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Proclo A cura di Marco Barsotti Περί της ιερατικης τεχνης L’Arte Ieratica

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Proclo

A cura di Marco Barsotti

Περί της ιερατικης τεχνης

L’Arte Ieratica

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Introduzione

Sui concetti di Goetia e Teurgia regna oggi, in particolare nella rete, una gran confusio-ne. Anche grazie alle mistificazioni di al-cuni pretesi goeti del tutto incapaci di tra-mandare una lettura veritiera dei concetti di γοητεια, goēteia (latinizzato poi in gŏētīa) e θεουργία, theurghía, che vada oltre una semplice lista di enti demoniaci più o meno sottratta dalla Chiave di Salomone. L'idea che circola è che goetico sia l’equivalente di diabolico (o satanico) mentre si accosta con leggerezza l’aggettivo teurgico al culto monoteistico proprio del cristianesimo. La verità è un po’ più complessa... Un passo di Sant’Agostino in questo senso è illuminan-

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Per il testo italiano:© Proclo - I Manuali. I testi magico-teurgicia cura di Chiara Faraggiana di Sarzana/Giovanni RealeRusconi, 1985.

Per il testo Latino:In Platonicum Alcibiadem de anima atque daemone, vel potius, uti legitur in fronte opusculi: Excerpta Marsilii ficini ex graecis procli cömentariis in Alcibiadem Pla-tonis, itemque Opus Procli de Sacrificio, et Magia Mar-silio Ficino Interprete. Venetiis mense Septembri. M. IIID. In aedibus. Aldi Eactant cum Iamblico

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te; parlando dell’episodio di Ezechia e del serpente di bronzo1 Agostino dice: “Questi fatti ed altri simili, che è troppo lungo enumerare, avvenivano per incul-care l’adorazione di un solo Dio e impe-dire quella di molti e falsi dèi. Avveniva-no mediante la schietta e confidente fede religiosa e non con incantesimi e formule composte con l’arte di un’infame curiosi-tà che chiamano magia, o con termine più detestabile stregoneria o con uno più ac-cettabile teurgìa. [...] Anche Porfirio pro-mette una determinata catarsi dell’anima mediante la teurgia; ma lo fa con esitazio-ne e con discorso piuttosto riguardoso. Af-

1 “Egli eliminò le alture e frantumò le stele, abbattè il palo sacro e fece a pezzi il serpente di bronzo, eretto da Mosè; difatti fino a quel tempo gli Israeliti gli brucia-vano incenso e lo chiamavano Necustan”, Libro dei Re, 18:4.

ferma al contrario che questa pratica non offre ad alcuno il ritorno a Dio. Puoi rile-vare quindi che egli con espressioni date ora in un senso ora nell’altro si destreg-gia fra la colpa di una sacrilega curiosità e la professione della filosofia. Talora infatti ammonisce che questa arte si deve evitare come falsa, pericolosa nella pratica e vie-tata dalle leggi. Talora invece, assentendo ai suoi sostenitori, la considera utile per la catarsi di una parte dell’anima, non di quella intellettuale, con la quale si conosce con certezza la verità degli oggetti intelli-gibili che non hanno alcuna analogia con i sensibili, ma di quella pneumatica con cui si percepisce la forma degli oggetti sensi-bili. Egli afferma che mediante alcune ceri-

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monie teurgiche, che chiamano iniziazioni, l’anima diviene perfetta, disposta ad acco-gliere gli spiriti e gli angeli e a vedere gli dèi.”2

Si evince dunque che la teurgia per la Chie-sa è altrettanto condannabile quanto lo è la Goetia. Le differenze tra le due, però, sono sostanziali e le sottolineeremo brevemente. Tuttavia, per tornare a quanto detto in aper-tura, sarà utile sottolineare quanto la con-fusione (o se vogliamo l’estremizzazione) dei due termini sia relativamente recente in ambito occultistico. Se ci si prende la bri-ga di sfogliare un classico della letteratura sull’occultismo, il Dictionnaire Infernal di De Plancy si troveranno le seguenti defi-

