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Anno XI n°1 il Pitagora il Pitagora Anno XI n°1

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Il Pitagora

πρόλογος

la Redazione

Direttore responsabile: Prof.ssa Silvana Sabatino Caporedattore: Carlo Facente Vice caporedattori: Olga Simbari, Maria Giovanna Campagna, Gabriella Corigliano Espansione online: Prof. Emilio Pisani

Hanno collaborato: Alessandra Pugliese, Maria Policastrese, Giuseppe Mendicino, Roberta Serra, Francesca Inglese, Marti-na Rielli, Giuseppe Battaglia, Celeste Migale, Marco Loria, Matteo Principe, Dario Pesce

Inizio: se cercassimo questo termine su un Garzanti leggeremmo “Prima fase di qualcosa che abbia uno svolgimento”; se consultassimo un libro di filosofia troveremmo invece il concetto di arché, il “principio di tutte le co-se”; se poi aprissimo un’enciclopedia scientifica molte teorie ci portereb-bero al Big Bang.

Un inizio presuppone sempre una fine così come una fine è sempre l’inizio di un nuovo inizio: che sia la nascita della scienza, della democrazia, di una nazione o semplicemente di un anno scolastico, la rivoluzione che compor-ta è sempre un passo verso qualcosa di magnifico.

Ogni grande cambiamento nasce da piccole rivoluzioni interiori. Sono quel-le infinitesimali attrazioni fisiche a generare le stelle più luminose.

Che ogni giorno possa dunque essere un eterno inizio.

La redazione de il Pitagora augura a tutti gli alunni, docenti e personale un buon anno scolastico.

Che l’inizio abbia inizio.

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χρόνικον

Elezioni 2014 Istruzioni per l’uso

Mercoledì 29 Ottobre 2014 gli studenti del liceo classico Pitagora sono invitati a recarsi alle urne per il rinnovo dei rappresentanti di istituto e di consulta. I votanti saranno chiamati a scegliere quattro rappresentanti per il consiglio d’istituto ed un rappresentante di consulta, che si affiancherà a Marco Loria, già in carica biennale. Di seguito si riportano le liste dei candidati:

Candidati al consiglio di istituto:

Aquila Valerio

Asteriti Gaetano

La Vecchia Gianpiero

Pirozzi Daniele

Pugliese Giuseppe

Scola Stefano

Candidati alla Consulta:

Brutto Alessandro

Camposano Eugenio

Marangolo Emanuele

Sposato Enrico

Sarà possibile esprimere MASSIMO due preferenze nella lista dei candidati al consiglio di istituto ed una preferenza nella lista della consulta. Le urne saranno ubicate all’interno della palestra. Nel-lo stesso giorno si terranno all’interno delle aule le elezioni dei rappresentanti del consiglio di clas-se. Di seguito, si riporta l’ordine di turnazione:

Elezioni rappresentanti Istituto/

Consulta

Elezioni rappresentanti

di classe

8.00 Terzo Anno Primo, Secondo, Quarto e Quinto Anno

9.00 Quarto Anno Terzo Anno

10.00 Primo anno

11.00

12.00

Secondo anno

Quinto anno

Gli studenti delle classi collocate al plesso voteranno dalle 8.00 alle 9.00 per i rappresentanti del consiglio di classe. Alle 10.30, accompagnati dal docente dell’ora, raggiungeranno il giardino del liceo, dove, dalle 11 in poi si terrà un momento musicale a cui parteciperanno tutti gli studenti dell’istituto. Dal giardino stesso le classi del secondo anno si recheranno a turno in palestra per votare per il consiglio di istituto e per la consulta, coordinate dai docenti dell’ora e dagli studenti del servizio d’ordine. L’uscita, per tutte le classi, è prevista alle ore 12.00, fatta eccezione per le quinte classi che voteranno fino all’una.

Nelle successive pagine seguono le interviste ai candidati, curate da Olga Simbari, Francesca Ingle-se e Martina Rielli.

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Il Pitagora Intervista a:

Valerio Aquila

Quale motivo ti ha spinto a candidarti?

E’ dai tempi del ginnasio che cerco di dare una mano a questo scuola e a tutti gli studenti, facendo dell’entusiasmo l’arma migliore per combattere i problemi. Ho capito che candi-dandomi e magari riuscendo a diventare rap-presentante potrei dare e fare molto di più e non limitarmi ad un aiuto sporadico quando è necessario.

Cosa credi di poter fare per questa scuola?

Non posso promettere nulla se non il mio tempo, sarò sempre disponibile perché que-sta scuola è la mia seconda casa. Di sicuro il mio impegno sarà anche quello di incentivare la collaborazione tra tutti gli studenti e miglio-rarla, e di promuovere il dialogo con i docenti.

Hai delle iniziative precise?

Le iniziative da proporre sono tante, forse è precoce parlarne. Qui al classico si sta bene ma di certo m’impegnerò per migliorare que-sta scuola e per mantenere l’armonia che già la caratterizza.

In questi anni la scuola sta vivendo un perio-do difficile, cosa credi debba fare un rappre-sentante d’istituto ma soprattutto uno stu-dente?

Credo sia molto importante soprattutto in questi ultimi anni incentivare l’orientamento e non divulgare un’ immagine sbagliata del liceo ed avere un maggiore senso di apparte-nenza. Una persona non deve essere giudica-ta da ciò che promette, ma da ciò che fa. Non mi ritengo un tipo di troppe parole, quindi cercherò di compensare con le mie azioni a prescindere dal risultato delle elezioni. Credo che proprio dalla cooperazione di tutti gli stu-denti, a prescindere dall’età e dal ruolo rive-stito all’interno della scuola, possa svilupparsi quell’ideale di istituto a cui tutti aspiriamo.

Candidato alla rappresentanza d’istituto.

Hai qualcosa da dire agli studenti del Pitagora?

La mia candidatura gira intorno ad un unico punto, come ho già detto, ovvero garantire la disponibilità del mio tempo. Quindi scegliete persone valide che possano rappresentarvi e soprattutto persone che riescano ad impegnarsi attivamente. Come diceva Seneca “si vis amari ama”, appunto spero che amando la mia scuola io possa essere ricambiato.

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Gaetano Asteriti Intervista a:

Candidato alla rappresentanza d’istituto.

Quale motivo ti ha spinto a candidarti?

Non nego che dal primo giorno qui il mio sogno è stato quello di rappresentare questa scuola. I motivi che mi hanno spinto a candidarmi sono tanti; il più im-portante, secondo me, è quello di poter avere la possibilità di rappresentare tutti gli alunni nel consiglio d’istituto, cosa che mi rende orgoglioso e che in un certo sen-so mi fa sentire importante.

Cosa credi di poter fare per questa scuo-la?

L’anno scorso il mio discorso è iniziato di-cendo che non volevo fare delle promes-se, e ancora adesso dopo un anno di espe-rienza non mi sento in grado di assicurare ciò che non so se sarei in grado di realizza-re. Posso dare la certezza di interessarmi il più possibile a questa scuola, l’impegno che ci ho messo l’anno scorso sarà rad-doppiato.

Hai delle iniziative precise?

Le iniziative arriveranno, ma è ancora pre-sto per parlarne. Una cosa è sicura, cer-cherò di creare le condizioni adatte per-ché ogni studente abbia la possibilità di esprimere la propria creatività. È stato uno dei principali obiettivi che ci siamo posti lo scorso anno, infatti molti corsi dell’autogestione sono stati tenuti dagli alunni del Pitagora.

La scuola negli ultimi anni sta vivendo un periodo molto difficile, cosa pensi debba fare oggi un rappresentante d’istituto , ma soprattutto uno studente?

Un rappresentante d’istituto deve tra-smettere agli alunni un forte senso di ap-partenenza verso la scuola, ma ha comun-que bisogno dell’aiuto di tutti. Serve quin-di rendere partecipi gli studenti alla vita scolastica.

