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UNIVERSITA' di PADOVA DIPARTIMENTO di COSTRUZIONI e TRASPORTI Corso di Tecnica delle Costruzioni 2 (per IC – Laurea magistrale) A.A. 2008-2009 Materiale didattico a cura di A. Bernardini Le lastre di cemento armato 1 Criteri generali sulla distribuzione delle armature nelle lastre di c.a. .................... 3 1.1 Premessa ......................................................................................................... 3 1.2 Armature parallele alle direzioni principali.................................................... 4 1.3 Caso generale con rete ortogonale di armature .............................................. 4 1.4 Caso dell’armatura unidirezionale.................................................................. 6 1.5 Armature per gli sforzi trasversali V x e V y ..................................................... 7 2 Muri e travi parete di c. a. .................................................................................... 11 2.1 Muri di c. a. .................................................................................................. 11 2.2 Travi-parete di c.a......................................................................................... 12 3 Calcolo limite con modelli “puntoni-tiranti”........................................................ 17 4 Calcolo limite di lastre piane inflesse di c. a. ....................................................... 20 4.1 Introduzione.................................................................................................. 20 4.2 Calcolo limite ............................................................................................... 20 4.3 Criterio di plasticizzazione ........................................................................... 21 4.4 Metodo delle strisce di Hillborg ................................................................... 22 4.5 Metodo di Johansen ...................................................................................... 23 4.6 Ricerca di un meccanismo di rottura cinematicamente ammissibile............ 23 4.7 Ricerca del carico critico minimo per ogni famiglia .................................... 24 4.8 Esempi ed esercizi proposti .......................................................................... 24 Versione Maggio 2009

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UNIVERSITA' di PADOVA DIPARTIMENTO di COSTRUZIONI e TRASPORTI

Corso di Tecnica delle Costruzioni 2

(per IC – Laurea magistrale)

A.A. 2008-2009

Materiale didattico a cura di A. Bernardini

Le lastre di cemento armato

1 Criteri generali sulla distribuzione delle armature nelle lastre di c.a. .................... 3 1.1 Premessa ......................................................................................................... 3 1.2 Armature parallele alle direzioni principali .................................................... 4 1.3 Caso generale con rete ortogonale di armature .............................................. 4 1.4 Caso dell’armatura unidirezionale .................................................................. 6 1.5 Armature per gli sforzi trasversali Vx e Vy ..................................................... 7

2 Muri e travi parete di c. a. .................................................................................... 11 2.1 Muri di c. a. .................................................................................................. 11 2.2 Travi-parete di c.a. ........................................................................................ 12

3 Calcolo limite con modelli “puntoni-tiranti”. ....................................................... 17 4 Calcolo limite di lastre piane inflesse di c. a. ....................................................... 20

4.1 Introduzione .................................................................................................. 20 4.2 Calcolo limite ............................................................................................... 20 4.3 Criterio di plasticizzazione ........................................................................... 21 4.4 Metodo delle strisce di Hillborg ................................................................... 22 4.5 Metodo di Johansen ...................................................................................... 23 4.6 Ricerca di un meccanismo di rottura cinematicamente ammissibile............ 23 4.7 Ricerca del carico critico minimo per ogni famiglia .................................... 24 4.8 Esempi ed esercizi proposti .......................................................................... 24

Versione Maggio 2009

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1 Criteri generali sulla distribuzione delle armature nelle lastre di c.a.

1.1 Premessa Le lastre piane, sia caricate nel piano medio sia soggette a carichi ortogonali alla

superficie media, sono sistemi strutturali internamente iperstatici. Ciò significa che le distribuzioni dei parametri di sollecitazione cambiano nel passaggio progressivo dal comportamento elastico in Stato I del calcestruzzo, allo stato II fessurato.

Ad esempio si consideri una lastra quadrata semplicemente appoggiata al contorno

(vincoli bilaterali), soggetta ad una carico uniformemente ripartito ed armata solo con armatura inferiore. E’ noto che la soluzione elastica prevede nelle zone angolari, sulle sezioni ortogonali alle diagonali, momenti negativi (in equilibrio con reazioni concentrate negli angoli e dirette verso il basso) circa della stessa intensità dei massimi momenti positivi al centro. Superata la resistenza a trazione del calcestruzzo appaiono in prossimità degli angoli fessure ortogonali alla diagonale, che comportano l’azzeramento della reazione concentrata ed una redistribuzione delle sollecitazioni, con aumento dei momenti positivi al centro e delle corrispondenti tensioni nelle armature inferiori.

La soluzione lineare elastica può peraltro essere utilizzata se, come usualmente si

opera nei telai iperstatici di c.a., le armature vengono dimensionate nello stato II fessurato per le sollecitazioni corrispondenti al comportamento elastico (rigidezze quindi corrispondenti allo stato I non fessurato).

L’armatura viene realizzata mediante reti bidirezionali (elettrosaldate o composte per

legatura di barre ordinarie), generalmente a maglia rettangolare e disposte in prossimità delle due facce. Passo e diametro delle armature sono mantenute costanti su ampi campi e dimensionate sui valori massimi dei momenti flettenti nel campo, ovvero in modo da rispettare valori minimi della percentuale di armatura in relazione a requisiti di durabilità dell’opera (ad esempio 1 per mille in ognuna delle due direzioni e per ognuna delle due facce).

Il passo delle armatura deve essere abbastanza piccolo in assoluto ( ad esempio minore di 350 mm) e rispetto allo spessore t (minore di 1.2 t per le armature principali nelle zone fessurate in condizioni di esercizio, minore di 2 t per le armature secondarie nelle zone e direzioni sicuramente non fessurate (Comite_Euro_International_du_Beton 1993).

Disposizioni tipiche di armature per lastre rettangolari e circolari, in condizioni tipiche di vincolo e carico, sono riportate ad esempio in (Leonhardt and Monning 1977), vol. 3.

Nelle lastre curve a curvatura gaussiana nulla (cilindri e coni) le armature si

dispongono nelle direzioni delle generatrici rettilinee e dei paralleli (previa sagomatura); trattandosi di superfici sviluppabili possono anche essere utilizzate reti elettrosaldate.

Nelle lastre a curvatura gaussiana negativa “rigata” (ad esempio i paraboloidi iperbolici) le armature rettilinee possono essere disposte nelle direzioni asintotiche (generalmente non ortogonali), che possono anche essere utilizzate per realizzare la casseratura per il getto con tavole rettilinee.

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Nelle lastre a superficie gaussiana positiva (ad esempio cupole sferiche) le armature devono essere pre-sagomate in entrambe le direzioni (ad esempio nelle direzioni fra loro ortogonali dei meridiani e dei paralleli).