2 De Civitate Dei, X, 9-10.

nizioni che, data la pittoresca e vivace tra-duzione italiana, val la pena riportare per intero:“Goezia: Arte d’evocare gli spiriti malefici, durante la notte oscura, nelle caverne sot-terranee, in prossimità delle tombe e delle ossa di morti, col sagrifizio di vittime nere, erbe magiche, lamenti, gemiti ed immola-zione di bambini, nelle viscere dei quali cercavasi l’avvenire. Il Boissard dice, che tutti i pitagorici erano dediti a quest’arte, la quale non aveva altro scopo che quello di sedurre ed atterrire il vulgo, eccitare le passioni e spingere al delitto.”3

3 Jacques Auguste Simon Collin de Plancy, Dizionario Infernale, o Repertorio universale degli esseri, dei personaggi, dei libri, dei fatti e delle cose che riferiscono alle apparizioni, alle divinazioni, alla magia, al commercio dell’inferno, ai demoni, alle streghe, alle scienze occulte, agli incantesimi, alla cabala, agli spiriti elementari, alla pietra filosofale, ai prodigi, agli errori, ai pregiudizi, alle imposture, alle arti de-gli zingari, alle varie superstizioni, ai racconti popolari, ai pronostici, e generalmente a tutte le credenze false, meravigliose, sorprendenti, misteriose o sovrannaturali, Fra-

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E quindi:“Teurgia: Arte di giungere a cognizioni sovrannaturali e di operare miracoli col soccorso degli spiriti o genii, che i pagani chiamavano Dei, e che i Padri della Chiesa appellarono Demoni. Quest’arte fu ricer-cata e praticata da un gran numero di filo-sofi. Ma quelli del terzo e del quarto secolo che presero il nome di Eclettici o di Neo-platonici, i quali sono Porfirio, Giuliano, Giamblico e Massimo, ne furono ostinati professori. Eglino persuadevasi, che col mezzo di formole d’invocazione e con certe pratiche si poteva avere un commercio fa-miliare cogli spiriti, comandar loro, cono-scere ed operare col loro soccorso cose su-

telli Melita, Genova, 1989, p. 652.

periori alle forze della natura. In sostanza, altra cosa non era che la magia. Ma questi filosofi ne distinguevano due specie, vale a dire: la magia nera e malefica, che eglino chiamavano goezia e i suoi effetti attribui-vansi ai cattivi demoni; e la magia benefica da lor chiamata teurgia, operazione divina con cui s’invocano i buoni spiriti. Come sapevasi egli, osserva Beirgier, che certe parole o certe pratiche avevano la virtù di soggiogare questi pretesi spiriti e renderli obbedienti? I teurgisti immaginavano che gli spiriti medesimi avevano rivelato agli uomini questo segreto. Parecchie fra que-ste pratiche erano delitti, quali sono i sa-grifizi di sangue umano: è certo che i teur-

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gisti ne offrivano.”4

Per dovere di completezza si deve ricordare al lettore che la parte operativa del corpus di scritti che vanno sotto il nome di Chiave di Salomone chiama il Lemegeton, o Pic-cola Chiave, “Teurgia-Goezia” in quanto espone nei suoi cinque libri entrambe le di-scipline.5

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Le origini di γοητεια e θεουργίαLe parole di Agostino e di De Plancy dirot-tano il nostro sentiero fino alle origini gre-

4 Collin de Plancy, Dizionario Infernale [...], Fratelli Melita, Genova, 1989, p. 1101.

5 Il Lemegeton, nonostante nelle edizioni moderne segua la Chiave propriamen-te detta, sembra essere stato un libro a parte. I cinque testi di cui è composto sono: l’Ars goetia, l’Ars theurgia goetia, l’Ars paulina, l’Ars Almadel e l’Ars notoria.

che della Teurgia indicandoci precisamente in seno a quale scuola di pensiero posso-no esserne individuati gli sviluppi più inte-ressanti: Giamblico, e Porfirio erano Teur-ghi esponenti della corrente Neoplatonica; l’Imperatore Giuliano menzionato da De Plancy era addirittura detto Il Teurgo.Certo le operazioni teurgiche erano molto più antiche della cultura greca e possono essere ravvisate in molti aspetti cultuali del Vicino Oriente Antico. Tuttavia i termini dei quali oggi ci serviamo per designare queste arti sono greci. Perché proprio gli autori so-pra menzionati non solo sistemarono e tra-mandarono le dottrine teurgiche, ma i loro scritti circolarono in tutto il mondo antico e furono, in seguito, tradotti e fatti circolare

