Cinerama 1.5

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CINERAMA 1.5 DA 20.000 DAYS ON EARTH A STORIE PAZZESCHE. PASSANDO PER MOMMY LE RECENSIONI PUBBLICATE SULLA RIVISTA FILMTV DI TUTTI I FILM USCITI A DICEMBRE 2014. OUI, JE SUIS XAVIER DOLAN

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OUI, JE SUIS XAVIER DOLAN Da 20.000 Days on earth a Storie pazzesche passando per Mommy. Le recensioni pubblicate sulla rivista FilmTv di tutti i film usciti in sala a dicembre 2014.

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CINERAMA1.5

DA 20.000 DAys on eArth A storie pAzzesche. pAssAnDo per MoMMy Le recensioni pUBBLicAte sULLA riVistA FiLMtV

Di tUtti i FiLM Usciti A DiceMBre 2014.

OUI, JE SUIS XAVIER DOLAN

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Il Cinerama (dal greco κινεσις = movimento e οραω = vedere), è un sistema di ripresa e proiezio-ne atto ad offrire un’immagine di grandi dimensioni (sino a 28 m x 10 m) su uno schermo cur-vo di 146 gradi di ampiezza e 55 gradi di altezza. Tale imma-gine è perciò molto simile alla percezione dell’occhio umano (visione periferica).

Cinerama è anChe il raCCoglitore digitale delle reCensioni PUBBli-Cate sUl settimanale Filmtv. BUona lettUra!

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20.000 days on earth di Iain Forsyth, Jane Pollard ambo di Pierluigi Di Lallo Un amico molto speciale di Alexandre Coffre

L’Amore bugiArdo - gone girL di David Fincher big hero 6 di Don Hall, Chris Williams il cacciatore di anatre di Egidio Veronesi Un gatto a parigi di Jean-Loup Felicioli, Alain Gagnol lo hobbit: la battaglia delle cinqUe armate di Peter Jackson l’immagine mancante di Rithy Panh Jimmy’s HALL - unA storiA d’Amore e Libertà di Ken Loach lavoratrici di Alessia Di Giovanni ma tU di che segno 6? di Neri Parenti magic in the moonlight di Woody Allen matisse di Phil Grabsky la metamorfosi del male di William Brent mommy di Xavier Dolan narUto la via dei ninja di Hayato Date Un natale stUpefacente di Volfango De Biasi neve di Stefano Incerti paddington di Paul King

the perfect hUsband di Lucas Pavetto

CINERAMA1.5INDICE ALFABETICO DELLE RECENSIONI DEI FILM USCITI A DICEMBRE 2014

CLICCA SUL TITOLO PER APRIRE LA RECENSIONE

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pride di Matthew Warchus il ragazzo invisibile di Gabriele Salvatores il ricco, il povero e il maggiordomo di Aldo Baglio, Giovanni Storti, Giacomo Poretti

roma termini di Bartolomeo Pampaloni the rover di David Michôd scemo & + scemo 2 di Bobby Farrelly, Peter Farrelly st. vincent di Theodore Melfi la storia di cino di Carlo Alberto Pinelli storie pazzesche di Damián Szifrón

CINERAMA1.5INDICE ALFABETICO DELLE RECENSIONI DEI FILM USCITI A DICEMBRE 2014

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Da 20.000 giorni sulla Terra, Nick Cave potrebbe essere un altro alieno stile Zig-gy Stardust, se non ci avesse già pensato David Bowie. Parliamo di uno dei più eclettici musicisti della storia del rock, capace di “giocare” con il pop (il film giu-stamente rende memoria e onore alla collaborazione con Kylie Minogue - alla quale, qui, Nick fa da squisito autista - per Where the Wild Roses Grow), spaziare attraverso le 50 sfumature del post punk (la sua più autentica ispirazione, va det-to) fino all’intimismo “elettrocantautoriale” che lo portò a inizio millennio a essere premiato dal Club Tenco, in un palmarès di “stranieri” che gli affianca Léo Ferré e Leonard Cohen. Questo 20.000 Days on Earth è un progetto curioso e ambizioso. L’artista si affida alla macchina da presa di due videoartisti britannici, Ian Forsyth e Jane Pollard, che ricreano una sua giornata ideale, 24 ore di musica e parole (il difetto sta proprio nelle parole, troppe) utilizzando strategemmi drammaturgici

20.000 DAYS ON EARTHREGIA DI IAIN FORSYTH, JANE POLLARD

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di Mauro Gervasini

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interessanti (come le confessioni dallo psicanalista) e coinvolgendo la “sua” gen-te, a partire dai Bad Seeds (band di fiducia), ma pure l’amico Ray Winstone, grande attore. Nick Cave è anche sceneggiatore (sempre al fianco di John Hillcoat) e attore, ma questa è un’altra storia. La parte migliore del film è l’ultima: un quarto d’ora di concerto a Brighton, lui in grandissima forma, le canzoni formidabili. È tutto qui.

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20.000 DAYS ON EARTHREGIA DI IAIN FORSYTH, JANE POLLARD

REGNO UNITO · 2014 · DOCUMENTARIO · DURATA: 95’CON NICK CAVE

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 2 dicembre

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Lui fa il veterinario, senza troppa convinzione né successo. Lei gestisce un’azien-da vinicola, o almeno è quel che si evince guardandola sorseggiare un calice di bianco con il panorama delle colline abruzzesi sullo sfondo. Hanno già un figlio - petulante e lamentoso come troppi bimbi cinematografici - ma ne vogliono un altro perché «la sera, quando torni a casa stanco e lo stringi tra le braccia ti si bloccano le emozioni», e dunque ogni occasione e ogni location (soprattutto se a favore di film commission) sono buone per prendersi cinque minuti di pausa e tentare di concepire. Pure troppo, e infatti Giulio/Adriano Giannini accusa una cer-ta stanchezza pelvica, fa alcuni esami, scopre di essere sterile e dà il via alla solita tragedia dell’incomprensione. Che si risolverebbe attorno alla mezz’ora di film, se solo lui rivolgesse nuovamente la parola alla sua Veronica/Serena Autieri e se insieme riscoprissero il valore della matematica, invece no: l’aspirazione (fallita)

AMBOREGIA DI PIERLUIGI DI LALLO

di Alice Cucchetti

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a commedia degli equivoci ci riserva una fiacchissima galoppata tra litigi, malin-tesi, scambi di persona, dialoghi improbabili, Enrico Papi che fa il prete, Maurizio Mattioli che dà saggi (?) consigli in romanesco, Noemi che gorgheggia a caso in colonna sonora. La regia è da spot turistico, il ritmo soporifero, la recitazione svo-gliatissima, e tutto concorre, sequenza dopo sequenza, a rimarcare la sconsolata evidenza che qui, da ridere, c’è ben poco.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 4 dicembre

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AMBOREGIA DI PIERLUIGI DI LALLO

ITALIA · 2014 · COMMEDIA · DURATA: 86’CON SERENA AUTIERI, ADRIANO GIANNINI, MAURIZIO MATTIOLI, SARA PUTIGNANO

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Una brutta nottata attende il personaggio senza nome interpretato da Tahar Ra-him: in libertà vigilata e costretto da una gang di criminali a svaligiare apparta-menti travestito da Babbo Natale, piomba sul balcone di Antoine, un petulante bimbo di sei anni malato d’asma e orfano di padre, che, essendo la Vigilia, ine-vitabilmente lo scambia per il vero Santa Claus e gli si attacca con persistenza ammirevole, attirandogli per sovrapprezzo una discreta quantità di sfighe. Né la barba finta, né le (blande) parolacce, né la gita in un campo di baracche abitato da figuri equivoci sembrano poter spezzare l’illusione del bambino, determinato a guadagnarsi l’agognato giro sulla magica slitta, anche a costo di diventare il pic-colo aiutante di Babbo Natale in versione topo d’appartamento. Se qualcosa nel plot vi suona familiare, forse siete affezionati a Babbo bastardo, ma scordatevi an-che un millesimo di quella sana cattiveria. Un amico molto speciale, confezionato