C’è qualcosa che vorresti dire agli studenti del Pitagora?

Prima di tutto volevo ringraziare i rappresentanti che mi hanno accompagnato lo scorso anno, che mi hanno responsabilizzato; volevo ringraziarli per avermi sostenuto e per avermi guidato. Un grazie va a tutti gli studenti del liceo, che rendono speciale questa scuola.

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Il Pitagora Intervista a:

Gianpiero Lavecchia Candidato alla rappresentanza d’istituto.

Quale motivo ti ha spinto a candidarti?

Già da prima che venissi in questa scuola me ne sentivo un po’ parte integrate vi-sto che mia sorella ne fece parte prima di me, ed è proprio questo legame che mi ha portato a candidarmi, voglio che que-sta scuola sia rappresentata da gente dedita alla collaborazione e capace di impegnarsi nei propri compiti, ed appun-to in virtù di ciò ho deciso di mettermi in gioco.

Cosa credi di poter fare per questa scuo-la?

Nessuna promessa ovviamente, mi augu-ro visto anche il lavoro dei rappresentati dell’anno scorso che sono riusciti ad aiu-tarci e a soddisfare le esigenze e i diritti di noi studenti, di avere loro al mio fian-co per riuscire al meglio.

Hai delle iniziative precise?

Ora come ora preferisco non dire nulla se non che c’è la piena volontà, mia co-me di tutti gli altri candidati, di promuo-vere più iniziative possibili all’interno e fuori dalla scuola. C’è tanto lavoro da fare.

In questi anni la scuola sta vivendo un periodo difficile, cosa credi debba fare un rappresentante d’istituto ma so-prattutto uno studente?

Penso che ogni studente sia sullo stesso piano di un rappresentate e deve quindi avere un buon rapporto e un aperto dia-logo con tutti coloro che comprendono questa scuola: docenti, preside ed alunni stessi,; poiché è la collaborazione e lo spirito d’iniziativa a rendere attivo e par-tecipe un istituto.

Hai qualcosa da dire agli studenti del Pitagora?

Spero nella buona fede degli studenti e in una valu-tazione critica per la scelta di questa nuova rappre-sentanza. Mi auguro di raggiungere questo obiettivo con la consapevolezza di poter dare il meglio di me al Pitagora.

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χρόνικον Intervista a:

Daniele Pirozzi Candidato alla rappresentanza d’istituto.

Perché hai deciso di candidarti?

Ho deciso di presentare la mia candidatu-ra all’istituto perché vorrei partecipare in prima persona alla vita scolastica per po-ter dare una mano a questa scuola e cer-care di risolvere i problemi, qualora si presentassero.

Cosa credi di poter fare per questa scuo-la?

Il mio intento è quello di ascoltare le pro-poste degli alunni e portarle a chi di com-petenza per valorizzarle, ma soprattutto creare un bel rapporto con tutti gli stu-denti. Mi sembra esagerato dire che mi piacerebbe migliorare la scuola, perché credo che il nostro sia già un ottimo istitu-to.

Hai delle iniziative precise?

Non proprio, ma durante l’anno si pre-senteranno tante occasioni che mi per-metteranno di dimostrare le mie capacità. L’unica cosa che posso assicurare è che in questo lavoro metterò tutto il mio impe-gno e l’amore che ho verso questa scuola.

In questi anni la scuola sta vivendo un periodo difficile, cosa credi debba fare un rappresentante d’istituto ma so-prattutto uno studente?

Io credo che la nostra scuola sia sempre stata considerata una tra le più buone e mi dispiace che in questo periodo il classi-co stia declassando, infatti vorrei lavorare per cercare di aumentare il numero delle iscrizioni perché solo vivendo il liceo in prima persona si riesce davvero a capire quanto sia importante per la formazione culturale di un ragazzo.

Hai qualcosa da dire agli studenti del Pitagora?

Vorrei dire che se riuscissi a vincere le elezioni mi impegnerei al meglio e con tutto me stesso per far si che il nome del Pitagora resti sempre alto.

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Il Pitagora Intervista a:

Giuseppe Pugliese

Quale motivo ti ha spinto a candidarti?

Ho deciso di candidarmi perché ormai è un po’ di tempo che frequento questa scuola e ci tengo particolarmente. Penso di essere abbastanza maturo e di avere l’esperienza necessaria per interpretare al meglio la rappresentanza all’istituto.

Cosa credi di poter fare per questa scuola?

Prima di ogni cosa vorrei, qualora fossi eletto, essere un punto di riferimento per ogni studente. Dunque ascoltare le richie-ste di chi, come me, è parte integrante di questo liceo. Un aspetto su cui voglio con-centrarmi è soprattutto quello artistico poi-ché sono convinto che l’arte, in tutte le sue forme, debba essere una parte importante in una scuola e tra i giovani. In primis come espressione di se stessi e secondariamente come manifesto delle nostre idee più pro-fonde.

Hai delle iniziative precise?

Le idee e le iniziative da proporre sono si-curamente tante e con la mia elezione spe-ro di poterle portare avanti e magari a termine.

In questi anni la scuola sta vivendo un pe-riodo difficile, cosa credi debba fare un rappresentante d’istituto ma soprattutto uno studente?

Per ovviare a questo periodo di crisi nella scuola bisogna cercare l’appoggio di tutti gli studenti nel sentirsi parte di un qualcosa che ci appartiene. Cooperare insieme ai rappresentanti è una componente essen-ziale. Per una scuola migliore non basta essenzialmente la presenza di quattro rap-presentanti, bensì in un congegno che comprenda tutti gli studenti.

Candidato alla rappresentanza d’istituto.

Hai qualcosa da dire agli studenti del Pitagora?

Cerco il vostro appoggio perché sono convinto di quello che posso fare per la nostra scuola e avendo molto a cuore la stessa e gli studenti che ne fanno parte, penso di poter essere per voi un buon rappresentante.

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Intervista a:

Stefano Scola Candidato alla rappresentanza d’istituto.

Quale motivo ti ha spinto a candidarti?

Mi sono candidato l’anno scorso quando fre-quentavo il quarto anno e il motivo che mi ha spinto a fare ciò è stato ed è il senso di apparte-nenza nei confronti di questa scuola, che si è manifestato fin dal ginnasio. Negli anni passati ho visto negli ex rappresentanti di istituto delle figure valide. L’anno scorso ho pensato che era arrivato il mio turno e che si era liberato un po-sto che avrei potuto occupare io.

Cosa credi di poter fare per questa scuola?

Credo che ciò che potrei fare per questa scuola si sia visto l’anno scorso, con quello che abbia-mo fatto. Naturalmente non dipende solo da me, ma da tutta la squadra dei quattro rappre-sentanti d’istituto e della consulta che purtrop-po viene sottovalutata quando invece è molto importante in situazioni come manifestazioni o attività extrascolastiche.

Hai delle iniziative precise?

Noi abbiamo sempre avuto molte iniziative, l’an-no scorso ad esempio abbiamo organizzato alcu-ne feste che hanno avuto un riscontro notevole Devo dire che quest’anno, con la nuova presi-denza e la nuova gestione, le iniziative stanno arrivando anche dai piani più alti. Le iniziative riguarderanno lo spazio ricreativo, quello delle feste, il campo culturale e molto altro.

La scuola negli ultimi anni sta vivendo un perio-do molto difficile. Cosa pensi debba fare oggi un rappresentate, ma soprattutto uno studen-te?

In un momento come questo, un rappresentan-te d’istituto, invece di caricarsi di lavoro insieme agli altri rappresentanti, dovrebbe aprire gli oc-chi agli studenti . Un diritto che ha uno studente è quello di conoscere a fondo la scuola che fre-quenta e quindi occuparsene per la sua tutela.

C’è qualcosa che vorresti dire agli studenti del Pitagora?

