Introduzione alla Meccanica Quantistica. 2 1 Pacchetti d...

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Introduzione alla Meccanica Quantistica. 2 A. A. 2006/2007 1 Pacchetti d’onda liberi Riprendiamo in esame l’equazione di Schr¨ odinger per la particella libera, che pu` o scriversi nella forma: 2 ψ +2∂ψ ∂t =0, (1) avendo posto: μ = m ¯ h . (2) Se confrontiamo la (1) con l’equazione d’onda parassiale (EO.2.10): 2 xy f +2ik ∂f ∂z =0, (3) ci rendiamo conto che la struttura delle due equazioni ` e la stessa, salvo per il fatto che, nel caso tridimensionale, il laplaciano nella (1) riguarda tutte e tre le coordinate spaziali, mentre nella (3) agisce solo sulle variabili x e y. Se ci limitiamo a una particella che possa muoversi solo in un piano (x,y) possiamo trasformare le soluzioni trovate in ottica in funzioni d’onda della particella. Basta sostituire l’ondulanza k con il parametro μ e la variabile spaziale z con il tempo. Possiamo allora stabilire la seguente corrispondenza. Supponiamo che ψ(x,y, 0) sia la funzione d’onda iniziale di una particella in un piano e pensiamola come se fosse una disturbanza nel piano z = 0. Sappiamo calcolare il campo propagato sul generico piano z = cost. usando la formula di propagazione di Fresnel che, come sappiamo, ` e equivalente a usare l’equazione d’onda parassiale (a meno del fattore exp(ikz )). Cambiando k in μ e z in t, i campi propagati assumono il significato di funzioni d’onda, sul piano x,y, all’istante t. Perci` o lo studio della propagazione alla Fresnel ` e equivalente a quello dell’evoluzione temporale di una funzione d’onda. 1

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  • Introduzione alla Meccanica Quantistica. 2

    A. A. 2006/2007

    1 Pacchetti d’onda liberi

    Riprendiamo in esame l’equazione di Schrödinger per la particella libera, che può scriversinella forma:

    ∇2ψ + 2iµ∂ψ∂t

    = 0, (1)

    avendo posto:

    µ =m

    h̄. (2)

    Se confrontiamo la (1) con l’equazione d’onda parassiale (EO.2.10):

    ∇2xyf + 2ik∂f

    ∂z= 0, (3)

    ci rendiamo conto che la struttura delle due equazioni è la stessa, salvo per il fatto che,nel caso tridimensionale, il laplaciano nella (1) riguarda tutte e tre le coordinate spaziali,mentre nella (3) agisce solo sulle variabili x e y. Se ci limitiamo a una particella chepossa muoversi solo in un piano (x, y) possiamo trasformare le soluzioni trovate in otticain funzioni d’onda della particella. Basta sostituire l’ondulanza k con il parametro µ e lavariabile spaziale z con il tempo.

    Possiamo allora stabilire la seguente corrispondenza. Supponiamo che ψ(x, y, 0) siala funzione d’onda iniziale di una particella in un piano e pensiamola come se fosse unadisturbanza nel piano z = 0. Sappiamo calcolare il campo propagato sul generico pianoz = cost. usando la formula di propagazione di Fresnel che, come sappiamo, è equivalentea usare l’equazione d’onda parassiale (a meno del fattore exp(ikz)). Cambiando k in µ e zin t, i campi propagati assumono il significato di funzioni d’onda, sul piano x, y, all’istantet. Perciò lo studio della propagazione alla Fresnel è equivalente a quello dell’evoluzionetemporale di una funzione d’onda.

    1

  • Vediamo le cose più in dettaglio. A tale scopo ricordiamo la formula di propagazionealla Fresnel (EO.2.2.8) che, per la parte trasversale, può scriversi:

    f(x, y, z) = − iλz

    ∫ ∞

    −∞

    ∫ ∞

    −∞f(ξ, η, 0) exp

    {ik

    2z[(x− ξ)2 + (y − η)2]

    }dξdη. (4)

    Sostituendo k con µ e z con t, otteniamo la legge di evoluzione temporale della funzioned’onda di una particella libera nel piano:

    ψ(x, y, t) = − iµ2πt

    ∫ ∞

    −∞

    ∫ ∞

    −∞ψ(ξ, η, 0) exp

    {iµ

    2t[(x− ξ)2 + (y − η)2]

    }dξdη. (5)

    La funzione che moltiplica la ψ sotto integrale (incluso il termine esterno) prende il nome,come in ottica, di propagatore.

    In diversi casi, la ψ(x, y, 0) è concentrata intorno all’origine (o ad un altro punto). Cisi riferisce a questi casi parlando di pacchetti d’onda.

    Facciamo per un momento l’ipotesi che ψ(x, y, 0) sia reale. Ciò implica che la suatrasformata di Fourier è hermitiana (EO.SU.14). Come conseguenza, il modulo quadrodi ψ̃ è funzione pari (rispetto a entrambe le variabili) e quindi il valore atteso di p èzero. Siccome poi, al variare di t, ψ̃ cambia solo per un fattore di fase (come si è vistoprecedentemente), lo stesso risultato vale a qualunque istante. Grossolanamente parlando,la particella è (mediamente) ferma.

    Per rendere conto di una particella che abbia un valore atteso dell’impulso diverso dazero (e quindi di una particella in moto), occorre che |ψ̃|2 sia centrata su un punto diversodall’origine. Supponendo che l’impulso medio sia diretto lungo l’asse x e valga p0, occorre,per il teorema della modulazione (EO.SU.15), che la ψ(x, y, 0) reale venga moltiplicataper il fattore di fase exp (ik0x), con k0 = p0/h̄.

    Vogliamo determinare che cosa cambia nell’evoluzione temporale della ψ. Quando laψ iniziale viene moltiplicata per il fattore di fase exp (ik0ξ), la parte dipendente da ξdell’esponente che compare entro l’integrale (5) può scriversi:

    2t(x− ξ)2 + ik0ξ =

    2t

    (x2 + ξ2 − 2xξ + 2k0t

    µξ

    )=iµ

    2t

    [x2 + ξ2 − 2ξ

    (x− k0t

    µ

    )], (6)

    e questa, completando il quadrato del binomio, può ancora trasformarsi in:

    2t

    (x− k0t

    µ− ξ

    )2−(x− k0t

    µ

    )2+ x2

    =

    2t

    (x− k0t

    µ− ξ

    )2− iµ

    2t

    (k20t

    2

    µ2− 2k0t

    µx

    ),

    (7)ovvero:

    2t

    (x− k0t

    µ− ξ

    )2+ ik0

    (x− k0t

    ). (8)

    2

  • Quando questa espressione viene inserita nella (5) il secondo termine uscirà dall’integrale,mentre il primo porterà per l’integrale alla stessa espressione che si avrebbe se non ci fosseexp (ik0ξ), salvo per il fatto che la x va sostituita da x−k0t/µ. In altri termini, moltiplicarela ψ iniziale per exp (ik0ξ) porta a far traslare la ψ lungo l’asse x con velocità k0/µ (e aintrodurre un fattore di fase exp[ik0x− ik20t/(2µ)]). Nell’analogia ottica prima discussa,la presenza del termine exp (ik0ξ) corrisponde ad avere un asse medio di propagazionegiacente nel piano xz e che forma un angolo diverso da zero con l’asse z.

    A prescindere dal valore atteso dell’impulso (nullo o diverso da zero), al passare deltempo, il pacchetto tende tipicamente ad allargarsi. Per convincersi di questo bastapensare all’analogo ottico: durante la propagazione, la sezione di un fascio generalmentesi allarga. Si può tentare di dare un’interpretazione intuitiva di questo allargamentoosservando che, siccome c’è un’indeterminazione su px e py, la particella si trova in unostato di sovrapposizione di stati nei quali essa è dotata di velocità differenti e, in un tempofissato, compie spazi differenti. Perciò, non sorprende che al passare del tempo l’incertezzasulla posizione aumenti.

    Riprenderemo questo punto parlando dei pacchetti gaussiani, per vedere anche i limitidi questa interpretazione intuitiva.

    1.1 Pacchetti gaussiani

    Sfruttando la corrispondenza illustrata nel paragrafo precedente, possiamo studiare comeevolve nel tempo la funzione d’onda nel caso di un pacchetto gaussiano. Useremo perquesto le formule del fascio gaussiano. Ricordiamo che la parte trasversale è espressa da(E.O. 2.12):

    f(x, y, z) =A

    z − iL exp(

    ikr2

    2(z − iL)

    ), (9)

    dove A è una costante, r2 = x2 + y2 e L è la lunghezza di Rayleigh. Per trasformarequesta in una funzione d’onda basta operare le sostituzioni dette. Ovviamente, al postodella lunghezza di Rayleigh dovremo mettere una costante T , avente le dimensioni di untempo, che chiameremo tempo di Rayleigh. Dalla (9) deriviamo allora la funzione d’onda:

    ψ(x, y, t) =A

    t− iT exp(

    iµr2

    2(t− iT )

    ). (10)

    Operando come nel caso del fascio gaussiano si può dare alla (10) una forma del tipo:

    ψ(x, y, t) = Bw0wt

    exp (−iϕt) exp[(

    2τt− 1w2t

    )r2], (11)

    dove B è una costante e:

    wt = w0

    1 +t2

    T 2; τt = t+

    T 2

    t; tg ϕt =

    t

    T. (12)

    3

  • Inoltre il legame fra T e w0 è analogo a quello fra L e w0 per il fascio gaussiano, vale adire:

    w0 =√

    2T/µ. (13)

    La (11) non è normalizzata. Imponendo che il suo modulo quadro valga uno si ottiene laforma:

    ψ(x, y, t) =

    √2/π

    wtexp (−iϕt) exp

    [(iµ

    2τt− 1w2t

    )r2]. (14)

    Fermiamoci un momento a discutere il significato della (14). Essa si riferisce allo stato diuna particella la cui localizzazione iniziale è descritta da una gaussiana reale di spot-sizew0. Tale stato corrisponde al caso in cui i prodotti delle indeterminazioni di x e px, y epy hanno il valore minimo. Al passare del tempo, mentre la d.d.p. per l’impulso rimaneinvariata (si ricordi che questo è sempre vero per la particella libera), la d.d.p. per laposizione diventa una gaussiana progressivamente sempre più larga (per cui il prodottodelle indeterminazioni cresce). Si noti che quanto più accurata è la localizzazione iniziale(cioè quanto più piccolo è w0), tanto più rapidamente il pacchetto si sparpaglia (cioè tantopiù piccolo è il tempo di Rayleigh), come si vede dalla (13).

    Fermiamoci di nuovo a discutere l’origine del progressivo allargamento del pacchettoal passare del tempo. All’istante iniziale la ψ è una gaussiana reale centrata sull’origine.Pertanto anche la ψ̃ è una gaussiana reale centrata sull’origine (nel piano px, py). Questoequivale a dire che il valore atteso dell’impulso è zero. Tuttavia esiste un’incertezza su pxe py. Perciò la particella è in uno stato di sovrapposizione di infiniti stati nei quali essa simuove in tutte le possibili direzioni e con tutte le possibili velocità (anche se pesate diver-samente). Questa incertezza sullo stato di moto della particella si traduce in un’incertezzasulla posizione che sarà tanto maggiore quanto più tempo passa. Va detto tuttavia chequesto tipo d’interpretazione intuitiva non può spiegare tutti gli aspetti del comporta-mento del pacchetto gaussiano. Per rendersene conto basta pensare al caso analogo aquello di un fascio gaussiano che parta da un piano precedente a quello di cintola (doveil raggio di curvatura è negativo). Allora, per un certo intervallo di tempo, il pacchettoandrà restringendosi (si noti che in questo caso il prodotto delle indeterminazioni all’is-tante t = 0 sarà maggiore del minimo). Il punto è che la descrizione di tipo probabilisticoche abbiamo tentato, equivale a prendere in considerazione solo il modulo quadro di ψ,mentre per determinare l’evoluzione temporale del pacchetto dobbiamo conoscere la ψ inampiezza e fase.