UN AMICO MOLTO SPECIALEREGIA DI ALEXANDRE COFFRE

di Alice Cucchetti

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dai produttori di Quasi amici e dal regista di Tutta colpa del vulcano, scorre lieve e innocuo nei binari prevedibilissimi della commedia natalizia per tutta la famiglia, innaffiato di buoni sentimenti come da contratto, confermando la competenza d’oltralpe nell’inseguire un cinema medio abbastanza efficace e senza pretese. Il bonus è Parigi, con le sue vedute infallibili dall’alto di tetti innevati e la Tour Eiffel illuminata come il più splendente degli abeti: non a tutti può bastare.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 4 dicembre

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UN AMICO MOLTO SPECIALEREGIA DI ALEXANDRE COFFRE

FRANCIA · 2014 · COMMEDIA · DURATA: 80’CON TAHAR RAHIM, VICTOR CABAL, ANNELISE HESME, PHILIPPE REBBOT

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Un uomo e una donna. Due estrazioni diverse, due personalità contrapposte: si incontrano, si amano (forse per sfida, forse no), si trasferiscono, si ingannano e finiscono per detestarsi. Fino alle estreme conseguenze. Dalla prima all’ultima inquadratura, speculari e circolari, L’amore bugiardo - Gone Girl conferma (ulte-riormente) David Fincher come uno degli autori più preziosi del cinema america-no. La densità e la stratificazione del romanzo originale di Gillian Flynn, il ritratto di due personalità antitetiche, ma accomunate dalla menzogna, incrociano la chi-rurgica visione di Fincher, soprattutto del dopo Zodiac, con una serie di riferimenti tematici e visivi che abitano l’opera come ammaestrati e riservati fantasmi. Ne esce un film perfetto, financo troppo consapevole, puzzle straripante di doppi e immagini riflesse, singoli e collettività, uomini e donne stritolati in un ingranaggio socioeconomico, personaggi che sposano lo sguardo dello spettatore e vicever-

L’AMORE BUGIARDO - GONE GIRLREGIA DI DAVID FINCHER

di Adriano Aiello

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sa. E dove al discorso sull’identità e sull’apparenza si somma quello sui nostri tempi e sulle nostre istituzioni più fallaci - il matrimonio, la definizione di sé attra-verso i luoghi che abitiamo, i lavori che facciamo, le scelte che operiamo - con un registro analitico e satirico. Perfetta macchina di genere, è un thriller plumbeo e coinvolgente e allo stesso tempo un’opera profonda che scuote e mette a disa-gio, o conferma le tesi misantrope di chi ama farsi cullare nel pensiero negativo.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 18 dicembre

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L’AMORE BUGIARDO - GONE GIRLREGIA DI DAVID FINCHER

USA · 2014 · THRILLER · DURATA: 150’CON BEN AFFLECK, ROSAMUND PIKE, NEIL PATRICK HARRIS, KIM DICKENS

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Il primo Classico Disney ispirato a personaggi Marvel non condivide l’universo narrativo degli Avengers ed è invece ambientato nella futuristica San Fransokyo, dove Hiro è un piccolo genio convinto che la scuola non abbia più nulla da inse-gnargli. Sarà suo fratello a riportarlo sulla retta via, ma quando questi muore tragicamente, a occuparsi di Hiro non rimangono che la zia e Baymax, un mor-bido robot programmato per assistere i malati. L’automa si preoccupa per l’e-laborazione del lutto del ragazzo e chiama a raccolta i suoi amici, che formano con lui un supergruppo, i Big Hero 6, per fermare il supercriminale responsa-bile della scomparsa del fratello. Dunque un racconto di formazione che passa dall’incontro con la morte, ma la chiave fantastica e avventurosa alleggerisce il tutto rendendolo adatto ai bambini, grazie al look ispirato alla robotica soft di Bay-max, che si definisce “coccoloso” e crede nella terapia degli abbracci. Difficile che

BIG HERO 6REGIA DI DON HALL, CHRIS WILLIAMS

di Andrea Fornasiero

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gli spettatori più piccoli escano dalla sala senza volerne abbracciare a loro volta un giocattolo, che comunque incarna valori del tutto positivi. I più grandi, oltre ad ammirare il dettaglio della computer graphic sviluppata dal nuovo software Hyperion, apprezzeranno il divertente cameo di Stan Lee così come il corto ini-ziale, Winston, dove una storia d’amore è raccontata attraverso la dieta del vorace cagnolino protagonista.

BIG HERO 6REGIA DI DON HALL, CHRIS WILLIAMS

USA · 2014 · ANIMAZIONE · DURATA: 108’

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 18 dicembre

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Mario, Loris, Gino e Oreste sono quattro amici nella placida provincia modenese: è il 1942 e della guerra, da quelle parti, arrivano solo gloriosi echi di propaganda, voci di vittorie e conquiste. Le cose sono destinate a cambiare rapidamente, con l’arrivo strisciante della fame a tavola e quello sinistro delle camicie nere all’o-steria: la motocicletta, l’amore nel fienile e la caccia alle anatre sono piaceri di gioventù cancellati dall’ombra del conflitto e dai lutti sovrapposti che falciano le famiglie del quartetto. Realizzata con un piccolissimo budget e saldamente anco-rata al territorio rurale che mette in scena, quello delle rive del Po fra mantovano e modenese, l’opera prima di Egidio Veronesi ha intenti nobili, una totale assenza di arroganza (e di retorica, nonostante il ponderoso capitolo di storia che sceglie di narrare) e un palpabile affetto per i luoghi, i dialetti, le piazze che inquadra. Incon-gruamente suggellato da una citazione di John Updike, ha però tutte le caratteri-

IL CACCIATORE DI ANATREREGIA DI EGIDIO VERONESI

di Ilaria Feole

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stiche di una produzione amatoriale, con un cast volenteroso ma ampiamente sotto il livello di guardia e una messa in scena il cui orizzonte oscilla tra lo spot pubblicitario e la fiction televisiva di impianto storico. I pochi mezzi giustificano solo in parte il risultato zoppicante, affidato a una sceneggiatura davvero troppo ingenua per rendere giustizia alle intenzioni: quelle di raccontare l’orrore del fa-scismo da un’angolazione inusuale.

IL CACCIATORE DI ANATREREGIA DI EGIDIO VERONESI

ITALIA · 2011 · DRAMMATICO · DURATA: 92’

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 4 dicembre

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Un ladro nobile, un commissario madre vedova in cerca di giustizia, una bimba che non proferisce parola da quando il padre è stato ucciso e un padrino omicida a capo di una mafia d’allocchi. Tra di loro, e non è un dettaglio, un gatto che li lega e li separa al momento opportuno. Lungo n. 3 prodotto dalla casa d’animazione francese Folimage (dopo La profezia delle ranocchie e Mià e il Migù e prima dell’i-nedito Tante Hilda!, tutti diretti da Jacques-Rémy Girerd), Un gatto a Parigi è un dolce noir per bambini, un film a disegni animati (in 2D, ve lo ricordate?) che gioca con i referenti cinematografici (i gag di Le iene, i dettagli da fiaba di La notte scorre sul fiume) evitando le automatiche ironie da cinefilia cinica con cui ci ammorbano i cartoon Usa: un’opera che tratteggia teneramente ritratti umani semplificati ma toccanti, che non si limita a considerare i personaggi come funzioni narrative, ma cerca di dar forma, in modo elementare, al loro inconscio. Gli autori, Jean-Loup

UN GATTO A PARIGIREGIA DI ALAIN GAGNOL, JEAN-LOUP FELICIOLI

di Giulio Sangiorgio

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Felicioli e Alain Gagnol, adeguano al grand public la ricerca formale sviluppata nei corti (online trovate il borgesiano Le coulouir e il nerissimo Mauvais temps). Ne esce un polar gentile e di formazione, che non cerca il realismo del tratto ma attinge all’arte che informa i moti della psiche, i marchi dell’occhio: il fauvismo di Matisse e l’espressionismo tedesco, i volti di Modì e le forme di Picasso, gli incubi di pietra del gotico. Un gioiello. Portateci i bambini. Provateci.