Mi piace parlare agli studenti perché è come se parlassi a me stesso, d’altronde sono anch’io uno studente. Ciò che devo dire lo dirò giorno per gior-no, sia se sarò rieletto o meno perché è importante dare un contributo alla scuola indipendentemente dalla posizione che occupa.

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Il Pitagora Intervista a:

Alessandro Brutto Candidato alla Consulta.

Perché hai deciso di candidarti alla con-sulta?

Ho deciso di candidarmi alla consulta per-ché è il mio ultimo anno e ci tengo a dare un contributo importante alla mia scuola.

Quali sono i compiti di un rappresentan-te di consulta?

Il rappresentante di consulta deve parlare con gli enti locali e gestire i rapporti al di fuori della scuola con gli altri istituti del territorio per organizzare attività e mani-festazioni.

Quali iniziative vorresti creare in collabo-razione con gli altri istituti del territorio?

Una bella iniziativa sarebbe quella di inse-rire un canale radio all’interno della scuo-la. Mi piacerebbe inoltre organizzare una festa di fine anno che coinvolga tutti gli studenti del circondario oppure organiz-zare un torneo di calcio tra alunni di scuo-le diverse.

Cosa vorresti dire agli studenti del Pita-gora?

Vorrei dire di non votare per amicizia, di scegliere in libertà a chi dare il loro voto anche perché tutti i candidati sono perso-ne molto valide. Sono convinto che si possano fare molte proposte di vario ti-po, ma tutto parte dalla collaborazione tra gli studenti.

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χρόνικον Intervista a:

Eugenio Camposano Candidato alla Consulta.

Perché hai deciso di candidarti alla con-sulta?

Tutti sanno che la consulta è un organo molto importante, ho deciso di candidar-mi per rappresentare al meglio la scuola a livello provinciale, in quanto penso che sia molto importante dare alla città una buona immagine dell’istituto.

Quali sono i compiti di un rappresentate di consulta?

Il compito principale di un rappresentan-te di consulta è quello di portare avanti le idee degli studenti e di promuovere il dia-logo tra i diversi istituti della provincia.

Quali iniziative vorresti creare in collabo-razione con gli altri istituti del territorio?

Spero di riuscire ad organizzarmi sia con i rappresentanti del mio stesso istituto, sia con quelli di tutta la provincia, cercando in questo modo di lavorare nel miglior modo possibile, perché da soli si può fare ben poco. È ancora presto per pensare ad iniziative precise, ma spero di dimostrar-mi degno di questo compito.

Cosa vorresti dire agli alunni del Pitago-ra?

Vorrei dire che in questo momento la co-sa più importante è essere uniti, perché solo così riusciremo a dare al nostro liceo e a tutti gli studenti ciò che meritano: il meglio.

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Il Pitagora

Intervista a:

Emanuele Marangolo Candidato alla Consulta.

Perché hai deciso di candidarti alla con-sulta?

Principalmente per assicurare una giusta comunicazione tra le scuole, che può es-sere data solo da persone che hanno già una determinata esperienza nel sindacato studentesco e che sanno come funziona-no determinate faccende.

Quali sono i compiti di un rappresentate di consulta?

Innanzitutto bisogna tenere in contatto la propria scuola con le altre di tutta la pro-vincia, quindi non solo di Crotone città ma di tutto il territorio. Un altro compito fon-damentale è quello di vigilare sulla giusta attuazione dello statuto studentesco.

Quali iniziative vorresti creare in collabo-razione con gli altri istituti del territorio?

Vorrei cercare di creare progetti che impe-gnino tutti gli istituti, come ad esempio viaggi all’estero, potrebbe essere un’espe-rienza significativa viaggiare con ragazzi di diverse scuole, ma anche di diversa estra-zione sociale.

Cosa vorresti dire agli alunni del Pitago-ra?

Di votare con decisione, ma soprattutto di essere coscienti della propria scelta. Non bisogna votare tenendo conto delle appa-renze o delle amicizie.

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χρόνικον Intervista a:

Enrico Sposato Candidato alla Consulta.

Perché hai deciso di candidarti alla consul-ta?

Perché sono sempre stato interessato al collegamento fra scuola e politica, ho sem-pre dato una mano nell’organizzazione del-le attività extrascolastiche, come le feste di fine anno.

Quali sono i compiti di un rappresentante di consulta?

Un rappresentante di consulta deve mante-nere in contatto la scuola con la politica e aiutare gli altri studenti ad emergere all’in-terno dell’ambiente scolastico, senza di-menticare che non vi sono solo diritti ma anche doveri da rispettare.

Quali iniziative vorresti creare in collabo-razione con gli altri istituti del territorio?

Per sei mesi ho frequentato il liceo a Gros-seto, e lì avevo già preso contatti con dei rappresentanti di consulta. Avevamo l’in-tenzione di fare, durante le assemblee, dei collegamenti via Skype per poter comunica-re e vedere le differenze tra le loro e le no-stre attività artistiche. L’arte è un mezzo di comunicazione molto potente.

Cosa vorresti dire agli studenti del Pitago-ra?

Vorrei dire a tutti gli studenti di amare que-sta scuola, perché nel momento in cui sono andato via ho capito quanto questo istituto sia prestigioso.

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Il Pitagora

dimora del possibile Scuola,

Lo scorso 8 ottobre il liceo classico Pitagora ha ospitato il neo Direttore Generale dell’Ufficio Sco-lastico Regionale per la Calabria - il Dott. Diego Bouchè. Hanno inoltre partecipato a tale incon-tro, organizzato per inaugurare l’a.s. 2014 – 2015, il Dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale - Dott.ssa Angelo Mazzeo, il Dirigente Scolastico del Liceo Classico Pitagora - Dott.ssa Ornella Cam-pana, il Coordinatore dell’Ufficio Scolastico Regio-nale - Giuseppe Mirarchi e i Dirigenti Scolastici della Provincia di Crotone. Il convegno, svoltosi nell’Aula Magna del Liceo, ha preso inizio con le parole della Dott.ssa Mazzeo e del Dott. Mirarchi, che non hanno nascosto i numerosi problemi e le difficoltà presenti all’interno della scuola calabre-se; hanno allo stesso tempo manifestato la gran-de volontà a superarli. Si sono detti obbligati, loro come tutti i Dirigenti Scolastici, a dover dare fidu-cia e speranza a tutti i ragazzi di questo territorio. Ha poi preso la parola il Dott. Bouchè che ha esor-dito dicendo di aver ritenuto doveroso girare la

Calabria per conoscere tutti i Dirigenti Scolastici. Il Direttore Regionale ha quindi invitato tutti gli altri Dirigenti Scolastici ad amare la scuola, ma in par-ticolar modo a creare i presupposti per farla ama-re agli studenti. Il compito del Dirigente Scolastico è in particolar modo quello di ascoltare i ragazzi, di assorbire i problemi come fosse un spugna, e dare il massimo per cercare di risolverli. Bouchè ha definito la scuola “il periodo più importante e pericoloso della nostra vita.”. Si trascorrono 13 anni di vita in una scuola (almeno parlando di scuola dell’obbligo) ed è quindi compito degli stessi Dirigenti cercare di fare trascorrere questi anni nel miglior modo possibile ai ragazzi. Ha inol-tre invitato al dialogo, all’organizzazione di attivi-tà extra-scolastiche e, citando Berlinguer (“Nella scuola è possibile fare tutto ciò che non è vieta-to”), ha spronato a lasciare la scuola aperta quasi tutto il giorno affinché essa non risulti un sempli-ce hotel per gli studenti, ma una vera e propria casa. Bouchè ha infine fatto un accenno sulla cri-

Diego Bouchè incontra i D.S. Crotonesi

Di Carlo Facente (Foto di Rossella Cimino )

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χρόνικον minalità organizzata, definendo proprio la scuola l’arma più efficace e potente contro quest’ultima, per poi concludere sulla disparità tra Nord e Sud, affermando o meglio ricordando, che medesime opportunità scolastiche significa medesime op-portunità lavorative. Sono poi intervenuti i Sinda-cati, tra cui alcuni esponenti dello Snals, che si so-no detti entusiasti della nomina del neo Direttore e che hanno richiesto supporto per sopperire alle numerose difficoltà del territorio calabrese.

