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Introduzione al Vangelo secondo

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Introduzione al Vangelo secondo

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COSA SONO I VANGELI

• Credo che tutti sappiamo molto bene cosa vuol dire la parola vangelo. Nel linguaggio di oggi il termine vangelo sarebbe da tradursi con evangelizzazione, l’annuncio di una buona notizia.

• L’espressione greca “to euagghelion”(ευαγγέλιον), se la traducessimo oggi, diventerebbe “evangelizzazione” è, originariamente, un nomen actionis, indica un’azione, non indica assolutamente dei libretti.

• Noi normalmente pensiamo a dei libri con il termine vangelo, invece, nel cristianesimo primitivo, indica l’evangelizzazione, il fatto che ci sia un annuncio che dice che Gesù è risorto dai morti: questo è il vangelo di Dio.

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Origine del nome

• I quattro libretti che noi chiamiamo vangeli, non si chiamavano così all’inizio. “Vangelo” è un titolo che si è affermato nel corso del II secolo, un secolo dopo la genesi dei vangeli, la loro comparsa. All’inizio si chiamavano “katà” (secondo) Marco, Luca, Matteo, Giovanni, corrispondente al nostro “alla”: “alla Marco”, “alla Matteo” – più o meno, potremmo dire, “alla maniera di Marco”, “alla maniera di Matteo”.

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Il perché di questo nome

• È anche un po’ misterioso il perché portino questi nomi, che sono attestati da sempre.

• Ad un certo punto nel corso del II secolo, troviamo l’espressione “le memorie degli apostoli, chiamate anche vangeli” e da lì in avanti questo termine si precisa sempre di più, nel senso che viene sempre più legato a queste opere.

• In origine si sono raccolte delle tradizioni (parabole raccontate da Gesù, detti di Gesù o su come Lui la pensasse su alcuni argomenti..) che servivano ad arricchire la fede di chi ascoltava. Quindi un sistema “a piccoli pezzi” poi ricomposto in Vangeli veri e propri.

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Quando nascono i vangeli

• Oggi, malgrado delle dispute, siamo riusciti a capire che il vangelo più antico tra quelli che abbiamo, forse il primo (di questo non siamo sicuri) è quello di Marco. Difatti, Matteo e Luca conoscevano, tutti e due, il testo di Marco quando hanno redatto le loro opere; essi lo completano o lo correggono secondo le loro informazioni e i bisogni dei loro lettori. Ciò spiega il perché Marco sia stato trascurato dai Padri e - fino alla recente riforma - dalla liturgia.

• Il vangelo di Marco è databile, senza dubbio, a poco prima o poco dopo il 70 d.C. Dalla morte di Gesù è passata una sola generazione. Nel capitolo 13 Marco si riferisce alla distruzione di Gerusalemme come a un avvenimento imminente o da poco accaduto.

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Quando nascono i vangeli• Marco è colui che ha coniato anche un genere letterario nuovo,

quello del vangelo scritto. In realtà negli scritti del Nuovo Testamento più antichi, come sono le lettere di Paolo, il termine “euagghelion” esprime un annunzio che riguarda Gesù ovviamente, ma che verte sui momenti ultimi, supremi, della esistenza di Gesù: la morte e la resurrezione, dando di questi eventi l’interpretazione, come nel testo di I lettera ai Corinzi 15,3-5, dove noi abbiamo la più antica confessione di fede: “Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anche io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è resuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e apparve a Cefa e quindi ai Dodici”. Questa è una confessione di fede veramente arcaica (kerigma), che ci porta agli anni trenta del primo secolo.

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Quando nascono i vangeli• Ora qui si apre una seria riflessione che lasciamo agli specialisti. A

noi basta sapere che nel 1947 a Khirbat Qumran (rovine di pietra), nella grotta 7 (7Q5 è la catalogazione del reperto che a noi interessa) sono stati trovati dei frammenti, uno dei quali, della grandezza più o meno di un francobollo, potrebbe essere, secondo la tesi esposta nel 1955 del gesuita spagnolo Joseph O’Callaghan, esperto papirologo (non biblista, particolare importante questo!), un frammento del vangelo di Marco. Precisamente Mc 6, 52-53 “...perché non avevano capito il fatto dei pani, essendo il loro cuore indurito. Compiuta la traversata, approdarono e presero terra a Genèsaret...”. Le discussioni intorno a questi ritrovamenti sono ancora in corso, le tesi multiple e le impostazioni delle problematiche ideologicamente sostenute.