UN GATTO A PARIGIREGIA DI ALAIN GAGNOL, JEAN-LOUP FELICIOLIFRANCIA · 2010 · ANIMAZIONE · DURATA: 64’

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 18 dicembre

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Andata e ritorno, secondo un percorso circolare: come un anello. Se i precedenti capitoli di Lo Hobbit sembravano – forzatamente – ripercorrere i passi vincenti di Il signore degli anelli, La battaglia delle cinque armate fa da ponte con la prima trilogia, ma prendendo una via più indipendente. Anche perché il conflitto del titolo non è mai stato descritto nel dettaglio da Tolkien, dunque Jackson è libero di rove-sciare, sulla spianata che separa il monte Erebor dalla città di Dale, una poliedrica quantità di masse, mostri, creature, invenzioni visive, in un gioco serrato di mosse e contromosse, strategie di combattimento e assalti a sorpresa, duelli ed esplo-sioni. La pellicola più breve di Lo Hobbit è anche la meno discontinua: ha un incipit mozzafiato, che chiude la questione Smaug, dopodiché avanza con gravitas e grandeur verso uno scontro complesso ma ritmato, intrecciando dilemmi etici, echi shakespeariani (la pazzia di Thorin Scudodiquercia), melodrammi (quelli di

LO HOBBIT: LA BATTAGLIA DELLE CINQUE ARMATEREGIA DI PETER JACKSON

di Alice Cucchetti

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Tauriel e Legolas, di cui avremmo fatto a meno), atti d’eroismo semplice e cru-ciale (Bilbo si conferma il cuore del racconto, e Martin Freeman un grande inter-prete). Non per questo il film può dirsi riuscito: dieci anni fa l’estetica jacksoniana toglieva il respiro, oggi ha figliato proficuamente in forma sia cinematografica sia videoludica, e fatica seriamente a rivelarsi originale. Ma la nostalgia è l’essenza della Terra di Mezzo, e quella c’è tutta: andata e ritorno, possibilmente all’infinito.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 17 dicembre

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LO HOBBIT: LA BATTAGLIA DELLE CINQUE ARMATEREGIA DI PETER JACKSON

NUOVA ZELANDA / USA · 2014 · FANTASY · DURATA: 144’CON IAN MCKELLEN, MARTIN FREEMAN, RICHARD ARMITAGE, KEN SCOTT

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«Per anni ho cercato l’immagine mancante, una fotografia scattata tra il 1975 e il 1979 dai khmer rossi quando governavano la Cambogia. Di per sé un’immagine non può testimoniare un omicidio di massa, ma ci fa riflettere, ci spinge a ricor-dare la Storia. L’ho cercata invano. Oggi lo so: quest’immagine deve essere man-cante. Non sarebbe stata oscena e insignificante? Così l’ho creata. Ciò che oggi vi consegno non è né l’immagine, né la ricerca di un’unica immagine, ma il quadro di un’indagine, quella resa possibile dal cinema». Così, per ricostruire il genocidio di 2 milioni di cambogiani a opera del regime di Pol Pot, Rithy Panh, già autore di S 21 - La macchina di morte dei khmer rossi, il cui dispositivo è stato recuperato da The Act of Killing, ricostruisce il proprio ricordo del passato cancellato, con statu-ine d’argilla e paesaggi in cartapesta, con il racconto lirico fuori campo. In questo modo, tra la materia lavorata artigianalmente a misura di memoria personale,

L’IMMAGINE MANCANTEREGIA DI RITHY PANH

di Giulio Sangiorgio

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con la voce che racconta il mondo in prima persona, afferma quel che il genocidio ha eliminato uccidendo gli uomini, stampando solo e soltanto la sua Storia, can-cellando l’archivio delle immagini: il punto di vista del soggetto. «Un cinema politi-co - dice Panh - deve scoprire quel che ha inventato»: il suo film è un gesto intimo scioccante, una continua ricerca sull’etica dell’immagine, un altro Ici et ailleurs, un saggio d’ecologia morale sulle rappresentazioni che producono la Storia.

L’IMMAGINE MANCANTEREGIA DI RITHY PANH

CAMBOGIA / FRANCIA · 2013 · DOCUMENTARIO · DURATA: 90’

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 4 dicembre

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C’è uno sguardo globale, in questo ritorno irlandese di Loach. A partire dai filmati di repertorio sulla Grande depressione americana durante i titoli di testa, è costru-ito un tessuto sinergico atto a contrapporre le aperture ideologiche statunitensi al conservatorismo britannico. Il collante si chiama James Gralton, personaggio minore della Guerra di indipendenza irlandese del 1919-1921 (tenuta fuori campo), emigrato in Usa nel 1922 e tornato in patria dieci anni dopo carico di jazz e prin-cipi progressisti. A Effrinagh, contea di Leitrim, Jimmy riapre la Perse-Connolly Hall ripercorrendo le orme di una libertà a suo tempo violentata. In quel luogo si imparano il ballo, il pugilato, la poesia, mentre la nostalgia polverosa della messa in scena si traduce in immagini e situazioni corali riscaldate da luci gialle. La gio-ia della comunità, il tepore di un sentire comune. Ma negli stacchi in luce bianca qualcuno dissente e, di nuovo, ostracizza. «Prima è il ballo, poi sono i libri [...] O Dio,

Jimmy’s Hall - Una storia d’amore e libertàREGIA DI KEn LoAch

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di Claudio Bartolini

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o Gralton». La Chiesa si oppone, i cittadini reazionari ricorrono ancora una volta alla repressione. Loach sottrae alla Storia il diritto di replica e ne riduce così la com-plessità - privando la parte avversa di momenti ideologici significativi e attenen-dosi a uno spartito manicheo che non prevede restituzione di violenza e, dunque, esclude l’IRA dai giochi - ma il suo Jimmy’s Hall va a segno grazie a un sensibile realismo irish, che ha ancora il coraggio di chiedere risposte ai volti.

Jimmy’s Hall - Una storia d’amore e libertà REGIA DI KEn LoAch

REGno UnIto · 2014 · DRAMMAtIco · DURAtA:106’ con ARRy WARD, SIMonE KIRby, JIM noRton, bRIAn F. o’byRnE, AnDREW Scott, FRAncIS MAGEE

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 18 dicembre

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Venti donne pugliesi partecipano al laboratorio teatrale di Ippolito Chiarello a Lec-ce. Non si conoscono, sono tutte lavoratrici precarie e hanno una settimana di tempo per organizzare uno spettacolo. Nessuna di loro è digiuna di teatro, ma in questo caso partono quasi da zero. Alessia Di Giovanni, sceneggiatrice di fumetti e cinema, anche videomaker, riprende le prove e gli incontri e scopre un altro denominatore comune. Dal quale deriva la domanda retorica che accompagna il film: «Scegliendo un gruppo di donne a caso, quante di loro hanno subito mole-stie o violenze?». La risposta è: tutte. Nelle situazioni più diverse: da compagni e mariti, certo, ma soprattutto nel luogo di lavoro. Qualunque sia: dalla bracciante scambiata per una prostituta (e come tale trattata) all’impiegata dell’ufficio legale pesantemente importunata. Non ci sono barriere di censo, variabili economiche, livelli di educazione. La molestia è trasversale. Un film come Lavoratrici, franca-

LAVORATRICIREGIA DI ALESSIA DI GIOVANNI

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di Mauro Gervasini

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mente consigliabile agli uomini nonostante parli di donne, pone qualche doman-da formale. Si tratta di una mera testimonianza o c’è dietro un’idea di cinema? La seconda. Di Giovanni indaga la realtà, a volte l’aspetta con pazienza, se ne lascia sopraffare, poi, attraverso il montaggio, racconta. L’origine del progetto è sociale e si sente, ma Lavoratrici ha una forza, perfino una gioia, in certi momenti con-tagiose. Cercatelo.