    Il caso esaminato si riferisce ad una particella con impulso atteso nullo. Per descrivereuna particella dotata di velocità media non nulla, in base a quanto visto nel paragrafoprecedente, dovremo introdurre un fattore di fase lineare in x (se la particella si muovelungo tale asse). Scriviamo la funzione d’onda iniziale come prodotto della (14) presa altempo t = 0 e del fattore di fase:

    ψ(x, y, 0) =

    √2/π

    w0exp

    (− x

    2 + y2

    w20

    )exp(ik0x). (15)

    4

  • e, sfruttando ancora i risultati del paragrafo precedente, la ψ al tempo t sarà:

    ψ(x, y, t) =

    √2/π

    wtexp (−iϕt) exp

    [(iµ

    2τt− 1w2t

    )((x− k0t/µ)2 + y2

    )]exp [ik0 (x− k0t/(2µ))].

    (16)I risultati ottenuti sfruttando l’analogia col TEM00 potrebbero estendersi ai fasci

    gaussiani di ordine superiore e a quelli astigmatici.

    1.2 Pacchetti non diffrangenti

    Ci chiediamo se l’allargamento dei pacchetti d’onde sia una caratteristica ineliminabiledi qualunque funzione d’onda che risulti inizialmente concentrata intorno a un punto.L’analogia con l’ottica, nella quale esistono i fasci a sezione invariante, o non diffrangenti,suggerisce che sia possibile trovare delle configurazioni di funzione d’onda che, al passaredel tempo, cambiano solo per un fattore di fase (cos̀ı come nel caso ottico la propagazioneintroduce solo il fattore exp(ikzz)).

    Riferiamoci al caso bidimensionale, cioè ad una particella libera di muoversi su unpiano xy, e osserviamo che richiedere che la funzione d’onda cambi nel tempo solo per unfattore di fase è equivalente a imporre che lo stato sia stazionario. Perciò l’equazione acui fare riferimento è

    ∇2xyu+2mE

    h̄2u = 0. (17)

    Posto2mE

    h̄2= k2, (18)

    la (17) assume la forma di un’equazione di Helmholtz (bidimensionale). Pertanto qualunquesovrapposizione di soluzioni del tipo exp(ik · r) con k comunque orientato nel piano, maavente modulo soddisfacente la (18), dà luogo ad una struttura del tipo voluto. In basea quanto visto in ottica per i fasci a sezione invariante, possiamo dire che, lavorando incoordinate r, ϑ, una forma semplice, a simmetria circolare, per la funzione d’onda è laseguente

    u = u(r) = AJ0(kr), (19)

    dove J0 è la funzione di Bessel di prima specie e ordine zero e A è una costante. Si ricordiche una struttura del tipo (19) non è normalizzabile.

    Altrettanto valide sono le soluzioni del tipo

    u = u(r, ϑ) = AJn(kr)einϑ, (n = 1, 2, ...), (20)

    che coinvolgono funzioni di Bessel di ordine superiore e presentano un vortice nell’origine.Si può notare che tutte queste soluzioni corrispondono ad autostati del modulo del-

    l’impulso (h̄k), oltre che dell’energia. Si noti ancora che E, e quindi k, può essere scelto

    5

  • ad arbitrio. In altri termini, si ha un continuo di autostati. Osserviamo infine che perle soluzioni citate il valore atteso dell’impulso è zero. Non sarebbe difficile estendere latrattazione a pacchetti dotati di un impulso atteso non nullo in modo analogo a quantofatto nei precedenti paragrafi.

    2 Buche di potenziale

    Le buche di potenziale rappresentano regioni nelle quali una particella risente di una forzaattrattiva. Esse sono quindi casi significativi ai quali applicare quanto sviluppato finora.

    2.1 Buca squadrata infinitamente profonda

    Uno dei sistemi più semplici da studiare è il seguente. Supponiamo che una particellache può muoversi sull’asse x sia soggetta ad un potenziale U che vale zero fra 0 e L e chediventa infinitamente grande all’esterno di tale intervallo. Tale sistema prende il nome dibuca di potenziale squadrata di profondità infinita.

    Per prima cosa, vogliamo trovare gli autostati dell’energia. Per ogni valore finitodell’energia, la particella rimane confinata entro la buca. Inoltre la discontinuità di U agliestremi dell’intervallo implica che se la particella tocca le pareti della buca risente di unaforza repulsiva infinitamente grande (si ricordi la relazione tra forza ed energia potenzialeF = −dU/dx).

    La particella può stare solo entro la buca, per cui ci basta scrivere l’equazione diSchrödinger (per gli stati stazionari) nell’intervallo (0 ≤ x ≤ L), dove il potenziale ènullo. Perciò l’equazione diventa:

    d2u

    dx2+ k2u = 0, (0 ≤ x ≤ L), (21)

    avendo posto:

    k =

    √2mE

    h̄. (22)

    Cerchiamo delle soluzioni della (21) che soddisfino le condizioni al contorno:

    u(0) = u(L) = 0, (23)

    che derivano dalla condizione di forza infinita ai bordi. La (21) coincide con l’equazionedell’oscillatore armonico e quindi ha soluzioni sinusoidali. Fra di esse, quelle che siannullano in 0 e in L sono:

    un(x) = An sin (knx), (24)

    con:kn =

    πn

    L, (n = 1, 2, ...). (25)

    6

  • I coefficienti An saranno poi determinati in base alla condizione di normalizzazione. Es-sendo fissati i kn, sono anche fissati gli autovalori dell’energia, che si ricavano tramite la(22):

    En =h̄2k2n2m

    =n2π2h̄2

    2mL2, (n = 1, 2, ...). (26)

    Determiniamo ora gli An imponendo la condizione:

    ∫ L

    0u2n(x)dx = A

    2n

    ∫ L

    0sin2

    (nπx

    L

    )dx = 1, (27)

    Sviluppando l’integrale si trova che, quale che sia n, risulta:

    An =

    √2

    L. (28)

    Riassumendo, le parti spaziali delle autofunzioni dell’energia sono:

    un(x) =

    √2

    Lsin

    (nπx

    L

    ), (n = 1, 2, ...). (29)

    Ad ogni autofunzione è associato un autovalore dell’energia dato dalla (26). L’espressionedelle autofunzioni, completa della dipendenza dal tempo, è allora:

    ψn(x, t) = un(x)e−iωnt = un(x)e

    −iEnt/h̄ =

    √2

    Lsin

    (nπx

    L

    )e−i

    n2π2h̄2mL2

    t, (n = 1, 2, ...). (30)

    Interessiamoci ora del caso in cui la funzione d’onda iniziale della particella nellabuca non coincida con nessuna delle autofunzioni dell’energia. Tale funzione, che si devecomunque annullare ai bordi, è sviluppabile in una serie di autofunzioni (è questo un casoparticolare di sviluppo in serie di Fourier). Perciò si avrà:

    ψ(x, 0) =∞∑

    n=1

    cnun(x). (31)

    Per calcolare i coefficienti cn ci serviamo della proprietà di ortonormalità delle autofun-zioni: ∫ L

    0un(x)um(x)dx = δnm, (32)

    dove δnm è il simbolo di Kronecker (0 se n 6= m e 1 se n = m). La (32) è facilmentecontrollabile inserendo in essa la forma esplicita delle autofunzioni. Moltiplicando la (31)membro a membro per una generica uk(x) e integrando fra 0 e L, otteniamo:

    ∫ L

    0ψ(x, 0)uk(x)dx =

    ∞∑

    n=1

    cn

    ∫ L

    0un(x)uk(x)dx = ck, (33)

    7

  • avendo usato la proprietà (32). La (31) esprime lo stato della particella come sovrappo-sizione di autostati dell’energia. I coefficienti cn sono le ampiezze di probabilità relative aivari autostati. Ciò significa che la probabilità che, misurando l’energia, si trovi l’n-esimoautovalore (e conseguentemente la funzione d’onda si riduca all’n-esima autofunzione) èdata da |cn|2. Per la proprietà di chiusura dovrà essere allora:

    ∞∑

    n=1

    |cn|2 = 1. (34)

    In particolare, se tutti i coefficienti cn sono nulli, eccetto uno, diciamo l’h-esimo, si ritrovail caso in cui la particella è in un autostato dell’energia (l’h-esimo).

    Ci chiediamo ora come evolve nel tempo la ψ, a partire dalla distribuzione inizialeψ(x, 0). La risposta è semplice: basta associare ad ogni termine dello sviluppo in serie(31) il corrispondente fattore temporale (del tipo exp (−iωnt)). Si avrà allora:

    ψ(x, t) =∞∑

    n=1

    cnun(x) exp

    (−in

    2π2h̄

    2mL2t

    ). (35)

    E’ quanto dire che i coefficienti di Fourier cambiano nel tempo per un fattore di fase. Ciòda un lato fa cambiare la forma di ψ al passare del tempo ma dall’altro non cambia leprobabilità di trovare i vari autovalori all’atto della misura. Infatti i moduli quadri deicoefficienti non sono modificati dal fattore di fase. Si noti inoltre che la funzione d’ondariassume periodicamente la stessa conformazione perché tutti gli esponenziali temporalihanno esponenti multipli di uno fondamentale.

    Aggiungiamo che per alcuni problemi può essere più conveniente scegliere gli estremidella buca come −L/2 e L/2, invece che come 0 e L. L’espressione delle autofunzionicorrispondente a questa scelta si ottiene dalla (29) traslando l’origine delle coordinate diL/2. In altri termini, si passa da x alla variabile x′ = x − L/2. Se, nella (29) si ponex = x′ + L/2 si ha:

    un(x′) =

    √2

    L

    [sin

    (nπx′

    L

    )cos

    (nπ

    2

    )+ cos

    (nπx′

    L

    )sin

    (nπ

    2

    )], (n = 1, 2, ...). (36)

    Come si vede, se n è dispari rimane solo la parte con cos (nπx′/L), mentre se n è paririmane solo quella con sin (nπx′/L). Perciò, nel nuovo riferimento, le autofunzioni sonoalternativamente pari e dispari. Il segno meno che può comparire nella (36) non ha alcunaimportanza perché un’autofunzione normalizzata rimane tale se la si moltiplica per unacostante di modulo unitario.

    Ponendoci nel riferimento centrato e indicando per semplicità con x, anziché x′, lavariabile, facciamo la seguente osservazione che tornerà utile fra breve. Usando formuletrigonometriche, è facile vedere che le prime autofunzioni si possono scrivere (omettendoil fattore di normalizzazione)

    n = 1) cos(βx), (37)

    8

  • n = 2) cos(βx) [2 sin(βx)] , (38)

    n = 3) cos(βx)[1 − 4 sin2(βx)

    ], (39)

    n = 4) cos(βx)[4 sin(βx)− 8 sin3(βx)

    ], (40)

    n = 5) cos(βx)[1 − 12 sin2(βx) + 16 sin4(βx)

    ], (41)

    cioè come prodotto di cos(βx) e di un opportuno polinomio in sin(βx). Questo risul-tato vale in generale. Per vederlo, si potrebbe procedere nel seguente modo. Scritta lau nell’equazione di Schrödinger come prodotto cos(βx)P (sin(βx)), si troverebbe che lafunzione P soddisfa un’equazione differenziale che è quella caratteristica dei polinomi diChebischev di seconda specie. Tali polinomi, generalmente indicati con Vn, soddisfano larelazione di ricorrenza

    Vn+1(η) = 2ηVn(η) − Vn−1(η), (42)

    che consente di ricavare i vari polinomi a partire dai primi due, che sono

    V0(η) = 1; V1(η) = 2η. (43)

    Si faccia attenzione alla diversa numerazione. L’autofunzione fondamentale, che abbiamoindicato con u1, corrisponde al polinomio d’ordine zero, ecc. In conclusione, le autofun-zioni e gli autovalori della buca rettangolare infinitamente profonda, disposta fra −L/2 eL/2, sono

    un(x) =

    √2

    Lcos(βx)Un−1 [sin(βx)] , En =

    h̄2β2

    2mn2, (n = 1, 2, ...), (44)

    con β = π/L.