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Quando nascono i vangeli• Tutto questo sembrerebbe favorire non le interpretazioni

tradizionali dei cristiani, sulla origine della loro religione, bensì quelle dello studioso americano Robert Eisenman, sostenitore della tesi che la chiesa di Gerusalemme avesse una delle sue sedi nel ritiro di Qumran, e che Giacomo ne fosse il capo.

• Una via mediana ritiene che essendo i vangeli una composizione stratificata, gli scritti di Qumram potrebbero essere una scheggia di un vangelo primitivo già esistente. Infatti, qualcuno potrebbe giurare in buona fede che quelle tre o quattro lettere dell’alfabeto siano un frammento staccato proprio dallo stesso testo che leggiamo oggi come Vangelo secondo Marco? Non possiamo escludere che si tratti di una redazione primitiva, o di una fonte a cui l’autore del nostro Marco greco avrebbe attinto ( molto vicino alla fonte “Q” o addirittura la stessa fonte?). Di qualsiasi altro documento si sarebbero formulate ipotesi di questo genere. Anche perché quello è solo un pezzetto, con poche sillabe, e non tutto il Vangelo di Marco.

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Quando nascono i vangeli

• Che poi non fosse il vangelo, come lo intendiamo noi adesso, lo ricaviamo anche da una testimonianza interna. Il Vangelo di Marco, contiene un esplicito riferimento all’assedio di Gerusalemme da parte delle legioni di Tito e una descrizione della distruzione del tempio, nonché delle tribolazioni dei giudei in seguito alla grave sconfitta, eventi che riguardano l’anno 70, come potevano gli esseni avere tra le mani il manoscritto marciano se proprio a causa di quella invasione romana furono dispersi?

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Formazione

• Il Nuovo Testamento non è stato creato in un istante; i Vangeli non sono stati frutto di un’improvvisa redazione. La formazione del Nuovo Testamento si divide, dunque, in tre tappe:

1. Gesù

2. La vita della comunità

3. La redazione scritta

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Gesù

La prima tappa è Gesù. È una tappa che occupa tutta la lunghezza della vita di Gesù (Gesù che parla, Gesù che opera, soprattutto la passione, la morte, la resurrezione di Gesù e il dono dello Spirito). È il primo momento forte, il momento in cui l’immagine di Gesù si imprime nei discepoli. Tale immagine, tuttavia, è ancora nascosta (come una pellicola che viene “impressionata”).

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La vita della comunità

• Poi c’è la seconda tappa, che dura forse alcuni decenni, alcuni anni sicuramente: la vita della comunità, delle prime comunità cristiane, che vivono innanzitutto quello che hanno imparato e che avevano già incominciato a vivere con il Maestro. Lo vivono e lo annunciano, lo celebrano nella liturgia e lo spiegano nella catechesi a quelli che, man mano, si presentano per chiedere di diventare cristiani.

• Questa è una tappa fondamentale nella formazione del Vangelo perché è il momento in cui quelle “immagini”, che Gesù aveva lasciato e che erano rimaste impresse nei discepoli, sono come immerse in quello che si potrebbe definire un “bagno rivelatore” (cioè come quella pellicola che viene lasciata in quegli acidi i quali, sviluppando la pellicola, fanno emergere lentamente l’immagine; senza questo tempo quell’immagine non sarebbe venuta fuori).

• In questa seconda fase si formano, si costruiscono i ricordi; le “immagini” di Gesù cominciano a “venire fuori” e si danno delle “forme”; chi studia questo momento studia la “storia delle forme”, ossia il modo in cui questi ricordi si sono “organizzati” (per esempio il modo in cui si sono organizzati i gruppi di detti - le cose che ha detto Gesù -, i gruppi di miracoli, le raccolte della passione, ecc.). Tali raccolte sono nate per un uso pratico, cioè per rispondere a quell’esigenza concreta della comunità di annunciare, celebrare nella liturgia e fare catechesi.

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La redazione scritta• Poi c’è la terza tappa: la vera e propria

redazione scritta, cioè il momento in cui queste immagini che sono emerse vengono fissate, diventano uno scritto e vengono fissate e vengono “montate” - come una sequenza - in vari modi.

