
πσ sin
r
K II
x
Modo II
2
3cos
2cos
22
ϑϑϑ
πσ sin
r
K II
y⋅
=
−⋅
=2
3sen
2sen1
2cos
2
ϑϑϑ
πτ
r
K I
xy
+−
=2
cos2442
sen22
2
21ϑ
νϑ
πr
G
Ku II
−−
−=
2sen242
2cos
22
2
21ϑ
νϑ
πr
G
Kv II
Modo III
2cos
2
ϑ
πτ
r
K III
xz⋅
=
2sen
2
21ϑ
π
=r
G
Kw III
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Meccanica della frattura
• Nel caso di modo di apertura I, detto per lacerazione, si può dimostrare che la
costante C è pari a π
• Quindi
• In generale
• Dove Y è un fattore che dipende dalla forma e dimensioni della cricca e dalla
condizione di sollecitazione.
aK I ⋅= πσ
aYK II ⋅= πσ
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Esempi di cricche
21
tan
⋅⋅
=w
a
a
wYI
ππ
YI = YII
w
a
w
a
YIII2
1
12
12
−
−
−=
π
432
38.3071.2155.1023.012.1
+
−
+
−=w
a
w
a
w
a
w
aYI
322
93.12
20.12
20.012.1(
+
−
+=w
a
w
a
w
aYI
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Meccanica della frattura
B
a
w
Compact Tension La sperimentazione mette in evidenza
che esiste un valore “critico” di K che
costituisce il valore di confine tra le
ricche che si propagano, cioè
aumentano in modo instabile le loro
dimensioni, e quelle che non si
propagano.
Riferendosi al modo I di apertura, che è il più frequente, tale valore è
denominato KIC ed è una funzione delle caratteristiche del materiale.
Esso svolge, nel processo di deformazione e crisi del materiale, lo
stesso ruolo della tensione limite nel criterio classico di resistenza dei
materiali.
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Condizione di propagazione
ICI KK ≤
ICKaY ≤⋅πσ
La relazione scritta afferma che la tensione che provoca la crisi del materiale
non è solo funzione delle caratteristiche del materiale stesso ma dipende
dalle caratteristiche di un eventuale difetto presente nel pezzo. Manipolando
si può scrivere invece che2
1
=
σπ Y
Ka IC
c
Ciò significa che dato un certo valore della
tensione applicata σ, si ha crisi del materiale
solo se a≥ac In altri termini si è trovata una spiegazione, seppur ancora semplificata e
limitata, a quanto esposto in forma
probabilistica.
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Caratterizzazione dei materiali
• Le prove per la determinazione di KIC vengono svolte in condizioni unificate e, dato che l’interpretazione dei risultati non è immediata, l’esposizione di esse merita un approfondimento.
• Possono essere usati due tipi di provino: la provetta CT (Compact Tension) e la provetta di flessione su tre punti (Three Point Bending).
• Entrambi i provini sono dotati di una variazione di forma, resa più severa dalla presenza di una cricca ottenuta mediante una sollecitazione di fatica precedentemente applicata.
• Sui bordi dell’intaglio vengono applicati due coltelli che consentono di misurare, mediante un apposito dispositivo estensimetro, l’apertura dell’intaglio durante la prova.
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Caratterizzazione dei materiali
B
a
w
Compact Tension
wB
P
w
ayK C
IC
=
29
27
25
23
21
9.63810177.6555.1856.29
+
−
+
−
=
w
a
w
a
w
a
w
a
w
a
w
ay
Durante la prova vengono
registrati i valori del carico
applicato P e dell’apertura
dell’intaglio. Dopo la rottura
mediante i valori del carico PC
e quella lunghezza di cricca è
possibile valutare KIC
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Caratterizzazione dei materiali
B
a
w≈ 2B≈ 2a
S ≈ 4w
P
P/2P/2
Three Point
Bending
Durante la prova
vengono registrati i valori
del carico applicato P e
dell’apertura dell’intaglio.