    2.2 Buca a coseno quadro inverso

    Partiamo da un potenziale della forma

    U(x) = U0 tan2(πx

    L

    ), (|x| ≤ L/2), (45)

    dove U0 e L sono costanti positive e dove, come indicato fra parentesi, ci limitiamo all’in-tervallo |x| ≤ L/2. Come è evidente, si tratta di un potenziale che, partendo dal valore 0per x = 0, diverge a +∞ quando x→ ±L/2. Analogamente al caso della buca squadratainfinitamente profonda, le autofunzioni dell’energia dovranno soddisfare le condizioni alcontorno

    u(±L

    2

    )= 0, (46)

    9

  • quale che sia il valore di U0. Per capire il significato di U0, osserviamo che per x = ±L/4la (45) fornisce

    U(±L/4) = U0. (47)

    Pertanto U0 dà un’indicazione di quanto rapidamente il potenziale cresce entro la buca,nel senso che tanto più piccolo è U0 e tanto più piatto è il fondo della buca. Nel limiteU0 → 0 si riottiene il caso della buca squadrata. La forma del potenziale è illustrata infigura, dove sono mostrati i casi U0 = 1, 10, 100, 1000 (quello corrispondente a 1 essendoil più piatto).

    Come adesso vedremo, è possibile trovare le autofunzioni dell’equazione di Schrödingerper gli stati stazionari in presenza del potenziale (45). Tale equazione, che ha la forma

    d2u

    dx2+

    2m

    h̄2

    [E − U0 tan2

    (πx

    L

    )]u = 0, (48)

    può scriversi in forma più conveniente. In primo luogo, scriviamo tan2 come 1/ cos2 −1.Poi introduciamo la variabile adimensionale

    ξ = βx, (49)

    conβ =

    π

    L(50)

    La (48) diventa

    β2d2u

    dξ2+

    2m

    h̄2

    (E − U0

    cos2 ξ+ U0

    )u = 0, (51)

    e può scriversid2u

    dξ2+

    (�− R

    cos2 ξ

    )u = 0, (52)

    10

  • avendo posto

    � =2m

    h̄2β2(E + U0) , R =

    2m

    h̄2β2U0. (53)

    E’ la forma (52) che porta a parlare di potenziale a coseno quadro inverso. In basealla (49), l’intervallo base per ξ è da −π/2 a π/2 e, agli estremi, le autofunzioni devonoannullarsi.

    Per trovare le autofunzioni, partendo da quella dello stato fondamentale, si tiene pre-sente che nel caso limite R→ 0 l’autofunzione dello stato fondamentale è cos ξ. Allora siprova a vedere se, nel caso generale R 6= 0, una funzione del tipo

    u = cosγ ξ, (54)

    può essere soluzione per un opportuno valore di γ. Non è difficile (calcolando la derivataseconda della (54) e inserendola nella (52)) che ciò accade se

    γ2 − γ −R = 0, (55)

    e� = γ2. (56)

    Delle due soluzioni della (55)

    γ =1

    2

    (1 ±

    √1 + 4R

    ), (57)

    solo quella positiva è accettabile in quanto quella negativa porterebbe ad autofunzioni chedivergono, anziché annullarsi, agli estremi dell’intervallo. Si noti che, nel limite R → 0,γ si porta al valore 1. Dalle (56) e (53) risulta allora E = π2h̄2/(2mL2), in accordo conquanto trovato per la buca squadrata.

    Ricordiamo ora che nel caso della buca squadrata le autofunzioni di ordine superioreerano esprimibili come prodotto di un coseno per un polinomio avente per argomento ilseno. In analogia con tale caso, si cercano soluzioni del tipo

    u = cγP (s), (58)

    dove per brevità si è posto c = cos(ξ) e s = sin(ξ) e dove P è una funzione di sin ξ.Si trova allora che P soddisfa un’equazione differenziale le cui soluzioni sono i cosiddettipolinomi di Gegenbauer C(γ)n (s) (anche noti come polinomi ultrasferici). Questi ultimipossono essere generati per ricorrenza tramite la formula

    (n+ 1)C(γ)n+1(s) = 2(n + γ)sC

    (γ)n (s) − (n+ 2γ − 1)C

    (γ)n−1(s), (59)

    a partire dai primi due, le cui espressioni sono

    C(γ)0 (s) = 1, (60)

    11

  • C(γ)1 (s) = 2γs. (61)

    Si trova inoltre che, per ogni n, l’autovalore associato a C(γ)n (s) è

    �n = (γ + n)2, (n = 0, 1, ...). (62)

    Va infine osservato che nel limite della buca squadrata, R → 0, in cui γ = 1, i polinomidi Gegenbauer si riducono a quelli di Chebishev di seconda specie, in accordo con quantogià trovato.

    Conservando il tipo di numerazione usato per la buca squadrata, concludiamo cheesistono infinite autofunzioni la cui forma esplicita, non normalizzata, è

    un(ξ) = cosγ(ξ) C

    (γ)n−1(sin ξ), (n = 1, 2, ...). (63)

    associate agli autovalori (derivati dalle (62) e (53) stando attenti alla numerazione)

    En =h̄2β2

    2m(n+ γ − 1)2, (n = 1, 2, ...). (64)

    in cui γ è dato dalla soluzione positiva nella (57) e β = π/L.

    2.3 Rotatore rigido circolare

    Supponiamo di avere una particella di massam vincolata a muoversi su un cerchio di raggioR, senza risentire di altre forze. Chiameremo questo sistema rotatore rigido circolare. Ciproponiamo di trovare gli autostati dell’energia. Il sistema presenta forti analogie conquello della particella nella buca di potenziale squadrata di profondità infinita (ed è perquesto che ne discutiamo in questa sezione). In entrambi i casi, la particella può muoversi(con energia potenziale nulla) solo su una linea di lunghezza finita, che è un segmento nelcaso della buca e un cerchio nel caso del rotatore. Come vedremo però ci saranno delledifferenze nelle condizioni da imporre al contorno.

    Per prima cosa, chiediamoci com’è fatta l’Hamiltoniana. Partiamo dall’espressioneclassica dell’energia di rotazione

    E =1

    2Iω2, (65)

    dove ω è la velocità angolare della particella e I il momento d’inerzia rispetto all’asse dirotazione (I = mR2). Preso l’asse di rotazione come asse z, vale la relazione Lz = Iω,essendo Lz il momento assiale rispetto a z della quantità di moto. Perciò la (65) si puòanche scrivere

    E =L2z2I. (66)

    Poniamo allora

    Ĥ =L̂2z2I. (67)

    12

  • Sappiamo che l’operatore associato a Lz è

    L̂z = −ih̄∂

    ∂ϕ. (68)

    L’equazione di Schrödinger per gli stati stazionari

    Ĥu = Eu. (69)

    diventa allora, tenendo conto delle (67) e (68),

    d2u

    dϕ2= −2IE

    h̄2u. (70)

    dove si è usato il simbolo di derivata ordinaria perché ϕ è l’unica variabile. Le soluzionisono esponenziali del tipo

    u(ϕ) = A exp(ibϕ), (71)

    dove A è una costante di normalizzazione e b è un reale tale che

    b2 = 2IE/h̄2. (72)

    La (72) può, a prima vista, dare l’idea che i valori consentiti per E formino un continuo,visto che la (71) è soluzione dell’equazione di Schrödinger (70) per qualunque scelta di b.Si deve però tenere presente che non abbiamo ancora imposto le condizioni al contorno. Adifferenza della condizione usata per la buca infinita (annullamento della funzione d’ondaai bordi), qui dovremo imporre che la funzione d’onda sia periodica con periodo pari a2π, perché altrimenti essa non sarebbe a un sol valore. Ne consegue che b deve essere unintero. Le soluzioni della (70) assumono allora la forma (normalizzata)

    um(ϕ) =1√2πeimϕ; (m = 0,±1,±2, . . .) (73)

    Gli autovalori associati, come si ricava dalla (72), sono

    Em = m2 h̄

    2

    2I; (m = 0,±1,±2, . . .). (74)

    Va notato che le soluzioni exp(imϕ) e exp(−imϕ) sono due autofunzioni degeneri cor-rispondenti allo stesso autovalore.

    2.4 Buca di potenziale infinita rettangolare

    Il problema della buca di profondità infinita può risolversi in modo semplice anche peruna particella che sia confinata in una buca bidimensionale di lati Lx e Ly. Per trovare leautofunzioni dell’energia si deve risolvere l’equazione di Schrödinger:

    ∂2u

    ∂x2+∂2u

    ∂y2+ k2u = 0, (0 ≤ x ≤ Lx, 0 ≤ y ≤ Ly), (75)

    13

  • dove

    k =

    √2mE

    h̄, (76)

    corredata dalle condizioni al contorno:

    u(0, y) = u(Lx, y) = 0, (0 ≤ y ≤ Ly), (77)

    u(x, 0) = u(x,Ly) = 0, (0 ≤ x ≤ Lx). (78)Il metodo che si usa è quello detto di separazione delle variabili. Si suppone che u abbiala forma del prodotto di una funzione della sola x per una della sola y:

    u(x, y) = X(x)Y (y). (79)

    Inserendo la (79) nella (75) e dividendo termine a termine per XY , si ottiene:

    1

    X

    d2X

    dx2+

    1

    Y

    d2Y

    dy2= −k2. (80)

    Poiché le due funzioni a primo membro dipendono da variabili indipendenti (x e y), laloro somma può essere una costante solo se ciascuna di esse è una costante. Si avrannoperciò le due equazioni:

    1

    X

    d2X

    dx2= −k2x;

    1

    Y

    d2Y

    dy2= −k2y, (81)

    dove kx e ky sono due costanti tali che:

    k2x + k2y = k

    2 (82)

    Le soluzioni delle (82) sono sinusoidali. Imponendo le condizioni al contorno, troviamoche ciascuna di esse ha forma analoga a quanto visto nel caso unidimensionale:

    Xn(x) = Ax sin(πn

    Lxx), (n = 1, 2, ...), (83)

    Yl(y) = Ay sin

    (πl

    Lyy

    ), (l = 1, 2, ...). (84)

    Tenendo conto di queste e della (82) le energie possibili sono:

    Enl =h̄2k2xn + h̄

    2k2yl2m

    =h̄2π2

    2m

    (n2

    L2x+l2

    L2y

    ), (n, l = 1, 2, ...). (85)

    In generale sarà Enl 6= Eln. Fa eccezione il caso Lx = Ly. In questo caso, indicando conL la lunghezza dei due lati, le due autofunzioni:

    unl =2

    Lsin

    (nπx

    L

    )sin

    (lπy

    L

    ), (86)

    14

  • uln =2

    Lsin

    (lπx

    L

    )sin

    (nπy

    L

    ), (87)

    che sono diverse fra loro, hanno la stessa energia. Le due autofunzioni sono degeneri (inenergia).

    2.5 Buca squadrata di profondità finita

    Trattiamo brevemente il problema della determinazione dei livelli energetici per una par-ticella che si trovi in una buca di potenziale di profondità finita. Per semplificare latrattazione conviene supporre che la buca si estenda da −L/2 a L/2. Assumiamo chel’energia potenziale sia 0 entro la buca e U0 fuori. Ci limitiamo a cercare le autofun-zioni dell’energia corrispondenti ai cosiddetti stati legati, cioè a soluzioni con E < U0.L’equazione di Schrödinger dentro e fuori della buca va scritta

    d2u

    dx2+

    2mE

    h̄2u = 0; (|x| < L/2), (88)

    d2u

    dx2+

    2m(E − U0)h̄2

    u = 0; (|x| > L/2). (89)

    Dentro la buca le soluzioni sono di tipo sinusoidale, ma all’esterno, essendo E < U0,assumono la forma di onde evanescenti. Data la simmetria del problema, le soluzioni sidivideranno in funzioni pari e funzioni dispari. Interessiamoci di quelle pari. Posto

    k =

    √2mE

    h̄; k′ =

    √2m(U0 − E)

    h̄, (90)

    le autofunzioni sono del tipo

    u(x) = A cos kx, (0 ≤ x < L/2); (91)

    u(x) = B exp(−k′x), (x > L/2); (92)avendo tenuto conto del fatto che, lavorando con funzioni pari, ci si può limitare alle xnon negative. Imponendo le condizioni di raccordo in x = L/2 per u e per la sua derivataprima, troviamo

    A cos(kL/2) = B exp(−k′L/2), Ak sin(kL/2) = Bk′ exp(−k′L/2). (93)

    Dividendo la seconda relazione per la prima abbiamo

    tan(kL/2) = k′/k, (94)

    e da qui, elevando al quadrato e sommando 1 membro a membro

    1

    cos2(kL/2)=k′2

    k2+ 1. (95)

    15

  • In virtù delle (90), la precedente relazione diventa

    ∣∣∣∣∣cos(L√

    2mE

    2h̄

    )∣∣∣∣∣ =√E

    U0. (96)

    Si tratta ora di trovare le soluzioni di questa equazione trascendente, tenendo conto che, inbase alla (94), i valori accettabili per kL/2 devono cadere negli intervalli in cui la tangenteè positiva (da nπ a nπ + π/2, con n = 0, 1, 2, ...). Poniamo

    L√

    2mE

    2h̄= ξ, (97)

    cosicché la (96) diventa

    | cos ξ| = Kξ, con K = h̄L

    √2

    mU0, (98)

    Graficando i due membri della (98) in funzione di ξ si trova un certo numero di intersezionifra la retta Kξ e gli archi del modulo del coseno corrispondenti agli intervalli in cui latangente è positiva.