• Anche questa tappa dura un po’ di tempo. Il primo che incomincia a scrivere non è un evangelista; il primo che comincia a scrivere è Paolo, che scrive per le sue comunità. In seguito vengono redatti alcuni testi (che poi noi chiameremo Vangeli) che vengono scritti proprio perché servono per confermare, edificare, rafforzare quella comunità, ma anche per “fissare” quei ricordi prima che i testimoni oculari vengano meno (quindi nella paura che quel grande patrimonio possa essere, diciamo, in qualche modo disperso).

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La redazione scritta

• La redazione è un fatto complesso perché il modo di fissare e il modo di mantenere - ossia di organizzare - queste forme è diverso. È diverso a seconda della personalità del redattore; ciò in quanto il redattore ha una sua personalità, un suo stile, ha una sua visione del mondo, ha un suo gusto, una sua sensibilità, ha anche una sua teologia; e poi egli scrive a seconda della comunità in cui questo processo avviene. Le comunità, infatti, sono molto diverse: sono in situazioni diverse, hanno problemi diversi, sono costituite da persone diverse.

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La redazione scritta• Questi sono i due elementi che incidono in misura maggiore

sulla redazione: 1) chi la fa e 2) per chi la scrive.• Allora noi abbiamo redazioni diverse, vangeli diversi nel modo

di organizzare le stesse informazioni che dipendono da questi due fattori.

• Questo per dire che noi abbiamo a che fare con dei veri autori, non semplicemente con dei “segretari”. Essi hanno messo insieme il materiale, ma l’hanno messo insieme facendo un lavoro senz’altro letterario (dipendente dal loro stile personale, ecc.), ma anche un lavoro di rielaborazione (ordinano, a seconda dell’obiettivo, il materiale che hanno; adattano il materiale a seconda delle persone per le quali scrivono; loro stessi interpretano il testo; loro stessi, in qualche modo, continuano - con la scrittura - il lavoro di approfondimento).

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La redazione scritta• Il fatto che loro stessi siano degli autori nel vero senso della parola

non è in contrasto - è importante dirlo - con il carattere ispirato della Parola di Dio. Il fatto che siano diversi, che abbiano organizzato il lavoro in modo diverso, che siano a volte, diciamo, in qualche piccola contraddizione: tutto ciò non contrasta con il carattere ispirato della Parola di Dio, perché l’ispirazione non significa che lo Spirito Santo ha dettato tutto alla lettera, parola per parola (cosa che, per molto tempo, è stata sostenuta anche dalla Chiesa che ha tentato poi di risolvere, in modo un pochino difficoltoso, le varie contraddizioni). L’ispirazione non è questo: la Dei Verbum (n. 11) lo dice chiaramente: lo Spirito Santo si serve di queste persone nel pieno possesso delle loro facoltà, però garantisce che questo lavoro di riflessione e di rielaborazione è assistito dallo Spirito.

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La lunghezza

• Alla luce di tutto questo quindi, volendo affrontare i Vangeli, ci si accorge subito della loro diversità, perché come abbiamo già detto, i loro autori hanno personalità molto diverse, scrivono in un contesto molto diverso e hanno prodotto, quindi, redazioni diverse.

• La differenza più immediatamente tangibile è la diversa lunghezza.

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Dimensioni

• Il Vangelo di Marco, rispetto agli altri, è il più breve, essendo costituito di 16 capitoli per un totale di circa 700 versetti, ci vuole circa un’ora per leggerlo interamente.

• Il Vangelo di Matteo è, invece, molto lungo: è il più lungo per numero di capitoli. Non è il più lungo in assoluto, in quanto il più cospicuo in quanto a parole è il Vangelo di Luca; il Vangelo di Matteo, in ogni caso, consta di 28 capitoli (quasi il doppio di quello di Marco).

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La “questione sinottica”• E’ bello notare, anche se si corre il rischio di

apparire ripetitivi, come i vari puzzle delle fonti, dello stile, della lunghezza degli scritti, delle caratteristiche dei personaggi e dei loro interlocutori, man mano assumono senso compiuto dando la esatta rappresentazione del contesto in cui si trovava chi ha dato origine a tutto questo.

• L’ipotesi più accreditata, circa questa forte somiglianza tra Marco, Matteo e Luca, si basa sull'esistenza di due “depositi” di documenti da cui hanno attinto questi autori.