Dopo la rottura mediante
i valori del carico PC e
quella lunghezza di cricca
è possibile valutare KIC
wB
P
w
ayK C
IC
=
29
27
25
23
21
8.15466.15018.8742.1858.11
+
−
+
−
=
w
a
w
a
w
a
w
a
w
a
w
ay
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Caratterizzazione dei materialiDispositivo per la misura
dell’angolo
I risultati della prova sono validi se lo stato di tensione è di
deformazione piana condizione che si verifica quando
BK
S
IC ≤
2
5.2σ
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Caratterizzazione dei materiali
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Caratterizzazione dei materiali
• Esiste una correlazione tra i valori di KIC e le altre caratteristiche del materiale e specialmente KV (resilienza su provino con intaglio).
• Ad esempio per materiali metallici con 760<σS<1700 (Mpa)
• Per acciai con 250 < σS < 345 (Mpa)
• In generale per materiali metallici con 270 < σS < 1700 (Mpa)
−= 01.064.0
2
S
IC KV
E
K
σ KV64.0
2
=E
K IC
5.1
2
22.0 KVE
K IC =
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Caratterizzazione dei materiali
Valori di KIC
per alcuni materiali
2.5---PVC
3---ABS
85-123830-870Leghe di Titanio
22-44370-560Leghe di Al
1101450Acciai legati al Ni
551500Acciaio al C (temprato)
KIC (Mpa √√√√m )R(MPa)Materiale
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Limiti di applicabilità
• Tutte le considerazioni fin qui svolte si riferiscono al caso, peraltro puramente ideale, di materiale elastico.
• In realtà per qualsiasi materiale, anche quello qualificato come fragile, si generano delle deformazioni plastiche all’apice della cricca.
• Se tali deformazioni si limitano ad una zona di piccole dimensioni intorno alla cricca, è possibile correggere in modo approssimato la teoria fin qui svolta per tenere conto della deformazione. Considerando un comportamento del materiale di tipo elastico perfettamente plastico e detta σS al solito, la tensione di snervamento del materiale, utilizzando le relazioni di definizione del campo tensionale per θ=0 è possibile determinare la distanza per la quale si ha
� σ = σS
Prof.C.Brutti 33
Piccole plasticizzazioni
• Si ottiene
2
2
1
=
S
I
p
Kr
σπ
y
x
rp
σS
In altri termini si può ritenere
valida l’analisi elastica fin qui
svolta purché al posto del
valore a, dimensione della
cricca, si utilizzi il valore (a+
rp). Deve cioè essere
verificata la condizione che
ICp KraY ≤+⋅ )(πσ
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Piccole plasticizzazioni
• Questa approssimazione è valida se rp è piccolo rispetto alle dimensioni del problema. In particolare detta
lmin = min(a,w-a,B) deve essere
Emerge chiaramente che quando si ha un difetto, qualunque sia il carico esterno applicato, si forma una zona plasticizzata la cui estensione è proporzionale al quadrato del campo tensionale applicato.
π5
1
min
≤l
rp
Prof.C.Brutti 35
Limiti di applicabilità della LEFM
• Un’altra considerazione fondamentale è che, contrariamente a quanto stabilito per le prove statiche classiche, dove le dimensioni hanno un’influenza scarsa o nulla sui risultati, le dimensioni dei provini influenzano profondamente i risultati. Infatti il rapporto deve essere minore di 1/5π per poter utilizzare le conclusioni della teoria elastica.
• Il parametro rp/lmin può essere utilizzato come indicativo dello stato di tensione intorno all’apice della cricca.
Prof.C.Brutti 36
Limiti di applicabilità della LEFM
• rp/lmin<1/5πsi hanno condizioni di tensione di deformazione piana per le quali è utilizzabile la meccanica della frattura lineare elastica (la frattura si propaga secondo un piano normale alla direzione di sollecitazione).
• 1/5π <rp/lmin<1 si hanno condizioni miste a deformazione piana e tensione piana.
• rp/lmin>1 si hanno condizioni di tensione piana (la frattura si propaga secondo piani a 45°rispetto alla direzione di sollecitazione).