Il convegno si è concluso dando la parola al Rap-presentate della consulta Scolastica Provinciale, Marco Loria, studente del Liceo Classico Pitagora frequentante la classe VD. Loria ha invitato tutti i Dirigenti presenti ad andare incontro ai ragazzi e supportarli, scegliendo la via di una scuola “colorata” e inclusiva, che faccia pieno uso delle tecnologie di cui la società del ventunesimo seco-lo dispone.

Più scuole, meno F35 di Marco Loria

Una bella lezione al nostro governo l’ha data Ma-lala Yousafzai, studentessa diciasettenne pakista-na scampata a un attentato dei Talebani e attivista del movimento femminista del suo Paese, Premio Nobel per la Pace 2014 insieme all'indiano Kailash Satyarthi "per il loro comune impegno" a favore dei diritti dei bambini e "contro l'estremismo". E pensare che tra i candidati c’era anche Putin(!). Ma andiamo avanti con la lezione: non troppi mesi fa, a luglio, la ragazza da poco scampata al vile attentato fu ricevuta all’ONU ed ebbe il permesso di declamare un suo discorso all’Assemblea Generale dei Paesi membri, nel suo discorso affer-mò: "Abbiamo capito l'importanza delle penne e dei libri quando abbiamo visto le armi" A soli sedi-ci anni si beccò l’attenzione e gli applausi di tutti i più importanti Leader mondiali. Malala Yousafzay, è la persona più giovane ad essere fregiata del No-bel nella storia di tutte le tipologie del premio ed è la quarantaseiesima donna a ritirare il Nobel tra il 1901 e il 2014. Mentre c’è chi difende il potere dell’istruzione pubblica e gratuita nel mondo e attacca le distruzioni dell’oscura potenza delle armi in Italia si discute ancora se acquistare o me-no dei cacciabombardieri da impegnare in “missioni di pace” tra l’altro pubblicamente dichia-rati inadatti per costruzione ad intervenire con alcune condizioni atmosferiche. Inoltre, in tempi di tanto temuta crisi economica il nostro Paese

spenderebbe tra i 12 e i 18 miliardi di euro per ac-quistare 90 cacciabombardieri F35 e allo stesso tempo i tagli dei finanziamenti all’istruzione sono pari al 7% del Pil raggiungendo i massimi storici con il governo Berlusconi nel 2012. Non investia-mo nella scuola per far fronte alle inevitabili spese militari che la NATO ci impone, eppure l’Italia, così è scritto nella Costituzione, ripudia la guerra co-me atto di offesa. E la scuola? Beh in Italia da sva-riati anni, lo riferisce l’ultimo rapporto Ocse sull’i-struzione, le nostre classi dirigenti condannano senza appello la nostra scuola. I ragazzi senza tito-lo di studio sono orma il 20 per cento della popo-lazione, la dispersione scolastica aumenta a dismi-sura e le scuole crollano a pezzi.. Se solo si potesse invertire la rotta, se solo si potessero investire quei maledetti 18 miliardi di spese militari nell’i-struzione, nella cultura, nella sanità: l’Italia po-trebbe essere sicuramente un Paese più umano e più bello. Sperando che il nostro Governo capisca la lezione di Malala noi continuiamo a costruire la buona scuola tra i banchi e i libri, e insisteremo sull’importanza del messaggio formativo della scuola che sembra ormai sbiadito e nascosto dalle ansie di una società capitalista fondata sul plusva-lore monetario che si preoccupa di salvare le ban-che e di mantenere gli impegni presi con la finanza pubblica piuttosto che far fronte ai gap culturali che ci separano dal resto d’Europa.

la Locomotiva

(Foto di Rossella Cimino )

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Il Pitagora

La buona scuola? Anche i giovani crotonesi manifestano per una scuola migliore

di Alessandra Pugliese e Matteo Principe

Venerdì 10 Ottobre la popolazione crotonese è stata svegliata a suon di cori e battiti di mani. Numerosi gli studenti che, ancora una volta, han-no sfilato per le vie della città per chiedere una legge quadro sul diritto allo studio, per dire basta alla dequalificazione e all’assoggettamento ai mercati della scuola e dell’università pubblica, per chiedere un futuro libero da ricatti, per co-struire una scuola e un’università diversa, pubbli-ca e di qualità, ma soprattutto accessibile a tutti. La mobilitazione, che ha il sostegno della Cgil e dell’Unione Degli Universitari, è stata promossa dall’Unione Degli Studenti. “Anche quest’anno- si legge nel comunicato dell’Unione Degli Studenti-, in occasione della prima giornata di mobilitazio-ne nazionale studentesca convocata dall’Unione degli studenti, le studentesse e gli studenti di tutta Italia si sono mobilitati organizzando oltre 80 cortei in tutta Italia. Ancora una volta siamo in piazza per gridare alla politica con forza che non c’è più tempo per tergiversare, vogliamo dettare le nostre priorità e vogliamo farlo adesso!”. Al corteo, partito dal liceo scientifico Filolao, hanno preso parte le rappresentanze di quasi tutti gli istituti superiori. I cori e i molteplici slogan hanno incrementato lo spirito di unione e di fratellanza che già aleggiava nell’aria. “La scuola siamo noi”, questo lo slogan della Federazione Degli Studen-ti. A seguire “Arrivare in America costa meno” e “Cogito, ergo sum”. Giunti in Piazza della Resi-stenza, il corteo ha dato inizio ad un sit-in con lo

scopo di creare quanta più informazione sulle differenti condizioni delle scuole crotonesi. Molti sono stati i giovani che hanno deciso di dar voce ai propri desideri, alla propria speranze per una scuola che in futuro possa diventare più libera e accogliente. Ma anche per una scuola più sicura. Difatti numerose sono state le segnalazioni di condizioni precarie riguardanti istituti e strutture scolastiche che vessano in condizioni sempre peggiori, situazioni che passano talvolta inosser-vate nel silenzio più assoluto. L’argomento “scuola” ha dato la possibilità di affrontare ulte-riori temi legati. In piazza non solo giovani ma anche concittadini che chiedono maggiore meri-tocrazia e libertà scolastica indipendentemente dal sesso, dall’orientamento sessuale e dal paese di provenienza, perché nell’ambiente scolastico si è prima di tutto alunni, ed ognuno deve gode-re del diritto di apprendere e costruirsi un futuro in un ambiente che agevoli la futura classe diri-gente. Tra i manifestanti anche un professore che ha deciso di dar voce al proprio pensiero in-vitando i giovani a mobilitarsi per supportare e migliore la scuola, considerandola come una se-conda casa. Il messaggio è semplice: i giovani devono supportare e riabilitare la scuola con l’ar-ma più potente a propria disposizione, l’informa-zione. Dopotutto la scuola non è solo il luogo do-ve si apprendono discipline e nozioni, ma anche esperienze di vita che permettono a ciascun ra-gazzo di diventare artefice del proprio futuro.

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χρόνικον Una ventata di internazionalità al Pitagora

Intervista alla Dott.ssa Annalisa Colosimo Progetto Eu Back to School: il ritorno nella propria scuola

per 250 funzionari delle istituzioni europee

di Maria Policastrese

Di Europa si deve parlare. Questo lo slogan dell’Unione Europea, della quale quest’oggi, nel laboratorio informatico del Liceo Classico Pitagora di Crotone, ha parlato Annalisa Colosimo, coordinatrice Grundtvig presso la commissione europea. Il programma settoriale Grundtvig risponde alle esigenze didattiche e di apprendimento delle persone coinvolte in ogni forma di istruzione degli adulti. Colosimo ha tenuto una lezione interattiva sulla nascita e lo sviluppo dell’Europa nel corso degli anni. Gli alunni delle classi quar-te e quinte hanno avuto modo di confrontarsi con la realtà europea e di testare le proprie conoscenze attraverso un quiz attitudinale. Al termine dell’incontro, Il Pitagora ha avuto la possibilità di intervistare la dottoressa Colosimo.

