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Κ´ ινησις IL CORPO IN AZIONE

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Direttore

Mario GLibera Università di Bolzano

Comitato scientifico

Massimo BUniversità degli Studi di Urbino Carlo Bo

Franco FAlma Mater Studiorum – Università di Bologna

Mario GAssociazione Nazionale Pratiche Filosofiche

Marcello GUniversità degli Studi di Firenze

Salvatore SUniversità degli Studi di Firenze

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Κινησις

IL CORPO IN AZIONE

Caro cardo salutis

— T

La carne è il cardine della salvezza. Ma salus si traduce anche consalute e saluto: quindi corpo fisico, relazionale ed etico.

La collana propone lo studio del corpo in azione dal punto di vistadelle scienze umane e delle discipline correlate. Ciò al fine di coglierel’originalità, l’ampiezza e la profondità delle relazioni incorporate inpresenza, oltre qualunque dualismo e monismo concettuale e pratico,verso una ricomposizione unitaria dell’essere umano, pur nei limitidella sua ambivalenza e ambiguità irrisolvibili. “La carne è il cardinedella salvezza”, ma anche della salute e del saluto, così da suggerireuna unitarietà fisica, etica e relazionale, nella quale la presenza delcorpo non è separabile dall’esistenza individuale e sociale.

La collana si propone anche di individuare una epistemologia pro-pria della scienza del corpo in azione, pur nel collegamento con tuttele discipline umane. Inoltre vuole provocare un cambiamento degliattuali approcci al corpo in azione, a partire dalla filosofia pratica fi-no alla ricaduta didattica in una scuola in movimento nella quale ilpensiero sia agito e l’azione pensata, nella loro contemporaneità.

Non più “penso dunque sono”, ma “agisco, dunque esisto, dunquepenso, dunque sono”. Senza alcuna separazione e gerarchizzazionetra agire, esistere, pensare ed essere.

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Ringrazio Marcello Gori per la collaborazione nella correzione e impaginazione.

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Mario Gori

Il verbo si fa carne

La filosofia cristiana nell’educazione del corpo

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I edizione: agosto

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A Iacopo, Matteo, Tommaso,

Gloria, Amélie

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Indice

13 Premessa

PARTE PRIMA

Il corpo nella Bibbia e nella filosofia

23 Capitolo I

Il corpo nella filosofia

1.1. Il rapporto anima (psiche, mente) corpo, 23 - 1.2. Cartesio, 30 - 1.3. Oltre il dualismo anima-corpo, 35 - 1.4. Antropologia cristiana, 40 - 1.5. L’uomo unità am-bivalente, 46

49 Capitolo II

Il corpo nella Bibbia

2.1. Unità antropologica, 49 - 2.2. Il corpo: Basar/Soma-Sarx, 51 - 2.3. L’anima: Nefesh/Psyché, 52 - 2.4. Lo spirito: Ruah/Pneuma, 53 - 2.5. Cristo e la totalità della persona, 54 - 2.6. Il peccato è di tutto l’uomo, 55 - 2.7. La salvezza è di tutta la per-sona, 58 - 2.8. L’uomo come corpo, 59 - 2.9. La bellezza e la forza, 62

PARTE SECONDA

Corpo e dottrina cristiana 67 Capitolo III

Il corpo nella dottrina della chiesa

3.1. Il corpo tra filosofia e scienza, 67 – 3.2. Il valore sacro del corpo, 69 - 3.3. Il corpo è la persona, 72 - 3.4. Salute e salvezza, 85 - 3.5. La gratuità, 88 - 3.6. La te-stimonianza, 90

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93 Capitolo IV

Il corpo malato 4.1. Gesù e la malattia, 93 - 4.2. La fede e le guarigioni, 96 - 4.3. La missione degli apostoli e la malattia, 99 - 4.4. Significato della guarigione, 102 - 4.5. Il rapporto fra malattia e dolore, 103 - 4.6. La morte e la finitezza dell’uomo, 104

PARTE TERZA La relazione con Dio, con se stessi e con gli altri

113 Capitolo V

La relazione con Dio 5.1. L’uomo immagine e somiglianza di Dio, 113 - 5.2. Dio Creatore, Padre e Re-dentore, 115 - 5.3. Il significato della relazione con Dio, 116 - 5.4. Dio è amore, 118 - 5.5. La santità è di tutta la persona, 123

125 Capitolo VI

La relazione con se stessi 6.1. Riconoscere i propri limiti, 125 - 6.2. La persona tra antropologia e tecnica, 129 - 6.3. Unità, 130