• E’ da notare che per le due ultime condizioni non èpossibile usare la meccanica della frattura lineare elastica.
Prof.C.Brutti 37
Limiti di applicabilità della LEFMG
a
ac
Gc
Propagazione per un
materiale fragile
G
GC
B
Variazione di Gc con lo
spessore del provino
a
G
GC1
GC2
σ1σ2
σ
rpa-a0
a01 rp1
a02 rp2
a-a0 → propagazione subcritica
Propagazione
subcritica per un
materiale reale
Prof.C.Brutti 38
MECCANICA DELLA FRATTURA
ELASTOPLASTICA• Come già detto e variamente dimostrato, non esiste
alcuna soluzio-ne analitica soddisfacente per il caso di materiale elastoplastico. Esistono vari tipi di soluzioni approssimate di cui si trovano diverse applicazioni in letteratura. Una soluzione operativamente accettabile èquella fornita dal modello approssimato di Dudgale.
• In tale modello si assume:– Il materiale esibisce un comportamento elastico perfettamente
plastico;– Agli effetti tensionali si considera equivalente alla situazione
reale quella di una cricca di dimensione 2a’ dove la porzione 2(a’-a) è sollecitata da un carico costante pari a σS.
– Le deformazioni plastiche decrescono linearmente con la distanza dell’apice della cricca; in tal modo la zona deformata plasticamente ha la forma di un cuneo
Prof.C.Brutti 39
MECCANICA DELLA FRATTURA
ELASTOPLASTICA• L’apertura della cricca al suo apice deno-minata “Crack
Opening Displacement” o COD ed è indicata con il
simbolo δ è espresso dalla relazione qui riportata
⋅=
a
a
E
aS 'ln
8
πσ
δ
=
Sa
a
σσπ
2cos
'Zona plasticizzata
σS
σS
rp2a
δ
2a’
x
y
+
+
+
⋅= ...
245
1
212
1
22
18442
SSS
S
E
a
σσπ
σσπ
σσπ
πσ
δ
Trascurando i termini superiori
SE
a
σσπ
δ2⋅
= Cioè:
SE
K
σδ
2
=
Prof.C.Brutti 40
MECCANICA DELLA FRATTURA
ELASTOPLASTICA
• La relazione scritta evidenzia che se σ/σS
è piccolo (per es. inferiore a ≈0.6 ) esiste una relazione semplice tra δ e K. La differenza più importante è che mentre nel caso della teoria elastica un solo parame-tro del materiale è sufficiente per stabilire la relazione tra σ e a, nel caso del materiale elastoplastico i parametri propri del materiale in condizioni critiche diventano due
Prof.C.Brutti 41
MECCANICA DELLA FRATTURA
ELASTOPLASTICA• La determinazione del
valore critico del COD fa uso delle stese prove utilizzate per la determinazione di KIC. Misurando l’apertura V
si ricava il valore di δC
con la relazione
δ
V
a
rp
w
( )awr
a
V
p
C
−+
=1
δ
L’assetto più limitante di tali prove è che esse devono essere eseguite su provi-
ni di spessore, identico a quello dei pezzi su cui si devono utilizzare i risultati.
Prof.C.Brutti 42
MECCANICA DELLA FRATTURA
ELASTOPLASTICA
• Nell’analizzare la teoria puramente elastica della meccanica della frattura si èdetto che un aumento della condizione di sicurezza si ha eliminando gli elementi che hanno un difetto critico di dimensioni superiori a
21
=
σπIC
c
Ka
Prof.C.Brutti 43
MECCANICA DELLA FRATTURA
ELASTOPLASTICA• in generale
• Volendo estendere, in prima approssimazione, la stessa conclusione ottenuta nel caso di materiale elastico, al caso di
materiale elastoplastico, quando σ<σS si può impiegare il COD, come allora si è impiegato il KIC. Utilizzando la definizione di δc
troncata al 1°termine si ottiene per il difetto critico
QK
a IC
c
21
=
σπ
21
=Y
Q
2σπδσ
⋅= CS
c
Ea
Questa relazione è valida per σ<0.6σS , come testimo-niato da numerosi risultati sperimentali. Molti sforzi sono
stati dedicati ad estendere il campo di applicazione della
Meccanica della Frattura a casi più generali per i ma-
teriali duttili. Si tratta, allo stato attuale, di strumenti più
raffinati e complessi che vengono riportati in testi
specializzati
Prof.C.Brutti 44
LEFM e fatica
• Fin qui si è supposto che la sollecitazione esterna applicata all’elemento dotato di un difetto sia costante. In realtà negli elementi di macchine riveste un’importanza maggiore il caso di sollecitazione esterna di ampiezza variabile.