    A titolo d’esempio, nella figura che precede, sono tracciate le rette conK = 0.1, 0.2, 0.4.I punti d’intersezione validi sono quelli che cadono in uno degli intervalli (0, 1.57), (3.14,4.71), (6.28, 7.85), (9.42,10.99), ... La prima retta ha quattro punti d’intersezione validi,la seconda due, la terza uno. Corrispondentemente, nel caso K = 0.1 esistono quattrostati legati, ecc. Gli autovalori di E si ricavano dalla (97), una volta trovate le ξ dei puntid’intersezione validi. Si noti che, quale che sia l’inclinazione della retta, esiste almeno unpunto d’intersezione valido (fra 0 e 1.57). Questo è quanto dire che esiste almeno unostato legato, con autofunzione pari.

    In modo analogo si procede per le autofunzioni dispari. In questo caso però puòsuccedere che l’equazione trascendente che si stabilisce non ammetta alcuna soluzione.

    16

  • Chiudiamo osservando che il problema ora visto è analiticamente equivalente a quellorelativo alla determinazione dei modi che si possono propagare in una guida planaresimmetrica (EO.9.4).

    2.6 Buca a coseno iperbolico quadro inverso

    Discutiamo qui un esempio di buca finita risolubile analiticamente per la quale, diversa-mente dal caso della buca a pareti verticali finite, non intervengono equazioni trascendenti.Vogliamo vedere gli elementi essenziali per la determinazione di autofunzioni e autovaloridell’energia.

    La forma che si assume per il potenziale è

    U(x) = − U0cosh2(βx)

    , (99)

    con U0 positivo. E’ evidente che U0 determina la profondità della buca, mentre β nedetermina la larghezza. Un esempio è riportato in figura, in cui si è posto β = 1 eU0 = 1, 2.

    Scriviamo esplicitamente l’equazione di Schrödinger per gli stati stazionari

    d2u

    dx2+

    2m

    h̄2

    [E +

    U0

    cosh2(βx)

    ]u = 0. (100)

    Conviene usare notazioni più compatte. Per prima cosa introduciamo la variabile adi-mensionale ξ = βx. L’equazione di Schrödinger diventa

    d2u

    dξ2+

    (2mE

    h̄2β2+

    2mU0

    h̄2β21

    cosh2 ξ

    )u = 0, (101)

    ovverod2u

    dξ2+

    (�+

    R

    cosh2 ξ

    )u = 0, (102)

    17

  • avendo posto

    � =2mE

    h̄2β2; R =

    2mU0

    h̄2β2. (103)

    Le condizioni al contorno sono che la u si annulli per ξ → ±∞.Vogliamo ora mostrare che la (102) può riportarsi ad una forma già vista. A tal fine

    introduciamo una variabile η legata alla ξ dalla relazione

    ξ = iη, (104)

    e osserviamo che valgono le relazioni

    cosh ξ =eiη + e−iη

    2= cos η; sinh ξ =

    eiη − e−iη

    2= i sin η, (105)

    la seconda delle quali ci servirà tra breve. Cambiamo ora variabile nella (102) tenendoconto della prima delle (105) e del fatto che, in base alla (104), è dξ = idη. Si ottieneallora l’equazione

    −d2u

    dη2+

    (�+

    R

    cos2 η

    )u = 0, (106)

    che può scriversid2u

    dη2+

    (�′ − R

    cos2 η

    )u = 0, (107)

    avendo posto�′ = −�. (108)

    La (107) coincide con la (52). Perciò le soluzioni e gli autovalori sono (vedi le (63) e (62))

    un(η) = cosγ(η) C

    (γ)n−1(sin η); �

    ′n = (γ + n− 1)2; (n = 1, 2, ...). (109)

    Torniamo ora alla variabile originale tenendo presenti le (104), (105) e (108). Si vedeallora che autofunzioni e autovalori hanno la forma

    un(ξ) = coshγ(ξ) C

    (γ)n−1(−i sinh ξ); �n = −(γ + n− 1)2; (n = 1, 2, ...). (110)

    Si deve però osservare che, all’opposto di quanto accade per la buca a coseno quadroinverso, γ deve essere negativo, altrimenti il termine coshγ ξ divergerebbe per ξ → ±∞.Nella (57) va quindi presa la soluzione

    γ =1

    2

    (1 −

    √1 + 4R

    ). (111)

    C’è un’ulteriore osservazione importante da fare. Anche con γ negativo, le soluzionidivergono all’infinito se l’ordine n − 1 del polinomio di Gegenbauer supera |γ|. Perciòesiste solo un numero finito di autosoluzioni corrispondenti a stati legati, cioè quelle percui n− 1 < |γ|.

    18

  • 3 Gradino di potenziale

    Consideriamo, in termini classici, il seguente problema. Una particella carica positiva-mente si muove sulle x < 0 di un opportuno riferimento, diretta verso l’origine. Fra x = 0e x = � è posto un doppio strato con le cariche negative a x = 0 e quelle positive a x = �.Quando la particella entra nel doppio strato (realizzato, ad es., con due griglie) risentedi una forza repulsiva uniforme fra 0 e �. La sua energia potenziale U cresce linearmenteentro il doppio strato, e simultaneamente diminuisce la sua energia cinetica. Sia U = 0sul semiasse negativo, e sia Ug l’energia potenziale all’uscita del gradino prodotto daldoppio strato. Due casi sono possibili. Se la particella ha energia meccanica E (che perx < 0 coincide con l’energia cinetica) superiore a Ug, essa oltrepassa il doppio strato esi muove su x > � con energia cinetica E − Ug. Se E < Ug, la particella viene riflessaentro il doppio strato e torna a muoversi sulle x < 0 con la velocità iniziale, ma con versoopposto. Siccome questo risultato è indipendente dallo spessore dello strato, ci si può dis-interessare di ciò che accade entro il doppio strato e schematizzare il sistema ammettendoche il passaggio fra U = 0 e U = Ug sia di tipo discontinuo in corrispondenza dell’origine.

    Consideriamo ora la trattazione quantistica del fenomeno. Cominciamo dal caso diuna particella che abbia energia meccanica E maggiore di Ug. Cerchiamo delle soluzionidell’equazione di Schrödinger per gli stati stazionari, separatamente per le x < 0 e perle x > 0, e raccordiamo le due soluzioni, in valore e derivata prima, nel punto x = 0.L’equazione di Schrödinger assume la stessa forma, ma con parametri diversi, sui duesemiassi:

    d2u

    dx2+

    2mE

    h̄2u = 0, (x < 0), (112)

    d2u

    dx2+

    2m(E − Ug)h̄2

    u = 0, (x > 0). (113)

    Ponendo per brevità:

    k20 =2mE

    h̄2, k2 =

    2m(E − Ug)h̄2

    , (114)

    le (112) e (113) si scrivono:

    d2u

    dx2+ k20u = 0, (x < 0), (115)

    d2u

    dx2+ k2u = 0, (x > 0). (116)

    Entrambe le equazioni ammettono soluzioni tipo onda piana. Il problema è formalmenteidentico a quello ottico in cui un’onda piana incide ortogonalmente sull’interfaccia (piana)fra due mezzi con indice di rifrazione diverso. Nel caso ottico, oltre all’onda trasmessa,c’è un’onda riflessa. In base a questa analogia, supporremo che la soluzione della (115)

    19

  • contenga un termine progressivo ed uno retrogrado, mentre per la (116) supporremo chela soluzione sia costituita dal solo termine progressivo. Più esplicitamente, scriveremo:

    u(x) = A1eik0x +B1e

    −ik0x, (x < 0), (117)

    u(x) = A2eikx, (x > 0). (118)

    Il secondo termine a secondo membro della (117) rappresenta una particella che simuove nel verso negativo dell’asse x. Le (117), (118) e le loro derivate prime si devonoraccordare in x = 0 e queste condizioni permettono di ricavare B1 e A2 in funzione di A1.Imponendo il raccordo detto otteniamo le equazioni:

    A1 +B1 = A2, (119)

    A1 −B1 = γA2, (120)

    avendo posto:

    γ =k

    k0. (121)

    Risolvendo le (119), (120) otteniamo:

    B1 =1 − γ1 + γ

    A1; A2 =2A11 + γ

    . (122)

    Queste relazioni, tenendo presenti le (114) e (121) si scrivono:

    B1 =1 −

    √1 − Ug/E

    1 +√

    1 − Ug/EA1; A2 =

    2A1

    1 +√

    1 − Ug/E. (123)

    Ricordiamo che siamo nell’ipotesi E > Ug. Dalla prima delle (123) vediamo che risultaB1 6= 0. Esiste perciò la possibilità che la particella venga riflessa dal gradino, nonostanteil fatto che la sua energia sia superiore a quella del gradino stesso. Questo risultato èassolutamente inspiegabile dal punto di vista classico.

    Le soluzioni trovate non sono normalizzabili. Per dare un significato probabilisticoalle ampiezze delle tre onde, pensiamo ad un flusso di particelle, per ognuna delle quali lafunzione d’onda abbia la forma (117), (118). Si può pensare che il numero di particelle chegiungono sul gradino per unità di tempo sia proporzionale al prodotto della velocità v0con cui si muovono sul semiasse negativo e del quadrato dell’ampiezza |A1|. Similmente inumeri di particelle riflesse e trasmesse saranno proporzionali a v0|B1|2 e v|A2|2, rispetti-vamente, essendo v la velocità sul semiasse positivo. D’altronde v0 e v sono proporzionalia k0 e k, rispettivamente, per cui il bilancio ora discusso è descritto dall’equazione:

    k0|A1|2 = k0|B1|2 + k|A2|2, (124)

    20

  • o equivalentemente: ∣∣∣∣B1A1

    ∣∣∣∣2

    +k

    k0

    ∣∣∣∣A2A1

    ∣∣∣∣2

    = 1. (125)

    E’ facile controllare, usando le (121) e (122) che tale relazione è verificata.Consideriamo ora il caso E < Ug. In questo caso la previsione classica è che la particella

    viene necessariamente riflessa. Vediamo il risultato quantistico. La seconda delle (114)implica che k diventa un immaginario. Posto:

    k = ik′, k′ =

    √2m(Ug − E)

    h̄, (126)

    la (118) viene sostituita da:

    u(x) = A2e−k′x, (x > 0). (127)

    Perciò entro il gradino la funzione d’onda ha la forma di un’onda evanescente. Anche γdiventa immaginario. Poniamo:

    γ = ib, b =

    √Ug − E√E

    . (128)

    Dalla prima delle (122) otteniamo

    |B1| =|1 − ib||1 + ib| |A1| = |A1|, (129)

    che può interpretarsi dicendo che il numero di particelle riflesse è uguale a quello delleparticelle incidenti. Tuttavia, siccomeA2 è diverso da zero (A2 = 2A1/(1+ib)), misurandola posizione della particella, potremmo trovarla a destra dell’origine, anche se solo inun piccolo intervallo (dell’ordine di 1/k′). Ciò potrebbe sembrare in contraddizione colprincipio di conservazione dell’energia. Va però osservato che in una misura che localizzi laparticella in prossimità dell’origine, sulle x > 0, viene alterato l’impulso e quindi l’energiadella particella.