Qual era al Liceo la sua disciplina preferita? L’italiano. Purtroppo vivendo da tanto tempo all’estero ho il terrore di perdere la ricchezza della mia lingua. Comunque ho sempre amato molto la letteratura italia-na, soprattutto quella del Novecento.

Quale docente è rimasto impresso nella sua memoria? C’è qualche aneddoto che ricorda particolar-mente? Un docente che ricordo con piacere è il professore Zimatore. Fu il mio insegnante di italiano al liceo. L’ultimo anno ho cambiato docente e avevo delle lacune. Insieme ad alcuni compagni di classe ab-biamo dunque deciso di prendere lezioni private dal professore Zimatore. È sicuramente il docente che mi è più impresso.

Cosa ha fatto maturare in lei la scelta della facoltà di Scienze Politiche? Aveva già preso questa decisio-ne durante gli anni liceali? Ho preso scienze politiche perché mi sarebbe piaciuto intraprendere la carrie-ra diplomatica. Ho poi optato per il giornalismo, frequentando qualche corso all’università. In seguito ho studiato diritto comunitario, ma il trampolino di lancio della mia carriera diplomatica è stato il viaggio Erasmus.

Pensa che un giovane calabrese debba rimanere nella propria regione o decidere di andare via per tro-vare la propria strada? Quando decisi di partire ero dispiaciuta di lasciare la mia regione, quindi mi sono detta che se avessi lavorato lì, avrei fatto qualcosa per aiutarla. Alla fine non ci sono riuscita concreta-mente perché non mi sono occupata di politiche regionali, però quando la Commissione Europea ha pro-posto quest’iniziativa ne ho approfittato subito e sono stata scelta fra vari funzionari italiani. Ho pensato che sarebbe stata una buona occasione per mostrare ai ragazzi una realtà completamente differente da quella in cui vivono. Secondo me la scelta di rimanere o andare via dipende dalle ambizioni che un giova-ne ha. Se un ragazzo è ambizioso deve cercare di seguire le proprie aspirazioni e non farsi tarpare le ali da nessuno. La cosa più importante è non lasciarsi sopraffare dall’indolenza e cercare di essere proattivi.

Tra i paesi europei quale ritiene sia quello più adatto per un giovane che volesse trasferirsi per studia-re e lavorare? Secondo me, indipendente dal paese, la cosa più importante è conoscere bene l’inglese. Se non si sa bene l’inglese sarebbe utile recarsi in Inghilterra o in Irlanda, proprio per imparare la lingua. Le prospettive di lavoro possono provenire da altri paesi, fondamentale è la conoscenza dell’inglese.

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Il Pitagora

di Martina Rielli

Christiane Felsherinow, nacque ad Amburgo nel 1962. Accanita eroinomane divenne famosa gra-zie alla pubblicazione del suo noto romanzo “Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino”. Successivamente il romanzo divenne una produzione cinematografi-ca a cura di Uli Edel. Christiane racconta la sua vita spezzata dalla droga, la facilità con cui si può cadere nella trappola degli allucinogeni quando si è adolescenti e le conseguenze che tutto ciò com-porta. Una vita difficile in un contesto non del tutto favorevole, una Berlino affamata di giovani e un ambiente familiare disconnesso data la sepa-razione dei genitori e il trasferimento della sorella minore, hanno influito sulla razionalità della gio-vane Christiane. “Quello che diceva era quasi pronto per essere stampato. Le parole le uscivano come l’acqua da una spugna”, disse Horst Rieck il redattore della rivista Stern. Chris, ogni sabato sera, frequentava la discoteca Sound, punto di ritrovo di giovani drogati che si divertivano a far baldoria ballando sulle note di David Bowie fino allo sfinimento, ed è proprio qui che entrò nel

tunnel della droga e conobbe il suo primo amore, Deflet, un giovane ragazzo alla ricerca di nuove sensazioni. Chris non si tirò indietro alle prime offerte di pasticche allucinogene, forse voleva sentirsi grande, sentirsi accettata da Deflet o re-primere i dispiaceri che la famiglia le procurava. Da quel momento le dosi e l’assunzione di diversi tipi di droghe aumentavano giorno per giorno, arrivando alla totale dipendenza, alla mercifica-zione del suo corpo proprio per comprare un co-siddetto “trip” o la dose quotidiana. Arrivata al limite dell’esagerazione, solo quando la morte riusciva a consolarla, aiutata dalla madre, venne portata in un centro di disintossicazione e riabili-tazione, dove venne curata. “Ce l’ho fatta. A mo-do mio. Nemmeno io ci avrei creduto”; queste parole dette da Christiane F. Sono presenti sulla copertina del suo secondo libro “La mia seconda vita”, dove lei racconta passo dopo passo la sua fase di guarigione. Un altro esempio mediatico pervenutoci come “immorale” stando ai pareri della critica, è il celebre film “Trainspotting”, di-

Consumati dalla vita

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vita

vita

giorni aumenterà di gran lunga senza rimanere un piacere ma diven-tando solo dolore fisico. Anche Mark come Christiane sarà fortunato e uscirà da questo vicolo cieco. Si rese conto che quel modo di vive-re gli stava recando solo danni, non faceva per lui, voleva diventare

un ragazzo “normale” finalmente, e non assistere più alla morte di persone a lui care. Il film, appunto, si conclude con la ripresa del di-scorso iniziale di Mark, totalmente diverso e opposto “Perché l’ho fatto? La verità è che sono cattivo. Ma questo cambierà. Io cambierò. È l’ultima volta che faccio cose come queste. Metto la testa a posto. Vado avanti, rigo dritto. Scelgo la vita!”. Ritenere film del genere “immorali”, non è del tutto corretto, in quanto sono la manifestazio-ne di una parte di realtà a volte sottovalutata, le quali scene forti so-no giustificate e del tutto studiate non per impressionare, ma per do-cumentare episodi di routine, all’ordine del giorno.

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retto da Danny Boyle, nel 1996. Mark Renton, il protagonista, proprio nella scena iniziale dice “Io ho scelto di non scegliere la vita, ho scelto qualcos’altro...Le ragioni? Non ci sono ragioni. Chi ha bisogno di ragioni quando ha l’eroina?” Già da queste parole iniziali si può comprendere il messaggio che il regista vuole mandare al pubblico. Un mes-saggio che rispecchia la mentali-tà della maggior parte delle per-sone che fanno uso di droghe, che si pongono delle domande ma non arrivano mai a conclu sioni concrete. Allo stesso tem-po, queste, sono consapevoli di essere entrate in un tunnel facil-mente percorribile, ma senza fine, dove la quantità di eroina, cocaina ecc, on il passare dei

vita vita

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Il Pitagora

di Dario Pesce

“Devi usare la fantasia per mostrare aspetti di-versi della realtà”

James Marshall Hendrix nacque il 27 novembre del 1942, primogenito di Al Hendrix, squattrinato giardiniere.

Fin da bambino, tramite la collezione di dischi del padre, fu influenzato dal Blues e dal ReB.

A dieci anni gli fu regalata una chitarra acustica, due anni dopo una elettrica: una Supro Ozark al Mayes color champagne (colore che oltre al nero fu quello più usato dall’artista) acquistata a solo quindici dollari. A questa chitarra il nostro Jimi invertì le corde, visto che era mancino.