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dall’Accademia Neoplatonica fiorentina di Marsilio Ficino. Il ricco vocabolario della magia greca è stato sapientemente analiz-zato da Fritz Graft ne La Magia nel Mon-do Antico (Laterza, 1994). Termini come Mágos (attestato sin dalla fine del V sec.), Maghikós, Magheía risultano attestati fin dall’epoca della Grecia Classica accanto ai più specifici Mántis (indovini), Òrghia (rito misterico di carattere dionisiaco, la moderna orgia), góes (stregone, colui che operava la goeteía kaí magheía, la strego-neria e il fascino e che l’autore riconduce a goos, pianto rituale, in decisa antitesi - quest’ultimo - proprio all’opera dei goeti, quella cioè di rievocare dalle tombe i tra-passati). Goeti e Teurghi agivano tramite

preci o phármakon, preparazioni , pozioni, veleni, o magheúon kaí thýon, rituali ma-gici. E del resto le incantatrici erano dette Pharmakeútriai.In particolare i teurghi operavano con preci-se direttive cultuali attraverso una loro par-ticolare codificazione del thêon therapeía, il Culto degli Dei. Alcuni di loro potevano finanche essere sacralizzati dall’esperienza sciamanica della hierè noûsos, l’epilessia.Le direttive cultuali e operative dei due modi di approcci al soprasensibile erano complesse e differenti. Laddove il goeta aveva fama di stregone, talvolta in senso dispregiativo ma non completamente rifiu-tato dalla polis in quanto in molti si servi-vano del suo sapere, il teurgo operava per il

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ricongiungimento spirituale col numinoso attraverso la contemplazione dell’univer-sale συμπάθεια (sympatheia) che gli Dei avevano scritto nel grande libro del Cosmo. Questo non gli impediva di servirsi delle opportunità offerte da questa συμπάθεια allo stesso modo in cui il goeta, forse solo con un linguaggio differente, perseguiva gli stessi fini aspirando, forse qui sta la dif-ferenza reale, più ad essere egli stesso una parte del Dio piuttosto che un osservatore passivo della potenza Divina. L’opera che più di tutte tramanda i dettami teurgici re-sta Del maestro Abammone, risposta alla lettera di Porfirio ad Anebo, e spiegazio-ne delle questioni che essa pone, più nota in occidente col titolo della traduzione di

Marsilio Ficino, De Mysteriis Aegyptio-rum, Chaldaeorum, Assyriorum.

***

Ci sarebbe molto altro da dire, in partico-lare la redazione di un vocabolario magico dell’antichità potrebbe chiarire tantissimi concetti e dare una mole considerevole di spunti per nuove ricerche. Ma fatte que-ste brevi considerazioni sull’origine della parole Teurgia e sulla sua controparte, la Goetia, reputo giusto chiudere questa nota introduttiva.La continuità della Tradizione teurgica, di-cevo sopra, è giunta a noi moderni ricer-catori tramite l’opera dell’Accademia di

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Ficino. Per questo al testo greco dell’Arte Ieratica ho preferito il testo latino del gran-de filosofo fiorentino.Marsilio Ficino intitolò la sua traduzione dell’Arte Ieratica De Sacrificio et Magia6, illustrando in maniera impeccabile il con-cetto di simpatia universale tramandato dall’opera di Proclo.Mistico e dotto il filosofo fiorentino colse perfettamente il senso delle parole di Pro-clo e forse il miglior sunto del concetto della sympatheia teurgica è reso in modo limpido da un passo del suo commento al Simposio di Platone (Sopra lo Amore): “Tutta a potenza della magia consiste 6 In Platonicum Alcibiadem de anima atque daemone, vel potius, uti legitur in fronte opusculi: Excerpta Marsilii ficini ex graecis procli cömentariis in Alcibiadem Platonis, itemque Opus Procli de Sacrificio, et Magia Marsilio Ficino Interprete. Ve-netiis mense Septembri. M. IIID. In aedibus. Aldi Eactant cum Iamblico

nell’amore. L’opera della magia è una cer-ta attrazione d’una cosa verso l’altra, per affinità naturale. Tutte le parti di questo mondo dipendono, come le catene dell’es-sere, da un amore e sono legate da un nesso naturale [...] questa è l’autentica magia.”