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LAVORATRICIREGIA DI ALESSIA DI GIOVANNI

ITALIA · 2014 · DOCUMENTARIO · DURATA: 70’

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 13 dicembre

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Dopo i Colpi di fulmine e quelli di fortuna, è a colpi di zodiaco che si giocano gli episodi della premiata ditta Parenti & Vanzina: individuata la dipendenza dall’oro-scopo come male endemico del Belpaese, procedono (secondo le note di regia) «come novelli Dante tra tante storie di quotidianità italiana». Il legame con l’astro-logia è tanto flebile da essere, in tre capitoli su cinque, un pretesto rapidamente accantonato, per dare vita a microcommedie degli equivoci in cui gelosia, avidità, ipocondria e idiozia sono motori più universali delle stellari previsioni di Paolo Fox. Che la «quotidianità italiana» sia fatta di misoginia galoppante (l’episodio con Ricky Memphis, lungo spot di Euronics con finale apocalittico), razzismo becero (il mantra ebete «Gabon, Gabon, Gabon» di Massimo Boldi, il cui capitolo si chiude con un cardinale africano massacrato di botte: «T’hanno proprio fatto nero!») e abusi di potere (Salemme carabiniere trascina in caserma gli innocui fidanzatini

MA TU DI CHE SEGNO 6?REGIA DI NERI PARENTI

di Ilaria Feole

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della figlia) potrebbe anche essere vero, nonostante Parenti & Co. non vadano tanto per il sottile. Il problema, piuttosto, è nella povertà di idee con cui tutto ciò viene messo in scena: dall’amnesia dell’avvocato squalo Gigi Proietti alla farsa di Pio & Amedeo per conquistare la bellezza sudamericana, i siparietti si consuma-no in una sequela di situazioni talmente abusate e già viste, e proposte con tanta esibita sciatteria, da suscitare noia istantanea.

MA TU DI CHE SEGNO 6?REGIA DI NERI PARENTI

ITALIA · 2014 · COMMEDIA · DURATA: 99’CON MASSIMO BOLDI, RICKY MEMPHIS, GIGI PROIETTI, VINCENZO SALEMME

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 11 dicembre

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Magic in the Moonlight è un film sull’inganno: su quello pratico, ovvero le frodi ben allestite dai sedicenti medium che il protagonista smaschera con svogliato cinismo, e su quello leopardiano, l’illusione per eccellenza che è l’amore. Ingan-nevole fin dal titolo: la magia non c’è, al massimo va in scena il raffinato gioco di prestigio dell’illusionista Colin Firth; il chiaro di luna si scorge solo dalla cupola meccanica di un planetario sulla Costa Azzurra. Stanley, ennesimo performer dell’infinita galleria alleniana, ennesimo showman deformato dall’abitudine alla messa in scena, dovrebbe strappare il cielo di carta della vezzosa sensitiva So-phie, finisce invece invischiato nelle stelle filanti e si converte alla più oppiacea delle religioni, quella della felicità. Allestisce perfino una conferenza stampa per declamare, lui, ateo e misantropo impenitente, che l’amore, la gioia di vivere e, forse, perfino Dio esistono. L’inganno estremo, ovviamente, senza il quale però

MAGIC IN THE MOONLIGHTREGIA DI WOODY ALLEN

di Ilaria Feole

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non potremmo stare: Allen ripassa con l’inchiostro della commedia romantica la lezione già scritta 43 volte, quel tragico bisogno (di magia posticcia, di illusioni, di uova) che ci spinge al compromesso perché basta, sempre, che funzioni. Sta-volta, però, fallisce perfino dove di solito vince: nella direzione degli attori (Firth non piega la sua britannica flemma, Stone si irrigidisce reverenziale), nel ritmo latitante delle arguzie sentenziate.

MAGIC IN THE MOONLIGHTREGIA DI WOODY ALLEN

USA · 2014 · COMMEDIA · DURATA: 97’CON EMMA STONE, COLIN FIRTH, EILEEN ATKINS, MARCIA GAY HARDEN

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 4 dicembre

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La Tate Modern di Londra e il MoMA di New York: due colossi dell’arte moderna ospitano un’importante mostra sulle ultime opere di Matisse, The Cut-Outs, i ce-lebri collage realizzati dopo che un delicato intervento chirurgico lo constrinse su una sedia a rotelle e gli impedì di continuare a dipingere. I video originali dell’artista al lavoro spiegano bene il metodo seguito per realizzare questi quadri, spesso di grandi dimensioni, e il ruolo fondamentale che ebbero i suoi assistenti. Le intervi-ste ai direttori dei musei e ai curatori, le riprese dell’immenso lavoro dietro la pre-parazione di una mostra (dalle varie figure professionali alle procedure necessarie per proteggere le opere e per rendere un’esposizione più allettante agli occhi dei potenziali spettatori) fanno comprendere bene i meccanismi di un museo, mentre le testimonianze dirette di persone che hanno conosciuto Matisse rivelano un lato più intimo dell’artista. Tutte qualità ottime per un documentario televisivo, peccato

Matisse - Dalla tate MoDern e Dal MoMaREGIA DI PhIl GRAbsky

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di Elisa Bonazza

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che qui siamo al cinema e vorremmo qualcosa di più. Le immagini non danno abbastanza rilevanza alle opere, manca la sensazione che tutti ci aspetteremmo nel buio della sala: vivere un’esperienza diversa, sensoriale, che ci faccia sentire un tutt’uno con il quadro. La presentatrice, con tanto di cartellina, dà il tocco finale a un film che non meriterebbe l’onore del grande schermo.

Matisse - Dalla tate MoDern e Dal MoMa REGIA DI PhIl GRAbsky

REGno UnIto · 2014 · DocUmEntARIo · DURAtA:98’

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 8 Dicembre

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C’è tanto, troppo materiale nel nuovo film di William Brent Bell, folgorato sulla via del POV (l’horror in soggettiva) in L’altra faccia del diavolo e qui impegnato ad adattare al finto found footage ogni ramificazione del cinema al nero. Si inizia con una famiglia massacrata durante un campeggio in francia e con le indagini intor-no a Talan Gwynek, strenuamente difeso dall’avvocato Kate Moore e altrettanto accanitamente accusato dal capo della polizia. Riprese di finti tg, di handycam e di camere a circuito chiuso, per una prima parte che spazia dal legal thriller al dramma etico carcerario, passando per una macro inchiesta parallela sui giochi di potere legati a una mancata concessione di appalti, che avrebbe portato il sistema ad accusare il gigantesco Talan. Poi, la svolta. Interviene l’horror, gotico nei suoi presupposti scientifici eppure splatter negli esiti grafici. Immagini da videocamere GoPro montate sui fucili degli SWAT e riprese confuse in modalità notturna aprono

La metamorfosi deL maLeREGIA DI WIllIAm BREnt BEll

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di Claudio Bartolini

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Page 34: Cinerama 1.5

il campo all’irruzione di un action quasi supereroico, nel quale L’uomo lupo incro-cia Il pianeta delle scimmie e il realismo medico-scientifico (con tanto di approccio patologico legato alla diagnosi della porfiria) scivola nell’implausibile e in un finale melodrammatico che omaggia smaccatamente La mosca. La sovrabbondanza di registri si rivela il limite più grande di un’opera sempre incerta sulla direzione da prendere ma capace, per lunghi tratti, di regalare squarci di orrore puro.