A soli diciassette anni mollò la scuola e si dedicò completamente alla sua musica. Iniziò la sua car-riera da turnista, guadagnandosi una notevole reputazione da chitarrista; oltre che per il suo ta-lento spiccava per i suoi exploit visivi, che lo por-tarono a far da spalla a grandi musicisti come

Tina Turner, Little Richard e B. B. King.

Nel 1956, ispirandosi prevalentemente a Dylan, Clapton e Touwnshed, formò la sua prima band: Jimmy James and the Blue Flames.

Chase Chandler una sera lo sentì suonare al caffè WAH a New York e gli offrì la possibilità di recarsi con lui a Londra, dove unì Mitch Mitchell alla batteria, Noel Ridding al basso (chitarrista che si spostò al basso solo per guadagnare) ed Hendrix alla chitarra e voce. I tre formarono i Jimi Hendrix Experienced e nel ‘66 entrarono in scena con “Hey Joe”, canzone cowntry scritta da Tim Roose e ripresa dai tre in chiave blues.

Seguirono poi altri tre grandi successi: “Purple haze”, canzone ispirata da un grande raggio della morte viola, “The wind Cries Mary”, canzone mol-to personale che come ha supposto il fratello Leon Hendrix fu dedicata alla madre, col cambia-mento del nome da Lucille a Mary per motivi di maggiore musicalità; “Foxy Lady”, ispirata a tutte

Un solo nome: Hendrix

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ἔργα Μουσέων

le donne di strada che si presero cura di lui quan-do non aveva nulla.

Nel 1967 uscì il primo album “Are you experien-ced”, cui seguirono “Axis”, “ Bold as love” e lo scandaloso “Elettric Ladyland”, che subì la censu-ra per l’audacia copertina che ritraeva donne nu-de. Fu invitato a esibirsi al Monterey Pop Festival, dove regalò una delle più belle esibizioni di sem-pre, terminata con l’incendio della sua chitarra. Tale esibizione consacrò Hendrix come stella del rock. In seguito, nel 1969, a Woodstock interpre-tò una personale versione dell’inno americano.

Morì a Londra il 18 settembre del 1970 a soli 27 anni; il referto medico lo dichiarava morto per un misto di vino e barbiturici, ma ancora oggi sulla

sua morte aleggia un alone di mistero.

Il nostro Jimi in vita suonò prevalentemente Fen-der Stratocaster destrose ribaltate e alcune Gib-son tra cui una Flying V.

Per quanto riguarda invece l’amplificazione, pre-feriva casse testate Marshall, che portava oltre i limiti del funzionamento.

Hendrix da molti critici è stato considerato un precursore, infatti ha suscitato una forte influen-za su molti chitarristi ed ispirato molti musicisti.

I suoi album sono ancora oggi in vetta alle classifi-che, la sua immagine è immortale ed il suo nome è leggenda…

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Il Pitagora Gas lacrimogeni e scintille poetiche

Federico García Lorca: il poeta che scuoteva i grattacieli di New York

“La poesia è qualcosa che va per le strade, che si muove, che passa al no-stro fianco. Tutte le cose hanno il loro mistero, e la poesia è il mistero che contiene tutte le cose”

5 Giugno 1898: nasce a Fuente Vaqueros, in provin-cia di Granada, il poeta Fe-derico García Lorca. “Fu una creatura straordinaria. Crea-tura questa volta significa più che uomo. Federico in-fatti ci metteva in contatto con la creazione, con questo tutto primordiale dove risie-dono le forze fertili. Quell’uomo era prima di tutto sorgente, freschissimo zampillo di sorgente, traspa-renza originaria alle radici dell’universo”, queste le pa-role di Jorge Guillén, intimo amico del poeta. Spirito libe-ro e tormentato, artista che, per sua stessa ammissione, cambiava opinione molto spesso, soleva ripetere che “la luce del poeta è la con-traddizione”. Tra crisi, dubbi e repentini mutamenti di tendenza, emerge l’inclina-zione a rivedere ossessiva-mente i propri scritti, senza sentirsene mai davvero pa-go. Simbolo di questa fugaci-tà è lo specchio, elemento illusorio, che riflette la vita

evanescente: “Dietro ogni specchio/ c’è una stella mor-ta/ e un arcobaleno bambino/ addormentato./ Dietro ogni specchio/ c’è un’eterna cal-ma/ e un nido di silenzi che non hanno volato”. Dichiara-tamente omosessuale e defi-nito “gitano”, García Lorca viene emarginato dal tessuto sociale di una Spagna con il culto dell’uomo virile. Si apre così per il poeta l’esperienza newyorkese, di cui egli ci dice: “In questo momento sono lontano dal poeta che guarda l’orologio, lontano dal poeta che lotta con la statua, che lotta con il sogno, che lotta con l’anatomia: ho fuggito tutti gli amici e me ne vado con quel ragazzo che mangia la frutta acerba e sta a guar-dare come le formiche divori-no l’uccello schiacciato dall’automobile”. New York diventa la nuova Andalusia di cemento del poeta, teatro di soprusi e discriminazioni. Da qui la sua denuncia e la difesa dei perseguitati, “del gitano, del nero, dell’ebreo, del moro che tutti ci portiamo dentro”.

(Federico Garcia Lorca e Salvador Dalì)

di Gabriella Corigliano

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σπουδαῖοι

Nella metropoli, Federico García Lorca si fa por-tavoce dei più deboli, leader di una protesta combattuta con spari e gas lacrimogeni fatti di scintille poetiche. Agli attacchi della società bi-gotta, lui risponde con i suoi versi: “Bisogna por-tare colori brillanti/ per dipingere strani pensie-ri./ Bisogna portare unguenti/ per curare le feri-te/ che ci infliggono". Attraverso il linguaggio del-la poesia l’impegno sociale e la volontà di lottare per il diritto all’espressione; New York è per Lor-ca una “tragedia di contrasti”, dove si ode il dol-ce suono di un organo proveniente da un con-vento e stanno in fila delle prostitute. Costante della poetica lorchiana, il connubio tramore e morte. Il binomio affonda le sue radici nel disagio avvertito dal poeta a causa della propria omoses-sualità; la procreazione è concepita da García Lorca come una metamorfosi, morire per vivere in un altro: “Non è la morte, è la bottega della frutta./ C’è un mondo di fiumi rotti/ e distanze inaccessibili/ nella zampetta di questo gatto/ rotta dall’automobile,/ e io sento il canto del lombrico/ nel cuore di molte bambine”. La man-cata paternità infonde nell’animo del poeta un sentimento di angoscia misto al rimorso perciò egli afferma: “I miei figli che non sono nati/m’inseguono”. Il tema della frustrazione per un amore impossibile è riscontrabile anche nella poesia che vede uno scarafaggio innamorato di una farfalla, opera a cui uno spettatore rispose con il grido “schifoso”, episodio che lascerà una ferita profonda nella psiche già turbata dell’auto-re. Il senso di sradicamento nei confronti della vita è un elemento che emerge dai versi naturali-stici di Lorca: “Se i gigli nascessero/ al rovescio,/ se le rose nascessero/ al rovescio,/ se tutte le radici/ guardassero alle stelle,/ e il morto non