    4 Barriera di potenziale e effetto tunnel

    Consideriamo un problema analogo a quello del gradino di potenziale, ma supponiamo chela regione con energia potenziale non nulla si estenda solo su un intervallo finito, diciamofra 0 e L, anziché su tutte le x > 0. Si parla allora di barriera di potenziale. Indicheremocon Ub l’altezza della barriera. Supponiamo che una particella, venendo dalle x < 0incida sulla barriera con energia E > Ub. Secondo la fisica classica, la particella dovrebbe

    21

  • sicuramente superare la barriera. Vediamo ora la trattazione quantistica. L’equazione diSchrödinger assume le forme:

    d2u

    dx2+ k20u = 0, (x < 0, o x > L), (130)

    d2u

    dx2+ k2u = 0, (0 < x < L), (131)

    avendo posto

    k20 =2mE

    h̄2, k2 =

    2m(E − Ub)h̄2

    . (132)

    Cerchiamo delle soluzioni che per x < 0 e 0 < x < L contengano un’onda progressivaed una retrograda e per x > L solo un’onda progressiva. La situazione è analoga aquella in cui un’onda luminosa incida (ortogonalmente) su uno strato pian-parallelo didielettrico posto in un dielettrico differente (EO.10.2), ad es., una lastra di vetro in aria.Più esplicitamente, cerchiamo soluzioni del tipo:

    u(x) = A1eik0x +B1e

    −ik0x, (x < 0), (133)

    u(x) = A2eikx +B2e

    −ikx, (x < 0 < L), (134)

    u(x) = A3eik0(x−L), (x > L). (135)

    Si osservi che nell’ultima onda si è spostata l’origine in x = L. Ciò è sempre lecito(eventuali termini di fase costanti venendo inclusi in A3). Le condizioni al contorno cheimponiamo sono che le soluzioni relative ai vari tratti si raccordino in valore e derivataprima in x = 0 e x = L. Si hanno cos̀ı le equazioni:

    A1 +B1 = A2 +B2, (136)

    A1 −B1 = γ(A2 −B2), (137)A2e

    ikL +B2e−ikL = A3, (138)

    A2eikL −B2e−ikL = A3/γ, (139)

    avendo posto, come in precedenza:

    γ =k

    k0. (140)

    Supponendo nota A1, si possono ricavare dalle (136)-(139) le quattro incogniteB1, A2, B2, A3.Qui ci limitiamo a interessarci di A3. Dalle (136) e (137), sommate insieme, ricaviamo:

    2A1 = (1 + γ)A2 + (1 − γ)B2, (141)

    mentre dalle (138) e (139), per somma e differenza, ricaviamo:

    A2 = A3e−ikL γ + 1

    2γ, B2 = A3e

    ikLγ − 12γ

    . (142)

    22

  • Inserendo la (142) nella (141) otteniamo:

    2A1 =A32γ

    [(1 + γ)2e−ikL − (1 − γ)2eikL

    ]=A32γ

    [4γ cos kL − 2i(1 + γ2) sin kL

    ]. (143)

    Da qui possiamo ricavare il rapporto |A3/A1|2, che prende il nome di coefficiente ditrasmissione della barriera. Esso risulta:

    ∣∣∣∣A3A1

    ∣∣∣∣2

    =4γ2

    4γ2(1 − sin2 kL

    )+ (1 + γ2)2 sin2 kL

    =1

    1 +G sin2 kL, (144)

    dove:

    G =

    (1 − γ2

    )2. (145)

    Al variare di L il coefficiente di trasmissione varia periodicamente fra 1 e 1/(1+G) secondouna curva (curva di Airy) identica a quella che in ottica descrive la trasmissività di unostrato pian-parallelo (EO.10.3).

    Passiamo al caso E < Ub. Il coefficiente di trasmissione può essere derivato dalla (144)tenendo presente che (vedi la (132)) k diventa immaginario e che lo stesso accade per γ(eq. (140)). Scriviamo k e γ nella forma:

    k = ik′ = i

    √2m(Ub −E)

    h̄, γ = ib = i

    √Ub/E − 1, (146)

    Dalla (144) segue allora ∣∣∣∣A3A1

    ∣∣∣∣2

    =1

    1 +G′ sinh2 k′L, (147)

    dove:

    G′ =

    (1 + b2

    2b

    )2. (148)

    Vediamo perciò che la particella, pur avendo un’energia più bassa dell’altezza della barri-era, può superare quest’ultima. Quest’effetto, tipicamente quantistico, è noto come effettotunnel. Esso è ovviamente tanto più significativo, fissati E e Ub, quanto più piccolo è L.L’andamento del coefficiente di trasmissione in funzione di L è quello stesso che si ha perl’effetto tunnel ottico (EO.10.3). L’effetto tunnel è alla base di diversi dispositivi elet-tronici (diodi tunnel) ed è usato in maniera massiccia per stabilire contatti di tipo ohmicofra semiconduttori e conduttori metallici (vedi: S. M. Sze, Dispositivi a semiconduttore,Hoepli).

    Vediamo ora il principio di funzionamento di un altro dispositivo, concettualmentesemplice, anche se tecnologicamente molto raffinato, basato sull’effetto tunnel. Supponi-amo di avvicinare una punta metallica ad una lastra, pure metallica e di stabilire fra i

    23

  • due conduttori, posti nel vuoto, una differenza di potenziale. Sappiamo (vedi effetto fo-toelettrico) che per estrarre gli elettroni da un metallo occorre fornire loro dell’energia. E’quanto dire che, per gli elettroni, fra la lastra e la punta esiste una barriera di potenziale.Perciò, se la punta è sufficientemente vicina alla lastra, ci sarà un passaggio di correnteda un metallo all’altro per effetto tunnel. L’intensità della corrente dipende criticamentedalla distanza punta-lastra, per cui dal suo valore si può risalire a tale distanza. Immag-iniamo ora di fare una scansione della superficie della lastra, facendo spostare, per lineeparallele, la punta e di utilizzare l’intensità di corrente misurata punto per punto perpilotare l’intensità luminosa di uno spot che, in sincronismo col moto della punta, fa lascansione dello schermo di un monitor. Sullo schermo viene allora a crearsi un’immaginedell’altezza dei punti della lastra. Questa tecnica, nota come microscopia a scansione pereffetto tunnel, o brevemente STM (Scanning Tunnelling Microscopy) è stata sviluppataa partire dagli anni ottanta e ha una sensibilità cos̀ı elevata da evidenziare irregolaritàsuperficiali dell’ordine del centesimo di nanometro. E’ cos̀ı possibile “vedere gli atomi.Gli ideatori del metodo, G. Binnig e H. Rohrer, ricevettero il premio Nobel per la fisicanel 1986.

    5 Doppia buca di potenziale

    Un fenomeno simile all’effetto tunnel si presenta quando una particella è soggetta ad unpotenziale che abbia la forma di due buche separate da una barriera di altezza finita (siparla allora di doppia buca di potenziale). In termini qualitativi, ciò che accade è che sesi cerca di confinare la particella all’interno di una delle due buche, dandole un’energiainferiore a quella della barriera intermedia, si trova che, dopo un certo tempo, la particellaè passata nella seconda buca, per poi ritornare nella prima e cos̀ı via. Il fenomeno è analogoa quello che si manifesta fra due guide di luce parallele (EO.9.7). Iniettando luce in unadelle due guide, si trova che, dopo un certo percorso, la luce è concentrata nell’altra, pertornare nella prima guida dopo un ulteriore percorso e cos̀ı via.

    Per trattare quantitativamente la cosa si può ipotizzare un opportuno potenzialecostante a tratti, cos̀ı come nella doppia guida di luce si prende un indice di rifrazionecostante a tratti. Le soluzioni in ciascun tratto sono semplici onde piane (omogenee op-pure evanescenti). Quando si impongono le condizioni di raccordo nei punti di passaggioda un valore del potenziale all’altro, si ottengono delle equazioni trascendenti, che vannorisolte numericamente. Ciò rende poco evidente l’effetto della variazione di parametricome la separazione fra le buche o l’altezza della barriera intermedia.

    Qui vogliamo esaminare un caso di doppia buca in cui il potenziale ha andamentocontinuo e in cui le prime due autofunzioni dell’energia possono essere espresse in formachiusa senza dover imporre condizioni di raccordo. Ciò intanto consente di esaminare inmodo semplice il fenomeno del passaggio periodico della particella attraverso la barriera.C’è poi un altro aspetto significativo del fenomeno. Si vedrà infatti che quando le due

    24

  • buche sono molto lontane (idealmente a distanza infinita) gli autovalori associati alle primedue autofunzioni sono uguali e che il livello energetico comune si divide in due quando lebuche cominciano ad avvicinarsi. Si parla di “splitting del livello.

    5.1 Il potenziale di Morse

    Una semplice forma di potenziale con una singola buca fu introdotto da Morse, per ap-prossimare l’andamento dell’energia potenziale in una molecola biatomica. L’espressionedi tale potenziale, che indicheremo con UM (x) e che chiameremo potenziale di Morse, èla seguente

    UM (x) = U0(e−2kx − 2e−kx

    ), (149)

    dove U0 and k sono costanti positive arbitrarie. Nella formulazione originale di Morse, xrappresentava una coordinata radiale, ma noi qui l’intenderemo come un’ascissa su unaretta. L’andamento del potenziale di Morse è illustrato in figura (con U0 = 1 in unitàarbitrarie).

    Per una particella di massa m soggetta a tale potenziale le autofunzioni e gli autovaloridell’energia dipendono sia da U0 che da k. Le loro espressioni diventano particolarmentesemplici se fra U0 e k sussiste la seguente relazione

    U0 =h̄2k2

    2m, (150)

    che noi supporremo valida in tutta la nostra trattazione.Per i nostri scopi è sufficiente conoscere solo lo stato fondamentale u0(x). Esso ha

    l’espressioneu0(x) = Ae

    −kx/2 exp[−e−kx], (151)

    dove A è una costante di normalizzazione di cui ci disinteressiamo. E’ facile controllare chela (151) è soluzione dell’equazione di Schrödinger per gli stati stazionari (col potenziale

    25

  • (149)) e che l’autovalore corrispondente è

    E0 = −U04. (152)

    5.2 Doppia buca

    Costruiamo una doppia buca prendendo una copia di UM spostata a sinistra di una quan-tità x0 e sommandogli una copia di UM spostata a destra della stessa quantità, ma ribaltatarispetto all’asse verticale. In altre parole, introduciamo il potenziale

    UD(x) = UM(x0 + x) + UM (x0 − x). (153)

    Usando la (149), troviamo per UD la forma

    UD(x) = 2U0[e−2kx0 cosh(2kx) − 2e−kx0 cosh(kx)

    ]. (154)

    Per brevità porremoa = 2e−kx0 , (155)

    cosicché la (154) diventa

    UD(x) =U02a2 cosh(2kx) − 2U0a cosh(kx). (156)

    Un esempio di grafico di UD, in unità arbitrarie, in funzione della variabile kx èriportato in figura per kx0 = 4. Il significato delle due rette orizzontali sarà spiegato trabreve. Per valori più grandi di kx0 il massimo della barriera centrale si avvicina a zero,mentre per valori più piccoli esso si abbassa. Cercando gli zeri della derivata prima sitrova che se kx0 diventa inferiore a log(2) il massimo centrale scompare e le due buchesi fondono in una sola. In particolare, valori negativi di kx0 crescenti in modulo dannoluogo ad una buca sempre più stretta.