135 Capitolo VII

La relazione con l’altro 7.1. Ama il tuo prossimo come te stesso, 135 - 7.2. L’altro, 136 - 7.3. Accogliere la diversità, 140 - 7.4. Dalla relazione alla comunità, 142 - 7.5. Farsi uno con gli altri, 150 - 7.6. La comunità luogo dell’agire, 158 - 7.7. Corporeità e comunione, 162

PARTE QUARTA La persona, i segni e i simboli

167 Capitolo VIII

La persona 8.1. Il concetto di persona, 167 - 8.2. La comunità mediatrice tra la persona e la so-cietà. 172 - 8.3. La comunità attraverso la relazione, 175 - 8.4. Comunità luogo di realizzazione dell’uomo e società luogo del suo agire, 182

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187 Capitolo IX

Il corpo fisico-simbolico 9.1. La comunicazione sociale, 187 - 9.2. Il corpo come segno della persona, 188 - 9.3. Gesto e rito, 189 - 9.4. Corpo e preghiera, 192 - 9.5. La danza religiosa, 199

207 Capitolo X

Corpi che si scontrano e corpi che si incontrano 10.1. L’ineludibile corpo, 207 - 10.2. La competizione nella Scrittura, 209 - 10.3. L'arte del competere, 210 - 10.4. Educare alla competizione/cooperazione, 211 - 10.5. Realizzazione e morte, 222

PARTE QUINTA

Pedagogia cristiana e pedagogia contemporanea 233 Capitolo XI

Pedagogia e pedagogia cristiana

11.1. La fede, 233 - 11.2. Gesù educatore, 234 - 11.3. Chiesa e cambiamento, 239 - 11.4. Pedagogia cristiana, 241 - 11.5. L’educazione del cristiano, 244

247 Capitolo XII

Pedagogia cristiana nella storia dell’educazione 12.1. Monasteri dal sec. IV al sec. XII, 247 - 12.2. Scuole monastiche del secolo VI-VIII, 248 - 12.3. L’eredità carolingia nei secoli IX-X, 249 - 12.4. I metodi scolastici monastici dei secoli XI-XII, 249 - 12.5. San Francesco, 250 - 12.6. San Girolamo Miani e i Somaschi, 251 - 12.7. La compagnia di Gesù, 253 - 12.8. I Barnabiti, 254 - 12.9. Le Orsoline, 255 - 12.10. Cèsar de Bus, 256 - 12.11. Calasanzio, 256 - 12.12. Jeanne de Lestonnac, 257 - 12.13. L’oratorio di Francia, 258 - 12.14. S. Alfonso e i Redentoristi, 259 - 12.15. Giovanni Battista de La Salle, 260 - 12.16. La spiritualità marianista, 261 - 12.17. Don Bosco, 261 - 12.18. Rosa e Carolina Agazzi, 265 - 12.19. Maria Montessori, 266 - 12.20. Il personalismo, 268 - 12.21. P. Freire e la pedagogia degli oppressi, 271 - 12.22. Don Lorenzo Milani e la scuola di Barbiana, 273

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Indice 12

277 Capitolo XIII

Il nuovo Testamento e la pedagogia contemporanea 13.1 L’educazione secondo la Bibbia, 277 - 13.2. Compiti dell’educazione, 280 - 13.3. Compiti della scuola, 284 - 13.4. Educazione comunitaria, 287 - 13.5. Compiti dell’educatore, 289 - 13.6. Educazione religiosa nella scuola, 293

PARTE SESTA L’educazione cristiana del corpo

299 Capitolo XIV

La pedagogia cristiana e l’educazione fisica 14.1. Globalità e globalizzazione, 299 - 14.2. Teologia e educazione fisica, 303 - 14.3. L’educazione fisica e la bellezza, 304 - 14.4. L’Educazione fisica e la gloria, 306 - 14.5. Una difficile prassi, 307 - 14.6. L’educazione nuova, 310

315 Conclusione 319 Bibliografia

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Premessa

Mi sono occupato per cinquant’anni di coniugare il corpo in azione con tutti gli altri aspetti dell’essere umano nell’unità dell’essere perso-na.

La piena conferma dei miei pensieri agiti e delle mie azioni pensa-te, l’ho trovata nel Vangelo, soprattutto nella sintesi tra creazione e re-surrezione.

Ho avuto molto meno fiducia nella chiesa e nei comportamenti di alcuni dei suoi rappresentanti. Ho compreso che il tendere verso… è ben più importante degli errori che ho commesso. Poco tempo fa un sacerdote mi ha detto: «non pen-sare più ai tuoi peccati, a loro e a te ci pensa Dio».