• Un primo “deposito” di documenti è quello di cui hanno usufruito Matteo, Marco e Luca; per questo motivo - poiché sono tre - si chiama “triplice tradizione”. Sicuramente Marco ha attinto di lì; Matteo e Luca hanno sicuramente preso da Marco, forse hanno anche attinto direttamente a questa fonte. È sicuro, invece, che conoscessero il Vangelo di Marco: ciò avvalla l’ipotesi che abbiano recuperato il medesimo materiale tramite lui.

• Poi c’è un’altra fonte: si tratta della fonte Q (dal tedesco Quelle = Fonte), cui hanno attinto soltanto Matteo e Luca. Ciò potrebbe spiegare come mai Matteo sia più lungo di Marco (quest’ultimo era già noto a Matteo): potendo contare su due fonti e quindi su più materiale (fonte Q e Vangelo di Marco), era logico che la redazione di Matteo fosse più ponderosa.

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Ordine di apparizione

• Una cosa però ancora non è chiara, vale a dire: perché - nell’ordine classico, canonico dei Vangeli - il primo ad essere incontrato sia Matteo. Se apriamo la Bibbia si nota come i Vangeli siano citati nel seguente ordine: Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Rispetto alla scansione cronologica delle redazioni che indica Marco come primo Vangelo (a lui si ispirarono Matteo e Luca), Matteo viene citato quale primo evangelista. Questo perché in Matteo viene abbondantemente citato l'A.T. e, quindi, lo si è considerato come una continuazione di esso.

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Chiave di lettura

• Dice giustamente un proverbio che nella vita nulla è gratuito, tranne la morte, che... costa però tutta la vita; la fine di una vita non può essere qualcosa di casuale, ed è convinzione, o per lo meno aspirazione inalienabile di ogni uomo che essa costituisca il suo fine, come coronamento e sigillo definitivo, che le dà significato.

• Questo significato ultimo va costruito con pazienza e raggiunto con fatica, attraverso una successione graduale di scelte coerenti che delineano quello che chiamiamo il «progetto» della vita stessa, senza il quale la vita umana è priva di senso.

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Chiave di lettura

• Se la storia va scritta partendo dalla sua fine, il vangelo scritto non ,è altro che il tentativo di capire la storia di Gesù partendo dalla sua fine, cioè dalla sua croce alla luce della resurrezione, per cogliere il suo progetto globale di esistenza.

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Chiave di lettura

• Ciò non risponde tanto a una pura curiosità quanto alla necessità di trovare il significato proprio della vita cristiana: la vita di Gesù Cristo è infatti la vita del cristiano, che segue il suo stesso cammino, compiendo le stesse scelte (cf. Fil 2, 5), in modo che, vivendo lo stesso Spirito, nella potenza della sua resurrezione e nella comunione dei suoi patimenti, essendosi reso conforme alla sua morte, abbia parte alla sua vita oltre la morte (cf. Fil 3, 10 s.).

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INTRODUZIONE AL VANGELO DI MARCO

• Come detto in precedenza se aprite i vangeli, trovate Matteo al primo posto e Marco al secondo posto. Oltre alla precedente un’altra motivazione può essere il fatto che Matteo comincia con la genealogia di Gesù e narra alcuni eventi interessanti dell’infanzia di Gesù.

• Invece Marco incomincia subito con la Sua vita pubblica.

• Il Nuovo Testamento comincia partendo da Abramo, Davide e tutta la genealogia di Gesù.

• Invece Marco comincia con Giovanni Battista.

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Introduzione

• Il vangelo di Marco è il più breve dei quattro Vangeli. Questa sua brevità rende particolarmente appropriata a Marco la definizione paradossale che Martin Kähler diede dei Vangeli: « Sono racconti della passione preceduti da una lunga introduzione ».

• Non godette nei secoli cristiani di grande popolarità, sovrastato come fu da quello di Matteo, del quale si credeva, forse proprio a causa della sua brevità, fosse una specie di riassunto.