1.2 Armature parallele alle direzioni principali Il problema del dimensionamento delle armature è molto semplice quando le direzioni

delle barre coincidono con le direzioni principali: in tal caso le barre vanno dimensionate e verificate per l’assorbimento degli sforzi normali (lastra caricata nel piano medio) o momenti flettenti (lastra inflessa) principali.

E’ il caso ad esempio della lastra circolare con carico e vincoli radialmente simmetrici, armata in senso radiale e circonferenziale; oppure della lastra rettangolare con armatura parallela ai lati, per le verifiche lungo mediane che siano assi di simmetria del carico e dei vincoli; ovvero anche per le verifiche lungo diagonali di simmetria di carico e vincoli di lastre quadrate, quando le armature si dispongano in direzione parallela e ortogonale alla diagonale stessa.

Per il dimensionamenti delle armature per unità di lunghezza si può utilizzare

indifferentemente il metodo TA od il metodo SPSL, secondo le procedure adottate per le travi di sezione rettangolare di altezza pari a t e larghezza unitaria.

Per stati flessionali in lastre di spessore costante (non alleggerite o nervate) ne risultano generalmente percentuali di armatura tesa inferiori a quelle “normali”, e non è pertanto né necessaria né conveniente la disposizione di armatura compressa superiore ai valori minimi (ad esempio 1 per mille in ognuna delle direzioni).

Per stati piani di trazione nelle pareti di serbatoi l’armatura, disposta simmetricamente sulle due facce, viene progettata trascurando totalmente il contributo resistente del calcestruzzo teso; peraltro lo spessore t va progettato in modo da rispettare stati limite di formazione delle fessure, sulla base quindi di valori stimati della resistenza a trazione del calcestruzzo.

1.3 Caso generale con rete ortogonale di armature Il problema risulta molto più complesso quando le armature non sono parallele alle

direzioni principali: sulle sezioni normali alla armature agiscono pertanto anche momenti torcenti (se si tratta di lastra inflessa) ovvero sforzi di taglio membranali (se si tratta di lastra caricata nel piano medio).

Si può suddividere la più generale sollecitazione interna (tenso/presso flessione per quanto riguarda le tensioni normali; taglio nel piano e momento torcente per quanto riguarda le tensioni tangenziali parallele al piano medio) in forze meccanicamente equivalenti sul piano medio di due lastre virtuali, di spessore pari ad esempio ad 1/3 dello spessore effettivo, ed armate con le reti superiore ed inferiore supposte per approssimazione nel loro piano medio. La parte interna della lastra viene pertanto considerata attiva solo agli effetti dell’assorbimento degli sforzi di taglio trasversali, la cui intensità peraltro è generalmente bassa e non richiede quindi la disposizione di armature aggiuntive (salvo i casi di forze trasversali concentrate, come si discuterà nel seguito).

Indichiamo con Nx, Ny ed S= Sxy = - Syx i parametri di sollecitazione applicati ad

ognuna delle due lastre virtuali sulle sezioni normali alle direzioni x ed y delle armature, supposte ortogonali.

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E’ ovvio che se le corrispondenti sollecitazioni principali N1 ed N2 sono entrambe negative, la verifica può ridursi al controllo della massima tensione di compressione sul calcestruzzo (N2/t , se t è lo spessore della lastra virtuale; nel metodo SPSL si possono utilizzare come valori limiti quelli delle tensioni massime ammesse nella verifica di taglio-compressione dell’anima delle travi).

Se invece almeno N1 è positivo, deve prevedersi il passaggio della lastra allo stato II fessurato.

Il problema viene generalmente affrontato supponendo trascurabili le tensioni tangenziali trasmesse attraverso la fessura per attrito o per l’effetto “bietta” nelle armature che la attraversano. Ma anche con tale ipotesi semplificativa, la ripartizione delle sollecitazioni fra i due ordini di armature nello stato II non può essere ricavato con sole relazioni di equilibrio, in quanto non è nota a priori la direzione della fessura nel punto considerato.

Zy

Nx S

S Ny

N2 Ny Nx. N1

α Sxy

Syx

α φ

cosφ

senφ

1

N2

Zx N1

φ

Zx

Zy

Figura 1. Equilibrio sulla sezione fessurata

Si indichi con Zx, Zy (sempre valutate per unità di lunghezza e positive se di trazione)

le sollecitazioni delle corrispondenti armature, e con α l’angolo di rotazione (positivo se anti-orario e di modulo inferiore a 90 gradi) che sovrappone la direzione x alla direzione principale 1 (e quindi la direzione y alla direzione principale 2); sia φ l’angolo anti-orario di rotazione che sovrappone la direzione y alla direzione della fessura. In base a semplici relazioni di equilibrio rappresentate dal cerchio di Mohr in Figura 1a:

tg

cotgx x

y y

Z N S

Z N S

φφ

= += +

( 1.1)

La determinazione di φ può avvenire in due differenti modi:

q accoppiando alle relazioni di equilibrio una opportuna condizione di congruenza delle deformazioni (delle barre di acciaio e delle biella compressa di calcestruzzo che presumibilmente si forma in direzione parallela alla fessura se una delle tensioni principali e negativa) (cfr. in (Leonhardt and Monning 1977) vol. 2, § 1.2 la teoria di Baumann, che considera costante la tensione delle armature anche all’interno del calcestruzzo compreso fra fessure parallele e trascura quindi ogni effetto di “tension stiffening”);

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q prefissando un valore ragionevolmente attendibile di φ??, e cioè scegliendo un valore staticamente ammissibile che tiene conto implicitamente della possibilità di redistribuzione delle sollecitazioni elastiche quando le armature si plasticizzano. In questa seconda impostazione il criterio più ragionevole potrebbe essere quello di

assumere l’ipotesi che la fessura si formi (il ché è logicamente fondato) e successivamente si mantenga (ipotesi questa meno attendibile) ortogonale alla direzione principale delle sforzo massimo elastico N1; si tratta quindi di assumere (vedi Figura 1b) α = φ. Si osservi che assumendo positivi gli angoli anti-orari l’angolo α è positivo per S= Sxy = - Syx positivo, negativo in caso contrario.

Tale criterio generalizzerebbe quello utilizzato per il dimensionamento delle armature d’anima nelle travi di c.a. con il metodo standard ( si assume α = φ = ±45° rispetto all’asse della trave, con il segno dipendente dal segno dello sforzo di taglio).