Marco Barsotti

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[De Sacrificio et Magia] Περί της ιερατικης τεχνηςPeri tes hieratikes teknes

Πρόκλoς ὁ ΔιάδoχoςProclus Lycius Diadochus

Marsilii Ficini

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Quemadmodum amatores ab ipsa pulchri-tudine quae circa sensum apparet ad divi-nam paulatim pulchritudinem ratione pro-grediuntur, sic et sacerdotes antiqui, cum considerarent in rebus naturalibus cogna-tionem quandam compassionemque alio-rum ad alia et manifestorum ad vires occul-tas et omnia in omnibus invenirent, sacram eorum scientiam condiderunt. Agnoverunt enim et in infimis suprema et in supremis infima: in coelo quidem terrena secundum causam modoque coelesti; in terra vero co-elestia sed modo terreno.

[Il principio metafisico della simpatia uni-versale come fondamento dell’arte ierati-ca.]

Come quelli che amano, partendo da ciò che di bello appartiene al mondo sensibile e compiendo un’ascesa progressiva, arriva-no a incontrarsi con l’unico Principio stes-so di tutti gli esseri belli e intelligibili, così anche coloro che praticano l’arte ieratica, capendo, in base alla simpatia che esiste in tutte le cose visibili e le unisce le une alle altre e con le potenze invisibili, che tutto è in tutto, fondarono la scienza ieratica, am-mirati al vedere che i termini ultimi sono presenti nei primi e negli ultimi i primi, che in cielo le cose terrestri esistono contenute

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nelle cause da cui traggono origine e secon-do la modalità celeste, mentre sulla terra le cose celesti esistono in modo terrestre.

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[2. Il girasole, esempio di simpatia teurgi-ca.]

Non è forse questo il motivo per cui il gira-sole si muove in sintonia con il sole e il sele-notrópion in sintonia con la luna, compien-do la propria rivoluzione, nei limiti delle proprie possibilità, insieme con le lampade del mondo? In fatti tutte le cose, al livello che è loro proprio, pregano e inneggiano ai termini primi delle serie universali, o se-condo la modalità intellettiva o razionale o naturale o sensibile. Anche il girasole in-fatti si muove in quanto è flessibile e, se uno fosse in grado di percepire con l’udi-to l’attrito che crea con l’atmosfera nel suo volgersi in senso circolare, si renderebbe

Nam unde putamus plantas illas quas he-liotropias nominant, id est, selsequias, ad solis motum solem versus moveri, sed se-linetropias, id est, lunisequas, ad lunam verti? Nempe cuncta precantur hymnosque concinunt ad ordinis sui duces, sed alia qui-dem intellectuali modo, alia rationali, alia naturali, alia vero sensibili modo. Itaque solsequia quomodocunque potest movetur ad solem. Ac si quis posset audire pulsatio-nem ab ea in aeris circuitu factam, profec-to illum quendam per euismodi sonum erga regem suum compositum animadverteret qualemcunque potest planta conficere.

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conto che esso con questo suono offre al Re una sorta di inno, quale può essere can-tato da una pianta.

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[3. Il principio metafisico della somiglian-za come connessione teurgica degli esseri fra loro.]

Dunque, sulla terra è possibile vedere, se-condo la modalità terrestre, soli e lune, così com’è possibile vedere cielo, secondo la modalità celeste, tutte le piante, le pietre e gli animali, nella loro vita a livello in-tellettivo. Gli antichi sapienti percepirono questo con la profondità del loro sguardo; mettendo quindi in rapporto le varie cose con l’uno o con l’altro degli esseri celesti, estendevano le potenze divine fino allo spa-zio dove risiedono le cose mortali e li riu-scirono ad attirarle per mezzo della somi-glianza: infatti la somiglianza ha la facoltà

Quamobrem in terra quidem aspicere licet solem et lunam sed pro qualitate terrena, in coelo autem plantas omnes et lapides et animalia pro coelesti natura vitam ha-bentia intellectualem. Quae quidem vete-res contemplati, aliis coelestium alia terre-norum adhibuerunt, unde divinas virtutes in locum inferiorem ob quandam similitu-dinem deduxerunt. Nempe similitudo ipsa sufficiens causa est ad res singulas invicem vinciendas. Si quis enim canapim sive pa-pirum calefaciat, deinde subigat lucernae proximae, etiamsi non tangat videbit su-