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Introduzione• Rispetto agli altri, il Vangelo di Marco Marco è molto meno ricco di

discorsi e insegnamenti di Gesù: in realtà spesso si dice che Gesù insegna, ma non si specifica mai il contenuto del suo insegnamento. Solo il cap. 4 (discorso in parabole) e il cap. 13 (discorso escatologico) riportano discorsi di una certa ampiezza. Ciò che balza agli occhi, in effetti, sono le assenze: siamo davanti a un Vangelo – come è stato osservato da Vittorio Fusco – « senza Discorso della Montagna, senza Beatitudini, senza parabole della misericordia, senza nemmeno il “Padre nostro” Quasi a ribadire che è la persona di Gesù quello che conta, non i suoi insegnamenti ». Marco si caratterizza dunque per un eccezionale “concentrazione cristologia”.

• In sostanza, tutto si riassume nella chiamata a seguire Gesù.

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I destinatari• Per quanto riguarda i destinatari, appare certo

che Marco si rivolge a cristiani di origine pagana, che non vivevano in Palestina. Deve infatti spiegare usi liturgici giudaici, costumi giudaici come le abluzioni e questioni di purità rituale (es. Mc 7,2-4), deve tradurre parole aramaiche evidentemente incomprensibili ai suoi lettori (es. Mc 3,17): l’aramaico era la lingua parlata correntemente in Palestina. La presenza di latinismi, i contatti con la storia romana, alcuni dettagli come la spiegazione che due spiccioli greci corrispondono a un quadrante romano (Mc 12,42), unitamente all’antica testimonianza di Clemente di Alessandria, orientano a identificare il luogo di composizione del vangelo in Roma, dove sarebbe stato destinato a comunità di cristiani provenienti dal paganesimo. Su questo dato è concorde oggi la maggioranza degli esegeti.

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L’autore• I primi cristiani tendevano a collegare la composizione dei Vangeli con uno

dei dodici apostoli. Se la tradizione attribuiva il testo a un uomo chiamato Marco, oggi, molti studiosi, credono che il Vangelo sia stato scritto da un ignoto autore cristiano, il quale fuse numerose tradizioni orali, costruendo un testo compatto e avvincente.

• La più antica citazione che identifica Marco quale autore evangelico proviene dall’opera dello storico della Chiesa del III secolo Eusebio di Cesarea, che riporta l’opinione di uno scrittore precedente di nome Papia (II secolo); questi, a sua volta, cita una dichiarazione concernente il Vangelo di Marco che risale a un personaggio ancora più antico, detto il “presbitero”: “E il presbitero soleva dire: Marco, interprete di Pietro(del quale era discepolo), trascriveva accuratamente, ma non in ordine, ciò che ricordava di quanto detto e fatto dal Signore”. Pare certo che, secondo Papia, questo Marco fosse Giovanni Marco, cugino di Barnaba, citato negli Atti degli Apostoli (At 15, 37-39) come compagno di Paolo e in alcune lettere dello stesso san Paolo (Col 4, 10; 2 Tm 4, 11; Fm 24) e in I Pt 5, 13. La critica non ha potuto dimostrare né smentire questa opinione.

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Contesto esistenziale

Negli anni 70, epoca in cui Marco scrive il suo vangelo, le comunità vivevano una situazione difficile. Erano perseguitate, dal di fuori, dall'Impero Romano. Dal di dentro, si vivevano dubbi e tensioni. Alcuni affermavano che Giovanni Battista era uguale a Gesù. (At 18,26; 19,3). Altri volevano sapere come dovevano iniziare l'annuncio della Buona Notizia di Gesù. In questi pochi versetti, Marco comincia a rispondere, raccontando come iniziò la Buona Notizia di Dio che Gesù ci annuncia e qual è il posto che Giovanni Battista occupa nel progetto di Dio.

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Battesimo di conversione

• Ma oltre a battezzare, Giovanni “predica”. • Il verbo usato in greco è kerìsso che indica il compito

dell’araldo che legge ad alta voce, proclama, ciò che il proprio padrone ha scritto. L’araldo non dice cose sue, ma riferisce ciò che un altro ha detto. Marco per conversione usa la parola metànoia (=cambiamento di mente).

• Da questo si deduce che Giovanni non invita a ripercorrere nuovamente il deserto per tornare in patria; bensì a compiere un’operazione morale da farsi dentro il proprio cuore, riorientandolo verso il Signore che sta per venire.

• Il Signore allora “perdonerà i peccati”; egli userà misericordia e grazia a chi ha peccato, cioè, come dice il termine greco amartìa o ebraico attàh, Dio perdonerà chi “ha fallito il bersaglio”, chi ha orientato male la propria vita.