La metamorfosi deL maLe REGIA DI WIllIAm BREnt BEll

USA · 2013 · HoRRoR · DURAtA:89’ Con A.J. Cook, BRIAn SCott o’ConnoR, SEBAStIAn RoCHé, SImon QUARtERmAn, VIk SAHAy

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 4 dicembre

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Page 35: Cinerama 1.5

Lui era stato crocifisso nel videoclip College Boy, girato da Dolan per gli Indochine. Ora è un giovane iperattivo, iroso, irruente come il cinema che ne accoglie i tu-multi, un cinema che non vuole conoscer misura, che non vuol contenere lo stra-bordio delle emozioni. Lei è mommy, la madre che non è stata uccisa in J’ai tué ma mère, la donna sola che cerca d’accudirlo, che perde il lavoro, che è stremata dalla foga di lui, atterrita dallo sciacallaggio anaffettivo del mondo. L’altra, la donna che amava Laurence Anyways, è (ancora, dopo il film d’esordio) una professores-sa, che qui non sa comunicare, ammutolita dal trauma per un figlio perduto. Sono un triangolo imperfetto, che sa trovare piccolissimi attimi di armonia sentimenta-le, in un’economia d’affetto che bilancia dare e avere tra i tre vertici: ed è in questi momenti che il formato dell’immagine 1:1, chiusa sui volti, adatta al ritratto e alla chiusura in se stessi, alle prigioni, s’apre al 16:9, per accogliere, e abbracciare,

MOMMYREGIA DI XAVIER DOLAN

di Giulio Sangiorgio

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Page 36: Cinerama 1.5

quanto mondo possibile. Cover matura del primo film di Dolan, è un mélo pop sfacciato e impetuoso, urgente e naïf, che gode e si strugge nel kitsch ma non riduce l’uomo a macchietta, che cerca con foga gioiosa l’invenzione del cinema ma sa essere racconto sanamente popolare. E un film meravigliosamente queer: perché cerca l’equilibrio d’amore fuori dalle forme canoniche, dai dogmi sociali, dai legami biologici, dal formato coppia.

MOMMYREGIA DI XAVIER DOLAN

CANADA · 2014 · DRAMMATICO · DURATA: 140’CON ANNE DORVAL, ANTOINE OLIVIER PILON, SUZANNE CLÉMENT, PATRICK HUARD

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 4 dicembre

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Page 37: Cinerama 1.5

Protagonista di un manga, di due serie di anime e di una saga cinematografica giunta al nono episodio, Naruto arriva per la prima volta nelle sale italiane con il sesto film della serie Shippuden: un breve prologo ricapitola le vicende che han-no portato all’eroica morte dei suoi genitori, sconfitti nella lotta contro la Volpe a Nove Code, non prima di aver sigillato nel piccolo Naruto la metà yang del potente demone. Divenuto adolescente, nonché il ninja «più avventato, egocentrico e im-prevedibile» del suo team, Naruto non smette di soffrire la condizione di orfano: il lungometraggio, a tutti gli effetti autonomo rispetto alla serie televisiva, lo scara-venta però in una realtà parallela, creata dall’enigmatico Tobi, dove fatti e perso-nalità sono rovesciati. In questo mondo illusorio sua madre e suo padre sono vivi e vegeti, mentre gli eroi periti in combattimento sono i genitori dell’amica Sakura: se il primo sperimenta la gioia di abbracciare la sua famiglia, la seconda patisce

NARUTO - LA VIA DEI NINJAREGIA DI HAYATO DATE

di Ilaria Feole

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Page 38: Cinerama 1.5

la solitudine, e lottare fianco a fianco per rompere il maleficio di Tobi diventa per i due ragazzi una missione ardua. Fruibile anche per gli spettatori meno familiari con la saga di Naruto, il film si concentra sui tormenti emotivi dei protagonisti, conferendo spessore al meccanismo di reiterati scontri fra ninja e demoni, coe-rentemente con un prodotto che, sotto le spoglie dell’avventura action, ha sem-pre avuto i tratti rassicuranti e didattici del racconto di formazione.

NARUTO - LA VIA DEI NINJAREGIA DI HAYATO DATE

GIAPPONE · 2012 · ANIMAZIONE · DURATA: 109’

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 6 dicembre

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Page 39: Cinerama 1.5

È boom per i formaggi di mamma e papà. Questione di retrogusto: le capre bru-cano marijuana, ma loro non lo sanno, e i carabinieri, comunque, li rinchiudono in galera. O «Gallura», come viene fatto credere al figlioletto, accudito da «il fratello del fratello e il fratello della sorella», Lillo & Greg: il primo abbandonato dalla moglie estetista Minaccioni in favore dell’unto tatuatore Calabresi, il secondo goffo don-giovanni in guerra d’odio & amore con Ambra. L’obiettivo della gentil pochade? Mettere in scena, incollando questi cocci, una famiglia perfetta per il pubblico di assistenti sociali (Montanari e De Filippis, omosessuali repressi e bacchettoni) che vogliono il pargolo in istituto. E far riconciliare Lillo e mogliettina sua. Il film di Nata-le Filmauro, il cinepanettone D.O.C., come non te lo saresti aspettato: la commedia degli equivoci scoreggiona e regionalistica abbandonata per l’ironia surreale di Lillo & Greg, promossi protagonisti dopo i Colpi di...: si gioca con il linguaggio, con lo

Un natale stUpefacenteREGIA DI VolfAnGo DE BIAsI

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di Giulio Sangiorgio

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Page 40: Cinerama 1.5

slapstick primitivo, con un trash demente, in cerca di un cinema non coattamente italiota, e al moralismo punitivo si preferisce la deriva fiabesca nell’assurdo, soste-nendo sottotraccia coppie di fatto e una famiglia non biologica. Ma per reggere 100 minuti, se si sceglie di non costruire personaggi da commedia, se si vuole rinun-ciare a una scrittura forte, se si sceglie la via del comico, serve il ritmo incessante dei gag. Che qui stenta, come in Ogni maledetto Natale.

UN NATALE STUPEFACENTE REGIA DI VolfAnGo DE BIAsI

ItAlIA · 2014 · CommEDIA · DURAtA:100’ Con PAsqUAlE PEtRolo, ClAUDIo GREGoRI, AmBRA AnGIolInI, PAolA mInACCIonI

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 18 Dicembre

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Page 41: Cinerama 1.5

In viaggio verso ignota destinazione, Donato si imbatte in Norah, donna miste-riosa, scaraventata malamente dalla macchina da un energumeno. Soggetto da due righe, per un bel ritratto umano: dopo La foresta di ghiaccio, ancora un noir italiano sospeso tra le montagne, ma dal registro diametralmente opposto. Il ge-nere a Stefano Incerti interessa poco e il suo settimo titolo lo conferma: secco e sottratto di ogni orpello, avaro di dialoghi e scene urlate, ma con un suo apice intenso, Neve affida - con un atto di fede spesso mal riposto - le chiavi del film all’assortimento dissonante tra un povero cristo, con moglie morta e figlia mala-ta, improvvisatosi ricercatore di una refurtiva (Roberto De Francesco, la cui uma-nità tattile è la cosa migliore del film), e una donna appariscente, un po’ ladra, un po’ bugiarda e un po’ puttana, capitata lungo il suo cammino. Poi ci sono il fato, la neve, gli sguardi e forse l’amore. Corteggia il road movie intimista e dichiara