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di connettere gli esseri tra loro. Anche se, ad esempio, dopo averla scaldata si accostasse una triallide alla luce di una lucerna, non lontano dalla fiamma, la si vedrebbe pren-der fuoco senza la fiamma e si vedrebbe il fuoco appiccarsi da un oggetto che sta in alto a uno più in basso. Pensa dunque il ri-scaldamento preliminare come analogo alla simpatia delle cose di quaggiù per quelle di lassù, l'avvicinamento e la collocazione nel punto giusto come analogo all'utilizzazione dei materiali al momento opportuno e nel modo appropriato nelle pratiche ieratiche, la trasmissione della fiamma come analo-ga alla parusìa della luce divina nell'essere in grado di parteciparne, l'accensione come analoga alla divinizzazione delle cose mor-

bito accensam canapim quamvis non teti-gerit ignem accensionemque desuper ad inferiora descendere. Comparemus igitur canapim calefactam sive papirum cogna-tioni cuidam inferiorum ad superiora; ap-propinquationem vero eius ad lucernam opportuno usui rerum pro tempore, loco, materia; processum ignis in canapim pra-esentiae divini luminis ad id quod potest capere; accensionem denique canapis dei-ficationi, mortalium materialiumque illu-strationi, quae deinde feruntur sursum in-star accensae canapis ob quandam seminis divini participationem.

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tali e alla illuminazione che avvolge le cose immerse nella materia; queste, concluden-do, si muovono verso l'alto appunto grazie al seme divino di cui partecipano, proprio come avviene per la luce della triallade cui si è appiccato il fuoco.

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Quid vero de lotho dicam? Lothus impli-cat quidem in se folia ante solis exortum, oriente vero sole explicat paulatim; et qua-tenus sol ad mediam coeli ascendit pla-gam, eatenus pandit folia; quatenus vero a medio petit occasum, gradatim folia con-trahit. Videtur haec non minus dilatatione contractioneque foliorum honorare solem quam homines genarum gestu motuque la-biorum. Non solum vero in plantis quae vestigium habent vitae sed etiam in lapi-dibus aspicere licet imitationem et partici-pationem quandam luminum supernorum, quemadmodum helitis lapis radiis aureis solares radios imitatur. Lapis autem qui

[4. Altri esempi di simpatia teurgica.]

Anche il loto dimostra la simpatia del-le cose: resta chiuso prima che appaiano i raggi del sole, ma si dischiude pian pia-no non appena appare il sole e continua ad aprirsi finché il sole sale verso lo zenith, e di nuovo si richiude mentre il sole volge al tramonto. Che differenza c’è se a inneggia-re al sole sono gli uomini, i quali aprono e chiudono la bocca o le labbra, o il loto, che chiude e apre i suoi petali? Questi infatti svolgono per il loto la funzione di labbra, e la modalità dell’inno è quella naturale. Ma perché parlare di piante, nelle quali sussi-ste una traccia di vita generativa? E pos-sibile vedere persino delle pietre assorbi-

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re le emanazioni degli astri: per esempio vediamo la “pietra solare” imitare i raggi del sole con i suoi riflessi d’oro, oppure la pietra soprannominata “occhio di Bel”, si-mile nell’aspetto alle pupille degli occhi, emettere dal centro della sua pupilla una luce brillante, per cui, dicono, bisognereb-be chiamarla “occhio del sole”; o, ancora, vediamo la “pietra lunare” modificare for-ma e movimento in sintonia con la luna, e l’“elioseleno” riprodurre l’incontro di que-sti due astri, quasi fosse un simulacro pla-smato a somiglianza delle congiunzioni e delle separazioni che avvengono in cielo

vocatur coeli oculus vel solis oculus figu-ram habet similem pupillae oculi, atque ex media pupilla emicat radius. Lapis quoque selinitus, id est, lunaris, figura lunae cor-niculari similis, quadam sui mutatione lu-narem sequitur motum. Lapis deinde helio-selinus, id est, solaris lunarisque, imitatur quodammodo congressum solis et lunae fi-guratque colore.