• Il battesimo dato da Giovanni è il segno della volontà di cambiare rotta, di andare nella direzione giusta, cioè incontro al Signore che viene.

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Battesimo di conversione

• Giovanni è presentato come colui che battezza, cioè immerge nell’acqua; che, detto in maniera forte, equivale ad annega nell’acqua: infatti questo è il senso racchiuso nel verbo greco baptìzo.

• Equivale, a far morire nell’acqua la persona perché essa possa di nuovo vivere in maniera diversa.

• È strano che Marco dica che Giovanni battezza “nel deserto”: il deserto è ciò che per natura non ha acqua. Esso però ha la forza di fare morire di fame, di sete, di solitudine; per cui il deserto, infine, ha la stessa funzione dell’acqua.

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Stile e Contenuto

• Se c’è un libro che distrugge le idee preconcette sul Messia, questo è proprio il Vangelo di Marco. Il Vangelo dei contrasti. Non si può scorrerlo come un bel documentario. Gesù è qui, presente; ci mette a disagio, non solo con il suo insegnamento e i suoi gesti, ma mediante la sua stessa presenza e il suo destino. Il lettore è coinvolto nei sentimenti contraddittori dei contemporanei: dallo stupore allo scandalo, dall’entusiasmo all’odio, dall’attaccamento al rifiuto.

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Stile e Contenuto

• Marco ha il linguaggio e il talento del narratore popolare. La sua composizione non è ordinata; la grammatica rudimentale; il vocabolario povero. Ha un’espressione sovente monotona e schematica, che però si anima d’improvviso, e diviene varia e suggestiva; lo stile si fa allora vivo e pittoresco. Marco infatti non intende dipingere un ritratto o scrivere una biografia di Gesù; vuole invece attirare l’attenzione dei lettori sul mistero della persona di Cristo. E pone il lettore di fronte all’avvenimento facendolo partecipare all’azione.

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Umanità di Gesù

• A differenza degli altri Vangeli, Marco riferisce poco dei discorsi di Gesù, ma sviluppa volentieri i racconti. Più che l'insegnamento sono il destino e l’opera di Gesù che devono provocare il lettore.

• In questo Vangelo, Gesù di Nazareth appare come un essere che suscita meraviglia per i suoi contrasti. Eccolo molto umano. È il «carpentiere»; palesa sentimenti: lo stupore, la collera, la compassione, la tristezza; abbraccia i bambini, rimprovera i lebbrosi, ama il giovane ricco che l’interroga e parla duramente al padre di un epilettico; raduna le folle, poi le sfugge. I suoi discepoli sono sconcertati; ama stare con loro e a volte li evita. Eccolo allora ad un altro livello, inaccessibile, misterioso.

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Gesti straordinari

• Compie dei gesti straordinari, ma proibisce che se ne faccia propaganda. Pronuncia parole che suscitano la meraviglia e fra tutti coloro che l’avvicinano, nessuno sfugge alla necessità di prendere posizione.

• Ecco innanzi tutto la folla brulicante che lo assedia e l’importuna, entusiasta e sbigottita, conquistata e timorosa, che cerca i suoi miracoli e che pure lo sfugge. Oppure appaiono sulla scena i gruppi che lo circondano di incomprensione - i suoi familiari - o di ostilità - tutte le organizzazioni ufficiali della religione e della politica: farisei, erodiani, sadducei, scribi.

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Chi è Gesù

• Una domanda percorre tutto questo Vangelo: chi è quest'uomo?

• Marco conosce la risposta, quella del credente. Ma intende dimostrarla. Il suo intento non è di farci ammirare il ritratto di una forte personalità; vuole piuttosto attirarci nel disegno di Dio che si realizza in un modo del tutto paradossale nella persona e nell’opera di Gesù. È solamente al termine, nella passione e risurrezione, che si svela il mistero per coloro che accettano di seguire questa avventura fino alla fine, di impegnarsi per il Vangelo.

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Chi è Gesù

• Chi è quest'uomo? Senza tregua cadono le false risposte: quelle delle attese ufficiali del popolo, quelle delle nostre proprie attese. I demòni stessi sono ridotti al silenzio affinché non proclamino troppo presto che Gesù è il Messia. Si rimane colpiti dal mistero che circonda il suo essere, dal «segreto messianico», caratteristico del Vangelo di Marco.