La mia vita dimostra ogni giorno l’ambivalenza conflittuale tra l’essere e l’avere, il possedere e il donare, il corpo e la mente, la soli-tudine e la ricerca dell’altro. Non ho raggiunto l’equilibrio nelle mie ineludibili ambivalenze, anzi, spesso, al contrario, ho dimostrato di es-sere spezzato, dualista, separato, frammentato.

Contrastante e incoerente tra teoria e pratica, morali particolari strumentali e auto giustificative e valori etici universali, tra ciò che avrei voluto essere e diventare e quello che ho invece realizzato e vis-suto.

Ho sempre cercato e inseguito l’amore, l’ho trovato e l’ho perduto. Continuo a credere nell’amore.

Lascio questo lavoro agli studenti come testimonianza di una via mai del tutto abbandonata, spesso dimenticata ma ritrovata. In partico-lare a quelli (rari) che si affidano alla speranza, augurando loro che siano migliori di me. Come i miei figli.

La mia fede, come scelta personale, trova conferma piena nel Dio incarnato e risorto, anche come realtà di riferimento nella prassi edu-cativa.

Oltre questo aspetto soggettivo, ho cercato di confrontarmi con la cultura del corpo che in ogni periodo storico ha condizionato la vita umana in tutti i suoi aspetti.

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Premessa 14

La riscoperta della problematica della corporeità si sta riproponen-do anche in ambito cristiano sollecitando ricerche e approfondimenti.

Purtroppo, sovente, la parola di Dio è stata interpretata in maniera strumentale dagli stessi cristiani.

La fede può coesistere anche con altre impostazioni culturali e va di volta in volta dimostrato, se e fino a che punto, alcune componenti di una determinata cultura siano compatibili con la fede di apparte-nenza.

La fede è un dono di Dio, la cultura è una scelta dell’uomo. Compi-to del cristiano è dimostrarne con le azioni la congruenza reciproca.

Occorre saper distinguere quello che Dio ci dice sulla corporeità da come lo hanno espresso gli uomini con le loro categorie di pensiero. (Rossano P., Ravasi G., 1988).

Le varie concezioni sul corpo che si sono succedute nella storia del pensiero, hanno influenzato e determinato credenze e ideali, compor-tamenti e scelte che lo hanno o esaltato o penalizzato.

Da alcuni decenni stiamo vivendo un vero boom del culto del corpo che occupa il primo posto tra gli interessi dell’individuo (alimentazio-ne, sesso, fitness, body-building, sport, salute, ecc.). Da una visione pessimista del corpo, si è passati alla sua adulazione, perdendo ancora una volta la nostra unità. Nello stesso tempo la società tecnologica propone un corpo virtuale che non appartiene più alla singolarità della persona in presenza.

Contemporaneamente c’è concordanza, prevalentemente teorica, nel ritenere che alla base di una buona educazione, oltre allo sviluppo intellettivo e spirituale, la cura del corpo permetta a ciascuno di cre-scere in modo equilibrato e armonioso in tutte le sue componenti.

Tutte le azioni e le pratiche motorie permettono veramente una cre-scita effettiva dell’essere umano? Sono in equilibrio con la sua ri-chiesta di senso? Rispettano i valori che sono alla base della conviven-za? Rispettano l’uomo stesso? Producono rispetto reciproco? Aiutano a realizzare un rinnovato umanesimo?

Le concezioni dell'uomo e del corpo che si trovano nel mondo ebraico sono prima di tutto dati culturali e non dati di fede.

Il fatto che la Bibbia si sia espressa in una determinata visione delle cose, non significa che questa debba essere privilegiata, insegnata, tanto meno imposta.

La Bibbia, sia nell’Antico che nel N.T., non conosce il dualismo tra spirito e materia e considera l'uomo come essere unitario e il valore

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Premessa 15

del corpo viene presentato come un compito di fedeltà alla parola di Dio e va pertanto compreso che cosa significhi per l'essere umano e le sue manifestazioni vitali.

Per indicare il corpo dell'uomo o, meglio, l'uomo in quanto corpo, l'ebraico usa il termine basar, che significa prima di tutto carne e, più ampiamente, corpo.

Talvolta il termine può indicare un aspetto particolare dell'essere umano, senza che per questo si debba concludere che l'ebreo sostenga la scomposizione dell’uomo in diversi elementi (spirito o alito, vita o anima, cuore, ossa, pelle, sangue).

Basar può indicare la differenza tra la carne e altri aspetti dell'esse-re umano, oppure il costituirsi di endiadi per indicarlo nella sua totali-tà e completezza.