Il Model Code 1990 (Comite_Euro_International_du_Beton 1993) seguendo una proposta di Wood (Wood 1968), propone di assumere in ogni caso (e cioè per ogni α) φ = ±45°. Dalle ( 1.1) si ricava pertanto (CASO I):

x x

y y

Z N S

Z N S

= +

= +

( 1.2)

La verifica consiste nel controllo delle tensioni delle barre con i valori ammissibili del

metodo TA o con le resistenze di calcolo secondo il metodo SPSL.

1.4 Caso dell’armatura unidirezionale Si osservi che quando Nx, (o Ny) < -|S| la ( 1.2) fornisce Zx (o rispettivamente Zy )

negativi, in contraddizione con l’ipotesi che tali armature attraversino una fessura aperta. In tali casi è più conveniente la disposizione di armatura unidirezionali, ponendo quindi nelle ( 1.1) Zx (o rispettivamente Zy ) = 0 e determinando quindi di conseguenza isostaticamente φ e Zy (o rispettivamente Zx ). Si ottiene rispettivamente nei due casi (CASO II e CASO III):

2

x yy

x

N N SZ

N

−= ( 1.3)

2x y

xy

N N SZ

N

−= ( 1.4)

E’ facile verificare che il numeratore di tali relazioni diventa positivo ( e quindi, con

Nx, (o Ny), Zy (o rispettivamente Zx ).negativo) quando risulti:

2

21 0

2 2x y x yN N N N

N S+ −

= + + <

( 1.5)

e cioè quando, risultando entrambi negativi o nulli gli sforzi principali, non sono prevedibili fessurazioni, come già precedentemente indicato (CASO IV).

In Figura 2 i 4 casi di dimensionamento sono rappresentati nel piano dei parametri adimensionali Nx/|S| ed Ny/|S|.

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Figura 2. Casi di dimensionamento dell’armatura (Comite_Euro_International_du_Beton 1993). n Sdx, n Sdy, v Sd, sono i valori sollecitanti “di progetto” delle forze per unità di lunghezza Nx , Ny ed Sxy.

1.5 Armature per gli sforzi trasversali Vx e Vy

1.5.1 Considerazioni generali sul punzonamento Nelle sezioni la cui normale n formi l’angolo ϕ con la direzione x lo sforzo di taglio

trasversale resta determinato dalla condizione di equilibrio :

cos cos( )2n x yV V Vπ

ϕ ϕ= + − ( 1.6)

e raggiunge, per tgϕ = Vy/ Vx, il valore massimo:

2 2

max x yV V V= + ( 1.7)

Le tensioni tangenziali collegate a tale sforzo (nello stato I 1.5 Vmax/t; nello stato II

Vmax/0.9d) sono generalmente piccole, cioè inferiori al limite τc0 del metodo TA o al limite τRd del metodo SPSL: non si richiede quindi la disposizione di armature particolari (salvo ovviamente le disposizioni per la sospensione durante il getto dell’armatura superiore).

Particolari attenzioni devono essere impiegate nelle zone di appoggio. Nelle zone in cui la reazione vincolare verso l’alto è applicata al bordo inferiore, deve

essere prevista e ancorata opportunamente un’armatura inferiore (per unità di lunghezza) in grado di assorbire una forza pari alla reazione di appoggio (per unità di lunghezza). Si tratta della stessa disposizione prevista per le travi.

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Nelle zone d’angolo le armature superiori devono essere ancorate sui muri di appoggio per evitare il sollevamento e assorbire la reazione concentrato verso il basso ivi presente.

Le tensioni tangenziali collegate agli sforzi di taglio trasversali possono essere

notevoli solo nelle zone vicine ai punti di applicazione di carichi o reazioni pressoché concentrate, ad esempio nel caso di solai su appoggi puntuali (solai “a fungo”). Si parla in tal caso di verifica e dimensionamento delle armature per evitare il possibile “punzonamento”.

Il parametro principale per valutate l’eventuale necessità di armature aggiuntive è la

tensione media di punzonamento su una sezione di altezza pari allo spessore t (o all’altezza “utile” d dal bordo compresso al baricentro delle armature tese) moltiplicato per la lunghezza u di una linea chiusa che contiene all’interno il perimetro dell’impronta del carico concentrato. Ad esempio il NCT/2008 § 4.1.2.1.3.4 assume per u il perimetro di un capitello “virtuale” risultante da una diffusione su una larghezza pari a due l’altezza utile d, a partire dall’area di impronta. Il DM 1996 § 4.2.2.5. invece assumeva per u il perimetro del contorno ottenuto dal contorno effettivo mediante una ripartizione a 45° fino al piano medio della lastra.

Se la tensione tangenziale media è minore di quella resistente al taglio senza armatura

d’anima:

SdRd

Ft u

= <⋅

τ τ ( 1.8)

non è richiesta armatura specifica. E’ peraltro comunque consigliabile la disposizione in corrispondenza della faccia di diffusione del capitello di una rete ben distribuita (percentuale non inferiore a 0.5 % in due direzioni ortogonali ed interassi inferiori a t/2) (Figura 3).

Figura 3. Il capitello virtuale nel collegamento fra solaio e pilastro e sua modellazione reticolare.

In caso contrario deve essere disposta un’armatura trasversale che impedisca il distacco del capitello dalla lastra esterna, assorbendo l’intera forza concentrata FSd con tensione non superiore ad fyd. Le disposizioni di armatura possono tener conto che la sperimentazione evidenzia angoli di inclinazione delle fessure di distacco del capitello inferiori a 45°, ad esempio da 30 a 35° (Figura 4).

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Figura 4. Disposizioni di armatura per impedire il punzonamento nel caso di fessurazione per elevate tensioni tangenziali (d = t è lo spessore della lastra; h’= d l’altezza utile).

Analoghi criteri si utilizzano se si opera con il metodo TA: quando in relazione ai

carichi massimi di esercizio la tensione media di punzonamento supera τc0, si dimensionano armature trasversali che assorbano la forza concentrata con tensione non superiore alla tensione ammissibile.

In alternativa, nel caso di solai a fungo appoggiati su pilastri, si può procedere alla

disposizione di mensole di raccordo fra pilastro e soletta (pendenza da 1:6 a 1:8) che realizzano dei capitelli reali a tronco di piramide o tronco-conici nel caso di pilastri circolari : all’estremità del capitello reale (che peraltro deve essere armato) la tensione di punzonamento può essere ridotta ad un valore che non richieda armatura aggiuntiva nella soletta superiore.

In alcuni casi, quando i capitelli reali non siano accettabili per motivi architettonico o

di fruibilità degli spazi, si possono progettare raccordi con piastre o mensole rigide di acciaio nello spessore della soletta.