• Per un attimo, almeno per i discepoli, le false immagini sono cadute, e Pietro può proclamare la sua fede nel Messia (8, 29); è una svolta in tutto il Vangelo. Ma ben presto, affinché nessuna illusione si impadronisca dei suoi, Gesù li coinvolge nella via della passione. È la seconda iniziazione: seguire Gesù porta a condividere la condizione del Servo sofferente.

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Chi è Gesù

• Veramente quello di Marco è il Vangelo della passione.

• Come gli uomini potranno comprendere tale esigenza e questa croce scandalosa posta al termine della strada? Gesù affronterà da solo l’umiliazione e la morte. Soltanto allora, quando nessuna ambiguità è ormai possibile, egli si proclamerà Messia e Figlio di Dio. Soltanto allora si rivelerà perché egli stesso si sia chiamato fin dall'inizio «Figlio dell’uomo», quell’essere cioè di origine divina che entra nella nostra storia per giudicare e perdonare in nome di Dio.

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Chi è Gesù

• Sulla croce, tutto cambia. Questa morte è efficace. Un pagano, il centurione, primizia della Chiesa (15, 39), proclama già il Figlio di Dio. Il Risorto convoca i discepoli per un nuovo incontro, apre la strada della missione della Chiesa. Finalmente la sua personalità è rivelata. Così il «Vangelo» è chiarito dalla croce. Esso è l’azione decisiva di Dio nella storia, la lotta contro Satana e contro tutte le forze del male per liberare gli uomini da ciò che li incatena; è la presenza del Figlio di Dio manifestata dai miracoli e dall’insegnamento. La passione è il momento essenziale di quest’pera che stabilisce nel mondo un nuovo ordine delle cose.

• E il libro si conclude in maniera brusca.

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Chi è il Discepolo• Accanto alla prima domanda a cui l'evangelista vuol rispondere nel suo Vangelo:

"Chi è Gesù?“, ve ne è un’altra ad essa: "Chi è il discepolo?". • Sono due facce del medesimo mistero: la "via" di Gesù è la stessa "via" del

discepolo.• Per rispondere a queste due domande, c'è innanzitutto da precisare che, nel Vangelo

di Marco, la rivelazione del mistero di Gesù e del discepolo non avviene solo attraverso discorsi progressivi, sempre più espliciti, ma attraverso una storia che, man mano che si vive, si chiarisce: il Vangelo è racconto, dramma, storia, non una dottrina che si apprende, o un catechismo che si impara a memoria. Se si vuol capire, se si vuol leggere dall'interno, bisogna essere coinvolto in quella storia, si deve vivere la sequela, Non c'è posto per l'osservatore neutrale.

• Marco non si limita a rivelare poco a poco il mistero cristiano (chi è Gesù?), ma si preoccupa di condurre il lettore a scoprire le proprie paure, le proprie resistenze (chi è il discepolo?).

• Così il Vangelo si muove contemporaneamente su due linee: la rivelazione del mistero di Cristo e la manifestazione del cuore dell'uomo. E' il continuo scontro fra questi due aspetti che fa di Mc. un vangelo attuale, drammatico e inquietante. L'uomo vede i gesti di Gesù, sente le sue parole, ma resta incredulo.

• I motivi di questa resistenza vengono dal suo cuore "malato" (Mc. 7, 17-23), che Gesù è venuto a guarire.

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Conclusione del Vangelo

• La fine della vicenda terrena di Gesù è riprodotta in due tradizioni testuali differenti. La maggioranza dei manoscritti greci presenta il “finale lungo”, che termina con 16, 20, mentre un minor numero finisce a 16, 8. Opinione prevalente è che la versione originaria sia la seconda (lectio brevis), cioè che Marco abbia deciso di concludere con 16, 8 e che successivamente il finale sia stato ampliato attingendo al Vangelo secondo Luca. Forse un epilogo eccessivamente brusco ha dato origine a una conclusione considerata più soddisfacente.

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Conclusione del Vangelo

• Tutto questo, il Vangelo cioè, ha avuto inizio con Giovanni Battista e continua tuttora nella missione della Chiesa. Il lettore non è invitato a contemplare il passato, ma a impegnarsi in questo Vangelo, a seguire Gesù senza pentimenti, per fare a sua volta la scoperta che fu quella degli apostoli e dei discepoli.

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Fratelli di Gesù