«Il mio spirito non durerà per sempre nell'uomo, perché egli non è che carne» (Gen. 6,3), suppone la differenza tra l'elemento vitalizzante che è il respiro donato da Dio e la fisicità umana denominata carne. Si immagina una strutturazione dell'uomo vivente che parte dalle ossa sulle quali si formano i nervi, quindi la carne, la pelle e, infine, lo spi-rito che darà loro la vita.

Anche l'antico ebreo sapeva che l'essere umano è formato di varie componenti che si unificano insieme e sono vitalizzate dallo spirito-a-lito immaginato come circolante nel sangue.

Il timore di sostenere l'idea di una composizione sommatoria di ele-menti e di parti costitutive dell'essere umano, è dovuto al rischio di confondere la visione ebraica con quella ellenistica. La differenza non sta nell'assenza dalla mentalità ebraica di ogni idea di composizione o di fusione di elementi ma in quella della dicotomia tra due sostanze distinte e opposte costitutive dell'essere umano, la sostanza corporea o materiale e quella spirituale. Lo spirito-alito, se concepito come sepa-rato dal corpo, non è nulla di umano, è vita o sede della vita in genera-le ma non è la vita umana.

Per l'ebreo c'è l’uomo soltanto quando c'è la completezza globale non suddivisa e non suddivisibile di tutto l'essere riassumendo l'idea di uomo non nello spirito-alito come anima della mentalità greca ma in quella di carne-corpo. Lo spirito-alito preso isolatamente, rimane sen-za specificazione; può dar vita all'animale o all'uomo: dire alito o san-gue può significare vita ma non ancora quale vita o vita di chi. Invece dire basar, cioè carne-corpo, significa uomo perché è la struttura cor-

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Premessa 16

porea nella sua visibilità e fisicità che caratterizza, denomina, denota e connota l'essere umano.

Nell'A.T., il solo termine basar indica l'uomo cogliendone la carat-terizzazione che lo fa tale proprio nella strutturazione visibile del suo essere conglobando in sé l'idea di spirito-alito e non viceversa, tant'è vero che il termine non è mai usato per designare un cadavere. C'è dunque un uomo là dove c'è questo corpo vivo con tutte le sue com-ponenti, nessuna delle quali è umana se concepita isolatamente, per-ché solo la globalità fisica visibile è l'uomo.

Questa concezione trova coerente conferma nelle diverse maniere con le quali la lingua e la cultura dell'A.T. parlano del pensare, del sentire e dell'agire dell'uomo. Quelle che noi chiamiamo attività dello spirito, vengono espresse nell'ebraico biblico nominando un organo del corpo. Il termine nefesch che antiche e moderne versioni hanno tradotto in molti casi con anima, in ebraico non perde mai il suo signi-ficato di gola, collo, dove la sensazione del variare della respirazione segnala all'uomo quel che sta avvenendo nella sua vita fisica, psichica ed emozionale.

Il corporeo è il trasparire dell'interiorità: «Non opprimerai lo stra-niero: voi conoscete la vita dello straniero, perché foste stranieri in ter-ra d'Egitto». (Es. 23,9) Dove nella traduzione leggiamo vita c'è in ebraico nefesch: questa gola dello straniero è, nello stesso tempo, la sua fame, la sua angoscia, la sua oppressione, che si radica nell'intimo ma che si sente a livello fisico nella fatica giornaliera del vivere, nel nodo alla gola che lo stringe. Analogamente respiro corto significa paura e respiro lungo coraggio, così come numerosi verbi e aggettivi si accompagnano al termine cuore, che indica qualcosa di simile a quello che noi chiamiamo intelligenza o coscienza, per indicare vari stati dell'animo. Quando si vuol descrivere quello che un uomo pensa o quello che è, nella lingua ebraica si nomina il corpo, soprattutto il volto, le mani, gli orecchi, la bocca.

Così la corporeità è l'elemento essenziale nel quale l'uomo si identi-fica e si esprime: egli è se stesso nel suo corpo e per mezzo del suo corpo e nulla accade o esiste in lui che non trovi collocazione negli organi e nei moti del suo corpo.

Non è neppure sfiorato dall'ipotesi di poter parlare dell'intimità del suo essere personale ricorrendo a un concetto di anima distinta dal corpo di cui, come potrebbe pensare un greco, sarebbe la guida e il go-verno come il timoniere per la nave.

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Premessa 17

L'uomo dell'A. T. non si sente un composto ma un essere unitario totalmente identificato con la sua corporeità. (Rossano P., Ravasi G., 1988).