chiudesse/ gli occhi,/ saremmo come cigni”. È il 1930 quando il poeta torna in una Spagna dal clima politico tesissimo. Un anno dopo viene proclamata la Repubblica e l’attività artistica del poeta inizia a essere osteggiata dall’estrema de-stra. Cinque anni dopo, in seguito alle elezioni vinte dalla sinistra e all’assassinio di Calvo Sote-ro, capo della destra, scoppia a Granada la guer-ra civile. Iniziano le fucilazioni in massa per tutti gli elementi noti della sinistra, ad opera del co-mandante Valdés. 19 Agosto 1936: Federico Gar-cía Lorca, dopo essere stato detenuto per tre giorni, viene fucilato all’alba. La morte del poeta è oggetto di malignità e infamie: il critico Shoen-berg espone una tesi del tutto infondata e priva di prove, secondo la quale García Lorca sarebbe stato fucilato perché invischiato in una questione di pederastia. Il suo nome venne macchiato ma la sua arte rimase limpida e pura, immortale attraverso il tempo, fatta di piccoli microcosmi che si intrecciano fino a creare macrocosmi au-tunnali carichi di funesti presagi per un destino incerto. In questo ottobre di quasi ottanta anni dopo, noi lo ricordiamo con i seguenti versi cri-stallini: “Nell’umida tristezza/ il vento disse:/ so-no tutto di stelle liquefatte,/ sangue dell’infini-to./ Col mio attrito metto a nudo i colori/ dei fon-dali addormentati./ Me ne vado ferito/ da mistici sguardi,/ e porto i sospiri/ in bolle invisibili di sangue/ verso il trionfo sereno/ dell’amore im-mortale pieno di Notte./ I bambini mi conosco-no/ e mi riempio di tristezza./ Per le fiabe di regi-ne e di castelli/ sono coppa di luce. Sono turibo-lo/ di splendidi canti/ che scesero avvolti in az-zurre/ trasparenze di ritmo./ Porto la caravella dei sogni/ verso l’ignoto./ E ho l’amarezza solita-ria/ di non sapere la mia fine e il mio destino.”

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Il Pitagora La storia della pittrice messicana simbolo del ‘900

Viaggio introspettivo nella pittura di Frida Kahlo

Arte come espiazione del dolore

di Maria Policastrese

L'angoscia e il dolore. Il piacere e la morte non sono nient'altro che un processo per esistere. Nella vita di Frida Kahlo il dolore è stata una pre-senza costante. Alla nascita Frida è affetta da spina bifida, una malformazione della schiena. È l’ultima di quattro figli, e fin dall’infanzia dimostra una propensione per l’arte. Le sue prime opere sono autoritratti, come quello del suo amore giovanile, Alejandro. Frida lo conosce quando en-tra a far parte del Cachuchas, un movimento na-zional-socialista. Fin dagli anni giovanili la pittrice ha un’anima passionale, forte e indipendente che esprime, attraverso la sua arte, così cruda e spietatamente sincera. È il 17 settembre 1925. Frida è una giovane donna di diciotto anni. È su un autobus insieme ad Alejandro, sta tornando a casa. Improvvisamente, l’autobus si scontra con

un tram e finisce schiacciato contro un muro. Colonna vertebrale spezzata in tre punti, undici fratture alla gamba sinistra, slogatura del piede destro, lussazione alla spalla sinistra e frantuma-zione delle costole: sono queste le conseguenze di quel drammatico incidente, che cambia la vita del-la pittrice messicana per sempre. Trentadue, il numero degli interventi chirurgici a cui Frida dovrà sottoporsi nel corso della sua vita. Nonostante la perdita della propria integrità fisica, la pittrice cer-ca costantemente di opporsi al destino avverso che ha davanti a sé e lotta incessantemente per realizzare le proprie aspirazioni. Il corpo è solo un involucro, nel caso di Frida un involucro lacerato, distrutto, dilaniato, contro cui cerca di combattere con tutte le sue forze una battaglia in cui non vi sono vincitori né vinti, ma soltanto l’imperante

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σπουδαῖοι desiderio di continuare a vivere. Lo studio di Frida è un letto a baldacchino, che i genitori le regalano per aiutarla a coltivare le sue aspirazioni artistiche; sul soffitto vi è uno specchio, così che possa veder-si. Inizia a realizzare una serie di autoritratti, per-ché il soggetto che può riprodurre più facilmente è se stessa. Durante la sua degenza a seguito dell’in-cidente, la giovane pittrice inizia a leggere libri sul comunismo. Diego Rivera è un pittore messicano, noto per il suo impegno politico e sociale. Sosteni-tore del comunismo, ha la fama di conquistatore seriale. Frida si reca da lui per avere un’opinione sulle sue opere. Rivera è colpito dai quadri di que-sta giovane ragazza, dal suo stile moderno, dietro al quale si cela un’incontenibile sete di cambia-mento. Decide così di introdurla nell’ambiente po-litico e culturale messicano. Nel 1929 Frida e Diego si sposano. Il loro matrimonio è contrassegnato dall’infedeltà, e in questo periodo entrambi hanno rapporti extraconiugali. La giovane ventiduenne inizia ad avere i primi rapporti omosessuali. L’ani-ma di Frida, prigioniera di un corpo oramai svigori-to e annientato dal dolore, continua a vivere leg-giadra, ad affrontare esperienze sempre nuove, a sperimentare, creare, immaginare. La storia tra Frida e Diego è caratterizzata da continui alti e bas-si. Nel corso del loro matrimonio, la pittrice rimane incinta, ma a causa dei suoi problemi fisici perde il bambino. Ho provato ad affogare i miei dolori, ma hanno imparato a nuotare. Nonostante la determi-nazione d’acciaio, la fragilità prende il sopravvento su di lei, costringendola a fare un bilancio delle esperienze vissute. Anche per Frida, donna passio-nale e determinata, diventa difficile convivere con un corpo che non permette di comunicare le pro-prie emozioni pienamente, che diminuisce la capa-cità motoria. Nonostante il divorzio nel 1939, la pittrice continua ad amare molto Rivera. Testimo-ne del suo sentimento è il suo diario, dove scrive-va: «Diego. Inizio/ Diego. Costruttore/Diego. Mio fidanzato/Diego. Mio ragazzo/Diego. Pittore/Diego. Mio amante/Diego. Mio marito /Diego. Mio amico/Diego. Mia madre/Diego. Io/Diego. Universo/Diversità nell’u-nità. Perché lo chiamo il Mio Diego? Non è mai sta-to e non sarà mai mio. Diego appartiene a se stes-so». Il rapporto ossessivo con il suo corpo di

viene dunque il soggetto principale delle sue prime opere, caratterizzate da una forte carica emotiva; ella si serve di linee e colori per rappresentare la sua angoscia, il dolore che le attanaglia l’anima. È un’arte che nasce dalla sofferenza, quella di Frida.

È l’urlo silenzioso di un’anima lieve che cerca di-speratamente di evadere da una realtà costituita dalle quattro mura della sua camera da letto. Agli inizi degli anni Quaranta del Novecento, il pittore surrealista André Breton rimane molto colpito dal-le opere di Frida, tanto da definirla una “surrealista”. La pittrice inizia a frequentare l’am-biente artistico parigino. L’opera in cui sono mag-giormente presenti elementi che richiamano il sur-realismo è Ciò che l’acqua mi ha dato, un flusso di coscienza impregnato di ricordi, dolore e sofferen-ze sopite. Nel 1943 si sottopone ad un intervento chirurgico, in seguito al quale gli viene amputata la gamba destra. L’ennesima sofferenza. L’ennesima caduta. Ma Frida continua a dipingere. Tra le ulti-me opere si annovera Natura morta. Viva la vida. Frida Kahlo muore il 13 luglio 1953. La pittura di Frida Kahlo è intensa, struggente, è il racconto visi-vo di una vita dolorosa, difficile, spesso insosteni-bile, ma pur sempre una vita. Nella sua arte non affiora solo il suo dolore personale, ma anche ele-menti che richiamano la storia dell’America latina, il surrealismo e il realismo magico, che troverà am-pio sfogo soprattutto nella letteratura con Gabriel García Márquez. Frida incarna molto da vicino la tipica figura femminile dei romanzi di Márquez: bellezza atipica, donna decisa, intraprendente, for-te, tenace ma sensibile, e nonostante tutto, ancora capace di amare con ogni fibra del proprio essere. “Non ci sono canoni o bellezze regolari, armonie esteriori, ma tuoni e temporali devastanti che por-tano ad illuminare un fiore, nascosto, di struggente bellezza”.