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Sic divinorum omnia plena, terrena quidem coelestium, coelestia vero supercoelestium, proceditque quilibet ordo rerum usque ad ultimum. Quae enim super ordinem re-rum colliguntur in uno, haec deinceps di-latantur in descendendo, ubi aliae animae sub numinibus aliis ordinantur. Deinde et animalia sunt solaria multa, velut leones et galli, numinis cuiusdam solaris pro sua natura participes, unde mirum est quan-tum inferiora in eodem ordine cedant su-perioribus quamvis magnitudine potentia-que non cedant. Hinc ferunt gallum timeri a leone quamplurimum et quasi cole, cuius

[5. Tutte le cose sono teurgicamente ricol-me di dèi.]

Così tutte le cose sono ricolme di dèi, quel-le sulla terra degli dèi celesti, quelle in cielo degli dèi iperurani, e ogni serie si moltipli-ca e procede fino ai termini estremi: infatti ciò che preesiste nell’Uno prima di tutte le cose si è manifestato in ogni cosa, quindi anche nelle classi di anime subordinate a questo o a quel dio, e così pure, tra l’al-tro, nella moltitudine di animali “eliaci”, quali leoni e galli, anch’essi partecipi del divino in misura corrispondente alla loro posizione gerarchica. E suscita meraviglia il notare come, fra questi, quelli inferiori per potere e dimensioni sono temibili per

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quelli superiori sotto entrambi gli aspetti: il leone infatti, a quanto dicono, indietreggia davanti al gallo. Non si può comprenderne il motivo se ci si basa sui sensi; bisogna ri-correre alla osservazione intellettiva e risa lire alla differenza insita nelle cause. La pa-rusìa dei simboli eliaci nel gallo è appunto più efficace; l’animale lo dimostra perce-pendo le rivoluzioni solari e cantando un inno al sopraggiungere dell’astro e quan-do questo tocca nel suo percorso gli altri punti cardinali; perciò anche degli angeli eliaci sono stati visti con queste sembianze e, pur non avendo una figura particolare, appaiono dotati di una figura a noi che sia-mo prigionieri di una figura. Dicono si sia già verificato il caso di un demone eliaco

rei causam a materia sensuque assignare non possumus sed solum ab ordinis super-ni contemplatione. Quoniam videlicet pra-esentia solaris virtutis convenit gallo ma-gis quam leoni, quod et inde apparet quia gallus quasi quibusdam hymnis applaudit surgenti soli et quasi advocat quando ex anthipodum medio coelo ad nos reflectitur. Et quandoque nonulli solares angeli appa-ruerunt formis huiusmodi praediti, atque cum ipsi in se sine forma essent, nobis ta-men, qui formati sumus, occurrerunt for-mati. Nonnunquam etiam daemones visi sunt solares leonina fronte quibus, cum gallus obiiceretur, repente disparuerunt. Quod quidem inde procedit quia semper quae in eodem ordine constituta inferiora

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sunt reverentur superiora, quemadmodum plerique intuentes virorum imagines divi-norum hoc ipso aspectu vereri solent turpe aliquid perpetrare.

che si manifesta va con sembianze di leone e che scomparve all’apparire di un gallo, ritraendosi di fronte ai simboli dei demoni superiori. Del resto, molti, vedendo imma-gini di uomini divini, furono da esse dis-suasi dal commettere qualche delitto.

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Ut autem summatim dicam, alia ad revo-lutiones solis correvolvuntur, sicut plan-tae quas diximus; alia figuram solarium radiorum quodammodo imitantur, ut pal-ma dactylus; alia igneam solis naturam, ut laurus; alia aliud quiddam. Videre sane licet proprietates quae colliguntur in sole passim distributas in sequentibus in sola-ri ordine constitutis, scilicet angelis, da-emonibus, animis, animalibus, plantis at-que lapidibus. Quo circa sacerdotii veteris auctores a rebus apparentibus superiorum virum cultum adinvenerunt dum alia mi-scerent, alia purificarent. Miscebant autem

[6. Come i teurghi creano commistioni di simboli prima divisi.]