1.5.2 Solai a fungo Indicazioni relative alle soluzioni in campo elastico più gravose possono essere

ritrovate in manuali, ovvero facilmente generate con codici di calcolo agli elementi finiti. Per una campata di una serie indefinita di lastre quadrate su appoggi puntiformi e

sovraccarico p uniforme sono riportati in Figura 5 diagrammi tipici dei momenti flettenti. I massimi momenti positivi si ottengono peraltro con una disposizione a scacchiera del carico, corrispondente alla sovrapposizione del carico uniforme su tutte le campate e pari a p/2 con una distribuzione a scacchiera di tipo antimetrico (+ p/2 e –p/2). Per quest’ultima disposizione le sollecitazioni delle campate corrispondono, per antimetria del carico rispetto ad ogni linea su cui sono allineati i pilastri) al caso delle lastra quadrata in semplice appoggio sui 4 lati.

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Figura 5. Distribuzioni di momenti flettenti per unità di lunghezza in una campata a maglia quadrata di solaio interna ad una serie indefinita in entrambe le direzioni e soggetta a carico uniformemente ripartito.

Nel caso limite di appoggio puntiforme i momenti negativi per unità di lunghezza (e

quindi le tensioni) sono teoricamente infiniti. Per i dimensionamento delle armature può essere utile il seguente metodo

approssimato (suggerito dalle norme DIN 1045), valido quando la maglia di disposizione dei pilastri non è troppo distante da quella quadrata ( 3/4< lx/ly<4/3).

Per ognuna delle direzioni x ed y vengono calcolati separatamente i momenti flettenti globali sull’interasse rispettivamente ly ed lx , secondo la schematizzazione “a trave continua” (eventualmente anche collegata a telaio con i pilastri) disponendo nel modo più gravoso il carico nelle campate per i momenti positivi (MF) e negativi (MS).

Le armature vengono poi distribuite secondo le ripartizioni indicate in Figura 1.6, rispettivamente per le armature inferiori di capata (per il 50% prolungate fino agli appoggi) e per quelle superiori sull’appoggio.

Per le strisce lungo il contorno che risultino ivi appoggiate in modo continuo è possibile una riduzione del 25% dell’armatura inferiore di campata.

Figura 6. Distribuzioni delle armature nei solai a fungo a partire dalle sollecitazioni flessionali su travi continue (DIN 1045).

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2 Muri e travi parete di c. a.

2.1 Muri di c. a. Quando siano soggetti ad elevate sollecitazioni flessionali derivanti da carichi

orizzontali (spinte di liquidi, gas o terreni nei muri di sostegno) il dimensionamento delle armature viene eseguito con gli usuali criteri combinando le indicate sollecitazioni flessionali con quelle collegate ai carichi verticali, tenendo conto quindi della loro eccentricità e, nell’applicazione dei coefficienti di sicurezza parziali, del loro carattere stabilizzante.

Nel caso di muri invece essenzialmente sollecitati nel piano medio, quali i pannelli portanti (prefabbricati o gettati in opera) di edifici, il dimensionamento si basa essenzialmente sul controllo della stabilità dell’equilibrio e la disposizione di quantità minime di armatura orizzontale e verticale presso entrambe le facce, con staffe trasversali di collegamento.

La verifica di stabilità, condotta nell’ipotesi di materiale non resistente a trazione, può essere posta nella forma ( cfr. (Bernardini and Vescovi 1989) pg. 139):

( 2.1)

Ove:

- ρ è un coefficiente che vale 1 quando pareti trasversali siano inesistenti o con interasse molto maggiore dell’altezza h ; < 1 in funzione dell’interasse e dei vincoli negli altri casi;

- β un coefficiente che tiene conto della deformabilità differita del calcestruzzo; - ξ il rapporto fra carico quasi-permanente e carico totale; - e l’eccentricità del carico, ovvero quando non costante sull’altezza una

“eccentricità equivalente funzione delle eccentricità al bordo superiore ed al bordo inferiore ( e1 ed e2 con |e1| > |e2|, ed inoltre e2 = 0 se le eccentricità sono di segno opposto), nonché da quella massima ew indotta da un eventuale azione laterale (ad esempio il vento): e = 0.6 |e1| + 0.4 |e2| + ew.

Nel caso di bordi orizzontali schematizzati come fissi rispetto a spostamenti laterali

ed incernierati, la funzione Φ è indicata in Figura 7.

( )

( , ) 0.85

1.5 21

1000

v cd

k

eN f t

th h

t t

λ

ρ ρλ ε βξ

≤ Φ ⋅

= = +∼

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Figura 7. Diagramma adimensionale del rapporto fra resistenza a compressione uniforme e resistenza critica in funzione della snellezza, eccentricità del carico e vincoli sui lati verticali di un pannello murario non resistente a trazione (2h = t ).

2.2 Travi-parete di c.a.

2.2.1 Soluzioni elastiche La distribuzione delle tensioni e le risultanti degli sforzi interni dipendono anzitutto dal

rapporto fra luce 1 ed altezza totale ht; in particolare il diagramma delle Nx si discosta nettamente da quello rettilineo (corrispondente alla relazione di Navier ) per valori di 1/ht ≤ 2. Per 1/ht < 1, la distribuzione delle tensioni non si discosta in maniera apprezzabile rispetto a quella che si ha per 1 = ht : cioè la parte superiore della parete non partecipa praticamente alla resistenza a flessione. Le tensioni al bordo inferiore raggiungono valori pari a circa 1,5 volte quelli di Navier per 1/ht = 2, e 2.2 volte per 1/ht = 1.

Risultano invece minori le tensioni di compressione: per 1/ht = 1 hanno un valore circa metà di quello fornito da Navier. Il braccio delle risultanti delle compressioni N' e delle trazioni N varia di poco, pur cambiando notevolmente la loro posizione.

Come risulta dai diagrammi riportati nella Figura 8, pareti per le quali 1/ht < 1 possono venire trattate come quelle per le quali 1/ht = 1.

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Figura 8. Diagrammi delle tensioni normali nella sezione di mezzeria di travi-parete in semplice appoggio per diversi valori del rapporto 1/ht.

I valori riportati sono stati ricavati numericamente e controllati sperimentalmente, assumendo per le zone d'appoggio una larghezza pari a circa 1/10 della luce 1.

2.2.2 Dimensionamento delle armature di acciaio L'armatura di acciaio viene stabilita in relazione allo sforzo totale N di trazione

determinato con la teoria elastica, che descrive correttamente il comportamento della lastra prima che si producano fessurazioni; dopo la fessurazione le sollecitazioni effettive diffe-riscono considerevolmente da quelle teoriche. A causa dell'aumento del "braccio" delle forze interne N ed N', le sollecitazioni nelle armature principali inferiori diminuiscono sen-sibilmente. Si constata inoltre che gli sforzi di trazione nelle armature principali inferiori si riducono, andando verso gli appoggi, assai meno dei momenti flettenti. Converrà quindi

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mantenere costanti le armature principali inferiori fino agli appoggi, dove dovranno venire accuratamente ancorate.