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Il Pitagora

di Giuseppe Mendicino

Prodotti dal Caos Οδυσσέυς. Ουδεις. Odisseo, Nessuno.

Quanto un nome può essere così vicino al nulla? Non è forse un nome che deve significare: io esisto, sono qui. Io vivo? È da quando si nasce che si ha un nome. Ma io sono nessuno. Sarà forse perché sono nato in una notte d’estate, una notte fredda come l’inverno. È stata una notte senza tempo. Le doglie durarono due giorni, volevo nascere a tutti i costi ma la madre anziana non voleva farmi già veder la terra. Tutto il dolore che un uomo prova nella sua vita, io e mia madre lo provam-mo insieme, e lei morì. Il nome di un uomo è quello che c’è di più vicino alla morte, che ci ricorda di esser mor-tali, definiti e finiti in due lettere a inizio e fine parola. “Ti chiameremo Odisseo” disse mio padre “Per ricor-darci quanto nulla saremo”. Iniziava da qui il mio inno all’uomo mortale. Nessuno, perché non siamo nulla su questa terra. Tutto ciò che abbiamo dobbiamo cederlo e poi ringraziare gli dei. Prima del viaggio mi dicevo: non esiste un Olimpo creato dagli uomini. Non esiste l’assuefazione del loto ma solo quella degli incensi. Gli dei proteggeranno i nostri corpi e le nostre case. Fino alla nostra morte. Dovetti ricredermi, perché ho sco-perto il contrario: siamo noi a dover scendere nell’Ade

per sapere non il futuro ma il nostro passato. Sarà quello a illustrarci il domani. Siamo noi stessi la fucina di Efesto, ci procuriamo da soli le armi per vivere, per sopravvive-re. Chi non è in grado di farlo è destinato a morire. Euri-loco, Parimede, Elpenore, Edipo, Icaro sono quei pochi nomi che mi porto sulla coscienza. C’è chi ha sfidato gli dei, chi non ha saputo guardare al suo passato e chi non ha saputo guardarsi da entrambi. Non si può scegliere il proprio destino, ma si possono fare delle scelte lungo la strada. Sono diventato un uomo immortale. All’inizio volevo riportare tutti, poi dopo anni di dolore militare, ho capito che dovevano morire tutti perché rinnegarono di esser uomini. Non c’è cosa più bella invece. Si è dei nel momento in cui ci si rende conto della fortuna che si ha in queste condizioni: Prometeo rubò il fuoco per dar-lo a noi, ci diede l’astuzia, il furto e la scienza. Quindi se ora li abbiamo noi, non vuol dire allora che non li hanno gli dei? L’unica cosa che possono fare è ostacolarci: la vita diventa un’isola e sei costretto a rimirare il mare. Rimaniamo per tutta la vita confinati su un’isola, a guar-dare il mare a seguire le onde e ha riprovare il dolore passato. È il dolore l’emozione che meglio riviviamo. Ma ogni tanto si vede un pesce uscire fuori dal mare, un’eco lontana che sussurra “παντα ρει … ως ανηρ”. Funziona così per ognuno di noi: in lontane notti d’estate e d’in-verno, dalle acque primordiali del Caos e del dolore, da tutto questo mare, escono fuori. Uomini.

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ποιητική

Non so cosa sarò ma non una scimmia

di Maria Giovanna Campagna

Non sapevo se fosse buio o se ci fosse luce, non sapevo se facesse freddo oppure caldo, non sapevo se stessi vivendo o semplicemente esistendo. Non avevo occhi, né bocca, né mani: sì, forse esistevo sol-tanto. Non sapevo quale fosse il mio nome. Pensandoci non sapevo se ne avessi uno. Ciò che era forse più grave era che sapevo di essere qualcosa, ma non cosa. «Cosa sono?» gridai senza credere che qualcuno potesse sentirmi. «Sei una docile bestiolina» disse una voce lontana e sussultai. Probabil-mente, se avessi avuto un corpo sarei saltato per aria con lui dallo spavento e invece mi limitai a chie-dere: «Chi va là?». «Mi chiamo Charles, molto piacere» rispose la voce. «E come fai a sentirmi? Non hai di meglio da fare che ascoltare i discorsi altrui? E poi, cos’è “una docile bestiolina”?» chiesi. «Sono un uomo solitario con, come unico amico, il mio pensiero. Lui ha bisogno di ascoltare il mondo per po-tersi sviluppare e così lo assecondo. Tu fai parte del cosmo, posso quindi ascoltare ciò che dici! Hai quattro zampe, una coda e il corpo ricoperto da peli: una docile bestiolina!». «Io non ho quattro zam-pe, non ne ho neppure una! Non ho coda, né peli! Non sono così brutto!» dissi con voce tremolante, quella di chi teme che ciò che si è appena appreso possa essere la verità. «Forse non lo sei ma senz’al-tro lo eri. Tutti siamo delle scimmie, evolute nel corso dei secoli grazie (o forse a causa) della variabilità dei caratteri. Infatti, ognuno di noi, possiede una piccola parte di novità che, tramandata alla propria prole in unione con la piccola novità dell’altro, porta a un’evoluzione. Così, mamma scimmia si prende cura del bebè scimmia, mentre papà scimpanzé procura il cibo: non ti ricorda forse le famiglie di oggi? Tutto è dono di mamma e papà scimmia!» mi spiegò e io rimasi sconcertato perché non sapevo cosa fosse una mamma, né un papà, né tantomeno una famiglia, ma non lo dissi alla voce che continuò nel suo racconto: «Devi sapere, docile bestiola, che mamma e papà hanno due occhi per guardare, una bocca per parlare, due orecchie per ascoltare, un naso per sentire il profumo dei fiori di campo, delle braccia per reggere il corpo del nascituro, delle mani per accarezzarlo e delle gambe per portarlo al parco. Tu tra qualche mese sarai proprio come loro: uomo come il papà o donna come la mamma. Be-stiolina, dovrai da subito saper adattarti perché il mondo non ha tempo da perdere! Sopravvivono in-fatti, solo quelli più adatti, gli altri si estinguono: è la legge del più forte! Inoltre scoprirai ben presto che la donna ha un qualcosa in meno rispetto all’uomo: lei ha il terreno fertile ma non il seme! Non dovrai perdere tempo, da subito dovrai procedere nell’offrire la tua novità alla tua bestiola: solo così potrai sopravvivere e far andare avanti la scala dell’evoluzione!». Non sapevo realmente cosa volesse dire quella strana voce che diceva di chiamarsi Charles, credevo però in una cosa e la gridai con profon-da convinzione: «Non avrò peli, né zampe, né coda. Non so cosa sarò, ma non una scimmia!».

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Indice Elezioni 2014/Istruzioni————–—————————->Pag.3

Intervista a Valerio Aquila——————–——————->Pag.4

Intervista a Gaetano Asteriti————–———————->Pag.5

Intervista a Gianpiero Lavecchia——————————->Pag.6

Intervista a Daniele Pirozzi—————–-—–—————->Pag.7

Intervista a Giuseppe Pugliese———————————>Pag.8

Intervista a Stefano Scola—————————————->Pag.9

Intervista ad Alessandro Brutto————–—————->Pag.10

Intervista a Eugenio Camposano———-——————->Pag.11

Intervista a Emanuele Marangolo———–—————->Pag.12

Intervista Enrico Sposato———————–—————->Pag.13

Scuola, dimora del possibile————–———————>Pag.14

Più scuole, meno F35——————————————->Pag.15

La buona scuola————–————————————>Pag.16

Di Europa si deve parlare——————–——————>Pag.17

Consumati dalla vita————————–——————>Pag.18

Federico Garcia Lorca————————–—————->Pag.20

Frida Khalo—————————–-——–——————>Pag.22

Prodotti dal Caos——————————–—————->Pag.24

Non so cosa sarò, ma non una scimmia———--->Pag.25

Il Pitagora Elezioni

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di Roberta Serra