    26

  • E’ utile aver presente le espressioni che avrebbero le autofunzioni dello stato fondamen-tale se le buche fossero agenti isolatamente. Indicando con u0d(x) e u0s(x) le autofunzionispettanti alla buca di destra e di sinistra, rispettivamente, le (151) e (155) danno

    u0d(x) = u0(x0 − x) = A√a

    2ekx/2 exp

    (−a

    2ekx), (157)

    u0s(x) = u0(x0 + x) = A

    √a

    2e−kx/2 exp

    (−a

    2e−kx

    ), (158)

    Inserendo il potenziale della doppia buca nell’equazione di Schrödinger per gli statistazionari otteniamo

    d2u

    dx2+

    2m

    h̄2

    [E − U0

    a2

    2cosh(2kx) + 2U0a cosh(kx)

    ]u = 0. (159)

    Per risolvere questa equazione, osserviamo che il potenziale della doppia buca è ottenutodalla buca di destra o di sinistra tramite una sorta di simmetrizzazione rispetto all’origine.Si può allora pensare che un’analoga operazione di simmetrizzazione operata sulla (157)o (158) possa dare l’autofunzione, pari, spettante allo stato fondamentale. Un tentativosemplice è quello di cambiare exp(±kx) in un coseno iperbolico. Se quest’idea è corret-ta, l’autofunzione fondamentale, di tipo pari, dovrebbe avere, a meno di una costantemoltiplicativa, l’espressione

    upari(x) = cosh(kx/2)e−c cosh(kx), (160)

    dove c è un parametro da trovare. In effetti, è facile verificare che la (160) soddisfa la(159), se si pone c = a. L’autovalore associato risulta essere −U0[1/4 + a − a2/2]. Aquesto punto è abbastanza spontaneo chiedersi se, cambiando il coseno iperbolico chemoltiplica l’esponenziale in un seno iperbolico, si ottenga un’autofunzione dispari. Ineffetti è proprio cos̀ı e le prime due autofunzioni (non normalizzate), una pari e unadispari, con i corrispondenti autovalori, risultano essere

    upari(x) = cosh(kx/2) exp [−a cosh (kx)], Epari = −U0(

    1

    4+ a− a

    2

    2

    ), (161)

    udispari(x) = sinh(kx/2) exp [−a cosh (kx)], Edispari = −U0(

    1

    4− a− a

    2

    2

    ). (162)

    Esaminiamo l’andamento dei due livelli energetici Epari ed Edispari in funzione di kx0. Sekx0 è molto grande, cioè se le due buche sono molto lontane, il parametro a (vedi la (155))è molto inferiore all’unità e quindi i due livelli energetici sono praticamente coincidentied uguagliano il valore −U0/4 che, secondo la (152), spetta allo stato fondamentale perla singola buca. Al diminuire di kx0, i livelli cominciano a differenziarsi l’uno rispettoall’altro e ciascuno rispetto a quello della singola buca. La differenza Edispari − Epari

    27

  • uguaglia 2aU0 e di conseguenza cresce via, via che kx0 si riduce. E’ questo il fenomenodello splitting del livello originario (152) causato dall’interazione fra le due buche. Nellafigura precedente le due rette orizzontali rappresentano Epari (l’inferiore) ed Edispari (lasuperiore), quando kx0 = 4.

    Vogliamo ora considerare uno stato di sovrapposizione dei due autostati (161) e (162).Supponiamo che le due autofunzioni siano in fase al tempo t = 0. La funzione d’onda chesi ottiene sommando upari e udispari è

    ψ(x, 0) = upari(x) + udispari(x) = ekx/2 exp [−a cosh (kx)], (163)

    Come vedremo fra un istante su un esempio, la ψ(x, 0), per valori di kx0 sufficientementemaggiori di log(2), è principalmente concentrata in corrispondenza della buca di destra,per cui nello stato (163) si può dire che, con probabilità molto alta, la particella si trovain tale buca. Chiediamoci però come la funzione d’onda evolva nel tempo. Siccome leenergie Epari ed Edispari sono diverse, lo stesso accade per i fattori temporali exp(−iωparit)e exp(−iωdisparit) per cui vanno moltiplicate le autofunzioni. Perciò tali autofunzioni,che per t = 0 si sovrappongono in fase, cominciamo a sfasarsi l’una rispetto all’altra alcrescere di t. Dopo un tempo adeguato, le due autofunzioni saranno in opposizione equindi la ψ risulterà concentrata principalmente nella buca di sinistra. Possiamo dire chela particella si è spostata da una buca all’altra. Nella prima delle due figure che seguonoriportiamo, per kx0 = 5, i grafici del potenziale della doppia buca, di upari e di udispari.Con dei piccoli rombi è indicato il livello di Epari ed Edispari, che, in questo grafico, sonoindistinguibili perché troppo vicini. Si noti che essi sono al di sotto del massimo dellabarriera centrale. Il modulo quadro della ψ(x, 0) è riportato nella seconda figura (insiemea quello del potenziale) e mostra che la d.d.p. iniziale per la posizione della particella èmolto piccola in corrispondenza della buca di sinistra. Dopo un po’ di tempo si troverebbeper la d.d.p. una curva ribaltata intorno all’asse verticale.

    Il valore atteso dell’energia della particella andrebbe calcolato tenendo conto degliopportuni fattori di normalizzazione, ma è sicuramente compreso fra Epari ed Edispari e

    28

  • quindi è inferiore al picco della barriera intermedia di potenziale. Dunque la particellapassa da una buca all’altra per tunnelling. Si faccia attenzione al fatto che le scale verticali,arbitrarie, disegnate nei grafici servono solo a confrontare grandezze omogenee, come dueenergie o due funzioni d’onda, o, come nella seconda figura in cui compaiono solo duecurve relative a grandezze con diverse dimensioni fisiche, parti diverse di una medesimacurva.

    In linea di principio, il tunnelling fra le due buche si verifica anche se esse sono moltolontane. Tuttavia, va tenuto presente che il tempo necessario per il tunnelling dipendeda kx0. Chiamiamo tempo di tunnelling tt quello necessario perché le due autofunzioni,inizialmente in fase, vadano in opposizione di fase e calcoliamolo esplicitamente. Lo sfasa-mento fra le autofunzioni cresce come ∆Et/h̄, dove ∆E è la differenza fra gli autovaloricorrispondenti. Abbiamo visto prima che è ∆E = 2U0a. Allora, imponendo la condizione

    ∆E

    h̄tt =

    2U0a

    h̄tt = π, (164)

    otteniamo, ricordando la (155),

    tt =πh̄

    2U0a=

    h

    8U0ekx0. (165)

    Pertanto, il tempo di tunnelling cresce esponenzialmente colla distanza fra le due buche.

    6 Forza costante

    Vogliamo studiare l’evoluzione temporale dello stato di una particella di massa m che puòmuoversi sull’asse x ed è assoggettata ad una forza costante F . L’energia potenziale dellaparticella è −Fx per cui l’equazione di Schrödinger dipendente dal tempo diventa

    − h̄2

    2m

    ∂2ψ

    ∂x2− Fxψ = ih̄∂ψ

    ∂t. (166)

    29

  • E’ questo un caso in cui l’analisi dei fenomeni è più semplice nella rappresentazione degliimpulsi. Passeremo perciò dalla (166) alla sua trasformata di Fourier (fatta, termine atermine, rispetto alla variabile x). E’ utile tenere presenti le seguenti proprietà delletrasformate di Fourier (EO.SU.15)

    ∂2ψ

    ∂x2= −4π2

    ∫ ∞

    −∞η2ψ̃(η, t) exp(2πiηx)dη; (167)

    xψ =i

    ∫ ∞

    −∞

    ∂ψ̃(η, t)

    ∂ηexp(2πiηx)dη; (168)

    e osservare che∂ψ(η, t)

    ∂t=∫ ∞

    −∞

    ∂ψ̃(η, t)

    ∂texp(2πiηx)dη. (169)

    Inserendo queste relazioni nella (166) si ottiene facilmente

    −iπh2

    mη2ψ̃ = F

    ∂ψ̃

    ∂η+ h

    ∂ψ̃

    ∂t. (170)

    Osserviamo che siamo passati da un’equazione differenziale del secondo ordine ad una diprimo. Proponiamoci poi di trovare la soluzione generale della (170). Per capire comeprocedere, chiediamoci intanto se esistono soluzioni indipendenti dal tempo. Se ψ̃ nondipende dal tempo la (170) si riduce all’equazione

    −i πh2

    Fmη2dη =

    dψ̃

    ψ̃, (171)

    che si risolve immediatamente per dare

    ψ̃ = A exp

    (−i πh

    2

    3Fmη3), (172)

    con A costante. Passando al caso generale, osserviamo che qualunque soluzione della(170) potrà sempre scriversi nella forma

    ψ̃(η, t) = A exp

    (−i πh

    2

    3Fmη3)f̃ (η, t), (173)

    per un’opportuna scelta di f̃ perché l’esponenziale è sempre diverso da zero. Se si inseriscela (173) entro la (170) si trova, dopo qualche passaggio, che f̃ deve soddisfare l’equazione

    F∂f̃

    ∂η+ h

    ∂f̃

    ∂t= 0. (174)

    30

  • La soluzione generale della (174) è data da una qualunque funzione che abbia per argo-mento η − Ft/h. Perciò la soluzione generale della (170) diventa

    ψ̃(η, t) = exp

    (−i πh

    2

    3Fmη3)f̃(η − Ft/h), (175)

    con f̃ scelta arbitrariamente (purché, ovviamente, derivabile). Si noti che, posto η = p/h,dalla (175) segue

    ∣∣∣ψ̃(p/h, t)∣∣∣2

    =∣∣∣∣f̃(p − Fth

    )∣∣∣∣2

    . (176)

    Come si vede, al passare del tempo, il profilo della densità di probabilità per l’impulsotrasla senza cambiare forma. L’entità della traslazione, al generico tempo t, è Ft e coincidecon quello che, secondo la meccanica classica, sarebbe l’incremento del valore dell’impulso.Lo spostamento della d.d.p. per l’impulso implica che anche il valore atteso dell’impulsosegue la legge classica.

    Passiamo ora agli autostati dell’energia. In essi la dipendenza dal tempo deve esseredel tipo exp(−iωt). D’altronde, per la (175), la variabile t deve comparire secondo lacombinazione (p − Ft)/h, o, equivalentemente, secondo la combinazione t− p/F . Perciòla f̃ deve avere la forma

    f̃ = exp [−iω(t− p/F )] = exp [−iω(t− hη/F )] . (177)

    Inserendo la (177) nella (175), otteniamo

    ψ̃(η, t) = exp

    (−i πh

    2

    3Fmη3)

    exp

    [−iE(t− hη/F )

    ]. (178)

    Antitrasformando questa si ottiene la funzione d’onda nella rappresentazione delle coor-dinate. Il risultato non è esprimibile elementarmente. Esso implica una funzione speciale,nota come funzione d’Airy. Senza soffermarci su questo, notiamo comunque che (a pre-scindere naturalmente dalla rappresentazione) gli autovalori E dell’energia formano uncontinuo.

    Tornando a stati di tipo generale, cioè non necessariamente di tipo stazionario, citi-amo il fatto che esiste una legge di corrispondenza che permette di trasformare ognifunzione d’onda relativa ad una particella libera in una relativa ad una particella sottoforza costante e viceversa. Indicando con ψL e ψF le funzioni d’onda di una particellalibera e della medesima particella sotto la forza F , si dimostra la relazione

    ψF (x, t) = ψL

    (x− Ft

    2

    2m, t

    )exp

    [i

    (Ftx− F

    2t3

    6m

    )]. (179)

    Pertanto, se si conosce la legge di evoluzione spazio-temporale di una particella libera,si può trasformare tale legge in una che descrive la stessa particella sotto forza costante.

    31

  • E’ interessante notare che, riferendosi alla d.d.p. per la posizione, un pacchetto d’onderelativo alla particella libera si trasforma in un pacchetto identico come forma, ma spostatolungo l’asse x di una quantità Ft2/(2m), cioè di un segmento di lunghezza pari allo spaziopercorso da un punto dotato dell’accelerazione classica F/m.

    7 Oscillatore armonico

    In meccanica quantistica non c’è un sistema a singola particella che sia cos̀ı semplice e cos̀ıimportante come l’oscillatore armonico. La conoscenza degli stati possibili per questo sis-tema e del formalismo che si può introdurre per trattarli apre le porte alla quantizzazionedel campo elettromagnetico e delle vibrazioni reticolari (campi di onde elastiche). Perciòlo studio dell’oscillatore armonico merita una certa attenzione. Partiremo dagli autostatidell’energia e vedremo come essi siano caratterizzati da livelli energetici equispaziati conseparazione hν l’uno dall’altro. Già questo risultato suggerisce una giustificazione dell’in-novativa ipotesi di Planck circa il problema del corpo nero. Poi esamineremo i cosiddettistati quasi-classici o coerenti che, diversamente dagli autostati dell’energia, presentanouna ragionevole somiglianza con la descrizione classica del moto armonico. Vedremo inseguito una regola di corrispondenza che permette di trasformare ogni stato noto dellaparticella libera in uno dell’oscillatore armonico. Questo fornirà anche un approccio, al-ternativo allo sviluppo in autostati dell’energia, per studiare l’evoluzione temporale dellostato dell’oscillatore a partire da uno stato iniziale arbitrariamente fissato. Applicando laregola detta alla soluzione del pacchetto gaussiano mobile vista per la particella libera,ricaveremo le funzioni d’onda per gli stati squeezed (alla lettera: strizzati), che com-prendono quelli coerenti come caso particolare. Sia gli stati coerenti che quelli squeezedtrovano importanti applicazioni nell’ottica quantistica.