Tali armature dovranno inoltre essere opportunamente distribuite su tutta la zona tesa inferiore.

Secondo le raccomandazioni CEB ( (Comite_Euro-Intenational_du_Beton 1968)), redatte in base agli studi sperimentali di Leonhardt, si consiglia di dimensionare le armature come per una normale sezione di una trave di c.a. avente lo stesso spessore della lastra e braccio delle forze interne h° dato da:

( )0.315 se 1 / 2

0.630 se / 1o t t

t

l h l hh

l l h+ ≤ ≤

=<

( 2.2)

Figura 9. Dettagli di armatura principale e secondaria di una trave parete caricata al bordo superiore.

Figura 10. Dettagli dell’ancoraggio dell’armatura principale inferiore e delle armature d’anima..

La sezione di acciaio così ottenuta deve essere realizzata non con poche barre grosse,

ma tante piccole, distribuite sull'altezza come indicato in Figura 9, ancorate in modo tale che l'ancoraggio assicuri la trasmissione di uno sforzo pari a 8/10 lo sforzo per cui è stata dimensionata 1’intera armatura.

Per quanto riguarda le armature verticali e orizzontali nella zona superiore, occorre tener conto della posizione effettiva di applicazione del carico verticale.

Se il carico è applicato sopra, si dispone una leggera armatura (percentuale 0.2%) presso le due facce della lastra, composta da staffe verticali e barre orizzontali, infittite presso gli appoggi, specie nel caso in cui la zona di appoggio sia irrigidita con una nervatura verticale (vedi Figura 10 e Figura 11).

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Figura 11. Dettagli di armatura supplementare sull’appoggio di una trave parete caricata al bordo superiore.

Se viceversa il carico è applicato nella parte inferiore, conviene completare la maglia ortogonale definita sopra, aggiungendo staffe supplementari tali da equilibrare l'intero carico, in modo da riportarlo per sospensione alla parte superiore della lastra. Queste staffe devono abbracciare senza interruzione le armature principali ed essere prolungate sull'intera altezza della lastra, o almeno per un tratto pari a 1 se ht > 1 ; solo in prossimità degli appoggi la loro lunghezza può essere ridotta. L'interasse delle barre verticali della maglia che così si ottiene deve essere minore di 15 cm (v. Figura 12).

Figura 12. Dettagli di armatura di una trave parete caricata al bordo inferiore.

2.2.3 Travi parete a più campate La lastra risulta vincolata in modo iperstatico. Se si confrontano i valori dei momenti massimi in campata e minimi sugli appoggi

ricavabili con la teoria della trave continua ordinaria con i corrispondenti momenti effettivamente agenti, risultanti delle tensioni ricavabili numericamente con la teoria elastica delle lastre, si può osservare che questi ultimi in campata sono maggiori e sugli appoggi minori dei primi, cioè di quelli valutati con la teoria delle travi.

Le già citate raccomandazioni CEB consigliano di utilizzare comunque i momenti ricavati dalla teoria delle travi, ma per compensazione di utilizzare, per il dimensionamento

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delle armature principali tese, bracci delle forze interne più piccoli in campata e più grandi sugli appoggi di quelli reali, assumendoli uguali e dati delle espressioni :

( )0.220 se 1 / 2.5

0.550 se / 1o t t

t

l h l hh

l l h+ ≤ ≤

=<

( 2.3)

L'armatura di campata va estesa a tutta la lunghezza della trave ed accuratamente

ancorata per, sovrapposizione sugli appoggi intermedi e, secondo le indicazioni precedenti, sugli appoggi laterali. Dell'armatura principale di trazione sugli appoggi la metà va estesa per tutta la lunghezza delle campate adiacenti e l'altra metà può essere interrotta ad una distanza dall'appoggio pari alla più piccola delle due dimensioni 0.4 ht e 0.4 l.

L'armatura principale di trazione sul 1'appoggio deve essere uniformemente distribuita entro bande orizzontali secondo il seguente schema:

- una frazione di armatura pari a(1/ht - 1)/2 viene disposta in una banda superiore compresa fra ht e 0.8 ht dal bordo inferiore;

- la rimanente frazione viene disposta in una banda compresa fra 0.8 ht e 0.2 ht dal bordo inferiore.

2.2.4 Verifica delle tensioni di compressione sul calcestruzzo Le tensioni longitudinali di compressione per flessione sono generalmente largamente

inferiori alle tensioni ammissibili, in quanto lo spessore della lastra deve essere scelto in modo da assicurare la funzionalità della parete, la protezione delle armature e la stabilità rispetto al pericolo di imbozzamento.

Particolari verifiche sono richieste invece nella zona d'appoggio, che risulta critica per il buon funzionamento della parete e che spesso richiede nervature trasversali, opportunamente armate, o aumenti locali dello spessore t.

Secondo il CEB, per qualsiasi trave parete il valore di calcolo dello sforzo di taglio (cioè della risultante sull'altezza totale degli sforzi S), determinabile isostaticamente o mediante un modello a trave ordinaria nel caso di più campate, non deve superare il valore 0.09 t ht fcd. Questa limitazione consente di evitare che le tensioni principali di trazione in prossimità dell'appoggio raggiungano valori critici, con possibili fessurazioni già sotto i carichi di esercizio.

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3 Calcolo limite con modelli “puntoni-tiranti”. Il metodo ha un carattere molto generale applicandosi a problemi che nella soluzione

elastica sarebbero descritti da stati di tensione bidimensionali o tridimensionali, con almeno una delle tensioni principali positiva: si tratta di trovare una soluzione staticamente ammissibile costituita da fasce di calcestruzzo in stato monoassiale di compressione, ed aste tese corrispondenti all’effettivo tracciato delle armature, costituenti nel loro insieme una travatura reticolare (generalmente isostatica o labile) in equilibrio con carichi applicati ai nodi (o carichi applicati ai nodi meccanicamente equivalenti agli effettivi carichi di volume e superficie applicati alla struttura).

Fra le più antiche applicazioni del modello si può citare la schematizzazione a travatura reticolare incernierata utilizzata da Mörsch per interpretare il funzionamento delle armature d’anima nelle travi di c.a., o i modelli di diffusione dello sforzo assiale di compressione applicatati da un pilastro ad un plinto tozzo di fondazione. Si possono anche citare i modelli di diffusione bidimensionale o tridimensionale all’interno del calcestruzzo circostante le armature nelle zone di ancoraggio.