NEVEREGIA DI STEFANO INCERTI

di Adriano Aiello

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Page 42: Cinerama 1.5

esplicitamente la sua ispirazione kaurismakiana, ma del finlandese Incerti non incrocia mai l’ironia e la stratificata leggiadria; il carattere e il tono dei suoi per-sonaggi. Per essere un film di cose non dette Neve di cose ne dice troppe, e non sempre bene. Problemi di scrittura: i mutismi dicono meno di quanto vorrebbero significare e i dialoghi troppo spesso dissipano la bella tensione sotterranea e il discreto fuori campo. Peccato.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 11 dicembre

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NEVEREGIA DI STEFANO INCERTI

ITALIA · 2013 · NOIR · DURATA: 90’CON ROBERTO DE FRANCESCO, ESTHER ELISHA, MASSIMILIANO GALLO, ANTONELLA ATTILI

Page 43: Cinerama 1.5

Irsuta icona britannica, seppure sia originario del Sudamerica, l’orsetto Padding-ton gode di un successo trasversale che fa di lui l’idolo di generazioni di bimbi (i suoi libri sono stati tradotti in 30 lingue e hanno venduto oltre 30 milioni di copie in tutto il mondo), ma anche di insospettabili star come Nicole Kidman. Fortemente voluto dal mestierante televisivo Paul King, ancor più dalla stella australiana che qui, realizzando il suo sogno d’infanzia di poter incontrare Paddington, si presta con generosa malvagità a interpretare la spietata Millicent, il primo lungome-traggio dedicato all’orsacchiotto ha i connotati garbati dell’omaggio rispettoso al lavoro (più di 70 titoli) del suo creatore Michael Bond. Ambientato in una Londra color candito (fra la Parigi di Jeunet e gli interni-giocattolo di Wes Anderson), il film si stringe sul legame fra il gentile animale straniero e l’accogliente famiglia Brown, nucleo da favola nel solco dei Darling di Peter Pan, presto scombussola-

PADDINGTONREGIA DI PAUL KING

di Ilaria Feole

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Page 44: Cinerama 1.5

to dalla presenza dell’ospite inatteso, tenero e goloso di marmellata, ma anche goffo come un Mr. Bean quadrupede e soprattutto braccato dall’implacabile tas-sidermista Kidman. Costellato di impeccabili interpreti britannici (su tutti, Sally Hawkins e Peter Capaldi), è un onesto prodotto d’avventura modellato con grazia sulle aspettative del pubblico più giovane, con lezione di accettazione del diverso incorporata.

PADDINGTONREGIA DI PAUL KING

REGNO UNITO / FRANCIA · 2014 · COMMEDIA · DURATA: 97’

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 25 dicembre

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Page 45: Cinerama 1.5

Viola è bella ma ha il broncio fisso, a volte sembra serena, anche se qualche evento passato la turba; soffre il forzato entusiasmo domestico dal quale fugge per fumare di nascosto. Spesso si sofferma a guardare la luce o un prato rima-nendone spaventata, non ama l’ironia e nemmeno il miglior amico del marito. Lui, Nicola, ne soffre un po’, ma è premuroso (anche se ovviamente nasconde un comportamento ossessivo e violento, o forse no...), tanto che per farla rilassare la porta nella casa di campagna dello zio, le fa da mangiare e le nasconde gli antidepressivi. Ma le sigarette sbucano sempre fuori e diventano rischiose, spe-cie se per fumarle Viola si avventura in anfratti bucolici appartentemente quieti, ma che lei, dopo aver comunicato con una mantide, avverte come pericolosi. Dai presagi si passa ai disvelamenti sul passato e sulle personalità dei protagonisti e finalmente (dopo 50 minuti) la mattanza ha inizio: la casa di campagna diventa

THE PERFECT HUSBANDREGIA DI LUCAS PAVETTO

di Adriano Aiello

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Page 46: Cinerama 1.5

il teatro della follia e dello scontro tra i coniugi, con tanto di omicidi cruenti disse-minati lungo il cammino. Maldestro nelle soluzioni e nello sviluppo, penalizzato da un ritmo catacombale, da dialoghi affettati e dalla non presenza scenica della protagonista, il film annega nel già visto, si appiglia a qualche sterzata gore senza avanzare mai una soluzione personale cercando di muoversi dalle parti del thril-ler psicologico, fino all’inevitabile colpo di scena e al relativo spiegone conclusivo.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 4 dicembre

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THE PERFECT HUSBANDREGIA DI LUCAS PAVETTO

ITALIA · 2014 · DRAMMATICO · DURATA: 85’CON GABRIELLA WRIGHT, BRET ROBERTS, CARL WHARTON, TANIA BAMBACI

Page 47: Cinerama 1.5

Due ore in piena era Thatcher, durante la storica battaglia dei minatori inglesi del 1984. Che trovarono un’impensabile sponda nel movimento gay, impegnato a raccogliere fondi per gli scioperanti del Galles, tra ovvie diffidenze, pregiudizi e machismi prima, e sorprendente calore umano poi, conquistato sul campo, tra balli, bevute e strette di mano socialiste. Una storia vera passata alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes 2014, un film civile, ma soprattutto una classica e affilata commedia sociale inglese, diretta e manichea, però anche indubbiamente coinvolgente. Funziona davvero tutto: dalle facce dei protagonisti e dei compri-mari, al ritmo della storia, con rapide pennellate sui personaggi. E tutto è molto giusto, ben fatto, ottimamente interpretato e sanamente progressista. Tanto che alla fine conta poco che sia un’opera di pura sensibilizzazione, al crocevia tra il Ken Loach più soft e Full Monty, perché Pride è complesso e dialettico come

PRIDEREGIA DI MATTHEW WARCHUS

di Adriano Aiello

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Page 48: Cinerama 1.5

un talk show di Bruno Vespa, ma anche efficace come una pinta di birra, per proseguire nella metafora facile. Eppure, il pensiero che si potesse osare di più e fare qualcosa di diverso dal film sulla memoria, sulle battaglie che contano e sull’elogio dello spirito di iniziativa di una serie di giovani sognatori alle prese con la loro iniziazione o con l’incubo nascente dell’AIDS, non ti abbandona mai. E ti lascia lì, nel guado.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 11 dicembre

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PRIDEREGIA DI MATTHEW WARCHUS

REGNO UNITO · 2014 · COMMEDIA · DURATA: 117’CON BILL NIGHY, DOMINIC WEST, ANDREW SCOTT, GEORGE MACKAY

Page 49: Cinerama 1.5

Cos’è, oggi, il cinema di Salvatores? Un cinema manierista. Globale e locale. Che cerca di appropriarsi di generi, format, strategie di marketing e poetiche d’origine internazionale, facendone una questione italiana. Lasciando sottotraccia il ritratto generazionale dei primi film (le tragicommedie nostalgiche, sessantottarde, civi-li), Salvatores lavora, oggi, al tempo della dittatura del target adolescenziale, sul romanzo di formazione. E non smette di cercare nuove vie per il nostro cinema popolare: lo spaghetti-cyberpunk (Nirvana), il noir (Quo vadis, baby?), il western pulp (Amnesia), il remix di Wes Anderson (Happy Family, un film-cover), la ver-sione nostrana di Life in a Day (Italy in a Day). E via elencando. Il ragazzo invisibile - storia di un ordinario giovane in età prepuberale, ignorato (o vessato) dai pari, che scopre di possedere poteri straordinari - segue con inerzia gli automatismi narrativi, metaforici e etici (quelli derisi dalla Binoche di Sils Maria) del cinecomic

IL RAGAZZO INVISIBILEREGIA DI GABRIELE SALVATORES

di Giulio Sangiorgio

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Page 50: Cinerama 1.5

americano (da X-Men a Spider-Man), cerca un pubblico di età leggermente mi-nore, sciorina una discreta gamma di effetti speciali, gioca con l’adulto tramite citazioni pop o colte, ma fuori contesto (Ferro 3, Magritte...), esalta Trieste come film commission pretende e ci regala un supereroico naïf per bambini dai sei anni in su. Bello? No. Ma il cinema italiano, per provare a essere vivo, deve passare anche da qui.