• Questo fatto implica che durante l’applicazione dei cicli di fatica si può avere una propagazione della cricca anche per piccole escursioni dello sforzo attorno al suo valor medio.
• Tale propagazione prosegue finché la cricca non presenti una lunghezza a≥ac ; in tale condizione si ha la propagazione instabile della cricca ed il cedimento di schianto.
Prof.C.Brutti 45
LEFM e fatica
I II
III
∆∆∆∆K∆∆∆∆Kth
Log da/dN
Legge di Paris
- la zona I in cui praticamente non si hanno cricche che si propagano;
- la zona II in cui si ha un andamento lineare nel piano doppio logaritmico;
- la zona III in cui la propagazione è instabile e si giunge rapidamente alla rottura.
∆Kth è il valore di soglia per la propagazione
Prof.C.Brutti 46
LEFM e fatica
• La relazione è comunemente nota come legge di Paris-Erdogan e i termini C0 e n dipendono dalle caratteristiche del materiale sotto esame.
• Da queste ultime dipende anche il valore di soglia ∆Kth al di sotto del quale non c’èpropagazione.
• Questo fatto sperimentale consente di mettere in relazione ∆Kth con σLA che è il valore di sforzo per il quale non si ha rottura per fatica (valore asintotico del diagramma di Wohler).
n
IKRECN
a∆⋅=
∆∆
),,(0 σ
Prof.C.Brutti 47
LEFM e fatica
• Infatti ricordando la definizione di fattore di intensità degli sforzi si può scrivere
• Cioè, essendo ∆Kth e σLA costanti del ma-teriale, si può definire una lunghezza di difetto per cui per a<a0 non si ha propa-gazione e per a>a0 si ha propagazione, essendo
0aYK Lth ⋅=∆ πσ
πσ1
2
0
∆=
L
th
Y
Ka
Prof.C.Brutti 48
LEFM e fatica
• Ma le relazioni scritte consentono anche un altro tipo di considerazione; per la teoria classica della fatica non si ha rottura per qualsiasi pezzo che sia sollecitato con σ <σLA. Per la meccanica della frattura, essendo ∆Kth un valore costante, per ciascun valore σ esisterà un valore di riferimento a0 della lunghezza del difetto che rappresenta la soglia di propagazione e che èespresso dalla relazione ora scritta; difetti con lunghezza inferiore non si propagano mentre quelli con lunghezza superiore si propagano.
Prof.C.Brutti 49
LEFM e fatica
• I valori delle costanti necessarie per l’applicazione della legge di Paris, per alcuni materiali di interesse applicativo possono essere trovati nei testi specializzati riportati in bibliografia
• Acciai perlitici
• Acciai martensitici
• Acciai austenitici
C0 = 6.9·10-12 m/ciclo·(Mpa·√m)-n n = 3
C0 = 1.35·10 -10 m/ciclo·(Mpa·√m)-n n = 2.25
C0 = 5.6·10 -12 m/ciclo·(Mpa·√m)-n n = 3.25
Prof.C.Brutti 50
LEFM e fatica
• Per quanto riguarda il valore di soglia esso ha
valori dipendenti dal rapporto R = Kmin/Kmax . Per
R≅0.1 si ha
• Materiale ∆Kth(Mpa√m)
• Acciai al carbonio 7÷8
• Acciai inossidabili 6
• Titanio 6.6
• Rame 2.3
• Nickel 7.4