La loro importanza per i dettaglio costruttivo delle strutture di c.a riguarda soprattutto la modellazione delle “zone perturbate” di aste di c.a. (travi o pilastri): le zone cioè in cui non è ammissibile l’ipotesi di conservazione delle sezioni piane.

Nelle formulazioni antiche ci si preoccupa essenzialmente di ricavare, dalla geometria degli assi della travatura reticolare, le forze nelle aste tese utili per la scelta delle sezioni delle barre o per la verifica della loro tensione, senza particolari attenzioni alle tensioni nei puntoni di calcestruzzo e agli stati di tensione che nascono nelle zone nodali dove le aste si sovrappongono.

Nelle formulazioni più moderne, soprattutto di scuola tedesca (Schlaich, Schäfer), recepite anche a livello normativo dall’Eurocodice 2 ed in Italia dalle Nuove Norme Tecniche per le Costruzioni di cui al DM 14 Gennaio 2008, § 4.1.2.1.5 (si veda anche la Circolare 2 Febbraio 2009, n. 617 “Istruzioni per l’applicazione delle Nuove Norme Tecniche per le Costruzioni (DM Infrastrutture 14 Gennaio 2008, § C4.1.2.1.5), viene definita anche la geometria dei puntoni compressi di calcestruzzo e suggerite regole di verifica della relativa tensione. Analogamente le zone nodali assumono dimensioni finite e si può analizzare l’ammissibilità dello stato di tensione pluriassiale che ivi si forma, tenendo anche presente il problema dell’ancoraggio delle armature tese all’esterno o all’interno dei nodi.

Rispetto alla tensione massima ammessa allo stato limite ultimo in elementi compressi ( fcd) va operata una congrua riduzione (anche fino al 50%) se sono temibili fessurazioni non adeguatamente confinate e quasi parallele alla direzione dei puntoni compressi o nelle zone nodali in cui risultino ancorate armature tese.

Le verifiche quindi non comprendono una analisi di compatibilità delle deformazioni della travatura reticolare, in accordo con i principi del calcolo limite.

E’ comunque da avvertire che la scelta di un modello reticolare eccessivamente discosto da quello delle traiettorie delle tensioni principali elastiche potrebbe comportare, già sotto carichi di esercizio, fessurazioni incompatibili con la curabilità dell’opera. Per questo la scelta non è mai arbitraria, ma sostanzialmente guidata dalla conoscenza del comportamento elastico lineare, eventualmente determinato con schematizzazione ad elementi finiti.

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Figura 13. Modello a puntoni-tiranti di una trave in flessa (l/ht = 3), soggetta a carichi concentrati e quindi sostanzialmente perturbata sull’intera lunghezza (Muttoni, Schwartz et al. 1997).

Figura 14. Modello a puntoni-tiranti di una trave in flessa (l/ht = 3), soggetta a più carichi concentrati in campata (Muttoni, Schwartz et al. 1997).

Come esempio in Figura 13 viene modellata una trave inflessa, abbastanza snella da poter ipotizzare la conservazione delle sezioni piane nella zona centrale nel caso di carico

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uniforme, ma in realtà perturbata su tutta la lunghezza per la presenza di carico concentrato. Il modello comunque si presta a ben schematizzare le travi pareti i cui comportamenti elastici sono rappresentati in Figura 8. L’ancoraggio del tirante è assicurato esternamente ai nodi, che risultano in stato di tensione bidimensionale “idrostatico”, compatibile con la resistenza in stato monoassiale dei puntoni convergenti (e nel nodo superiore della piastra di diffusione del carico concentrato).

In Figura 14 il modello viene esteso al caso di un numero maggiore di carichi in campata. La generalizzazione al caso di carico uniforme suggerisce l’impiego di modelli di

diffusione “a ventaglio” (Figura 15). Lo stato di tensione nel ventaglio risulta comunque monoassiale con sforzo radiale:

2 cos

2 2sin 2r

N NN

r rϑ

α α α⋅

= ⋅ ≈+ ⋅

( 3.1)

ove 2α è l’angolo di apertura del ventaglio ed (r, ϑ) coordinate polari del punto riferite al

centro del ventaglio. N è il carico totale da diffondere.

Figura 15. Modello a puntoni-tiranti di una trave in flessa (l/ht = 3), soggetta a carico uniforme (Muttoni, Schwartz et al. 1997).

Per ulteriori dettagli ed esempi si confronti ad esempio: (Muttoni, Schwartz et al.

1997) ed il Chapter 9: “Design of disturbed regions” in (Collins and Mitchell 1997).

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4 Calcolo limite di lastre piane inflesse di c. a.

4.1 Introduzione Il comportamento di una lastra inflessa soggetta a carichi di intensità crescente si può

schematizzare in quattro fasi: 1 - fase elastica 2 - fase di fessurazione: con la fessurazione del calcestruzzo, all'aumentare dei carichi

i momenti aumentano di più nella zona non fessurata, rispetto all'aumento che ci sarebbe in fase elastica;

3 - fase di plasticizzazione: per percentuali di armatura inferiori ad una percentuale

critica (è la percentuale che separa le rotture aventi origine dalla plasticizzazione delle armature dell'acciaio da quelle aventi origine dalla rottura fragile del calcestruzzo compresso; è il caso generalmente delle lastre piane di c.a.) l'acciaio si plasticizza; nelle sezioni in cui ciò si verifica all'aumentare dei carichi non aumentano i momenti, e si ha quindi una ridistribuzione di momenti più importante rispetto alla fase precedente. La plasticizzazione si estende lungo bande, assimilabili a linee, dette "linee di articolazione "; esse si sviluppano secondo una schema che dipende dalla forma della lastra, dalle condizioni di vincolo e di carico e dalla distribuzione delle armature.

4 - fase di rottura: quando le linee di articolazione si sono sviluppate in modo tale da

trasformare la lastra in un "meccanismo", le deformazioni per rotazione attorno a tali linee raggiungono in certe zone valori tali da portare alla rottura del calcestruzzo, e quindi ad una estensione della rottura stessa per tutta la lunghezza di ogni linea, che diviene pertanto "linea di rottura". Si avverte infine che in presenza di carichi concentrati o in presenza di condizioni di vincolo a simmetria di rotazione (lastre circolari) sono ipotizzabili (e si osservano sperimentalmente) meccanismi di rottura con linee di articolazione non concentrate, ma diffuse "a ventaglio" su zone finite o su tutta la superficie della lastra (cfr. ad es. (Comite_Euro-Intenational_du_Beton 1968)).