IL RAGAZZO INVISIBILEREGIA DI GABRIELE SALVATORES

ITALIA / FRANCIA · 2014 · FANTASY · DURATA: 100’CON LUDOVICO GIRARDELLO, NOA ZATTA, VALERIA GOLINO, FABRIZIO BENTIVOGLIO

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 18 dicembre

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Page 51: Cinerama 1.5

Il panettone di Aldo, Giovanni e Giacomo è sempre quello, stantio dopo quasi vent’anni di abbuffate più o meno digeribili e di avanzi da propinare al film suc-cessivo, in cui raccontare una storia che è sempre la stessa, soltanto un po’ più rimasticata e insapore. Giacomo è il ricco, che investe male e si ritrova sul lastrico. Aldo è il povero, che vive con mammà e coltiva il sogno di gestire una bancarella. Giovanni è il maggiordomo inappuntabile, che segue Giacomo sul lastrico ma vor-rebbe sposare una venezuelana. Tutto già visto, ma non importa, perché al terzetto (fu) comico non si chiede mai altro che non sia maniera e autocitazione. Manca la regia, ma sarebbe chiedere troppo. Manca un filo conduttore narrativo compiuto e gli episodi somigliano tristemente al peggior cinema compilation di Neri Parenti, ma nemmeno questo è il problema, dato che persino Parenti ha sempre strappa-to al suo pubblico qualche risata. Il punto è proprio la risata. Affidati all’arrugginito

Il rIcco, Il povero e Il maggIordomoREGIA DI AlDo BAGlIo, GIovAnnI StoRtI, GIAcomo PoREttI, moRGAn BERtAccA

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di Claudio Bartolini

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Page 52: Cinerama 1.5

istinto slapstick di Baglio, i gag appaiono rinsecchiti come il suo repertorio fatto ancora di «miiiiinchia» e similari, mentre nelle mani del “collante” Giacomo i tempi comici si dilatano fino al sonno. Tutto è pulito, corretto e bonario, ma se a una commedia, per giunta natalizia, si toglie la risata, davvero non rimane nulla per cui valga la pena pagare. Però il panettone stantio qualcuno se lo mangerà ancora, e ancora ne avanzerà per il prossimo film.

Il rIcco, Il povero e Il maggIordomo REGIA DI AlDo BAGlIo, GIovAnnI StoRtI, GIAcomo PoREttI, moRGAn BERtAccA

ItAlIA · 2014 · commEDIA · DURAtA:102’con AlDo BAGlIo, GIovAnnI StoRtI, GIAcomo PoREttI, GIUlIAnA lojoDIcE, FRAncEScA nERI

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 11 dicembre

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Page 53: Cinerama 1.5

«Oh no no, tesoro che fai?», chiede Louie alla giovane che, in visita a New York, s’avvicina a un clochard bisognoso d’aiuto. «Vuoi dire che sta bene?», risponde lei. «No no, è in condizioni disperate. Solo che qui non si fa così, sciocca ragazzina che vien dalla campagna». Serie che apre aporie comiche sul privilegio d’esser bianco, cattolico e benestante oggi, qui Louie guarda occhi negli occhi l’ideologia assolutoria che ci consente di abbassare lo sguardo e allungare il passo di fronte agli ultimi, ai questuanti, in nome del ritmo incessante e anaffettivo dell’esistenza capitalistica e godereccia. Colpa che non ha Roma Termini di Bartolomeo Pam-paloni, opera prima presentata al Festival di Roma 2014, che sceglie di incrociare quegli sguardi negati e cerca di restituire a queste figure la possibilità di raccon-tarsi, di essere soggetti. Ascolta la loro voce, pedina il quotidiano, ripercorre le storie nelle interviste, coglie stralci di dialogo e momenti d’abbandono, euforie e

ROMA TERMINIREGIA DI BARTOLOMEO PAMPALONI

di Giulio Sangiorgio

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Page 54: Cinerama 1.5

depressioni, s’inoltra nel privato, scopre il gioco disperato del loro ruolo sociale degradato. E crea un film che oscilla con eccesso di nonchalance tra poli etica-mente opposti, passando dallo spettacolo del dolore offerto alla coscienza dei pri-vilegiati a una pratica cinematografica effettivamente solidale: dal lirismo estetiz-zante e dal voyeurismo scioccante s’arriva all’aiuto che il regista offre al prossimo suo, non limitandosi a guardare, ma agendo in prima persona sul mondo.

ROMA TERMINIREGIA DI BARTOLOMEO PAMPALONI

ITALIA / FRANCIA · 2014 · DOCUMENTARIO · DURATA: 79’

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 18 dicembre

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Page 55: Cinerama 1.5

L’opera seconda di chi ha azzeccato la prima è sempre a rischio, perché alta è l’aspettativa. Animal Kingdom (2009) è un ottimo noir, l’idea quindi che il regista e sceneggiatore australiano David Michôd si cimentasse con un fanta-western distopico faceva venire l’acquolina in bocca. Purtroppo il piatto è scotto, nono-stante qualche sapore intrigante. Dieci anni dopo il Collasso (sic), tre tizi rubano l’auto di Guy Pearce a una stazione di posta in pieno Outback. Lui si arma e li insegue, ma sulla strada incontra il fratello ferito di uno dei tre, Robert Pattinson. On the road again. Michôd sostiene di non avere tanto pensato alla fantascienza aussie quanto a un apologo morale contemporaneo, una situazione di selvaggia dissoluzione umana già in atto in alcune zone del pianeta fuori controllo («Sierra Leone o Nigeria», dice lui). Va bene, ma le armi a canne mozze, gli inseguimenti polverosi in mezzo al nulla, la ricerca di proiettili e benzina fanno pensare a rife-

THE ROVERREGIA DI DAVID MICHÔD

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di Mauro Gervasini

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Page 56: Cinerama 1.5

rimenti cinematografici ben precisi (da Interceptor/Mad Max a The Road di John Hillcoat). Vero è che in The Rover (“il vagabondo”) nessuno sente il bisogno di un (altro) eroe, ma è forse l’unica impronta originale di un film che procede un po’ scontato fino all’epilogo. Pearce e Pattinson ce la mettono tutta per dare spessore a due personaggi agli antipodi, ed è colpa di una sceneggiatura scarnificata, non loro, se latita qualunque empatia.

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THE ROVERREGIA DI DAVID MICHÔD

USA / AUSTRALIA · 2014 · DRAMMATICO · DURATA: 103’CON GUY PEARCE, ROBERT PATTINSON, SCOOT MCNAIRY, DAVID FIELD

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 4 dicembre

Page 57: Cinerama 1.5

Nessuno sentiva il bisogno di un sequel, ma ci sono voluti lo stesso 20 anni. All’epo-ca del capostipite né Carrey né Daniels erano considerati grandi attori e, perversa-mente, una delle maggiori curiosità di questo secondo capitolo era vedere nuova-mente i protagonisti alle prese con personaggi assurti a icone del post-demenziale farrelliano. Sarà che la nostalgia è canaglia, ma il primo capitolo lo si ricorda con piacere soprattutto per le sue trovate più scatologiche. Strategicamente, quindi, come ritrovare il sacro furore del “peto punk” quando i due ex fratellini terribili, dopo essere stati promossi in serie A come degli anti Woody Allen a-intellettuali e una serie di prove non molto convincenti, tentano di mostrare al mondo di essere an-cora in grado di scalciare e graffiare come ai bei tempi? Come chiedere agli U2 un disco non pomposo. Impresa fallimentare, dunque, resa ancora più indigesta da un doppiaggio da missione impossibile. Al netto di tutto, qualche battuta, il gioco dei

Scemo & + Scemo 2REGIA DI BoBBy FARRElly, PEtER FARRElly

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di Giona A. Nazzaro

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Page 58: Cinerama 1.5

numeri e la scenetta delle birre. Resta il sospetto che perdendo mordente i Farrelly siano diventati inutilmente cattivi e il loro cinema un mero meccanismo inerte. Il capostipite demenziale e de-evoluzionista prometteva altro. E nella malinconica mediocrità isterica di un film che nonostante tutto ha sbancato il botteghino Usa, anche i due protagonisti si perdono, tristi e privi di vita.