Il corpo è l'uomo in quanto inserito nel mondo, dotato di membra ed energie che lo pongono in relazione vitale e feconda con gli altri e con le cose. Il corpo è in se stesso buono: più che di peccati del corpo si deve parlare di peccati contro il corpo, cioè contro il valore e la di-gnità della persona visibile e chiamata ad agire nel mondo.

Con il termine corpo si indica primariamente l'aspetto fisico e la potenza generativa dell'uomo, non per distinguere la sfera sessuale da un'altra ad essa superiore o più pienamente umana ma proprio per af-fermare che in questa fisicità tutto l'uomo è messo in questione ed è impegnato ad essere se stesso.

Il peccato contro il corpo rende schiavo l'uomo in tutto il suo essere e, per questo, Paolo può parlare di corpo carnale e di corpo del pecca-to e indicare la liberazione dal corpo che porta alla morte senza spe-ranza.

Una tale condizione non corrisponde alla natura del corpo ma alla condizione storica in cui il corpo è stato posto dal peccato, dalla legge naturale e dalla morte.

La negatività non è legata alla corporeità come tale, quanto alla sto-ria del peccato da Adamo in poi. Il riflettersi nel corporeo di questa morte dimostra proprio che è quello il luogo in cui tutto l'essere del-l'uomo si rende manifesto e in cui si decide la sua sorte: il corpo è il segno che svela la dignità dell'uomo per la sua origine da Dio e, insie-me, la situazione di schiavitù in cui è precipitato. Esso esprime la per-sona in tutte le sue situazioni vitali e storiche. (Rossano P., Ravasi G., 1988).

Nel N.T. questo concetto unitario trova il suo compimento nella in-carnazione e nella risurrezione. Questi concetti ci permettono di com-prendere quale sia il valore del nostro corpo e quale compito educati-vo dobbiamo assumere nei suoi confronti e nella relazione con gli altri e il mondo.

In San Paolo il concetto di unità con gli altri in Cristo è parafrasato attraverso l’unità del corpo.

Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo. E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o

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Premessa 18

Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito. Ora il cor-po non risulta di un membro solo ma di molte membra. Se il piede dicesse: Poiché io non sono mano, non appartengo al corpo, non per questo non fa-rebbe più parte del corpo. E se l'orecchio dicesse: Poiché io non sono occhio, non appartengo al corpo, non per questo non farebbe più parte del corpo. Se il corpo fosse tutto occhio, dove sarebbe l'udito? Se fosse tutto udito, dove l'o-dorato? Ora, invece, Dio ha disposto le membra in modo distinto nel corpo, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il cor-po? Invece molte sono le membra ma uno solo è il corpo. Non può l'occhio dire alla mano: Non ho bisogno di te; né la testa ai piedi: Non ho bisogno di voi. Anzi quelle membra del corpo che sembrano più deboli sono più neces-sarie; e quelle parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggior rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggior decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha composto il corpo, conferendo maggior onore a ciò che ne mancava, perché non vi fosse disu-nione nel corpo ma anzi le varie membra avessero cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un mem-bro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte. San Paolo: Corinzi 1

Non è questo un testo di teologia. Non ne ho le competenze. È la riflessione di un insegnante che si è dovuto confrontare, a di-

versi livelli e con svariati interlocutori, con una scuola dualista, con insegnanti arroccati nella loro disciplina, con comitati e associazioni che hanno fatto dello sport la loro bandiera per ampliare il loro con-senso attraverso la selezione e la gerarchizzazione dei partecipanti, con politici sordi alla proposizione di una buona scuola e di una buona educazione, con colleghi che hanno abdicato alla loro identità, col di-lagare sempre più massificato di una pseudo cultura del corpo, di una sessualità frammentata in tanti generi immorali, di una esteriorità sen-za senso e sostanza.

Complessivamente una continua disumanizzazione proposta a tutte le generazioni in ogni parte del mondo

Ho dovuto anche far i conti con vari integralismi presuntuosi o con frammentazioni che hanno abdicato alla nostra umanità creaturale, per ergersi a creatori di se stessi e delle verità assolute.

Il dualismo ha influenzato tutta la mia vita, anche se ho sempre ri-cercato una ricomposizione unitaria ambivalente che ho provato a esprimere con le parole e le azioni e a suggerire nei miei tanti anni di insegnamento.

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Premessa 19

Non ci sono spesso riuscito, tuttavia ne faccio testimonianza agli studenti, perché ho fiducia che loro, meglio di me, possano proporre e realizzare questa unità nella loro pratica educativa.

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