4.2 Calcolo limite Al fine di determinare il carico limite di rottura si ricorre ai metodi di "analisi limite"

delle strutture elasto/plastiche, schematizzando il legame costitutivo fra momento flettente e curvatura 1/r come elasto/ perfettamente plastico (in buon accordo col comportamento reale indicato in Figura 16), ovvero anche come rigido / plastico.

Si considera inoltre che tale legame non sia modificato dall'eventuale presenza di momento torcente e/o sforzo di taglio trasversale. In base a tale teoria allo stato limite:

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Figura 16. Relazione fra momento flettente e curvatura locale in una lastra in flessa e sua schematizzazione.

- i momenti hanno una distribuzione "staticamente ammissibile", cioè sono in

equilibrio interno e con i carichi esterni, e non superano in nessun punto il valore del momento di plasticizzazione;

- viene a formarsi un meccanismo “cinematicamente ammissibile”, cioè un

meccanismo in accordo con le condizioni di vincolo e sul quale i carichi esterni compiono lavoro positivo.

Si dimostra che il carico limite è il minore dei carichi che corrispondono ai diversi

meccanismi cinematicamente ammissibili, e contemporaneamente il maggiore dei carichi che corrispondono alle diverse distribuzioni di momenti staticamente ammissibili.

4.3 Criterio di plasticizzazione Definire criteri di plasticizzazione per le lastre è particolarmente difficile, per la

presenza generalmente di armature in due strati, presso le due facce, e in ciascuno con distribuzione variabile. Pertanto ogni linea di articolazione può essere attraversata da diversi sistemi di armature sulla sua lunghezza. Ciò comporta notevoli problemi, superabili solo in modo approssimato, nei punti di incontro delle linee di articolazione (nodi).

La teoria si semplifica se si assume, come faremo nel seguito, che ogni linea di articolazione ed ogni zona nodale sia attraversata da un unico sistema di armature in due direzioni fra di loro ortogonali.

Per ogni direzione i di armatura, formante un angolo pari a 90°- φi con la linea di rottura (cfr.. Fig.1.14), si definiscono i vettori momenti di rottura per unità di lunghezza della linea, mi, in flessione pura monoassiale (determinati ad es. secondo il regolamento italiano) formanti un angolo φi con la linea stessa.

Johansen (Johansen 1962) fa l'ipotesi che nella deformazione plastica le barre si

mantengano rettilinee attraverso la linea di articolazione, mantenendo la direzione originale (Figura 17a). Indicando pertanto con mns ed mn i momenti flettenti e torcenti per unità di lunghezza sulla linea di articolazione, si ha:

2cos

cos sen

ns i ii

n i i ii

m m

m m

φ

φ φ

=

=

( 4.1)

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Figura 17. Ipotesi relative alla direzione del vettore momento di plasticizzazione delle barre attraversanti una linea di articolazione: a) ortogonale alla direzione originaria delle barre (Johansen); b) parallela alla fessura.

Se si fa invece l'ipotesi che le barre si plasticizzino deformandosi ortogonalmente alla

linea di articolazione (Figura 17b) si ottiene

cos

0

ns i ii

n

m m

m

φ=

=

( 4.2)

e quindi valori superiori dei momenti flettenti rispetto a quelli previsti dal criterio di Johansen. In realtà il comportamento rilevabile sperimentalmente è intermedio fra questi due criteri; l'adozione del criterio di Johansen risulta peraltro a favore della sicurezza.

4.4 Metodo delle strisce di Hillborg Il metodo riguarda essenzialmente lastre rettangolari appoggiate su lati paralleli alle

direzioni (x, y) e si basa sul teorema del massimo, e cioè sulla ricerca di soluzioni staticamente ammissibili.

Se si ipotizza in ogni punto nullo il momento torcente m = mx = my (e cioè si assumono in ogni punto principali le direzioni (x, y), momenti flettenti in equilibrio col carico totale q( x, y) possono essere trovati integrando separatamente le equazioni differenziali:

2

2

2

2

( , ) ( , )

(1 ( , )) ( , )

xy

yx

mx y q x y

xm

x y q x yy

α

α

∂= − ⋅

∂∂

= − − ⋅∂

( 4.3)

In sostanza, se la lastra è appoggiata al contorno, viene modellata da un graticcio di

strisce ortogonali su cui opportunamente si ripartisce il carico totale e per ogni direzione equilibrato dalle reazioni vincolari isostaticamente determinabili.

Il valore di α può essere scelto variabile per campi, in relazione alla distanza dall’appoggio più vicino delle direzioni ( x, y): generalmente si sceglie α= 0.5 per punti o zone sostanzialmente equidistanti, α= 0 o α= 1 per punti o zone più vicine al bordo nelle direzione x o rispettivamente y.

Nel caso di vincoli iperstatici le reazioni vincolari indeterminate possono essere scelte in modo staticamente ammissibile.

Nel caso di strisce labili, ad esempio per presenza di qualche bordo libero da vincoli, la reazione equilibrante può essere offerta da fasce di striscie parallele al bordo libero (assumendo quindi per tali strisce valori di α> 1 (o rispettivamente < 0).

Per esemplificazioni si veda ad esempio (Favre, Jaccoud et al. 1994), § 5.2.4.

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4.5 Metodo di Johansen Il metodo si basa sul teorema del minimo, e consente di determinare pertanto un valore

del carico critico maggiore di quello effettivo; solo nel caso sia possibile determinare una distribuzione di momenti staticamente ammissibile, che fornisca lo stesso valore del carico critico, la soluzione è esatta; ciò però è possibile solo in pochi casi semplici.

L'ipotesi che il materiale abbia un comportamento rigido-plastico comporta la possibilità di considerare meccanismi di rottura costituiti da elementi piani compresi fra le linee di rottura (deformate a poliedro) e, quindi le deformazioni risultanti dalle sole rotazioni di questi elementi rigidi intorno ad assi compatibili con le condizioni di vincolo.

La ricerca del carico critico si svolge in due fasi: - si stabiliscono le possibili "famiglie" di meccanismi, compatibili con la forma della

lastra, l'armatura, i carichi e le condizioni di vincolo, ciascuna caratterizzata da un certo numero k di parametri geometrici;

- si determina per ogni famiglia il meccanismo, definito da particolari valori dei

parametri, cui corrisponde il minor valore del carico esterno; il minore dei carichi così determinati per ogni famiglia si assume come carico di rottura.