In una parola, alcune piante si muovono in sintonia con le rivoluzioni dell’astro, come è il caso di quelle sopra citate; altre ne imi-tano la disposizione dei raggi, come la pal-ma; altre ancora l’essenza ignea, come l’al-loro, e altre qualche altra cosa. Le proprietà che nel sole si trovano avviluppate insieme potresti quindi vederle divise nei vai par-tecipanti, angeli, dèmoni, anime, animali, piante, pie tre. Per cui coloro che sovrinten-dono all’arte ieratica hanno trovato come onorare le potenze superiori ricorrendo alle cose che si trovano sotto i nostri occhi, me-scolando alcuni elementi, togliendone al-

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plura invicem quia videbant simplicia non-nullam habere numinis proprietatem, non tamen singulatim sufficientem ad numinis ipsius ad advocationem. Quamobrem ipsa multorum commixtione attrahebant super-nos influxus, atque quod ipsi componendo unum ex multis conficiebant, assimilabant ipsi uni quod est super multa. Constitue-bantque statuas ex materiis multis permix-tas, odores quoque compositos, colligentes arte in unum divina symbola reddentesque unum tale quale divinum existit secundum essentiam, comprehendens videlicet vi-res quamplurimas quarum quidem divisio unamquamque debilitavit, mixtio vero re-stituit in exemplaris ideam. Nonnunquam vero herba una vel lapis unus ad divinum

tri nel modo appropriato. Si servono della mescolanza perché vedono che, se da un lato i singoli elementi non mescolati han-no un carattere del dio, non sono tuttavia sufficienti a evocarlo; perciò, mescolando una pluralità di elementi, riuniscono in un unico composto i suddetti effluvi e rendono l’unità risultante da tutti i componenti simi-le a quell’intero che preesiste alla pluralità di tutte le cose. Spesso fabbricano simula-cri e aromi con tali commistioni, unendo in un’unica mistura i vari simboli prima di-visi, ottenendo una riproduzione artificia-le di ciò che il dio è per essenza, cioè un composto che comprende in unità la plura-lità dei poteri; questi, se suddivisi, perdono ciascuno la propria efficacia, mentre, all’at-

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sufficit opus. Sufficit enim enebron, id est, carduus, ad subitam numinis alivuius ap-paritionem; ad custodiam vero laurus, rac-cinum, id est, genus virgulti spinosum, cepa squilla, corallus, adamas, iaspis, sed ad praesagium cor talpae, ad purificationem vero sulphur et aqua marina.

to in cui vengono mescolati, si innalzano a riprodurre la forma del Modello. Talvolta una sola erba o una sola pietra è sufficiente per l’atto teurgico: infatti lo knéoron basta per ottenere l’apparizione dell’essere divi-no in persona, per ottenere protezione basta l’alloro, o il rovo, o la skylla, o il corallo, o il diamante, o il diaspro, per la conoscenza del futuro il cuore di talpa, per le purifica-zioni lo zolfo o l’acqua di mare.

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[7. Come l’arte ieratica congiunge ai poteri primi e divini.]

Sfruttando la “simpatia” o l’”antipatia” at-tiravano e respingevano rispettivamente. Ad esempio, purificavano per mezzo del-lo zolfo e del bitume e aspergevano intor-no acqua di mare: infatti lo zolfo purifica grazie al suo odore acre, l’acqua di mare in quanto partecipa di un potere igneo. Sia nelle iniziazioni sia negli altri riti relativi agli dèi sceglievano animali convenienti e altre sostanze. Prendendo le mosse da que-sti e da altri strumenti del genere, si resero conto che le potenze demoniche sono es-senze connesse, senza soluzione di conti-nuità, con l’energia attiva insita nella na-

Purificat enim sulphur quidem propter odoris acumen, aqua vero marina propter igneam portionem. Et animalia in deorum cultu diis congrua adhibebant, caeteraque similiter. Quamobrem ab iis atque similibus incipientes, primum potentias daemonum cognoverunt, videlicet eas esse proximas rebus actionibusque convocarunt. Deinde a daemonibus ad ipsas deorum vires actio-nesque processerunt, partim quidem do-centibus daemonibus addiscentes, partim vero industria propria interpretantes con-venientia symbola, in propriam deorum in-telligentiam ascendentes, ac denique po-

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sthabitis naturalibus rebus actionibusque ac magna ex parte daemonibus, in deorum se consortium receperunt.

[Finis]

tura e nei corpi; e proprio grazie a questi strumenti entrarono in comunicazione con loro, si innalzarono poi a operare sugli dèi, ora istruiti dagli dèi stessi, ohi arrivando con le proprie facoltà intellettive a indivi-duare i simboli appropriati; così, dunque, lasciando in basso la natura e le forze attive al livello della natura, arrivarono a servirsi delle potenze prime e divine.

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Proclo

A cura di Marco Barsotti

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L’Arte Ieratica