    L’estensione dei risultati all’oscillatore bi- o tridimensionale è piuttosto immediatae meriterà un cenno. Fino a questo punto la trattazione sarà svolta usando metodielementari. Tuttavia l’introduzione di metodi operatoriali è cos̀ı importante e potenteper gli sviluppi dell’argomento, che dedicheremo la parte finale a introdurne gli elementibase. In particolare introdurremo gli operatori di creazione e distruzione e mostreremocome lo spettro dei livelli energetici possa essere ricavato senza risolvere l’equazione diSchrödinger, usando metodi operatoriali. Ciò servirà a dare almeno un’idea della potenzadi tali metodi.

    7.1 Autostati dell’energia

    Siano m e K la massa e la costante elastica dell’oscillatore. Inserendo l’espressioneKx2/2dell’energia elastica al posto di U nell’equazione di Schrödinger per gli stati stazionariotteniamo:

    d2u

    dx2+

    2m

    h̄2

    (E − Kx

    2

    2

    )u = 0. (180)

    32

  • Per capire quali possano essere le soluzioni della (180) osserviamo che, in base ai teoremisulla trasformata di Fourier (EO.SU.15), si ha:

    d2u

    dx2= −4π2

    ∫ ∞

    −∞η2ũ(η)e2πiηxdη, (181)

    x2u(x) = − 14π2

    ∫ ∞

    −∞

    d2ũ

    dη2e2πiηxdη, (182)

    dove ũ indica la trasformata di Fourier di u. Sostituendo le (181) e (182) nella (180) eesprimendo u tramite la sua trasformata di Fourier, arriviamo all’equazione:

    −4π2η2ũ+ 2mEh̄2

    ũ+Km

    4π2h̄2d2ũ

    dη2= 0, (183)

    che ha la stessa forma (a parte il valore delle costanti) della (180). E’ ragionevole perciòcercare le soluzioni della (180) tra le funzioni che si autoriproducono sotto trasformazionedi Fourier. Un insieme di funzioni i cui elementi godono di questa proprietà è quellodelle funzioni di Hermite-Gauss (EO.SU.16), la più semplice delle quali è la gaussiana.Prendiamo allora una funzione del tipo:

    u(x) = Ae−αx2

    , (184)

    con A,α > 0, e vediamo se può soddisfare la (180). Facendo le sostituzioni, otteniamo:

    A(−2α + 4α2x2 + 2mE

    h̄2− mK

    h̄2x2)e−αx

    2

    = 0. (185)

    Affinché la (185) valga per ogni x devono sussistere le uguaglianze:

    α =mE

    h̄2, (186)

    4α2 =mK

    h̄2, (187)

    Ricaviamo α dalla (187)

    α =

    √mK

    2h̄, (188)

    e sostituiamolo nella (186). Otteniamo allora:

    E =1

    2h̄

    √K

    m=

    1

    2h̄ω, (189)

    dove ω è la pulsazione dell’oscillatore. Questo dimostra che la gaussiana (184), con αespresso dalla (188), è autofunzione dell’energia con autovalore dato dalla (189).

    33

  • Per determinare il valore di A è sufficiente imporre la condizione di normalizzazione∫ ∞

    −∞u2(x)dx = 1, (190)

    da cui, ricordando l’integrale di Gauss, segue

    A2∫ ∞

    −∞e−2αx

    2

    dx = A2√π

    2α= 1. (191)

    Perciò risulta

    A =4

    √2α

    π. (192)

    Si può ora ripetere il procedimento con le funzioni di Hermite-Gauss di ordine superi-ore, prendendo delle u della forma:

    un = AnHn(x√

    2α)e−αx

    2

    ; (n = 1, 2, ...), (193)

    dove Hn è l’n-esimo polinomio di Hermite e An una costante di normalizzazione. Si trovaallora che ognuna delle un è autofunzione e che gli autovalori associati sono:

    En =(n+

    1

    2

    )h̄ω, ; (n = 1, 2, ...). (194)

    Imponendo la condizione di normalizzazione e riunendo i casi n = 0 e n 6= 0, si trova chel’insieme delle autofunzioni e degli autovalori è dato da:

    un(x) =4

    √2α

    π

    1√2nn!

    Hn(x√

    2α)e−αx

    2

    , (195)

    En =(n+

    1

    2

    )h̄ω; (n = 0, 1, 2, ...). (196)

    In conclusione, esistono infiniti autostati con energie che variano di h̄ω, il cosiddettoquanto d’energia, da un livello al successivo, a partire da un livello minimo d’energia h̄ω/2,nota come energia di punto zero. Il fatto che l’energia minima non sia zero (come sarebbeper un oscillatore classico in quiete) è in accordo col principio d’indeterminazione. Infatti,per avere energia zero, l’oscillatore dovrebbe trovarsi in uno stato in cui sia la posizioneche l’impulso sono perfettamente determinati (entrambi con valore nullo). Possiamo anziverificare che nello stato fondamentale (n = 0) il prodotto delle indeterminazioni ∆x∆praggiunge il valore minimo consentito dal principio d’indeterminazione. Ricordiamo chele indeterminazioni ∆x e ∆p sono identificate con le deviazioni standard delle d.d.p. perposizione e impulso rispettivamente. Scritta la d.d.p. per la posizione come

    u20(x) = A2e−2αx

    2

    = A2 exp

    [− x

    2

    2(∆x)2

    ], (197)

    34

  • si vede che risulta

    ∆x =1

    2√α. (198)

    La d.d.p. per l’impulso si ottiene dividendo per h il modulo quadro della trasformatadi Fourier di u0(x), calcolata in p/h. Ricordando che la trasformata di exp(−αx2) èproporzionale a exp(−π2η2/α), si vede che la d.d.p. per l’impulso è proporzionale aexp[−π2p2/(αh2)]. Da qui, uguagliando gli esponenziali

    exp

    (−2π

    2p2

    αh2

    )= exp

    [− p

    2

    2(∆p)2

    ], (199)

    ricaviamo∆p = h̄

    √α, (200)

    per cui si vede che il prodotto di ∆x e ∆p uguaglia h̄/2.Vale la pena di notare che gli autostati dell’energia risultano fortemente diversi dagli

    stati classici. Infatti, essendo tali stati di tipo stazionario, la d.d.p. per la posizione noncambia nel tempo (e lo stesso avviene per la d.d.p. per l’impulso), cosicché non vienesuggerito alcun movimento oscillatorio di tipo classico.

    I risultati della quantizzazione dell’oscillatore armonico giustificano l’ipotesi di Planck,se si schematizza il materiale in interazione con la radiazione come un insieme di oscillatoriarmonici.

    7.2 Stati coerenti

    Una qualunque forma iniziale della funzione d’onda si può sviluppare mediante una seriedi autostati dell’energia. E’ noto infatti che le funzioni di Hermite-Gauss costituisconoun insieme completo. Esse godono inoltre della proprietà di ortonormalità

    ∫ ∞

    −∞un(x)um(x)dx = δnm. (201)

    Pertanto, scritta la funzione d’onda iniziale nella forma

    ψ(x, 0) =∞∑

    n=0

    cnun(x), (202)

    i coefficienti cn si calcolano con il procedimento generale già discusso in precedenza. Molti-plicando i due membri della (202) per la generica autofunzione uk(x), integrando su tuttol’asse e sfruttando la (201) abbiamo

    ∫ ∞

    −∞ψ(x, 0)uk(x)dx =

    ∞∑

    n=0

    cnδnk = ck. (203)

    35

  • Una volta calcolati i coefficienti cn, la legge di evoluzione temporale della ψ si ottienemoltiplicando ogni funzione un per il fattore temporale exp(−iEnt/h̄). Tenendo presentela (196) ciò dà

    ψ(x, t) = e−iωt/2∞∑

    n=0

    cnun(x)e−inωt. (204)

    Si vede allora che, a prescindere dal fattore exp(−iωt/2), la ψ è, per ogni x, funzioneperiodica del tempo, col periodo classico T = 2π/ω. Perciò la ψ cambia al passare deltempo ma riacquista periodicamente la stessa configurazione. In realtà, si può dimostrarequalcosa di più, e cioè che dopo mezzo periodo la ψ si riproduce ribaltata intorno all’asseverticale e moltiplicata per un fattore −i. Per vederlo, scriviamo la ψ in −x al tempot+ T/2. Dalla (204) ricaviamo

    ψ(−x, t+ T/2) = e−i ω2 (t+T/2)∞∑

    n=0

    cnun(−x)e−inω(t+T/2). (205)

    Da qui, tenendo presenti le relazioni

    e−iωT/4 = −i; un(−x) = (−1)nun(x); e−inωT/2 = (−1)n, (206)

    la seconda delle quali deriva dal fatto che le autofunzioni sono alternativamente pari edispari, si ricava

    ψ(−x, t+ T/2) = −iψ(x, t), (207)che mostra quanto affermato. Di conseguenza è sufficiente conoscere l’evoluzione della ψin mezzo periodo per poterla ricostruire a qualunque istante.

    Al solito, i coefficienti cn sono le ampiezze di probabilità per l’energia. In altri termini,|cn|2 è la probabilità che misurando l’energia si ottenga il valore En. La misura forniràper l’energia uno degli autovalori, diciamo l’m-esimo. Corrispondentemente la funzioned’onda collassa in quella dell’m-esimo autostato.

    Come si è detto, in generale, la forma della funzione d’onda cambia nel tempo. Cichiediamo se è possibile trovare una funzione d’onda che, al passare del tempo, si comporticome un pacchetto che oscilla con legge classica. Ciò è in effetti possibile e gli statidescritti da funzioni d’onda di questo tipo prendono il nome di stati coerenti o quasiclassici. Vediamo come si possono costruire.

    Il punto di partenza è la cosiddetta funzione generatrice dei polinomi di Hermite. Sitratta della funzione exp(−z2 + 2zη), il cui sviluppo in serie di potenze della variabile zha coefficienti proporzionali ai polinomi di Hermite nella variabile η

    e−z2+2zη =

    ∞∑

    n=0

    zn

    n!Hn(η). (208)

    Se poniamo η = x√

    2α e moltiplichiamo tutto per exp(−αx2), il secondo membro apparecome uno sviluppo in serie di autostati dell’energia. Supponiamo allora di avere una

    36

  • funzione d’onda che al tempo t = 0 abbia lo sviluppo

    ψ(x, 0) = Ae−αx2

    ∞∑

    n=0

    zn

    n!Hn(x

    √2α), (209)

    dove A è una costante che poi determineremo, e cerchiamo di esprimere ψ in forma chiusa.Per sommare la serie possiamo usare la (208). Ciò dà

    ψ(x, 0) = Ae−αx2

    exp(2zx

    √2α − z2

    ), (210)

    per cui, completando il quadrato a esponente, abbiamo

    ψ(x, 0) = Aez2

    exp

    −α

    x− z

    √2

    α

    2 . (211)

    Questo rappresenta un pacchetto gaussiano con la stessa larghezza di quello che descrivel’autostato fondamentale dell’energia. La differenza è che al tempo t = 0 il pacchetto èspostato rispetto all’origine. Per trovare l’evoluzione temporale basta tenere presente cheogni autofunzione viene moltiplicata per exp[−iωt(n + 1/2)]. La ψ(x, t) si ricava alloradalla (209)

    ψ(x, t) = Ae−αx2

    e−iωt/2∞∑

    n=0

    (ze−iωt)n

    n!Hn(x

    √2α). (212)

    A parte il fattore exp(−iωt/2), la (212) è identica alla (209) salvo la sostituzione di z conz exp(−iωt). Il risultato è quindi del tipo della (211)

    ψ(x, t) = Ae−iωt/2 exp(z2e−2iωt

    )exp

    −α

    x− ze−iωt

    √2

    α

    2 . (213)

    Prendendo il modulo quadro si trova, dopo alcuni passaggi,

    |ψ(x, t)|2 = A2e2z2 exp

    −2α

    x− z

    √2

    αcosωt

    2 . (214)

    Pertanto la densità di probabilità per la posizione è una gaussiana, di larghezza pari aquella dello stato fondamentale, che oscilla con legge classica. La costante A si trovaimponendo la condizione di normalizzazione

    ∫ ∞

    −∞|ψ(x, t)|2dx = A2e2z2

    ∫ ∞

    −∞exp

    −2α

    x− z

    √2

    αcosωt

    2 dx = A2e2z

    2√π

    2α= 1,

    (215)

    37

  • da cui segue

    A =4

    √2α

    πe−z

    2

    . (216)

    Come abbiamo già notato, la (209) è uno sviluppo in autostati dell’energia. Pervedere però quanto valgono le ampiezze di probabilità per l’energia, dobbiamo scriveretale relazione usando la forma normalizzata degli autostati in questione. Tenendo presentela (195), scriviamo la (209) nella forma

    ψ(x, 0) =4

    √2α

    πe−z

    2∞∑

    n=0

    zn√n!