La ricerca del minor carico di rottura per ciascuna famiglia di meccanismi si basa

sull'imposizione delle condizioni di equilibrio degli elementi rigidi, secondo i due metodi seguenti:

- mediante il principio dei lavori virtuali: fissati i rapporti mi/m fra i momenti resistenti

mi relativi alle diverse direzioni di armatura ed uno di loro, m, si esprime la relazione fra il carico P, m ed i k parametri geometrici; si determinano quindi i valori dei parametri per cui risulti minimo P, ovvero anche massimo m. E' questa la procedura generalmente più conveniente.

- mediante le relazioni di equilibrio dei singoli elementi rigidi, utilizzando "forze

nodali" staticamente equivalenti agli sforzi taglianti e momenti torcenti agenti lungo la linea di rottura (v. ad esempio (Comite_Euro-Intenational_du_Beton 1968)).

4.6 Ricerca di un meccanismo di rottura cinematicamente ammissibile

Si basa sui seguenti due teoremi: 1- la linea di articolazione fra due elementi rigidi passa per il punto di intersezione dei

loro assi di rotazione assoluta. Ad esempio, se la lastra è appoggiata, i bordi stessi sono assi di rotazione per gli

elementi rigidi loro vincolati. Note pertanto le rotazioni φj degli elementi, è determinata la configurazione di rottura, in quanto le linee di articolazione devono risultare parallele all'asse vettore della rotazione relativa (definito dalla differenza vettoriale degli assi vettori delle corrispondenti rotazioni assolute). Viceversa nota la configurazione di rottura, si possono calcolare gli angoli φj a meno di un comune fattore moltiplicativo. Pertanto:

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2 - fissati gli assi di rotazione dei singoli elementi e i rapporti degli angoli di rotazione

rispetto ad un angolo fissato, è definita completamente la configurazione di rottura. Pertanto, se sono noti gli assi di rotazione degli n elementi rigidi, la configurazione di

rottura dipende da n -1 parametri geometrici indipendenti; se più in generale r è il numero di assi la cui posizione non è definita dalle condizioni di vincolo degli elementi rigidi, il numero dei parametri indipendenti della famiglia di meccanismi considerata sarà k = n -1+ r.

4.7 Ricerca del carico critico minimo per ogni famiglia Assegnata una famiglia di meccanismi dipendente da k parametri geometrici, lo

spostamento di ogni punto e le rotazioni degli elementi sono proporzionali allo spostamento di un punto prefissato, secondo un coefficiente dipendente dai k parametri. Uguagliando il lavoro virtuale interno ed esterno su tali spostamenti, si ha

( ) ( ) , , e j j i ns rj

L P w p x y w x y dxdy L m dsϕ= + = =∑ ∫∫ ∫ ( 4.4)

ove wj e w sono gli spostamenti dei punti in cui sono applicati rispettivamente carichi

concentrati Pj e ripartiti p, mentre ϕr è la rotazione relativa fra gli elementi collegati alla linea di articolazione, sul tratto di lunghezza ds.

Generalmente mns e ϕr saranno costanti su ogni tratto rettilineo delle linee di articolazione, e pertanto l'integrale curvilineo può essere calcolato con una semplice sommatoria. Il fattore comune può essere eliminato, mentre mns può essere espresso in funzione dei momenti resistenti mi delle armature attraversanti la linea di articolazione, ovvero dei loro rapporti ad un momento di riferimento m. La ( 4.4) fornisce pertanto una relazione fra un moltiplicatore λ delle forze applicate, m ed i k parametri geometrici p1, p2,.... pk. I valori dei parametri che rendono minimo λ, ovvero massimo m si ottengono o con procedure iterative, ovvero risolvendo uno dei seguenti sistemi:

1 2

1 2

0 ; , ,....

0 ; , ,....

k

k

p p p ppm

p p p pp

λ∂= =

∂∂

= =∂

( 4.5)

4.8 Esempi ed esercizi proposti

4.8.1 Esempio n. 1 Si prende in esame una lastra rettangolare di lati a e b, appoggiata su tre lati e libera

nel quarto, soggetta ad un carico uniformemente ripartito di intensità p; le armature sono disposte secondo le due direzioni parallele ai lati, con momenti resistenti ultimi pari ad m e µm (Figura 18).

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Figura 18. Esempio numero 1 e relativa famiglia di meccanismi di rottura.

Si individua un possibile meccanismo di rottura nella famiglia indicata in Figura 18,

con assi di rotazione dei 3 elementi rigidi determinati dalle linee di appoggio, e dipendente da un solo parametro geometrico x, se si considera la simmetria della struttura e del carico.

Assegnando uno spostamento unitario al segmento BC, il lavoro esterno ed interno valgono:

( ) ( )1 1 1 12 3 2

3 3 2 6

1 12 2

e

i

L p xa b xa b a xa b pab x

xa bL m xa m b m

b xa b xaµ

µ

= ⋅ + ⋅ + − = − = ⋅ ⋅ + ⋅ ⋅ = +

Il calcolo del lavoro interno viene facilmente eseguito in forma vettoriale: la rotazione

relativa lungo le linee di articolazione è pari alla differenza dei vettori delle rotazioni assolute delle due parti collegate attorno alle rispettive linee di appoggio: i momenti m, su due tratti di lunghezza xa, pertanto compiono lavoro solo sulla rotazione assoluta del trapezio BCEF (di modulo 1/b), mentre i momenti µm , su due tratti di lunghezza b, compiono lavoro solo sulla rotazione assoluta dei due triangoli ABE ed CDF (di modulo 1/xa).

Uguagliando tali relazioni, si ottiene:

1 3 212 / /

xm pab

xa b b xaµ−

=+

La condizione di massimo determina il valore di corrispondente al carico critico per la

famiglia considerata:

( ) 2

2 2

2 2

2 3 2 0

4 29 3

dm xa b a bp x

dx b xa b x a

b ax

a b

µ µ

µµ

= − + − − − =

= + −

Sostituendo nell’espressione di m il valore trovato per x, si determina infine la

seguente relazione fra il momento resistente ultimo m ed il carico critico p (ovvero fra p ed m, se si considera la funzione inversa):

2

22

19 4 2

24a

m pbbµ

= + −

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4.8.2 Esercizi proposti Per la lastra indicata in Figura 18 si consideri la famiglia di meccanismi di rottura

indicata in Figura 19.

Figura 19. Seconda famiglia di meccanismi di rottura per la lastra di Figura 18°.

Si determini il carico critico relativo a tale famiglia e lo si confronti con quello

corrispondente alla famiglia indicata in Figura 18b, in funzione dei valori del parametro adimensionale µ b/a. Si considerino inoltre i casi limite in cui tale parametro tenda a 0 o ad infinito, o per effetto di forma (b/a), o per effetto del rapporto di armatura (µ).

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Riferimenti

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