Scemo & + Scemo 2 REGIA DI BoBBy FARRElly, PEtER FARREllyUSA · 2014 · CommEDIA · DURAtA:110’

CoN JIm CARREy, JEFF DANIElS, KAthlEEN tURNER, lAURIE holDEN, RAChEl mElvIN

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 3 Dicembre

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Page 59: Cinerama 1.5

«Bravi gli attori» non si dovrebbe mai dire in una recensione, o almeno non solo, ma poi ci sono le eccezioni. Per esempio: Bill Murray. Nell’opera prima di Theodo-re Melfi - già apprezzato regista pubblicitario e qui anche sceneggiatore su base, dice, autobiografica - non c’è nemmeno un’idea davvero originale, piuttosto un campionario di situazioni familiarissime, annodate in uno script che scorre liscio e gradevolmente innocuo, piazzando strategicamente risate e qualche lacrima tra una svolta prevedibile e la successiva. Però c’è Bill Murray, stropicciato e sar-castico, spesso in vestaglia e ciabatte, sempre scorbutico e brontolante. Vive solo e da solo scivola, batte la testa, biascica al bancone del bar, balla Somebody to Love davanti a un juke box, si sbronza, perde ai cavalli, frequenta assiduamente una prostituta russa incinta, insegna al piccolo neo-vicino di casa Oliver a dire le parolacce e a spaccare nasi ai bulli, se lo porta in giro, un po’ Walter Matthau

ST. VINCENTREGIA DI THEODORE MELFI

di Alice Cucchetti

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Page 60: Cinerama 1.5

in E io mi gioco la bambina, ma pur sempre Bill Murray. E attorno a lui, una co-stellazione di felici scelte di casting, piacevolmente in controtendenza rispetto a precedenti ruoli: Naomi Watts spogliarellista dell’est Europa dalla battuta acida e dal cuore d’oro, Melissa McCarthy mamma normale, appena divorziata, che lavora fino a tardi per tenere in piedi la baracca, Chris O’Dowd prete cattolico inu-sitatamente ironico e iper tollerante. Bravi gli attori, dunque, e per una volta basta.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 18 dicembre

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ST. VINCENTREGIA DI THEDORE MELFI

USA · 2014 · COMMEDIA · DURATA: 103’CON BILL MURRAY, JAEDEN LIEBERHER, MELISSA MCCARTHY, NAOMI WATTS

Page 61: Cinerama 1.5

Fine Ottocento, provincia di Cuneo: Cino, 10 anni circa, è il maschio primogenito di una famiglia contadina poverissima e, con altri coetanei, viene “dato in affitto” dai genitori a un alpeggio francese, dall’altra parte delle Alpi: lavorerà come pastore per tutta l’estate e tornerà con qualche moneta in più. Sulla strada e giunto a destinazione, il bimbo viene malmenato e sfruttato, finché riesce a fuggire; decide di tentare il percorso all’inverso, insieme all’amica Catlìn, che all’andata era stata abbandonata dalla comitiva e che lui inaspettatamente ritrova tra i boschi. Con andamento avventuroso e risvolti strappalacrime, la vicenda di (Polli)Cino pesca e mescola riferimenti distanti e qualche volta contrastanti: un po’ Dickens e un po’ libro Cuore, qualcosa del dolce Remy e di Heidi, un vago ricordo di Pinocchio e dei fratelli Grimm. E - l’intuizione più interessante - tanto folklore genuinamente piemontese, con la piccola Catlìn che teme le masche ma allo stesso tempo è

LA STORIA DI CINOREGIA DI CARLO ALBERTO PINELLI

di Alice Cucchetti

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Page 62: Cinerama 1.5

(forse) una di loro, rievocando la caccia alle streghe che funestò la regione nel Cinquecento. Sostenuto dall’Unicef per «la delicatezza con cui affronta il tema del lavoro minorile», il film soffre tremendamente un’amatorialità di recitazione, regia e messa in scena, che per di più stride con lo splendore documentaristico con cui è fotografato il paesaggio naturale: a differenza del suo protagonista, La storia di Cino si blocca a metà strada.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 11 dicembre

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LA STORIA DI CINO - IL BAMBINO CHE ATTRAVERSÒ LA MONTAGNAREGIA DI CARLO ALBERTO PINELLI

ITALIA / FRANCIA · 2013 · DRAMMATICO · DURATA: 85’CON GIOVANNI ANZALDO, STEFANO MARSEGLIA, FRANCESCA ZARA, JEAN-LOUIS CULLOC’H

Page 63: Cinerama 1.5

Damián Szifrón, argentino, è stato autore di una serie esportabile, Los simula-dores, quindi di una miniserie tv (Hermanos y detectives) e di due film (El fondo del mar, Tiempo de valientes). Prodotti che miscelano i colori del nero, dal crona-chistico al sardonico: giustizie al di fuor di Giustizia, indagini su paranoie, buddy movie seriali, incontri tra Arma letale e bigini hitchcockiani. I sei episodi di Sto-rie pazzesche, presentato in Concorso a Cannes 2014 sotto l’egida di Almodóvar, confermano, guardando a Storie incredibili di Spielberg e alla nera commedia ita-liana degli anni 70, interessati al momento in cui l’uomo meschino si manifesta come selvaggio fuori controllo, noncurante della legge. Storie di vendetta, genere prolifico nel nuovo millennio, che esacerbano sentimenti quotidiani di rivalsa, in-dividuale e sociale, sentimentale e di classe. Dal primo episodio (l’unico folgo-rante), tra Saw e Gli amanti passeggeri, fino alla catastrofe matrimoniale della

STORIE PAZZESCHEREGIA DI DAMIÁN SZIFRÓN

di Giulio Sangiorgio

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chiusura, passando per gastronomie, Duel proletari/scatologici, giorni d’ordinaria follia e variazioni parossistiche di Il caso Kerenes si raccontano mutui massacri, con catarsi paradossali, e nessun vincitore. Ma è uno stallo grottesco edulcorato in confezione cool e pulita, con forma da sketch televisivo. Non irrita, non sceglie la dialettica del disagio, del fastidio, dell’imbarazzo: si limita a raccontare con di-stacco barzellette da antropologo superficiale, come un cultore snob di “Cronaca vera”.

STORIE PAZZESCHEREGIA DI DÁMIAN SZIFRON

ITALIA / FRANCIA · 2014 · COMMEDIA · DURATA: 115’CON RICARDO DARÍN, LEONARDO SBARAGLIA, DARIO GRANDINETTI, ERICA RIVAS

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 11 dicembre

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CINERAMA RITORNA DA VOI Il 6 fEbbRAIO CON lE RECENSIONI DI TUTTI I fIlM USCITI IN SAlA NEl MESE DI gENNAIO 2015.

CINERAMA È UNA PUBBLICAZIONE TICHE ITALIA SRL.IMPAGINAZIONE A CURA DI GIULIA CIAPPA E LUCA GRIFFINIPER COMMENTI, APPREZZAMENTI E CRITICHE SCRIVETE A [email protected] INFORMAZIONI CONTATTATE LA REDAZIONE A [email protected]