    (√

    2)n√2nn!

    Hn(x√

    2α)e−αx2

    = e−z2

    ∞∑

    n=0

    (z√

    2)n√n!

    un(x). (217)

    I coefficienti dello sviluppo cn sono perciò

    cn =e−z

    2(z√

    2)n√n!

    . (218)

    Il significato della (218) è che se si fa una misura dell’energia dell’oscillatore, la probabilitàdi trovare n quanti di energia, chiamiamola P (n), è

    P (n) = |cn|2 =e−2z

    2(2z2)n

    n!. (219)

    Perciò in uno stato coerente i quanti sono distribuiti secondo la statistica di Poisson. Inparticolare, il valor medio del numero di quanti è

    〈n〉 = 2z2. (220)

    7.3 Corrispondenza particella libera-oscillatore

    In analogia a quanto si è visto per la particella sottoposta a una forza costante, ancheper l’oscillatore armonico è possibile generare delle soluzioni partendo da quelle dellaparticella libera. Esiste cioè una regola di corrispondenza che trasforma una soluzionedell’equazione di Schrödinger per la particella libera in una valida per l’equazione che siriferisce all’oscillatore armonico. La regola è espressa come segue

    ψA(x, t) = ψL

    (x

    cosωt,tanωt

    ω

    )e−iαx

    2 tanωt

    √cosωt

    , (|ωt| < π/2), (221)

    dove con ψA e ψL abbiamo indicato le funzioni d’onda dell’oscillatore armonico e dellaparticella libera, rispettivamente. La validità della regola si può controllare per sosti-tuzione diretta. Se, come spesso accade, siamo solo interessati alla densità di probabilitàper la posizione, la (221) fornisce

    |ψA(x, t)|2 =1

    cosωt

    ∣∣∣∣ψL(

    x

    cosωt,tan ωt

    ω

    )∣∣∣∣2

    . (222)

    38

  • Come indicato, la regola vale per mezzo periodo. D’altronde, sappiamo già che il com-portamento della ψ nell’altro mezzo periodo si deduce da quello nel primo mezzo, per cuila soluzione è completa.

    Un’applicazione significativa della regola è il calcolo del propagatore per l’oscillatorearmonico. Per far ciò basta applicare la regola al propagatore della particella libera. Siottiene allora

    KA(x, y, t) =

    √mω

    ih sinωtexp

    [i

    α

    tanωt

    (x2 + y2 − 2xy/ cosωt

    )]. (223)

    Conoscendo il propagatore è possibile calcolare l’evoluzione temporale della funzioned’onda a partire da una forma iniziale comunque scelta.

    7.4 Stati squeezed

    Abbiamo visto che in uno stato coerente la funzione d’onda è rappresentata da un pac-chetto gaussiano che oscilla con la frequenza classica. Come si ricorderà, siamo partitida un pacchetto avente la stessa larghezza di quello dello stato fondamentale, spostatorispetto all’origine, e abbiamo trovato che al passare del tempo il pacchetto descrive unmoto oscillatorio. E’ abbastanza naturale chiedersi: che cosa succede se si parte da unpacchetto (spostato rispetto all’origine) che abbia una larghezza maggiore o minore diquello dello stato fondamentale? Svolgiamo prima di tutto una considerazione qualitativasupponendo, ad es., che il pacchetto da cui si parte sia più stretto di quello base. Questorestringimento porta ad allargare il pacchetto che si ha nella trasformata di Fourier, cioèaumenta l’incertezza sull’impulso. Si capisce allora che, negli istanti immediatamente suc-cessivi, questa maggiore incertezza sull’impulso si traduca in una maggiore incertezza sullaposizione e che quindi la funzione d’onda si allarghi di più di quanto accade per uno statocoerente. D’altronde, siccome l’evoluzione è periodica, ci dobbiamo aspettare che dopoun altro po’ di tempo il pacchetto ricominci a restringersi. In sintesi, ci aspettiamo che ilpacchetto vari periodicamente di larghezza durante il moto. Ovviamente, questa sempliceconsiderazione non è in grado di dirci la legge di variazione della larghezza e neanche sela forma del pacchetto rimane gaussiana durante tutta l’evoluzione. Per studiare la cosaquantitativamente, si potrebbe sfruttare il fatto che abbiamo appena ricavato il propaga-tore per l’oscillatore armonico. Tuttavia, invece di risolvere l’integrale di propagazione,useremo un altro approccio. Noi conosciamo una soluzione per la particella libera che hala forma di un pacchetto gaussiano, la cui larghezza può essere scelta a piacere, con unavelocità media pure arbitraria. Si tratta della funzione d’onda

    ψL(x, t) =A√t− iτ

    exp

    [iµ

    2(t− iτ )(x− vt)2 − iµv(x− vt/2)

    ]. (224)

    39

  • Applichiamo la regola di corrispondenza a questa funzione, riferendoci direttamente alsuo modulo quadro, che vale

    |ψL(x, t)|2 =|A|2√t2 + τ 2

    exp[ −µτt2 + τ 2

    (x− vt)2]. (225)

    Troviamo allora

    |ψA(x, t)|2 =|A|2

    cosωt√

    tan2 ωt/ω2 + τ 2exp

    [−µτ

    tan2 ωt/ω2 + τ 2

    (x

    cosωt− v tanωt

    ω

    )2]=

    ω|A|2√sin2 ωt+ ω2τ 2 cos2 ωt

    exp

    [−µτω2

    sin2 ωt+ ω2τ 2 cos2 ωt

    (x− v sinωt

    ω

    )2].(226)

    Come si vede il pacchetto rimane sempre gaussiano. La sua larghezza cambia però neltempo secondo la legge

    ∆x2 =sin2 ωt+ ω2τ 2 cos2 ωt

    2µτω2. (227)

    L’unico caso in cui la larghezza si mantiene costante è quando si verifica la condizioneωτ = 1. E’ facile vedere che questo è il caso degli stati coerenti.

    7.5 Oscillatore bidimensionale

    Supponiamo di avere una particella che può muoversi in un piano xy sotto l’azione di unaforza elastica radiale, di componenti Fx = −Kx e Fy = −Ky. L’energia potenziale dellaparticella ha allora l’espressione

    U(x, y) =K

    2x2 +

    K

    2y2. (228)

    Inserendo questa espressione nell’equazione di Schrödinger per gli stati stazionari otteni-amo

    ∂2u

    ∂x2+∂2u

    ∂y2+

    2m

    h̄2

    (E − K

    2x2 − K

    2y2)u = 0. (229)

    Analogamente a quanto abbiamo fatto per la buca di potenziale bidimensionale, possiamorisolvere l’equazione per separazione delle variabili, ponendo

    u(x, y) = X(x)Y (y). (230)

    La (229) diventa

    d2X

    dx2Y +

    d2Y

    dy2X +

    2m

    h̄2

    (E − K

    2x2 − K

    2y2)XY = 0. (231)

    40

  • Dividendo termine a termine per XY, l’equazione diventa

    1

    X

    d2X

    dx2− 2m

    h̄2K

    2x2 +

    1

    Y

    d2Y

    dy2− 2m

    h̄2K

    2y2 = −2m

    h̄2E. (232)

    A primo membro compaiono due termini che dipendono solo da x e due che dipendonosolo da y. Affinché la loro somma dia una costante per qualunque scelta di x e y occorreche sia costante tanto la somma dei primi due termini quanto quella del terzo e quarto.Più esplicitamente, imporremo

    1

    X

    d2X

    dx2− 2mh̄2

    K

    2x2 = −2m

    h̄2Ex, (233)

    1

    Y

    d2Y

    dy2− 2m

    h̄2K

    2y2 = −2m

    h̄2Ey, (234)

    dove Ex e Ey sono due numeri positivi tali che

    Ex + Ey = E. (235)

    Sia la (234) che la (235) hanno la forma dell’equazione di Schrödinger per l’oscillatorearmonico unidimensionale. Di conseguenza, tenendo presenti la (230) e la (235), con-cludiamo che le autofunzioni dell’energia per l’oscillatore armonico bidimensionale si ot-tengono moltiplicando fra loro un’autofunzione unidimensionale dipendente da x, per es.l’n-esima, ed una dipendente da y, per es. l’m-esima e che l’autovalore corrispondente èla somma degli autovalori relativi a x e y. Le energie possibili per gli autostati assumonodunque l’espressione

    Enm = (n +m+ 1)h̄ω, (n,m = 0, 1, 2, .....). (236)

    Si noti la degenerazione degli autovalori dovuta al fatto che essi dipendono solo dallasomma di n em, per cui tutte le coppie n,m che hanno la stessa somma danno autofunzioni(distinte) con la stessa energia. In particolare, gli autovalori Enm e Emn sono uguali.

    L’oscillatore che abbiamo esaminato è isotropo, nel senso che la costante elastica checompare nelle componenti della forza è la stessa per entrambe. Si potrebbe anche consid-erare un caso anisotropo in cui le componenti della forza abbiano espressione Fx = −Kxxe Fy = −Kyy, con Kx e Ky non necessariamente uguali. Il procedimento di separazionedelle variabili potrebbe ancora essere usato e darebbe risultati simili a quelli visti. Tut-

    tavia si dovrebbe distinguere tra una pulsazione ωx =√Kx/m ed una ωy =

    √Ky/m, per

    cui la (236) sarebbe sostituita dalla relazione

    Enm = (n+ 1/2)h̄ωx + (m+ 1/2)h̄ωy, (n,m = 0, 1, 2, .....). (237)

    In questo caso, Enm e Emn sono diversi (salvo il caso particolareKx = Ky) e, se il rapportoωx/ωy è irrazionale, ogni degenerazione viene, come suol dirsi, rimossa.

    41

  • Tornando al caso isotropo, la risoluzione della (229) in coordinate cartesiane nonè l’unico approccio possibile. Infatti si potrebbe lavorare in coordinate polari. Senzasviluppare tale procedimento, ci limitiamo a qualche semplice considerazione partendoda autofunzioni scritte in coordinate cartesiane. Prendiamo l’autofunzione di ordine n =0, m = 0. Prescindendo dalla costante di normalizzazione, essa ha l’espressione

    u(x, y) = exp[−α(x2 + y2)

    ]. (238)

    Quindi, in coordinate polari r, ϑ, essa risulta funzione solo di r

    u(r) = exp(−αr2

    ), (239)

    e quindi è a simmetria circolare. Un altro semplice caso a simmetria circolare si ottienecombinando con uguali ampiezze e fasi l’autofunzione di ordine n = 2, m = 0 e quella diordine n = 0, m = 2, che sono degeneri in energia. La loro somma, sempre a meno diuna costante moltiplicativa, si scrive

    u(x, y) =[H2

    (x√

    2α)

    +H2(y√

    2α)]

    exp[−α(x2 + y2)

    ], (240)

    ovvero, ricordando che è H2(η) = 4η2 − 2,

    u(r) = (8αr2 − 4) exp(−αr2

    ). (241)

    Un semplice esempio con dipendenza sia da r che da ϑ si può costruire combinando conuguali ampiezze l’autofunzione di ordine n = 1, m = 0 e quella di ordine n = 0,